ORO, INCENSO E MIRRA CAPITOLO 8 - UN GATTINO PER ALBERTO

Iniziarono a lavorare nella nuova discoteca di Alberto. Le uniformi che indossavano erano decisamente eleganti e sexy. Alberto le aveva fatte disegnare da Versace. Gli altri impiegati della discoteca erano tutti, chi più chi meno, giovani e belli: andavano dai diciotto anni dei ragazzi di sala ai trentacinque dell'amministratore, tutti snelli e ben fatti e il meno bello, il tecnico del suono, era comunque un tipo che avrebbe potuto far girar la testa a molti. Nessuno aveva l'aspetto o movenze che potessero far pensare che fosse gay. Nell'insieme, veniva fuori abbastanza chiaro il quadro del tipo di maschio che doveva piacere ad Alberto.

L'inaugurazione fu un vero successo: era stata fatta un'ottima pubblicità e le sale erano colme. Per l'occasione Alberto aveva ingaggiato una troupe di ballerini sudamericani molto bravi e belli che si erano esibiti, seminudi, in una serie di danze molto erotiche, riscuotendo un grande successo. Per il suo lavoro, Massimo stava soprattutto in contatto con i due guardarobieri e i tre buttafuori, mentre Gilberto con i due tecnici e i ragazzi di sala. Prevedendo eventuali domande dai colleghi riguardo ai loro rapporti col padrone, i due giovani avevano deciso di non rispondere mai né no né sì: non volevano mentire, ma non volevano neanche mettere in imbarazzo Alberto di fronte agli altri.

Massimo sentì un pezzo di conversazione fra due buttafuori: "Sei già stato a letto col capo, tu?"

"Sì. E tu?"

"Ancora no. Com'è a letto?"

"Ci sa fare. Non pare davvero un cinquantenne. M'è piaciuto. Gli piace divertirsi proprio come a noi giovani e ci sa fare."

"È vero che ce l'ha grosso?"

"Ti preoccupa? Beh, piccolo non è, ma la misura giusta, direi. E lo usa da virtuoso. Ma prima o poi chiamerà anche te, non ti preoccupare."

"Ti ha portato a casa sua?"

"Sì, certo. Una gran bella casa. Mi ha fatto fermare da lui fino all'ora di pranzo."

"Ma cosa gli piace fare?"

"Di tutto, proprio di tutto."

"È violento? Gli piace il sado-maso?"

"No, al contrario, pare piuttosto romantico; mica sdolcinato però. Ma cos'è? Sembri preoccupato."

"No, è che io l'ho preso solo due volte di dietro, quand'ero a naja, e non è che... mi faceva male, capisci?"

"Un po' è questione d'abitudine, un po' che l'altro ci sappia fare. E il capo ci sa fare."

"Ma se lo fa anche mettere?"

"Certo, fa di tutto, te l'ho detto. Ma di' un po', perché quando chiudiamo non vieni da me? Così ti faccio vedere dal vivo quello che abbiamo fatto io e il capo. Eh?"

Massimo sorrise fra sé e sé. Certo, essendo tutti gay lì dentro, chissà quanti intrecci si sarebbero formati. Quando, a casa, raccontò a Gilberto quel dialogo, questi sorrise.

"A me già due ragazzi di sala m'han fatto capire che vorrebbero venire a letto con me."

"Ah sì? E tu cos'hai detto?"

"Che a me piacciono solo maschi dai quaranta in su, così si sono messi l'anima in pace." rispose scherzoso Gilberto.

"Oh dio! Ma allora dovrò invecchiare in fretta!" ribatté Massimo allegramente.


Lavorando di notte avevano preso l'abitudine di far l'amore soprattutto di giorno, cosa che non dispiaceva loro affatto. Alla fine del primo mese presero il primo stipendio. Avevano messo tutti i biglietti di banca assieme, aperti sul tavolo e li guardavano.

"Cavolo, tanti soldi così, di colpo, mi fanno sentire ubriaco. A te no, Max?"

"E beh. Un po' per volta possiamo sistemarci la mansarda, no?"

"Io pensavo che invece era meglio metterli da parte e, appena possibile, cercarci un appartamentino. Anche solo camera cucina e soggiorno, ma col bagno e la doccia. Che ne pensi?"

"Certo, come vuoi. Però mi piaceva quassù sui tetti."

"Cercheremo qualcosa sui tetti, allora. Magari anche con la terrazza per prendere il sole."

