LA CASA DEI MASCHI CAPITOLO 1 - L'INIZIAZIONE DI FIORE

Fiore è un ragazzo di campagna come tanti. Ha fatto le scuole dell'obbligo, perché i genitori rispettano le leggi e le tradizioni, anche se ha ripetuto due anni delle medie. Non gli piace la matematica, né la geografia. La storia così così: se solo i professori non chiedessero tutte quelle date, sarebbe divertente. Comunque ha finito, se dio vuole, e ora può lavorare a tempo pieno nei campi, che lui ama molto più dei banchi di scuola.

Un po' ci lavorava anche prima, specialmente nei periodi di maggior lavoro. Gli è sempre piaciuta la vita di campagna e non perché non conosca la città: la prima volta aveva tredici anni, ma c'è stato anche altre volte, a casa dello zio che lavora in fabbrica. Troppa confusione, rumore, aria sporca e acqua cattiva: come fa la gente a viverci? E poi la gente non si saluta, non si sorride: ognuno tira dritto e tutti corrono sempre. Non si riesce neppure ad avere amici, in città.

Però, una cosa interessante l'ha imparata in città, da suo cugino Marco, che ha due anni più di lui. Già la seconda notte che stava in casa dello zio. Li avevano messi a dormire insieme, nello stesso letto, perché la casa dello zio, a differenza della loro in campagna, è piccola.

La seconda notte: se la ricorda bene. Marco, a un certo punto, lo tocca fra le gambe, sulle mutande.

"Che fai?" chiede stupito Fiore, "Perché mi tocchi?"

"Volevo sentire se ce l'hai duro. Io sì, senti..." sussurra il cugino.

Fiore va a sentire e dice: "Già. Anche a me viene duro, qualche volta."

"E non te lo meni?" chiede il cugino continuando a frugargli tranquillo nelle mutande.

"Menarlo? ma che, sei matto? perché dovrei menarlo?"

Il cugino capisce che Fiore non ha capito, non sa niente. Decide di spiegargli. La sua mano è attorno al membro di Fiore e lo palpa.

"Ti sta venendo duro." dice Marco con un risolino.

"Sì." osserva tranquillo Fiore.

"Non ti piace, come te lo tocco?"

"Fastidio non dà." risponde il ragazzino.

Quando è ben duro, Marco comincia a muoverglielo su e giù a pugno pieno: "Questo è menarlo," spiega, "e tra un po' vedrai che ti piace."

"Comincia già a piacermi." mormora Fiore.

"Allora, fallo anche tu a me, dai; così ci divertiamo." invita Marco.

Fiore allora "lo mena" al cugino. Dopo poco raggiunge il suo primo orgasmo, anche se di poche gocce.

Ansima: "Che bello questo gioco. Chi te l'ha insegnato?"

"Un mio amico."

"Lo fate tutti, voi ragazzi di città?"

"Beh, penso di sì. Almeno finché non ci si fa la ragazza, da grandi."

Lo rifanno quasi tutte le notti, portandosi un fazzoletto a letto per non sporcare le lenzuola, perché, gli spiega il cugino, se se ne accorgono i grandi, fanno un sacco di storie.

"Eh sì, i grandi mica capiscono i nostri giochi, credono che sono scemi." osserva Fiore con convinzione.


La volta dopo che va in città, quando è a letto con Marco, Fiore va subito a toccarlo.

Marco lo tocca a sua volta, ma sussurra ad un orecchio del cugino: "Sai, ho imparato un gioco nuovo, molto più divertente di questo."

"Ah sì? Come si chiama? Me lo insegni?" dice Fiore subito interessato.

"Si chiama fare la pompa."

"E come si fa?"

"Si prende in bocca e si succhia."

"Cosa?" chiede Fiore che non ha capito.

"Il pisello, tonto!" ridacchia Marco.

"Ma come si fa? Mica ci si arriva!" dice Fiore continuando a palpare con piacere il pisello ormai duro di Marco.

"Ma no, tu il mio e io il tuo."

"Ma non sa di piscio?"

"No. Sa di crema."

"Tu l'hai fatto coi tuoi amici?" chiede pieno di stupore Fiore.

"Certo, e è bello. Senti, adesso ti faccio vedere come si fa, poi tu lo fai a me, d'accordo?"

