IL PRIMO "NO" DI FABRIZIO | QUINTO |
La sera, nel suo letto, Fabrizio ripensò al sesso avuto con quello strano sconosciuto. E ripensò anche alle altre sue poche esperienze. Fino a ora tutte, in un modo o nell'altro, piacevoli, se pure tanto diverse fra loro. Il primo, Daniele... Il compagno voleva solo divertirsi, con lui, ma aveva una certa dolcezza, e fra loro c'era amicizia, complicità. Voleva divertirsi e farlo divertire. Daniele aveva sempre cercato di fare in modo che venissero assieme. No, non si era innamorato di Daniele, né questi di lui, comunque c'era stato un certo affetto fra di loro. Poi era venuto Sergio. Sapeva fare l'amore bene, si sentiva che aveva molta esperienza. E lo trattava con una tenerezza che gli piaceva, quasi come un oggetto prezioso. Anche se si era stancato di lui, quando era cresciuto e si era fatto più uomo: Sergio andava sempre e solo in cerca di adolescenti. A modo suo, l'aveva forse anche un po' amato, o meglio, aveva amato non lui, Fabrizio, ma piuttosto l'adolescente che era stato. Certo era che, quando Sergio lo prendeva, gli faceva provare un piacere molto intenso. Ci sapeva fare, indubbiamente. Poi Bertrand. Il francese era quello che gli dava più tenerezza. Lo faceva sentire desiderato, e questo gli piaceva molto. Desiderato non solo fisicamente. Beh, anche, però, si capisce. Bertrand in un certo senso compensava la minore bravura rispetto a Sergio con la maggiore tenerezza. Eppure, lo sapeva, anche quello con Bertrand, non era amore. Stavano molto bene assieme, si erano affezionati, ma... No, non era amore. D'altronde, non avevano neanche mai parlato di amore, a dire il vero. E comunque, anche se era meno esperto di Sergio, a Fabrizio piaceva come lo prendeva il giovane francese. Gli piaceva vedere l'espressione intensa con cui godeva di lui e lo faceva godere con lui. Fino a ora Bertrand, tutto sommato, era il migliore, indubbiamente. Poi ripensò al pescatore greco. Era sta un'esperienza unica, ma particolarmente intensa. Ecco, forse, se si fossero rivisti, avrebbe potuto innamorarsi del bel greco: virile e dolce al tempo stesso. Che l'aveva colto con la stessa naturalezza con cui si coglie un bel fiore, che l'aveva assaporato con la stessa gioia con cui si assapora un dolce frutto maturo. Forse anche il fatto di averlo fatto all'aperto, sotto il sole, sotto un cielo di un azzurro come si vede solo nei cartoni animati e nelle isole della Grecia. Infine l'uomo di quella sera. Che l'aveva usato. Anche quando si era fatto penetrare (per lui un'esperienza del tutto nuova) non l'aveva fatto per dargli piacere, ma per riceverne. Il piacere, comunque, era stato intenso, non poteva negarlo. In un certo senso anche lo sconosciuto era un esperto. Aveva moglie e figli, magari anche un figlio della sua stessa età, non era impossibile. Un uomo che andava dritto al suo scopo, comunque: l'aveva dimostrato nel suo approccio al cinema, nel modo in cui l'aveva portato nell'albergo, nel modo in cui aveva fatto sesso con lui. E poi ripensò anche a Guglielmo. Guglielmo a cui piacevano i giovani. Allora, anche lui gli piaceva? Era stato molto gentile con lui, ma forse era appunto solo gentilezza? Guglielmo doveva essere un tipo gentile per natura, con tutti. Si chiese come dovesse essere fare l'amore con Guglielmo. Nonostante quello che gli aveva detto Bertrand, pensava che dovesse essere qualcosa di bello, di molto bello, specialmente se fare l'amore corrispondeva con l'essere amati. L'amore, quello vero, l'avrebbe mai conosciuto, lui? Se sì, quando? Con chi? Si addormentò con l'immagine del sorriso di Guglielmo nella mente, sperando che quel sorriso potesse essere anche per lui, in qualche modo. "Vale la pena di cercare di rendere felice un uomo come Guglielmo..." si disse mentre scivolava nel sonno. Il ventisette lo passò facendo una parte dei compiti, mentre la madre, nell'altra stanza, stava con don Carlo.
