ORO, INCENSO E MIRRA | CAPITOLO 7 - UN CONTRATTO PARTICOLARE |
Alberto Sossi aveva compiuto cinquanta anni giusti. Da quando aveva diciotto anni aveva sempre lavorato nelle discoteche. Dapprima come barista, poi in posti di sempre maggiore responsabilità e già a venticinque anni era diventato gestore. Aveva un senso dell'organizzazione innato, sapeva valutare la gente e scegliere i collaboratori giusti, sapeva prevedere il gusto del pubblico e fargli trovare quello che desiderava e così, tutte le discoteche in cui aveva lavorato erano fiorite. Il suo sogno segreto era sempre stato avere una discoteca tutta sua ma, per quanto guadagnasse bene, non aveva gli ingenti capitali necessari per creare ex novo quello che aveva in mente. Così il suo sogno era rimasto nel cassetto. Il suo primo lavoro a diciotto anni l'aveva avuto grazie alla sua avvenenza: il proprietario di quella discoteca gli aveva detto chiaro e tondo: fatti scopare da me e ti do lavoro. Alberto era gay e non era certo alla sua prima esperienza sessuale e quell'uomo gli piaceva abbastanza, fisicamente, perciò aveva accettato senza problemi. Si rendeva conto che per quell'uomo lui era solo un oggetto di piacere, anzi uno dei tanti: anche agli altri che lavoravano con lui aveva posto la stessa condizione e ogni sera se ne portava a casa ora uno ora l'altro. Poi, a ventidue anni, Alberto s'era innamorato per la prima volta. Perché in fondo quello che sognava era una relazione fissa, un compagno per la vita. Non era un tipo romantico, Alberto, però aveva sperato nell'amore. Ed era passato da una delusione a un'altra. A ventidue anni s'era innamorato di Franco, un architetto di trenta anni, cliente della discoteca in cui lavorava in quel momento. Ne era rimasto affascinato, ne aveva accettato la corte, ne era diventato il ragazzo. Per poi accorgersi che in fondo Franco si vergognava di lui, della sua poca cultura. A Franco piaceva scopare con Alberto, ma niente di più. Spesso lo trattava con sarcasmo, lo snobbava, lo trattava dall'alto in basso. Quando facevano l'amore, cominciò a trattarlo sempre più come una puttana e non come un amante. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando, una volta che s'erano messi a fare l'amore, Franco gli aveva detto: "Di', maiale, ti piace questo bel cazzo, vero? Dimmi, dove vuoi che te lo schianti, in quella bocca da pompinaro o che ti ci sfondi il culo? Dai, porco, scegli, ma fammi godere." Alberto l'aveva fatto godere. Ma poi non l'aveva mai più voluto incontrare. Poi s'era innamorato di Dino, un verduriere quasi suo coetaneo. Un ragazzo molto sensuale, anche se non bellissimo. All'inizio sembrava andar tutto bene. Un giorno Dino gli disse che voleva fare l'amore in tre. A lui non andava tanto a genio l'idea ma, per far contento il suo ragazzo, finì per accettare. Dino portò un suo amico, Fulvio, un pugile di ventisette anni e Alberto si trovò a dover soddisfare quei due che in realtà facevano l'amore fra loro. Finché capì che i due erano amanti già da prima e che avevano voluto lui come terzo solo perché a Fulvio non piaceva farselo mettere e Dino invece aveva voglia di metterlo: il ruolo di Alberto si riduceva a prenderlo di dietro da Dino e da Fulvio e a volte addirittura solo a guardarli fare l'amore. Li lasciò. A trenta anni s'era innamorato di Tony, un commesso diciottenne, sardo, molto bello. Al ragazzo piaceva solo il ruolo passivo, ma questo non aveva costituito un problema per Alberto. Quello che pian piano era diventato un problema, fu che Tony stava diventando sempre più effeminato. Cominciava a parlare di sé al femminile e questo dava un po' fastidio ad Alberto. Poi cominciò a indossare biancheria intima femminile, poi gli disse che voleva diventare donna, farsi operare. Ma ad Alberto piacevano gli