PRETE PER SEMPRE | CAPITOLO 5 - TURBAMENTI |
Più tardi il maestro se ne andò e don Marco rimase solo col ragazzo. Sedette accanto al letto. Il petto di Beniamino si sollevava lieve a ogni respiro. Il lenzuolo copriva il corpo fin sotto le ascelle. Don Marco notò le braghe del ragazzo ripiegate in un angolo e capì che, mentre era assente, il medico e il maestro dovevano averlo spogliato. Il suo sguardo scese all'altezza dell'inguine, dove il lenzuolo disegnava la forma dei genitali del ragazzo. Don Marco tirò il lenzuolo sul petto del ragazzo per stenderlo e evitare quelle pieghe che gli facevano venire fantasie che non voleva. Carezzò lieve il petto del ragazzo, si chinò e lo baciò in fronte; poi andò a vedere come stava don Sergio. "Ho saputo... come sta il ragazzo?" "Non ha ancora ripreso conoscenza. È pallido come un cero e scotta." "Preghiamo per lui, visto che non possiamo fare altro, per ora. Ma dove dormirete, voi, se il ragazzo non può essere spostato dal vostro letto?" "Metterò un materasso a terra accanto al letto. È bene che gli stia vicino, se riprendesse coscienza. Ma ora, vi porto qualcosa da mangiare." "Povero don Marco, non vi ci voleva questa: ora avete due pazienti da curare!" "Non preoccupatevi. E se avete bisogno di qualcosa, suonate la campanella o mi arrabbierò con voi!" gli disse il giovane sacerdote sorridendo. Tornò accanto a Beniamino. Gli sentì la fronte: sembrava che la febbre stesse scendendo. Lo carezzò lieve su una guancia. Poi, preso il breviario, sedette a leggerlo. Di tanto in tanto guardava il volto esangue del ragazzo. Quant'era bello, anche così pallido! Chi poteva aver voluto far del male a un ragazzo così dolce? Che poteva mai essere accaduto? Andò a vedere di nuovo don Sergio alcune volte. Poi gli preparò la cena e più tardi lo aiutò a mettersi a letto. Quindi preparò qualcosa per Beniamino, caso mai si fosse svegliato, portò il piatto sul comodino, prese un materasso e lo stese a terra accanto al letto, si spogliò e si stese. Non riuscì ad addormentarsi subito. Era in pena per il ragazzo, era turbato, provava un forte desiderio di alzarsi e di andare a carezzarlo. Per fortuna il sonno arrivò. Si svegliò diverse volte e si alzò a guardarlo. Gli sistemava il lenzuolo, lo carezzava appena e tornava a stendersi. "Signore, averlo qui, nel mio letto, nudo... tu mi conosci, Signore... perché mi hai fatto questo scherzo di cattivo genere? Sai quanto mi piace Beniamino... quanto mi attrae... Signore, fallo guarire presto, è un bravo ragazzo. E aiutami a comportarmi bene con lui. Allontana da me la tentazione." Il giorno dopo Beniamino ancora non aveva ripreso i sensi. Doveva cambiargli la fasciatura. Dovette togliergli il lenzuolo di dosso e lo vide completamente nudo: quanto era bello, desiderabile! Facendosi forza, si dedicò a cambiare la medicazione. La ferita aveva i contorni bluastri, versava ancora un po' di sangue e le bende ne erano intrise. Con una pezzuola e con l'acqua in cui l'aveva bollita, la lavò delicatamente poi vi spalmò la crema che il dottore aveva lasciato. Mise le nuove bende, ricoprì il corpo del ragazzo. Andò a lavare con cura le bende che aveva tolto, poi le mise a bollire per sterilizzarle. Si occupò di don Sergio, e, quando arrivò il maestro, scese in chiesa per le confessioni. Stava confessando, quando alla grata intravide la sagoma di un uomo e riconobbe il conte: "In nomine Patris..." "Voi siete tenuto al segreto, vero?" "Certo... Quant'è che non vi confessate?" "Non ha importanza. Come sta il ragazzo, se la caverà?" "Sì, ma... Voi..." "Siete tenuto al segreto, no?" ripeté secco il conte. "Certamente... ma perché l'avete fatto, in nome