Alla fine mise dei semplici jeans neri, camicia di seta rossa e giacca di jeans nera. Lucidò le scarpe nere. Mise al polso lo Swatch che gli piaceva di più. Si diede un'occhiata allo specchio e, soddisfatto dalla propria immagine, uscì. Arrivò al bar in cui avevano l'appuntamento, al suo solito, dieci minuti prima. Entrò e sedette. Al cameriere che era venuto a prendere l'ordine, disse che aspettava amici. Era seduto da due o tre minuti, quando vide entrare nel bar Guglielmo. Questi lo vide subito e, sorridente, andò verso di lui: "Ah, sei già qui?" "Sì, da poco: a me non piace far aspettare la gente, preferisco aspettare io." "Come me, allora. Hai già ordinato?" "No, non ancora." "Enzo viene sempre un po' in ritardo: cominciamo a prendere qualcosa. Che cosa ti posso offrire?" "Niente, grazie." "Sì, dai! Mi fa piacere poterti offrire qualcosa." "Mi hai già offerto quella cena favolosa. Piuttosto, sono io che devo offrirti qualcosa. Anche se sono solo un ragazzo." "Che c'entra l'età? Fra amici, è l'ultima cosa che conta, come fra amanti. Un cioccolato caldo, con panna, per me." "Bene, anche io, allora." disse il ragazzo facendo cenno al cameriere. Mentre sorbivano il cioccolato, Guglielmo gli disse: "Sono molto contento di rivederti. Anzi, prima ancora, di averti conosciuto." "Anche io." sussurrò quasi Fabrizio, sentendosi arrossire. "Che fai di bello in queste vacanze di Natale?" "Niente di speciale. Farò i compiti, incontrerò qualche amico, terrò compagnia a mia madre, passerò il tempo." "Non vai da nessuna parte?" "No..." "Neppure io. Se vuoi, potremo vederci, qualche volta." "Mi farebbe molto piacere." "Anche perché poi dovrò andare a Roma per alcuni giorni e dopo, probabilmente, in Venezuela per la Fao." "Ah..." disse Fabrizio ma avrebbe voluto chiedergli, invece: mancherai per molto? Quando potrò vederti di nuovo? Invece chiese semplicemente: "Quando partirai per Roma?" "Il sette gennaio. L'Epifania la passerò ancora qui." "Anche l'ultimo dell'anno?" "Sì, certo. Tu come aspetterai l'anno nuovo?" "Non ho nessun progetto..." In quel momento arrivò Enzo, scusandosi per il ritardo: "Comunque, siamo ancora in tempo per lo spettacolo, no?" disse. "Sì, certo, possiamo ancora fermarci una quindicina di minuti. Prendi qualcosa Enzo?" chiese Guglielmo con gentilezza. "Sì, grazie, un paio di toast e un cappuccino. Tu, Fabri, hai mai visto balletti africani? No? Sono belli, specialmente perché i ballerini danzano seminudi e hanno certi corpi! Io non l'ho mai fatto con un negro. Tu Guglielmo? È vero che hanno dei cosi di misura maxi?" "Beh, ce ne sono di tutte le dimensioni anche fra gli africani, ma la media è superiore alla nostra, è vero. Anche se non credo che sia quello che conti più di tutto." disse ridendo l'uomo. "Più di tutto forse no, ma... Quanti negri ti sei portato a letto, nei tuoi viaggi, eh?" "È capitato, sì..." rispose Guglielmo tranquillo. "Anche il coreografo che ti dà i biglietti?" "No, lui no... è un bell'uomo, è gay, ma siamo solo amici." "Perché, è solo attivo come te?" chiese Enzo. Fabrizio era infastidito da quelle domande troppo intime, ma Guglielmo pareva non perdere il suo sorriso, pur eludendo le risposte elegantemente. Fabrizio lo ammirò. E intervenne: "Le danze folkloristiche mi hanno sempre affascinato. Anche se questa è solo la seconda che vedo dal vivo." "E la prima?" chiese Guglielmo. "Avevo quattordici anni, un gruppo sardo." "Sono molto belle anche le danze tradizionali sarde. E poi conservano elementi molto antichi." "Ma i maschi sardi non danzano mai seminudi, purtroppo." s'intromise Enzo. Guglielmo