"Oh sì, sarebbe bello. Così ci facciamo pure l'amore."

"Non pensi ad altro, tu?"

"Quando ti sono vicino, no!"


Alberto era una persona gradevole e simpatica. A poco a poco i rapporti con lui divennero, più che semplicemente cortesi, di reciproca simpatia. In tutti i ritagli di tempo Alberto parlava spesso con i vari membri del personale, in modo di conoscerli meglio e di avere sempre il polso della situazione. Non voleva attriti, lì dentro. Era decisamente un ottimo manager. E la simpatia, nel volgere di pochi mesi, si trasformò in amicizia. A volte Alberto li invitava a pranzo da lui o in un ristorante, per il gusto di stare assieme e di parlare. I due giovani iniziarono ad apprezzarlo sempre più.

Così, un giorno, mentre pranzavano assieme, Gilberto gli disse: "Alberto, perché non pensi seriamente a trovarti qualcuno fisso? Mica puoi continuare tutta la vita così, no? Ognuno di noi ha bisogno di amare e di essere amato, no? Non solo di divertirsi."

"Aaah, ho cinquant'anni, ormai. Chi vuoi che si metta con me. Tanto più che a me piacciono giovani. Ma i giovani non si legherebbero mai a un vecchio."

"Prima di tutto non sei un vecchio. Anche i tuoi cinquanta neanche li dimostri, potresti benissimo passare per un quarantenne. E poi, ci sono anche giovani che preferiscono partner più maturi."

"Non lo so. Vi confesso che da quando ho conosciuto voi due, ho ricominciato a pensarci, qualche volta. Ma mi son detto che ormai ho perso il treno."

"Non essere sciocco. Tu così intraprendente e capace in tutto."

"Beh, nelle cose più intime, non sono mai stato un drago. Vedete, io ho un ideale dentro di me, ma, come tutti gli ideali, so che è irraggiungibile."

"E sarebbe? Ti va di parlarcene?" chiese Massimo.

"Ecco, io non pretendo un Romeo disposto a morire per me. Neanche pretendo un Adone di bellezza. Vorrei un ragazzo giovane, grazioso, onesto, tranquillo, affettuoso, semplice, fedele, che mi faccia sentire... a casa. Un gatto, insomma. Indipendente, ma sempre pronto a venirti sulle gambe e farti le fusa. Che sta dietro la porta quando sente che arrivi. Che ha la sua vita ma vive in simbiosi con la tua. Che ha il proprio tornaconto e te lo fa capire chiaramente, ma che trova in te la risposta alle sue esigenze e perciò sta bene con te. Che sa essere dolcissimo ma anche feroce. Un po' meno egoista di un gatto, però. Che mi voglia bene, anche senza amarmi alla follia, che si lasci voler bene. Un figlio - fratello - amico - amante... Beh, non l'ho mai trovato. Anche coi ragazzi della discoteca, non ce n'è uno con cui mi piacerebbe legarmi. Ognuno ha un pezzetto di tutto ciò, ma solo un pezzetto. E così, mi accontento."

Parlarono ancora di quell'argomento. E a Massimo venne un'idea: se avessero fatto incontrare Alberto con Rasim? Ma come fare? Dopo tanto tempo non sapeva neppure se avrebbe saputo ritrovare la casa del ragazzo arabo. Ne parlò con Gilberto. Assieme andarono al parco a cercarlo, a chiedere di lui, ma pareva che non ce ne fosse traccia. Nessuno l'aveva mai sentito nominare. Massimo ricordava bene la descrizione che aveva fatto Rasim del suo amante ideale: pareva collimare piuttosto bene con la persona di Alberto. Se solo avessero potuto farli incontrare... Ma, dopo parecchi giorni di ricerche, si arresero e abbandonarono l'idea.

"Gil? ripensando a Rasim, ho pensato che mi piacerebbe rincontrare anche Rocco e Roger e farteli conoscere. Chissà se si chiedono che fine ho fatto? Se si ricordano ancora di me? Se ho incontrato te, lo devo soprattutto a loro, che mi hanno impedito di uccidermi e che mi hanno ridato il coraggio di vivere."

"Anche a me piacerebbe conoscerli, per ringraziarli."

"L'unico di cui ho l'indirizzo, è Roger. Anche Rocco, non saprei come trovarlo. So che fa il poliziotto, ma mica si può andare alla polizia a chiedere quanti Rocco hanno e dove abitano, no?"

