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una storia originale di Andrej Koymasky


LA STRANA COPPIA CAPITOLO 12 - RICATTO

Piggì lo accolse con un grande sorriso: "E riecco il nostro Steu! Sembri rimesso a nuovo. Come ti senti, ora?"

"In piena forma, Piggì. Grazie di tutto. La casa al lago è stata un paradiso."

"E vedessi nella buona stagione! Ma ci tornerai, vero?"

"Con piacere."

"E... è successo qualcosa con tuo ragazzone?"

"Qualcosa..."

"Buono o cattivo?"

"Non lo so... spero buono..."

"Hai voglia di parlarne?"

Stefano gli sorrise e annuì. Gli raccontò quello che era successo e concluse: "Maurizio non è niente per me. Cioè, è uno splendido maschio, il più bello che abbia mai visto. Ed è un caro ragazzo, è buono, è tenero... Ma non è nient'altro. Non mi posso aspettare niente da lui. Vive in un altro mondo... A volte è così dolce... e fa del tutto per piacermi. Ma è così superficiale, insensibile, così sempliciotto, così... animaletto!"

"Ohoh, ragazza mia! Non lo sai che gli uomini sono tutti animali e le donne bestie e noi dive... belve? Che ci vuoi fare? È la vita!"

"Mah, forse."

"Che, pensi di farci un giretto qualche volta finché lui ci sta?"

"Non credo. Se fosse possibile ogni tanto passarci una notte insieme senza coinvolgimenti, perché no. Ma sia lui che io... Credo che sia impossibile senza combinare altri disastri."

"E allora?"

"Gli ho detto che può venire a trovarmi qui qualche volta. Non voglio negargli la mia amicizia, visto che pare che ci tenga. Ma a casa mia no. Per evitare... E vedremo come evolverà la cosa..."

"Come evolverà? Tonta! Possibile che alla tua età sei ancora così ingenua? Allora ascolta la vecchia zia gufa: se non vuoi più scopare con lui, allora tronca, digli di sparire dalla tua vita, di non farsi più vedere, di starti lontano, di sparire... o mi sa che ci caschi di nuovo e che non capirai mai cosa vuoi da lui. Se invece vuoi scopare con lui, allora meno scrupoli: prendilo per quello che è e goditelo per quello che può o sa darti. O vuole darti. Ma non lasciarti mettere nel sacco. Non pretendere, ma non aspettarti da quel ragazzone quello che non può darti."

"Usa e getta?" chiese stranito Stefano.

"Non proprio, ma... Non c'è futuro con uno di quel tipo. Tutte quelle che si sono illuse di poter avere una relazione con un etero, ci sono rimaste scottate: è un mito duro a morire quello dell'amante etero ideale! Dai retta alla zietta che ne ha viste di cotte e di crude..."


Maurizio cominciò a frequentare il Taboo regolarmente. Arrivava lì tutte le notti subito dopo cena e stava seduto a un tavolo. Guardava sempre Stefano. Se qualcuno tentava di agganciarlo o gli chiedeva se poteva sedere al suo tavolo, con un sorriso schivo e un po' imbarazzato, ma con tono deciso, se ne liberava.

Di tanto in tanto Stefano si fermava a chiacchierare un po' con lui, specialmente sul presto, quando c'erano pochi clienti. Un paio di volte il ragazzo gli fece capire che avrebbe voluto accompagnarlo a casa, ma Stefano gli aveva sempre detto di no.


Una notte, Stefano stava rientrando con un ragazzo che aveva conosciuto al pub, vide Maurizio aspettarlo in strada sotto casa.

"Che fai qui?" gli chiese desolato.

"Ti aspettavo... ma sei già in compagnia..."

"Sì, si fermerà con me, stanotte. Comunque, anche se fossi stato solo..."

"Capisco. Io... volevo solo parlarti. Al pub... c'è troppa confusione, Volevo solo parlarti, mica fare l'amore se tu non vuoi... Solo parlarti..." ripeté Maurizio sconsolato.

"Non ora. Un'altra volta, se mai."

"Tu... tu dici sempre un'altra volta, ma..."

"Noi ora saliamo, è tardi. Ciao. Vai a casa, Maurizio."

