IL PRIMO "NO" DI FABRIZIO PRIMO

Questa è la storia di Fabrizio Serra, nato a San Benigno Canavese il 13 settembre del 1960, figlio di Tommaso, farmacista e di Natalina Ferrero, maestra di ruolo. Natalina era un'appassionata lettrice e, amando molto la "Certosa di Parma", quando le nacque il primo e unico figlio, gli mise il nome prendendolo dal personaggio di Fabrizio del Dongo.

Natalina rimase vedova quando Fabrizio aveva quattro anni. Vendette la farmacia e si trasferì col figlio a Torino, dove aveva ottenuto la cattedra. Andò ad abitare in un appartamentino in centro, in Via Principe Amedeo 24, al secondo piano. Quando andava a scuola, accompagnava Fabrizio all'asilo e lo andava a riprendere quando usciva, regolarmente, ogni giorno. Preparava il pranzo, poi mangiavano e, mentre il piccolo giocava, correggeva i compiti e preparava le lezioni per il giorno dopo.

Fabrizio era un bel bimbo, ma, soprattutto, era buono e obbediente: faceva sempre tutto quello che la madre gli diceva, senza problemi e di questo la donna era molto fiera. Anche le maestre d'asilo, d'altronde, lodavano Fabrizio per il suo carattere dolce e remissivo: era il bambino che dava loro meno problemi.

Non è che il piccolo fosse un bambolotto amorfo, che dove lo mettevi stava: gli piaceva giocare, divertirsi, era sempre allegro, pronto al riso; ma non litigava mai con gli altri bambini: se qualcuno gli prendeva il suo giocattolo, lui glielo lasciava prendere senza protestare; se qualcuno gli proponeva di fare un gioco, lui lo faceva senza esitare; se qualcuno gli chiedeva di fare qualcosa, lui la faceva di buon grado. Sembrava che fosse contento di fare contenti gli altri.

Questo suo carattere non cambiò col passare degli anni, anzi, sembrò rafforzarsi e così, quando iniziò le elementari, diventò subito il beniamino della maestra, con ulteriore fierezza della signora Natalina Ferrero vedova Serra, maestra di ruolo.

Fabrizio era anche un ragazzino curioso e intelligente. Gli piaceva molto leggere, sapere, capire e ammirava molto chiunque gli sapesse spiegare mille cose, chiunque sapesse rispondere ai suoi molti perché. Prima fra tutti, la madre.

La signora Natalina, infatti, oltre ad avere una discreta cultura, aveva sempre piacere di spiegare, di insegnare, specialmente al proprio figlio, e non si tirava indietro neppure di fronte alle domande più impegnative. Fin da piccolo, aveva trattato Fabrizio come un adulto, nel senso che, anche se pensava che non fosse ancora in grado di capire tutto, gli spiegava le cose con termini semplici ma esatti e inoltre non aveva mai parlato al figlio con il classico vocabolario con cui comunemente si parla ai bambini: non gli diceva, ad esempio, che era ora di fare la "nanna" ma di andare a dormire; se il piccolo si faceva male, non diceva "hai la bua" ma ti fa male; e non diceva il "pisellino" ma il pene.

Così Fabrizio, fin da piccolo aveva un vocabolario ricco ed esatto che stupiva i grandi e che lo facevano sembrare più grande di quel che fosse.

A otto anni Fabrizio sapeva già come nascono i bimbi, e quindi che cosa è un rapporto sessuale, che cosa sono le mestruazioni o che cosa significa ejaculare, anche se lui ancora non aveva sperimentato questo ultimo fatto. E riguardo all'amore, la madre gli aveva spiegato i due significati della parola: amare o avere un rapporto sessuale; e gli aveva anche spiegato che l'ideale è quando i due aspetti sono uniti, ma che a volte esiste anche l'uno senza l'altro. E quando la signora Natalina aveva trovato un uomo che le piaceva, aveva spiegato al figlio che quell'uomo era per lei più di un amico: era il suo amante.

"Mamma, ma se vi amate, perché non vi sposate e lui non viene ad abitare qui?" chiese Fabrizio allora.

"Perché... vedi Fabri, lui non può sposarsi."

"È già sposato?"

"Non proprio. Lui, vedi, lui è... un prete." disse la donna con una certa esitazione ma decisa di non mentire al figlio.

