logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


IL SEGNO
DEL FORCIPE
CAPITOLO 1
NASCITA E RAPIMENTO DEL PRINCIPE NIELS

Re Harold era molto amato dai suoi sudditi e temuto e rispettato dai re dei territori confinanti. Anche la sua sposa, la regina Gertrud, era amata da tutti per la sua bellezza e gentilezza. Ma re Harold aveva compiuto il quarantesimo anno e la regina ancora non gli aveva dato un erede.

A corte qualcuno spingeva il re a ripudiare la regina, ma Harold amava profondamente Gertrud e non voleva sentirne parlare. Piuttosto, diceva, avrebbe adottato uno dei figli delle sorelle e ne avrebbe fatto l'erede al trono. Ma i consiglieri erano contrari, poiché le sorelle del re avevano sposato re dei regni confinanti e questo avrebbe creato un precedente, la possibilità che un giorno un re confinante reclamasse le terre del fratello adottato.

Re Harold allora, su consiglio di una dama della regina, decise di tentare un'ultima via. Con la regina, si recò in pellegrinaggio al Monte dell'Aquila, dove viveva un sant'uomo, famoso per la sua chiaroveggenza. Il corteo reale giunse ai piedi del monte. Il re fece fermare tutti e, spogliata la porpora e l'oro, indossato un sacco, fatti togliere i broccati e i veli alla sposa e fattale indossare un altro sacco, a piedi scalzi, salirono fino alla grotta del santo eremita da soli.

"Re Harold, regina Gertrud, che vi porta da me?" chiese il santo eremita appena li vide prostrarsi davanti alla grotta.

L'eremita non aveva mai incontrato prima il re e la moglie e non erano certo gli abiti di sacco a potergli aver fatto capire chi fossero i due visitatori, quindi il re chiese, colmo di stupore: "Come fai, Brett, santo uomo, a sapere chi siamo?"

"Il Dio di queste terre mi ha annunciato in sogno il vostro arrivo e la vostra visita. E anche il motivo per cui venite. Le tue preghiere saranno esaudite, re, le tue preghiere saranno esaudite, regina: avrete due figli maschi. Ma entrambi saranno, in modo diverso, fonte di molto dolore per voi due. Questo è, purtroppo, ciò che vedo."

"Ma il mio erede sarà un buon re?"

"Sì, maestà, sarà un ottimo re."

"Tanto mi basta, santo uomo. Se anche io e la mia sposa dovremo soffire, tanto mi basta. Come posso ringraziarti per questa buona notizia, santo uomo?"

"Io sono solo un portavoce. Ringrazia il Dio, oh re, dando al primo tuo figlio il suo nome e dedicandoglielo. Sai che cosa significa dedicare un figlio al dio Niel, non è vero?"

"Che non potrà avere donna, pena la sua ira. Ma come potrà dare un erede al mio regno, allora?"

"Il Dio provvederà a questo, se tuo figlio gli sarà fedele."

"Bene, anche questo sarà fatto." rispose il re inchinandosi al vegliardo.

Questi allora impose le mani sul capo della regina, poi sul capo del re, due volte.

"Ecco, il tuo primo figlio nascerà fra due anni, in questo giorno e il secondo fra cinque anni, sempre in questo giorno, così saprai che il dio veglia sulla tua casa, nonostante le prove che seguiranno. Ma tu dovrai unirti alla tua sposa solo quattro volte al mese, alla luna nuova, al primo quarto, alla luna piena e all'ultimo quarto. E avere accanto al letto un bacile di acqua di fonte con un ramo di vischio e un ramo di pungitopo. E il dio ti darà i figli promessi. Andate ora, con la benedizione del dio."

Il re e la regina tornarono a corte lieti, e il re disse ai suoi consiglieri il giorno in cui sarebbe nato il suo primo figlio. Questi, anche se un po' increduli, decisero di attendere i due anni richiesti dal re.

La regina, dopo quindici mesi, annunciò felice che non aveva avuto il ciclo e che perciò era in attesa del primo figlio. Lei e le dame cucirono il corredino per il nuovo nato, certi che sarebbe stato un maschio. Il re fece coniare una medaglia d'oro con i simboli del dio Niel con cui avrebbe consacrato il figlio al dio, il giorno della nascita, con una solenne cerimonia.

