IL PRIMO "NO" DI FABRIZIO | SECONDO |
Fabrizio aveva quindici anni compiuti. Era primavera e stava seduto su una panchina dei giardini aspettando un compagno di scuola con cui avrebbe dovuto andare in biblioteca. L'appuntamento era per le 16, ma erano già le 16,35 e il compagno ancora non si vedeva. Fabrizio stava pensando di tornare a casa, o magari di andare in biblioteca da solo, quando un uomo sui trenta anni si accostò alla panchina su cui era seduto e, con un sorriso, gli chiese: "Posso sedermi qui?" "Sì, certo." rispose Fabrizio guardandolo un po' sorpreso per la domanda: le panchine sono di tutti, comunque ce n'erano altre completamente libere. Il tizio sedette e, sempre con un sorriso, gli chiese: "Aspetti qualcuno?" "Sì, un compagno, ma pare che non viene... pensavo di non aspettarlo più." rispose il ragazzo. "È brutto aspettare inutilmente, vero?" disse l'uomo. "Beh... sì..." "Dovevate andare a divertirvi, assieme?" "No, in biblioteca, per una ricerca." "Che scuola fai?" "Il liceo artistico. Il secondo anno." "Ti piace?" "Sì, mi piace." "Io a casa ho molti libri d'arte: ti andrebbe di venire a vederli? Abito qui vicino." propose l'uomo. "Non vorrei disturbare." rispose Fabrizio che non aveva voglia di andare con quello sconosciuto. "No, anzi, mi farebbe molto piacere. Ti osservavo da un po' e tu sei un ragazzo simpatico. Davvero, mi faresti molto piacere, se venissi a vedere i miei libri d'arte." disse l'altro con un sorriso accattivante. Fabrizio si sentì incapace di dire di no, perciò, con un sorriso incerto, rispose: "Mah, se lei vuole..." L'altro sembrò illuminarsi. Alzandosi disse al ragazzo: "Non ci siamo neppure presentati: io mi chiamo Sergio. E tu?" "Fabrizio, piacere." "Bene, Fabrizio, andiamo, allora. È a due passi da qui." Si avviarono. Per via l'uomo gli chiese dove abitava, quanti anni aveva, quali erano i suoi hobby. Fabrizio rispondeva alle domande dell'uomo tranquillamente. Arrivarono a un portoncino che l'uomo aprì. Salirono in ascensore fino al quarto piano, e l'uomo aprì la porta di casa: "Vieni, entra. Ecco, accomodati qui; posso offrirti qualcosa da bere? Cola, birra, whisky, caffè." chiese facendolo sedere su un sofà. "Non si disturbi, davvero." rispose Fabrizio che sperava di dare un'occhiata veloce ai libri dell'uomo e poi andarsene. "Senti, diamoci del tu, ti va? Mi piacerebbe se diventassimo amici, io e tu. Sei proprio un bel ragazzo, sai?" disse l'uomo sedendogli accanto e posandogli una mano su una coscia. Fabrizio ancora non aveva capito quali fossero le reali intenzioni dell'uomo, il vero motivo per cui l'aveva portato in casa con sé. Sentiva nell'altro una gentilezza, un calore, un interesse che gli davano un vago senso di piacere. La mano dell'uomo gli sfregava lievemente la coscia in un gesto che il ragazzo interpretò come amichevole. L'uomo lo guardava negli occhi: "Dimmi, ti andrebbe di divertirti un po'." gli chiese con voce bassa e sensuale. "Divertirmi? Come?" chiese Fabrizio senza ancora capire. "Sì... io e te..." disse l'altro mentre la sua mano risaliva lentamente verso l'inguine del ragazzo. Questi lo guardò con aria interrogativa. L'altro allora aggiunse: "Mi piaci molto, tu, sei un gran bel ragazzo." e finalmente la sua mano scivolò sulla patta del ragazzo carezzandogli ora chiaramente i genitali. Fabrizio ebbe come un fremito e finalmente capì: quell'uomo voleva fare sesso con lui! All'idea, si eccitò subito. L'altro sentì la risposta palpitare sotto la tela dei calzoni e, facendosi più ardito, mentre lo palpava a piena mano, con l'altro braccio gli cinse le spalle e lo tirò a sé, e