LA GARA PIÙ DIFFICILE CAPITOLO 8 - VERI AMICI

Jacques Berthier tornò a casa nel primo pomeriggio e volle subito incontrare Jean Paul.

"Ragazzo mio, ho visto quello che vi è accaduto e, in un certo senso, me ne sento quasi responsabile..."

"Lei? Non capisco."

"Se non avessi detto a Claude di me e Robert, forse tu non avresti avuto il coraggio di rivelare a Robert quello che provavi per lui, e ora..."

"Credo che comunque non avremmo potuto tener nascosto a lungo un sentimento che era reciproco..." disse Jean Paul con tristezza.

"Può darsi. Comunque fra poco sarà qui l'avvocato Duhamel per darci un consiglio legale."

"Duhamel? Non credo di potermi permettere un avvocato così famoso, io."

"È l'avvocato di famiglia e non ti costerà nulla. Gli chiederò anche di occuparsi di Robert: è un caro amico e voglio aiutare anche lui."

"Lei è veramente gentile, signor Berthier. Come potrò mai ripagarla?"

"Non devi preoccuparti di questo. Se sarai espulso dalla federazione rischi di perdere anche il lavoro, immagino. Ti avevano trovato loro un posto, vero? Dove eri impiegato?"

"Alla Renault come addetto di segreteria. In realtà non ho mai messo piede in ufficio. Mi versavano lo stipendio in banca per permettermi di fare sport come dilettante."

"Già. Non so se Duhamel riuscirà a evitarti il licenziamento, ora."

"Pensavo di cercarmi un altro lavoro, comunque."

"Prima sentiamo l'avvocato. Un altro problema potrebbe essere il tuo alloggio..."

"Per ora è assediato dai giornalisti, ma dovranno andarsene, prima o poi."

"Se fossi in te, cambierei casa, comunque. Ho viso che hanno pubblicato il tuo indirizzo e temo che rischi di ricevere telefonate o lettere anonime per un bel pezzo, a quell'indirizzo. Ma a questo penseremo in seguito. Puoi rimanere qui, almeno per un po'. Hai notizie di Robert?"

"No, signor Berthier. Ho provato a telefonargli, ma la linea è sempre occupata..."

"Avranno staccato il telefono, immagino. Povero Chambret... chissà come ha reagito la moglie? Tu ti sei già messo in contatto con la tua famiglia?"

"No, non ancora."

"Telefona, credo sia opportuno. Puoi usare questo telefono. Io esco così puoi parlare più liberamente..."

"No, la prego, resti..."

"Come desideri. Ecco, fai il numero."

Jean Paul compose il numero di casa. Era libero. Dopo pochi squilli sentì rispondere: era suo padre.

"Papà... sono Jean Paul."

"Ah, giusto tu! Da dove chiami?"

"Da Parigi..."

"E cosa vuoi? Cosa vuoi da noi? Non avrai mica intenzione di venire qui, no?"

"Non... non mi volete?"

"Per cosa? Per essere segnati a dito anche più di adesso? Per ricevere altre telefonate anonime? Per avere più giornalisti ad assediarci? Per farci morire prima?"

"Ma... papà..."

"No! Io non sono più tuo padre. Sarebbe stato meglio venire a sapere che eri morto, piuttosto che vedere quelle foto su quella rivista."

"Vuoi che mi uccida? È questo che vuoi?"

"Sono affari tuoi, non mi riguardano più. Fanne quello che ti pare, della tua sporca vita!"

"Scusa se ti ho disturbato, allora."

"Non chiamare più. Non esisti più, per noi."

"Ho capito... ma io... io vi amo sempre." disse Jean Paul, e posò il telefono.

Cercava di non piangere, ma una lacrima brillò in un angolo del suo occhio.

Jacques gli posò una mano sulla mano: "A volte, quando si è sotto l'effetto di un'emozione violenta, non si dice quello che veramente si pensa, Jean Paul. Non dare troppo peso a quello che ti ha detto tuo padre... Il tempo ridimensionerà le cose, vedrai."