Venne il giorno della nascita. Le doglie del parto furono forti, e sembrava che il bimbo non volesse uscire, sì che l'ostetrica decise di prendere il forcipe per estrarre il piccolo. Venne fuori grande e forte, bello nonostante i travagli del parto e che lanciò subito in aria un vigoroso vagito, segno di buon auspicio, sì che tutte le dame risero felici e batterono le mani per la gioia.

Ma il forcipe lasciò sul fianco sinistro del neonato tre profondi segni rossi, tre strisce verticali, poco sotto l'ascella. La povera ostetrica era preoccupata per quel segno e temeva le ire del re, ma questi era così felice per la nascita del figlio promesso, che la perdonò. Preso il figlio fra le mani, lo portò alla finestra del salone del castello e lo mostrò ai cavalieri riuniti in attesa, che salutarono il principe con grida di gioia.

Allora il re disse: "Consacro questo mio primo figlio ed erede al dio Niel e perciò lo chiamerò Niels. E gli pongo questa medaglia al collo in segno della sua consacrazione. Siimi testimone, o popolo mio!"

Nuove grida di giubilo accolsero quelle parole del re e tutti gridarono: "Lunga vita al principe Niels!"

Il piccolo Niels, quindi, fu avvolto in fasce di finissimo lino e riportato alla regina, che gli dette la prima poppata. Il neonato succhiava con vigore, mentre le dame di compagnia salutavano con risolini soddisfatti questo ulteriore segno di buon auspicio.

Dai regni vicini giunsero ricchi doni per il neonato, anche da parte di quei re che non nutrivano sentimenti amichevoli nei confronti di re Harold. Persino il re Oder inviò preziosi doni, nonostante l'antica rivalità fra i due regni confinanti. Harold li accettò di buona grazia, con parole di pace nei confronti dei messaggeri del suo vicino.

Niels cresceva sano e forte. Quando compì il primo anno, il re decise che dovesse essere portato al santo uomo sulla montagna, perché gli desse la sua benedizione e per ringraziarlo ancora per aver avuto il promesso erede. La regina non voleva separarsene e ottenne dal re di poter essere lei ad accompagnare il piccolo. Il piccolo corteo partì a cavallo, scortato da cinque dame della regina e da sette cavalieri.

Ma qualcuno a corte di re Harold, pagato da re Oder per spiare, inviò subito un messaggio su questo viaggio che avrebbe portato il convoglio non lontano dalla linea di confine fra i due regni. Allora Oder scelse i suoi dieci migliori uomini, li fece vestire come i briganti che infestavano le montagne e li inviò a intercettare il corteo: voleva prendere il principe ereditario come ostaggio in modo di costringere re Harold a cedergli una striscia di terra verso il mare che la sua famiglia da generazioni ambiva avere e che in diverse guerre non era riuscita a prendere.

I dieci uomini di re Oder si appostarono lungo il cammino in un punto favorevole a un agguato e, intercettato il corteo, gli calarono sopra, lo assalirono. Fu una battaglia furiosa, ma breve. Tre uomini di Oder riuscirono a impadronirsi del piccolo principe strappandolo dalle mani della regina, che svenne, e si allontanarono al galoppo verso la montagna, mentre gli altri sette uomini continuavano la battaglia con i sette cavalieri di re Harold.

Quando la battaglia finì, i sette uomini di Oder e quattro dei sette di re Harold erano morti, e altri due gravemente feriti, ma dei tre uomini che avevano rapito il principe non c'era più traccia.

La regina, le dame e i tre sventurati cavalieri superstiti tornarono immediatamente a corte e re Harold radunò i suoi cavalieri per decidere il da farsi, mentre i tre uomini di re Oder passavano i monti verso il punto in cui era stato deciso di tenere prigioniero il principino e dove aspettavano anche due dame della sposa di Oder che avrebbero dovuto prenderne cura. Ma lungo la strada, una banda di veri briganti assalì i tre uomini pensando che trasportassero un qualche tesoro. I tre furono sopraffatti e uccisi.