lo baciò sulla bocca. Il ragazzo si lasciò andare, assaporando quelle sensazioni inattese, confuso ma lieto e non si oppose minimamente quando sentì che le mani dell'uomo ora stavano iniziando a spogliarlo. Anzi, fremendo pensò in modo confuso: vuole farlo con me... finalmente... L'uomo lo spogliava continuando a baciarlo e carezzarlo e nel frattempo si spogliava a sua volta, sì che dopo pochi minuti erano entrambi nudi, semisdraiati sul sofà. Fabrizio guardava ammirato il membro sodo e ritto dell'altro: era più grosso di quello di Daniele, ed era bello! Allungò le mani a palparlo, carezzarlo, titillarlo, e quando l'altro si alzò in ginocchio, vi accostò le labbra e iniziò a baciarlo, leccarlo, succhiarlo. "Oh, sei bravo! Ti piace?" ansimò l'altro tendendosi e spingendoglielo fino in gola. Fabrizio annuì: sì, quel bel pezzo di carne fremente che gli riempiva la bocca, gli piaceva. Sergio gli afferrò la testa fra le mani e prese a fotterlo in bocca con gusto. Poi una sua mano scese a titillargli l'ano. Quando si rese conto che il ragazzo lo lasciava fare, sfilandoglisi dalla bocca, gli disse con voce roca di desiderio: "Ti va di prenderlo qui, nel tuo culetto?" "Ce l'hai troppo grosso, ho paura che mi farai male." mormorò Fabrizio che però, in parte, lo desiderava. "Ma io te lo voglio mettere. Uso la crema, non ti faccio male, vedrai. Mi piaci troppo, Fabrizio. Dai, lasciami fare." "Come vuoi." rispose il ragazzo incapace di opporsi. Si lasciò mettere in posizione, a quattro zampe, si lasciò spalmare la crema fra le natiche, sul buchetto. Un dito di Sergio l'aveva penetrato e lo stava massaggiando lentamente dentro il foro dandogli sensazioni molto piacevoli. Poi l'uomo vi infilò due dita, girandole e muovendole dentro e fuori in modo di abituarlo. "Ti piace?" gli chiese dopo un po'. "Sì, abbastanza." rispose Fabrizio incerto, combattuto fra piacere e fastidio. L'altro continuò per un po', quindi smise. Il ragazzo vide che si stava lubrificando l'asta poderosa e si chiese se davvero sarebbe riuscito ad accogliere quel grosso palo in sé. Sergio, spalmata altra crema sul buchetto palpitante, gli si addossò e, puntato il glande sul foro, iniziò a spingere con vigore, tenendolo per la vita e tirandolo contemporaneamente a sé. Fabrizio si sentì dilatare, invadere, e provò come un dolore sordo ma forte. "Ahi... ah... fai piano..." si lamentò ma senza sottrarsi. "Sì, rilassati. Dai che entro. Oh che bello... Mi piaci Fabrizio, hai un culetto stretto, davvero delizioso." "Ahi... fa male..." gemette il ragazzo, però eccitato. "Resisti, dai. Sto entrando, il più è fatto. Cazzo, se mi piaci!" ansimò l'altro continuando a spingerglisi a fondo con una serie di colpi forti e decisi tenendolo saldamente per la vita. Fabrizio si sentiva completamente in potere dell'uomo e questa sensazione gli piaceva. Si sentiva invadere, riempire. Il dolore era abbastanza forte, ma anche il piacere e non avrebbe saputo dire quale dei due fosse maggiore. Quando gli fu tutto dentro, una mano di Sergio afferrò il membro turgido del ragazzo e l'altra prese a titillargli i capezzoli sodi, quindi l'uomo iniziò a stantuffargli dentro con vigore. Fabrizio gemette. "Ti piace eh? Dillo che ti piace farti montare così." "Sì, mi piace..." "Anche a me piace fotterti, sai?" "Sì..." Lo sentiva che all'uomo piaceva molto prenderlo e questo lo eccitava. Si sentiva in potere dell'uomo ma al tempo stesso sentiva che stava esercitando un potere sull'uomo: questi dipendeva da lui per il suo piacere e questo gli dava piacere. Ora l'uomo gli batteva dentro con forza, ansando a ogni colpo