rise annuendo lievemente. Fabrizio invece, seccato, disse: "Se l'unica cosa che ti interessa sono i maschi nudi, perché invece di venire a vedere i balletti non vai in sauna?" "Beh, l'uno non esclude l'altro." ribatté ridendo Enzo. Guglielmo sorrise e disse a Fabrizio, in tono conciliante: "Comunque, poter guardare un bel corpo maschile nudo è sempre una cosa piacevole, no? E anche nella contemplazione estetica vi è sempre una componente erotica, così come nello sguardo erotico vi è sempre una componente estetica. L'uomo non è fatto a compartimenti stagni." "A volte sì..." disse Fabrizio, ma sorridendo. Andarono a teatro. Avevano buoni posti e poterono godere tutto lo spettacolo, che era molto bello, interessante e, pensò il ragazzo, certamente anche molto erotico: i corpi dei ballerini erano perfetti e si muovevano in modo estremamente sensuale. Guglielmo era seduto in centro, Fabrizio alla sua sinistra e Enzo a destra. Durante lo spettacolo, a un certo punto, Fabrizio sentì la mano di Guglielmo sfiorargli una gamba. Non era, come aveva fatto l'uomo al cinema, un gesto esplicito: quello gli aveva messo la mano sulla coscia e lo aveva palpato. Guglielmo invece aveva la mano poggiata sulla propria coscia, e sfiorava appena la coscia del ragazzo col lato della mano, quasi timidamente. Eppure, Fabrizio lo intuiva, non era un gesto casuale. Fremette e sperò che l'uomo lo toccasse in modo più esplicito per fargli capire al di fuori di ogni dubbio che lo desiderava. Sentì che voleva essere desiderato da Guglielmo. Ma la mano, dopo poco, si spostò e il contatto cessò. Fabrizio si sentì deluso. Voleva quel contatto; per quanto lieve, gli piaceva. Attese un po' ma nulla accadeva. Allora, cambiando appena posizione sulla poltroncina, fece in modo che la sua gamba premesse appena contro la gamba di Guglielmo. Questi non si spostò, ma non ebbe nessuna reazione. Fabrizio, pur sentendosi imbarazzato per quel che faceva, aumentò impercettibilmente la pressione della sua gamba. Dopo poco la mano di Guglielmo tornò nella posizione di prima e di nuovo sfiorò la coscia del ragazzo. Gli occhi di Fabrizio seguivano lo spettacolo, ma tutta la sua attenzione era focalizzata su quel lieve contatto che sperava si facesse più ardito, più esplicito. Invano. Allora il ragazzo poggiò la mano sulla sua coscia destra in modo che ora la sua mano sfiorava quella di Guglielmo. Non accadde nulla. Fabrizio sentiva vampate di calore alle tempie, il cuore gli batteva con forza. Si fece coraggio e spinse il suo dito mignolo fra il mignolo e l'anulare della mano dell'uomo. Questi strinse appena e Fabrizio esultò. Il ragazzo allora piegò il mignolo in modo che si intrecciasse con quello dell'uomo: anche questi piegò il suo e strinse un poco. Fabrizio strinse in risposta, emozionatissimo. Quel gioco discreto continuò fino alla fine del primo tempo. Per applaudire, le loro mani si separarono. Poi Guglielmo si alzò: "Andiamo a bere qualcosa, ragazzi?" propose. Andarono al bar nella hall. Mentre bevevano, si scambiarono le impressioni sulla prima parte dello spettacolo. Fabrizio cercava di leggere un messaggio nello sguardo di Guglielmo. Questi sorrideva, parlando, e il ragazzo ebbe di nuovo l'impressione che, come la prima volta che s'erano incontrati, anche quando si rivolgeva ad Enzo, in realtà stesse parlando solo per lui. Ma Fabrizio si chiedeva se non stesse confondendo le proprie speranze con la realtà. Tornarono a sedere e iniziò il secondo tempo. Le loro mani tornarono a sfiorarsi nel buio, fra i due sedili. Questa volta la mano dell'uomo si posò in parte su quella dell'altro: i suoi polpastrelli presero a scivolare lievi come farfalle lungo le dita di Fabrizio, in una carezza appena percettibile ma inequivocabile. Il