"Ciao." disse il ragazzo senza guardarlo.

Stefano spinse l'altro nel portoncino e chiuse.

"Chi è quel bonazzo? Un tuo ammiratore?" chiese il ragazzo mentre salivano le scale.

"Sì, una specie."

"Cavolo, ma è uno splendore. Sarebbe stato bello farlo in tre, no?"

"No... e poi non è granché, a letto."

"A uno così si può perdonare tutto..."

Stefano, un po' seccato, gli disse: "Se ti piace tanto corrigli dietro e facci quello che ti pare!"

"Oh, scusa! Dicevo per dire! Hai la coda di paglia, tu."

"No, niente. È che quello mi... perseguita. Non riesco a scrollarmelo di dosso..."

"Beh, io non ci proverei nemmeno, se fossi in te. No, va beh, scusa! Non arrabbiarti di nuovo, adesso. Smettiamola di parlare di quello stallone e parliamo solo di noi due, d'accordo?"

"Sì, è meglio..." rispose Stefano facendolo entrare in casa.


Stefano si svegliò sentendosi succhiare il membro dal ragazzo. Guardò la sveglia: "Ehi, sono solo le sette! Abbiamo dormito solo tre ore!" protestò l'uomo ma si sistemò per godersi quelle inattese attenzioni.

"Giusto il tempo di godere un'ultima volta prima che ti devo lasciare. Ti dispiace?"

"Nooo..." rispose sorridendo l'uomo arrendendosi al piacere che l'altro gli procurava.

"Ma..." disse il ragazzo guardandolo malizioso mentre Stefano cominciava a masturbarlo, "... stavolta voglio che me lo metti in culo tu, d'accordo?"

"Più che volentieri, porcello!" rispose scherzoso Stefano facendolo tacere con un bacio profondo in bocca.

Poco dopo il ragazzo si stese sul ventre e gli si offrì, lo accolse in sé con avidità, girando la testa indietro per poterlo baciare in bocca. Stefano lo fotté con gran gusto, senza più avvertire la stanchezza per il breve sonno.

Il ragazzo gli si dimenava tutto sotto, mugolando: "Dio che bello! Mi fai sentire davvero un porcellone! Sì, così... dai... più forte!"

Ecco, questo ragazzo mi fa sentire desiderato, è contento di darsi a me... per questo è meglio di Maurizio... pensò confusamente mentre godeva in lui.

Fecero una rapida doccia per rinfrescarsi. Stefano infilò la vestaglia e il ragazzo si rivestì.

"Vuoi fare colazione, prima di uscire?" gli chiese l'uomo.

"No," disse il ragazzo guardando l'orologio, "faccio appena in tempo a prendere il treno."

"Vieni a trovarmi, quando passi di nuovo a Torino?"

"Puoi scommetterci." rispose il ragazzo e lo baciò.

Stefano gli aprì la porta e il ragazzo fece per uscire.

"Ma che cazzo..." disse questi fermandosi di colpo.

Stefano guardò. Seduto a terra, le gambe stese davanti alla porta, la schiena poggiata al muro, c'era Maurizio addormentato. Il ragazzo ne scavalcò le gambe e si girò a guardare.

"Ha dormito qui fuori tutto il tempo..." mormorò incredulo e divertito.

Stefano si chinò e toccò Maurizio su una spalla per svegliarlo. Questi aprì gli occhi e, riconosciutolo, fece un debole sorriso.

"Mi sono addormentato..."

"Ma che ci fai, qui? Perché hai passato la notte qui fuori?"

"Aspettavo che tu... finissi."

L'altro guardò di nuovo l'orologio e disse: "Beh, io devo scappare. Ciao Stefano, a presto, spero." e scese lesto per le scale.

Maurizio lo guardò andar via, poi si alzò in piedi.

"Posso entrare, ora?" chiese mogio mogio.

Stefano si scostò e lo fece passare. Poi, chiusa la porta, gli disse un po' seccato: "Ma se passava uno dei vicini? Sei tocco in testa, tu?"

"Non ci avevo pensato, scusa... ma credo che non è passato nessuno. E io ti devo parlare..."

"Vieni in cucina. Preparo colazione. E tu devi andare al lavoro, comunque."