Ma i briganti, quando videro che il carico del quarto cavallo era solamente un neonato, che gli uomini di re Oder avevano denudato e avvolto in panni comuni sì che i briganti non sospettarono di aver nelle mani un principe, rimasero perplessi: "Un moccioso! Tre uomini armati che portano un moccioso? è strano. Peccato che li abbiamo uccisi, non sappiamo neppure chi è, questo sgorbietto. Magari il figlio di un ricco borghese, che avevano rapito per chiedere il riscatto. Ma così, non ci serve a niente." disse il capo scuotendo la testa, le sopracciglia corrugate.

"Lasciamolo qui nel bosco e andiamocene. Comunque ci abbiamo guadagnato quattro cavalli e delle ottime armi." disse uno degli uomini.

"Morirà, se lo abbandoniamo qui." disse un altro uomo.

"E a noi che ce ne importa?!" rispose quello. "No, io non mi macchio le mani della morte di un neonato," disse uno dei briganti, "ci porterebbe sventura."

"Portiamolo al primo villaggio e lasciamolo accanto al pozzo: qualche donna si prenderà cura di lui... o di lei..." decise allora il capo.

"È un lui, guarda qui che pisello!" disse uno degli uomini scoprendolo. Gli altri guardarono e risero. "Certamente qualche brava donna si prenderà cura di un simile pisello!" disse ridendo l'uomo.

Così Niel fu riavvolto nella copertella, rimesso nella cesta sul fianco del cavallo che lo aveva trasportato fin lì, e condotto dai briganti fino a un vicino villaggio, nelle terre del re Oder. Giunti in vista del villaggio, uno dei briganti scese, staccò la cesta e la lasciò accanto al pozzo. Quindi i briganti se ne andarono al galoppo.


Dal villaggio avevano visto con apprensione il gruppo di briganti avvicinarsi, e con sollievo andarsene. Dopo un po', un gruppo di donne, ancora un po' timorose e prudenti, andarono a prendere acqua al pozzo. Se fossero state sorprese dai briganti, lo sapevano bene, rischiavano di essere violentate. Era già accaduto in passato. Ma il fatto che si fossero fatti vedere, faceva pensare che non avessero intenzione di fare agguati.

Quando le donne giunsero accanto al pozzo, videro la cesta. Incuriosite, si avvicinarono e videro il piccolo, bianco e roseo, i capelli biondo chiari come raggi di sole, gli occhi di un celeste chiaro e limpido, che guardava tranquillo i volti che si affacciarono a guardarlo e fece un sorriso.

"Un bambino!"

"Per gli dei, quant'è bello!"

"Guardatelo, sembra un elfo..."

"Chissà perché l'avranno abbandonato qui?"

"Quant'è piccolo, è ancora solo un lattante..."

"Guarda come sorride tranquillo..."

Nonostante la gente del villaggio fosse molto povera, più d'una delle donne pregò il marito di prendere il piccolo. Alla fine fu deciso di affidarlo a una donna che stava ancora allattando il proprio figlio minore e il cui marito non fece obiezione.


Frattanto gli uomini di re Harold erano partiti alla ricerca del piccolo principe, ma invano. Poco lontano dal luogo dell'agguato avevano trovato le fasce del piccolo e il medaglione d'oro, ma nonostante avessero setacciato accuratamente tutta la zona, avevano perso le tracce dei rapitori. Per un po' re Harold aveva atteso la richiesta di un riscatto, forse da parte di banditi, ma i mesi passarono, venne il lungo freddo inverno, tornò la primavera e non ci fu notizia del piccolo Niels. Il re e la regina misero il lutto e tutti piansero il piccolo come morto.

Dopo un anno, la regina fu di nuovo incinta del promesso secondo figlio maschio: "Ecco, questo figlio sarà il mio erede, lui potrà sposarsi e avere figli. Forse era proprio questo che intendeva il santo uomo, mia dolce Gertrud... Accettiamo il destino."

Al nuovo nato fu posto nome Bjorn: anche lui era biondo, ma aveva occhi color nocciola dorati. La regina Gertrud, ogni mese, andava a gettare una corona di fiori nelle acque del fiume, con la luna piena, non riuscendo a dimenticare suo figlio Niels e pregando in cuore gli dei che fosse ancora in vita e che lo proteggessero.