ragazzo si sentì felice: anche se avrebbe voluto che la mano dell'uomo si facesse più ardita, godeva comunque per quel contatto. Terminato lo spettacolo, Fabrizio sperava che Guglielmo lo invitasse a casa sua, che gli dicesse qualcosa di speciale. Ma l'uomo, dopo aver chiesto ai due giovani se si fossero divertiti, si limitò a salutarli con un generico invito a ritrovarsi, prima o poi. Fabrizio ebbe la tentazione di dire lui qualcosa, ma non ne ebbe la forza. Così salutò i due e si avviò verso casa, pensieroso. Possibile che quello che era accaduto non significasse nulla? Che per Guglielmo non fosse niente più che un gesto amichevole? Aveva corso troppo con la fantasia? Era evidente che lui era simpatico a Guglielmo, ma forse niente più? Certo, se avesse voluto, Guglielmo avrebbe potuto toccarlo in modo più esplicitamente erotico: forse non l'aveva fatto proprio perché non provava desiderio nei suoi confronti. Aveva fatto male a non spingere lui oltre la cosa? Ma lui era solo un ragazzo, non sarebbe toccato all'uomo fare il primo passo esplicito? Fabrizio aveva deciso di smettere di sognare: evidentemente Guglielmo non si sentiva attratto da lui. Ma il trenta pomeriggio Guglielmo gli telefonò: "Fabrizio, anche io non ho nessun programma per l'ultimo dell'anno, allora pensavo che, se non hai di meglio da fare, potresti venire ad aspettare l'anno nuovo da me. Sono solo e mi farebbe molto piacere iniziare il nuovo anno con te." Il ragazzo si sentì emozionato, felice: "Sì, certo, vengo volentieri. A che ora posso venire?" "Se non ceni prima, potremmo fare un cenone di mezzanotte. Potresti venire da me verso le dieci di sera, così io ho il tempo di cucinare, prima. Poi, se vuoi, ti riaccompagno io a casa in auto quando vuoi tornare. Fino a che ora pensi di poterti fermare?" "Basta che avverta mamma e qualsiasi ora va bene. Fino a che ora vuoi che mi fermi?" chiese col cuore in gola. "Per me, se vuoi riposare da me, puoi restare fino all'ora che vuoi. La camera degli ospiti è a tua disposizione." "La camera degli ospiti?" chiese Fabrizio senza riuscire a dissimulare una certa delusione. "Se tu volessi dormire. Ma logicamente sei libero di fare come vuoi. Se preferisci non andare a dormire per nulla, o tornare a dormire a casa... Per me, io sono libero completamente anche il primo, quindi si può anche passare tutta la notte in bianco, assieme." "Bene, dirò a mamma che dormo fuori, così sarò libero di rientrare all'ora che voglio. Va bene?" "Perfetto. Allora, ti aspetto il 31 alle 22, va bene?" "Devo portare qualcosa?" "Non è necessario. Vieni tu, tanto mi basta." rispose l'uomo con voce che a Fabrizio sembrò incredibilmente dolce. "Grazie. Allora a domani." Il cuore gli batteva forte forte: lo aveva invitato e gli aveva detto che, questa volta, sarebbero stati soli, tutta la notte. Vieni tu, tanto mi basta, aveva detto. Queste parole risuonavano piene di promesse nella mente del ragazzo. Disse alla madre dell'invito. La donna non sollevò nessun problema. Solamente gli disse: "Se il tuo amico prepara la cena dell'ultimo, anche se ha detto di non portare nulla, mi pare opportuno che gli porti qualcosa. Se non per la cena, almeno un regalo. Hai in mente qualcosa?" "No, lo conosco ancora poco, non ho idea di che cosa potrebbe fargli piacere." "Beh, pensaci. Oggi i negozi sono ancora aperti, se devi andare a comprare qualcosa. Hai abbastanza soldi?" "Sì, mamma, grazie. Esco a vedere se mi viene qualche idea." "Sì, è meglio. Magari anche solo una bella scatola di cioccolatini, che so io..." Fabrizio uscì e cominciò a girare guardando le vetrine dei negozi, sperando che qualcosa lo ispirasse. Arrivò davanti ad un negozietto di oggettistica esotica che l'aveva sempre affascinato. Entrò e iniziò