uomini, i maschi. Così alla fine lasciò anche Tony. L'ultimo di cui si innamorò fu Oreste, un giovanotto di ventisette anni. Per essere maschio, lo era senz'altro e a letto sapeva essere forte e dolce come piaceva a lui. Dire che Oreste aveva l'erotismo nel sangue era dir poco. I loro incontri d'amore erano sempre coinvolgenti e pieni di passione. Oreste sapeva come dargli il massimo del piacere e come trarre da lui il massimo del piacere. Così, dopo alcuni mesi dall'inizio della loro relazione, gli chiese di andare ad abitare da lui. Tutto sembrava andar bene, finché Alberto si accorse che Oreste, pur rimanendo con lui, passava da un'avventura a un'altra. Alberto allora gli disse che doveva scegliere: o stava con lui e gli era fedele, o era meglio che si lasciassero. Oreste lo lasciò. Un giorno Alberto tornò a casa e vide che se n'era andato, con tutta la propria roba ed anche diversi oggetti di valore di Alberto: quello che più lo ferì fu rendersi conto che Oreste non gli aveva rubato gli oggetti più costosi, ma quelli che per Alberto avevano più valore affettivo. Quello non era un semplice furto, ma un gesto di vendetta. Alberto, sempre più deluso, divenne cinico. Decise che non voleva più relazioni, non ne valeva la pena, ma solo scopare. Che era stanco di essere usato: ora sarebbe stato lui ad usare gli altri.
Aveva dunque compiuto i cinquanta anni quando accadde una cosa che cambiò completamente la sua vita: ricevette in eredità da un lontano parente di cui sapeva appena l'esistenza una vera fortuna: miliardi di lire in buoni del tesoro. Finalmente poteva dar corpo ai suoi sogni. Per prima cosa cercò il locale adatto: un locale cinematografico inutilizzato da anni, molto ampio, in posizione semicentrale, con facilità di parcheggio. Poi chiamò i migliori architetti per trasformarlo in una discoteca avveniristica, dotata di tutti i più sofisticati servizi e attrezzature. E mentre gli operai la stavano allestendo, si diede alla la ricerca del personale. Mise inserzioni sui giornali e iniziò una severa selezione: voleva il meglio. Ma, al tempo stesso, voleva anche divertirsi, perciò, memore del suo primo impiego, per prima cosa richiedeva una bella presenza, cioè che fisicamente piacessero a lui, poi che fossero tecnicamente molto capaci e, quando questi due requisiti erano assolti, poneva la terza condizione: che fossero disposti ad andare a letto con lui. Non aveva fretta, voleva solo circondarsi di un harem di bei ragazzi, abili nel lavoro ma anche disponibili a rallegrare le sue notti. Cercava due DJ con esperienza, due addetti luci, un tecnico fonico, quattro baristi esperti e sei bei ragazzi di sala, un ragazzo per la biglietteria, due ragazzi per il guardaroba, tre buttafuori esperti di karatè, un addetto agli acquisti, rifornimenti e alla contabilità: in tutto ventidue persone oltre a lui. Una piccola coorte, il necessario per far funzionare una discoteca di quelle dimensioni. Non voleva una discoteca gay, rendevano di più quelle miste, ma voleva che i gay ci si trovassero bene.
"Guarda qui, vogliono un DJ esperto per una nuova discoteca e altro personale. Io non ho specializzazioni ma magari al guardaroba potrebbero prendermi. Bisogna telefonare per un appuntamento. Ci andiamo?" "Magari! Che bello. Scendiamo subito a telefonare, dai!" Decisero di fare due telefonate, di presentarsi separatamente. Ebbero appuntamento con altri per la sera seguente. Erano pieni di speranza. Il giorno dopo andarono a farsi una doccia, si rasarono accuratamente e indossarono i migliori abiti che avevano. Quindi si presentarono. Nella discoteca ancora fervevano i lavori, ma l'ufficio di Alberto era già finito. C'erano sei ragazzi ad aspettare e dopo ne vennero altri due. Arrivò Alberto. "Buonasera. Vi spiace per prima cosa riempire