e, a ogni colpo, faceva sobbalzare il corpo di Fabrizio, che emetteva un lieve gemito, gustandosi l'impetuosa virilità dell'uomo che lo stava prendendo con crescente passione. Sentivano entrambi l'intensità dell'orgasmo che stava per sopraggiungere e ora anche Fabrizio si spingeva contro il pube dell'uomo a ogni affondo di questi, per sentirlo meglio, per gustarlo di più. Con Daniele, pensò confusamente, non aveva mai provato niente del genere, niente di così coinvolgente. Le mani di Sergio, una sui suoi genitali, l'altra che gli spaziava per il corpo, continuavano a dargli sensazioni sempre più intense, che, sommate a quelle del palo che gli stantuffava dentro, gli stavano facendo perdere completamente il controllo: ora voleva solo godere, godere, godere... L'orgasmo esplose in tutti e due quasi contemporaneamente, una frazione di secondo prima in Sergio, forse, ma li fece tremare con forza entrambi, mentre si scaricavano in un parossismo di contrazioni. Finalmente si abbandonarono sul divano esausti, frementi, appagati. I loro respiri tornarono a poco a poco al ritmo normale e anche il battito del loro cuore si acquetò pian piano. Sergio carezzò il corpo di Fabrizio sotto di lui: "Cazzo, è stata una chiavata davvero fantastica. Tu mi fai impazzire, ragazzo mio. Non avevo mai goduto così, prima." "Davvero?" chiese il ragazzo compiaciuto, con un filo di voce, guardandolo negli occhi. "Sì, davvero. Tu sei il primo che mi fa sentire quanto ti piace essere inculato. Gli altri ragazzi fanno sempre storie, fanno sempre i preziosi, si fanno pregare, si lamentano che ce l'ho troppo grosso, che gli faccio male... vogliono che smetta." "Sì, ce l'hai davvero grosso e mi faceva male, ma... ma mi piaceva anche. Tu sei un vero maschio. Hai tanti ragazzi, tu?" "Beh, a me piacciono quelli della tua età e non è facile trovare chi ci sta. Di solito li trovo nelle sale di giochi. Ma vengono una volta, due, e poi... E non tutti se lo lasciano mettere nel culetto, come piace a me. Tu invece... verrai ancora a fare l'amore con me?" "Mi piacerebbe." "Non hai un ragazzo, tu?" "No, ne avevo uno, ma sono due anni che non ho più nessuno con cui... E tu?" "No, neanche io. Mi piacerebbe che tu fossi il mio ragazzo. Mi piace come ti fai scopare." "E a me piace come mi scopi, anche se fa male." "È solo questione di abitudine, vedrai. A poco a poco ti farà meno male e ti darà sempre più piacere. Specialmente se lo faremo spesso." disse con aria maliziosa Sergio. Fabrizio sorrise e annuì, ma disse: "Io non avrò molto tempo. Sai, la scuola, gli scout..." "Ma abiti qui vicino. Un'oretta la puoi trovare, no?" "Tu a che ora sei libero?" "Oggi sono libero perché il negozio è chiuso per turno. Di solito, comunque, sono impegnato nell'orario del negozio: dall'una alle tre chiudo per pranzo, poi chiudo alle sette e mezza." "La sera è difficile, ma forse, beh, quando esco da scuola all'una, qualche volta potrei venire da te. Mi piacerebbe." "Anche a me piacerebbe molto." gli disse Sergio sorridendogli complice e carezzandogli lieve il corpo nudo. Fabrizio carezzò il membro, ora a riposo, dell'uomo: "È grosso anche quand'è morbido." disse in tono ammirativo. "Ti piace?" "Sì. E mi piace come lo usi." disse con aria birichina il ragazzo. Poi aggiunse: "Quando mi hai invitato a casa tua, non sapevo che era per questo e non ero tanto contento di venire." "Ma adesso, sei contento?" "Sì, certo. Avevo proprio voglia di fare l'amore, dopo tanto tempo. Sì, ne avevo proprio voglia." ripeté contento. "Per un ragazzo bello come te, non dovrebbe essere difficile trovare, no? Chissà quanti