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una storia originale di Andrej Koymasky


L'ORDINE DEI RECLUSI CAPITOLO 8 - COMPAGNO DI VIAGGIO

Jarvis e Fresth lasciarono il Convivio a cavallo la mattina presto. Per alcuni chilometri cavalcarono fianco a fianco in silenzio.

Poi il novizio chiese: "Siete arrabbiato con me, professo?"

"No."

"Davvero?"

"Davvero."

"Volete che scompaia?"

"Cioè?"

"Non vedermi."

"Come?"

"Saprei non farmi vedere, penso."

"Non dire stupidaggini. Il reggente t'ha affidato a me, sono responsabile di te, ormai."

"Cercherò di non pesarvi."

"Fresth, sarà quasi impossibile. Ma non è colpa tua."

"Neanche colpa vostra, però."

"Non avrei dovuto chiederti di fare l'amore."

"Ve l'avrei chiesto io, comunque. Quando vi ho visto ho chiesto io di poter curare il giardino degli aceri."

"Tu?"

"Mi sono sentito subito terribilmente attratto da voi. All'inizio era sola attrazione fisica, davvero, ma poi..."

"Ma a che pro venire con me? Lo sai che non potrò più fare l'amore con te, no?"

"Lo so e non ve lo chiedo."

"Non ti capisco, Fresth."

"A volte l'amore del cuore è così forte che sa vincere quello del corpo, tenerlo a freno."

"Ma non è una sofferenza, per te?"

"Non tale da superare il piacere di potervi stare accanto."

Jarvis tacque e cavalcarono ancora per alcune miglia in silenzio. Poi disse: "Fermiamoci e scendiamo da cavallo."

"Avete fame? Volete qualcosa? Ho molte provviste."

"Non mi dispiace mangiare, ma devo parlarti. Visto che dovrò portarti con me, devi sapere il vero scopo del mio viaggio in modo di non essermi involontariamente d'intralcio."

"Il vero scopo?" chiese il ragazzo con espressione vagamente stupita ma interessata.

Scesero da cavallo, Fresth legò i due animali a un albero e sedettero sull'erba. Jarvis allora spiegò dettagliatamente il suo progetto al ragazzo. Questi ascoltava attento, assorto, ponendo di tanto in tanto domande.

Alla fine disse: "Allora, il Convivio ideale di cui si parlava è il vostro vero scopo."

"Già."

"E far l'amore, come con me, è solo un mezzo per far parlare liberamente chi come noi ama il proprio sesso."

"Non solo per questo, onestamente. Tu, gli altri, mi piacevate molto, comunque. Però, uno scopo è quello, sicuramente. Sei deluso di me, ora?"

"Deluso? Al contrario. Ma perché dite che la mia presenza vi intralcerà? Io sarò certamente messo a dormire con i novizi, nei vari Convivi, e voi potrete avere i vostri contatti liberamente, come prima. Anzi, forse potrò anche aiutarvi qualche volta, in qualche modo. Sia perché potrò parlare con i novizi e scoprire per voi altre cose, sia perché avrete comunque una persona fedele su cui contare. Non credete?"

"Già, forse. Ma bisogna essere estremamente prudenti, in questa ricerca. Io, almeno con te, non lo sono stato molto. Per mia fortuna il tuo reggente è una persona comprensiva e saggia. Non tutti sono così. In alcuni Convivi quelli come noi vivono in un inferno di timori, sospetti, paure. E lì bisogna muoversi con estrema cautela."

"Certo. Capisco. Mi vorrete con voi quando fonderete il vostro Ordine?"

"Ho altra scelta?"

"Avrete in me un collaboratore fedele e sincero..."

"Non ne dubito."

"Non siate così pensieroso, via! Vedrete che non vi accorgerete quasi della mia presenza. Non vi sarò di peso, d'intralcio, ve lo giuro."

