CARDELLINO | PARTE TERZA - CAPITOLO 11 |
Quando Patrick De Bruine era tornato a casa era corso subito a cercare il suo Cardellino. Non avendolo trovato da nessuna parte, cominciò a chiedere agli altri schiavi. Ma questi avevano avuto l'ordine tassativo dal padrone vecchio di rispondere che non avevano idea di dove potesse essere il ragazzo, così Patrick non seppe più che cosa pensare. Immaginò che potesse essere fuggito, forse perché temeva le ire del padre. Ma la cosa non lo convinceva affatto, poiché ormai conosceva abbastanza il ragazzo e sapeva che avendogli detto che l'avrebbe atteso, non avrebbe mancato alla parola data. Inoltre la cosa che gli sembrava strana era che nessuno l'avesse visto né uscire dalla villa né camminare per la strada. E che non vedendolo più da alcuni giorni, nessuno avesse dato un allarme... Si recò allora da Rodney sperando che almeno questi potesse dirgli qualche cosa, ma anche questi non ne sapeva assolutamente nulla. L'ultima volta che aveva visto il ragazzo era stato cinque sere prima: esattamente la sera prima che il padre li sorprendesse nello stesso letto. La coincidenza sembrò per lo meno strana a Patrick.
Anche Rodney comunque escluse che Kutkhay avesse potuto fuggire: "Fuggire da cosa? E perché? No, Mr. De Bruine: Goldie non aveva certamente nessuna intenzione di scappare. Era troppo felice di essere al vostro servizio, stravedeva per voi..." concluse il giovane scuotendo il capo, pensieroso. Patrick infine, non sapendo più che pensare o che fare, come unica risorsa ne denunciò la scomparsa allo sceriffo cittadino e allo sceriffo federale. Ma Kutkhay gli mancava. Gli mancava quella presenza discreta ed efficiente, le mille domande curiose del ragazzo o i suoi racconti sulla vita della propria tribù, gli mancava la sua figura snella ed elegante, il suo sguardo luminoso e sempre sorridente, la sua espressione franca e aperta... E più passavano i giorni più Patrick sentiva come un vuoto accanto a sé. Non si era mai accorto, mai reso conto prima, di quanto la presenza del ragazzo fosse stata preziosa e importante per lui. La notte, nel grande letto, gli mancava anche quella vicinanza dolce e discreta, quel corpo fresco da carezzare appena, quel parlottare fino a che il sonno sopravveniva. E poi svegliarsi con il ragazzo accanto, pronto a saltare dal letto per servirlo con devozione. Quando faceva il bagno gli mancava il tocco lieve delle mani del ragazzo sulla sua pelle... Il vuoto dovuto all'assenza di Kutkhay era, stava scoprendo a poco a poco, sia sul piano spirituale che fisico, che affettivo... "Dove sei, Cardellino? Perché sei volato via?" si sorprendeva spesso a chiedersi con un velo di mestizia accorata. È proprio vero che le cose belle si apprezzano maggiormente quando vengono a mancare.
