ORO, INCENSO E MIRRA | CAPITOLO 1 - COME UN SOGNO |
Massimo s'era reso conto di essere gay all'età di quindici, sedici anni ma non aveva mai avuto l'occasione, o forse piuttosto il coraggio, di avere un rapporto sessuale, neppure i classici giochi intimi fra ragazzini che pure sono così comuni, forse anche perché non aveva amici. O per meglio dire, forse non aveva amici perché, sentendosi diverso dagli altri, temeva che questi se ne accorgessero. I suoi coetanei parlavano sempre di ragazze e riguardo ai gay ne parlavano solo con un certo disprezzo. Massimo era convinto di essere una mosca bianca. Qualche volta, a dire il vero, qualcuno aveva cercato di avvicinarglisi, qualcuno come lui e a cui il ragazzo piaceva, che provava per lui desiderio, che aveva intuito qualcosa di lui, ma anche in questo caso Massimo era sempre fuggito, chiudendosi a riccio, non sapendo capire perché gli si avvicinassero, che cosa volessero realmente da lui. La sua prima, insperata occasione l'ebbe appena diplomato al professionale. Prima di andare militare aveva voluto fare un viaggio in Francia, in autostop perché non aveva soldi. Uno di quelli che gli avevano offerto un passaggio, improvvisamente gli aveva poggiato una mano sulla patta, palpandolo. Massimo era diventato rosso come un peperone ma non si era sottratto. L'altro, incoraggiato, gli aveva chiesto con un sorrisetto lascivo se gli andava di divertirsi un po' assieme. Massimo era terribilmente imbarazzato, ma anche eccitato. L'uomo non era un adone, ma il ragazzo capiva che l'altro gli stava rendendo finalmente possibile poter provare ciò che aveva sempre desiderato e questo lo spinse ad accettare. Non riusciva a emettere neppure un suono, quindi fece cenno di sì col capo e arrossì di nuovo violentemente. L'uomo dopo un po' fermò davanti a un motel, prese una camera e vi condusse Massimo. Questi lo seguì timoroso ma eccitato. La stanza del motel era anonima e piuttosto squallida. Si spogliarono, o per meglio dire fu l'uomo a spogliarsi e a spogliare il ragazzo quasi con fretta. Senza preliminari, prima l'uomo lo fece eccitare, quindi si fece penetrare. A Massimo piacque abbastanza. Il tempo di fare una doccia e di rivestirsi e uscirono. Lo sguardo malizioso del receptionist che doveva aver intuito il motivo di quella breve sosta, mise terribilmente in imbarazzo Massimo. Ripresero la strada. Dopo pochi chilometri l'uomo lo lasciò con la scusa che cambiava strada e il ragazzo riprese a fare l'autostop. Ripensava all'accaduto: era stata una cosa veloce, piacevole, ma molto diversa da come l'aveva immaginata. Meglio che masturbarsi da solo, è vero, ma ne era deluso. Quello non era certo fare l'amore, era solo scopare: zum zum zum e via! Si era aspettato qualcosa di più. Però Massimo ora desiderava riprovarci ancor più di prima. Solo che, promise a sé stesso, "questa volta con uno che mi piace davvero": almeno, forse, sarebbe stato più piacevole. Parigi lo incantò: la girò in largo e in lungo, talmente affascinato che dimenticò l'avventura avuta durante il viaggio. Fece i percorsi classici di ogni turista, ma si inoltrò anche in viuzze che nessuna guida riporta, divertendosi a guardare la gente, a scambiare due parole con sconosciuti o coi commercianti di negozi in cui entrava per curiosare, a salire per vecchie scale tanto per vedere le vecchie case un po' anche dall'interno, a volte rischiando anche di farsi guardare con sospetto dagli inquilini. Ma era felice e non gli importava molto quello