"Ma un prete... non dovrebbe fare sesso, vero mamma?"

"Non dovrebbe, ma a volte non è facile, specialmente quando si è innamorati."

"E perciò non potrete nemmeno mai vivere assieme."

"Già, certo."

"Ma lui non può smettere di fare il prete? Così almeno dopo potreste sposarvi, no?"

"Per lui è importante continuare, ci crede. Non posso chiedergli una cosa così, io lo amo, capisci?"

"Perché i preti non possono sposarsi?"

"Perché il papa non vuole. È sempre stato così nella chiesa cattolica. Se fosse un prete ortodosso o un pastore protestante, si potrebbe sposare. Un prete cattolico non può."

"E allora perché non si fa ortodosso o protestante, se ti ama e vorrebbe vivere con te?"

"Non si può cambiare chiesa solo perché fa comodo, non sarebbe onesto. Lui crede nella chiesa cattolica."

"Ma la chiesa cattolica non vuole che lui abbia sesso."

"Vedi, lui ha tre sole possibilità: obbedire al papa e non avere sesso; farsi ortodosso o protestante come dici tu, o fare come fa: amarmi di nascosto di tutti. Nessuna delle tre soluzioni è bella, nessuna è del tutto giusta. Lui ha scelto questa che gli sembra la meno sbagliata anche se la meno semplice. Non sempre è facile scegliere, Fabri, ma l'importante è scegliere secondo la propria coscienza. Se non si può scegliere la cosa più giusta, si sceglie la meno sbagliata o quella che ci sembra la meno sbagliata."

Fabrizio conobbe don Carlo e gli piacque, soprattutto perché sentì che amava davvero la sua mamma. Era più giovane della mamma, era un bell'uomo, molto simpatico e buono. E, soprattutto, sapeva spiegare a Fabrizio un sacco di cose.

Fabrizio iniziò la prima media. Stava crescendo bene, era davvero un bel ragazzino. Il gran ciuffo di capelli castano chiari, gli occhi verdi, un colorito sano, un corpo snello ma forte e il volto sempre sorridente: il ragazzo era simpatico a tutti, benvoluto da tutti.

Fu don Carlo che convinse Natalina a iscrivere Fabrizio agli scout nella sua parrocchia. Il ragazzino fu molto contento, perché anche lì, scoprì presto, pur giocando, imparava un sacco di cose che non ci sono sui libri.

Fu messo nella squadriglia dei "leoni". Il caposquadriglia (il cisq, come si diceva) era Daniele, un ragazzo di sedici anni. Fabrizio ammirava molto il suo cisq che sapeva un sacco di cose, e le sapeva insegnare bene, che era un tipo atletico e forte e che era ammirato e stimato da tutti in riparto.

Quando Fabrizio fu pronto per la promessa, si organizzò la cerimonia. Secondo il rituale del riparto, un venerdì pomeriggio partì assieme al suo cisq, con una tendina da due: dovevano raggiungere la domenica mattina il resto del riparto che si era accampato altrove, camminando a piedi immersi nella natura, dopo aver pernottato nel bosco. Il cisq allora l'avrebbe accompagnato davanti all'altare, in centro al riparto schierato e Fabrizio avrebbe fatto la promessa nelle mani del capo-riparto e dell'assistente.

Fabrizio era emozionato e felice. Partirono, lui e Daniele. Scesi dal treno, iniziarono la marcia salendo dal paese su verso l'alpeggio. A ogni sosta, il cisq gli spiegava un articolo della legge. Fabrizio lo ascoltava attento, a volte poneva domande a cui Daniele rispondeva con competenza. Il ragazzino era affascinato dalla sicurezza del suo capo, di soli quattro anni più grande eppure già così adulto, che sembrava sapere tutto.

A sera, rizzarono la tenda in una radura del bosco, quindi prepararono il fuoco per farsi da mangiare. Daniele gli spiegò come fare un fuoco sicuro, senza rischiare di incendiare il bosco, come scegliere la legna più adatta per bruciare senza far fumo, come cucinare il pasto, quindi mangiarono seduti accanto al fuoco.

"Non sono mai stato così bene." disse Fabrizio mentre lavavano al vicino ruscello pentole e gavette.