Anzi, su questo punto aveva quasi litigato col padre che insinuava che certamente l'ingrato ragazzo doveva essere scappato: "Che vuoi, nonostante tutto quello che hai tentato di fare per lui, era solo un piccolo sporco selvaggio. Anzi, mi meraviglio che non abbia rubato nulla." aveva detto un giorno il padre a tavola. Ma Patrick, ripensando alla penosa e assurda scenata del padre quella mattina era sempre più convinto che quella fosse stata la vera causa della scomparsa del ragazzo. Le assurde accuse del padre, quando le sentiva riecheggiare nella propria memoria, stavano producendo uno strano effetto in lui. Una nuova consapevolezza iniziò a farsi strada nel suo animo a poco a poco: no, non c'era stato nulla di quel che aveva insinuato il padre fra lui e il ragazzo, ma se anche ci fosse stato... Se anche ci fosse stato, che cosa c'era dunque di così orribile nel fatto che due persone dello stesso sesso si potessero dimostrare il proprio affetto anche fisicamente? All'inizio questo interrogativo gli provocò un lieve senso di disagio: due uomini non possono fare l'amore... Cioè, si corresse, possono anche. Patrick sapeva che sono cose che a volte accadono: non stava bene parlarne, ma se ne sussurrava... Ma sono cose che non dovrebbero accadere, si sa. Pensandoci e ripensandoci, però, per la prima volta in vita sua cominciò anche a chiedersi perché certe cose non dovrebbero accadere, non dovrebbero essere permesse, accettate. Il sesso, gli avevano insegnato, era finalizzato solo alla procreazione... ma allora che senso aveva che una coppia continuasse a fare sesso anche quando si accorgeva che non poteva avere figli? Eppure nessuno tacciava di essere oscene, immorali le coppie sterili. E inoltre le coppie di uomo e donna evidentemente non facevano l'amore solo quando e se dovevano procreare un figlio, altrimenti avrebbe significato che ogni coppia avrebbe dovuto avere decine di figli oppure avrebbe dovuto fare l'amore solo tre o quattro volte nella vita! E che dire degli uomini che avevano un amante? Quasi mai le amanti avevano figli: si prendevano precauzioni... Dunque non era né giusto né vero dire che il sesso ha senso solo per la procreazione: il sesso ha anche come scopo il reciproco godimento. Allora perché non era accettato, ammesso, che due persone dello stesso sesso si dessero godimento l'un l'altro? Era la prima volta che Patrick rifletteva seriamente e a lungo su questi argomenti, per la prima volta a fondo. La sua fu una maturazione lenta e graduale, una presa di coscienza. La società condannava a parole cose che poi faceva con abbondanza: era solo pura e semplice ipocrisia questa! Così Patrick, analizzando nel segreto della propria mente e del proprio cuore, per la prima volta, il periodo passato con Kutkhay, cominciò gradualmente a vederlo sotto una luce nuova: cominciò a rendersi conto di quanto egli fosse sempre stato attratto dal suo Cardellino e non solo intellettualmente o emotivamente, ma anche fisicamente. Kutkhay mancava ormai da circa un anno quando una notte Patrick improvvisamente si svegliò con un'idea chiara in testa: "L'ho sempre amato, ne ero innamorato e non me ne sono mai reso conto! Ma lui? Sì, anche lui era innamorato di me: come ho potuto essere tanto cieco da non accorgermene prima? E il colmo dell'ironia è che mio padre ci accusò di intrattenere un rapporto fisico che non c'era mai stato e che invece avrebbe potuto, anzi, che avrebbe dovuto esserci." Riflettendo ancora Patrick scoprì un'altra cosa di se stesso: in fondo lui non s'era mai sentito attratto da nessuna donna. Coscientemente mai neanche da nessun uomo, è vero, ma ora si rendeva conto che in realtà si era sempre sentito più vicino, affascinato, attratto da quelli del proprio sesso che dalle donne... e il piacere di avere accanto a sé, la notte, il corpo nudo del suo Cardellino non l'avrebbe mai provato di certo nell'avere nel proprio letto una ragazza, per quanto bella! Anzi, ne avrebbe provato disagio. "Quanto sono stato stupido, cieco... e ora chissà dove sarà il mio Cardellino? Lo rivedrò mai più? Che posso fare per ritrovarlo?" si chiedeva sempre più spesso. Patrick non sapeva che il ragazzo gli aveva già scritto più volte implorando il suo aiuto, perché il padre aveva fatto in modo di intercettare tutte le lettere di Kutkhay e le aveva bruciate. Un giorno il giovane, mentre stava da un libraio per vedere le ultime novità, aveva visto una stampa acquerellata che rappresentava un cardellino e l'aveva subito acquistata; poi l'aveva fatta incorniciare e posta nella propria stanza. Spesso la sera, prima di addormentarsi, parlava al quadro, unico simbolo del ragazzo scomparso: "Ti amo, Cardellino... troppo tardi me ne sono accorto. Dove sei volato? Qualcuno ti ha fatto del male? Dio non voglia..." Il periodo di lontananza, lungi dall'aver spento nel cuore di Patrick il ricordo del ragazzo, vi aveva fatto emergere l'amore. Egli ora coltivava quel sentimento così nuovo e così dolce nel segreto del proprio cuore.