che gli altri potevano pensare di lui. Si godeva le mille sensazioni che ricavava da quelle esplorazioni improvvisate e a volte scopriva dettagli architettonici veramente incantevoli. Gli dispiacque quando dovette lasciare Parigi. Sulla via del ritorno, erano circa le nove di sera, poco fuori Parigi si fermò a dargli un passaggio un giovanotto che a Massimo sembrò bellissimo. Era un danese sui venticinque anni, alto, snello, capelli castani mossi, un volto da fotomodello o da attore. Chiacchierarono e Massimo si continuava a ripetere che doveva provarci. Stavano parlando dell'autostop e Massimo buttò lì con aria casuale, ma col cuore che gli batteva a cento all'ora: "Mah, a volte capitano anche incontri imbarazzanti." "Ah sì? imbarazzanti in che senso?" "Beh, per esempio una volta uno mi ha messo una mano qui e mi ha detto che voleva divertirsi con me." "E tu?" chiese il giovanotto mostrando interesse. "Gli ho detto di no, di lasciar perdere." mentì Massimo, poi aggiunse: "Fosse almeno stato un tipo come te..." "Fosse stato come me gli avresti detto di sì?" "Non lo so, ma per una volta uno ci potrebbe anche provare, no?" "Non sei mai stato a letto con un uomo?" "No, mai. Per questo col tipo giusto ci potrei anche provare, almeno per una volta." "E io sarei il tipo giusto?" chiese il giovanotto continuando a guidare ma sogguardandolo con un sorriso incoraggiante. "Se a te piacessero i ragazzi..." rispose Massimo col cuore che gli batteva forte forte e sperando che l'altro ci stesse. Quello non disse niente per un po' e già il ragazzo pensava di essersi sbagliato, quando a un certo punto il giovanotto propose: "Se ti va, ci possiamo fermare a dormire in un motel lungo l'autostrada; potremmo prendere una stanza assieme e così... Che ne dici?" "Per me va bene." rispose Massimo contento ed emozionato, sentendosi il cuore che gli batteva a cento all'ora. Si fermarono, cenarono poi salirono in camera. Si denudarono: il danese aveva anche un gran bel corpo. Quando furono nudi, sdraiati sul letto, questi si mise a carezzare Massimo per tutto il corpo. Ora sì che mi piace, pensava confusamente il ragazzo. Si lasciò guidare dall'altro che a un certo punto, con voce roca per il desiderio, gli disse che avrebbe voluto penetrarlo. Massimo era molto eccitato ma intimorito al tempo stesso. Pensò che il giovanotto, pur virile e forte, fortunatamente non era superdotato e che forse, per la prima volta, poteva essere proprio la persona giusta. Massimo fu fortunato: perse la propria condizione di vergine in un modo non traumatico, piacevole. Il giovanotto lo lubrificò bene e lo preparò a lungo con le dita, e quando infine lo penetrò, gli entrò dentro senza fargli male, dandogli subito molto piacere. E quando si addormentarono il bel danese lo tenne fra le braccia e anche questo piacque molto a Massimo. Tornato a casa, dopo pochi giorni dovette partire per il servizio militare. Terminato il CAR fu assegnato a una caserma di Falconara. All'inizio era un po' sperso. Il fatto di vivere a stretto contatto quotidiano con tanti ragazzi che inevitabilmente accendevano il suo desiderio e il fatto di non poterlo manifestare per timore di diventare lo zimbello e la puttana di tutti, come era capitato a un suo commilitone, gli avevano fatto assumere un atteggiamento molto riservato e schivo, sì che non aveva legato con nessuno. Il commilitone gay si chiamava Antonio Stella ma quasi tutti lo chiamavano, con scherno, Stellina e gli parlavano al femminile. Ma