"Sì, la notte è dolce, ora. Ma farà un po' freddo, più tardi: vedi, si vedono tutte le stelle."

"È bello stare qui nel bosco."

"Non hai paura?"

"No, ci sei tu. E poi, qui non ci sono animali pericolosi."

"Questa è la tua prima notte in tenda."

"Sì. Tu, invece, chissà quante ne hai passate, vero?"

"Sì, tante. Non le conto più."

"L'anno prossimo, tu passerai in noviziato, vero?"

"Sì. Durante il campo estivo."

"Mi dispiace che non ci sarai più tu in squadriglia. Chi sarà il nuovo cisq? Lo sai?"

"No, non lo so, lo deciderà la direzione di riparto. Forse sarà Marco, ma non lo so."

"Non Roby? È lui il vice, no?"

"Marco è più deciso. Roby va molto bene come vice, ma Marco è più maturo."

"Allora, perché non l'hai scelto come vice?"

"Solo perché vado più d'accordo con Roby. Comunque, non starà a me decidere. Anche io mica ero vice, quando mi hanno scelto come cisq. Bene, ora andiamo a dormire. Entra prima tu, in tenda. Le scarpe sistemale qui sotto il sovratetto, così..."

Anche Daniele entrò nella piccola canadese. Accese la lanterna, quindi sistemò il proprio sacco a pelo.

"Stanotte farà freddo. È meglio che usiamo solo il mio sacco e che mettiamo il tuo attorno come coperta. Staremo un po' stretti, ma più caldi. Togliti tutto, piegalo bene e mettilo lì..." disse Daniele iniziando a denudarsi. Restarono in mutande. Daniele si infilò nel sacco a pelo e, tenendone scostata l'apertura, disse a Fabrizio: "Infilati dentro anche tu, adesso, vieni dai!"

Svelto il ragazzino ci si infilò e Daniele, spenta la lampada, chiuse la cerniera lampo. I loro corpi si sfioravano appena e il reciproco tepore era piacevole.

"Stai bene?" chiese Daniele.

"Sì."

"Siamo un po' stretti, ma così non sentiremo freddo."

"Certo."

Per un po' non dissero nulla. Fabrizio sentiva il respiro lieve e regolare dell'altro. Poi sentì una mano dell'altro sfiorargli il petto.

"Non hai freddo?" gli chiese Daniele.

"No, sto bene." rispose il ragazzino gustando quel contatto lieve. Daniele, che era steso su un fianco, girato verso di lui, gli si addossò di più.

Gli disse: "Mettiti anche tu sul fianco, verso di me, così staremo più comodi." e con le mani, lo fece girare. Quindi le gambe di Daniele si intrecciarono con quelle di Fabrizio e le sue mani gli carezzarono la schiena: "Vero che si sta meglio, così?" disse il cisq.

"Sì, è vero." rispose il ragazzino gustando grato il tepore del corpo del grande.

Daniele ora gli carezzava il sedere e le sue mani, a poco a poco, gli fecero scivolare giù le mutande.

"Lo sai che mi piaci, Fabrizio?" gli sussurrò.

"Anche tu." rispose il ragazzino senza nessun sottointeso, pensando solo che davvero lo ammirava molto.

"Carezzami anche tu, allora." suggerì l'altro. Fabrizio obbedì senza pensarci due volte e sentì che gli piaceva sfiorare quel corpo sodo e bello che non vedeva ma di cui indovinava le forme con le mani. Daniele gli si addossò di più, lo strinse a sé e Fabrizio ora ne sentì l'erezione premergli sul pube attraverso la tela degli slip tesi dell'altro.

Daniele accostò le labbra alle sue e lo baciò. Fabrizio, pur essendo quello il primo bacio erotico della sua vita, istintivamente schiuse le labbra e accolse la lingua dell'altro: era strano, ma era anche piacevole. Daniele, fattosi più ardito per la mancanza di resistenza dell'altro, si abbassò le mutande e guidò una mano del ragazzino sul proprio membro palpitante. Fabrizio lo carezzò lieve, sorpreso per la soda consistenza e le dimensioni di quel caldo palo di carne. Gli piaceva anche sentire le mani del compagno sul suo corpo.

"Ti piace?" chiese Daniele in un sussurro.

"Sì, è bello."