di Dio? Che vi ha fatto di male il ragazzo?" "Niente, è stata una disgrazia. Lui mi ha minacciato col coltello, abbiamo lottato. Volevo solo disarmarlo, dovete credermi." "Vi credo, ma come mai lui vi minacciava? Mi sembra incredibile." "Io... io lo volevo e lui... non voleva più. Lo stavo... convincendo... poi lui ha preso il coltello e..." "L'avete spinto voi ad assalirvi, per difendersi, non è così?" "Forse. Ma lui non ha mai detto di no, prima. Lo fa con tutti, lo sapete... beh, con chiunque voglia farlo... anche con Giannotto e..." "Non siete venuto per confessare i suoi peccati." disse con dolcezza don Marco. "Sono cose che capitano. Non volevo fargli del male." "Potrebbe morire. Siete pentito?" "Per quanto è colpa mia, sì. Ma non mi interessa la vostra assoluzione." "Allora perché siete venuto?" "Perché dovevo togliermi questo peso dalla coscienza, per me, non per il vostro dio. E perché volevo sapere come sta il ragazzo. Vi farò avere i soldi per le cure." "Non è necessario." "Non potete rifiutare un'offerta." "Ci sono molti poveri, in questo paese: se proprio volete, mettete un'offerta nella bussola dei poveri." "Sì, va bene. Addio!" disse l'uomo alzandosi dal confessionale e andandosene. Don Marco, terminate le confessioni, tornò in canonica. Il ragazzo ancora non aveva ripreso i sensi e la febbre sembrava aumentata. "Non preoccupatevi, verso quest'ora aumenta sempre. Vedrete che più tardi calerà. Dovrebbe mangiare qualcosa, bere magari del latte, anzi, latte e miele. Ne avete?" gli chiese Riccardo. "Sì, un poco." "Cerchiamo di farglielo scivolare in gola..." A poco a poco riuscirono a fargliene assumere un bicchierotto. A sera la febbre era scesa di nuovo e don Marco tirò un respiro di sollievo. Sistemato don Sergio, il giovane sacerdote si preparò per andare a dormire. Prima si accostò al ragazzo e lo carezzò leve sul petto, guardandolo con affetto. "Cerca di guarire presto. Ti amo troppo, Beniamino, non so fin quando saprò resisterti. Buona notte, mio dolce amico." sussurrò, gli depose un lieve bacio sulle labbra e si stese a dormire. Durante la notte fu svegliato da un lieve rumore: veniva dalla finestra. Stupito si alzò a sedere e vide un'ombra appollaiata all'esterno. Si alzò ad aprire e, lesto, il Giannotto scivolò dentro con agilità. "Come sta? Dorme?" "Non ha ancora ripreso i sensi. Ma che ci fate voi qui?" "Come, che ci faccio? È il mio ragazzo, ho saputo e... Grazie che lo curate, ve ne sono grato. Io so chi ha cercato di ucciderlo, e gliela farò pagare." "Lo sapete?" "Sì, prete, lo so: è stato l'abate!" "L'abate? Non dite sciocchezze!" "Sì, lui: aveva minacciato il mio Beniamino." "Minacciato? E per che cosa?" "Perché l'abate voleva che firmasse una carta per far condannare il conte per sodomia e mandarlo al rogo, così si sarebbe preso le sue terre. Ma Beniamino l'ha mandato al diavolo." "E come sapeva l'abate del conte e di Beniamino?" "Anche l'abate intingeva il suo biscotto nella stessa zuppa: sono tutti uguali. Anzi, chi ha insegnato a Beniamino, quando aveva quattordici anni, è stato proprio quel degno uomo di dio, prete, non lo sapevi? Ma gliela farò pagare, parola di Giannotto." "No no, non potete essere sicuro che l'abate c'entri. Forse non è stato lui." "E come fai a dirlo?" "Lo dico... E voi, non aggiungete altro sangue al sangue già versato, ve ne scongiuro." "Ha cercato di uccidere il mio ragazzo! Non dovrei fargliela pagare?" "Non potete essere sicuro che sia stato l'abate. Promettetemi almeno che aspetterete che Beniamino possa dirvi chi è stato..." "Sì, questo sì... posso aspettare. Bene, abbi cura di lui, prete. So che è in buone mani... Addio." "Abbiate cura