questo modulo con i vostri dati? Descrivete anche la vostra esperienza nel tipo di lavoro che chiedete, mi raccomando. Su ogni modulo è scritto un numero: è l'ordine con cui entrerete nel mio ufficio per fare il primo colloquio. Dopo il colloquio uscirete da un'altra porta, quindi se ci sono fra voi amici che si vogliono aspettare, vi dovrete aspettare fuori, chiaro? Dopo questo primo colloquio generale, quelli che hanno qualche probabilità di essere assunti torneranno per il secondo colloquio, quello tecnico. Se sarà superato anche il secondo colloquio, vi sarà un terzo colloquio, in cui discuteremo sulla paga, sul contratto eccetera e quindi farò la mia scelta finale. Vi dico subito che per ogni posto ci sono in media cinque o sei domande, quindi l'ottanta per cento di voi non potrà essere assunta. Bene, è tutto per ora. Appena il numero 1 ha compilato il suo modulo venga a bussare a quella porta. I seguenti li chiamerò io. Ci sono domande?" "Quando aprirà la discoteca?" chiese uno dei ragazzi. "L'inaugurazione è fra trentasette giorni esatti." "Si può chiedere di essere assunti per due cose diverse?" chiese Massimo "Sì, certo. Specialmente per lavori non specializzati come ragazzo di sala o guardarobiere." "Anche come DJ e bigliettaio, per esempio?" chiese allora Gilberto. "Certo, va bene." "Che te ne pare?" chiese sottovoce Gilberto a Massimo quando l'uomo fu tornato nel suo studio. "Pare che sappia il fatto suo. Ha tutta l'aria del manager. Speriamo bene. A te che impressione ha fatto?" "Penso che potrebbe essere bello lavorare con un capo così. Ma bisognerebbe conoscerlo meglio, a volte l'apparenza inganna." Gilberto aveva il numero 5 e Massimo il 7. Gilberto entrò e porse il modulo compilato all'uomo. "Accomodati." disse questi prendendo il foglio e scorrendolo rapidamente. "Bene, Gilberto, vedo che hai parecchi anni di esperienza come DJ e in buone discoteche. Come mai hai smesso da due anni?" "L'ultima l'hanno incendiata. E dopo non mi è stato possibile entrare in un'altra: ci sono più DJ in cerca di lavoro che discoteche." "Hai parecchia esperienza come DJ eppure qui scrivi che faresti qualsiasi altro lavoro. Come mai?" "Ho bisogno di lavorare. A me piace molto fare il DJ, ma devo anche mangiare." "Sì, certo. Parlami delle tecniche che conosci." "Posso usare termini tecnici?" "Certo, ho trentadue anni di esperienza nelle discoteche, non ho problemi. Allora?" Gilberto iniziò a parlare delle compilation, del modo di proporre i dischi, di mille dettagli, facendo vedere che conosceva molto bene il proprio lavoro. Alberto a volte faceva domande ma per lo più ascoltava e prendeva note sul retro del modulo. Alla fine gli disse: "Bene, mi interessi. Puoi venire venerdì alle cinque. Mi darai una dimostrazione pratica di quello che mi hai detto oggi. Porta la tua compilation e i tuoi dischi." "Per che tipo di serata?" "Ottima domanda. Ma lascio a te la scelta. Allora, venerdì alle cinque, d'accordo Gilberto? Questo è il mio biglietto da visita. Mostralo all'ingresso, per entrare. Ora, esci di là. Sali la scala e ti trovi nell'androne di una casa sulla via parallela a quella da cui sei entrato prima." Poi toccò a Massimo. "Massimo Stellari. Esperto elettronico. Interessante. Però qui sul modulo chiedi di fare il guardarobiere o il bigliettaio o il ragazzo di sala: tutti lavori non specializzati." "Non so fare nessuno dei lavori specializzati che offre." "Però un tecnico elettronico potrebbe farmi comodo. Magari fare il guardarobiere e, quando serve, saper riparare un apparato. Non sarebbe male. Il ragazzo di sala no, li voglio più giovani. Ma come guardarobiere o bigliettaio, forse. Non posso ancora prometterti niente, ma mi interessi. Torna venerdì alle 6, così possiamo ancora parlare e vedere se è possibile darti un