"No, certo: lo troverebbero per lo meno strano e comunque non credo darebbero mai l'indirizzo di un poliziotto al primo che lo chiede. Ma perché non provi a telefonare a Roger, tanto per cominciare?"


Roger, quando riconobbe Massimo per telefono, gli fece una accoglienza calorosa: "Dio che piacere risentirti! Dove sei? Che fai? Come ti va la vita?"

"Bene. Sono sempre qui a Milano, lavoro in una discoteca, e vivo col mio ragazzo che fa il DJ. E siccome gli ho parlato di te, vorrei fartelo conoscere, se non ti disturbiamo."

"Disturbare? Assolutamente no, ragazzo mio, al contrario. Ascolta, potete venire a casa mia a cena una di queste sere? Ah, no, se lavorate in discoteca."

"Il mercoledì è chiusa, siamo liberi."

"Perfetto, allora potremmo già vederci mercoledì prossimo, va bene?"

"Benissimo, Roger. A presto, allora."

Passarono assieme una splendida serata. Roger fu un ospite raffinato, e lui e Gilberto familiarizzarono subito.

"Ah, Massimo, ragazzo mio! Lo sai che dopo averti lasciato per giorni e giorni ho letto il giornale temendo di leggerci di te? Mi sembrava di non essere stato capace di aiutarti. Stavo male. In quelle ventiquattro ore mi ero un po' affezionato a te. Ti ringrazio d'avermi voluto mettere a parte di questa tua felicità ritrovata."

"Io ti ringrazio per avere aiutato Max. Senza di te e degli altri due... re magi, io non avrei forse mai potuto avere la fortuna di incontrarlo e di godere della felicità che ho ora con lui."

"Oh, ho fatto ben poco."

"No, al contrario. Il mio Max mi ha raccontato tutto quello che hai fatto per lui in quelle ventiquattro ore."

"Tutto?" chiese lievemente imbarazzato Roger.

"Sì, certo, tutto."

"Nei minimi dettagli?"

"Sì, e mi pare che hai saputo dargli proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento."

"Beh, sei generoso a dirmi questo. Io, dopo, mi sono chiesto più volte se avevo fatto bene. Io non volevo veramente violentarlo, cioè, voglio dire, volevo farlo, ma non per me, a me non è mai piaciuto far l'amore così, ma speravo che lui, ribellandosi, ritrovasse la forza per ribellarsi a tutto il male che stava soffrendo. Ma poi mi sono chiesto più volte se la mia era una... terapia giusta."

"Pare proprio di sì, no, Roger?" gli disse Massimo sorridendogli.

"Beh, ragazzi, adesso che ci si è incontrati, vediamo di non perdere di nuovo i contatti, d'accordo? Mi date l'indirizzo della discoteca dove lavorate? Così qualche volta posso farci un salto. E magari anche rimorchiare qualche ragazzo a cui piace la carne nera. Avete detto che è un ambiente misto, no?"

"Sì, forse un quaranta per cento di gay. Bella gioventù. E tutto il personale è gay."

"Bene, il vecchio satiro ha trovato il pane per i suoi denti..." ridacchiò Roger con autoironia.


Massimo e Gilberto trovarono l'appartamentino ideale: al decimo piano di una casa abbastanza recente, fornita di ascensore e riscaldamento centralizzato, composto di un piccolo ingresso, un ampio soggiorno, due camere da letto, una ampia e una piccola, una cucina e il bagno, il tutto disposto ad L attorno a un ampio terrazzo. Vi si trasferirono, e la arredarono. Fecero mettere il telefono. Usarono la camera grande come studio e la piccola per dormire. E il terrazzo, appena fosse venuta la buona stagione, sarebbe stato un perfetto solarium, in cui fare i bagni di sole (e l'amore) nudi in santa pace, sicuri di non essere visti da fuori. Appena si furono sistemati, invitarono prima Alberto, poi Roger, poi un paio di ragazzi della discoteca con cui erano diventati amici.


Venne il Natale e Massimo poté finalmente avere il presepio che desiderava: oltre alla sacra famiglia con l'asino e il bue, c'erano solo i tre re magi (Rasim, Rocco e Roger), un angelo (Diego) e due pastori (Massimo e Gilberto). Erano statuette di legno della Val Gardena alte circa quaranta centimetri, molto belle, che Gilberto aveva comprato per l'amante poco prima del Natale. Massimo era felice e commosso per il fatto che Gilberto ci avesse inserito anche l'angelo.