"Lo spero..." mormorò il giovane.

Claude gli cinse le spalle con un braccio: "Non sei solo, Jean Paul. Ci siamo noi..."

"Sì, grazie. Se avessi ucciso qualcuno forse m'avrebbe almeno chiesto perché l'ho fatto... avrebbe almeno cercato di capire..."

"La nostra civiltà ha sempre demonizzato la sessualità... Anche la chiesa pare la consideri il peccato per eccellenza. Si fa, ma non si dice. Viviamo in un mondo ipocrita, mio povero Jean Paul. Dovrebbero proibire ai mass media di mettere il naso nella vita privata della gente, di distruggerla in questo modo!"

"Non si può denunciarli, papà?" chiese Claude.

"Temo di no. Hanno avvocati che dicono loro quali articoli pubblicare e come, quali foto... ma di questo ne parleremo con Duhamel. Se si potrà intentare una causa lo faremo. Ah, e ho parlato con mamma. Jean Paul mangerà a tavola con noi, d'ora in poi."

"Non è necessario. Non voglio disturbarvi, crearvi dei problemi..." disse il giovane.

"No, tu sei nostro ospite... e ospite gradito. Devi essere trattato come tale. Farò preparare la stanza degli ospiti. Di qualsiasi cosa tu possa aver bisogno, basterà che tu lo dica a Claude o a me e faremo tutto il possibile, Jean Paul."

"Mi dispiace..."

"E senza complimenti, d'accordo?" lo interruppe il padre di Claude con un caldo sorriso.

Arrivò l'avvocato Duhamel e parlò a lungo con Jean Paul.

Alla fine l'avvocato disse a Jacques: "Non so che cosa potrò fare, signor Berthier. Temo che legalmente non potremo evitare né l'espulsione di Godefroy né la perdita del lavoro. E temo che anche contro la rivista potremo fare poco o nulla. Se avessero messo delle cineprese nell'appartamento, o qualcosa del genere, sarebbe certamente violazione della privacy. Ma essendo le finestre della stanza aperte, per la legge sono loro che hanno commesso l'atto in pubblico. Comunque studierò attentamente il caso... Se troveremo un qualche minimo appiglio, faremo qualcosa."

Passarono i giorni. Berthier venne a sapere che gli Chambret non abitavano più a quell'inirizzo. Tramite Duhamel riuscì a rintracciare Françoise e seppe che la donna aveva cacciato il marito e che stava facendo le pratiche per il divorzio. Ma non sapeva che fine avesse fatto Robert. Pareva scomparso nel nulla.

Claude aveva ripreso gli allenamenti. Gli atleti erano scontenti del nuovo allenatore, ma stavano facendo del loro meglio. Il tribunale sportivo convocò Robert ma questi non si presentò:molto probabilmente non aveva neppure ricevuto la lettera di convocazione, perché era stata mandata al suo vecchio indirizzo. Robert fu espulso dalla Federazione per "condotta immorale e deontologicamente scorretta".

Fu convocato Jean Paul.

"Jean Paul Godefroy, lei è accusato di avere una relazione sessuale con l'ex allenatore Robert Chambret. Si dichiara innocente o colpevole?"

"Dichiaro che la mia vita privata non riguarda questo tribunale." ripose Jean Paul tranquillo.

"Stia attento che può essere accusato di mancanza di rispetto verso questo organo federale." disse il giudice sportivo.

Jean Paul non rispose.

"Da quanto tempo dura la sua relazione con il signor Chambret?" chiese il giudice.

Jean Paul non rispose.

"In questo modo lei non migliora certo la sua posizione..." lo ammonì il giudice.

"Non rispondo a domande che non sono pertinenti a problemi di giustizia sportiva." rispose il ragazzo che era stato istruito da Duhamel. Poi aggiunse: "Chiedo che siano messe a verbale tutte le mie parole, oppure mi rifiuterò di parlare."