lavoro." "Allora?" gli chiese Gilberto quando lo vide uscire dal portone della casa. Si raccontarono i loro colloqui, si dissero le loro impressioni. E videro che avevano l'appuntamento praticamente uno dopo l'altro. "Speriamo che prenda almeno uno di noi due." disse Gilberto mentre si avviavano verso casa. "Magari tutti e due, no? Sarebbe bello lavorare assieme, lo stesso posto, gli stessi orari." "Certo. Mah, vedremo. Dobbiamo ancora aspettare sei giorni per il prossimo colloquio." Gilberto, tornato a casa, studiò bene e a lungo la compilation da presentare e decise alla fine di portarne due: quella principale e una di riserva. Lo faceva sempre, quando lavorava come DJ, di avere pronta una compilation di riserva. Raramente era stata necessaria, ma a volte era stata utile. E venne il venerdì. Di nuovo si prepararono tutti e due e andarono assieme all'appuntamento. L'uomo alla porta fece scendere solo Gilberto. Questi entrò nello studio di Alberto. Gli fece vedere quello che aveva preparato, poi, usando alcune piastre che c'erano nell'ufficio, gliene eseguì una parte. Alla fine Alberto gli disse: "Bene, mi interessi molto. Devo dirti che sei uno dei migliori DJ che ho esaminato fino a ora. Dunque, se sarai assunto, questo sarebbe il contratto: leggilo e dimmi che ne pensi." Gilberto lo scorse, poi disse: "Mi sembra ottimo: la paga è alta. Le condizioni buone." "Sì, questa deve diventare la migliore discoteca di Milano e perciò deve avere personale ottimo e per questo le paghe sono alte. Allora, ti piacerebbe lavorare per me?" "Sì, certo, mi piacerebbe moltissimo." "Ma c'è ancora una condizione." "Dica." "Quelli che lavorano per me, oltre ad essere in gamba, devono anche essere molto disponibili nei miei confronti." "Non capisco." "Io sono gay e voglio che anche tutto il mio personale sia gay." "Vuole fare una discoteca gay? Non c'è problema: il mio amante è un uomo." "Bene, ma quello che intendo è che chi lavora per me deve anche essere disposto a venire a letto con me. Questa è la condizione finale per essere assunti." "Io... ecco... come le ho detto il mio amante è un uomo. Ma ci amiamo, appunto. Perciò, mi dispiace, ma io non lo tradirò mai, neanche per una paga dieci volte quella che mi offre." "Sicuro?" "Sicuro." "Mi dispiace, allora. Senza rancore. Tu mi piaci molto, sia come uomo che come DJ. Ma vuol dire che ne troverò un altro." "Sì, forse è meglio. Se non avessi il mio uomo, credo che comunque non accetterei questa come condizione, signor Sossi. Andare a letto con uno deve essere una questione di scelta, non di contratto. Allora, tolgo il disturbo, signor Sossi." "Peccato." Massimo, all'oscuro di quella discussione, aspettava in strada. Appena Gilberto uscì dallo studio, Alberto telefonò all'uomo alla porta di far scendere Massimo, così quando Gilberto arrivò trafelato per avvertirlo, Massimo era già entrato. Il dialogo con Massimo fu più breve, perché non aveva granché da dimostrare sul piano tecnico. Alberto gli diede il contratto da leggere, anche a Massimo sembrò ottimo. Quindi l'uomo pose la sua condizione finale. Anche Massimo non capì subito e rispose che anche lui era gay, che non c'erano problemi. Ma quando Alberto gli disse chiaro e tondo che doveva essere disposto ad andare a letto con lui, Massimo gli rispose: "Signor Sossi, io ho il mio ragazzo e siamo innamorati. Se fossi libero, potrei anche non avere problemi ad avere sesso con lei: non è esattamente il mio tipo, ma ci si potrebbe anche provare e potrebbe anche risultare piacevole. Ma io sono fedele, non tradirei il mio ragazzo per nessuna ragione al mondo, perciò devo declinare la sua offerta." "Non sarebbe meglio che tu ci pensassi?" "Non insista, la prego. Non cambierei idea. Comunque, penso che non avrà difficoltà a trovare chi accetta la sua