LA GARA PIÙ DIFFICILE | CAPITOLO 12 - UNA NUOVA VITA |
Fecero l'amore per tutta la notte, senza fretta. All'inizio Robert era un po' passivo ma gradualmente Jean Paul riuscì a suscitarne il desiderio sì che anche l'uomo iniziò a partecipare, lasciandosi andare alla passione che pure provava. Quando raggiunsero assieme l'acme del piacere, Robert si rilassò fra le braccia dell'amante e si addormentò quasi subito. Jean Paul lo coccolò per un po' e, quando sentì che il suo uomo era immerso in un sonno profondo, accese la luce dell'abat-jour per guardarlo. Certamente il corpo del suo uomo era debilitato, aveva perso la sua forma smagliante di un tempo e ora, anche se non dimostrava ugualmente i cinquanta anni che aveva, sembrava meno giovane di un tempo. Eppure a Jean Paul sembrò bello, semplicemente perché era il suo uomo. Spense la luce, ricoprì i loro corpi e si stese di nuovo per dormire. La mattina seguente si svegliò per primo Jean Paul. Scese piano piano dal letto, si rivestì velocemente e scese a comprare alcuni croissant caldi alla vicina panetteria. Risalì in casa, preparò il caffè con la crema e risalì in camera col vassoio colmo. Robert dormiva ancora. Allora Jean Paul si spogliò, si infilò sotto il piumone e, baciandolo lievemente, svegliò il suo uomo. "Jean Paul..." mormorò l'uomo, quasi stupito di vederselo accanto. "La colazione è pronta, amore," gli disse il giovane, "mettiti seduto così la mangiamo." Robert sedette e Jean Paul mise il vassoio sul piumone fra loro due. "Vedi... i miei pettorali... il mio ventre... sono diventato brutto, vero?" "No, amore. Non più di me, per lo meno." si corresse, sorridendogli. Fecero colazione, poi Jean Paul mise via il vassoio e carezzò lieve il petto di Robert. "Ma torneremo in forma, ora che siamo assieme, d'accordo?" "E per che cosa?" "Tu per me e io per te, no?" gli disse il giovane chinandosi a baciargli un capezzolo. "Jean Paul... non voglio la tua pietà..." mormorò l'uomo cercando di sottrarsi. "Non dire mai più cazzate del genere!" disse Jean Paul drizzandosi, gli occhi scintillanti e severi, "Non sai più riconoscere il desiderio, l'amore? Perché vuoi ferirmi così?" "Oh no... non ferirti... non te." gemette Robert. Jean Paul pensò che Robert aveva l'aria di un cucciolo smarrito, ferito, e si rimproverò per essere stato duro con lui. Il suo amante era un uomo a pezzi, avrebbe dovuto ricostruirlo a poco a poco. "Non lavori, oggi?" gli chiese Robert. "No, oggi no. Possiamo stare tutto il giorno assieme. Più tardi andiamo a prendere le tue cose e le portiamo qui." "Sì, come vuoi. Dovrò avvertire Jérôme che lascio la stanza libera. Potrà servire per qualcun altro." "Sì, certo. Ha un'aria simpatica e buona quel Jérôme. Sa di noi due, vero?" "Sì. Mi ha aiutato molto. Se non era per lui ora sarei un barbone e dormirei sotto un ponte... È un uomo che fa del bene a tutti, lui e gli altri." "L'ho intuito. Come vivono?" "Con la carità della gente, con l'aiuto di volontari e donazioni. Sono poveri assieme ai poveri... sono straordinari." "Robert, non pensi che sarebbe bello aiutarli? Un modo concreto per ringraziarli?" "Sì, certo." "Daremo loro una parte dei nostri guadagni e del nostro tempo. Ti va?" "Sì, va bene." Non c'era entusiasmo nella voce di Robert, solo acquiescenza. Jean Paul si disse che doveva trovare il modo di far ritrovare al suo uomo l'antico vigore, l'antica forza interiore. Dopo aver pranzato andarono nella stanzetta di Robert a prendere le sue poche cose e le caricarono sul taxi, quindi andarono da Jérôme. Robert gli consegnò la chiave della stanza e gli diede il suo nuovo indirizzo. Prima di lasciarsi Jean Paul disse a