proprio quelli che lo schernivano, si era reso conto Massimo con una certa rabbia, spesso profittavano di lui alle docce o in camerata, trattandolo appunto come una puttana, fottendolo anche in due contemporaneamente, uno in bocca uno nel sedere, anche di fronte ad altri commilitoni. A Massimo non piaceva molto Antonio, lo trovava troppo effeminato e manierato, però lo trattava con cortesia. Tra i pochi che lo trattavano normalmente, oltre a Massimo, c'era anche un ragazzo di Novara, Diego De Rossi. A Massimo, Diego piaceva moltissimo, non solo fisicamente, ma come carattere e istintivamente, trovandocisi bene assieme e sentendosi attratto da lui, cominciò ad avvicinarglisi. Anche l'altro sembrava aver piacere a stare con Massimo, così che a poco a poco divennero amici. Diego era un ragazzo esile ma molto ben fatto e con un corpo da atleta. Era alto 1,70, aveva capelli neri lisci, occhi di un blu profondo, una bocca dritta ma dolce, un'espressione seria ma serena. Era di famiglia molto ricca, ma questo Massimo l'aveva scoperto solo dopo, perché Diego non aveva mai fatto sfoggio della sua ricchezza. Presa la maturità classica e aveva voluto fare il servizio militare prima di iscriversi all'università per "togliersi il pensiero e prendersi un anno di vacanza dagli studi". La loro amicizia si rafforzava man mano che si conoscevano meglio. Massimo non era in ottimi rapporti con la famiglia: gli era morta la madre quando aveva undici anni e il padre si era risposato. Aveva avuto altri figli dalla nuova moglie e Massimo non si sentiva amato né veramente accettato dalla nuova famiglia del padre. Non che fosse mai maltrattato, ma quella, in qualche modo, non era più la sua famiglia. Perciò Diego, che lo sapeva, quando ebbero la prima licenza lo invitò ad andare a passarla a casa con lui. Fu allora che Massimo scoprì che Diego era ricco. Viveva con la famiglia in una bella villa alle porte di Novara, con uno splendido giardino attorno e numerosa servitù. Il padre aveva ereditato dal nonno una industria redditizia e lo stesso Diego, quando aveva compiuto i diciotto anni, era entrato in possesso di alcuni alloggi che gli aveva lasciato il nonno e da cui ricavava, grazie agli affitti, una vera e propria rendita personale paragonabile a un ottimo stipendio. La famiglia di Diego accolse Massimo con cortesia e con una certa semplicità che gli fecero piacere. Gli fu assegnata una delle camere per gli ospiti su al secondo piano della villa. Diego, a casa, aveva una bella moto giapponese, così in quei giorni portò l'amico a visitare Novara e dintorni e una volta lo condusse in riva al fiume Agogna per fare un bagno. E fu lì che fra i due accadde qualcosa...
A Massimo, preso alla sprovvista, non restò che imitarlo: dopo tutto si erano già visti nudi alle docce in caserma, perciò... Dopo poco Diego, giratosi su un fianco verso di lui, gli disse: "Non te l'ho mai detto prima, Massimo, ma hai proprio un bel corpo." "Beh, anche tu non ti puoi proprio lamentare." rispose l'altro lievemente turbato per quel complimento. "Ti piace il mio corpo?" chiese Diego come stupito, " a me sembra troppo fragile." "No, per niente, sei proporzionato. Hai un corpo piacevole." "Massimo?" "Che c'è?" "Se ti dico una cosa... non mi prendi in giro, dopo?" "No, certo. Perché dovrei? Siamo amici, no?" "Massimo, io... io ho voglia di fare l'amore... con te!" Massimo lo guardò stupito e l'altro interpretò male il suo sguardo. "Mica ti chiedo niente!" si affrettò a precisare, poi