ORO, INCENSO E MIRRA CAPITOLO 9 - COMPLICE IL FIUME

Alberto chiese a Rasim di provare ad andare a vivere con lui: "Non so se staremo bene assieme ma penso e spero di sì. Comunque, anche se decideremo di non vivere assieme, voglio farti avere il visto. Ti andrebbe di venire a lavorare in discoteca come ragazzo di sala?"

"Cavolo, sì, mi piacerebbe molto. Ma davvero mi aiuti anche se non verrò ad abitare con te, anche se non sarò il tuo ragazzo?"

"Sì, certo. Mi piaci comunque e penso che, se vuoi cambiare lavoro, sia giusto che io ti aiuti. Se non altro, per ringraziarti di aver aiutato il mio amico Massimo, quella volta. E poi sei un caro ragazzo, te lo meriti. E se deciderai di provare a vivere con me, non voglio che sia solo perché hai bisogno del visto. Certo, forse la paga che ti darò non sarà alta quanto quello che guadagnavi in quell'altro modo. Ma anche se deciderai di continuare a vivere da solo, dovrebbe bastarti per mandarne una parte alla tua famiglia."

"Ti hanno raccontato anche questo?"

"Sì, Massimo m'ha detto tutto quello che sapeva di te."

"Mi riferivo al mio modo di guadagnarmi la vita, veramente."

"Ti dispiace che mi abbia detto tutto?"

"No, gliel'avevo chiesto io di dirtelo, ma tu prima non ne hai mai fatto cenno e pensavo che Massimo non l'avesse fatto."

"Non vedevo la necessità di parlarne. Non m'importa affatto quello che facevi, ma quello che sei."


I due provarono a vivere assieme. Massimo e Gilberto seguivano con partecipazione l'evolversi della storia. Alberto vide che per fare avere il visto a Rasim, il modo più sicuro e semplice era che tornasse in Marocco. Allora partì con lui, concedendosi una settimana di ferie. Lì, fece portare a Rasim all'ambasciata italiana le lettere di assunzione, con i contratti firmati, le lettere di garanzia e tutto il necessario e Rasim ottenne in pochi giorni il visto di lavoro sul passaporto. Allora, dopo essere passati a salutare la famiglia di Rasim sulle montagne, tornarono assieme a Milano.

Rasim divenne ragazzo di sala: nell'uniforme era più sensuale che mai. Gilberto, una volta, chiese ad Alberto:

"Rasim è così sexy! Non hai paura che te lo portino via?"

"No. Lui dice che gli interesso solo io e io gli credo, è un ragazzo onesto."

"Ma siete innamorati?"

"Non lo so, non credo. Ci vogliamo molto bene, stiamo bene insieme. Lui si occupa di me e io di lui. È un ragazzo buono, allegro, servizievole ma indipendente: proprio come piace a me."

"Se è proprio come piace a te, perché dici che non ne sei innamorato?"

"Forse per pudore. Forse per scaramanzia, chissà. Ma a noi sta bene così, per ora."

Massimo e Gilberto erano sicuri che i due, in realtà si amassero. Ognuno dei due, quand'era solo con loro, non faceva che magnificare le qualità del partner.

Massimo disse a Gilberto: "Sono felice: abbiamo buoni amici, un ottimo lavoro, ho ritrovato Roger e Rasim; mi sarebbe piaciuto ritrovare anche Rocco e tutto sarebbe stato perfetto."

"Non ti basto, io?" gli chiese provocatorio e malizioso Gilberto.

"Certo, stupidone. Tu sei tutto, per me. Che bella idea hai avuto quella notte di metterti a suonare per me."

"Chi l'avrebbe detto, allora, che saremmo diventati amanti?"

"Davvero. Senti, questo mercoledì, prendiamo l'auto e andiamo a fare un giro?"

"Volentieri. Dove vuoi andare?"

"Dalle parti di Novara."

"Vuoi passare da Diego?"

"Non proprio."

"Potremmo portargli un fiore."

"Magari, anche. Ma ti voglio portare in un altro posto."

"Dove?"

