PRETE PER SEMPRE | CAPITOLO 6 - LA PREGHIERA |
Beniamino un pomeriggio entrò in chiesa e si inginocchiò a un banco. E pregò: "Dio, davvero mi eri vicino quando quei due soldati mi hanno violentato? Davvero stavi morendo in croce e perciò non potevi venire? Davvero mi vuoi far risuscitare con te?" chiese confuso guardando il crocefisso. "Beh, sei uno strano dio, ma... se Marco si fida tanto di te, forse sei un dio in gamba. E allora, fai in modo che io e Marco possiamo amarci. Cavolo, come si fa a parlare con te che non rispondi mai? Uno parla, parla e non sa neppure se tu stai a sentire o no. E Marco che è l'uomo più straordinario del mondo e quando mi guarda mi sento sciogliere tutto. Ma tu lo sai che sono sensazioni bellissime? Chissà se puoi capirle, tu? Hai mai avuto un ragazzo, o una ragazza tu? Ma, forse un dio non ne ha bisogno, no? Va beh, senti, adesso devo andare. Ci rivediamo, però, eh?" pensò e si alzò. In quel momento una vecchia appena entrata in chiesa, lo apostrofò: "Che ci sei venuto a fare tu in chiesa, poco di buono? Volevi rubare qualcosa?" "Ma che dite? Sono venuto a pregare!" "Sì, pregare tu! Come se in paese non sapessero tutti quello che sei... Fuori di qui, svergognato!" In quel momento si avvicinò don Marco: "Donna, che dite? La casa di dio è sempre aperta a tutti, non avete il diritto di dire certe cose." "Ma reverendo..." "Andate a chiedere perdono a dio, è meglio. Ricordatevi che ha detto: non giudicare se non vuoi essere giudicato. Tre Pater Ave e Gloria per penitenza!" "Marco... che grinta!" "Sono stato troppo brusco, dio mi perdoni." "Allora, posso tornare in chiesa?" "Quando vuoi." "Hai visto, sei riuscito a convincermi a mettere piede in chiesa." "Io? Io non ho fatto nulla. Comunque sono contento." "Guarda che non l'ho fatto per farmi vedere da te. Credevo che stavi a scuola." "No, non oggi. Mi hanno mandato via: mi sa che stanno tramando qualcosa alle mie spalle." disse don Marco sorridendo. "Alle tue spalle? Niente di cattivo, ne sono sicuro: chi potrebbe volerti male?" "Mah... credo che sia perché fra pochi giorni è un anno che sono arrivato." "Già... È già passato un anno. A volte mi pare che tu sia sempre stato qui." "È vero, anche a me fa quest'effetto." "Ormai sei uno di noi." "Grazie." "E fatti vedere all'osteria, eh?" "Certamente." Il cardinale mandò a chiamare don Marco proprio il giorno prima del suo anniversario. "Oh, don Marco. Ho piacere di rivederti. Come stai?" "Bene, grazie a Dio." "Sì, lo vedo. E come ti trovi a Roccasella?" "Molto bene. C'è molto lavoro da fare." "Sì e so che ti stai dando da fare parecchio. E ho anche avuto alcune lamentele." "Lamentele? Dite, se ho sbagliato qualcosa..." "Lamentele che ti fanno onore. Pare che il signor abate non veda tanto di buon occhio la tua attività: fai lavorare i poveri e i campi della parrocchia cominciano di nuovo a rendere, hai riaperto la scuola e i ragazzini stanno imparando a leggere e scrivere, fai suonare in chiesa i violini... ah, a proposito, ho deciso di assegnare alla parrocchia una somma per far riparare l'organo. E la gente ricomincia ad andare in chiesa. E poi, scandalo su tutti gli scandali, frequenti persino l'osteria che appartiene proprio al signor abate. Possedere un'osteria, a quanto pare, non è male, ma a andarci a bere un buon bicchiere di vino sì. No, caro don Marco, non ti preoccupare, il signor abate non ha trovato in me un buon ascoltatore. Continua così, sono lieto di aver mandato te a Roccasella. E visto che il maestro Perri mi ha comunicato che domani ci sarà una festa in tuo onore, ho deciso di fare proprio domani la visita canonica alla parrocchia del caro don Caselli. Come sta don Sergio?" "Non male, Eminenza, ma sta declinando giorno dopo giorno, dolcemente." "Lo rivedrò con piacere. Bene, stanotte dormirai qui a palazzo e domattina presto partiremo con la mia carrozza per Roccasella. Il tuo cavallo lo monterà il canonico Stazzi che ci accompagnerà, così avrai tempo di raccontarmi in dettaglio. Ora ho da fare, vorrai scusarmi." "Benedicite." "In nomine domini. A domani, don Marco."