Jarvis lo guardò e, per la prima volta dall'episodio dell'isola, gli sorrise. Il novizio rispose con un sorriso e preparò il cibo. Mangiarono e Jarvis fece vedere sulla sua mappa il tragitto che avrebbero seguito; poi ripresero la strada e per via gli raccontò delle sue precedenti visite. A tarda sera giunsero in un Convivio di donati. Furono accolti, fu assegnata una cella a Jarvis e Fresth fu aggregato al dormitorio dei novizi.


I donati erano essenzialmente medici, infermieri, assistenti sociali. Dove c'era sofferenza, dolore, loro erano presenti. Per questo passavano la maggior parte del loro tempo fuori dal Convivio. I Convivi dei donati erano sempre costruiti in luoghi a pari distanza da diversi centri abitati, in modo di coprire un'area la più vasta possibile. I candidati e i novizi a volte accompagnavano e assistevano i riuniti nella loro opera, ma soprattutto studiavano e si preparavano sotto la guida dei maestri. Quando diventavano accoliti erano bravi infermieri. I migliori fra loro, proseguendo gli studi, diventavano medici, chirurghi, dentisti, farmacisti, psicologi e così via e passavano fra i professi. I migliori fra questi diventavano maestri. Era come una struttura piramidale con molti accoliti come base. Non contava assolutamente l'età per passare al livello superiore, ma solo la preparazione, la competenza.

L'atmosfera in quel Convivio era tranquilla. Il cerimoniale delle ore in comune ridotto al minimo. Il momento principale era la mattina all'alba, quando tutti i presenti si riunivano nella grande sala per ripetere assieme il "giuramento di assistenza". Per il resto il tempo libero dal servizio era passato soprattutto nello studio e nella pratica, individuale o a piccoli gruppi, e nella preparazione dei medicinali. Il Convivio aveva un grande orto in cui coltivavano le erbe medicinali e inoltre a volte gruppi di riuniti partivano a raccogliere le erbe spontanee che non si potevano coltivare nell'orto. Fra i vari Convivi si scambiavano anche erbe e preparati, nonché i risultati dei loro studi.

Jarvis in quel Convivio, sotto un'atmosfera apparentemente tranquilla, sentiva una tensione indefinibile. Soprattutto, a differenza che in altri Convivi, non riusciva a individuare nessuno con cui tentare un possibile approccio. C'era un professo, molto bello e attraente, di nome Haine, che gli faceva pensare, per certi piccoli segni nel muoversi, nello sguardo, che potesse provarci, ma qualcosa lo teneva a freno. Sentiva che c'era qualcosa di pericoloso in quell'uomo, anche se non sapeva dire che cosa. Era sempre molto gentile, forse troppo, sorridente, sicuro di sé. Era evidentemente rispettato nel Convivio. Era un ottimo chirurgo e si diceva che presto sarebbe diventato un maestro nonostante avesse solo ventisette anni. La sua tunica era sempre impeccabile, ben stirata e il bianco era candido e il verde immacolato. Sembrava in ottimi rapporti con il reggente, un uomo asciutto e alto sulla cinquantina, un maestro esperto in farmacia. A un certo punto Jarvis pensò che forse i due potessero essere amanti.

Jarvis aveva tentato discreti approcci con alcuni membri del Convivio, ma sempre senza risultati. Quando lui portava il discorso verso il terreno che gli stava a cuore, le risposte che riceveva andavano da affermazioni che nel loro Convivio il problema non esisteva, a quelle di chi diceva che forse c'era, ma non era al corrente di nulla. Negli archivi del Convivio Jarvis scoprì una cosa interessante: per tutto il periodo del presente reggente e dei due prima di lui, non era stato denunciato alcun crimine sessuale! Abbastanza strano per metterlo in sospetto. O c'era un "vivi e lascia vivere" anche maggiore di quello che aveva trovato nel Convivio di Fresth, o tutto veniva coperto per un qualche recondito motivo. Jarvis istintivamente protendeva più per questa seconda ipotesi. Ma non riusciva a scalfire l'atmosfera di apparente normalità di quel luogo.

Dopo una settimana che erano là, un pomeriggio che era nel giardino, Fresth lo raggiunse e gli disse: "Professo, possiamo andare a fare una breve passeggiata fuori?"