di voi, Giannotto. E non rischiate la vostra vita venendo in paese." "Sto in pensiero per lui." "Se metterò un vaso a questa finestra, significherà che ci sono problemi, se no, che tutto sta andando bene, d'accordo?" "D'accordo. Sei un uomo buono, tu. Ti stimo, prete. Grazie e addio." "Se avrete bisogno di me... mandatemi a chiamare." "E tu se hai bisogno di me. Addio." ripeté il bandito e scivolò via dalla finestra, nel buio della notte. Don Marco era leggermente scosso: la notizia che anche l'abate fosse uno dei clienti del ragazzo, e che tramasse in quel modo per far fuori il conte, gli sembrava enorme! "Signore, perché l'uomo che tu hai creato deve giungere a fare cose come queste? Davvero, i più disprezzati a volte ti sono più vicini dei ricchi e dei potenti: sembra quasi più onesto Giannotto che il conte o l'abate. Che fare, che dire? Pregare per loro, povera gente che non conosce l'amore." Il terzo giorno, don Marco stava seduto accanto al letto e carezzava una mano di Beniamino, quando questi gemette. "Beniamino?" sussurrò il sacerdote. "Marco..." disse il ragazzo. "Beniamino!" ripeté questi accostandosi e carezzandogli una guancia. Capì che il ragazzo non era ancora cosciente, ma che, nell'incoscienza, aveva mormorato il suo nome. Questo gli diede un senso di gioia. Carezzò ancora il ragazzo, lo baciò lieve sulle labbra. La sua mano scese sul petto del ragazzo, e si sentì come un gran calore addosso, il desiderio lo bruciava. Lo baciò di nuovo, eccitato, poi si staccò, sentendosi le tempie battere forte, tremante: non doveva, non doveva, non doveva... Sedette quasi spossato. "Ti amo, Beniamino..." sussurrò sentendo che lagrime calde gli rigavano le gote. Aveva vinto la battaglia. Scoprì il ragazzo e gli cambiò la medicazione, quindi lo coprì di nuovo e andò a prendersi cura del vecchio parroco. Venne il maestro a dargli il cambio e don Marco andò in paese a visitare i malati. Ai campi badava il figlio del maestro e alla scuola la moglie. Tornato in canonica, si sentì in dovere di ringraziare l'uomo. "Che farei senza di voi? Siete i miei sostegni più preziosi qui in paese." "Oh, è ben poca cosa quello che facciamo noi rispetto a quello che fate voi, don Marco: voi siete la benedizione del cielo, per questo paese. La gente vi vuole bene, sta tornando in chiesa a poco a poco. Siete davvero il padre di tutti, nonostante siate tanto giovane." "Eppure, mi sento così inadeguato. Mah, che il Signore ci assista." "Il Signore è con voi, non c'è alcun dubbio." "Oh, maestro Riccardo, se sapeste invece quali prove, quali problemi..." "Beniamino, immagino. Lo amate, vero?" disse allora il maestro con dolcezza. Don Marco lo guardò sorpreso, poi, letta nello sguardo dell'uomo una profonda comprensione, chiese con un filo di voce: "Si vede così tanto?" "Io, per lo meno, me ne rendo conto." "È una battaglia dura, sapete?" "Lo immagino." "E non so se... quanto potrò ancora resistere. Mi sento così debole." "Chi di noi non è debole? Don Marco, se le parole di un uomo anziano che ne ha viste di ogni colore possono esservi di conforto... nessun uomo deve vergognarsi di amare, mai, per nessun motivo." "Ma l'amore spirituale è un conto, quello carnale..." "Non c'insegnano che l'uomo non è carne a cui è stato appiccicata un'anima, ma è un tutt'uno? E allora, come si può fare, in alcuni casi, a distinguere amore carnale da amore spirituale?" "Voi dunque, maestro, giustifichereste anche..." "Non sono un teologo. Ma penso che Nostro Signore è prima di tutto misericordioso. E che Lui, giustifichi ciò che facciamo per amore. Ma forse sono un eretico, chissà." "Siete un uomo buono..." "Uno solo è buono: Dio!" "Già."