"Non me ne frega niente del lavoro. Devo parlare con te."

"D'accordo. Mi hanno messo il telefono: se vuoi puoi chiamare e dire che ritardi. Forse è meglio..."

"Telefona tu... digli che sto male, che forse non posso andare..." chiese Maurizio.

"Va bene. Fai il numero e passami la cornetta." sospirò Stefano.


Fatta colazione in silenzio, Maurizio gli disse: "Stefano, io non so parlare bene come te, però... vuoi starmi a sentire?"

"Parla..." disse l'uomo con tono paziente.

"Stefano, io credo che ti amo davvero. No solo a metà come dici tu. Io amo tutto di te, anche il tuo corpo. Anche... anche il tuo... cazzo." disse e arrossì.

"No, Maurizio..."

"No. Hai detto che mi stavi a sentire... " lo pregò il ragazzo.

"Sì, scusa. Vai avanti."

"Ecco, io sono stato un fallimento, lo so. Ma è solo che non c'ero abituato, era la prima volta. Io voglio provarci ancora, Stefano. Dammi il tempo di imparare, di diventare bravo, di... io voglio darti il piacere e la felicità che tu sai dare a me. E non è solo godere, è felicità. Certo, io so che non sono istruito, che valgo poco. Io ho solo da offrirti il mio corpo, ma anche tutto il mio amore, adesso che so cos'è. Io ho capito che ti amo. Io adesso so che differenza c'è fra sesso e amore e ho capito che il sesso è bello, molto più bello quando c'è amore. Non mi mandare via, Stefano, ti prego..."

L'uomo si sentì commosso, turbato. Avrebbe voluto abbracciarlo, baciarlo... ma sapeva che sarebbe stato sbagliato.

"Tu sei etero, Maurizio. Dimenticami. Cercati una donna."

"Ma perché devo cercarmi una donna quando ci sei tu?"

"Perché io sono un uomo!"

"Ma io voglio te."

"Stammi a sentire, Maurizio: proveresti a fare con un altro uomo quello che vuoi fare con me? Lo faresti?"

"No! Certo che no."

"Appunto. Vedi? Se davvero ti piacesse il... cazzo, lo faresti anche con un altro cazzo, no?"

"No, con un altro no. Ma con il tuo sì, perché è il tuo. Possibile che uno intelligente, istruito e vecchio come te non lo capisce?"

"Già, vecchio: io ho il doppio della tua età..."

"No, non volevo dire quello! Oh cazzo! Come diresti tu? Esperienza, ecco, no vecchio. Tu non sei vecchio, tu sei più giovane di tanti giovani, dentro."

"Maurizio, tu sei molto dolce, e buono, e semplice. E questo mi piace di te. Tu sei anche il più bel maschio che io abbia mai incontrato, conosciuto... e anche questo mi piace. Ma non ha senso che tu ti sforzi per... L'amore fra due uomini, fra due persone, non è... non deve richiedere sforzi. Deve venire spontaneo, naturale..."

Maurizio rifletté intensamente, poi una luce si accese nel suo sguardo. "No, ti sbagli tu Stefano, stavolta, non io. Tu sai che a me mi piace tanto il karate, vero?"

"Sì, lo so, me l'hai detto."

"Ecco. Io perciò, si può dire, io amo il karate. E lo faccio senza sforzi, mi viene naturale."

"Appunto."

"Appunto. Ma quanti sforzi mi è costato per arrivare a questo? Quanti fallimenti? Quanta fatica? Quante delusioni? Eppure lo amo, no? E anche adesso che mi viene naturale, devo ancora stare attento, allenarmi sempre... E ho accettato tutto perché dall'inizio sentivo di amarlo... E ho fatto bene. E allora, perché non può essere così con l'amore? Tu... mi dispiace parlarti del tuo Carlo, ma... in quei venti anni passati con lui non hai mai dovuto sforzarti di amarlo, almeno in certi momenti? Era sempre tutto semplice e naturale e spontaneo?"

"Beh, no... non sempre..."

"Ma non ti è sembrato sbagliato se qualche volta tu, o lui, dovevate fare uno sforzo per continuare a amarvi, no?"