aggiunse: "Solo che dovevo dirtelo. Se dobbiamo essere amici, io voglio che tu sappia tutto di me, anche questo." "Ma tu... tu sei gay?" chiese Massimo sempre stupito, guardandolo dritto negli occhi. "Non lo so, sinceramente, ma credo di sì. Non ho fatto mai l'amore, io. Non ho mai sentito attrazione, prima d'ora, per le ragazze, ma neanche per i ragazzi, a dire il vero. Ma da quando conosco te... per te ho provato subito un'attrazione molto forte. E per la prima volta, quando mi masturbo, ho fantasie in cui... ci sei sempre tu in quelle fantasie. Ecco, dovevo dirtelo anche se ho paura che ti dia fastidio, ora che sai." Massimo continuava a guardarlo a bocca aperta. Anche lui si era sentito sempre più attratto dal suo amico e ora quella dichiarazione lo stava facendo eccitare. Diego, poiché Massimo ancora non diceva nulla, gli chiese incerto: "Ti ho sorpreso, vero? Ti sarà difficile restarmi amico ora che sai quello che provo per te?" "No, guardami." rispose Massimo. L'altro lo guardava negli occhi come per cercarvi una risposta. Allora Massimo, indicando in direzione del proprio membro che si stava inturgidendo, gli disse con un sorriso: "Lì... guarda lì: vedi che effetto mi fa quello che mi hai detto?" Diego lo guardò fra le gambe e spalancò gli occhi. Guardò di nuovo l'amico in viso e gli chiese esitante: "Vuoi dire che anche tu desideri me?" "Sì, Diego, anche se io non ho avuto il coraggio di dirtelo ti desidero da un pezzo. E meno male che l'hai avuto tu questo coraggio. Anche io vorrei tanto fare l'amore con te, Diego." L'amico sorrise quasi timidamente: "Avevo paura che tu potessi rifiutarmi, prendermi in giro come fanno gli altri col povero Stella, ma non riuscivo più a non dirtelo." "Ti desidero, Diego." disse Massimo in un mormorio. Per un po' restarono immobili, contemplandosi. Ora anche fra le gambe di Diego si stava risvegliando un piacevole turgore. "Posso toccarti?" chiese con voce emozionata Diego. "Certo, vieni qui. Vieni, dai." rispose Massimo con un sorriso invitante, allargando le braccia. Diego si rotolò sul telo fino a premersi contro il corpo dell'amico e le loro membra si allacciarono strette. "Mi sembra impossibile, è troppo bello." mormorò Diego accucciandosi fra le braccia dell'altro, premendoglisi contro, "Ho tanta voglia ma anche tanta paura." "Paura? E di che? Di me?" "No. Ma tu hai mai fatto l'amore con un uomo?" "Sì." "E come è? è bello?" "Sì. Ma di cosa hai paura, Diego?" "Che tutto si riduca a una scopata. Io invece vorrei fare l'amore, capisci? Tu sei importante per me e non vorrei rimanerne deluso, poi." "Diego, anche tu sei molto, molto importante per me. Tu sei prima di tutto il mio amico. Neanche io voglio che sia solo una scopata, credimi." "Mi insegnerai?" chiese Diego. Massimo sorrise: "Impareremo insieme. Non è che io abbia tutta quest'esperienza. Solo due volte. E quelle erano davvero solo scopate. Ma a te, io ti voglio bene, è diverso." "Mi vuoi bene?" "Sì, certo, e adesso posso finalmente dirtelo." "Anch'io ti voglio bene, Massimo. Posso baciarti?" "Certo." Le loro labbra si accostarono, si sfiorarono, si premettero, si schiusero, si unirono. "Mi piace, Massimo!" disse il ragazzo in un sospiro lieve. "Anche a me piace, cucciolo." rispose con dolcezza l'altro carezzandolo. I loro sguardi erano luminosi, pieni di felicità. Le loro membra s'intrecciarono più strettamente e ognuno dei due sentì con piacere contro il proprio corpo l'eccitazione dell'altro. Si baciarono ancora, un