"Lei crede di essere furbo, signor Godefroy?" chiese un altro giudice.

"Non vedo il segretario verbalizzare né le vostre parole né le mie." rispose Jean Paul.

"Il verbale sarà steso alla fine del procedimento e sarò io stesso a dettare quello che vi dovrà comparire." disse un terzo giudice.

"Allora il procedimento è finito. Io esco."

"Lei non può..."

"Se mi trattenete contro la mia volontà, diventa sequestro di persona." disse Jean Paul e uscì.

Fuori lo aspettavano Claude e Duhamel. Riferì loro il breve colloquio avuto e passò a Duhamel il miniregistratore che aveva in tasca.

"Comunque le parole esatte sono tutte qui." disse Jean Paul.

"Hanno registrato anche loro?" chiese Duhamel.

"Mi pare di sì," disse il ragazzo, "per lo meno sul tavolo c'era anche un registratore, e credo che stesse funzionando."

"Molto bene," disse l'avvocato, "questo nastro sarà pubblicato dal Nouvel Observateur che sta preparando un articolo sulla giustizia sportiva. Diranno che è una copia della registrazione fatta dai giudici, tanto per confondere le acque. Lei dovrà solo dirci a chi corrispondono le voci, Jean Paul. Non potremo annullare le loro decisioni, ma almeno faremo perdere loro la faccia."

"Ma il Nouvel Observateur è dalla nostra parte?" chiese Claude.

"Non esattamente, ma è contro un certo modo di amministrare la cosiddetta giustizia sportiva." rispose l'avvocato.

Jean Paul girò per cercare lavoro, ma era subito riconosciuto e, con le più varie scuse, gli veniva sistematicamente negato un posto.

Era passato più di un mese dalla pubblicazione degli articoli-scandalo. Jean Paul aveva cercato Robert, aiutato anche dagli ex compagni di squadra, ma l'uomo sembrava scomparso nel nulla. Anche il padre di Claude l'aveva fatto cercare, incaricando un'agenzia investigativa, ma senza successo.

Il Nouvel Observateur aveva pubblicato l'articolo sulla giustizia sportiva e questo aveva suscitato un grosso dibattito. I tre giudici sportivi erano stati costretti a dimettersi, ma l'espulsione dei due non era stata revocata. Anche perché al tempo stesso si continuava a parlare dello "scandalo Chambret-Godefroy" o dello "scandalo del decathlon" come lo chiamavano ormai i giornali.

Jean Paul era sempre più depresso. Claude, Georges e Xavier, i tre figli di Jacques Duhamel, e anche questi, cercavano di ridare fiducia a Jean Paul, ma con sempre minore successo.

Una sera, dopo cena, Jacques disse al ragazzo: "Ti andrebbe di fare il tassista, Jean Paul?"

"Qualsiasi lavoro... farei qualsiasi lavoro... ma un taxi costa, non ho abbastanza soldi. E poi bisogna vedere se mi daranno la licenza."

"Hai la patente, no?"

"Sì, anche se non ho quasi mai guidato."

"Dovrai solo passare l'esame per la licenza. Te la senti di prepararti?"

"Posso provarci, ma..."

"Se superi l'esame, mi assicurerò che non ti venga negata la licenza. E il taxi te lo compriamo noi."

"Non posso accettare... io..."

"Ci restituirai poco per volta la somma, se vuoi, man mano che guadagnerai abbastanza. Allora, accetti?"

"Ci proverò, signor Berthier. Non so davvero come ringraziarla..."

"Riuscendo. Comincia a informarti bene sull'esame e inizia a prepararti. Per cominciare ad allenarti e rifarti la mano alla guida, comunque, puoi usare la due cavalli che abbiamo in garage e che non usa nessuno. E puoi fare servizio alla mia banca come fattorino. Ti assumo io, con un contratto a termine."