Frattanto Niels, che era stato ribattezzato Olaf, cresceva nel villaggio sperduto fra i monti, con gli altri piccoli, imparando presto a fare piccoli lavori, a riconoscere le erbe e le radici, le foglie e i frutti commestibili, poi imparando a badare alle caprette che la gente del villaggio allevava, a intrecciare la paglia per fare le scarpe per l'inverno. L'inverno era lungo e le ore di luce poche, e si stava per lo più nella capanna coperta di neve a fare lavori per la buona stagione. Le donne tessevano, gli uomini preparavano gli utensili, i ragazzini giocavano accanto al fuoco o ascoltavano i racconti dei vecchi.

Olaf cresceva forte e bello, era buono, allegro, obbediente e servizievole e si faceva voler bene da tutti. Era anche diventato abile nel tiro con la fionda, e spesso prendeva un qualche animale che portava alla donna che gli faceva da madre perché lo cucinasse.

Era primavera, e Olaf aveva dieci anni, quando il minore dei suoi fratelli adottivi, Drach, di tredici anni, mentre erano seduti su un masso accanto al laghetto che badavano alle loro capre, gli andò accanto e, senza dire niente, ma con un sorrisetto malizioso, si mise a frugare nei calzoni del ragazzino.

"Ehi, che fai? Mi fai solletico!" disse ridendo Olaf.

"Ti insegno un bel gioco... toccami anche tu il mio coso..."

"Perché? Che gioco è?" disse incuriosito il piccolo.

Spesso si bagnavano nudi, quindi Olaf non provava vergogna. Fece come il fratello gli aveva detto e presto i due ragazzi, scostatisi a vicenda i lembi dei calzoni, avevano l'uno in mano il membro dell'altro. Quello di Drach era duro e ritto.

"Che gioco è?" chiese di nuovo il piccolo guardando il membro ancora non pienamente sviluppato ma già circondato dai primi peli, del fratello adottivo.

"È un bel gioco che si fa fra ragazzi. Tu lo carezzi a me e io a te, e fa piacere e alla fine esce un latte bianco..."

"Latte? Di qui?" chiese incredulo il ragazzino, carezzandolo però come l'altro stava facendo a lui.

"Beh, non è proprio latte, ma gli somiglia. Non so se a te esce ancora, ma a me sì. Sto diventando un uomo, io."

"Chi ti ha insegnato questo gioco?"

"Mio cugino Welle. A lui esce già da anni. Ma adesso Welle non lo fa più con me, adesso lui ha la fidanzata e lo fa con lei."

"Ma le donne mica hanno il coso; come fanno?"

"Hanno una fessura, e lì dentro il maschio infila il suo coso finché esce il latte bianco. È così che nascono i bambini."

"Dal latte bianco?" chiese incredulo il piccolo, cominciando a provare un certo piacere alle manipolazioni dell'altro.

"Il latte bianco va dentro alla donna e allatta un piccolo uomo che cresce e allora nasce il bambino... o qualcosa del genere. Di', ti piace?"

"Sì, abbastanza."

"A me piace. Quando sarai più grande piacerà molto anche a te. Quando anche a te uscirà il latte."

"Lo fai anche con altri, questo gioco?"

"Qualche volta. È un gioco che i ragazzi fanno fra loro, prima di farlo con una donna. Oooh, ecco, sta per uscire..." disse improvvisamente teso Drach.

Olaf lo vide fremere e davvero dalla punta del giovane membro uscirono rivoli di liquido bianco.

"Ooooh, che bello, Olaf." ansimò il ragazzetto spargendo il suo seme sull'erba.

Olaf ne raccolse una goccia con un dito e la annusò, la sfregò fra due polpastrelli, poi ne saggiò il sapore con la punta della lingua: "Non sa di latte, però" disse pensieroso.

"Non è proprio latte, gli assomiglia solo."

"E quando esce... è bello?"

"Sì, molto bello. Vedrai, quando comincerà a uscire anche a te, che è proprio bello." disse il ragazzetto risistemandosi i calzoni.

Anche Olaf se li sistemò, pensieroso. Lui aveva provato un vago senso di piacere, ma niente di particolarmente intenso.