Stefano lo guardò ammirato. Non del tutto convinto, ma toccato dalla logica del ragazzo.

"Allora che c'è di sbagliato se io, io voglio sforzarmi di imparare a farti felice? a darti piacere? Mica mi devo sforzare ad amarti, no? perché io già ti amo. D'accordo magari non ci so fare come... come quel ragazzo che &ègrave; appena andato via. Ma anche lui ha dovuto imparare da qualcuno, no? Anche tu che sei così bravo, hai dovuto imparare, no?"

"Sì, è vero..."

"Perché non vuoi lasciarmi imparare, allora? Perché non mi dai altre occasioni? Perché?"

"Io... io non voglio fare di te un gay. Non posso, tu sei etero, non sarai mai un gay."

"Tu una volta mi hai sgridato di fare queste differenze. Tu mi dicevi quando disprezzavo quelli là nel pub, che un essere umano è un essere umano e non un frocio o un etero. E adesso sei tu che insisti su questo? A fare differenze? Non possiamo essere solo noi due, due esseri umani, solo Stefano e Maurizio, senza metterci un altro nome sopra?"

"Ma resta il fatto che a te non piacciono i maschi e che io non ho bisogno di un etero..."

"A me piaci tu, non i maschi, e tu puoi aver bisogno di me, non di un etero, no?"

"Non so..."

"Perché non ci pensi, Stefano? Io ora... io ora vado via e ci penso su ancora. Ma pensaci anche tu, per favore. Tu... tu mi stai facendo scoprire il gusto della vita e... non buttare via tutto, ti prego. Io ho bisogno di te e... beh, spero che anche tu puoi avere bisogno di me. So che ti piaccio, lo sento. E non solo per il mio corpo, mi pare. Se ti piacesse solo il mio corpo mi trattavi come ho fatto io con le ragazzine... Una scopata e via. Una goduta e via. Specialmente che io fino a adesso a letto mica t'ho dato granché. Tu invece m'hai dato tanta tenerezza e hai sempre accettato la mia e... O di nuovo non ho capito niente? Ho di nuovo sbagliato tutto?"

"Non so..." ripeté Stefano sempre più perplesso, insicuro.

Maurizio sentì quell'insicurezza e non ne profittò. Si alzò. "Grazie, Stefano, per essermi stato a sentire. Adesso pensaci. Ti lascio in pace. Se vuoi... non vengo neanche al pub. Ti telefono io fra qualche giorno... Va bene?"

"Sì..."

Maurizio gli diede un lieve bacio in fronte e si avviò verso la porta. Stefano la sentì chiudersi e restò seduto, immobile, tremando lievemente.


Passarono cinque giorni. Stefano era sempre più confuso.

Era martedì sera, il suo giorno libero dal pub. Aveva appena finito di cenare quando suonarono alla porta.

Si chiese se fosse Maurizio. No, aveva detto che avrebbe telefonato. Forse era Piggì.

Andò ad aprire e vide un giovanotto snello, i capelli castano scuro con un riflesso ramato. Lì per lì non lo riconobbe. L'altro fece un sorriso freddo, formale.

"Posso entrare?" chiese.

"Che..."

"Sono Renato. Non ti ricordi di me?"

A Stefano il cuore fece un salto in petto: "Ah, sì... l'amico di Maurizio. Si accomodi."

"Puoi darmi del tu, papalino. Puoi essere mio padre, no? Hai una cinquantina d'anni?"

A Stefano non piaceva il tono dell'altro. "Che vuoi?" chiese brusco.

"Qui, in corridoio? Non è meglio di là? Gli ospiti si ricevono in soggiorno, no? O anche in camera da letto, qui da te, no?" rispose il giovanotto avviandosi ed entrando in soggiorno prima che Stefano potesse rispondere.

"Io sono di casa, qui. T'ho portato su io i mobili, ti ricordi?"

Stefano lo guardava con crescente disgusto. L'altro sedette al tavolo, tirò fuori una sigaretta e l'accese.

"Che vuoi?" chiese di nuovo Stefano aggressivo.