Jérôme che se avessero avuto bisogno di un taxi, lui avrebbe offerto una corsa gratis ogni giorno e gli lasciò il numero di telefono della centrale e la sua sigla. Quindi tornarono a casa e sistemarono le cose di Robert. Appesero al muro la cornice con la foto della premiazione alle Olimpiadi di Serge e di Claude e, ai lati, le due medaglie, quella d'oro dei campionati europei di Jean Paul e quella di bronzo delle Olimpiadi di Claude. "Posso prendere qualcosa da bere?" chiese Robert. "Amore, questa è casa tua e tutto quanto contiene è tuo. Non devi chiedermi se puoi." "C'è qualche liquore?" "Sì, sono là. Ma finite quelle bottiglie non ne compreremo più. Dobbiamo rimetterci a dieta e non mangiare né bere niente che non ci faccia bene. D'accordo?" "Va bene, ma ora..." "Ora versane un po' anche a me, amore." disse con un sorriso complice Jean Paul. A sera telefonò Hervé. "Ciao Hervé, come stai?" "Bene, e tu? Passato un buon Natale?" "Splendido. Ieri ho ritrovato il mio Robert. Ora è qui. Viviamo assieme, finalmente." "Ah, capisco... perciò fra noi è finita, vero?" "Sì..." "Beh... sono contento per te. So quanto ci tenevi. Ma... potremo ancora vederci, almeno?" "Certo, te l'avevo detto, no?" "Mi piacerebbe conoscere il tuo Robert..." "Sì, combineremo un giorno, te lo prometto. Telefonami ancora, ogni tanto. Restiamo in contatto." "Volentieri. Non sarà geloso, lui?" "Non credo..." "Gli hai già parlato di me?" "Non ancora, ma lo farò." "Forse non è necessario. Non sarò certo io a dirglielo." "No, ci penso io." "Bene. A presto, allora, Jean Paul. Ci risentiamo..." Jean Paul non voleva parlare subito a Robert di Hervé, voleva che prima l'uomo si sentisse più sicuro di se stesso e dell'amore di Jean Paul, ma poi gliene avrebbe parlato, perché non voleva che ci fossero segreti col suo amante. Guardarono per un po' la televisione, poi decisero di salire per andare a letto. Questa volta Robert non chiese più di spegnere la luce, ma Jean Paul sentì che ancora si vergognava del proprio corpo. Lo carezzò a lungo, per fargli sentire tutto il proprio desiderio, lo baciò, lo leccò, lo titillò, lo succhiò e lo palpò finché lo sentì pienamente eccitato. Allora gli si offrì. "Prendimi, amore... ti voglio tutto in me!" Robert gli si addossò e lo prese quasi con timore, con estrema delicatezza, come se stesse manipolando qualcosa di fragile e di prezioso. Jean Paul accolse con estremo piacere l'asta forte e dura del suo uomo e gemette felice quando questi iniziò a limarlo dentro in lunghi movimenti ritmici. Jean Paul era in estasi. "Sei il mio uomo, Robert! Dio quanto mi piace essere preso da te! Sentire la tua virilità in me..." disse con un sorriso ampio e luminoso. Vide Robert sorridere e lo sentì accelerare il ritmo. "Sì, Robert, così... Ah, quanto mi sei mancato! Dai... dai... riempimi!" Robert ora sembrava più sicuro di sé. Il suo respiro s'era fatto più breve e le sue spinte più forti. "Oh, Robert... così... così... più forte!" gemette il giovane in preda al piacere, carezzando e brancicando il corpo del suo amante. "Ti piace?" chiese l'uomo fremente. "Da matti, amore!" "Ma dopo... anch'io voglio sentirti in me." "Come vuoi tu, amore..." L'uomo fremette da capo a piedi e, di colpo, raggiunse un orgasmo squassante liberandosi nel caldo canale palpitante del suo ragazzo. "Sei stato meraviglioso..." ansimò Jean Paul. "Ma ora... ora prendimi tu, ti prego." "Sì, certo." "Dai, mettimelo tutto dentro!" implorò l'uomo mettendosi in posizione. Jean Paul lo prese e lo cavalcò a lungo, finché anche lui raggiunse l'orgasmo e si vuotò nell'amante. Allora giacquero, ansanti, abbracciati. "È stato bello, vero?" mormorò