Comunque in seguito, quando Drach se lo tirava fuori e cominciava a carezzarselo, Olaf gli si accostava in silenzio e glielo carezzava fino a farlo venire, mentre l'altro lo carezzava a lui.

Venne l'inverno e poiché i due ragazzi dormivano nello stesso letto, non in vista degli altri, lo facevano spesso, al buio, quando Drach lo toccava fra le gambe facendogli capire che cosa desiderava. E finalmente, una notte, quando Olaf aveva compiuto da poco undici anni, anche dal suo piccolo membro turgido uscirono le prime gocce e il ragazzino gemette in preda al piacere.

"Ssst!" gli intimò il fratello adottivo mettendogli una mano sulle labbra.

"È uscito..." mormorò Olaf emozionato.

"Sì, l'ho sentito. Stai cominciando a diventando un uomo anche tu."

"È davvero bello."

"Te l'avevo detto, no?"

Tornò la primavera e ora, all'aperto, quand'erano soli, era Olaf a volte a tirarselo fuori per primo, e subito l'altro se lo tirava fuori e gli andava accanto con un sorriso dolce e si soddisfacevano a vicenda. E a volte facevano a gara a chi lo sapeva schizzare più lontano. E Olaf, man mano che cresceva, s'accorgeva che gli piaceva sempre più.

Olaf aveva tredici anni quando Drach si fece la fidanzata e smise di farlo con lui. A Olaf dispiacque che Drach non facesse più quel gioco con lui e, se pure ne aveva il desiderio, non osava proporlo ad altri, per un naturale senso di pudore, anche perché Drach gli aveva detto che i grandi non capiscono queste cose, anche se le hanno fatte quand'erano piccoli. Ma i grandi dimenticano in fretta. Olaf si disse che lui, invece, non avrebbe dimenticato mai una cosa così bella. E, sognando di trovare un amico con cui farlo, si rassegnò a farlo da solo.

Aveva quattordici anni la prima volta che una ragazzina lo toccò fra le gambe e glielo palpò. Lì per lì Olaf si eccitò, ma quando a sua volta frugò fra i panni della ragazzina e non vi trovò nulla, la sua erezione scomparve: era deluso: se non poteva toccare un bel membro dritto, che gusto c'era? si chiese.

Così evitò quella ragazzina, e le altre: era meglio farlo da solo, piuttosto che con una ragazzina. Non capiva come poteva piacere tanto a Drach o agli altri ragazzi grandi.


Olaf aveva quasi quindici anni quando il suo padre adottivo morì sotto una frana. Lo seppellirono. La madre adottiva decise di risposarsi, ma il nuovo uomo pose come condizione che sistemasse in qualche modo i figli: non voleva figli non suoi in casa. Drach, che era il più piccolo dei figli legittimi e che aveva ormai quasi diciotto anni, si sposò e mise su casa. La donna portò Olaf a valle, in città, e gli trovò lavoro come garzone dal fornaio, che era un cugino secondo del defunto marito.

"Mi dispiace doverti lasciare, Olaf. Ma io sono ancora giovane, devo pensare alla mia vita. E poi ormai tu sei grande e qui imparerai un buon mestiere." gli disse la donna con un lieve senso di imbarazzo.

"Sì, capisco, va bene." disse Olaf sentendosi però abbandonato dalla donna che per lui era stata come una madre. La donna salutò il ragazzo e tornò al proprio villaggio per sposarsi.

Il fornaio si chiamava Petre, e aveva in casa anche i due figli più piccoli, che ancora non s'erano sposati: Lukas di diciotto anni e Jan di venti. Petre dormiva con la moglie al primo piano, i due ragazzi a pian terreno, dietro al forno, in una stanzetta in cui c'era un grande pagliericcio. Fu aggiunto, in un angolo della stanzetta, un piccolo pagliericcio per Olaf.

I due ragazzi trattavano Olaf come un servetto, ma il ragazzo si prestava volentieri alle mille incombenze che gli davano, sempre sorridente e volenteroso. La vita di città gli sembrava un sogno, rispetto alla povertà del villaggio. Anche i pasti gli parevano ricchi e abbondanti, specialmente il buon pane fresco che poteva mangiare a sazietà. Petre era un uomo burbero e di poche parole, ma generoso. Dette a Olaf anche dei vestiti vecchi dei figli, che stavano troppo stretti a questi, e il ragazzetto li trovò meravigliosi, morbidi e leggeri, anche se rattoppati in più punti. Che bella vita, paragonata a quella del villaggio!

