PRETE PER SEMPRE | CAPITOLO 10 - CIELO SENZA NUBI |
Tutta la storia di Matteo e Ugo, fece riflettere a fondo il vescovo su quanto era avvenuto fra lui e Beniamino. Non avrebbe potuto agire diversamente, in coscienza: per lui era più importante il voto fatto, quindi non aveva potuto che rimanergli fedele. Ma Beniamino, quanto ne aveva sofferto per causa sua? Ora era felice? O al ragazzo era rimasta una cicatrice insanabile? Alla fine, chiese al Signore una grazia: "Fammi avere notizie di Beniamino, ti prego, fai in modo che io sappia se gli ho fatto del male e se così è, che possa chiedergli perdono. Ti chiedo troppo, Signore? Se così fosse... fiat voluntas tua, non mea, Domine!" concluse il vescovo. Il Signore lo ascoltò; non subito, ma lo ascoltò. Era Natale e Monsignor Marco era andato a celebrare la messa di mezzanotte nella nuova cappella dell'Ospedale maggiore. Terminata la messa, volle complimentarsi col pittore che aveva affrescato la cappella: era un giovane di ventotto anni, tre meno del vescovo, di nome Giorgio Sella. Un bel giovane uomo, dall'aria dolce e dallo sguardo intelligente che colpì favorevolmente il vescovo. "I vostri dipinti trasudano fede, serenità e bellezza interiore, sono più che adatti alla cappella di un luogo di sofferenza. Grazie per il vostro lavoro." "Il vostro apprezzamento mi è particolarmente gradito, Monsignor Vescovo: avevo tanto sentito parlare di voi, e quando ho saputo che voi siete vescovo qui, e che sareste venuto a consacrare e dire la prima messa in questa cappella, non sono voluto mancare." "Grazie... beh ci stiamo facendo complimenti a vicenda... di cuore, ma forse è meglio che smettiamo..." disse sorridendo il vescovo. "Il vostro senso dell'umore: anche di questo ho sentito parlare. Sapete, all'inizio, sentire tante lodi sul vostro conto, mi era sembrato un po' esagerato, ma ora... mi è bastato prima sentire la vostra predica, e poi incontrarvi e... no, non erano esagerate affatto le lodi." "Beh, avevo detto di smettere, non siete stato ai patti, allora lasciatemi dire che i vostri affreschi sono una predica in immagini, bella, dolce, che mi dice che voi dovete essere un'anima bella." "Via, Monsignore..." disse il pittore arrossendo. Poi chiese: "Posso domandarvi una grazia, Monsignore?" "Se posso, volentieri. Dite." "Ho una persona cara, che mi attende in albergo. Anche se è così tardi, vorrei che veniste a incontrarla." "In albergo? Quale?" "L'Albergo Tre Re." "Non è lontano dalla strada per casa mia. Verrò volentieri." Il vescovo disse al segretario che sarebbe rientrato da solo e, con il pittore, s'incamminò nella strada innevata. "Dite, Giorgio, un particolare dei vostri affreschi mi ha incuriosito." "Sì?" "Nella scena delle nozze di Cana, sullo sfondo, avete dipinto un castello che mi ricorda molto il castello di un paese, nel quale sono stato parroco." "Roccasella?" "Ci siete stato?" "Ci sono stato. E lì ho conosciuto la persona che voglio farvi incontrare." Monsignor Marco sentì il cuore saltargli in petto, si fermò e guardò l'altro: "Chi è?" chiese quasi sottovoce. L'altro sorrise con dolcezza e rispose: "La persona che mi ha parlato tanto di voi... sì, è lui." "Beniamino..." sussurrò emozionato il vescovo. "Lui. Ma non sa che siete vescovo qui. L'ho scoperto io, ma non gliel'ho detto e questa sera l'ho pregato di aspettarmi in albergo." "Quindi sapete di me e..." "Certo." "E... come sta, Beniamino?" "Bene, Monsignore. Bene, come vedrete voi stesso." "È... il vostro amante?" "Sì." "Sono contento. Mi sembrate una persona capace di amare." "Grazie. Ora che sapete, verrete?" "Certo. Ma perché non gli avete detto nulla?" "Volevo fargli un regalo di Natale." "Come sapevate che sarei venuto?" "Lo speravo: un po' vi conosco." disse il pittore con un sorriso amichevole. "Scusate, quando l'avete conosciuto era la primavera seguente alla mia partenza da Roccasella?" "Esatto." "E voi, per caso... avete regalato a Beniamino un castello?" chiese con viso serio il vescovo. "Come fate a saperlo? Avevo dipinto il castello di Roccasella. Conoscevo Beniamino da alcuni giorni, sentivo crescere in me un forte sentimento nei suoi confronti e volevo fargli un regalo, così... sì, gli regalai quel quadro che mi pareva il migliore fra quelli che avevo dipinto a Roccasella. E lui, quando gli ho fatto quel regalo, per la