"Parlare. Parlare di Maurizio. Sai che hai fatto colpo anche sulla sua vecchia? Maurizio è il favorito di Natalina, lo sapevi no? Gli altri figli sono ok, certo, ma si sono sposati, se ne sono andati, hanno anche uno o due figli, mi pare... Ma Maurizio è restato con lei e è il suo favorito. Non è il tipo più furbo di questo mondo ma è un bravo ragazzo. Una pasta di ragazzo. E sua madre è orgogliosa che ha trovato un vecchio ricco e istruito come te. Anche se tu non puoi dargli quello che gli davo io. Ma pare che non lo capisce, né lei né il figlio..."

"Ah no? Perché, cosa puoi dargli tu? Qualche minorenne da fottere e il rischio di finire in galera?"

"Oh oh, amico! Sono venuto da te per parlare da amici e non per farmi fare la morale! Sono qui per il povero Maurizio, non per me..."

"Il povero Maurizio? Tu sei venuto qui solo per riprendertelo, perché te lo senti scappare, perché hai paura che non continui a sganciarti i soldi per il tuo sporco sesso..."

"Sono venuto qui perché tu me lo stai facendo diventare un fottuto frocio di merda come te. Ecco perché sono venuto qui!" disse con una smorfia di disgusto Renato sbuffando il fumo della sigaretta con forza.

"In altre parole, Maurizio deve scegliere fra noi due. Gran bella scelta, vero? Frocio o corruttore di minorenni. Povero Maurizio! Ma io almeno ho sempre cercato di allontanarlo da me, di non accalappiarlo, di non tenerlo al guinzaglio. Perché non lo lasci libero di scegliere da solo? Hai paura di perderlo?"

"No, non ho paura che qualcuno gli dà più di quello che gli offro io. No, non ho paura della concorrenza di un vecchio frocio rotto in culo, no. Solo che Maurizio ha preso una sbandata per colpa tua. Certo che sei un drago, tu! Soldi a sua madre e porcate col figlio!"

"Fuori di qui, ora. Subito! Va' via da casa mia!" disse Stefano con veemenza.

"No... no papalino. Mica ho finito ancora... D'accordo, in questo momento stravede per te. Ma Maurizio non era frocio prima di conoscerti, te lo posso garantire io!" disse Renato alzandosi in piedi e soffiandogli in faccia il fumo della sigaretta.

"E non era neanche un corruttore di minorenni, prima di conoscere te." gli rispose duro Stefano. "Comunque Maurizio non è e non può diventare un gay. Quando gli passerà, si scorderà di me, si sposerà, metterà su famiglia. E io sarò felice per lui."

Renato scoppiò a ridere e spense la sigaretta nel portacenere con vigore.

"Allora ti dirò io una cosetta, povero vecchio frocio. Credi di essere tanto furbo, tu, vero? Ma Maurizio è frocio. Ormai Maurizio è tutto frocio dalla testa ai piedi. Per colpa tua. Sei abile tu! Un vero professore. Vuoi sapere cos'è successo venerdì? Dopo che la mattina è venuto a parlare con te qui? Bene, è venuto a ballare con me. Dopo un bel pezzo. E io ho agganciato due pollastrelle, una di quindici e una di quattordici anni. Quella di quattordici doveva ancora essere vergine, o quasi: ero il suo secondo uomo. Comunque carne fresca. Ce le siamo portate in garage. E io me le sono fatte e lui... niente. Neanche gli è venuto duro. Niente, capisci! Non gli si è rizzato, capisci? Allora sabato viene a ballare e mi dice che se trovo le pollastre lui torna a casa sua, non viene in garage. Allora io che gli sono amico gli dico: no, o tutti e due o nessuno dei due. E torniamo in garage da soli. E ci stendiamo a parlare e lui mi dice che pensa solo a te! Allora gli chiedo cosa fate a letto di tanto bello... e lui mi racconta per filo e per segno. Allora io gli dico: cazzo, amico, da come dici tu dev'essere proprio bello! e me lo tiro fuori così, vedi..." e Renato si aprì la patta e tirò fuori il suo bastone semirigido prendendo a masturbarsi lentamente, "... e ho cominciato a menarmelo così e Maurizio me lo guarda e crede che io non me ne sono accorto. Io gli dico solo: dai, Maurizio... E sai che fa lui? Roba da non crederci... senza dire né ah né bah, viene giù e me lo succhia, me lo prende in bocca, tutto, gente! fino in gola! Come una puttanella. E non era male per essere un principiante. Me l'ha pompato tutto, con la bocca, su e giù per tutta la lunghezza! Sei stato davvero un gran maestro, tu... E si è bevuta anche tutta la mia sborra, tutta! E non l'ha nemmeno vomitata come ha fatto con te! Ma tu sei di sicuro più bravo, tu sei il maestro, no? Dai, perché non me lo succhi anche a me? Guarda quant'è grosso, meglio di quello di Maurizio, no? Se mi fai godere, magari torno da te... Succhiamelo, dai..."