"Eh? Certo." rispose Jarvis leggendo un invito pressante negli occhi del ragazzo.

Quando furono fuori, a una certa distanza dal Convivio, Fresth gli disse: "Non mi piace per niente questo Convivio."

"Anche tu lo trovi strano?"

"Più che strano. Il reggente, il maestro Soha e il professo Haine tengono in pugno tutti, là dentro."

"Cioè?"

"Bastano tre testimoni per far decapitare una persona per crimini sessuali, no?"

"Sì. E allora?"

"C'è un patto di ferro fra quei tre. Si sono suddivisi i novizi."

"Suddivisi? Vuoi dire che li obbligano a fare l'amore con loro?"

"Esatto: cinque Haine, quattro il reggente e quattro Soha. Ogni tanto se ne scelgono uno e se lo portano a fare ricerche: di che genere, glielo lascio immaginare. Se si opponessero, sarebbero sorpresi dai tre a fare l'amore con un candidato."

"Ma nessuno è stato denunciato."

"Certo, nessuno vuole perdere la testa, è meglio perdere piuttosto la verginità, no?"

"Anche i candidati sono coinvolti nella stessa rete?"

"In parte, ma non ho le cifre, e anche accoliti e professi, credo."

"Come fai a sapere tutto questo?"

"Un novizio. Dorme accanto a me, mi piaceva e allora una notte, nel buio, ho allungato una mano per toccarlo. Per un po' mi ha lasciato fare, ma poi mi ha bloccato e mi ha respinto. Il giorno dopo si comportava come se non fosse accaduto nulla. Allora la notte dopo ci ho provato di nuovo: tutto come la notte prima. La terza notte ci ha provato lui. L'ho lasciato fare e anzi l'ho toccato anche io. Poi di nuovo, mi ha fatto smettere.

Il giorno dopo, mentre lo aiutavo a raccogliere le erbe nell'orto, lui mi sussurra senza guardarmi: porta le erbe all'accolito Malko, se è solo dì che ti mando io e chiedi se puoi aiutarlo in distilleria e fa quello che ti dice. Io, proprio per come me l'ha sussurrato, senza fare domande ho fatto come mi diceva. L'accolito mi dice di seguirlo. Mi porta nella distilleria, mi fa salire sull'impalcatura di sostegno della grande serpentina, passiamo su una passerella e ci troviamo in una specie di stanzino da cui si regolano i flussi dell'acqua. Aspettalo qui, mi dice dandomi un pizzicotto sul sedere e facendomi l'occhiolino. Dopo poco sento qualcuno salire. È il novizio. Facciamo l'amore.

Poi mi spiega che Malko fa usare quello stanzino ai novizi e in cambio questi devono farsi scopare da lui. Poi mi racconta di Haine e degli altri. Pare che qui tutto funzioni così. Ai tre interessano solo i ragazzi fra i diciotto e i ventidue anni: prima e dopo li lasciano in pace. Ma controllano tutti: sanno di Malko, come sanno che maestro Fille quando fa lezioni di anatomia sceglie un modello su cui spiegare dal vivo e dopo, quando gli allievi sono usciti, se lo scopa."

"Ma qui dentro, sono tutti così?"

"No, ci sono anche quelli che non lo fanno. Ma tacciono, perché se no potrebbero essere denunciati dai tre e decapitati. Comunque i novizi ci devono passare tutti."

"Ma se tre si coalizzassero contro quelli, potrebbero ripagarli della loro stessa moneta, no?"

"No, si dice che sei anni fa tre accoliti ci abbiano provato. Sono stati denunciati dal reggente come scomparsi. Non s'è mai più trovata traccia di loro."

"Vuoi dire che li avrebbero uccisi?"

"Forse. O forse è solo una storia messa in giro ad arte dai tre, chi sa. Ma io direi che faremmo bene ad andarcene."

"Sei anni fa, hai detto? Vorrei andare a controllare se ce n'è traccia negli archivi. Poi ce ne andiamo."