a osservare con attenzione i mille oggetti curiosi che erano in vendita. Ma, a differenza delle altre volte, ora tutto gli sembrava o banale, o inutile o di cattivo gusto. Per una persona eccezionale come Guglielmo, pensava, ci sarebbe voluto qualcosa di eccezionale, ma cosa? Uscì dal negozio. Girò guardando mille vetrine, entrò in cento negozi, ma ogni volta del tutto inutilmente. Possibile che non trovasse nulla? Stava quasi per rinunciare, scontento, deluso, quando vide un vecchio negozio di articoli religiosi. Aveva l'aria polverosa, quasi negletta, dei negozi che ci si chiede come possano sopravvivere, se ancora vendano qualcosa. Osservò la vetrina: statuette di gesso della madonna di Lourdes o del Sacro cuore, rosari di vetro, crocifissi fatti in serie, niente di interessante. Stava per allontanarsene, quando intravide, dietro la vetrina, la proprietaria: una vecchietta d'altri tempi, che lo stava guardando con un sorriso dolce. Forse fu proprio il sorriso della donna che lo colpì: senza riflettere, entrò. "Buona sera, giovanotto. In che cosa posso servirla?" chiese la donna con voce lieve, gentile. "Vorrei fare un regalo a un carissimo amico. Un uomo di quarantasette anni, che ha viaggiato in mille paesi. Qualcosa di speciale, di bello, di... non so, degno di lui." "Ah, capisco. Forse ho quello che fa per lei. Se solo vuole pazientare un poco... devo trovarlo, è da qualche parte nel retro, ne sono certa." "Sì, bene." disse Fabrizio affascinato dal sorriso della vecchietta. Questa si strinse sulle spalle la mantellina di lana, gli rivolse un altro sorriso e sparì dietro alla tenda che dava nel retro. Fabrizio si guardò intorno: che poteva avere di adatto? Non vedeva che cose vecchie, banali: lumini, angioletti di biscuit con le ali dorate, olografie a soggetto religioso, non abbastanza vecchie da essere antiche, non abbastanza recenti da essere moderne. Tutta roba per vecchi bigotti, non certo per Guglielmo. Chissà perché era entrato lì? Stava perdendo tempo e ne stava facendo perdere alla vecchietta. Forse gli conveniva richiamarla, comprare qualcosa tanto per ringraziarla di aver perso tempo, come quelle candele colorate che non erano male. Passarono parecchi minuti e Fabrizio si chiedeva se non gli convenisse addirittura uscire senza aspettare che la vecchia tornasse. Sarebbe stato scortese, ma che ci stava a fare lì? Era stato sciocco a entrare, si diceva. La vecchietta riemerse dal retro. Aveva in mano una vecchia scatola da scarpe. Gli fece un altro dei suoi sorrisi lievi: "Ecco, l'ho fatta aspettare a lungo, le chiedo perdono, ma l'ho trovato. Guardi, non è bello? Non se ne fanno più, sa?" disse poggiando la scatola sul bancone e aprendola. Dentro c'erano degli involtini di carta velina bianca, ingiallita dal tempo. Ne aprì uno con attenzione, scartandolo pian piano, finché ne emerse una statuina di San Giuseppe che posò sul bancone. Poi scartò un secondo involtino, un terzo... e sul bancone si formò un presepe di gesso, di una bellezza incredibile. "Vede, le faceva mio padre, tutte a mano, una a una. Mica con la forma: le scolpiva. E mia madre le dipingeva, una a una. Mi è rimasto solo questo. Non se ne fanno più di così belli, vero? Per anni, non l'ho venduto: è l'ultimo che mi resta e la gente non sa più apprezzare cose come queste. Adesso li fanno di plastica, con lo stampo. Guardi i volti, le mani, le pose: non sono straordinari? Li prenda in mano, li osservi..." Fabrizio prese in mano un pezzo dopo l'altro e li contemplò: erano veri capolavori. Specialmente il bambinello: così diverso dai soliti, così vero, un neonato che sta giocando con un piedino, un riso felice in volto. "È davvero bellissimo, ma... chissà quanto costa... e poi, non le dispiace disfarsene?" "No, se