"Papà, non potresti assumerlo fisso?" chiese Xavier.

"Certo, potrei. Ma credo che per Jean Paul sia meglio avere un lavoro indipendente. Non deve pensare che ha un lavoro solo per amicizia. Deve essere sicuro di essersi guadagnato il suo pane per il proprio valore, per le proprie capacità. Sbaglio, Jean Paul?"

"No, affatto. Comunque mi sta aiutando più di quello che io meriti..."

"No, non mi pare. Ti sto solo dando una possibilità, quella che altri, dalla mente gretta, ti hanno negato. Tutti dovrebbero avere una possibilità, nella vita. A te ne hanno tolta una, secondo me ingiustamente. Io voglio offrirtene un'altra, anche se so bene che non è paragonabile all'oro olimpico."

"Farò del mio meglio, signor Berthier."

"Non ne dubito affatto, ragazzo mio."

"Se solo si riuscisse a trovare Robert..." mormorò Claude.

"Lo continueremo a cercare," disse Jacques, "ci tengo moltissimo anche io."

"Non capisco perché non si fa vivo..." disse pensieroso Jean Paul.

"Anche lui è senza lavoro, adesso, vero papà?" chiese Georges.

"Temo di sì... Forse si farà vivo quando lo avrà trovato..."

"Io... pensavo che se lascio il mio appartamento nel 20ème, non potrà più trovarmi. Almeno lì potrebbe scrivermi..."

"Troveremo una soluzione anche per quello." disse tranquillo Jacques.

Jean Paul, durante la permanenza a casa Berthier, aveva anche conosciuto Yan, il ragazzo di Claude compagno di classe di Georges. Era un ragazzo carino e simpatico e a Jean Paul era sembrato che i due si stessero affezionando sempre di più. Georges e Xavier non sospettavano nulla di Yan e Claude, ma forse il padre immaginava qualcosa, anche se non ne aveva mai parlato esplicitamente col figlio.

Jean Paul aveva avuto l'impressione che a un certo punto Yan si sentisse attratto da lui, ma non l'aveva mai incoraggiato perché gli sarebbe sembrato di fare un torto a Claude.

Però, la lunga lontananza da Robert cominciava a pesargli. Cercava di sfogarsi masturbandosi, ma erano sfoghi che duravano poco e che non gli davano vera soddisfazione. Il desiderio di un rapporto sessuale si stava facendo sempre più forte.

Si attenuò un poco quando iniziò a lavorare come fattorino nella banca di Berthier e a prepararsi per l'esame come tassista. Doveva studiare bene la mappa di Parigi e i nomi delle migliaia di vie. Iniziò a studiare i percorsi principali e via via le strade di collegamento. Aveva una buona memoria perciò imparò abbastanza in fretta. Poi si mise a studiare anche i nomi di vie e viuzze dei quartieri centrali. Passava ore sulla mappa e a leggere gli elenchi di vie, viali e piazze. Ripassò a fondo tutto il codice della strada. Studiò bene il motore e gli impianti del modello che Jacques gli aveva detto che avrebbe comprato per lui.

Passò così un secondo mese.

Jean Paul una sera parlò con Claude: "Stavo pensando che sarebbe ora che mi trovassi un alloggio, oppure che tornassi a casa mia nel 20ème."

"No, hai visto che ancora arrivano lettere anonime, no? Credo che sarebbe meglio se tu ti trovassi un altro alloggio. Ma puoi ancora restare qui, se vuoi."

"Lo so, e vi ringrazio. Ma vorrei davvero poter vivere da solo... Vedi, il fatto è che sento sempre più la mancanza di un rapporto sessuale... Credo che dovrei trovare qualcuno. Solo per qualche incontro, senza coinvolgimento. Io spero ancora di ritrovare Robert e voglio restare libero per lui. Non so se faccio bene... vorrei saper resistere ma non so per quanto ancora mi sarà possibile..."