Negli archivi c'era la denuncia di tre scomparsi, lo stesso giorno: tre giovani accoliti, nel tredicesimo mese di sette anni prima. La relazione diceva che erano stati cercati ma mai trovati e concludeva che per qualche loro motivo avevano evidentemente voluto lasciare l'Ordine e far perdere le loro tracce. Jarvis rabbrividì. Con Fresth lasciò al più presto quel Convivio. Ma annotò la cosa e si disse che doveva trovare un modo per far cessare soprusi e crimini di quel genere. Avrebbe dovuto parlarne con Trake al suo ritorno. Avendo lasciato sia il Convivio di Fresth che quello dei donati prima del tempo, era in anticipo di un mese sulla sua tabella di marcia. Pensò di fermarsi più a lungo nel Convivio dei retti in cui doveva passare. Forse uno di loro avrebbe anche potuto dargli qualche spunto su quel problema grave.

Fresth interruppe i suoi pensieri: "Era un incubo, là. Specialmente per i novizi. Aspettare da un momento all'altro di essere convocati: vai, preparati, ho voglia di te, ora. E non poter dire di no. Gerog il novizio, per poter fare l'amore con me, ha dovuto poi farlo anche con quel grasso accolito. Oltre a dover sottostare alle voglie di Haine. Dice che Haine non è male, a letto. Ma è il modo: fai questo, fai quello, allarga le chiappe, succhiamelo, come se fossero schiavi. Non è orribile?"

"Lo è."

"Gerog è un ragazzo dolce, non merita una vita come quella."

"Nessuno la merita. Ma, ti piaceva Gerog?"

"Un bel ragazzo, pieno di voglia di fare veramente l'amore, non solo di scopare. Ma là dentro la sessualità è svilita anzi avvilita."

"Tu che faresti se dovessi vivere là dentro?"

"Temo che mi adatterei come tutti, che subirei. Cercando di ritagliarmi un angolino per non morire dentro. Come fa Gerog che la notte spesso si tiene per mano col vicino, mentre si addormentano."

"Sono amanti?"

"No, sono amici, si vogliono bene. Qualche volta vanno anche a fare l'amore nella distilleria, pagando una volta per uno l'uso dello stanzino. Il suo amico appartiene al reggente, che pare sia anche un po' violento, a letto. Poi c'è un novizio che nessuno ama in quel noviziato. Appartiene anche lui al reggente. Quello fa del tutto per compiacerlo, forse spera di diventare un nuovo Haine, dopo."

"Sei riuscito a scoprire più cose tu in pochi giorni di quello che avrei fatto io in un mese. Sei stato in gamba." disse Jarvis.

Il ragazzo sorrise compiaciuto.


Arrivati dai retti, Jarvis parlò del problema della sopraffazione con un giovane maestro.

Questi li ascoltò poi gli disse: "Purtroppo c'è poco da fare, a meno che si ribellino tutti. Chi è denunciato non può denunciare, secondo la legge. Ma se chi denuncia fosse denunciato da altri con l'accusa di denuncia falsa, qualcosa si potrebbe fare. Certo, la legge prevede che la denuncia deve essere fatta da tre testimoni oculari proprio per evitare soprusi, ma se i tre accusatori sono d'accordo, c'è poco da fare. D'altronde, come fare diversamente? Già il fatto che la legge sia così permette a molti di sfuggire la giustizia. E comunque la legge non si può cambiare. La legge è perfetta. Si può solo cercare di farla applicare correttamente: questo è il compito di noi retti. Dio ci ha dato la legge proprio perché sa che l'uomo è debole e tende a sbagliare."

"Se non ci fosse la legge sui crimini sessuali, quei tre non avrebbero modo di esercitare il loro perverso potere."

"Non dica assurdità, eresie! La legge è giusta. È l'uomo che è corrotto e ne approfitta. Se non ci fossero le leggi sui crimini sessuali, il mondo si trasformerebbe in un unico grande porcile, creda a me. Scomparirebbe la famiglia, che è la base della società. E allora scomparirebbe tutta la società civile. Meglio che accadano cose come quella che mi ha raccontato piuttosto che scompaia la società civile. Quei tre sono l'eccezione che conferma la regola."