Jean Paul coccolandolo. "Sì..." "Più di ieri notte, no?" "Sì, di più..." "E sarà sempre più bello. Io ti amo, Robert." "Grazie..." "Grazie a te. Mi sentivo perso, senza di te." "Anch'io." "Ma ora... ora sarà tutto diverso. Ci costruiremo la nostra vita, una nuova vita, io e te." "Una nuova vita... ma io ho cinquanta anni..." "E allora? Io ne ho ventitré. Fra tutti e due ne abbiamo trentasei e mezzo a testa. Una bella età, no?" "Non funziona così..." "Come no? Tutto quello che abbiamo, l'abbiamo in comune, no? Perciò anche l'età." disse Jean Paul sorridendogli. Robert scosse il capo ma sorrise. Il giorno dopo ripresero a lavorare tutti e due. Robert andò al negozio di giocattoli nell'isolato vicino e Jean Paul partì col suo taxi. Durante il giorno telefonò a Jacques e questi gli chiese di passare in banca per parlare di Robert. Discussero su come aiutare l'uomo a rifarsi una vita. Jacques comunicò a Jean Paul l'idea che aveva avuto Claude. "Claude dice che vorrebbe parlare agli altri ragazzi di Robert... ma vuole la tua autorizzazione, prima. Pensa che se Robert potesse rientrare nell'ambiente sportivo, rifiorirebbe." "Ma ne è stato espulso..." "Sì, dallo sport dilettanti ufficiale. Ma se per esempio io gli aprissi una palestra privata di atletica leggera... Lui potrebbe fare da istruttore e da allenatore e nessuno potrebbe impedirglielo. Claude è convinto che i ragazzi farebbero un'ottima propaganda a una palestra gestita da Robert." "Ma dopo lo scandalo, quante famiglie sarebbero disposte a mandarci i loro figli?" "Bah, la gente dimentica in fretta. E poi non tutti sono così prevenuti. La palestra la potrei aprire ufficialmente a nome di mio figlio... A lui piace lo sport e anche per lui potrebbe diventare un buon lavoro, una volta che si ritiri dallo sport attivo. Credo che tutti i ragazzi sarebbero più che disposti ad aiutarlo. Che ne dici?" "Sarebbe molto bello. Robert avrebbe di nuovo uno scopo nella vita. E si può rimettere facilmente in sesto, fisicamente. Ritroverebbe fiducia, serenità..." "E potrebbe anche guadagnare bene. Parlagliene e se dice di sì, io mi do subito da fare per trovare una bella palestra da comprare o un locale in cui impiantarne una. Tu digli che è per Claude, ma che io sono disposto a investire la somma necessaria solo se c'è lui a dirigerla." "Lei è un uomo meraviglioso, Jacques!" "No, ho solo il senso degli affari. So dove conviene investire." "La crederei se non sapessi come stanno le cose. Con me ci ha rimesso, altro che investire." "Ma no, mi hai quasi finito di restituire tutto..." "Sì, senza interessi! Se lei avesse investito quella somma, le avrebbe reso... così invece ci ha rimesso." "Beh... un'eccezione o due nella vita si può anche fare. In fondo la vita è stata generosa con me. E se non si è disposti ad aiutare un amico... è meglio morire subito. Anzi, si è già morti." "Claude è fortunato ad avere un padre come lei. E Robert e io ad avere un amico come lei." "Sono contento che tu mi consideri un amico. Ma allora, non sarebbe il caso che tu cominciassi a darmi del tu?" disse l'uomo sorridendo. Quando Jean Paul tornò a casa, aspettò che rientrasse anche Robert, preparando la cena. Mentre mangiavano Jean Paul affrontò l'argomento. "Sai, a Claude piacerebbe aprire una propria palestra privata di atletica leggera, per poterci lavorare..." "È un'ottima idea. Almeno quando dovrà lasciare lo sport attivo avrà un lavoro che gli piace." "Il padre è anche disposto a finanziarlo." "Bene." "Però gli ha posto una condizione: vuole che sia tu a gestire la palestra e a organizzare tutte le attività sportive e gli allenamenti." "Io? No, non me la sento