Stefano era furioso: "Se non te lo rimetti subito nei calzoni te lo ricaccio io dentro a calci!" gridò.

"Oh oh! Fai anche il violento... Cos'è hai paura di non riuscire a farmi diventare frocio come Maurizio?" chiese in tono di sfida, ma si rimise a posto il membro.

"Maurizio non è frocio!" gridò Stefano.

"Ah no? Ma se m'ha fatto una pompa! E con l'ingoio..."

"Solo perché ti credeva amico..."

"Dici? E invece ti sbagli. Anche lui diceva così: solo perché siamo amici, ma non lo dire a nessuno... Poi mi fa: Io non lo so se sono frocio o no. Allora io, per aiutarlo a capire, domenica gli ho pagato una marchetta, un ragazzo brasiliano, sai, uno di quelli che battono in via Cavalli. Devi conoscerli tutti tu, no? Lo pago e gli dico che deve far capire al mio amico se è frocio o no. E andiamo tutti e tre al garage. E Maurizio l'ha fatto di nuovo col brasiliano, di nuovo con l'ingoio, davanti ai miei occhi. E a Maurizio piaceva. Con l'ingoio, capisci! Tre volte, col brasiliano! E quando il brasiliano se n'è andato, Maurizio m'ha pregato di farlo di nuovo anche a me, non gli bastava. Me l'ha chiesto lui, capisci? Non gli bastava, come un drogato. Me l'ha preso tutto fino in gola e m'ha fatto godere. Tutto dentro. Con l'ingoio. E tu dici che non è frocio? E dopo..."

"Basta!" disse Stefano sconvolto dalla gioia feroce che leggeva negli occhi dell'altro. "Basta! Non credo a una sola parola di quello che dici! Sei solo uno sporco bastardo!"

"Dici? Bastardo, può darsi. Ma meno sporco di te. Non mi credi? Allora guarda, guarda queste foto. Li ho fotografati, Maurizio e il brasiliano, guarda!" gli disse Renato col veleno nella voce e gli mostrò alcune polaroid.

Stefano vide che era vero. Quello era chiaramente Maurizio, nudo, con un sodo membro fra le labbra... Stefano tremò violentemente e una voce in lui urlò: perché Maurizio? perché? perché?

Ma con voce sorprendentemente calma, mentre l'altro metteva via le foto, gli chiese: "Perché hai fatto quelle... quelle foto?"

"Perché? Perché così vi ho in mano tutti e due. O tu mi dai i soldi che Maurizio non vuole più darmi, una volta alla settimana, bastano centocinquanta, duecento, e mi fai una pompa quando vengo a riscuotere, e allora puoi tenerti Maurizio, o queste foto le mostro alla madre, agli amici, al lavoro e lo rovino. Mi pare di essere onesto, no? Una pompa e 150-200 alla settimana in cambio di Maurizio. Non dirmi che non le vale..."

Stefano lo guardò sbalordito, nauseato, furioso: "Tu non vali neanche un pelo di Maurizio. E tu quelle foto te le puoi mettere in culo! Se vuoi rovinare quel ragazzo sei peggio di un fottuto bastardo! Ma da me non otterrai niente, niente di niente, capito? E neanche da Maurizio, ne sono sicuro! E ora fuori! Fuori di qui!" urlò Stefano.