"Vedrai. Riesci a controllare la tua curiosità fino a mercoledì?"

"Ci proverò, amore."


Partirono poco prima dell'ora di pranzo. Passarono a portare una rosa rossa sulla tomba di Diego. Poi guidò Massimo. Si fermò in campagna.

"Scendiamo." disse Massimo prendendo un borsone dal sedile posteriore.

"Qui?"

"Sì. Dieci minuti a piedi e siamo arrivati."

"Ma dove siamo? Dove andiamo?"

"Vedrai."

Camminarono in silenzio. Il sole era caldo e a un certo punto Massimo si tolse la camicia che si annodò attorno alla vita. Gilberto lo imitò. Percorrevano un viottolo fra gli alberi, segnato da tracce di ruote di bicicletta. E, dopo una curva, d'improvviso si trovarono in riva a un fiume.

"È l'Agogna." disse semplicemente Massimo.

Gilberto capì subito: era lì che Diego e Massimo, diciannovenni, s'era detti di amarsi. Era lì che erano tornati a fare l'amore per i loro anniversari.

"Spogliamoci, dai." lo invitò sorridente Massimo.

"Vuoi fare un bagno?"

"Sì, dopo. Ora voglio fare l'amore con te, qui." disse aprendo il borsone e stendendo un telo sull'erba.

Gilberto era emozionato. Quell'ennesima prova di quanto fosse intenso l'amore di Massimo per lui, lo commuoveva profondamente. Tirò a sé l'amante e, baciandolo e carezzandolo, iniziò a spogliarlo. Si stesero al sole, uno nelle braccia dell'altro.

"Amore, lo sai che sei bellissimo?"

"Sei tu che mi rendi bello."

"Mi piace tutto, di te."

"Tutto?"

"Tutto, sì. Questi tuoi occhi luminosi, queste tue labbra sensuali, il modo in cui mi sorridi, queste tue mani con cui mi tocchi, i tuoi capezzoli duri e scuri, dolci come more di bosco, le tue braccia forti con cui mi stringi, il tuo ventre piatto, le tue gambe forti, il tuo culetto vellutato, sodo e accogliente, i tuoi testicoli morbidi e duri, il tuo bel palo forte, succoso e saporito, che mi piace tanto accogliere in me, con cui mi fai sentire la forza e la dolcezza del tuo desiderio: mi piace ogni millimetro del tuo corpo maschio, mio dolce Max."

"Non mi stancherei mai di fare l'amore con te, Gil. Sei così sensuale, forte, dolce, e ogni volta che facciamo l'amore tutti i miei sensi sono in festa: toccarti è soave, guardarti è delizioso, ascoltare la tua voce è eccitante, sentire il tuo profumo di maschio è meraviglioso e assaporarti è una sensazione unica. Vorrei fondermi con te. Dio mio, Gil, le parole non riescono a dire tutto quello che sento per te, con te."

"Ma il tuo corpo ci riesce benissimo."

Fecero l'amore assaporandosi a vicenda, carezzati dai raggi del sole e da una brezza gentile. Si presero l'un l'altro, si baciarono, si ripresero con un misto di passione e tenerezza, cercando di prolungare al massimo quei momenti magici. E finalmente vennero, sussurrandosi il reciproco amore.

Quando infine si rilassarono, momentaneamente appagati, si accorsero che lì vicino c'era un ragazzotto, appoggiato alla sua bicicletta, che li guardava a bocca aperta.

Risero e gli fecero un cenno di saluto: "Hai visto tutto?" chiese Gilberto.

Il ragazzo annuì e arrossì, poi, con voce incerta, disse: "Non l'ho fatto apposta, ero venuto a pescare e non vi siete accorti di me e... non avevo mai visto due uomini scopare fra loro."

"Vieni qui, siedi." disse Massimo.

"Non siete incazzati con me che sono rimasto a guardare?"

"No, per niente. Mica l'hai fatto apposta, no?" disse sorridente Gilberto.

Il ragazzo posò la bici e si accostò. Sedette sull'erba non lontano da loro, poi disse sottovoce: "Eravate belli." e divenne di nuovo rosso rosso.