proposta." "Tu, però, mi piaci molto." "La ringrazio, ma purtroppo..." Gilberto era arrabbiato. Massimo no, solo deluso. Ci aveva sperato, in quel lavoro. Tornarono a casa. Ma entrambi erano fieri del compagno. "Cercheremo ancora; prima o poi troveremo qualcosa, no?" concluse sereno Massimo, poi aggiunse: "E non fare quella faccia brutta, vieni qui, che te la faccio passare io." "Come?" chiese con un sorriso malizioso Gilberto che aveva intuito che cosa avesse in mente l'amante. "Tanto per cominciare, così..." disse Massimo cominciando a sbottonargli i calzoni. Fecero l'amore a lungo, e quando, ancora nudi, si prepararono qualcosa da mangiare, era già l'una di notte. Dopo aver cenato Gilberto sospinse di nuovo Massimo sul letto e ricominciarono a fare l'amore e la disavventura era già dimenticata.
Così Alberto decise di ricontattare quel Gilberto e di offrirgli il lavoro senza più condizioni. Ne cercò il modulo per telefonargli di ripresentarsi. La voce telefono era sbarrata. Oh cavolo, non ha telefono: mi sa che devo andare a cercarlo a casa! si disse e, abituato com'era a non rimandare a più tardi le cose essenziali, uscì subito dall'ufficio, prese l'auto e si recò dritto all'indirizzo di Gilberto. Una vecchia casa, senza ascensore. Salì cercando il nome sulla porta e finalmente, al piano delle mansarde, lo trovò. Suonò il campanello. La porta si aprì quasi subito e si trovò di fronte Massimo, che lo riconobbe e gli disse con aria fra lo stupito e l'accigliato: "Ah, è lei? Che cosa vuole?" "È questa l'abitazione di Gilberto Marelli, vero?" "Sì." "Non c'è?" "No, non è in casa." "Tarda a venire?" "Non so, forse un'oretta." "Potrei aspettarlo?" "Per che cosa?" "Volevo proporgli di assumerlo." "Le ha già risposto chiaramente, mi pare, no?" "Tu... non mi ricordo il tuo nome, ma eri venuto al colloquio, vero?" "Sì, certo." "Quindi tu sei il ragazzo di Gilberto, immagino." "E con ciò?" "Ti prego, non essermi così ostile. Vorrei davvero parlare con Gilberto per quel lavoro." "Guardi che non riesce a fargli cambiare idea. Non insista e ci lasci in pace, per favore." "Senti, se mi fai entrare, ti spiego." "Cosa?" "Ti prego, non qui sul pianerottolo." insisté l'uomo. Massimo fece spallucce e gli disse: "Va bene, si accomodi, anche se penso che sia tempo sprecato." Alberto, entrato, notò l'estrema povertà, per non dire miseria, del monolocale. Massimo lo fece sedere: "Non ho nulla da offrirle." disse serio. "Non importa. Ma vivete qui?" "Beh, e dove se no?" "Già. Senti, io vorrei davvero parlare di nuovo con Gilberto. È un ottimo DJ, il migliore che mi si è presentato. Lo voglio a tutti i costi nella mia discoteca." "Guardi che se anche fosse disposto a offrirgli molto di più, non accetterebbe." "Questo l'ho capito." "Allora?" "Non gli offro di più, o per lo meno, non è questo il punto. Voglio offrirgli solo condizioni diverse." "Non capisco." "Sì, cioè senza condizioni. Beh, insomma, tu sai qual era la condizione per cui sia tu che lui non avete accettato, no?" "Di venire a letto con lei." "Appunto. Non la pongo più. Lui ama te e mi sta bene. Non vuole aver sesso con altri e mi sta bene. Purché venga a lavorare per me. E posso anche alzare lo stipendio." "Non so se accetterà, comunque." "Ma perché? Non capisco. Io così ho rimosso l'ostacolo, no?" "Il fatto è che era ed è molto arrabbiato con lei." "Arrabbiato? Ma perché? Per cosa?" "Perché dice che lei approfitta di chi ha bisogno di lavorare per obbligarlo a venire a letto con lei." "Beh, no. Voi due, da quel che vedo, avete un bisogno estremo di lavorare, eppure non vi andava e non avete accettato, no? Io non ho obbligato nessuno. Chi ha accettato quella mia condizione è perché in fondo gli andava bene, se no avrebbe rifiutato come avete fatto voi e qualche altro. E quelli che