Celebrata la messa, il cardinale salì in canonica a far visita al vecchio parroco. "Eminenza, avrei voluto scendere per accogliervi, ma le mie povere gambe..." "Comodo, comodo don Caselli." disse il porporato mentre don Marco si ritirava lasciandoli soli. "Allora, che mi raccontate di bello?" "Eh, Eminenza, sono contento di potervi rivedere: non ci sarò più il prossimo anno." "Che dite?" "Sì Eminenza, toglierò il disturbo, in punta di piedi. Ormai la parrocchia è in ottime mani. Vi ringrazio di avermi voluto mandare don Marco: è veramente un uomo di dio. Ha una dolcezza, una forza, un vigore, una tenerezza che fanno di lui un uomo eccezionale. È saggio, brilla per pietà, fa prediche incredibilmente belle per dottrina e per carità." "Sono lieto di sentirvi dire queste cose: era il migliore allievo in seminario." "Mi avete trattato più che bene, mandandomelo. È per me come un figlio, premuroso, affettuoso. Perciò posso andarmene in pace, sereno. E aiutarlo di lassù come non posso fare di quaggiù." "Come potete essere così sicuro di..." "Sapete tenere un segreto, Eminenza? Come se parlassi in confessione?" "Ne dubitate?" "No, certo. Il fatto è che... ho avuto una visione. Non è la prima volta che il Signore mi benedice così: sapevo che sarebbe arrivato un nuovo prete e quando, prima che arrivasse; sapevo che avrebbe risollevato il paese, e in quest'ultima visione, so che morirò il primo novembre alle tre del pomeriggio, quindi mi sto preparando." "Avete avuto altre visioni? Volete parlarmene?" "Certo, Eminenza: don Marco passerà una difficile prova e lascerà questo paese il prossimo anno. Sarà ordinato vescovo a ventisette anni e sarà un santo vescovo. Fra due anni scoppierà una guerra ma il paese non ne soffrirà... Queste sono le visioni che ho avute. Non so se sono frutto della vecchiaia, ma io le credo autentiche. Non ne ho mai parlato a nessuno, ma a voi... fatene l'uso che volete." Il porporato annuì: "Non stento a credervi, don Caselli. Bene, quando andrete in cielo il primo novembre, siate il patrono speciale di don Marco: lo affido alla vostra bontà." "Contateci, Eminenza."
A fine estate, i soldati del conte riuscirono a fare un'imboscata a Giannotto e a massacrare tutta la sua banda. L'uomo, gravemente ferito, riuscì ad arrivare a cavallo fino alla chiesa mentre don Marco stava confessando: le donne fuggirono spaventate nel vedere l'uomo coperto di sangue. Don Marco, uscito dal confessionale, corse a sostenerlo e lo fece stendere su un banco. "Giannotto!" "È... è finita, il bastardo mi ha fregato. I soldati... mi sono alle calcagna, arriveranno a prendermi..." "La chiesa gode di diritto d'asilo, non potranno entrare a prenderti." "Volevo vederti, prima di andarmene." "Sì Giannotto." "Ho dell'oro qui con me: non molto ma... dallo a Beniamino da parte mia, lo farai?" "Certamente." I soldati arrivarono e fecero per entrare in chiesa. Don Marco sbarrò loro il passo: "Non potete entrare, questa è la casa di dio e qui c'è diritto di asilo!" "Fatelo uscire, allora!" "Mai!" "Non ci muoveremo di qui, la chiesa è circondata. E se non uscirà prima del tramonto del sole, incendieremo la chiesa!" "Non potete farlo, lo sapete bene. Provate a chiederlo al signor conte. Comunque, se mai, bruceremo qui dentro, Giannotto e io. E che il Signore vi perdoni!" disse don Marco e sbarrò la porta della chiesa. "Non ti manca davvero il coraggio, eh, prete?" disse Giannotto con un sorriso quando il giovane gli tornò accanto. "Avevo una fifa incredibile, invece." "Anche quella volta della processione?" "Certo." "Allora sei doppiamente eccezionale. Ehi, di', sarà tanto brutto l'inferno?" "Temo di sì, ma perché? Mica avrete l'intenzione di andarci, no?" "E che posso fare: ho rubato, ucciso, saccheggiato." "Basta che vi pentiate di cuore." "Non lo so se sono pentito. Beh sì, di alcune cose sì." "Cominciate a chiedere perdono di quelle, allora... Il Signore è buono, vi ascolterà." "Ma ne ho fatte tante. Tu mi perdoneresti?" "Di cuore, Giannotto, di cuore." "Perché tu sei buono." "Il Signore lo è infinitamente più di me, perciò... fidatevi di lui. Vi aspetta come un figlio, come il migliore dei suoi figli..." "Credi davvero che sia disposto a perdonarmi?" "Sa quanto avete sofferto, sa che non siete cattivo." "Non sono cattivo?" "Non più di me o di chiunque altro. Affidatevi a lui." "Se ti avessi conosciuto prima, forse..." "Mi conoscete adesso: non è mai troppo tardi..." disse don Marco reggendo la testa del moribondo in grembo e carezzandogli i capelli scarmigliati e intrisi di sangue. "Sì, mi dispiace per tutto quello che ho fatto di male. Anche per il male che posso aver fatto senza rendermene conto. Te ne chiedo perdono, prete..." "Non a me, ma a lui..." "Di lui mi vergogno, tu sei il suo uomo. Chiedi tu perdono a lui da parte mia, a te darà retta. E chiedi perdono a tutti, da parte mia." "Sì, Giannotto, va bene: io ti assolvo, in nome del Padre e del Figlio..." l'uomo spirò, "...e dello Spirito Santo. Amen. Riposa in pace, ora, Giannotto, fratello mio." disse don Marco, il volto rigato di lagrime, carezzando la guancia ispida dell'uomo. Don Marco decise di fare funerali regolari per Giannotto e, durante la predica della funzione, disse che con le sue ultime parole il bandito lo aveva incaricato di chiedere perdono a tutti. Molti piansero, assieme a don Marco. Dopo la funzione dette l'oro a Beniamino da parte di Giannotto. Questi gli disse: "Hai fatto una predica bellissima, Marco, grazie. Giannotto non era un uomo cattivo. Tu l'hai capito." "Ti voleva bene." "Lo so. Anche io gliene ho voluto."