più." "Peccato. Allora Claude dovrà rinunciare al suo sogno... Peccato davvero... ne sarà deluso." "Ma Claude può cavarsela da solo, non ha bisogno di me." "No, credo che Jacques abbia ragione. Essere atleta non basta per essere un buon allenatore. E poi per ora Claude deve allenarsi per i campionati, non avrebbe abbastanza tempo. Tu hai anni di esperienza, sei uno dei migliori sul mercato..." "Ero. Ero uno dei migliori." "Lo sei. Mica si dimentica in meno di due anni una vita di lavoro, no?" "Ma tu hai visto in che condizioni sono..." "Riprenderai in fretta. Devi solo ricominciare ad allenarti. Potresti farlo qui in casa, tanto per cominciare." "No, Jean Paul..." "Ascolta, Robert. Ti ricordi quando io m'ero messo in testa di non poter fare di più? Tu m'hai obbligato ad allenarmi e a tirare fuori tutta la mia potenza. E ci sei riuscito. Adesso tocca a me non mollarti." "No, lasciami stare, Jean Paul..." "No no, toglitelo dalla testa che io ti lasci stare. A costo di litigare con te, di farmi odiare da te..." disse deciso, poi si addolcì: "Mi odierai, Robert?" "Odiarti? Non potrei mai. Ma..." "Allora niente ma! Anzi, cominciamo subito." "Appena mangiato fa male..." "No, non gli esercizi. Ma questo..." disse, si alzò, andò a prendere le bottiglie di liquore nel soggiorno, quelle di birra nel frigorifero e le vuotò nell'acquaio. "Adesso tu vai di là e metti giù una dieta per tutti e due, e un calendario di esercizi per tutti e due. Anche io voglio riprendere ad allenarmi, assieme a te." "Ma..." "Non farmi arrabbiare... fai come ti dico..." "Va bene." Il giorno dopo Jean Paul tornò a casa con due belle tute da ginnastica uguali, una per sé e una per Robert e iniziarono a fare alcuni esercizi a corpo libero: flessioni, torsioni, piegamenti. Jean Paul si rendeva conto che i primi giorni Robert li eseguiva solo perché lui glielo aveva praticamente imposto. Ma i loro corpi iniziarono gradualmente a sciogliersi e Robert iniziò a provare piacere negli esercizi. Quando, prima di cenare, andavano a fare la doccia assieme, Robert aveva l'aria stanca ma soddisfatta. Dopo un paio di settimane Jean Paul convinse Robert di telefonare a Jacques per dirgli che avrebbe accettato la sua proposta. Claude e Jean Paul convinsero Robert a licenziarsi dal suo lavoro di fattorino nel negozio di giocattoli, così Claude e Robert poterono iniziare a girare per trovare i locali adatti per aprire una palestra. Dopo un mesetto trovarono una costruzione a un piano nel cortile di un palazzo del centro, che si prestava bene a essere ristrutturata come palestra di atletica. Jacques l'acquistò, Robert ne progettò gli impianti e un'impresa specializzata iniziò i lavori, che Robert seguiva personalmente. Jean Paul assisteva soddisfatto alla trasformazione del suo uomo: trasformazione non solo fisica ma soprattutto psicologica. I due amanti continuavano anche ad allenarsi assieme. La sera tardi, prima di andare a letto, nonostante il freddo facevano jogging nel vicino parco. E anche quando, dopo, facevano l'amore, Robert era sempre più pieno di energia e di passione. In aprile la palestra era pronta e Robert era anche pronto a ricominciare in grande stile. Per l'inaugurazione invitarono tutti i ragazzi della squadra nazionale del decathlon e i loro amici di altri sport. Claude e Robert fecero gli onori di casa. I ragazzi festeggiarono Robert e Serge gli consegnò la sua medaglia d'argento delle Olimpiadi. Ognuno dei ragazzi mandò diverse persone a iscriversi alla palestra, che chiamarono "Olympia", così Robert e Claude iniziarono a lavorare subito con successo e Robert continuò ad allenarsi riprendendo completamente il