Il giorno di Natale, prima dell'apertura della discoteca, erano andati a girare un po' per il centro per godersi l'atmosfera natalizia. Passeggiavano qua e là, senza meta, sereni e guardavano le vetrine piene di luci e di colori, quando Massimo strinse un braccio a Gilberto:

"Quello, quello laggiù è Rasim! Sì, è lui!"

"Corri, allora, chiamalo prima che lo perdiamo di vista." gli disse l'altro.

Massimo corse, seguito da Gilberto. Rasim camminava svelto. Girò a un angolo. Massimo temeva di averlo perso, ma quando girò anche lui l'angolo, lo vide fermo davanti alla vetrina di una pasticceria.

Gli si accostò e gli disse: "Posso comprarti un dolce?"

Rasim si girò e lo guardò con aria appena un po' accigliata, ma subito lo riconobbe e si illuminò in un grande sorriso: "Che dio ti benedica! Tu sei Massimo!"

"Ciao Rasim, come stai?"

"Questo sì che è un regalo di Natale. Tu, piuttosto, come stai?"

Frattanto Gilberto era arrivato.

"Posso presentarti il mio uomo? Lui è Gilberto, e lui è Rasim."

"Piacere Gilberto."

"Sono contento di conoscerti, finalmente, Rasim. Massimo mi ha parlato molto di te."

"Sono felice di averti ritrovato Rasim. Ti ho cercato tanto."

"Non ti ricordavi dove abito? Sto sempre lì."

"No, non sono riuscito a ricordarlo. Sai, quella notte non è che ci stessi tanto con la testa. Ma dimmi, che fai?"

"La solita vita. Sto bene. Ho buoni clienti, non mi lamento."

"E... sempre clandestino?"

"E che ci vuoi fare, ho paura che lo sarò per sempre, o almeno finché non mi pizzicano. Ma te, piuttosto, ti trovo proprio bene. E lui: hai uno splendido compagno. Sono felice per te. In questi due anni ho pregato molto spesso per te, sai?"

"Grazie. Anche io ti ho pensato spesso. Senti, Rasim, io e lui lavoriamo in una discoteca, anche stasera purtroppo, ma avremmo piacere di rivederti, di passare un po' di tempo con te, se ti va. Hai messo poi il telefono?"

"Sì. E ho fatto anche i biglietti da visita. Aspetta che te ne do uno." disse e prese un cartoncino.

C'era solo scritto in un elegante corsivo "Rasim" e sotto il solo numero di telefono. Il ragazzo ci scrisse il proprio indirizzo e lo porse a Massimo.

"Anche a me farebbe piacere stare un po' con voi. Stasera sono libero. Potrei venire alla vostra discoteca."

"Ottima idea. E quando chiudiamo puoi venire a casa da noi. C'è un letto per gli ospiti. Dormiamo e poi domani pranziamo assieme. Ti va?"

"Pensavo che mi prendeste a letto con voi." disse scherzoso il ragazzo.

Massimo, con un sorriso, rispose: "Questo no. Io e lui ci amiamo davvero, e fra due che si amano..."

"...non c'è posto. Naturalmente. Ma scherzavo." disse Rasim più rivolto a Gilberto che a Massimo.

Questi annuì: "Allora vieni Rasim? Ci farebbe molto piacere."

"Vengo. Tanto, per domani, non ho altri impegni. Mi date il vostro indirizzo, comunque?"


Rasim arrivò in discoteca verso le undici. Salutò i due amici, poi ballò per tutta la sera. Più d'uno tentò un approccio con il bell'arabo. Lui allora chiariva subito che lo faceva solo per soldi. Se il tipo accettava, e se gli piaceva, il ragazzo gli dava uno dei suoi cartoncini.

"Stasera non posso ma se ti va mi puoi telefonare nei prossimi giorni." diceva con un sorriso affascinante e si rituffava a ballare nella sala affollata.

Quando la serata finì e chiusero, Rasim li aspettava fuori, sul marciapiedi. Andarono a casa assieme. Gli aprirono un divano letto nello studio, gli fecero vedere dov'era il bagno.

"È tardi e siamo piuttosto stanchi. Propongo di andare a dormire subito e di lasciare per domani le mille cose che avremo da dirci." disse Gilberto.