"Ma la legge viene aggirata in mille modi. Crede, per esempio, che i soli adulteri siano quelli scoperti e decapitati?"

"Oh no, certo, quelli scoperti sono appena un decimo. Ma grazie a questa legge gli adulteri sono una minoranza. Se la legge non ci fosse, ci sarebbero più adulteri che coppie fedeli, creda a me."

"Forse perché le coppie non si scelgono fra loro, ma quasi sempre decidono i genitori per loro, non crede?"

"La festa dell'incontro è fatta apposta perché i due giovani che dovranno sposarsi possano scegliersi. Se poi i giovani si scelgono secondo le indicazioni dei genitori, vuol dire che si fidano del consiglio dei genitori."

"O che i genitori hanno il modo di obbligare i figli a scegliere come vogliono loro."

"Ah, professo Jarvis, lei faccia il mistico e non pretenda di capire ciò che è giusto o no, lo lasci a noi." concluse il maestro dei retti a mo' di conclusione.

Jarvis s'inchinò: non serviva a nulla proseguire quella discussione.

Due giorni dopo quella discussione, maestro Sawar dopo il pranzo si avvicinò a Jarvis: "Professo, ha tempo per due parole?"

"Certamente."

"Venga, in biblioteca a quest'ora si può parlare tranquilli."

Jarvis lo seguì. Sedettero accanto alla finestra che dava verso la facciata del Convivio.

"So che ha avuto un lungo colloquio con maestro Gassel."

"Sì, una conversazione interessante."

"Già. Maestro Gassel ci ha riferito. Vede, volevo dirle, forse ha sbagliato a parlarne con lui."

"Ho sbagliato? Non capisco."

"Non si allarmi. Volevo dire che probabilmente lei ha pensato che maestro Gassel, essendo il più giovane fra noi, fosse anche il più aperto. Non è così: non tutti noi maestri qui dentro condividiamo la sua ortodossia per partito preso. È un maestro valido, senza dubbio, ma lei ha toccato un tasto che lo riguarda da vicino, su cui è particolarmente sensibile e inflessibile."

"Quello dei soprusi nei Convivi?"

"No, non quello. L'altro sull'adulterio. Il motivo per cui maestro Gassel è voluto entrare nei retti è proprio l'aver dovuto assistere ai vari adulteri dei suoi due genitori, cosa che l'ha sempre amareggiato molto. Per molto tempo aveva pensato, da ragazzo, di trovare due testimoni per denunciarli, ma non ne ha mai avuto il coraggio e questo non se lo è mai perdonato. Da allora è particolarmente severo proprio per quanto riguarda tutti i cosiddetti crimini sessuali. Inoltre, a peggiorare la situazione... Quando era novizio non era in questo Convivio. Dove era, si innamorò di un altro novizio. Sapeva che era un crimine ma si sentiva sempre più attratto dal suo compagno. E allora sa come risolse il problema? Andò a denunciarsi al reggente, così fu trasferito qui. Capisce?"

"Oh dio, ha dell'assurdo. Allora sarà particolarmente severo riguardo a eventuali crimini sessuali che si perpetrassero qui nel Convivio."

"L'interessante è proprio qui: sembra che lui sia l'unico all'oscuro di tutto, qui dentro."

"Cioè?"

"Come lei saprà bene, a volte fra novizi, e non solo fra loro, nascono dei rapporti più intimi di quello che si dovrebbe. Lui afferma che non esiste nulla del genere qui dentro."

"Quelle coppie, immagino, saranno estremamente discrete."