"Sì? Forse perché non stavamo scopando, ma facendo l'amore."

"Non capisco, che differenza c'è?" chiese il ragazzotto.

"Enorme. Scopare è solo divertirsi, usare l'altro per godere. Fare l'amore vuol dire amarsi, voler fare felice l'altro."

"E voi vi amate?"

"Sì, certo."

"Già, ve lo dicevate. E è bello per un maschio amare un altro maschio?"

"È bello amare, non importa chi, che sesso abbia. Quanti anni hai, tu?"

"Sedici."

"Ti sei mai innamorato?"

"Un po', qualche volta. Ma non ho ancora mai fatto l'amore. E quando si dice di due maschi, si fanno brutte battute, ma a vedere voi due, pareva diverso."

"Come ti chiami?"

"Stelvio: è un buffo nome, vero?"

"No, a me pare bello, vero Gil?"

"Sì, anche a me."

"Dite davvero? Io però mi faccio chiamare Stiv."

"Non devi vergognarti del tuo nome, anzi, esserne fiero. Ci si deve vergognare solo delle cose disoneste."

"Ma voi due non vivete assieme?"

"Certo che sì, ci amiamo, no?"

"Siete una coppia, insomma."

"Certo."

"E allora, come mai non fate l'amore a casa vostra se avete un posto?"

"Perché a volte è bello farlo sotto il sole, in mezzo alla natura. E qui di solito non passa quasi mai nessuno."

"È vero, per questo io ci vengo a pescare. Mi piace stare un po' solo, qualche volta."

"Noi ora ci facciamo un bagno, poi ti lasciamo in pace a pescare."

"Oh, non mi disturbate voi, siete simpatici. E poi siete arrivati prima di me. Ma davvero non vi ha dato fastidio che vi guardavo?"

"Non lo sapevamo, perciò no. Non è che ci piace farlo davanti ad altri, ma ormai è andata così. Meglio che ci abbia visto tu che non qualcun altro."

"Perché?"

"Perché almeno tu l'hai trovato bello."

"Era bello guardarvi. E eccitante, anche. Mi piacerebbe, un giorno, trovare un amico con cui provarci, magari proprio qui."

"O un'amica." disse Massimo.

"O un'amica, certo. Ma le donne sono delle smorfiose."

"Che ne sai tu se non ci hai mai provato?"

"Beh, si vede nei film d'amore: fanno le svenevoli, un sacco di storie. Forse fra due uomini è meglio, no? Come voi due."

"L'importante è farlo per amore, comunque, non dimenticarlo mai."

"È sbagliato farlo per divertirsi?"

"Se si è d'accordo tutti e due, no. Ma per amore è molto più bello, te lo garantiamo noi. Io, prima di conoscere lui, ci ho provato sia con uomini che con donne: non cambia niente. Quello che cambia è se c'è amore o no. Perciò, più che a divertirti, cerca di imparare ad amare, Stelvio."

"Capito. Grazie."

I due amici fecero un bel bagno, imitati da Stelvio che si denudò senza falsi pudori; poi si stesero a riva, ancora nudi, e chiacchierarono un po' col ragazzo che pose loro mille domande. Infine si rivestirono e, salutatolo, lo lasciarono tornando verso la propria auto.

"Vedi, un ragazzo semplice e sano, pulito dentro, non si scandalizza, non si fa problemi di etichette. Accetta le cose per quel che sono." disse Gilberto.

Massimo ribatté: "Forse lui è orientato verso quelli del proprio sesso."

"Non è detto, e comunque non importa. Mi piaceva, quello Stelvio."

"Fisicamente?"

"È un bel ragazzino, ma ancora ragazzino, appunto. No, il suo modo di ragionare, di reagire, di vedere le cose."

"Sì; e poi voleva sapere di noi, ma senza malizia, senza morbosità."

"Un ragazzino pulito. Speriamo che si conservi così."

"Max?"

"Sì, amore?"

"Ci siamo accorti che c'era lui, così non ho potuto dirti che mi ha commosso molto che tu mi abbia portato a fare l'amore proprio lì. Grazie."