hanno accettato, hanno accettato tutti senza esitare, senza bisogno che facessi nessuna pressione, te lo assicuro." "Le credo. Ma resta il fatto che temo che Gilberto le dirà nuovamente di no." "Ascolta, io ho sempre pensato e penso di essere una persona corretta e onesta. Ora propongo a Gilberto un contratto che lui stesso aveva detto essere buono, e senza condizioni. Un normalissimo contratto di lavoro. Non ti sembra irragionevole che lo rifiuti?" "No, perché per accettare un lavoro, si deve anche essere convinti di fare una cosa giusta." "Ma tu vuoi che accetti o no?" "Io voglio solo che faccia quello che lui crede giusto fare. Se accettasse sarei contento, se rifiutasse sarei contento, purché sia contento lui." "Se lavorasse per me, stareste molto meglio tutti e due." "Ne sono convinto. Ma non ci ha spaventato la miseria fino a oggi e non ci spaventa se dovesse continuare. Comunque, prima o poi troveremo un lavoro qualsiasi, spero." "Bene. Ti dispiace ricordarmi il tuo nome?" "Massimo." "Ah, sì. Vorrei un tuo parere." "Su che cosa?" "Se io gli chiedessi scusa, credi che continuerebbe a essere arrabbiato con me?" "Questo non lo so. Lui non è un tipo che tiene rancore, ma era davvero molto arrabbiato." "E tu, Massimo, anche tu sei arrabbiato con me?" Massimo rise: "No, io non lo sono mai stato. Ho pensato semplicemente che lei ci ha provato e che con noi le è andata male. Tutto qui." "Comunque... deve essere davvero forte il vostro amore se mettete la fedeltà prima del benessere. Non è una cosa abituale, ai nostri giorni." "Forse siamo una razza in via di estinzione." disse Massimo con ironia. "No, e... beh, sono contento che esista ancora chi crede così tanto nell'amore. Io ho smesso di crederci da anni." "È triste. Posso chiederle come mai?" "Troppe delusioni. Ho creduto per anni all'amore e ogni volta ci ho rimesso, sono stato preso in giro. Così, forse per difendermi, ho smesso di crederci." "Mi dispiace per lei, davvero." "Voi due siete stati fortunati, se avete trovato davvero l'amore." "Forse non l'abbiamo trovato. Non ci è piovuto addosso, ce lo siamo costruito noi." "Perché evidentemente l'avevate dentro di voi. Evidentemente siete due persone capaci di amare. Io temo di non esserlo più." disse l'uomo con un accento di sincera tristezza. "Ma no. Si deve semplicemente voler amare e accettare il rischio delle delusioni. La vita è fatta di opposti, gioia e dolore, per esempio. Non si può accettarne solo la metà che ci fa comodo, ho imparato." "Cosa vuoi dire?" "Beh..." iniziò Massimo e, in breve gli spiegò quello che lui aveva vissuto dalla morte di Diego fino all'incontro con Gilberto. L'uomo lo ascoltava attento, interessato, annuendo più volte man mano che il racconto per sommi capi procedeva. Massimo aveva appena finito il succinto racconto e Alberto stava dicendo: "Ti ringrazio per avermi raccontato..." quando si sentì il rumore della chiave nella porta e Gilberto entrò. "Max, un'altra volta buca!" esclamò allegro, poi vide Alberto, divenne serio e chiese a Massimo: "Che ci fa qui, quello?" "Ti aspettava. È venuto per parlarti." "E di cosa?" "Fattelo spiegare da lui." disse il ragazzo tranquillo. Gilberto si tolse la giacca, sedette di fronte all'uomo e, con aria lievemente battagliera, gli disse: "Bene, sentiamo." "Senti, Gilberto, mi ha detto Massimo che sei molto arrabbiato per il nostro ultimo colloquio e per prima cosa voglio chiederti scusa. Non credevo... non volevo offenderti." "Ah." commentò asciutto Gilberto. "Vorrei tentare una nuova partenza con te. Puoi dimenticare quello che è stato e ascoltarmi senza pregiudizi?" "Posso provarci." disse Gilberto accigliato. "Bene, allora ascoltami: io ho bisogno di un buon DJ e tu sei un ottimo DJ. Tu hai bisogno di un buon lavoro ed io posso offrirti un ottimo