"Certo che sono discrete, ma tutti sanno, ad esempio, che il motivo per cui nella ripartizione dei compiti spesso si offrono dei volontari per la pulizia delle statue della facciata, le vede, quelle, è che vi si sale con una scala a pioli che poi si porta su con sé per salire più in alto. E che lassù, dietro il gruppo marmoreo che rappresenta Galil che detta la legge ai discepoli, c'è una stanzetta che una volta, prima che vi fosse posto quel gruppo marmoreo, ospitava il meccanismo dell'orologio. Stanzetta a cui si poteva accedere anche dall'interno ma la cui porta fu murata quando si levò l'orologio. Stanzetta molto comoda e sicura per quelle coppie. Il classico luogo deputato. Si vocifera addirittura che qualcuno vi abbia portato un materasso," disse il maestro ridacchiando, "ma non è vero. Bene, a volte si offre lui, maestro Gassel e dopo lui, nessun altro. E lui si stupisce di dover sempre fare le pulizie da solo. Non è un ingenuo?"

"Magari spera proprio che qualcuno si offra a salire lassù con lui, no?" chiese Jarvis.

"Uno ci provò una sola volta. Evitò una denuncia solo perché aveva giocato bene le sue carte e quando Gassel capì cosa l'altro volesse da lui e indignato minacciò di denunciarlo, l'altro si finse più indignato di lui per aver interpretato male le sue parole e minacciò a sua volta di denunciare Gassel."

"E nessuno ha mai denunciato altri?"

"Una volta alcuni anni fa. Un trasferimento. Niente di grave."

"Ma, che lei sappia, ci sono molte trasgressioni nel suo Convivio?"

"Non più che in altri, il solito venticinque o trenta per cento circa? Il prezzo che deve pagare ogni Convivio per esistere. Tanti uomini che vivono sempre e solo fra loro, che entrano fra i riuniti non per una speciale scelta di celibato ma per mille altri motivi. Che ci vuol fare, diventa inevitabile. Finché resta in un ambito non scandaloso, e non di sopraffazione, è un problema personale degli interessati. Certo non si fa nulla per incoraggiare quelle pratiche, anzi. Ma è inutile fare i puritani."

"E ci sono altri luoghi deputati, che lei sappia?"

"Oh, la fantasia della gente è senza limiti. E per fare quelle cose non ci vuole né molto spazio né molto tempo. Quali sono i luoghi deputati nel vostro Convivio, per esempio?"

"Il forno, la cisterna, quando si devono fare le pulizie."

"L'acqua e il fuoco: i simboli della purezza. Non è un'ironia? Qui, oltre alla cella dell'orologio, pare che usino la stenderia del bucato, quando è steso, appunto."

Jarvis parlò con Fresth di quel colloquio.

Il ragazzo annuì: "Sì, ho saputo le stesse cose in noviziato. E in più pare che usino la sala media."

"La sala media? Non mi pare che sia uno dei luoghi più sicuri."

"Mi diceva un novizio che durante le letture delle pandette basta che due che vogliono fare l'amore si assicurino una delle loggette del terzo piano, dopo l'ultimo pilastro, quella a destra o quella a sinistra e, purché restino affacciati alla balaustra, possono tranquillamente toccarsi e anche penetrarsi. Solo succhiarselo non è possibile, perché da sotto si vedrebbe una sola testa. Il pilastro li sottrae alla vista delle loggette vicine dello stesso piano."

"Ma se qualcuno arrivasse mentre lo stanno facendo?"

"Durante la lettura nessuno deve muoversi per nessun motivo, perché i pavimenti in legno scricchiolano. Perciò, per la durata della lettura, la coppia è al sicuro."

"Hai fatto l'amore con quel novizio?"

"No. Lui da due anni è l'amante di un accolito. Ma ci siamo fatti confidenze. E voi? Avete fatto l'amore con qualcuno?"

"No. Con nessuno."

"Beh, abbiamo ancora un mese da restare qui, no?" disse il novizio allegro.

Ma fino a una settimana dalla partenza sembrò che non ci fosse nulla da fare, anche se riuscivano a raccogliere parecchie indiscrezioni e confidenze.