po' più sicuri, un po' più decisi di prima e le loro mani iniziarono un lungo viaggio d'esplorazione sul corpo dell'altro. "È troppo bello!" disse con un ansito Diego. "Vero?" rispose dolce Massimo. A poco a poco le loro eccitazioni crescevano, rafforzate da quegli scambi di tenerezza. Massimo si chinò a suggere i capezzoli di Diego e sentì che questi rispondeva con fremiti di piacere. "Diego, mi piaci." "Anche tu Massimo. Mi piace sentire che sei eccitato per me." "Sei così bello..." "Tu mi fai bello..." "E tu mi fai felice." Scambiandosi frasi tenere, si stringevano l'uno all'altro, quasi affamati di sentire il reciproco affetto. Si baciavano, si carezzavano, si specchiavano l'uno negli occhi dell'altro. Si esploravano incessantemente, inebriati dal fatto di poter imparare a conoscersi in modo tanto intimo, ignari del passare del tempo, ignari del luogo. Il mormorio dell'acqua sembrava accompagnare e sottolineare il canto dolce dei loro cuori. "Massimo?" "Dimmi." "Io credo di amarti." disse Diego sottovoce. Massimo lo baciò teneramente, grato per quelle parole, quindi gli sussurrò a sua volta: "Forse... forse quello che sto provando anche io è amore." "Sarebbe bello se ci amassimo tutti e due, no?" "Sì, bellissimo." "Ma forse non dobbiamo correre troppo, illuderci troppo." disse un po' incerto Diego. "Forse. Ma forse non dobbiamo neanche avere paura di quello che stiamo sentendo uno per l'altro e che è così bello." "Non è necessario che avvenga subito, no?" chiese un po' incerto Diego. "No, certo che non è necessario. Quando saremo pronti. È bello anche così, no?" "È vero. Però credo proprio di essere innamorato di te." "Forse anch'io, cucciolo. E sono felice. È bello sentirsi innamorati." "Stanotte posso venirti a trovare in camera?" "E me lo chiedi? Ma se i tuoi se ne accorgeranno?" "E che mi importa. Sono troppo felice." "Non credi che sarebbe un casino?" "Beh, siamo maggiorenni tutti e due. E io sono economicamente indipendente, grazie a mio nonno. E, soprattutto, ti amo." "Anche io. Ma come faremo però quando saremo in caserma?" "Troveremo una soluzione. Affitterò una stanza dove terremo i nostri vestiti civili come fanno anche altri. Così con la scusa di cambiarci potremo anche avere i nostri momenti di intimità. Ma non voglio rinunciare a te." "Neanche io, no, neanche io, cucciolo!" Il sole si avviava al tramonto. Si staccarono lentamente, quasi a malincuore, e si rivestirono in silenzio. I due ragazzi sentivano che nelle loro vite era avvenuta una vera rivoluzione copernicana: nel loro modo di guardarsi, di sfiorarsi, di toccarsi. Mentre tornavano in moto verso la villa, il modo in cui Massimo si teneva al corpo dell'amico, anche se per un osservatore esterno non aveva nulla di diverso, per loro due era completamente diverso. La coscienza di questo li riempiva di grato stupore e meditavano in silenzio su questa nuova coscienza reciproca. In villa, cenarono al solito con la famiglia. Entrambi erano segretamente stupiti che nessuno si rendesse conto di quello che era avvenuto in loro, fra di loro: essi infatti si sentivano profondamente diversi, ora, trasformati, trasfigurati. Finalmente poterono andare a dormire. Massimo s'era appena messo a letto quando sentì un lieve bussare alla porta. "Sì?" disse emozionato, intuendo che era l'amico. Questi entrò. Indossava un leggero pigiama di seta verde acqua che a Massimo ricordò il fiume. Diego chiuse la porta a chiave senza fare rumore. Quel semplice gesto, pensò Massimo, era