"Volevo che tu sentissi che non esiste nessuna differenza fra te e Diego, nel mio cuore. Tu non l'hai sostituito, sei diverso, tu sei tu. Ma ti amo tantissimo."

"Solo che, amore, devi promettermi una cosa."

"Cosa?"

"Se, potrebbe accadere, non si sa mai, ma se... se io dovessi morire, devi promettermi che tu continuerai a vivere e che sarai pronto a riconoscere chi c'è dietro l'angolo per te."

"O dio, Gil! Spero proprio di no, ma ho imparato la lezione. Te lo prometto. Non butterò via gli anni di amore che mi stai dando come ho rischiato di fare prima. Te lo prometto."

"Grazie, amore mio."


La loro vita proseguiva serena. Gilberto era un po' più focoso di Massimo e a volte, per quanto dolce e tenero, un po' testardo nelle sue opinioni. Massimo cedeva spesso, anche se qualche volta gli pesava un po'. Ma lo faceva per amore e con amore e perciò vinceva i momenti in cui provava l'istinto di ribellarsi alle impuntature di Gilberto.

Erano assieme da tre anni quando tra loro vi fu un momento di forte tensione. La cosa era nata per una sciocchezza: dovevano decidere dove andare a passare le ferie.

"Mi piacerebbe andare in un'isola greca." aveva detto Massimo.

"No, per carità. Sono piene di stupidi turisti in cerca di emozioni. Andiamo in Scozia, piuttosto. Guarda, sono passato in agenzia a prendere dei depliant. Che ne dici di questo giro delle isole del nord?"

Avevano discusso, ma, al solito, Massimo non era riuscito a convincere l'amico e alla fine aveva, come sempre, ceduto. Erano partiti per Londra, qui avevano preso l'aereo per Edimburgo e, in autobus, avevano raggiunto il nord. Arrivati all'albergo in cui Gilberto aveva prenotato, la loro camera non c'era: non risultava nessuna prenotazione a nome loro. E l'albergo aveva tutte le camere piene.

"Andiamo a cercarci un altro albergo." aveva detto Massimo tranquillo.

"Eh no, io ho qui la ricevuta della prenotazione, abbiamo diritto alla nostra camera e devono darcela."

"Ma questa ricevuta è dell'agenzia, non dell'albergo. E se l'agenzia ha sbagliato, tu non puoi pretendere che ne risponda l'albergo, no?" aveva obiettato Massimo.

Avevano iniziato a discutere. Gilberto non intendeva ragione. Si era messo a litigare con il direttore dell'albergo. Massimo si era vergognato, anche perché riconosceva che Gilberto aveva torto ad impuntarsi così, e perché l'attenzione di tutti era focalizzata su di loro. Perciò a un certo punto aveva preso la sua valigia ed era uscito dall'albergo, deciso ad aspettare fuori che Gilberto lo raggiungesse.

Dopo circa mezz'ora Gilberto uscì: era furioso. E investì in malo modo Massimo: "Andiamo a cercarci un altro albergo. Ma era il caso che tu mi lasciassi lì da solo?" gli disse adirato.

"Beh, mi vergognavo e sapevo che sarebbe finita così."

"Ah, se ti vergogni tanto di me, puoi anche andare a cercarti un albergo da solo, allora!" disse Gilberto.

Litigarono. Alla fine Gilberto lo lasciò lì e si allontanò in taxi. Massimo lo guardò allontanarsi incredulo. Lo aspettò per un po', pensando che sarebbe tornato indietro. Ma Gilberto non si vide. Massimo si cercò una stanza d'albergo. Provò la tentazione di riprendere il treno e di tornare indietro, ma si disse che così avrebbe solo aggravato quel loro primo litigio.

Decise che, come al solito, toccava a lui fare il primo passo. Perciò dalla stanza dell'albergo iniziò a telefonare a tutti gli alberghi della cittadina chiedendo se vi fosse Gilberto. Finalmente lo trovò.

"Sono Massimo..."

"Ciao."

"Posso venire da te?"

"Sì, certo. Dove sei?"