Così un giorno chiamò il figlio e gli parlò della necessità e opportunità di un buon matrimonio. Patrick, d'impulso, ebbe la tentazione di rifiutare, ma si trattenne perché sapeva che sarebbe stato inutile prendere il padre di punta, forse sarebbe stato più saggio far finta di nulla e stare al gioco. Cominciò quindi, quando frequentava le case dei conoscenti, a fingere di interessarsi ad alcune fanciulle.
Ma ogni volta, paragonando in cuor suo ognuna di quelle ragazze al suo amato Cardellino, il bilancio a suo parere era sempre nettamente a favore di quest'ultimo. A volte si chiedeva se l'avrebbe mai rivisto, ma concludeva sempre che doveva aver pazienza, che doveva ancora sperare anche se, ogni volta che andava dagli sceriffi per aver notizie, questi ripetevano che del ragazzo non s'era trovata traccia. La sua vita così trascorreva fra la collaborazione col padre nella gestione del capitale e per estendere la potenza economica della famiglia, e le feste di società in cui brillava nonostante la sua riservatezza o forse proprio per questa. Era un giovanotto molto bello ed elegante, ballava molto bene, era un ottimo conversatore colto e intelligente.
Patrick rifletté a lungo sulla proposta del padre: avrebbe dovuto rifiutare il matrimonio per tenersi libero per Cardellino? O invece sposarsi per accontentare il padre, fare uno dei tanti matrimoni borghesi di pura facciata? Se avesse ritrovato Kutkhay poteva comunque tenerlo accanto a sé come amante... Molti uomini dell'alta società, pur essendo sposati, avevano un'altra donna come amante: perché non lui col suo amato ragazzo? Poteva essere una soluzione. Inoltre ormai cominciava a temere di non riuscire più a trovare il ragazzo, anche se non aveva ancora perso del tutto la speranza. Henrietta sembrava avere un buon carattere, sembrava buona e intelligente, forse non sarebbe stata una compagna spiacevole, dopo tutto. Inoltre il suo corpo scarno, i suoi modi semplici e diretti, la sua lieve timidezza la facevano sembrare, fra tutte le ragazze che aveva conosciuto, più un adolescente, un efebo che una donna smorfiosetta. Così Patrick iniziò a farle una corte molto discreta ma assidua, con grande soddisfazione del padre. Anche la famiglia di Henrietta sembrò gradire le attenzioni di Patrick, forse principalmente perché era l'unico erede di un ricco armatore e mercante: unire le due fortune avrebbe reso la nuova famiglia una delle più influenti dello stato. Inoltre si diceva che i De Bruine discendessero dall'antica nobiltà francese e questo, nella giovane democrazia borghese, era pur sempre un motivo di orgoglio. A poco a poco la cosa prese forma, così si giunse al fidanzamento ufficiale dei due giovani che presero a incontrarsi più spesso, sotto lo sguardo vigile della madre di lei. Nessuno dei due era innamorato, ma ognuno trovava gradevole la compagnia dell'altro e comunque le due famiglie caldeggiavano apertamente l'unione. Henrietta era fine e colta, molto riservata anche se non veramente timida. Quando si incontravano il loro rapporto aveva più l'aspetto di un incontro tra amici che non fra due fidanzati, ma la cosa andava avanti. A tutti e due piaceva conversare con l'altro. Ormai erano due anni che Kutkhay era assente, ma il suo ricordo era sempre vivo più che mai nel cuore di Patrick. Si giunse comunque al matrimonio fra i due giovani. Le loro famiglie organizzarono una cerimonia in grande stile, imponente, con centinaia di invitati. Il padre di Patrick s'era trasferito in un'ala della