Nel mese di ottobre, don Marco andò con Beniamino ad aiutare i vignaioli della parrocchia per la vendemmia. A sera, mentre stanchi tornavano verso il paese, Beniamino, saltellando per i campi, si slogò una caviglia. "Oh, che male... non riesco a camminare..." "Fermo, aspetta. Te la fascio e poi ti riporto io in paese." gli disse don Marco. Si chinò a fasciargli stretta la caviglia, quindi lo prese in braccio e lo sollevò. Beniamino gli cinse il collo con le braccia. Si sorrisero, don Marco stava per riprendere la strada, quando Beniamino lo baciò con forza in bocca, carezzandogli il volto. Il giovane sacerdote si sentì come avvolto da fiamme, le gambe gli cedettero e sedette a terra. Beniamino lo abbracciò, lo baciò ancora, lo carezzò per il corpo. Don Marco rispose al bacio, carezzò il corpo del ragazzo, sentendosi emozionato. "Prendimi..." implorò il ragazzo. Don Marco si staccò da lui. Con dolcezza, gli disse: "Torniamo in paese." Il ragazzo si morse un labbro, poi disse con voce roca: "Va bene." Don Marco lo riprese in braccio, si avviò a passo svelto e lo portò fino all'osteria. Per alcuni giorni il sacerdote fu terribilmente turbato. Alla fine, chiese a don Sergio di confessarlo: "Perdonatemi padre, perché ho peccato." "Il signore misericordioso t'ascolti e benedica. Vi aspettavo, don Marco... Dite." "Io... io sono innamorato." "Capita, figliolo. Sei giovane." "Sì, ma... mi sono innamorato di Beniamino!" "Sì? È un ragazzo dolce... bello..." "Ma è un ragazzo. Io ho sempre avuto questo problema, credevo di saperlo tenere a freno e invece..." "Il fatto di essere innamorati, non è peccato." "Ma io l'ho baciato, carezzato... stavo per fare altro, avevo perso la testa... Stavo per tradire il voto fatto... e con un ragazzo..." "Non cambia la cosa se fosse stata una ragazza." "Ma un sacerdote non dovrebbe..." "Non hai imparato nulla dalle confessioni? Un sacerdote non è diverso da un uomo sposato, né più né meno. Anche l'uomo sposato può invaghirsi, innamorarsi di un'altra donna. E forse anche tradire la propria moglie: fa parte della debolezza umana. Ma se si rende conto di aver sbagliato, ottiene il perdono. Noi sacerdoti, figliolo, rispetto agli uomini sposati, abbiamo un vantaggio e uno svantaggio: non possiamo restare vedovi e risposarci, ma possiamo chiedere la dispensa dai voti se non riuscissimo a mantenerli..." "Ma con un ragazzo..." insisté don Marco confuso. "Non sei stato tu a scegliere, c'è chi si sente attratto dal sesso opposto chi dal proprio sesso. È un mistero, non sta a noi giudicarlo: specialmente se ciò che ci spinge è amore e non solo libidine." "Ma c'era anche libidine..." "L'amore nel suo aspetto fisico si manifesta proprio con il desiderio: il forte desiderio di appartenere all'altro, di donarsi. Tu, figliolo, ti sei donato a Dio, e ora senti che vorresti donarti a un essere umano che ami. Sei confuso perché ti senti dilaniato fra due amori. Devi solo capire quale dei due è più forte e restargli fedele." "Io voglio restare sacerdote... anche se indegno." "Siamo tutti indegni. Se davvero la tua scelta è questa, cerca di non cedere alla tentazione. Cerca di restare fedele alla promessa." "Ma se non ci riuscissi?" "Come ogni uomo sposato, riconosci il tuo errore e chiedi perdono e riprovaci. Ma non angustiarti: ama, figliolo, ama e sarai libero." "Se invece avessi scelto Beniamino?" "Ama, figliolo, e sii libero: ti assolvo dal tuo peccato." disse a voce fioca il vecchio prete, reclinò il capo e spirò. Erano le tre del pomeriggio del primo novembre.
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