I riuniti erano tutti nella sala grande per una loro cerimonia a cui Jarvis e Fresth non erano stati invitati. Jarvis pensò di approfittarne per andare a fare il bagno. La grande stanza era logicamente deserta. Spogliatosi, entrò nella saletta delle abluzioni, si insaponò e si sciacquò, quindi andò nella sala della cascata, si stese nella vasca in modo di stare esattamente sotto lo scroscio dell'acqua, e godette quel massaggio gradevole sulla pelle. Stava lì da pochi minuti, quando sentì la porta aprirsi. Guardò: stava entrando un gran bel pezzo di giovanotto, nel quale riconobbe Verseh, un accolito. Lo guardò con occhi pieni di ammirazione e si eccitò. Verseh, con movenze eleganti, scavalcò il bordo dell'ampia vasca e vi si immerse. Poi, guardandosi attorno pigramente, vide Jarvis e gli fece un cenno di saluto. Questi rispose.

Allora Verseh si alzò in piedi e si avvicinò all'altro. Jarvis non poté fare a meno di notarne la mezza erezione che gli ballonzolava fra le gambe.

"Credevo di essere solo." disse Verseh sorridendogli.

"Non è alla riunione?"

"Ne sono dispensato perché sono rientrato solo ora. Dopo un viaggio, un buon bagno è l'ideale, no?" disse l'accolito restandogli in piedi davanti quasi non fosse cosciente o non si curasse del suo stato.

Jarvis non riusciva a non dargli un'occhiata di tanto in tanto sul bel membro e la sua eccitazione aumentò. Verseh si chinò a raccogliere acqua con le mani a coppa e se la versò sul petto, massaggiandosi lentamente. Poi disse: "Mi fa posto sotto la cascata?"

"Oh, le lascio il posto." rispose Jarvis alzandosi in piedi.

Vide la rapida occhiata dell'altro fra le sue gambe.

Poi questi, guardandolo negli occhi, gli disse con un lieve sorriso: "No, la prego, c'è posto per tutti e due, basta metterci molto vicini." disse sedendo e invitandolo.

Jarvis gli sedette accanto.

"Venga più vicino, se no non si gode la cascata; mica le dà fastidio, no?" disse guardandolo con un sorriso più accentuato.

I loro corpi si toccavano, spalla a spalla, gamba contro gamba.

"No, anzi." mormorò Jarvis.

L'altro, sotto l'acqua, allungò una mano e la posò su una coscia di Jarvis: "È gradevole, vero, questo massaggio sulla pelle."

"Molto."

Verseh carezzò la coscia dell'altro risalendo verso i genitali: "Le piace?"

"Molto." ripeté Jarvis.

Verseh raggiunse il membro ormai ritto dell'altro, lo prese nella mano e iniziò a muoverla lieve su e giù: "È bello fare il bagno così, no?"

"Molto bello." sospirò Jarvis, poi disse: "Ma se entrasse qualcuno?"

"Venga con me, allora."

"Dove?"

"Venga."

Nudi i due uscirono dalla vasca. Verseh aprì una piccola porta, salirono una scala e si trovarono sul tetto: "Il solarium. Fa un po' freddo in questo mese, ma ci scalderemo a vicenda, no?"

"Qui è sicuro?"

"Certo, ho bloccato la porta." disse l'accolito prendendo Jarvis fra le forti braccia, tirandolo a sé e baciandolo in bocca con libidine.

Jarvis gli si sfregò contro, cercando con la propria forte erezione quella dell'altro. Verseh lo rovesciò sulle stuoie del pavimento e gli si stese sopra:

"Come le piace fare l'amore?"

"In tutti i modi." mormorò Jarvis.

"Bene, lo faremo in tutti i modi, allora. Abbiamo tempo." disse l'altro scivolandogli giù giù sul corpo leccandolo e carezzandolo.

Jarvis gli si girò sotto in modo di raggiungere l'erezione dell'accolito proprio mentre questi arrivava a leccargli il membro. Si leccarono, si succhiarono, poi Verseh si fece strada con la lingua fra le cosce dell'altro da sotto i testicoli, fino a raggiungerne il foro che si mise a leccare con estrema bravura. Poi allargò le cosce di Jarvis e vi si infilò in mezzo, lo piegò fino a metterlo in posizione e gli premette la punta del membro duro e forte sul foro. Il mistico si rilassò gustandosi quel corpo atletico e forte che lo stava per prendere. Verseh lo infilò, gemendo basso per il piacere. Jarvis lo sentì entrargli dentro, grosso e lungo, invaderlo, farsi strada in lui in un moto irresistibile.