"Ho preso una camera in un albergo vicino alla stazione. Vengo con un taxi."

"Ti aspetto." rispose Gilberto.

Quando si videro, Gilberto aveva la testa bassa: "Mi dispiace, Massimo, non dovevo trattarti così. Non ero arrabbiato con te, tu non c'entri."

"Gil, io ti amo, ma... credo che dobbiamo parlare."

"Ti ho chiesto scusa..."

"E poi? Ti rendi conto che ho dovuto cercarti io? Avevo voglia di tornarmene subito in Italia, invece di cercarti. Ma ti amo, non volevo peggiorare le cose. Ma queste vacanze... sono proprio cominciate male."

Parlarono, a lungo. E Massimo gli disse tutto quello che gli pesava nel comportamento dell'amante. Parlarono chiaro e Gilberto, che amava veramente Massimo, capì le sue ragioni. E fecero la pace. E soprattutto Gilberto si impegnò a essere più attento a lui, a andargli di più incontro, ma chiese al suo amante di non aspettare di litigare di nuovo per parlare chiaro.

"Non voglio rischiare una rottura con te, Max, credimi. Ti amo, anche se forse a volte non ho saputo dimostrarmelo. Ma è facile con te prendere il sopravvento, sei sempre così remissivo..."

"Cerca di esserlo anche tu, allora, e vedrai che staremo bene assieme, anche più di prima."

Quelle vacanze segnarono davvero un miglioramento nel loro già bel rapporto.


La discoteca festeggiò il quinto anniversario con una serie di belle feste. Venne gente da tutta la regione e anche dalle regioni vicine. Alberto fece le cose in grande stile, invitando cantanti famosi, ballerini, gente di spettacolo. Furono cinque giorni di lavoro intenso, ma tutti erano contenti, perché quell'occasione dava il termometro del loro successo.

La quarta sera, un giovane si avvicinò al box del DJ: "Ciao, ti ricordi di me?" gli disse con un ampio sorriso.

Gilberto lo guardò: "Hai un'aria familiare, ma, sai, qui passano migliaia di persone."

"Io, a dire la verità, è la prima volta che vengo qui. E non sapevo che ci lavoravi tu."

"Ah, e dove ci siamo conosciuti, allora? Come ti chiami?"

"Mi chiamo Stelvio."

"Tu? Cavolo, ti sei fatto un vero uomo, ormai, cos'hai, venti anni?"

"Diciannove. Sono proprio contento di averti incontrato di nuovo."

"Allora, avrai certamente visto anche Massimo in biglietteria."

"No, anche lui lavora qui? Ha pagato il mio amico, non l'ho visto. Allora passo a salutarlo."

"Il tuo amico?"

"Sì, ha ventitré anni; stiamo insieme da due. Si chiama Gianni. Purtroppo però non possiamo ancora vivere assieme."

"Come vi siete conosciuti?"

"Là al fiume, proprio dove ho conosciuto voi. Era venuto anche lui a pescare. Abbiamo fatto amicizia. Lui, qualche mese dopo, m'ha proposto di fare campeggio assieme. E così, una notte in tenda, è successo. Io m'ero innamorato di lui ma non sapevo come fare a dirglielo; ma lui me l'aveva letto negli occhi da prima, e allora, al buio, mi ha chiesto se poteva abbracciarmi e così... beh, abbiamo fatto l'amore. E per me era la prima volta e io, ti giuro, ho pensato proprio a voi due e è stato bellissimo."

"Me lo presenti?"

"Sì, aspetta, vado a chiamarlo."