villa e aveva lasciato a figlio e nuora le stanze che erano state sua e della moglie che era morta da diversi anni. Era abitudine, in quei tempi e nelle famiglie più ricche, che moglie e marito dormissero in stanze separate e questo andava molto bene a Patrick. Le stanze e gli annessi (guardaroba, toilette, salottino e anticamera) furono riarredate senza badare a spese. La prima notte di matrimonio Patrick compì il proprio dovere con la sposa. Era il primo rapporto sessuale per entrambi: Patrick si sentì assai impacciato e goffo ma si fece onore e la moglie accettò passivamente, ma tranquillamente, il rapporto. Per entrambi fu una cosa fatta senza passione, senza entusiasmo, per puro dovere. Quando Patrick finalmente si ritirò nella propria stanza, entrambi tirarono un segreto sospiro di sollievo. Stesosi sul letto, Patrick prese in mano il quadro con la stampa del cardellino, vi depose un lieve bacio e mormorò: "Quanto sarebbe stato bello se fossi stato tu il primo con cui fare l'amore... il primo a cui donare la mia verginità... Il tuo corpo era davvero bello, il tuo sorriso dolcissimo... Quanto mi manchi, amato mio Cardellino, quanto mi manchi!" Poi pensò che forse il ragazzo, nonostante l'affetto che gli aveva sempre dimostrato, non avrebbe accettato il rapporto fisico con lui: infatti quando era al suo villaggio era sposato... "Forse è solo il mio desiderio... Non ho mai avuto sentore che il ragazzo provasse desiderio fisico nei miei confronti... Ma mi sarebbe piaciuto se invece di Henrietta ci fosse stato lui a ricevere il mio amore: allora sì che..." Ma poi si chiese come sarebbe stato fare l'amore con un maschio: non ne aveva idea. Patrick infatti, nonostante i suoi ventiquattro anni, sul piano sessuale era ancora del tutto ingenuo e inesperto, specialmente per quanto riguardava il rapporto con un altro maschio.
A Patrick nel frattempo era nato un maschietto che era stato chiamato John Michael Anthony ma che in casa tutti chiamavano Mike. Patrick era molto affezionato al piccolo che cresceva a vista d'occhio: era un maschietto carino e di buon carattere e somigliava sempre più al padre. Henrietta occupava il proprio tempo dividendolo fra il figlio, opere caritative e iniziative culturali e sembrava serena e felice per il proprio stato. I rapporti col marito erano buoni, formali ma amichevoli e lei era grata in cuor suo a Patrick per il fatto che questi non insistesse per far spesso l'amore con lei. Infatti la donna non amava il rapporto fisico ma lo accettava come un ineluttabile dovere. Patrick se ne era accorto e questo non gli dispiaceva affatto. Di conseguenza le loro unioni a poco a poco si diradarono sempre più, con reciproca soddisfazione. Poco tempo dopo la nascita del nipotino il padre di Henrietta morì in un incidente, per una banale caduta da cavallo, così Patrick dovette subentrare al suocero nella gestione delle banche che ora la moglie aveva ereditato e lei ne aveva volentieri affidato la gestione al marito. Questi continuava anche ad affiancare il proprio padre, anche perché l'uomo da un po' di tempo sembrava non essere più tanto in buona salute. Il giovane uomo aveva raffinato il proprio istintivo senso per gli affari e, pur senza essere mai scorretto, mai spietato, riusciva costantemente a migliorare la situazione economica e il patrimonio delle due fortune che si trovava ad amministrare. Essere così assorbito dal lavoro era piacevole per Patrick, poiché era sempre maggiormente cosciente che, ora che non aveva più