"Hai mai fatto l'amore, tu?"

"No... come si fa?"

"Si comincia così." disse Daniele continuando a carezzarlo lieve ma con crescente piacere e desiderio.

"E poi?" chiese Fabrizio incuriosito.

"Vuoi che ti insegni?" mormorò l'altro con voce emozionata.

"Sì, per favore."

"Allora usciamo dal sacco a pelo, staremo più comodi."

"Non avremo freddo?"

"No. Ti dispiace se riaccendo la lampada?"

"No."

Daniele finì di sfilarsi gli slip e tolse le mutande al compagno. Sedettero, le gambe incrociate, l'uno di fronte all'altro. Fabrizio ammirava il bel corpo nudo di Daniele. Si carezzarono l'un l'altro.

Poi Daniele gli disse: "Hai un bel culetto, mi piacerebbe mettertelo dentro."

"Va bene." rispose con semplicità il ragazzino.

"Davvero me lo lasci mettere nel tuo bel culetto?" chiese quasi sorpreso Daniele.

"Se ti fa piacere..." rispose Fabrizio tranquillo.

"Allora... prima devi prepararmelo."

"Come?"

"Perché ti scivoli dentro meglio, senza farti male, dovresti prima leccarmelo, succhiarmelo, insalivarlo bene."

"Ah, sì, ho capito." disse Fabrizio e, senza farsi pregare, si chinò sul grembo del compagno, gli prese il membro con una mano e iniziò a leccarlo.

"Ti piace?" chiese l'altro lievemente preoccupato.

"Sì. E a te?"

"Anche. Prendilo tutto in bocca, adesso. Ecco, sì, bravo, così. Non farmi sentire i denti... muovi la lingua... stringi le labbra... Ecco, muovi la testa così, adesso." gli disse Daniele e, presagli la testa fra le mani, gliela fece muovere su e giù a ritmo.

A Fabrizio piaceva. Soprattutto perché sentiva che il suo cisq era contento.

Questi infatti lo incoraggiava: "Sì, bravo, così... oh che bello... sei bravo... Dai, così, continua... succhia, Fabrizio, dai..."

Fabrizio ce la metteva tutta e lo sentiva fremere. Daniele gli carezzava la nuca, le spalle, il petto: era piacevole.

Dopo un po', Daniele lo fece smettere: "Ecco, adesso mettiti in ginocchio, così... allarga un po' le gambe... appoggia giù il petto, così... Adesso ti insalivo il buchetto, poi te lo metto dentro..."

Fabrizio, docile, si fece mettere in posizione e attese. Sentì le mani decise dell'amico divaricargli le piccole natiche tenere ma sode, poi ne sentì la lingua cercargli il buchetto, leccarlo, insalivarlo: era una sensazione strana, ma molto piacevole. Frattanto Daniele, con una mano, gli massaggiava i genitali che erano ora turgidi. Quindi sentì che l'altro gli si addossava e sentì la punta del membro del compagno sistemarsi sul foro ben lubrificato.

"Rilassati, ora... ti entro dentro, va bene?"

"Sì."

Daniele iniziò a spingere; Fabrizio si rilassò. Sentì il membro premere, sentì il proprio sfintere dilatarsi, il membro iniziare a penetrarlo. Provò un lieve dolore ed emise un gemito.

Daniele si fermò: "Ti fa male?"

"Un po', ma non importa."

"Vuoi che smetto?"

"Come vuoi tu, Dani..."

"Io te lo voglio mettere..." disse incerto Daniele.

"Allora va bene, continua..." mormorò il ragazzino.

La legge scout dice che lo scout sorride e canta nelle difficoltà, perciò...

"Rilassati, sentirai meno male." disse allora l'altro riprendendo a spingere.

Fabrizio lo sentì affondare in sé a poco a poco: il respiro di Daniele s'era fatto lievemente ansante. Il dolore era sopportabile; la sensazione di sentirsi invadere era strana ma non spiacevole. Le mani del compagno sul suo corpo erano piacevoli. E finalmente sentì che gli era tutto dentro. Daniele si fermò per un poco, restando profondamente infisso in lui. Quindi iniziò a ritrarsi lentamente. Fabrizio pensava che si stesse togliendo, ma quando solo la punta del membro dell'altro era ancora in lui, questi iniziò di nuovo a spingere e a immergersi in lui: e questa volta era quasi piacevole, quella nuova invasione. Giunto di nuovo in fondo, si ritrasse, poi si immerse di nuovo, lentamente. Sì era piacevole, pensò il ragazzino, pur provando ancora un lieve senso di fastidio.