"OK grande capo. Buona notte, allora." disse il ragazzo allegro e, fatto l'occhiolino, cominciò a spogliarsi.

I due andarono nella loro camera.

"Beh, che ne dici?"

"Mi piace. È allegro, vivace, bello e, mi pare, dolce. Chissà che davvero non sia il tipo giusto per Alberto?"

"E viceversa. Domani ne parleremo a Rasim e, se lui fosse d'accordo, ne parleremo poi anche ad Alberto. Poi li faremo incontrare."

"E se son rose, fioriranno."

La mattina, dopo aver parlato un po' di loro, prepararono il pranzo.

A tavola Massimo affrontò l'argomento: "Rasim, quella volta tu m'avevi detto che ti sarebbe piaciuto fermarti in Italia."

"Sì, certo. Finché mi sarà possibile."

"Se tu avessi il visto di lavoro, non avresti più problemi, no?"

"Certo, ma chi vuoi che me lo dia? E poi io che lavoro so fare, a parte la marchetta? E alle marchette, mica lo danno il visto."

"Se trovassi un uomo che ti vuole bene, magari ti potrebbe aiutare in qualche modo."

"Eh, magari. Molti me l'avevano promesso, ma poi... Sai, chi ti conosce come marchetta, non si fida a prenderti come amante. Non ci crede che io saprei essere fedele. Vedete, a me non è che mi dispiace fare la marchetta, specialmente ora che posso scegliermi i clienti. Ma neanche che mi piace particolarmente. Se potessi, smetterei per davvero. Ho ventuno anni, vorrei avere una vita normale. Di fianco al mio uomo, come voi due. Col mio lavoro. Qualcuno di cui prendermi cura e che si prenda cura di me. Mah, sono solo sogni, temo. Però continuo a sognare. I sogni sono gratis e non fanno male a nessuno."

"Anche per questo ti cercavamo, Rasim. Forse conosciamo l'uomo che fa per te. Logicamente dovreste piacervi voi due. Comunque, ha cinquantuno anni ma ne dimostra dieci di meno. Non è bello, ma affascinante. È ricco, buono, e cerca, per dirlo con le parole sue, un gatto."

"Un gatto?"

"Sì, un ragazzo giovane, affettuoso, che faccia le fusa, ma che abbia la sua personalità, la sua indipendenza. Anche lui credo che desideri qualcuno di cui occuparsi e che si occupi di lui. E allora, prima di parlargli di te, volevamo sapere se tu sei d'accordo. Lui, ne siamo quasi sicuri, potrebbe procurarti sia lavoro che visto di lavoro."

"Pare una favola. E chi è quest'uomo?"

"Il padrone della nostra discoteca."

"Cavolo, ma allora è ricco davvero!"

"Certo."

"E non penserà che una marchetta va con lui solo per i soldi?"

"Sta a te dimostrargli il contrario. In passato ha avuto solo esperienze negative, di gente che, in un modo o in un altro, voleva solo sfruttarlo, usarlo. Perciò è piuttosto diffidente. Ma è nostro amico e se ti presentiamo noi, forse accetta di provarci, almeno. Vuoi che gliene parliamo?"

"Sì certo. Ma non dipingetemi troppo bene. Ditegli chiaro chi sono, cosa faccio. E vedete se vuole conoscermi lo stesso."

Quella sera stessa Gilberto chiese ad Alberto quando avesse avuto un po' di tempo per parlare a quattr'occhi con lui e Massimo abbastanza tranquilli.

"Ah, domani no. Vengono tre dei ragazzi di sala a casa mia per un'orgetta. Non l'ho mai fatto in quattro e visto che ai ragazzi l'idea piace, ci provo. Dopodomani? Potreste venire a pranzo da me, che ne dite?"

"D'accordo."

"Ma c'è qualche problema?"

"No no, volevamo solo parlarti di gatti."

"Gatti?" chiese stupito Alberto che evidentemente non ricordava quella sua espressione.

"Sì, ti spiegheremo dopodomani." disse sorridendo divertito Gilberto.

"Se si tratta di prendere in casa un animale, la risposta è no, comunque. Piero non me lo perdonerebbe mai."

"Piero? chi è Piero?"

"Già, voi non lo conoscete. È l'uomo che mi viene a fare le pulizie tutte le sere. Un brav'uomo, ma quando l'ho assunto mi ha detto chiaro e tondo: purché non abbia animali in casa, signor Sossi, e che non lasci preservativi usati in giro."