so che va in buone mani. Quanto al prezzo... Sono venti pezzi, può darmi ventimila lire, se non le sembrano troppe." "Io... era la cifra che pensavo di spendere, in effetti..." disse Fabrizio stupito, "...ma mi pare un prezzo troppo basso per un presepio così bello e raro... è certa che vada bene?" "Sì, giovanotto. Vuole che cambi la carta? Posso anche cercare una scatola più bella..." "No, così come è va bene. La ringrazio." Uscì dal negozio felice: era certo che Guglielmo avrebbe gradito quel regalo. In fondo, anche lui per Natale, non gli aveva regalato un presepio? Quindi, dovevano piacergli: Guglielmo gli pareva il tipo che non regalerebbe mai qualcosa che non gli piace. Il giorno dopo attese con impazienza l'ora di andare a casa di Guglielmo. Aveva avvolto accuratamente la vecchia scatola da scarpe con una bella carta da regalo rossa, con un nastro bianco e l'aveva infilata in un sacchetto di plastica. Ci aveva messo un biglietto di auguri in cui aveva scritto poche parole: "Iniziare il nuovo anno con te è la migliore garanzia che sarà un anno splendido. Grazie." Salì da Guglielmo e gli porse il regalo. Questi lo ringraziò e lo mise sul tavolo: "Lo aprirò dopo mezzanotte: così sarà il primo regalo del nuovo anno." gli disse. Parlarono un po' del più e del meno: l'uomo era gentile, affettuoso quasi, e lo guardava con occhi ridenti e luminosi. Fabrizio sentiva quello sguardo come magnetico, eppure non avveniva nulla, non c'era nulla che gli potesse far pensare che Guglielmo lo desiderasse. Poi si misero a tavola. Il pasto era ottimo. Guglielmo lo serviva con premura, lo guardava sorridendo, tutto quel che faceva era per lui, era chiaro, ma... Niente altro che un atteggiamento particolarmente amichevole, affettuoso anche, ma non certo quello che lui desiderava, sperava, voleva. Si stava avvicinando la mezzanotte. Guglielmo prese la bottiglia dello champagne: "Sei pronto? Inizia il conteggio alla rovescia, stiamo per entrare nell'anno nuovo..." disse alzandosi in piedi. Anche Fabrizio si alzò e i due, assieme, guardando l'orologio, scandirono i secondi, fino al botto del tappo di champagne. "Buon anno, Fabrizio." disse l'uomo riempiendo i bicchieri a calice pronti sul tavolo. "Buon anno." rispose Fabrizio guardandolo negli occhi. Guglielmo posò la bottiglia sul tavolo e, invece di prendere i bicchieri per il brindisi, si girò verso il ragazzo e lo abbracciò. Questi rispose all'abbraccio con trasporto e, istintivamente, baciò l'uomo sulle labbra. Era un bacio lieve, ma Guglielmo strinse a sé con forza il ragazzo e rispose al bacio premendo le labbra sulle sue. Fabrizio le schiuse. Guglielmo vi inserì la lingua: si baciarono con passione. Senza parlare, i loro corpi aderirono e sentirono le reciproche erezioni palpitare l'una contro il corpo dell'altro. Le loro mani si brancicarono per tutto il corpo. Pieni di desiderio, i loro corpi si premevano stretti, si sfregavano, e Guglielmo iniziò febbrilmente a spogliare il ragazzo. Fabrizio era tutto un fremito, era emozionato, era felice. Pensò confusamente che l'anno nuovo stava iniziando in modo davvero splendido. Guglielmo, man mano che spogliava il ragazzo, lo baciava e lo carezzava per tutto il corpo e questi si sentiva letteralmente in paradiso, era eccitatissimo, tremava per l'emozione. Guglielmo lo guardò con occhi luminosi e pieni di desiderio e gli chiese, con voce tenera: "Vuoi venire di là? Sul mio letto?" "Sì..." "Vieni..." Salirono sull'ampio letto, si stesero e si abbracciarono di nuovo, ricominciando a baciarsi intimamente. Guglielmo riprese a spogliare il ragazzo e anche questi iniziò a togliere gli abiti di dosso all'uomo. In breve furono entrambi nudi. "Quanto sei bello!" disse Guglielmo con voce sognante. "Anche