"Sì, ti capisco. Anche per me sarebbe molto duro restare così a lungo da solo. Vuoi che ti aiuti a trovare un alloggio?"

"Solo che, se cambio indirizzo e se Robert mi cercasse, come farebbe poi a trovarmi?"

"Non credi che se mai, sapendo quanto siamo amici tu e io, non trovando te cercherebbe me?"

"Non lo so... forse... Se solo sapessi dove cercarlo... Non vorrei che gli fosse accaduto qualcosa..."

"No, non credo. Se davvero gli fosse successo qualcosa, credo che i giornali ne avrebbero parlato. Forse ha semplicemente trovato lavoro fuori Parigi."

"Ma perché non mi ha cercato? Perché non si è fatto vivo?"

"Non lo so, ma non credo che dobbiamo pensare al peggio."

"Povero Robert! Quanto vorrei essergli vicino... Avesse almeno trovato rifugio presso qualche amico come io da voi..."

"Papà ha contattato tutti gli amici comuni ma nessuno ne sa nulla. Ha anche sentito la sorella di Robert, ma neppure lei ne ha notizia."

"È come cercare un ago in un pagliaio, purtroppo..."

"Già. Ma continueremo a cercarlo. Anche gli altri amici di squadra lo cercano. E ti mandano i loro saluti."

"Sanno che sono qui da te?"

"No, sanno solo che ogni tanto ti vedo. Ho detto loro che ora ti stai preparando per l'esame da tassista. Hanno detto di dare loro il tuo numero che se avranno bisogno di un taxi chiameranno sempre te. È il loro modo di cercare di aiutarti."

"Ringraziali. Quando avrò trovato casa farò sapere loro il mio indirizzo così, se vorranno venirmi a trovare..."

"Ci manchi molto. E ci manca molto anche Robert."

"State andando bene negli allenamenti? Ormai le Olimpiadi si avvicinano..."

"Stiamo facendo del nostro meglio. Avevi ragione tu che Serge è in gamba, sta facendo progressi notevoli."

"Bene. Vorrei tanto che riusciste a portare a casa qualche medaglia..."

"Faremo del nostro meglio."

Jean Paul trovò un appartamentino nel 12ème. Fece il trasloco, aiutato da Claude. L'alloggio era su due piani, con cucina, soggiorno e bagno al piano dell'ingresso e un'ampia camera da letto al piano superiore, uniti da una scaletta interna. Le finestre davano tutte su un viale alberato. Voleva far mettere il telefono e grazie a Jacques ottenne che il suo nome non comparisse sulla guida del telefono, per evitare le persecuzioni da parte di anonimi.

S'era sistemato da una sola settimana nella sua nuova residenza quando affrontò l'esame come conducente di taxi, e lo passò. Presentò domanda per la licenza e, grazie all'interessamento di Jacques, l'ottenne in tempo di record. Il signor Berthier gli comprò il taxi e Jean Paul entrò a far parte di una delle compagnie di radio-taxi e iniziò finalmente il suo nuovo lavoro.

La stampa aveva smesso di occuparsi di lui e di Robert. Jean Paul, girando col taxi per Parigi, non smetteva mai di guardarsi attorno nella segreta speranza di imbattersi nel suo Robert. Ma gli mancava sempre più il rapporto fisico. Girando col taxi aveva individuato i punti in cui si potevano trovare giovani marchette, così una sera, finito il suo turno, decise di caricarne una e di portarsela a casa.

Si fermò accanto a un ragazzotto che gli pareva carino, lo invitò a salire e andare con lui. Se lo portò a casa. Il ragazzo non era niente di speciale né fisicamente né a letto, ma Jean Paul lo trovò molto più gradevole che non masturbarsi da solo. Il ragazzo prima lo succhiò, poi si fece penetrare. Jean Paul lo pagò, lo riaccompagnò dove l'aveva trovato e tornò a casa.