ti han fatto il filo." "No, macché. Tu sei il secondo, e dopo due anni. Come si fa a trovare uno che gli piace? Come si fa a capire?" "Beh, non sempre si capisce. Io per esempio mica ero sicuro che tu ci saresti stato. Però mi piacevi e ci ho provato. E mi è andata bene." "Ma ce ne sono tanti che lo farebbero?" "Gay, vuoi dire? Bah, dicono che siamo il dieci per cento, perciò, ogni dieci maschi che vedi, uno dovrebbe starci." "Ah sì? Ma quale dei dieci è quello giusto?" chiese Fabrizio interessato a quel discorso. "Beh, questo è il difficile. Anche perché magari su dieci non ce n'è nessuno e su altri dieci ce ne sono due." "Noi in classe siamo ventidue, quindi, visto che uno sono io, deve essercene un altro." "Teoricamente sì, ma chi sa? E poi, magari, quello che è gay, non è il tuo tipo, non ti piace o tu non piaci a lui." "Mi piacerebbe capire come si fa a capire." "A volte certi discorsi, o certe occhiate... Ma ci si può anche sbagliare. Però, specialmente fra i giovani come te, ce ne sono anche tanti che, anche se non sono gay, qualche volta ci stanno a farlo, specialmente con un compagno. Almeno finché non si fanno la ragazza. Tu ce l'hai, la ragazza?" "No. E non credo che ce l'avrò mai, non mi dicono proprio niente le ragazze. A me piacciono i maschi. Ma tu, Sergio, sei mai stato con una donna?" "Un paio di volte, quando ero ragazzo. Ma ho visto che non mi piaceva, non mi eccitava. A me mi hanno sempre attratto i ragazzi." "Come l'hai scoperto?" "Avevo quattordici anni. Facevo l'autostop, un'estate. Una volta si è fermata un'auto con tre ragazzi, avevano sui venti, venticinque anni. Mi han fatto salire dietro, di fianco a uno di loro. Questo ha cominciato a toccarmi fra le gambe: io ero imbarazzato, ma mi ha fatto eccitare. Allora se l'è tirato fuori e mi ha chiesto di leccarglielo. Io non l'avevo mai fatto e poi mi vergognavo degli altri, perciò non volevo farlo, ma quello mi ha forzato. Gli altri due davanti se ne sono accorti e si sono messi a ridere e io mi vergognavo ancora di più, ma mi piaceva anche. Poi, quello che guidava si è fermato in una stradina, fra gli alberi, e ho dovuto prenderli tutti e tre, sia in bocca che in culo. Beh, mi era piaciuto, nonostante tutto. Quello è stato l'inizio per me. Allora, dopo, ho cominciato a cercare io altri con cui farlo." "La prima volta che tu l'hai messo a un ragazzo, quanti anni avevi?" "Diciotto. Lui ne aveva quattordici, era il figlio di amici di famiglia. Eravamo soli a casa, io lo aiutavo a fare i compiti, non andava tanto bene a scuola. Io, per scherzo, gli avevo detto che, se sbagliava l'esercizio, per punizione l'avrei inculato. Lui allora mi dice: e chi ti dice che a me non piace? Magari sbaglio apposta. Allora io gli ho detto, sempre per scherzo: allora, se ti piace, ti inculo solo se lo fai giusto. E lui fa tutto giusto e mi dice: adesso allora devi incularmi, l'hai promesso. E si cala i calzoni. Io non mi sono certo lasciato scappare l'occasione. Lui era già un anno che si faceva inculare da un compagno di classe, mi ha detto poi." "Siete stati insieme per tanto tempo?" "No, pochi mesi, perché poi io sono andato militare." "Perché a te piacciono solo i ragazzi della mia età?" "Non lo so. Ma mi piacciono i ragazzi fino a sedici, massimo diciassette anni se ne dimostrano meno. Ma poi crescono." "Tra un anno non ti interesserò più, quindi." gli disse Fabrizio con un sorriso quieto. "Ma per ora mi piaci un sacco." "Il mio culetto, cioè." disse il ragazzo con l'aria di prenderlo in giro. "Anche, certo. Ma mi piace anche il tuo sorriso: è stata la prima cosa che mi ha attratto, in