Gilberto li invitò ad andarli a trovare. Gianni era un ragazzo semplice, carino, con un corpo solido quasi da lottatore. Lavorava come meccanico da Giugiaro. Aveva un sorriso aperto e due occhi vivaci e luminosi e guardava il suo Stelvio con evidente amore. Legò subito con Massimo e Gilberto. E raccontò loro come Stelvio gli avesse fatto mettere la testa a posto:

"Prima andavo a letto con tutti quelli che mi piacevano, se solo capivo che gli piacevo io pure. Ho cominciato che avevo tredici anni, con un ragazzo che mi aveva toccato al cinema parrocchiale, al paese. Grazie a lui avevo imparato dove si poteva andare a battere, come si faceva e non mi lasciavo scappare un'occasione. A sedici anni mi hanno espulso dalla squadra di calcio parrocchiale perché cercavo di farmi tutti i compagni. A dire la verità ci stavano quasi tutti, ma uno dei pochi che non c'era stato, invece di stare zitto come altri, era andato a denunciarmi all'allenatore. A militare, poi usavo tutte le libere uscite per andare a battere. E siccome non volevo soldi, avevo un sacco di ragazzi che venivano con me. E pure due o tre commilitoni, sai, di quelli che fanno tanto i maschi e poi, basta che non lo sappiano gli altri, a quattr'occhi sono pronti a girarsi e a dartelo. Dopo naja, andavo spesso a rimorchiare in discoteca gay.

"Finché ho incontrato Stelvio. Lì per lì onestamente ho pensato solo che mi sarebbe piaciuto scopare con lui, ma non sapevo come la pensava, mica l'avevo incontrato in un posto dove si va a rimorchiare. Però siamo diventati amici e lui mi piaceva davvero tanto e un po' per volta ho capito che mi stavo prendendo una cotta e ho capito che forse, da come mi guardava, anche lui provava la stessa cosa per me e allora mi sono deciso. E poi, solo a pensare che sono il suo primo e unico maschio mi fa sentire fiero. E pian piano m'ha fatto anche mettere la testa a posto, anche se i primi tempi l'ho fatto un po' soffrire."

"E come fate per fare l'amore? Non avete un posto, no?" chiese Massimo.

"No, purtroppo. Adesso lui deve andare militare. Dopo si cercherà lavoro qui a Milano come me e allora ci cercheremo una stanzetta. Per adesso, quando la sera io torno al paese dal lavoro, lui che sta al paese vicino, mi aspetta in bici al bivio. Abbiamo trovato una vecchia cascina isolata e abbandonata vicino al bivio. Allora ci abbiamo portato un materassino di spugna, di quelli da campeggio. Lì siamo al sicuro, perché se pure arrivasse qualcuno, lo sentiremmo salire sulle vecchie scale di legno che cigolano e sapremmo da dove sparire senza che ci vedano. Anche se non è mai successo. Quando però il tempo è bello, di domenica, andiamo in riva all'Agogna, proprio dove Stelvio vi ha conosciuto. Noi due vorremmo tanto poter vivere assieme e forse fra un annetto poco più ci riusciremo."

"Le vostre famiglie non si opporranno?"

"Non è poi così strano che due ragazzi che lavorano fuori si trovino un posto per dividere le spese, senza dover tornare al paese ogni sera. Comunque siamo maggiorenni e non dipendiamo da loro per i soldi, una volta che lavora anche Stelvio."

"E poi anche se capiranno cosa c'è fra me e Gianni, o lo accettano o ci perdono. Ma siamo decisi, vero chicco?"

"Certo. Sto troppo bene con Stelvio per rinunciare a lui, adesso che l'ho trovato."

"Se potremo aiutarvi, ragazzi, potete contare su di noi, vero Gil?"

"Sicuro."


Così, la vita a due proseguiva, interessandosi agli altri, serena, con momenti di stanchezza, di tensione, certo, ma anche di vera felicità. L'unica cosa di cui a volte Massimo si rammaricava, era di non aver potuto ritrovare Rocco. Chissà se era felice, dov'era, che faceva? Chissà se ancora si ricordava di lui, se lo pensava qualche volta? Non poteva saperlo. Ma lui si ricordava bene di Rocco, delle sue parole, del suo paragone fra la vita e l'incenso.

Sì, la sua era di nuovo accesa ed esalava una tenue spira di fumo intensamente profumato che saliva verso l'alto, ne era cosciente. Ed era grato ai suoi tre re magi, ma soprattutto all'intenso amore di Gilberto, che non solo non si era attenuato negli anni passati assieme, ma anzi era sempre più solido e sicuro, anche se più calmo.


F I N E


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