lavoro. Ti ho portato qui una nuova copia del contratto. Vorrei che tu la leggessi, che ci pensassi e che mi dessi una risposta. Chiedo troppo?" "Le condizioni, quali sono?" "Solo ed esclusivamente quelle scritte nel contratto, né una più né una meno." disse Alberto porgendogli i fogli. Gilberto li prese, li scorse rapidamente: "È uguale all'altro, solo mi offre un mensile più alto..." "Sì, il 20% in più. Mi sembra un'offerta generosa, no? Allora?" "E nessun'altra condizione?" "Assolutamente nessuna altra condizione. C'è lui come testimone." "Niente sesso?" "Niente che non sia tu a volere." "Non è un po' in ritardo? Mi avesse offerto questo dieci giorni fa, anche senza il 20% in più, avrei accettato subito." "Ho sbagliato. Non puoi perdonarmi?" "Non sta a me perdonarla. Onestamente, la sua offerta, in questi termini, è decisamente interessante. Solo che io sono ancora piuttosto prevenuto nei suoi confronti e lavorare con una persona che non..." "Che non si stima, vero? Ti capisco. Allora facciamo così: aggiungiamo una postilla al contratto: per i primi sei mesi di lavoro tu hai il diritto di rompere il contratto senza preavviso e senza pagare alcuna penalità, ti va bene? Così avrai tempo per vedere se sono o no degno di stima. Accetti?" "Tu, Max, che ne dici?" "Per me, come decidi tu va benissimo. Comunque, mi sembra accettabile." "Bene. Se firmo, l'assunzione da quando parte?" "Da oggi, si capisce." Gilberto pensò un attimo, rilesse il contratto, quindi disse: "Va bene, aggiunga la postilla su tutte le copie, poi firmerò." "Grazie. Grazie davvero. Sono sicuro che non te ne pentirai." disse Alberto visibilmente sollevato. Fece le correzioni, quindi tutti e due firmarono le tre copie. Allora Alberto, alzandosi dal tavolino, disse a Massimo: "Non ho qui le copie del contratto, ma ti andrebbe se ti assumessi come addetto alla biglietteria, alle stesse condizioni di Gilberto?" "Davvero? Mi andrebbe sì. Ma perché?" "Perché mentre aspettavamo Gilberto ho avuto modo di apprezzarti: sei un ragazzo onesto, serio, in gamba e molto simpatico. Ho ancora bisogno di un bigliettaio e tu mi sembri l'ideale. E penso che anche a voi faccia piacere lavorare assieme. Se venite domani in discoteca, firmeremo il tuo contratto e vi farò prendere le misure per le uniformi. Accetti, Massimo?" "Sì, certo, volentieri." "Molto bene. Grazie, allora. A domani." disse Alberto e uscì soddisfatto. "Gil, dimmi che è vero!" "Sì, amore, pare che sia proprio vero." "Non è una fortuna?" "Penso di sì. Sembrava sincero." "Beh, comunque avremo sei mesi per rendercene conto. E fra solo un mese, fra te e me, prenderemo una barca di soldi. Per prima cosa ti comprerò lo stereo e la chitarra!" "Purtroppo io non potrò più comprarti la bicicletta di Diego, però." "Mi comprerai la tua bicicletta: avrà esattamente lo stesso valore, per me." "Ti amo, lo sai?" "Sì, lo so e ne sono felice. Come celebriamo?" "Nel migliore dei modi: vieni qua, amore, che ho una voglia matta di te." "Scommetto che lei vuole fare l'amore con me, signore." "Sì, è la mia condizione per assumerti." "Assumermi? E per che lavoro?" "Come amante a tempo pieno." "E io, sa cosa le dico? Che ci sto! Spogliami, dai, non perdere tempo!" In piedi in mezzo alla stanza spoglia, si denudarono l'un l'altro con gesti febbrili. "Non mi stanco mai di guardarti: sei bello Gil." "Anche tu Max, sei un sacco sexy. Mi piaci da matti." "Quando mi tocchi così mi porti in paradiso." "Dio quanto ti desidero, Max amore mio!" "Sono qui, sono tuo. Non smetterei mai di fare l'amore con te." "A chi lo dici. Sono diventato Max-dipendente, io. Sono drogato di te." "Vuoi disintossicarti?" "Ci mancherebbe altro! Sei la droga più splendida del mondo, tu." "Non esagerare, dai..."
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