"Sei mio!" mormorò Verseh abbandonando il lei formale.

"Ti piaccio?"

"Sì, sei un gran bel maschio. Peccato che stai per andartene."

"Perché ti sei deciso solo oggi?"

"Prima non sapevo di eccitarti."

"E come lo sai, oggi?"

"Come mi guardavi il cazzo e come t'era venuto dritto."

"Sei uno dei maschi più belli che abbia mai visto." mormorò Jarvis.

Verseh gli pompava dentro con vigore: "Mi piace come ti lasci fottere: sei rilassato, ma mi sai far sentire che ti piace."

"E a me piace come mi fotti. Devi avere tutti i maschi che vuoi, qui dentro."

"Non mi lamento, ma tu mi piaci un sacco."

"Perché?"

"Sei virile anche mentre ti fai fottere. E a me piace il vero maschio. Non quelli come Gassel che sembrano tanto maschi e poi vogliono solo essere fottuti e fanno gridolini da mezze femmine!"

"Gassel? Tu ti fai Gassel?"

"Qualche volta. Sai che a ventisette anni era ancora vergine? Ma ora, pensiamo a goderci questa gran bella occasione." disse libidinoso il giovanotto, riprendendo a pompargli dentro con gran gusto.

A Jarvis piaceva proprio molto il modo in cui l'altro lo stava prendendo. Quando questi si sentì vicino all'orgasmo, tirò a sé la testa di Jarvis e lo baciò in bocca suggendogli la lingua, e presto venne stringendolo a sé convulsamente e scaricandosi in lui. Anche Jarvis lo strinse con forza dimenandoglisi sotto per aumentarne il piacere.

Allora, senza aspettare di rilassarsi, Verseh si rotolò sulla schiena portando Jarvis sopra di sé: "Prendimi tu, ora. Non vedo l'ora di sentire quel tuo bel cazzo che mi fotte. Dai." disse cingendogli la vita con le gambe e serrandolo a sé.

Jarvis si dette da fare per non deluderlo. Gli entrò dentro con una sola calibrata spinta.

Verseh emise un sospiro soddisfatto e gli sorrise beato: "Dai, scopami, e cerca di non venire troppo in fretta. Fammelo sentire tutto, fammi godere." gli chiese con voce roca di piacere e con un gran sorriso.

Jarvis si dette da fare, e non lo deluse.

Rivestitisi, uscirono dal bagno e Verseh gli raccontò come aveva conquistato l'irreprensibile maestro, che ora gli moriva dietro.

"Nessuno sospetta di voi due." disse Jarvis.

"No, certo. Non mi interessa rovinare la sua reputazione. Mi basta averlo domato. E dargli materia da riflettere sulle sue opinioni. Fisicamente mi piace, spero solo di riuscire a renderlo un po' più maschio a letto."

"Ma dove vi trovate per fare l'amore?"

"Da lui. Un paio di volte al mese, con la scusa di portargli dei documenti per le sue ricerche. Proprio perché nessuno lo sospetta, nessuno immagina quel che vado a fare veramente da lui. Ma tu... oh scusi, lei, mi parli un po' di lei, della sua vita. Sono curioso."

Jarvis e Fresth lasciarono quel Convivio dopo alcuni giorni in cui il primo si poté appartare ancora alcune volte con Verseh con cui, dopo aver fatto l'amore, parlavano a lungo del Convivio ideale...


Proseguirono il loro lungo giro visitando gli altri convivi previsti, finché fu ora di tornare al Convivio di Jarvis. In tutti quei mesi, anche se a volte ne avrebbe avuto l'occasione, Jarvis non aveva mai fatto l'amore con Fresth, né questi glielo aveva mai chiesto o fatto capire di desiderarlo.


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