"Mah, sì, va bene." dice Fiore poco convinto.

Il cugino allora si infila sotto il lenzuolo. Fiore sente le labbra calde sul suo pisello, poi sente che Marco se lo fa scivolare in bocca e comincia a succhiarlo, muovendo la testa su e giù: è come menarlo con la mano, pensa Fiore rilassandosi, ma molto, molto più bello.

"Dio, che forte, Marco!" mormora il ragazzino subito conquistato da quel nuovo gioco.

Dopo un po' il cugino riemerge accaldato: "Adesso fallo un po' a me, che poi te lo faccio di nuovo." dice.

Fiore si infila a sua volta sotto le lenzuola e rende al cugino la cortesia. Non è niente male sentirsi quel picchetto caldo e sodo in bocca, pensa, e non sa per niente di piscio, ma è più bello farselo succhiare. Quando Marco lo fa venir fuori, glielo dice.

"Si può farlo insieme, io a te e tu a me, ma allora si chiama 69. Vuoi provare?"

"Eh, magari."

I due si girano su un fianco, piegati a "L" in modo che ognuno ha la testa sul grembo dell'altro e riprendono a succhiarselo contemporaneamente.

Oh sì, pensa Fiore, così è proprio gustoso! Sente che Marco gli carezza il culo e anche lui lo carezza a Marco: anche questo è piacevole.

Finché Fiore sente che sta per venire: cerca di avvertire il cugino, ma non fa a tempo. È preoccupato, teme che Marco si incazzi, ma con sua sorpresa sente che non si toglie e che anzi sta bevendo tutto.

Quando è finito, gli dice pieno di stupore: "Cazzo! ma te lo sei bevuto!"

"Certo, è buono."

"Buono? Ma di che cosa sa?"

"Fammi venire e assaggialo, no?" dice Marco spingendogli giù la testa.

Fiore riprende a succhiarlo al cugino e pensa: a me m'è piaciuto un sacco, mentre se lo beveva, ma anche lui pare contento.

E Marco comincia a schizzare dentro la bocca di Fiore che, con buona volontà, succhia e ingoia: è tiepido, denso, come se fosse zabaione, ma non così dolce. Sa piuttosto di yogurt, non è male.

"Allora?" chiede Marco al cugino quando questi si stende accanto a lui forbendosi le labbra.

"Sa di yogurt..." dice Fiore pensieroso.

"E a te lo yogurt piace?" chiede Marco ridacchiando.

"Beh, sì... è più dolce dello yogurt, più cremoso e tiepido."

"Ti piace il nuovo gioco?"

"Sì... è meglio il 69 della pompa, però. Menarselo, posso anche farlo da solo, in campagna, queste cose no."

"Profittane finché sei con me, no?"

"Certo."

La mattina dopo la zia chiede: "Volete dello yogurt?" e i due ragazzi scoppiano a ridere.

La donna non capisce e scuote la testa: "Che stupidi, 'sti ragazzini, ridono per un nonnulla!"


La terza volta che Fiore va in città, c'è un cambiamento: Marco non gli va di giocare: ha la ragazzina, adesso, è grande lui: ha sedici anni. Fiore ci rimane un po' male, ma non insiste.

Fiore ha quattordici anni. Sta in un angolo del fienile, dove è salito per la scala a pioli. Si è sdraiato, le gambe larghe, si è aperto la patta e se lo sta menando. Peccato che Marco si è fatto la ragazzina, pensa deluso ricordando l'ultimo viaggio. Si accarezza i peli attorno al pisello, che stanno diventando folti. Gli piaceva giocare col cugino, peccato che i ragazzi di campagna non conoscono questi giochi. E le ragazzine, lì, sì e no che se le facevano i grandi. Che ci trovavano poi nelle ragazzine? Quelle non hanno neppure il pisello! Lui l'aveva visto, una volta, mentre la madre faceva il bagno alla sorellina piccola: che impressione! liscia liscia e con una fessura! Lui è fiero del suo pisello, gli piace. E poi, l'aveva anche visto al fratello maggiore, una volta che pisciava: che stanga! Chissà se anche a lui sarebbe venuta grossa così? Se lo guarda attento: sta crescendo, comunque, pensa con orgoglio.


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