carico di sensuali promesse. Si spostò di lato sul letto in un silenzioso invito. Diego s'infilò sotto il lenzuolo. Si abbracciarono e si baciarono. "Sei qui, finalmente." disse con voce sognante Massimo. "Sì amore, sono qui, con te." Si baciarono ancora. Massimo iniziò a togliere il pigiama all'amico. I loro corpi nudi si cercarono con desiderio. Per la prima volta osarono carezzarsi l'un l'altro anche sui genitali, godendone la sodezza crescente. Massimo si infilò sotto il lenzuolo a cercare il membro dell'amico con le labbra. Questi emise un sospiro, fremette, assaporando quelle attenzioni così nuove per lui e così piacevoli. Allora a sua volta provò il desiderio di farlo al suo amico, accostò il volto al suo grembo, ne sollevò con le mani a coppa i genitali turgidi e palpitanti che guardò e gli sembrarono belli, che odorò e il profumo gli sembrò inebriante, e goloso si mise a fare ciò che l'altro stava facendo a lui. "Quanto è bello, Massimo!" sospirò. Dopo un po' Massimo si girò di nuovo e baciò l'altro in bocca. "Sono felice!" "Anche io, Massimo. Era bello sentirti sai?" "Anche per me." "Sono solo un principiante, vero?" "Niente male per essere la tua prima volta." "Sto imparando da te. Voglio che il mio corpo impari a darti tutto il piacere e la gioia possibili come tu li stai dando a me." Ricominciarono a darsi piacere, rallentando solo quando sentivano di essere troppo vicini all'orgasmo che non volevano ancora raggiungere e allora si baciavano e carezzavano quietamente. "È bellissimo far l'amore... far l'amore con te." disse dolce Diego. "Mi fai sentire più uomo, sai?" disse Massimo. "Sì, anche io provo la stessa cosa. Mi sento più completo." rispose Diego sognante, poi aggiunse: "Voglio addormentarmi qui con te, così." "Ma se poi i tuoi si accorgono che non hai dormito in camera tua?" "Poco male. Ma è difficile, mi lasciano svegliare da solo, di solito." "È un rischio, ma anche io ho voglia di addormentarmi fra le tue braccia. Mi dà un senso di sicurezza." "Anche a te? Sì, di sicurezza. Ci proteggeremo a vicenda noi due d'ora in poi, vero?" mormorò Diego. Si addormentarono allacciati. La mattina dopo il primo a svegliarsi fu Diego; contemplato per un po' il corpo del suo amante, pensò di svegliarlo coprendolo di piccoli baci. "Ciao." disse Massimo carezzandogli i capelli e intrecciandovi le dita. "Dormito bene?" chiese Diego sorridendogli. "Benone. E svegliato anche meglio." "Bene. Ma adesso è meglio scendere. Ti aspetto sotto per colazione. A dopo, amore." "A dopo, cucciolo." Passarono un'altra giornata andando in giro e parlando fitto fitto: entrambi volevano sapere tutto dell'altro, ora. Godevano ogni attimo passato assieme, punteggiato da mille occhiate ora tenere ora complici, da sfioramenti discreti o da furtivi baci e carezze quando nessuno li vedeva. Trattenevano dentro di sé il desiderio reciproco aspettando il momento magico in cui gli avrebbero potuto dare libero corso. La seconda notte, quando Diego salì da Massimo, entrambi sapevano, senza esserselo detto, che quella sarebbe stata la "loro" notte, quella in cui si sarebbero finalmente uniti. Ci arrivarono a poco a poco, un passo dopo l'altro, quando sentirono che anche l'altro era pieno di desiderio. Durante quella giornata Massimo, mentre Diego era andato a cercare un gabinetto in un bar, era entrato veloce in una farmacia e aveva comprato il necessario. Così quella notte, quando Diego a un certo punto gli si offrì, Massimo poté preparare l'amico ad