"Ah. Ma sa che sei gay?"

"Certo, è gay pure lui. Un po' stile vecchia zia acida, ma davvero un brav'uomo. Mi tiene la casa a specchio, è fidato, e logicamente non si scandalizza se trova riviste gay in giro. Vive da trent'anni col suo amico che fa il ferroviere. Lui invece fa le pulizie in due case, la mia e quella di un primario d'ospedale, gay pure lui. È stato questo mio conoscente primario che due anni fa mi ha fatto conoscere Piero. Ma va beh, a dopodomani, allora."

Andarono a pranzo da lui e gli parlarono a lungo di Rasim. Alberto sembrò interessato.

"Se mi dite che è un bravo ragazzo, che ora faccia la marchetta non mi interessa. Ha avuto una vita molto dura, povero ragazzo, ed è già un miracolo che non si sia inaridito. Sì, un micio così, in casa, potrebbe essere l'ideale. E se mi piace, posso dargli lavoro e fargli avere il visto. A ventuno anni potrei fargli fare il ragazzo di sala, specialmente se è bello come dite. E se davvero stessi bene con lui, saprei anche essergli fedele."

"Non credo proprio che con lui sentiresti la mancanza di altri ragazzi. Allora, possiamo fissare un incontro?"

"Beh, certo, ma così, formalmente, potrebbe essere imbarazzante per lui o per me. Ditegli di venire in discoteca: cominciamo a vederci, a incontrarci, poi magari lo invito da me e da cosa nasce cosa, no?"


Così Rasim cominciò a frequentare la discoteca. Alberto fu subito molto attratto dall'aspetto fisico del ragazzo, ma, a poco a poco, fu ancora più attratto dalla sua personalità. Anche Rasim, anche se non aveva provato subito una forte attrazione fisica per Alberto, fu affascinato dai suoi modi. La cosa curiosa fu che, pur essendo l'uno un libertino e l'altro una marchetta, prima che facessero l'amore assieme per la prima volta, passò più di un mese. Tutti e due si confidavano con Gilberto e Massimo, che così seguivano l'evoluzione della cosa da un osservatorio privilegiato e avevano l'impressione sempre più netta che i due fossero davvero fatti l'uno per l'altro. La prima volta...


"Rasim?"

"Sì?"

"Io, ti volevo proporre, se ti va, di fermarti da me, stanotte."

"Mi piacerebbe."

"Davvero?"

"Sì, certo. Sono contento che tu me l'abbia chiesto."

"Mi piaci, sai? e allora pensavo che potremmo provare a diventare un po' più intimi."

"Grazie."

"Io non ti prometto niente..."

"Dovremmo conoscerci un po' meglio, Alberto, credo."

"Sì, appunto. Comunque, volevo che sapessi che non vorrei solo fare una scopata con te. Vorrei che fosse un qualcosa di più, forse l'inizio di qualcosa di più serio. Forse."

"Non possiamo che provarci, non credi?"

Dopo la chiusura, Alberto lo portò a casa. Gli offrì da bere. Non voleva portarselo subito a letto, anche se il desiderio si stava rafforzando. Rasim lo intuì: la sua esperienza con tanti clienti diversi aveva affinato la sua capacità di capire gli altri.

"Possiamo andare a letto?" chiese il ragazzo con dolcezza.

"Sì certo, vieni. È di qua." Lo guidò, sentendosi sempre più eccitato. "Possiamo spogliarci con la luce accesa, Rasim?"

"Certo. Ma posso spogliarti io, Alberto? E tu me?"

"Sì."

Si spogliarono a vicenda, sfiorandosi appena.

"Sei davvero molto bello." mormorò Alberto.

"Grazie. Anche tu hai un bel corpo. Fai molta ginnastica?"

"Un po', tanto da tenermi in forma."

Si sdraiarono. Rasim si accoccolò contro l'uomo, carezzandolo con perizia nei punti giusti.

"Oooh!" gemette Alberto gustandosi quelle attenzioni e carezzando i capelli del ragazzo.

Dopo un po', eccitatissimo, lo baciò in bocca, gli pose le mani a coppa sui piccoli glutei nervosi e lo tirò a sé. Rasim gli carezzava la schiena su e giù lungo la spina dorsale.