Era nella casa del fornaio da soli tre mesi, quando una notte fu svegliato da uno strano rumore. La lanterna, che era stata spenta quando erano andati a dormire, era ora nuovamente accesa.

Lukas e Jan stavano seduti seminudi sul loro pagliericcio e si stavano masturbando a vicenda ridacchiando: "... comunque è più grosso il mio, Lukas."

"Ma il mio è più lungo..." rispose l'altro sottovoce.

Olaf si eccitò a vedere i membri agitati con vigore dai due giovani e, istintivamente, se lo tirò fuori dalle braghe e iniziò a masturbarsi a sua volta, desiderando toccarli e farsi toccare come faceva da piccolo con Drach.

Finché uno scricchiolio improvviso del suo pagliericcio attirò l'attenzione dei due fratelli che si girarono verso di lui: "Ehi, ci sta spiando, il ragazzino!" disse Jan alzandosi dal letto, il membro ritto e ballonzolante, e avvicinandosi al ragazzino, seguito subito da Lukas. "Che hai da guardare, eh?"

"Io... niente..." disse Olaf intimorito.

Jan gli tolse con un solo gesto la copertella di dosso e guardò fra le gambe del ragazzino, la mano ancora stretta attorno al membro che si stava rapidamente afflosciando per la paura.

"Guarda, se lo menava... spiandoci..." disse ridacchiando.

"Dobbiamo dargli una lezione, vero Jan?" "Una lezione? Che lezione?"

"Tiragli giù le brache... Se gli piacciono tanto i nostri cazzi, gli possiamo togliere la voglia, no?" disse Lukas menandoselo lentamente e avvicinandosi al pagliericcio.

"Ah, sì, è una buona idea..." disse Jan con un sorriso bieco, chinandosi e togliendo con poche mosse spicce i calzoni al ragazzino.

Questi, tremante, l'aveva lasciato fare senza capire che cosa l'altro volesse fare: forse sculacciarlo?

Jan salì sul pagliericcio di Olaf e, fattolo girare sul ventre con bruschezza, cercò di penetrarlo. Il ragazzino provò dolore e si divincolò. Allora Lukas salì a sua volta sul letto e immobilizzò Olaf, mentre Jan, chiusagli la bocca con una mano per non farlo gridare, riprese a forzarglielo dentro. Olaf era spaventato, provava dolore, cercava di opporsi, ma l'altro, implacabile, con una serie di forti spinte lo violentò. Olaf piangeva, si agitava, mentre i due fratelli lo tenevano immobilizzato ridendo e Jan lo montava con vigore. Quando finalmente il più grande si fu sfogato, Olaf pensava che l'avrebbero lasciato in pace, ma i due si scambiarono semplicemente le parti e mentre Jan lo teneva fermo, anche Lukas profittò di lui mentre il fratello lo incitava a bassa voce, ridendo.

Finalmente lo lasciarono e tornarono nel loro letto. Spensero la lanterna.

"È stata davvero una gran bella fottuta, non è vero Lukas?"

"Sì, e ce l'abbiamo qui a portata di mano, a disposizione tutte le notti, ci pensi, che pacchia?"

"Sì, è vero. Dovevamo pensarci prima. Avevi già inculato un ragazzo, tu, prima, Lukas?"

"Io sì, il garzone che avevamo l'anno scorso. E tu?"

"Io no, è la prima volta, ma mi è piaciuto. Non m'avevi detto niente che ti facevi il garzone, tu..."

"Non sapevo se anche a te sarebbe piaciuto. Credevo che a te piacessero le femmine."

"Sì, ma... il culetto di Olaf mi è piaciuto proprio, voglio fotterlo ancora."

"Beh, ora che l'abbiamo svezzato, non ce lo faremo certo scappare, no?"

