PRETE PER SEMPRE | CAPITOLO 7 - IL VECCHIO MULINO |
Don Marco preparò i funerali solenni del vecchio parroco e stava scrivendo un messaggio da mandare al cardinale, quando questi arrivò al paese, con gran sorpresa di don Marco. Il porporato celebrò le esequie del vecchio sacerdote assieme a don Marco. Poi, dopo averlo inumato, salì con lui in canonica. "A che ora è spirato?" "Alle tre esatte: al tocco della campana." "Alle tre esatte..." disse pensieroso il cardinale. "Sì, mi aveva appena assolto dopo la mia confessione. Di solito ci confessiamo il sabato sera, ma l'altro ieri... Quello che è strano è che non si è meravigliato che gli chiedessi di confessarmi. Pareva che se lo aspettasse." "Non mi stupirei. Il sant'uomo vedeva, con gli occhi di dio, cose che noi non riusciamo a vedere." "Avevo un grave problema morale e..." "Ti ha assolto, no? Ed ora, in cielo, veglia su di te. Loda il Signore, perché eterna è la sua misericordia." "E grande il suo nome... Grazie, Eminenza." Il cardinale si trattenne ancora fino alla domenica, quando insediò don Marco come nuovo parroco e gli promise che gli avrebbe mandato un viceparroco. Don Marco non sapeva che il cardinale era stato avvertito da don Cesare che presto lui avrebbe dovuto lasciare la parrocchia, e che quindi lo faceva affiancare da un viceparroco perché il passaggio delle consegne avvenisse nelle mani di un sacerdote che fosse già inserito nella parrocchia. Infatti ora il cardinale era certo che le altre profezie del vecchio parroco si sarebbero tutte avverate.
Venne l'inverno e la neve. La scuola, specialmente in inverno, funzionava a tempo pieno. Le altre attività erano invece ridotte. Don Marco preparava le funzioni per il Natale e tutto il paese ferveva di attività. Si allestiva il grande presepio nella cappella di San Lazzaro, i bambini provavano i canti sotto la guida del maestro, le donne riparavano i paramenti, pulivano a fondo la chiesa, lustravano i candelabri. Don Marco andava a visitare i vecchi e gli infermi, portando a tutti una parola buona, un frutto, un regalino. Stava tornando da una casa un po' fuori dal paese, quando una palla di neve lo colse in pieno sul cappello e glielo fece volare via: una risata alta e fresca accompagnò il volo del cappello. "Beniamino! Se ti prendo!" gridò il sacerdote prendendo un po' di neve, compattando un paio di proiettili e inseguì il ragazzo. Lo colpì in piena schiena e su una gamba. Il ragazzo si girò e gli tirò un'altra palla di neve: si inseguirono ridendo come due bambini, finché Beniamino scivolò e don Marco gli arrivò sopra. Il ragazzo ingaggiò una lotta ridendo, si buttavano neve addosso, erano tutti bianchi. Beniamino abbracciò felice don Marco e questi abbracciò il ragazzo e si guardarono ridendo. Ma la loro risata a poco a poco si calmò, si trasformò, il loro sguardo si fece intenso, si riempì di desiderio, le loro bocche si cercarono e si baciarono con passione, con forza, come due assetati. "Oh, Beniamino..." "Marco... Ti amo!" "O dio! Anche io ti amo." disse quasi singhiozzando il sacerdote e una lacrima gli rigò il volto. "Perché sei scappato. l'altra volta?" "Non lo capisci? Oh mio Beniamino, non lo capisci? Anche questa volta devo scappare... non vorrei, ma devo." "Non vorresti ma devi? Non capisco. Perché lo facevo con tutti? Da quando è morto Giannotto, non l'ho più fatto con nessuno, te lo giuro: per te." "Non c'entra, non è per quello. Ti desidero, Beniamino, ma non posso... non posso, perdonami." disse il sacerdote alzandosi e quasi scappando via. "È inutile che scappi: ti amo, ti amerò per sempre. Io ti aspetterò..." mormorò Beniamino scuotendo la testa con un sorriso triste. Don Marco era scosso: non si era mai sentito così vicino a cedere, così desideroso di cedere. Perché aveva sentito che quello di Beniamino per lui non era puro desiderio, ma amore vero, almeno quanto il suo. Aveva rinunciato a tutti per lui, aveva detto. E lui? Lui non riusciva a rinunciare a tutti per Lui? Era così debole nei suoi proponimenti? E faceva anche del male a Beniamino, facendogli sentire il suo amore e desiderio e non dandoglielo. Le feste di Natale lo assorbirono parecchio, molti degli uomini del villaggio andarono a confessarsi e quasi tutti volevano confessarsi da lui, non dal vicario. Passava ore e ore ad ascoltare, consigliare, assolvere. A sera si sentiva stanco morto e spesso si addormentava di schianto appena si metteva a letto. Ma infine venne l'Epifania, si smontò il presepe, si tornò alla vita normale. E il desiderio di vedere Beniamino, di parlargli, di godere del suo sorriso, della sua vicinanza, si riaccese forte. Lo stesso letto in cui dormiva, quasi conservasse l'impronta di quei lontani giorni in cui Beniamino vi aveva dormito nudo, quella nudità che lui aveva visto, ammirato, lo riempiva di pensieri, di sensazioni, di turbamenti. Pregava con fervore, ma anche durante le preghiere gli si riaffacciava in mente l'immagine del volto sorridente, innamorato del ragazzo, l'immagine del suo corpo troppo bello.