accoglierlo finché Diego fu tutto un fremito e l'invocò: "Prendimi, amore. Ti voglio in me." "Mi vuoi, cucciolo?" "Sì, non resisto. Voglio sentirti tutto in me." "Potrebbe non piacerti, darti fastidio: non sei abituato, è la prima volta." "Non può non piacermi! Ti voglio!" disse Diego tirandolo a sé. "Anche io ti voglio. Voglio fondermi con te." "Prendimi allora, Massimo, sono pronto." "Se ti facesse male, dimmelo." "Non aver paura, dai!" Massimo lo prese dolcemente per la vita e gli si strinse addosso. Diego fremette. Massimo iniziò a premere: "Eccomi: mi senti?" "Sì..." "Ti piace, cucciolo?" "Oh sì, prendimi, dai!" Massimo sentì una lieve resistenza, ma poi, subito lo sentì schiudersi lentamente, aprirsi dolcemente, accoglierlo a poco a poco. "Ti fa male?" gli chiese preoccupato. "No... no, è... è bello! Sto diventando tuo..." ansimò Diego guardandolo felice. "Non ti dà fastidio?" "Non proprio... e mi piace da matti, perché sei tu... in me. Dai, non aver paura..." Massimo spinse ancora e sentiva un gran calore avvolgerlo. Diego gli sorrideva, incoraggiante: "A te piace, amore?" "Mi piace, cucciolo. Sei così caldo, e così bello!" "E sto diventando tuo.." mormorò Diego con voce rotta dall'emozione. "Sì... sì cucciolotto mio... ecco..." e finalmente fu saldamente premuto contro l'amico. Allora iniziò a imprimere al suo bacino un moto lento, ritmico, forte. "Dio quant'è bello, amore. Così... così..." "Ti amo, cucciolo." "Sono tuo, finalmente!" "Mettimi le braccia attorno al collo e tirati su: voglio baciarti in bocca." ansimò Massimo. Diego fece come gli aveva chiesto l'amico e gli si sollevò incontro. Ora tutto il suo corpo premeva in grembo all'altro e le loro bocche si unirono. "Dio, Massimo, è troppo bello!" disse Diego felice, muovendoglisi sul pube per sentirlo meglio. Massimo si chinò in avanti per far poggiare di nuovo la schiena dell'amante sul letto e così poté riprendere il suo va e vieni in lui. "Oh, sì... così..." disse Diego in un sussurro in preda a un piacere sempre più intenso. Massimo, istintivamente, gli pizzicò lieve i piccoli capezzoli scuri che subito s'inturgidirono. "Ah... ah, Massimo, Sono tuo! Sono tuo! Dai... È troppo bello... troppo bello... Sono tutto tuo!" gemeva il ragazzo in preda a un piacere crescente, "... sei il mio uomo, il mio maschio!" Massimo stava provando un godimento profondo e non solamente fisico. L'atteggiamento, le parole, il volto e gli occhi dell'amante lo mandavano in visibilio. L'eccitazione dell'uno trovava risonanza in quella dell'altro. La sentirono crescere, espandersi, avvolgerli, finché divenne talmente intensa da essere incontenibile e Massimo la sentì fluire da sé; questo fu come un segnale e anche Diego raggiunse l'acme del piacere. I due gemettero assieme in preda a sensazioni indescrivibili. Rimasero per un attimo immobili, ansanti, quasi frastornati per l'intensità di quello che avevano provato, sperimentato. Poi Massimo scese lentamente sul corpo dell'amante e lo strinse in un tenero abbraccio, coccolandolo e cullandolo dolcemente. "Oh, cucciolo mio! Ti amo! Ti amo tanto!" "È stato bello, vero?" "Non avevo mai provato niente di così straordinario... mai." "Neanche io," disse Diego sorridendo dolce, poi aggiunse "e ora sono veramente tuo, vero?" "Per sempre." "Sì, per sempre." fece eco Diego. Si abbracciarono, si baciarono lievi, rilassandosi a poco a poco. "Diego, è meraviglioso stare qui, così. Grazie." mormorò Massimo sentendosi terribilmente felice e commosso. "Grazie