Il ragazzo ascoltava tremando queste parole. Dopo un po' si decise a rimettersi i calzoni e a coprirsi. Il sedere gli faceva male: fitte a ogni movimento. Il cuore gli batteva forte e non riusciva ad addormentarsi. Perché i due fratelli gli avevano fatto quella cosa? Perché li aveva guardati toccarsi? Ma Drach non l'aveva mica trattato così, anzi, era stato gentile con lui. Gli avevano fatto male, ancora gli faceva molto male... ma loro dicevano che era stato bello e che volevano farglielo ancora. Forse, se lui non li avesse più guardati mentre si toccavano, l'avrebbero perdonato e non lo avrebbero più punito in quel modo, pensò Olaf. Finalmente si addormentò.

La mattina seguente i due fratelli lo trattavano come sempre e Olaf pensò che l'avessero perdonato. Solo il dolore sordo fra le natiche gli ricordava a ogni passo quello che era accaduto la notte precedente. La giornata passò normalmente, e Olaf si fece in quattro per fare tutto bene e obbedire prontamente sia a Petre che ai due giovani. Venne la sera, mangiarono, e finalmente andarono a letto.

"Olaf, vieni qui con noi..." gli disse Lukas senza spegnere la lanterna, con voce mielata.

"Sì..." disse incerto il ragazzo, si alzò da letto e si avvicinò ai due giovani.

"Vieni, sali sul letto, qui in mezzo a noi..." gli disse Jan facendogli spazio.

Olaf, visto il sorriso dei due fratelli, salì fra i due abbastanza tranquillo.

Ma appena si fu steso, Lukas gli slacciò le braghe e il ragazzo capì: "No, vi prego, mi fa ancora male..." gemette il ragazzo spaventato, ma Lukas gliele stava abbassando deciso.

Olaf fece per alzarsi ma fu bloccato da Jan che gli disse, con durezza: "Stai zitto, non dire una parola, un suono solo, o te ne facciamo pentire. Zitto e fermo, chiaro?"

Olaf, tremante, annuì. Sentì Jan armeggiargli alle spalle e di nuovo sentì quella fitta terribile mentre il giovane lo penetrava.

Gli uscirono lacrime, ma non emise un solo suono e vide il sorriso beffardo con cui Lukas, di fronte a lui, lo guardava mentre gli teneva fermo il corpo a beneficio del fratello che lo stava prendendo col solito vigore: "Dai, Jan, preparami la strada, che poi me lo fotto io. Ti piace, eh, fratello?"

"Siii... è bello stretto..." ansimò Jan dandogli dentro con gusto e con forza.

Lukas frattanto giocherellava col membro flaccido del ragazzino: "Ma come, non ti viene duro? Non ti piace, Olaf? E dire che a noi, invece, piace tanto, vero Jan?"

"Sì, meglio di una femmina. E non si rischia nemmeno di metterlo incinta." ridacchiò l'altro continuando a martellargli dentro con vigore.

Quando Jan si fu sfogato, lo fece girare tenendolo fermo per Lukas, che lo impalò subito con la stessa forza del fratello.

Questi gli chiese: "Era meglio il garzone o è meglio Olaf? Eh, di' un po'?"

"È meglio Olaf. È più stretto. Il garzone l'aveva già preso da troppi e troppe volte."

"Ma scommetto che non piangeva come una femminuccia, no?" chiese Jan guardando il volto sconvolto e rigato di lacrime del ragazzo e sogghignando.

"No, anzi, godeva, lui. Gli piaceva da matti prenderselo nel culetto e spesso era proprio lui a chiedermelo..."

"Bah, glielo faremo piacere anche al nostro caro Olaf, vedrai, sarà solo questione di tempo..."

Solo quando anche Lukas si fu saziato, lo lasciarono tornare nel suo lettuccio, dolorante e umiliato. La notte seguente gli ordinarono di togliersi le braghe prima di sdraiarsi fra loro e lo ripresero a turno. E i giorni passavano e i due non sembravano affatto stancarsi di quel gioco crudele, anzi, ora anche durante il giorno, quando nessuno li vedeva, si divertivano a palpargli il culetto e a dirgli frasi oscenamente allusive.

Olaf non piangeva neppure più, il dolore s'era fatto meno acuto, più sordo, e subiva la doppia violenza ogni notte con disperata rassegnazione. Ma il ragazzo era diventato chiuso e taciturno, aveva perduto il suo antico sorriso dolce e spensierato.