tu..." rispose Fabrizio guardando il corpo asciutto e sodo dell'uomo, virile, appena lievemente peloso, attraente. "Oh, vent'anni fa, forse." si schermì l'uomo sorridendo. "No, mi piaci da matti." "Davvero?" "Sì, sei davvero bello." disse Fabrizio carezzandolo con gli occhi. Guglielmo gli salì sopra, coprendolo col proprio corpo, avvolgendolo con le proprie membra, muovendosi appena, in modo che i loro petti, i loro ventri, i loro membri tesi sfregassero l'uno sull'altro. Fabrizio emise un lieve sospiro di piacere. "Credevo di non piacerti." mormorò il ragazzo sorridendo per il proprio errore. "Al contrario: dal primo momento che ti ho visto ti ho desiderato. E più ti conosco, più ti desidero." "Non hai fatto nulla per farmelo capire." gli disse Fabrizio in tono di dolce rimprovero. "Pensavo di essere troppo vecchio per te." "No, hai l'età giusta." "Ho quasi il triplo della tua età." "E ti pesa?" chiese sorridente Fabrizio. "No, ma a te?" "Per nulla." Guglielmo lo baciò di nuovo con passione. Poi scese a leccargli il collo, il petto, a suggergli i piccoli sodi capezzoli, a baciargli il ventre incavato e teso. Fabrizio era tutto un fremito e brancicava il corpo dell'uomo, in preda a un'eccitazione profonda. Quando le labbra di Guglielmo raggiunsero infine il suo membro e lo baciarono, leccarono, succhiarono, Fabrizio sussultò e gemette in preda al delirio dei sensi. Poi l'uomo gli leccò le cosce, i fianchi, lo fece girare sul ventre e gli mordicchiò i glutei, li leccò, passò con la lingua nel solco e vi frugò, divaricò i due piccoli globi sodi e con la lingua titillò il punto segreto e sensibile finché sentì che il ragazzo era tutto un fremito. Allora risalì lungo la spina dorsale, al collo, fece girare di nuovo il ragazzo sulla schiena e lo baciò in bocca, mentre con le mani gli carezzava tutto il corpo. Anche Fabrizio lecchettava e baciava il corpo dell'uomo, gli palpava i bei genitali turgidi, gli suggeva i capezzoli, felice per i fremiti che provocava a quel corpo che finalmente poteva godere. Guglielmo riprese a scendere con la lingua giù giù per il corpo del ragazzo. Questi allargò le gambe quando sentì che Guglielmo stava giungendo al suo membro e se le tirò sul petto in una muta offerta. L'uomo riprese a succhiargli il paletto mentre con un dito gli titillava il foro esposto. Fabrizio si torceva per il piacere. Voleva essere preso, lo voleva con tutto se stesso, nonostante il membro dell'uomo fosse il più grosso che avesse mai visto. Ma Guglielmo risalì fino a baciarlo di nuovo in bocca. Così facendo, però, il duro membro dell'uomo gli puntava fra le natiche, sfregava contro il suo foro. "Mi vuoi?" mormorò pieno di speranza Fabrizio. "Sì." sussurrò con voce roca l'uomo, fremendo. "Prendimi." disse felice il ragazzo. "Sì..." mormorò l'uomo emozionato e, accoccolatosi davanti al sedere offerto, vi accostò il viso e prese a leccare il foro col chiaro intento di lubrificarlo bene. Fabrizio era sempre più eccitato. "Oh, prendimi." ripeté in un sussurro. "Sì..." disse Guglielmo e il suo poderoso palo sostituì la lingua e il glande teso carezzò a lungo lo sfintere palpitante. "Prendimi!" implorò il ragazzo. "Sì." rispose Guglielmo, la voce roca, e spinse. "Aaah!" gemette il ragazzo sentendosi dilatare di colpo. "Ti faccio male..." disse allarmato l'uomo immobilizzandosi. "È molto grosso." "Smetto?" "No! Prendimi. Non preoccuparti." "Ma..." "Ti voglio in me... per favore..." Guglielmo lo carezzò teneramente, quindi riprese a spingere e a entrare in lui. "Ecco, così... così..." "Va bene? Davvero?" chiese ancora preoccupato l'uomo. "Benissimo... dai..." disse con un sorriso invitante il ragazzo, carezzandogli il petto e i fianchi.
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