te." "Hai un bel corpo," disse il ragazzo carezzandolo, "penso che ti metterò in uno dei miei disegni." "Nudo?" "Certo, e mentre fai l'amore. Magari con tre ragazzini, ti va?" disse in tono malizioso Fabrizio. "Se è come te, ne basta anche uno. Mi farai vedere i tuoi disegni, una volta?" "Sì, certo. Quando ci rivediamo?" "Anche domani, se vuoi. All'una, qui da me?" "Va bene..." disse Fabrizio ricominciando a vestirsi. Tornò a casa pensando a Sergio. Gli piaceva, aveva un corpo virile, forse non bellissimo, ma seducente, erotico. Era contento di averlo conosciuto e pensava con anticipazione al loro prossimo incontro, fra meno di ventiquattro ore.
"Fabrizio... che cosa significa?" chiese la madre con tono basso, affranto, indicando la cartelletta. Nella sua voce non c'era durezza, accusa, rabbia, solo una specie di profonda tristezza, che fece più male a Fabrizio che non una parola dura. Non sapeva che cosa rispondere, che cosa dire. Capiva che negare l'evidenza era inutile. Ma che dire? Che dire? Infine, dopo un silenzio che pareva interminabile, il ragazzo disse, con voce incerta: "Io... sono gay, mamma..." "Come puoi dire una cosa del genere?" chiese la donna con voce ancora più bassa. "Perché a me piacciono gli uomini, mamma, solo gli uomini." "Ma sei un ragazzino. Che ne sai tu della vita?" "Abbastanza per averlo già fatto con due uomini." "Vuoi dire che... tu hai fatto... quelle cose?" "Sì, mamma. E mi piace molto." "Ma non si devono fare!" disse la donna con un certo vigore, ma più in tono di dolce rimprovero che di vera accusa. "Mamma... neanche quello che fate tu e don Carlo..." iniziò il ragazzo ma poi tacque, mordendosi la lingua: non era quello che avrebbe voluto, dovuto dire. Don Carlo, per la prima volta, parlò: "Ha ragione lui: alcune cose si dice che non si dovrebbero fare, eppure le facciamo." "Ma è diverso, io e te siamo comunque un uomo e una donna. Ma fra due uomini... Come si può fare una scelta così?" "Mamma, mica l'ho scelto io: io sono così e basta. E l'ho capito da parecchio tempo, e non mi dispiace." disse Fabrizio, stupito lui stesso per il coraggio che aveva di dire quelle cose. Non ci aveva mai pensato, prima. Ma ora, gli erano venute spontanee. "Ma... quelli che... hanno una vita infelice, difficile. La società non accetta i diversi, lo sai." "È un problema della società, non mio." "Ma sei così giovane, magari è solo curiosità giovanile. Magari un giorno conoscerai una brava ragazza e cambierai idea. Sei così giovane..." disse la donna che sembrava più voler convincere se stessa che non il figlio. "Può darsi, mamma, ma per ora non è così. Io spero di conoscere un bravo ragazzo, che mi voglia bene, a cui voler bene. Non lo so che cosa mi capiterà in futuro, certo, ma..." "Io spero che tu possa avere una vita normale, felice." "Sì, mamma, lo so. E forse l'avrò, una vita felice. E non è detto che possa darmela solo una ragazza." "Ma non potresti mai avere una famiglia, te ne rendi conto? Voi giovani non pensate mai al futuro. Senza una famiglia, quando sarai vecchio, ti troverai solo..." "Potrei trovarmi solo anche se mi sposassi, mamma, lo sai." gli rispose il ragazzo con dolcezza. "Dove ho sbagliato, nell'allevarti?" chiese la donna. "Non devi colpevolizzarti, Natalina." disse allora don Carlo, poi aggiunse: "Ha ragione Fabrizio: non ha scelto lui di essere così, e non l'hai fatto diventare tu così. E, se davvero gli vuoi bene, credo che devi accettarlo come è e non come piacerebbe a te che fosse." Fabrizio guardò con rispetto il sacerdote: non avrebbe creduto di trovare in lui un alleato. E, ne era sicuro, non