Un giorno che Petre con la moglie erano andati a contrattare col mugnaio l'acquisto della nuova farina, Jan disse al ragazzo: "Vai di là, preparati, ho voglia di fotterti."

"Ma devo pulire il magazzino..." protestò Olaf.

"Ti ho detto di andare di là e di toglierti le braghe!" gridò Jan e lo colpì con un forte ceffone.

"No, ti prego Jan... aspetta stanotte, non farmelo di nuovo anche stamattina..."

"Che c'è?" disse Lukas arrivando attratto dalle voci.

"C'è che non si vuole lasciar fottere, il ragazzino!" disse Jan furioso.

Lukas si alterò e gridò: "Cooosa?" e iniziò a picchiare Olaf.

"No, no, va bene... basta... vi prego... vado, obbedisco..." gridò il ragazzo piangendo e si precipitò nella stanzetta, si tolse le braghe e si gettò prono sul letto dei fratelli, tremante e impaurito.

Questi arrivarono e, prima Jan poi Lukas, gli andarono sopra e lo presero, con maggiore violenza del solito. E quando Olaf fece per alzarsi, si sentì spingere giù con rudezza e Jan gli fu di nuovo sopra e lo prese di nuovo.

Lukas scoppiò a ridere: "Ci hai preso gusto, Jan?"

"Sì, mi ha fatto eccitare l'idea che non vuole ma che deve prenderlo lo stesso. Sei il nostro schiavo, Olaf, te ne rendi conto, non puoi dire no, non hai nessun diritto, tu. Devi prenderlo tutte le volte che ci va di mettertelo, chiaro? E devi anche ringraziarci che ci degniamo di divertirci col tuo culo, è chiaro?"

Olaf era scosso dalla violenza che sentiva nella voce, e nel corpo, di Jan e dalle risate di Lukas e di colpo sentì come il cervello svuotarglisi, come se il corpo che subiva violenza non fosse più il suo e perse conoscenza.

Jan lo sentì rilassarsi di colpo ma, pensando che semplicemente il ragazzo si fosse arreso all'inevitabile, continuò a prenderlo con gusto e a lungo fino a raggiungere di nuovo l'orgasmo.

"Ah, m'è proprio piaciuto! Lo vuoi fottere di nuovo anche tu, Lukas?"

"No, più tardi, se mai. Puoi rivestirti, Olaf e andare a pulire, adesso." disse Lukas dandogli una pacca sul sedere. Ma il ragazzo non si muoveva. "Dai, non star lì a perdere tempo. Alzati!" insisté Lukas. Lo scosse e si rese conto che il corpo di Olaf era inerte. "Oh cazzo! Jan! Mica sarà morto, questo qui?" disse con voce allarmata. Jan si chinò sul ragazzo, con aria lievemente preoccupata.

"No... nessuno muore per una chiavata..." disse il fratello maggiore, "... aiutami a rimettergli le braghe e stendiamolo sul suo letto. Ha solo perso i sensi... Deve essergli piaciuto troppo..." disse ridacchiando mentre lo stendevano sul suo pagliericcio.

Quando Olaf riprese i sensi si sentiva debole debole. Aprì gli occhi e vide Jan che lo osservava.

Questi, quando vide che il ragazzo apriva gli occhi, fece un sorriso bieco: "Bentornato fra noi, Olaf. Adesso riposati un po', che più tardi Lukas verrà a incularti."

"No, per favore... basta..." implorò il ragazzo con un filo di voce, pallido e tremante.

Jan gli strinse col pugno la casacca sul petto, sollevandolo un po' dal letto: "Non ti è bastata la lezione? Dobbiamo pestarti ancora un po' per farti entrare in testa che il tuo culo lo prendiamo quando e quanto vogliamo noi? Tu sei il nostro schiavo, chiaro? Anzi, ora... Lukas! vieni qui! Olaf ha una gran voglia di sentirsi il tuo cazzo in culo!" gridò iniziando a spogliare il ragazzino.

Il fratello arrivò subito con espressione divertita e si accinse a mettersi sotto di nuovo il ragazzetto.


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
4oScaffale

shelf 1

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015