a te per avermi fatto tuo, per dare sapore alla mia vita, per farmi sentire veramente uomo. Fino all'altro giorno mi sentivo un ragazzo viziato, ma ora mi sento un uomo. Il tuo amore, la tua passione, mi trasformano. Ti amo con tutto me stesso." "Sì, lo so." Di nuovo si addormentarono dolcemente abbracciati. Di nuovo Diego svegliò il suo amante baciandolo. E di nuovo passarono una giornata in trepida attesa che tornasse la notte amica, complice del loro amore. Durante la giornata riparlarono della loro unione, di quello che avevano provato. E Massimo si fece promettere da Diego che quella notte sarebbe stato lui a prenderlo. Diego annuì sorridendo: "Sì, amore, questa notte sarò io a farti mio e così la nostra unione sarà completa. Anzi, quasi completa." "Quasi? Perché quasi?" "Perché pensavo che sarebbe veramente completa se potessimo sposarci. Capisci cosa voglio dire? Ti sembra una romanticheria stupida?" "No. Sei dolcissimo e sono fortunato ad avere trovato uno come te." "Ci ameremo per sempre. Massimo, a te ti fa paura pensare che è per sempre?" "No, anzi, mi dà sicurezza. Ho voglia di baciarti, Diego. Peccato che due uomini non possono farlo in pubblico. Non è giusto, vero?" "No, ma stanotte ti ripago per questo sacrificio. Te lo prometto." La nuova notte venne e Diego salì silenziosamente nella camera dell'amico e fecero di nuovo l'amore, pieni di passione l'uno per l'altro. Diego prese l'amico con trepida brama. Massimo lo tirava a sé, lo accoglieva con intenso piacere. "Oh, cucciolo, eccoti, finalmente. Dio come sei forte! E bello! Ti adoro, Diego. Ti piace stare in me?" "È bellissimo, meraviglioso." "Che bello sentirti. Fammi sentire che ti appartengo, dimmi che sono tuo!" "Sì, sei tutto mio! Tu sei nato apposta per me." "È vero, sì, sono nato per te." "E sei bello, Massimo, e sei mio..." "Sì, tuo..." Diego iniziò a muoverglisi dentro con forza, eppure con tenerezza. "Così, sì, cucciolo; fammi sentire quanto mi ami, dimmelo col tuo corpo, con la tua passione. Così, amore, così..." lo incitava Massimo ansimante, felice, abbandonato a quella stupenda unione. Diego lo continuava a prendere con una specie di piacere istintivo, dolce ma vigoroso: "Oh, Massimo, è bello, bello... mi piace tanto... Sei tutto mio, mio, mio!" esclamò esaltato e felice. Il respiro di tutti e due s'era fatto breve e profondo, forte, ansante; il piacere tanto acuto da essere quasi doloroso. Diego fremette, tremò, cominciò a muoversi in modo rapido, scoordinato. Massimo sentì che anche il proprio piacere stava per esplodere. Diego emise un lungo mugolio strozzato, forte, modulato e allora anche Massimo fu preda di un intensissima ebrezza. Diego continuava a fremere, ritrovando a poco a poco la calma dolce del dopo coito. Scosso da fremiti più radi e meno forti, carezzò il corpo dell'amante e gli sorrise. "Massimo, ma è così bello fare l'amore?" "Quando si è innamorati, sì." rispose l'altro tirandolo a sé e baciandolo teneramente. "Massimo, ma se ogni notte è più bello della notte prima, io morirò d'infarto per l'emozione. Come possono dire che è sbagliato che due uomini si amino?" "Sono stupidi. O forse non hanno mai provato queste emozioni, chi sa?" "È talmente bello! È la cosa più coinvolgente che ci sia!" "Sì, cucciolo, perché ci amiamo." Si stesero fianco a fianco, teneramente allacciati. "Siamo sempre più uniti, vero?" "Certo, sempre più." "Niente può separarci, ormai." "Niente e nessuno."
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