diceva così solo perché si sentisse in colpa per la relazione che aveva con sua madre. La donna scosse lentamente la testa, ma poi disse: "Non lo so, sono così confusa. Non avevo mai sospettato che il mio Fabrizio fosse... avesse questo problema. Non me ne hai mai parlato, Fabri... perché?" "Mamma, è difficile parlare di certe cose. Specialmente per un ragazzo a un adulto. E poi, per me, non era un problema. Non lo è: sono così e basta. Il problema per me non esiste, davvero." "Ma... e hai un amico, ora?" gli chiese la donna con voce incerta, guardandolo negli occhi. "Non proprio. Non so ancora se... se sarà una cosa seria, ma non credo. E poi, sono ancora molto giovane. Ho uno con cui... con cui c'è intimità." disse il ragazzo cercando le parole che sentiva potevano ferire meno la madre. "Lo conosco?" "No, mamma." "È un bravo ragazzo, almeno? Un tuo compagno di scuola?" "No... mi pare un tipo a posto. Non devi preoccuparti per me, mamma. Davvero." "Non lo so, è tutto così strano. Credevo di conoscerti e invece..." "Mamma, tu mi conosci meglio di chiunque altro." "Eppure..." "Natalina, nessuno di noi potrà mai conoscere al mille per mille un altro, neanche il proprio figlio... o il proprio partner..." disse con voce dolce don Carlo. Poi continuò: "Ma questo non vuol dire che ci sia qualcosa di strano, di male. Fabrizio è tuo figlio, certo, ma è un'altra realtà, al di fuori di te. Sta crescendo e è naturale che a poco a poco si faccia la sua vita indipendentemente da te." "Sì, naturale." disse a voce bassa la donna. "Posso riprendere i miei disegni?" chiese Fabrizio incerto. "Eccoli." disse don Carlo porgendogli la cartelletta. La donna lo guardò lievemente sorpresa ma non disse nulla. Il sacerdote allora proseguì: "Comunque, Fabrizio, a parte il contenuto, disegni molto bene. Potresti spendere meglio i tuoi talenti." Fabrizio riprese la cartelletta senza dire nulla. Aver dovuto affrontare la madre, affermare ciò che credeva giusto contro le opinioni di questa, lo aveva stancato incredibilmente. Non gli era mai capitato prima e ancora si chiedeva dove avesse trovato la forza, il coraggio di farlo. Chiese se poteva andare in camera. La madre annuì. Fabrizio, appoggiata la cartelletta sulla scrivania, si sfilò le scarpe e si gettò prono sul letto, sentendosi esausto. Gli dispiaceva aver addolorato la madre, gli dispiaceva di averla contraddetta. Si sentiva combattuto: avrebbe forse dovuto tornare di là a chiederle scusa? Eppure non poteva mentire a sua madre, non poteva negare che lui non provava nessun interesse per le ragazze, non poteva negare che solo i maschi lo eccitavano fisicamente, lo attraevano. Eppoi ormai era fatta: non doveva più nascondere nulla alla madre... o quasi? Avrebbe potuto dirle, per esempio, che poco prima era stato in casa di un uomo che aveva il doppio della sua età e si era fatto scopare e che non aveva mai goduto tanto prima di allora? Beh, in fondo mica la madre gli raccontava che cosa faceva a letto con don Carlo, no? No, tutto non glielo avrebbe raccontato, ma almeno non doveva mentirle, dirle bugie se incontrava qualcuno o se, un giorno, si fosse innamorato di qualcuno. Ma la tristezza che aveva sentito nella madre lo addolorava. Sarebbe stata solo questione di tempo? Si augurava di sì. Era la prima volta in vita sua che qualcuno era addolorato per causa sua e per di più questo qualcuno era proprio la persona più cara che avesse al mondo. Fabrizio si addormentò così, immerso in questi pensieri, stremato per le emozioni di quella giornata. Più tardi la madre lo chiamò per cena. C'era ancora don Carlo. Questi