Kutkhay al proprio fianco, la sua vita era vuota. Le attenzioni per il piccolo Mike la riempivano un poco, è vero, ma non abbastanza. Un giorno Patrick bussò alla porta dello studio del padre per sottoporgli un suo nuovo progetto di espansione. Non ricevendo risposta bussò ancora, più forte, pensando che il padre si fosse addormentato come capitava sempre più spesso, infine entrò. L'anziano uomo era seduto alla grande scrivania, alcune carte strette nella mano destra poggiata sul ripiano, la testa reclinata sul petto. Patrick gli si avvicinò sorridendo e lo scosse lievemente: il corpo del padre scivolò lentamente in avanti cadendo riverso sulla scrivania. Patrick lo sorresse a malapena e lo osservò meglio, poi uscì chiamando i servi: "Andate a cercare il dottore, presto, il padrone ha perso i sensi!" disse allarmato. Il padre fu trasportato di peso fin nella sua camera e messo a letto. Dopo poco tornò il cocchiere con il medico che subito visitò l'anziano uomo. "Il cuore. Ha avuto un attacco di cuore, un colpo apoplettico. Adesso solo molto riposo, poi vedremo se si può fare qualcosa." Furono giorni febbrili, strani. In casa tutti parlavano sottovoce in attesa dell'esito della malattia. Il padrone vecchio sembrò riprendersi, ma poi, quando tutti speravano già in un completo ristabilimento, peggiorò rapidamente. Infine, dopo pochi giorni di agonia, il cuore si fermò irrimediabilmente. Morì una sera, senza aver ripreso conoscenza. Patrick fu stupito per la propria reazione: non provava assolutamente dolore per la morte del padre. Non che ne fosse contento, ma non era neanche addolorato, semplicemente dispiaciuto. Cercò di analizzare i propri sentimenti: col padre aveva avuto sempre e solo un rapporto formale. Questi non gli aveva mai fatto mancare nulla, è vero, aveva sempre curato attentamente la sua educazione, ma dal padre non ricordava di aver mai ricevuto un sorriso, un atto di tenerezza. Era stato un genitore attento, coscienzioso, presente, ma sempre un po' freddo, distaccato. Chi mai nella sua vita gli aveva dato un po' di calore? La madre era morta quando lui era ragazzino e ne aveva un ricordo confuso e lontano. La servitù l'aveva sempre trattato con deferente rispetto, ma come uno schiavo può trattare un padrone. Il padre... e infine anche con la moglie non c'era calore umano, affetto, anche se avevano instaurato un rapporto di amichevole convivenza. L'unico che gli avesse mai mostrato un vero, profondo affetto, nell'anno in cui era vissuto in quella casa, era il suo Cardellino. Era capace di dimostrare calore e affetto anche solo con lo sguardo, o con i piccoli gesti quotidiani. Lo dimostrava con la sua premura, le mille attenzioni, la sua completa e gioiosa disponibilità. Quell'anno, pur breve, era stato per Patrick la sola oasi di luminosa serenità in tutta la sua vita. Oasi piccola, è vero, ma piena di sole, di acqua fresca, di verde riposante... un vero rifugio. E soprattutto per lui il ragazzo era stato qualcuno di cui occuparsi, di cui sentirsi responsabile, da proteggere, da curare... a cui dare il meglio di sé. A cui donarsi, perché no. Che c'è di più bello per un uomo che donarsi? ma donarsi completamente, come non avveniva neppure con Henrietta. Ma lui s'era donato al ragazzo? Non abbastanza, evidentemente, se questi ora non era più lì... "Ma se ti ritrovo, mio piccolo Cardellino, giuro che ti darò il meglio di me, anche se tu non potessi o sapessi o volessi ricambiare fisicamente il mio amore. Lo giuro, dolce Cardellino!"