Quando entrò nel secondo locale, vide Beniamino: era appoggiato al davanzale di un finestrone senza infissi, chinato in fuori, che contemplava il panorama che digradava verso valle. Il sole giocava con i suoi capelli tirandone barbagli dorati: non s'era mai reso conto che il castano dei capelli del ragazzo avesse riflessi così preziosi. La curva del collo s'innestava sulle spalle ampie in una linea dolce. Don Marco si fermò a guardarlo emozionato. Beniamino non l'aveva sentito arrivare. Con un gesto lieve della mano si ravvivò i capelli. Poi il ragazzo, al fischio modulato di un uccellino, rispose fischiando dolcemente e rise. Don Marco si sentiva il cuore battere con forza, mentre si avvicinava al ragazzo. Questi, quasi come se avesse avuto il sentore di qualcosa, si girò, vide il giovane sacerdote e gli sorrise. "Hai scoperto il mio rifugio segreto. Benvenuto." gli sussurrò con dolcezza. "Ci vieni spesso?" chiese don Marco fermandoglisi davanti e guardandolo con tenerezza. "Sì, quando voglio stare solo. Ma tu puoi starci qui." "Grazie." mormorò don Marco. "Marco..." disse Beniamino tendendo le mani. L'altro le afferrò. Beniamino lo tirò a sé dolcemente, lentamente e i loro occhi erano come calamitati. Beniamino gli lasciò le mani e lo prese per i fianchi. Don Marco gli prese delicatamente il volto fra le mani e mormorò: "Sei bello..." Il ragazzo sorrise e le loro labbra si incontrarono e si baciarono. Beniamino gli sbottonò la tonaca e gliela sfilò di dosso, la stese a terra e vi tirò sopra l'altro, con sé. Marco lo seguì docile. Si baciarono ancora, si carezzarono, i loro corpi si cercarono, sentirono l'uno l'eccitazione dell'altro. Beniamino allora sbottonò gli abiti del giovane uomo e questi, con mani lievi, scoprì a poco a poco il corpo del ragazzo che amava. Tutto avveniva come in sogno, lentamente, dolcemente, in un crescendo di emozioni e quando, in silenziosa offerta, Beniamino gli si offrì, il giovane uomo conobbe l'ebrezza dell'unione con l'essere amato. Fecero l'amore a lungo, con calma passione, dimentichi di tutto e di tutti. E fu bello, anzi, bellissimo. Quando infine si rilassarono appagati, teneramente abbracciati, don Marco si stupì per quanto si sentiva bene. Allora si rivestirono lentamente, sorridendosi, pieni d'amore. "Vieni?" lo invitò don Marco. "No, resto ancora un po' qui. Ci vediamo..." Don Marco riprese la via del paese e si sentiva leggero, vivo, forte, sano come non s'era mai sentito. Ma quando giunse davanti alla chiesa, fu come se si risvegliasse. Entrò, si inginocchiò nell'ultimo banco e guardò il crocifisso. "Signore... ti ho tradito! Ho mancato alla parola che ti avevo data. E mi è piaciuto: era bello. So di avere sbagliato, ora. Ho sbagliato nei tuoi confronti e nei confronti di Beniamino. Perdonami, te ne prego. E aiutalo, assistilo: è un caro ragazzo. Fa che non soffra troppo per colpa mia. Ora lui è felice, ma quando gli dovrò dire... Aiutami a dirglielo nel modo giusto, Signore. Abbi pietà del tuo servo infedele. Io ti amo, mio Signore e mio Dio... ma lo amo... Aiutami a fare la cosa giusta, te ne scongiuro. Sono confuso. Non voglio, non posso lasciare te, ma non voglio farlo soffrire. Dio mio, aiutami, aiutami. Abbi pietà della mia debolezza. E tu, santo uomo di dio, don Sergio Caselli, prega per me il Signore." Don Marco era pentito, sapeva di avere sbagliato, era deciso a far