cercò di animare la serata parlando del più e del meno, ma sia Fabrizio che la madre sembravano assorti nei loro pensieri. Il giorno dopo, Fabrizio per tutta la mattina, a scuola, si chiese se andare o no a casa di Sergio. Alla fine decise che sarebbe andato ma solo per spiegargli che non si fermava da lui. Quando suonò a casa dell'uomo, questi gli venne ad aprire con un ampio sorriso e, appena l'ebbe fatto entrare, lo abbracciò e lo baciò, carezzandolo intimamente, eccitato. Fabrizio si ripeteva che doveva parlargli, spiegargli quello che era successo, ma l'evidente desiderio dell'uomo gli tolse ogni forza e si abbandonò alle sue calde carezze, lasciandosi spogliare. Sergio lo guidò, questa volta, nella propria camera da letto e sospinse il ragazzo, ormai nudo ed eccitato, facendolo sdraiare sul letto. Gli allargò le gambe spingendogliele contro il petto e gli si inginocchiò davanti al culetto proteso che iniziò subito a lubrificare abbondantemente. "Non vedevo l'ora che venissi, Fabrizio. Ho pensato a te tutta la mattina, a questo momento." gli disse l'uomo, gli occhi lucidi di desiderio, "al tuo bel culetto pronto ad accogliermi. Vero che mi vuoi in te?" "Sì, ti voglio..." mormorò sincero il ragazzo, eccitato per l'eccitazione dell'altro. "Ti piace essere preso da me, non è vero?" insisté l'uomo puntandogli il membro duro come acciaio sul buchetto fremente. "Sì che mi piace..." "Anche a me piace da matti mettertelo..." disse Sergio iniziando a spingerglielo dentro, "mettertelo tutto..." aggiunse scivolandogli dentro, con una forte pressione continua, gustandosi l'espressione del ragazzo man mano che lo invadeva. Era la prima volta che Fabrizio era preso in quel modo, da davanti, e gli piaceva vedere la luce di libidine che brillava negli occhi dell'uomo intento a gustare le sensazioni che provava nel prenderlo, nell'entrare nel suo accogliente ma stretto foro. Aveva dimenticato i suoi problemi, si godeva solo quel corpo forte e virile che gli incombeva sopra, che gli si muoveva dentro a ritmo, che lo stringeva, lo carezzava, lo eccitava in mille modi. Dimenticando le proprie preoccupazioni, il ragazzo iniziò a partecipare con passione, dando così all'uomo un sempre maggiore piacere. I due si muovevano all'unisono, gustando, ognuno a suo modo, quell'appassionata unione. "È anche meglio di ieri, Fabrizio. Mi fai impazzire di piacere, lo sai?" "Anche tu. Mi piaci." mormorò il ragazzo con voce roca per l'intensità dell'eccitazione. Dopo fatto l'amore, i due restarono per un po' allacciati sul letto, rilassandosi. Allora Fabrizio parlò a Sergio di quello che era accaduto la sera prima al suo ritorno a casa. L'uomo lo ascoltò, poi gli disse: "In fondo ti è andata bene. I miei, se avessero mai saputo, o anche solo sospettato di me, per prima cosa mi avrebbero riempito di botte e poi, magari, mi avrebbero cacciato di casa." "Ma perché? Mica è colpa nostra se siamo così? Perché tutti devono essere così cattivi con noi?" "Non lo so. Ma non è stato sempre così. E magari, a poco a poco, le cose cambieranno di nuovo. Oggi, per la legge, tu sei a posto, ma io sarei considerato un corruttore di minorenni. Nell'antica Grecia sarebbe stata la tua famiglia, magari, a chiedermi di fare l'amore con te." "Tu un corruttore di minorenni? Ma mica mi hai corrotto, tu. Non ha senso." "Ma è così, per la nostra legge. Ti rendi conto che tu potresti anche denunciarmi e mandarmi in galera? Non hai ancora sedici anni. O potrebbe farlo tua madre?" "No, con me non corri nessun rischio." disse serio Fabrizio.
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