Per un paio di settimane Jean Paul non cercò altra compagnia, ma di nuovo cominciò a provare bisogno di avere qualcuno nel suo letto. Questa volta però voleva qualcuno di più gradevole e voleva anche passarci più tempo assieme anche a costo di pagarlo il doppio.

Per alcune sere passò lentamente in auto osservando le marchette che si offrivano nelle varie zone di Parigi, senza mai fermarsi. C'erano anche arabi e ragazzi neri e persino qualche orientale. Jean Paul non era affatto razzista, ma nessuno lo attrasse in modo particolare.

Poi una sera notò un ragazzo con un sorriso scanzonato, da monello, che lo attrasse immediatamente. Fermò l'auto e l'altro si chinò al suo finestrino a guardarlo. A Jean Paul piacque molto.

Il ragazzo gli chiese: "Cerchi compagnia?"

"Sì... quanto vuoi?"

"Per 300 franchi faccio tutto." disse il ragazzo con un sorriso malizioso ed invitante.

"Tutto, proprio tutto? Quanti anni hai?"

"Venti."

"Ne dimostri di meno. Sei maggiorenne?"

"Vuoi vedere la mia carta d'identità?" chiese il ragazzo divertito.

"No. Per 600 franchi passi la notte con me?"

"Dove, in albergo o a casa tua?"

"A casa mia."

"Sei solo?"

"Sì."

"Tu quanti anni hai?"

"Quasi ventidue."

"È tuo il taxi?"

"Sì. Devo ancora finire a pagarlo, ma è mio."

"Va bene, allora vengo." disse il ragazzo salendo di fianco a Jean Paul.

Questi rimise la marcia e partì: "Perché se il taxi è mio vieni? Mica m'è chiaro."

"Passare tutta la notte con te, a casa tua, potrebbe essere pericoloso. Ma se hai un taxi, non credo che farai lo stronzo. Sarebbe facile ritrovarti, poi."

"Non ho cattive intenzioni. Solo che mi piace fare l'amore con calma, senza guardare sempre l'orologio, capisci?"

"Niente sado-maso, però, ti avverto."

"Certo. Come ti chiami?"

"Hervé."

"È da molto che fai marchette?"

"Tre anni."

"Hai anche un lavoro?"

"No, guadagno abbastanza così."

"E che fai, durante il giorno?"

"Dormo e studio."

"Studi? Cosa?"

"Università. Lettere."

"Lettere? Vuoi diventare professore?"

"No, scrittore. Voglio diventare un famoso scrittore gay."

"Interessante... io ho preso solo la maturità... E com'è che ti sei messo a fare marchette?"

"Mio padre ha scoperto che sono gay e m'ha cacciato di casa. Io volevo finire di studiare, così... Ora posso pagarmi casa, studi e tutto quello che mi serve."

"Sei simpatico, mi piaci."

"Anche tu." gli rispose il ragazzo con un sorriso.

Salirono in casa.

"Posso offrirti qualcosa?" chiese Jean Paul togliendosi gli occhiali scuri e il berretto.

Il ragazzo lo guardò, poi esclamò: "Ma tu sei Jean Paul Godefroy!"

"Ah, mi conosci?"

"Dio mio! Ti conosco? Ho le tue foto incorniciate nella mia stanza! Sei il mio divo, tu!"

"Ah! Quelle foto!" disse Jean Paul un po' teso.

"Ti da fastidio che ti ho riconosciuto?"

"No... beh, un po' sì, ma non importa."

"Sì. capisco. Hanno stroncato la tua carriera, quei bastardi! E adesso ti tocca fare il tassista... è un peccato. Ma io con te... lo faccio anche gratis! Dio mio, passare la notte con Jean Paul Godefroy! Quasi quasi ti pagherei io!"

Jean Paul non poté fare a meno di mettersi a ridere: "Allora, Hervé, posso offrirti qualcosa da bere?"

"Sì, qualcosa di forte, per rimettermi dall'emozione..." disse il ragazzo avvicinandoglisi, "ma prima... un bacio..."


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