prima volta mi ha detto: ti amo, Giorgio!" "E non vi ha spiegato nulla, riguardo a quella primavera, a quel dono?" "No, perché? Avrebbe dovuto?" "Non necessariamente: ma, vedete, quando l'ho salutato per l'ultima volta, io, non so neppure il perché, gli ho detto una cosa che, dopo, mi è sembrata estremamente sciocca: gli ho detto che avrebbe trovato l'uomo giusto per lui la primavera seguente, e che quell'uomo gli avrebbe regalato un castello. Una cosa assurda, allora, capite? Una frase del tutto assurda." "Che è avvenuta, però. Le vie del Signore sono imperscrutabili, davvero." Salirono nella stanza d'albergo. Il pittore, quando aprì la porta, disse: "Beniamino? Ti ho portato il regalo di Natale: vuoi vederlo?" "Certo!" rispose dall'interno la voce allegra che il vescovo conosceva tanto bene. "Allora... guarda!" disse il pittore facendosi di lato e facendo entrare il vescovo. Beniamino era in piedi e si stava avvicinando alla porta sorridente. Si fermò di colpo, con viso attonito, e mormorò: "Marco!" "Sì, Beniamino, sono io..." "Tu qui?!" "Posso entrare?" "Non fare domande stupide! Certo! Oh, Giorgio! Questo sì che è un regalo di Natale." disse radioso il ragazzo, poi, rivolto al vescovo, gli disse: " Te l'avevo detto io, Marco, quando mi hai salutato, che il nostro non era un addio, ma un arrivederci!" "Vi lascio soli..." disse il pittore. "Non è necessario..." disse il vescovo. "Sì, avrete tante cose da dirvi. Aspetto sotto, non c'è fretta..." insisté il pittore e uscì. "Marco, che felicità vederti! Hai fatto carriera, eh?" "Mah, me l'hanno fatta fare. Beniamino, come stai?" "Bene, non mi vedi?" "Sei felice, con Giorgio?" "Certo, è lui che m'avevi detto che sarebbe arrivato, no? Ci amiamo. Tu resti sempre nel mio cuore, ma... come allora io venivo dopo di Lui, tu vieni dopo di lui, ora. Ora capisco veramente la tua scelta. E ora, grazie a Giorgio, ho fatto la pace con il tuo uomo e lo vado a trovare spesso." "Il mio uomo?" "Ma sì, quello che hai scelto, no?" "Buffo modo di chiamare Nostro Signore..." disse sorridendo divertito il vescovo. "Beh, lo è, no? Tu sei suo no?" "Già, si può dire così." "Ora vado in chiesa ogni domenica, con Giorgio, sai?" "Ne sono felice. Ero preoccupato per te, mi sentivo in colpa nei tuoi confronti." "In colpa? Che sciocco. Io, grazie a te, ho capito che cosa voglia dire amare, essere fedeli, donarsi a qualcuno. La mia felicità di ora la devo a te: per te avevo rinunciato a tutti gli altri, ma grazie a te ho saputo capire il suo amore, ho saputo dargli amore. Io ti sono enormemente grato, Marco. Tu mi hai preparato a lui, non lo capisci?" "Ne sono felice Beniamino." "E ora, so che potrei abbracciarti senza problemi: come tu non tradiresti mai Lui, io non tradirei mai il mio Giorgio..." "Anche io ero convinto di questo e invece... Ma forse tu sei più forte di me." "No, non credo di essere più forte di te, ma per l'ultima volta, vorrei abbracciarti, stare per un attimo nelle tue braccia. Ti prego..." disse con un sorriso dolce, pulito, luminoso il giovane. Il vescovo aprì le braccia e lo accolse. Si strinsero e Marco si accorse con gioia che il piacere che stava provando non era erotico, neanche un poco. Baciò Beniamino sulla fronte, si staccarono. "Grazie, Marco. Questo è davvero il più bel Natale della mia vita." "Grazie a te Beniamino. Lo è anche per me. Perché non venite domani a pranzo in episcopio? Sarei lieto di avervi a tavola con me..." "Sì, certo, volentieri: Natale con i tuoi, no? E io, al mondo, ho solo te e Giorgio." "Sì... e potete venire a festeggiare ogni Natale con me, se volete, anche senza avvertirmi: apparecchierò sempre per tre, a Natale." "Vieni, allora, andiamo a dirlo a Giorgio." Scesero e glielo dissero. Il pittore accettò con gioia l'invito. I due accompagnarono il vescovo fin sotto l'episcopio, dove si dettero la buonanotte e l'appuntamento per il giorno dopo. Monsignor Marco, salito nelle sue stanze, andò subito in cappella: "Signore, ti ringrazio: sei buono e misericordioso. Tu, il mio uomo! Io, il tuo indegno amante! Signore, benedici Beniamino e Giorgio. Dai loro serenità e amore sempre più forte. E benedici questo tuo povero amante. Grazie per il tuo dolce amore, Signore mio, Dio mio. Grazie. Ora più nessuna nuvola offusca il mio cuore."
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