sì che l'errore non si ripetesse, eppure sentiva di amare Beniamino, e questo amore continuava a riempirlo di dolcezza. Rivide il ragazzo il giorno dopo, sul sagrato della chiesa. Lo salutò con un sorriso e Beniamino gli si avvicinò. "Marco..." "Beniamino: sono contento di vederti." "Anche io, Marco..." "Ti devo parlare... hai tempo?" "Per te? Sempre." "Sei caro. Io ti amo, Beniamino." "Anche io, lo sai." "Sì lo so. E per questo... non mi è facile dire... non mi è facile dire quello che devo dirti." Il ragazzo lo guardò con aria interrogativa: "Ti sei pentito per ieri? È così, vero?" "Sì, mio povero Beniamino, ma non per causa tua: tu mi hai dato il tuo amore e ti ringrazio: è stato un dono bellissimo, davvero. Ma io non avrei dovuto, sono stato debole e di questo ti chiedo perdono." "Non avresti dovuto? Perché, se mi ami?" "Perché... Sì, io ti amo, ti amo molto, ma... Avevo dato la mia parola a un altro, prima di conoscere te, un altro che amo, che non posso tradire, anche se l'ho fatto. Che non posso continuare a tradire." "Sei innamorato di un altro uomo?" "S... sì, è esatto." "Che hai conosciuto prima di me?" "Esatto." "A cui vuoi bene." "Molto." "Per questo hai esitato tanto, le altre volte, vero? Lo conosco?" "Di vista..." "Chi è?" "Vuoi saperlo?" "Sì... Se tra noi deve davvero finire tutto... tu mi ami, lo so. Voglio sapere chi è questo uomo straordinario che ti fa rinunciare a me." "Vieni, allora, te lo presento." disse con un sorriso don Marco. Beniamino lo seguì: "È in chiesa lui, ora?" bisbigliò sorpreso mentre entravano. "Sì... eccolo, vedi, è Lui!" disse il sacerdote indicando il grande crocifisso quando furono a metà navata. Il ragazzo guardò a bocca aperta il Cristo in croce, poi mormorò: "Lui! A lui avevi promesso..." "Sì: gli ho fatto voto che non avrei mai cercato altri... E l'ho tradito. So che lui è buono, che mi perdona, ma, capisci, o lui o te. Devi perdonarmi, Beniamino, se ho scelto di restare fedele a lui." "Devi amarlo molto, allora." "Sì, anche se non è che sappia amarlo come merita." "Però... non vale..." "Che cosa?" "Io gli avevo chiesto di farmi avere il tuo amore." "Ma io ti amo, Beniamino, ti amo davvero." "Non in quel senso, non solo, per lo meno. Ieri... credevo che mi avesse ascoltato. Invece era il mio rivale!" "Non devi prendertela con lui, lo sbaglio è stato mio." Beniamino, quasi non l'avesse ascoltato, lo sguardo fisso sul grande crocifisso, continuò: "Beh, rivale... come se una pulce si ritenesse rivale di un elefante. Come potrei pensare di competere con lui, se lui è veramente dio?" "Non sei arrabbiato con me?" "Con te? Sì, un po': avresti dovuto dirmelo subito con chi mi sarei trovato a che fare. Che gli avevi promesso... Ma forse, fino a qualche giorno fa non l'avrei capito, non l'avrei accettato. È dura, rinunciare a te, Marco, ma... Io ti amerò per tutta la vita, comunque. Questo lui non può impedirmelo, non sarebbe giusto. Va bene, tolgo il disturbo, come si suol dire." "Mi dispiace, Beniamino, credimi." "Ti credo. Lui non può darti quello che io... ma magari ti darà altro: lo spero. E deve essere qualcosa che vale..." poi, rivolto al crocifisso, mormorò: "Perché io lo amo, capisci? Trattalo bene, perciò... Mi stai a sentire? Te lo lascio ma... guai a te se..." disse il ragazzo scoppiando a piangere e fuggì dalla chiesa.
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