"Dio, ragazzo, ci sai fare davvero!" disse Alberto rigirandosi e calandogli sopra.

"Anche tu, mi stai facendo eccitare moltissimo." rispose l'arabo e si baciarono di nuovo.

"Ho voglia di prenderti, Rasim..." mormorò l'uomo.

"Sì, anche io." rispose il ragazzo con voce roca.

Fecero l'amore.

Prima Alberto penetrò il ragazzo da davanti e gli piaceva vedere negli occhi e nel sorriso del ragazzo quanto gli gustasse essere preso: Rasim sottolineava ogni affondo dell'uomo con un basso mugolio di piacere e gli si muoveva sotto aumentandone il godimento. Alberto pensò che davvero il giovane arabo era un gatto: faceva quasi le fusa... Di tanto in tanto si fermavano per unirsi in un lungo e intimo bacio. Poi l'uomo riprendeva a stantuffare con gusto nel caldo e palpitante canale di Rasim. Finché raggiunse un fortissimo e piacevole orgasmo nelle profondità dell'altro.

Allora Alberto volle essere preso dal ragazzo che lo cavalcò con giovanile vigore e gioiose spinte, dando nuovo piacere al compagno. L'uomo amava sentire la vigorosa verga del giovane arabo scavargli dentro il piacere, donargli ondate di godimento, e le sue mani spaziare per il suo corpo facendolo vibrare come un'arpa... E finalmente inondare le sue profondità con ondate su ondate di tiepida crema.

Infine, ancora non paghi, si unirono in un lungo e appassionato sessantanove, riportandosi l'un l'altro alle vette del piacere per la seconda volta, carezzandosi, leccandosi, succhiandosi senza sosta finché poterono dissetarsi l'uno col seme dell'altro.

Mentre si rilassavano ansanti, un'espressione beata sul volto, Rasim si girò verso Alberto a carezzarlo con dolcezza.

"Cavolo, quanto m'è piaciuto, Rasim."

"Anche a me."

"Oh, tu chissà quanti ne hai trovati meglio di me."

"Non essere sciocco. Non passo il mio tempo a fare graduatorie e tu mi sei piaciuto molto. E poi anche tu puoi aver trovato qualcuno meglio di me, visto che dici di aver avuto molte di avventure. Tra i ragazzi della discoteca ce ne sono parecchi che non devono essere niente male, no?"

"È vero, ma tu mi piaci proprio tanto. Senti, ora ci facciamo una doccia veloce e dormiamo un po'. È già mattina."

"Che or'è?"

"Sono le sei e mezza."

"La gente si alza, di solito, a quest'ora." ridacchiò Rasim.

Si lavarono l'un l'altro e stavano quasi per rimettersi a fare l'amore, di nuovo eccitati, ma si trattennero e tornarono a letto per dormire. Alberto abbracciò Rasim che gli si accoccolò contro, sentendosi bene, rilassato, sereno: che avesse trovato davvero il suo uomo? Pregò silenziosamente, mentre scivolava nel sonno. Anche Alberto aveva simili pensieri: Rasim gli piaceva molto; non voleva ancora illudersi, pensò mentre si addormentava, ma...

Verso le due del pomeriggio Rasim si svegliò. Si sentiva proprio bene. Guardò l'uomo ancora abbandonato nel sonno e pensò che Alberto gli piaceva davvero molto. Si mise a carezzargli lieve il corpo. Non era bello, eppure lo attraeva fortemente.

"Oh, Rasim, che bel risveglio." mormorò Alberto aprendo gli occhi e sorridendogli.

"Mi piaci," disse Rasim quasi con pudore, poi aggiunse: "e mi è piaciuto moltissimo poter fare finalmente l'amore con te."

"Voi ragazzi arabi, di solito, non fate... tutto come hai fatto tu. Mi hai piacevolmente sorpreso, sei davvero straordinario, anche a letto."

"Ma io sono gay, e se un uomo mi piace, mi piace farci tutto con lui."

"Allora vuol dire che io ti piaccio?"

"Non ne sei convinto?" rispose con un lieve sorriso malizioso Rasim iniziando a carezzarlo più intimamente.

"Se mi tocchi così, mi fai di nuovo venir voglia di te." gli sussurrò Alberto tirandolo a sé.

"Beh, meno male. Lo speravo." rispose il ragazzo mentre l'uomo lo avvolgeva con le sue membra e lo baciava, pieno di nuovo, forte desiderio.


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