"No... Maurizio farà tutto quello che voglio purché non mostro queste foto in giro. Grazie a te quel frocetto è nelle mie mani, comunque. Ho vinto io, comunque. Sarà Maurizio a succhiarmelo ogni volta che mi tira e a pagare il garage e tu lo perdi!" gli gridò trionfante Renato avviandosi verso l'ingresso.

In quel momento il campanello suonò tre, quattro volte, con urgenza. Stefano andò ad aprire mentre Renato rimetteva in tasca le polaroid.

"Stefano, che succede?" chiese Maurizio entrando con aria allarmata, "Ho sentito gridare..." e si bloccò trovandosi di fronte Renato.

"Tu? Qui? Che ci fai qui!"

"Stavo andando via..."

Maurizio guardò Stefano: "Tutto a posto?" gli chiese.

"Credo di sì..." rispose l'uomo tremando.

"No... non è vero." disse a voce bassa Maurizio e afferrò per un braccio Renato: "Cosa sei venuto a fare qui?"

"Solo a parlare..." rispose Renato sorridendo indifferente.

"Perché stavate gridando? Cosa gli hai detto?" chiese Maurizio stringendo con forza il braccio del collega e quasi trascinandolo in soggiorno.

"La verità. Quello che hai fatto con me e la marchetta in garage."

Maurizio lo guardò con odio e l'altro continuò: "Dovevo dirglielo, Mauri. Quello sta cercando di farti diventare un finocchio e dovevo fermarlo a ogni costo. Ho dovuto minacciarlo, per il tuo bene..."

"Zitto!" urlò Murizio, poi si girò verso Stefano e chiese calmo: "Dimmi cos'è venuto a fare."

"Niente. A proprormi uno scambio: o gli do 150 mila alla settimana e glielo succhio così potevo tenere te, o mostra la foto di te e della marchetta a tua madre, al lavoro..."

"Ecco perché volevi le foto, brutto maiale di merda! Ma tu, Stefano... non hai ceduto, vero?"

"Certo che no..." rispose l'uomo guardando affascinato l'ira del ragazzo che lo rendeva anora più bello.

Renato disse: "Non è vero. Mi ha dato i soldi e s'è preso le foto! Ti ha comprato..."

"Bugiardo! Non ti credo! Stefano non dice palle. Tira fuori le foto, subito!"

"Non le ho... io..."

Maurizio si mosse appena e Renato volò pesantemente a terra e il ragazzo gli fu sopra.

"Dammi subito le foto!"

Ci fu una breve lotta, Ma l'abilità e la furia di Maurizio ebbero subito ragione dell'altro. Maurizio afferrò i calzoni dell'altro per le tasche e dette forti strappi fino a lacerarle e farne uscire il contenuto, prima l'una poi l'altra. Ne estrasse le foto e le porse in silenzio a Stefano. Poi iniziò a schiaffeggiare con violenza Renato, a pestarlo con metodo.

Stefano, le foto in mano, disse: "Basta, Maurizio, lascialo andare..."

"Non ancora..."

"Non esagerare, Maurizio..."

"So quante gliene devo dare." rispose freddo il ragazzo continuando a pestare metodicamente l'altro. Colpi brevi, misurati, solo in certi punti del corpo. Metodici, freddi, calcolati.

Stefano ne era affascinato e spaventato.

"Basta, Maurizio, ti prego. Fallo andar via..."

Maurizio si fermò, lo guardò e lesse la preghiera nei suoi occhi. Si alzò e sollevò di peso Renato che era inerte, terrorizzato. Lo portò fino al pianerottolo, fuori dalla porta e lo lasciò cadere a terra come un sacco di patate.

"Conto fino a tre e se non sparisci..."

Renato si alzò pallido, barcollante: "Ti denuncio, Mauri, te la faccio pagare..."

"Non puoi andare alla polizia, non t'ho lasciato neanche un segno. E non puoi perché sennò ti denuncio io per le minorenni, a costo di venire in galera anch'io. Ma se sono in galera con te, ti pesto così ogni giorno. E lì non c'è Stefano a fermarmi. Conto fino a tre: uno... due..."

L'altro si precipitò giù per le scale. Maurizio si girò verso Stefano che era sulla porta e gli chiese, quasi timidamente: "Posso entrare? Parlare?"

"Sì, certo... dobbiamo parlare."


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