Così una mattina Benjamin bussò discretamente alla porta dello studio, poi entrò col vassoio: "La posta di oggi, padrone." Il giovane uomo la prese, lo schiavo s'inchinò lievemente e uscì in silenzio. Patrick, come al suo solito, guardò i plichi prima di aprirli, distribuendoli in quattro gruppi: la posta per la moglie, quella ancora indirizzata al defunto padre, quella personale e quella di lavoro. Quel giorno il primo plico che esaminò proveniva dalla Banca Federale, uno dall'ufficio del Governatore, il terzo era per sua moglie, c'era poi una lettera dalla sua sorella maggiore, poi uno... veniva da lontano, non aveva intestazione, era vergato con una elegante calligrafia che gli pareva familiare ma che non riusciva a collegare a nessuno ed era indirizzata a lui. La girò e rigirò; il suo nome era scritto in modo particolare: "Al Signore, Signor Patrick De Bruine". Quella ripetizione nell'indirizzo era curiosa. Chi poteva avergliela mandata? La grafia era elegante e curata, la carta semplice, non raffinata, il foglio era chiuso con un filo sottile, non sigillato né incollato. Lo aprì incuriosito senza continuare a esaminare gli altri plichi e corse subito a guardare la firma mentre un'idea si faceva strada in lui. Il suo cuore si fermò per un attimo, sussultò, trattenne il respiro poi sentì come una vampata di calore, un brivido di emozione: in chiara grafia era firmato... Cardellino! Le mani gli tremarono e dovette fare uno sforzo per dominarsi in modo di poter leggere il testo. Era una lettera accorata, bellissima, piena di poesia. Gli comunicava il luogo dove adesso si trovava, gli diceva di avergli scritto tante volte e di non aver mai ricevuto risposta, lo implorava di andarlo a riprendere se ancora lo voleva con sé. Patrick la lesse e rilesse infinite volte mentre gli occhi gli si velavano di lagrime di gioia, di commozione, di gratitudine verso il ragazzo perché non s'era dimenticato di lui. E soprattutto dalla lettera risultava chiaro che il suo Cardellino non era volato via, ma lo tenevano chiuso in gabbia. La sua testa era confusa. Si alzò in preda a un'emozione profonda e andò in biblioteca a cercare le carte geografiche: il ragazzo era dall'altra parte della nazione. Calcolò che se avesse viaggiato in carrozza avrebbe impiegato dai cinque ai sette giorni circa. E la lettera gli faceva fretta, ma non ce n'era bisogno. Chiamò subito il cocchiere e gli ordinò di prepararsi e di preparare la carrozza per un lungo viaggio, poi salì dalla moglie e la avvertì che urgenti affari gli imponevano di fare un viaggio, perciò sarebbe mancato per diversi giorni, probabilmente un paio di settimane. Quindi chiamò il cameriere e gli disse di preparare subito i bagagli. Presto tutta la villa fervé di attività. Poi Patrick si fermò e un pensiero gli si presentò chiarissimo: lui non aveva ricevuto le altre lettere che il ragazzo scriveva di avergli spedito perché il padre le aveva intercettate! Ma allora forse era il padre ad aver fatto allontanare il ragazzo e quindi gli schiavi avevan sempre saputo che fine avesse fatto il ragazzo! E certamente non avevano mai parlato per un preciso e tassativo ordine del padre... Allora chiamò gli schiavi a uno a uno, li interrogò e finalmente venne a sapere la verità: il padre aveva fatto vendere il ragazzo come schiavo durante la loro assenza quella stessa mattina. Gli schiavi erano impauriti ma Patrick li tranquillizzò: capiva che non avevano potuto comportarsi diversamente. Ma lui ora voleva ritrovare il ragazzo. "Signor padre!" gridò dentro di sé quando fu nuovamente solo, "ringraziate Dio che siete morto! Forse adesso vi rendete conto del male che avete fatto a vostro figlio e al povero ragazzo, alle sofferenze che avete procurato a due persone per tre lunghi anni. Che Dio vi perdoni. Io... io vi perdono solo perché ora posso ritrovare l'unica persona che amo." Dopo pranzo tutto fu pronto e Patrick finalmente poté partire. Con sé portò solo Ulisses il cocchiere e Long Jack, un giovane schiavo mulatto comprato da poco che gli faceva da cameriere, ma che sapeva guidare una carrozza. I due sedettero a cassetta per alternarsi alla guida. Patrick, solo nella cabina, tirò fuori dalla tasca la lettera di Kutkhay e la rilesse per l'ennesima volta:
"... se non mi hai dimenticato ti prego, Patrick, signore, vieni a prendermi ti prego, Patrick, signore, io sono solo il tuo schiavo e non di questa gente che mi ha comprato ti prego, Patrick, signore, la notte non sono più con te nel tuo letto vicino a te ti prego, Patrick, signore, mi mancano le tue carezze e mi manca la gioia di vedere il tuo corpo fai che io possa ancora lavarlo con le mie mani fai che io possa ancora servirti ti prego, Patrick, signore, lasciami appoggiare ancora la mia guancia sul tuo petto forte ti prego, Patrick, signore, fai ancora incontrare i tuoi occhi luminosi con i miei. Ti prego, mio unico padrone, passa le tue dita fra i miei capelli, con la tua dolcezza ti prego, mio unico padrone, prendimi per le spalle e fissami negli occhi, e sorridimi ancora e fammi sciogliere per la felicità ti prego, mio unico padrone, fammi sentire ancora l'odore bellissimo della tua pelle ti prego, mio unico padrone, battimi se vuoi ma non lasciarmi ancora lontano da te. Tu m'hai salvato dalle mani dei marinai quando mi volevano uccidere tu m'hai dato riparo nella tua casa e cibo quando ero in terra straniera tu m'hai preso accanto a te, nel tuo letto quando m'hai trovato a dormire in terra e m'hai scaldato e tolto la mia solitudine dal cuore: ora non mi abbandonare, ti prego. Ti prego, Patrick, signore, lasciami gridare ancora il tuo nome così bello e dimmi ancora che io sono sempre il tuo Cardellino." Patrick aveva il cuore traboccante di commozione e rileggeva queste parole e avrebbe voluto essere già accanto al suo Cardellino e stringerlo a sé e fargli sentire che lui non l'aveva mai dimenticato, che lui aveva sentito la sua mancanza, che lui lo amava... "Ti amo, mio dolce Cardellino! Avrò il coraggio di dirtelo? Forse no, ma non ti farò certo mancare il mio amore, d'ora in poi. Nessuno più ci separerà, ormai. Aspettami, mio amato, sto arrivando..." mormorò Patrick abbandonandosi sullo schienale del sedile e socchiudendo gli occhi. La carrozza correva veloce per le strade di terra battuta e i sobbalzi erano appena attenuati dalle grandi balestre, sì che il suo corpo era come cullato da quel movimento aritmico. Ripensava alle parole della lettera: mi manca la gioia di vedere il tuo corpo... fai che io possa ancora lavarlo con le mie mani... non era quella una dichiarazione di desiderio? "Non devo sperare troppo," si disse allora, "è già straordinario che voglia stare con me. Ma io so di essere innamorato di lui, del suo corpo tenero e forte, del suo sorriso..." Il cielo si stava oscurando appena quando la carrozza giunse vicino a una posta di cavalli e si fermò. Ulisses entrò a chiedere se c'era una stanza libera per il suo padrone, un riparo per i cavalli e un giaciglio per loro due. Avuta risposta positiva, avvertì il padrone. Cenarono lì, quindi Patrick si ritirò a riposare dopo aver chiesto all'anziana donna che aveva preparato il cibo di essere svegliato alle prime luci dell'alba: non voleva perdere più tempo del necessario, aveva fretta di arrivare. Stesosi semivestito sul piccolo letto, non riusciva a prendere sonno: la sua mente era piena di mille pensieri, il suo cuore era affollato di mille emozioni... e anche il suo corpo era colmo di attesa e di speranza. Fantasticava, faceva progetti, cercava di immaginare il suo incontro con il ragazzo: che cosa gli avrebbe detto? Come avrebbe reagito il suo Cardellino nel vederlo finalmente arrivare? E poi, dopo tre anni, come si era sviluppato il ragazzo? L'aveva visto l'ultima volta che non era ancora un diciassettenne, ora aveva quasi vent'anni... Il suo corpo era certamente maturato e anche il suo spirito, la sua esperienza... Che effetto gli avrebbe fatto il Cardellino di ora? Prese sonno che era già notte inoltrata e dormì poche ore, un sonno agitato, pieno di sogni confusi e quando all'alba bussarono alla sua porta, saltò dal letto e per un attimo si guardò attorno chiedendosi dove fosse. Poi ricordò: stava andando dal suo Cardellino e scese svelto; dopo essersi risciacquato il viso, fatta una rapida colazione, risalì in carrozza e ripartirono veloci.
|