"Dio... mi piaci, Fabri..." mormorò l'altro eccitato.

"Grazie." rispose contento il ragazzino.

A poco a poco il ragazzo prese a muoverglisi dentro e fuori a un ritmo più veloce e deciso. Fabrizio ne sentiva il vigore ed era contento nel rendersi conto che l'altro stava traendo un piacere sempre più forte dal fare l'amore con lui. Lo sfregamento di quel sodo palo di carne dentro di lui, gli stava anche dando sensazioni sempre più intense e gradevoli.

Lo sentì fremere, tremare, irrigidirsi, sentì che gli si spingeva tutto dentro e, guizzando, si scaricava in lui emettendo bassi gemiti di godimento. Quindi, lo sentì rilassarsi, ancora infisso in lui, ansando lievemente.

Daniele si sfilò da lui: "Rimettiamoci nel sacco a pelo, o prenderemo freddo." disse il cisq. Si sistemarono, Daniele spense di nuovo la lampada e sistemò la chiusura del sacco. I loro corpi erano di nuovo a stretto contatto.

"È stato bello, vero?" chiese Fabrizio gustando il tepore del corpo dell'altro.

"Sì... Davvero era la tua prima volta?"

"Certo... Tu, invece..."

"Per me no, certo."

"L'hai fatto con tutti gli squadriglieri?"

"Eh? No. Tu sei il primo. Anzi, no, il secondo, a dire la verità. Ma sei il primo che non l'aveva mai fatto prima."

"Chi è l'altro?"

"Mica si dicono, queste cose. Io mica parlerò di te con gli altri. Anche tu, non devi dirlo a nessuno, promesso?"

"Sì, va bene."

"Se mi giuri che non lo dirai mai a nessuno, potremo farlo ancora."

"L'amore? Io e te? Davvero?"

"Sì, certo. Tu mi piaci."

"Anche tu."

"Allora, puoi essere il mio ragazzo. Ma devi promettere che nessuno se ne accorgerà. Deve essere un segreto solo nostro, va bene?"

"Sì, Dani, te lo prometto. Ma poi dormiremo sempre in tenda con tutta la squadriglia e mica potremo stare di nuovo soli, io e te, no? Come possiamo fare?"

"Troveremo qualche modo. Ma adesso dormiamo."

Fabrizio si addormentò tranquillo, gustandosi il calore del forte corpo del suo Daniele.

La mattina dopo si alzarono, si lavarono al ruscello, si vestirono e smontarono la tenda. Ripresero la strada.

"Dani, davvero io sono il tuo ragazzo, ora?"

"Certo, finché saprai tenere il segreto."

"Quell'altro, anche lui è il tuo ragazzo?"

"No, lui è il ragazzo di un altro."

"Qui del riparto?"

"No, lui è il ragazzo di un uomo sposato. Non lo fa più con me da quando si è messo con quello. Dice che è innamorato. Ma secondo me, a quello gli interessa solo scoparselo. Anche se gli fa regali."

"È bello essere innamorati?"

"Non lo so. A me non mi è mai successo. Forse perché sono troppo giovane, non lo so."

"Ma lui, non è più giovane di te?"

"Beh... più o meno... Stai cercando di capire chi è, vero?"

"No. Se non vuoi dirmelo, per me va bene. Solo che tu dicevi che lui è innamorato e se lui sta in riparto, non può essere più vecchio di te. Però mica mi interessa sapere chi è."

"Lui dice di essere innamorato di quell'uomo... a me piaceva solo farci sesso, con lui."

"Era meglio di me?"

"Più bravo, vuoi dire? No. Anche il tuo culetto mi piace, è bello stretto... e poi lo sai succhiare proprio bene, non pare che sia la tua prima volta, davvero!"

Fabrizio era contento per quei complimenti. Era contento di aver soddisfatto il suo cisq.