"Beniamino, va tutto bene, non ti agitare. Devi stare tranquillo, guarirai presto. La ferita non peggiora, sembra migliorare, anzi, e anche la febbre sta calando. Stai tranquillo, ragazzo." "Marco..." "Sì, sono qui." "Marco..." "Sì Beniamino." "Sono ancora vivo?" "Certo." I loro occhi si incontrarono e don Marco vi lesse un amore profondo, grande, sincero, totale. E anche Beniamino lesse lo stesso sentimento negli occhi dell'altro. Si guardarono a lungo, sorridendo lievi. Beniamino sollevò una mano e carezzò il volto dell'altro chino su di lui. "Sono ancora vivo." disse dolcemente. "Sì, grazie a dio." "Mi sento stanco... mi fa male..." "Guarirai." "Sì. Perdonami." "E di che?" "Non potrò aiutarti, per un po'. È il tuo letto, questo? La tua camera?" "Sì." "E tu, dove dormi?" "Qui accanto." "È notte, vero? Ti ho svegliato." "Ti va di mangiare qualcosa." "Grazie..." Don Marco, tenendogli sollevato il capo, lo imboccò con premura. "Ora vorrei dormire..." disse il ragazzo sfinito. "Certo. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami: non ti devi muovere o la ferita si può riaprire: sta chiudendosi a poco a poco." "Grazie, Marc.." mormorò il ragazzo e piombò in un sonno profondo. Il fatto che il ragazzo lo chiamasse Marco e non don Marco, fece piacere e turbò il giovane sacerdote: era come se Beniamino gli dicesse: non vedo in te il sacerdote, ma un uomo, un uomo che mi ama, che amo... Sì, anche Beniamino lo amava, ne era certo, l'aveva letto nel suo sguardo. E questo rendeva tutto più difficile: uno può rassegnarsi ad amare senza essere amato, a non dare spazio al proprio sentimento, ma così... Tutto divenne anche più difficile quando dovette medicarlo: ora il ragazzo era cosciente, e il sacerdote si rendeva conto che il ragazzo era eccitato nel sentirsi toccare dalle sue mani lievi e l'eccitazione del ragazzo si trasmetteva a lui, fortissima, tanto da fargli tremare le mani. Così, con la scusa di aver bisogno di aiuto, prese a medicare il ragazzo mentre c'era Riccardo. Come dio volle, Beniamino guarì. Fu chiamato il medico che disse che il ragazzo poteva lasciare il letto. Così Beniamino tornò all'osteria. All'inizio, il fatto che rifiutasse le prestazioni sessuali con i clienti, fu imputato al fatto che fosse ancora in convalescenza, ma poi Beniamino chiarì con l'oste che non intendeva più prestarsi. L'oste ne prese atto senza problemi. Non era certo su quello che lui contava per guadagnare. Beniamino incontrò Giannotto: questi subito gli chiese chi l'avesse accoltellato. "Una disgrazia, nessuno voleva uccidermi." "Ma chi? Non è stato l'abate?" "L'abate? Ma che vai pensando? Un tale che voleva fottermi e io non volevo. Aveva un coltello da potatore al fianco e lottando, per disgrazia..." "Allora aveva ragione il prete." "Hai parlato con lui?" "Sì, una notte. Chi era quell'uomo?" "Ma che importanza ha, ormai: sto bene, no?" "Sì. Ho aspettato tanto questo momento: vieni, facciamo l'amore." Beniamino ci fece l'amore, ma poi gli disse che quella era l'ultima volta, che non poteva più fare l'amore con lui. Giannotto lo guardò con aria strana. "Tu ti sei invaghito del giovane prete, eh?" "È vero." "Avete già fatto l'amore?" "No. Mai." "E speri di farlo?" "Certo." "E per questo non vuoi più farlo con me." "Esatto." "Lo immaginavo già da prima. Quell'uomo è particolare, ti penetra nell'anima. Anche se tu speri che ti penetri altrove, eh?" ridacchiò malizioso il bandito. Beniamino sorrise dolcemente: "Certo che lo spero. Anche lui mi ama." "Te l'ha detto?" "No, me l'hanno detto i suoi occhi." "I suoi occhi: sono un'arma pericolosa. Mah, se mi avessi lasciato per un altro mi sarei arrabbiato, ma... Io ti voglio bene, Beniamino. Ti auguro di essere felice, col tuo prete. Amici?" "Certo, Giannotto, amici."
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