Passarono il sabato continuando nella loro marcia e Fabrizio si sentiva felice. A sera erano stanchi. Si misero in tenda, nello stesso sacco a pelo come la notte precedente, senza neppure le mutandine. Daniele lo abbracciò stretto e lo baciò, ma si addormentarono così, dopo poco, senza fare o dire altro. La mattina dopo Fabrizio si svegliò per primo e sentì che Daniele era di nuovo eccitato. Allora, scoperte pian piano le nudità del compagno più anziano, ammirandole, si chinò sul suo bel membro e prese a leccarlo e a succhiarlo.

L'altro si svegliò: "Oh, Fabri, se fai così mi fai venire di nuovo voglia di mettertelo." mormorò con tono contento, carezzando la testa del suo squadrigliere. Questi raddoppiò il suo impegno per dargli piacere, finché Daniele, alzandosi dal sacco a pelo: "Dai, mettiti in posizione, ché adesso te lo infilo tutto dentro. Così, bravo. Mi piace il tuo culetto, Fabri." gli disse, poi, iniziando a penetrarlo, "Sì... mi piace!" aggiunse.

Il ragazzino provava ancora un certo dolore, ma sopportava in silenzio, perché voleva che Daniele fosse contento di lui. E frattanto pensava, lieto: "Non lo dimenticherò mai: il giorno della mia promessa ho scoperto come si fa l'amore, grazie a Dani, il mio cisq, il migliore di tutti i cisq! E lui ha scelto proprio me per fare l'amore, fra tutti gli squadriglieri. È il nostro segreto."

A Daniele piaceva la remissività del ragazzino, la prontezza con cui gli si era dato, la semplicità e la spontaneità con cui gli si stava dando.

Dopo aver raggiunto l'orgasmo (Fabrizio ancora non veniva, anche se già provava un intenso piacere), i due si ripulirono e si rivestirono. Smontarono la tenda e ripresero il cammino. Fabrizio era felice, Daniele soddisfatto. Giunsero dove li attendeva il riparto e Fabrizio fece la solenne promessa.


Dopo quel giorno, i due cercavano le occasioni per fare di nuovo sesso assieme. Non era molto facile: entrambi avevano sempre qualcuno in casa e non era facile trovare un posto in cui poterlo fare indisturbati, senza pericolo di essere scoperti. Fabrizio aveva capito, senza bisogno di tanti discorsi, che quello che faceva con Daniele non era una cosa che si potesse far sapere in giro, né ai grandi né ai compagni. Anche se si chiedeva perché: dopotutto era una cosa molto bella e, a poco a poco, sempre meno dolorosa, sempre più piacevole.

Per tutto quell'anno riuscirono a farlo solo un'altra decina di volte. Sarebbe stato difficile dire chi dei due ne aveva più voglia. Ma poi, dopo il campo estivo, Daniele passò in noviziato e per i due divenne anche più difficile incontrarsi.

Una delle ultime volte che i due fecero l'amore, Fabrizio raggiunse per la prima volta un vero e proprio orgasmo ed ebbe la sua prima ejaculazione: ne fu molto fiero, si sentì di colpo più adulto.

Il desiderio di fare l'amore provocò nel ragazzo un cambiamento: ora, si accorse, guardava i maschi con occhi diversi; cercava di immaginare che cosa nascondessero sotto la patta dei calzoni e come poteva essere farci l'amore. Si rese conto che i maschi lo attiravano sempre più, specialmente i giovanotti, e se ne vedeva uno con calzoni un po' attillati, che lasciavano indovinare meglio le dimensioni dei suoi "attrezzi" (come li chiamava mentalmente) spesso si eccitava.

Immaginava allora di potergli aprire la patta, di potergli estrarre il membro, di potersi inginocchiare fra le sue gambe per succhiarlo golosamente e poi immaginava di offrirglisi per una lunga e gradevole penetrazione. Ma il ragazzo si chiedeva: come capire a chi piacerebbe fare queste cose con me? Non sapeva darsi una risposta. Così si limitava a sognare a occhi aperti.

Vedeva sempre più di rado Daniele, finché un giorno questi gli disse che era diventato il ragazzo di un giovanotto, e che perciò non gli interessava più farlo con Fabrizio. Questi ne fu deluso, ma, non potendo far altro, si rassegnò.

Però, ora che sapeva che con Daniele non aveva più speranze, gli pesava non poterlo fare. Le sue fantasie si moltiplicarono e ora, quando si masturbava da solo, sognava di essere con uno degli uomini che durante la giornata avevano acceso le sue fantasie.


Fabrizio si iscrisse al primo anno del liceo artistico: la madre, infatti, visto che sembrava dotato per il disegno, già pensava di farne un artista. Al ragazzo sarebbe piaciuto di più fare il liceo classico, ma non si oppose minimamente alla decisione della madre: a lui interessava soprattutto che fosse contenta di lui.

Il suo buon carattere, la sua disponibilità, la sua naturale allegria e solarità ne fecero presto il beniamino sia degli insegnanti che dei compagni di scuola. A poco a poco Fabrizio non rimpianse più di non aver potuto fare il liceo classico: tutto sommato si trovava bene lì e le materie gli piacevano. Inoltre stava diventando sempre più bravo in disegno.

Quando iniziò a imparare il disegno anatomico, di nascosto, in casa, iniziò a disegnare scene di maschi nudi che facevano l'amore. All'inizio non tutti gli venivano bene, perciò, gettati nel gabinetto i disegni che gli piacevano meno dopo averli stracciati in pezzettini, raccoglieva gli altri in una cartelletta che teneva nascosta sopra all'armadio della sua camera da letto. A poco a poco diventava sempre più bravo.

I suoi disegni erano certamente molto erotici, ma non erano assolutamente pornografici: erano infatti tutti soffusi di una dolcezza e di una luminosità, di una sorta di tenerezza che li rendeva particolarmente gradevoli. Erano scene di fantasia, alcune ambientate all'aperto, nella natura, altre su un letto, o nei più disparati ambienti, tutte disegnate con i pastelli, con una cura meticolosa dei particolari, sì che giungeva a rappresentazioni di un realismo davvero stupefacente.

A volte il ragazzo si ispirava a pitture classiche, altre volte invece a fotografie, ma nei suoi disegni tutto era trasformato, sì che nulla poteva far risalire alla fonte che l'aveva ispirato.

Fabrizio era contento dei propri disegni, ma aveva un cruccio segreto: da quando non aveva più avuto rapporti con Daniele, non ne aveva più avuti con nessuno e questo gli pesava e lo rattristava non poco, anche se non dava a vederlo. Il fatto di disegnare era un magro sfogo delle sue pulsioni che, man mano che cresceva, diventavano sempre più forti.


Il ragazzo compì i quindici anni: da due non aveva più avuto alcun rapporto sessuale. Fisicamente si stava sviluppando bene e stava diventando sempre più attraente. Aveva molti amici, specialmente fra i compagni di scuola e fra gli scout, ma il suo volto pulito e ingenuo gli aveva evitato approcci da parte di quei compagni che peraltro già conoscevano e amavano, o almeno non disdegnavano, le gioie del rapporto fisico con quelli del proprio sesso. E Fabrizio non era certo il tipo da prendere l'iniziativa, nonostante il proprio desiderio fosse sempre più forte.

Inoltre i ragazzi non parlavano chiaramente di rapporti omosessuali se non in termini di presa in giro, specialmente quelli che in realtà ne avevano, per cui, almeno a parole, sembravano tutti eterosessuali convinti o almeno tali parevano a Fabrizio. Perciò il ragazzo si sentiva sempre più solo e, in un certo senso, unico.

Era arrivato persino a pensare che gli unici, o quasi, che condividessero i suoi gusti in fatto di sesso fossero Daniele, l'amico di Daniele e i due rispettivi amanti.

Eppure, rifletteva, se i compagni, sia pure per prenderli in giro, parlavano dei "froci", questi dovevano esistere, e neppure tanto pochi. Ma chi erano? Dove erano? Come si potevano riconoscere fra loro? Come facevano a trovarsi, a capirsi? Doveva esserci un modo.

Forse una specie di linguaggio segreto? Qualcosa come gesti di riconoscimento? Ma come si imparavano? Chi li insegnava? Tutto gli sembrava avvolto da un mistero fitto, impenetrabile.

Si chiedeva se avrebbe mai potuto trovare qualcuno che gli spiegasse, che gli insegnasse, che gli facesse capire. Magari doveva cercare Daniele e chiedere a lui...


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