suo antico smalto. Robert non dimenticò i Piccoli Fratelli e una volta alla settimana andava a passare con loro una mezza giornata. D'accordo con Jérôme organizzò anche dei corsi gratuiti di ginnastica dolce per gli assistiti dei Piccoli Fratelli. Allora Jean Paul pensò che fosse venuto il momento di parlare a Robert di Hervé. "Robert, io... nell'anno e mezzo in cui ti cercavo, non sono riuscito a stare... a non avere rapporti sessuali, sai?" "Beh, ti capisco, sei giovane. Io ci sono riuscito solo perché nessuno sarebbe venuto con un barbone..." "Così ho conosciuto un ragazzo, un tipo simpatico che si chiama Hervé..." "E ora... ti manca?" chiese Robert lievemente allarmato. "No, oh no, per niente! Adesso ho te e non mi interessa nessun altro. Hervé mi ha telefonato, in questo periodo. Non ci siamo più visti, ma siamo rimasti in contatto." "Perché non vi siete più visti?" "Per rispetto verso te. Era chiaro, fra me e lui, che a me interessavi solo tu. Se a te non dà fastidio, se non ti crea problemi, non mi dispiacerebbe rivederlo, solo come amico però, senza niente di sessuale, s'intende..." "Se tu provi ancora desiderio..." "No no, se pensi questo preferisco non vederlo mai più, che non mi telefoni mai più! Non mi credi se ti dico che non ci sarà, che non può esserci più niente di fisico fra me e lui?" "Certo che ti credo. So che sei onesto e sincero." "E ti darebbe fastidio se lo incontrassimo? Hervé avrebbe piacere di conoscerti... gli ho parlato tanto di te..." Robert sorrise: "Va bene. Quando me lo farai conoscere?" "Quando vuoi tu." "Invitalo a cena, allora." "Ecco, prima però devo dirti un'altra cosa. Hervé è uno studente universitario, ma si mantiene facendo marchette..." "Veniva con te per soldi?" chiese quasi incredulo Robert. "No, per amicizia, a parte la prima volta. È un caro ragazzo, buono, simpatico..." "Se è un amico per te, deve essere come dici. Invitalo a cena, dunque." "Davvero non ti crea nessun problema?" "No, penso proprio di no. Come non mi ha creato nessun problema che tu sia rimasto amico di Claude, con cui facevi l'amore prima di metterti con me. Se Hervé per te è un amico, spero che diventi anche amico mio." "Bene, andrò a cercarlo e lo inviterò a cena." Così Robert e Hervé fecero conoscenza e si trovarono subito simpatici. Cominciarono a invitarlo spesso, a volte assieme a Claude e Yan. Quando Robert gli disse che aveva una struttura atletica, Hervé cominciò anche a frequentare l'Olympia. Qui il giovane conobbe un ragazzo di due anni più giovane di lui, Simon, con cui prima divenne amico, poi amante. I due ragazzi erano molto innamorati e Hervé avrebbe voluto smettere di fare marchette, ma non riusciva a trovare un lavoro che gli lasciasse il tempo di proseguire gli studi. Quando confidò il suo cruccio agli amici, dicendo che aveva paura di perdere Simon se non fosse riuscito a smettere di fare marchette, Robert gli offrì di lavorare nella palestra, di sera, come segretario. In questo modo poteva continuare a studiare e guadagnarsi da vivere. Hervé accettò con riconoscenza. Tutto sembrava andar bene quando, una sera, arrivò nella palestra Olympia una visita del tutto inattesa. Era il Presidente della Federazione Sportiva di Francia. L'uomo si fece ricevere da Claude e Robert e, senza mezzi termini, disse a Claude che o licenziava su due piedi Robert o avrebbe fatto scoppiare un nuovo scandalo: una palestra in cui si affidavano ragazzi a un noto omosessuale! Claude reagì duramente, dicendo che quello era un vero e proprio ricatto e che non capiva perché si accanisse tanto a perseguitare Robert. Ma l'altro pareva irremovibile. Claude gli gridò che non accettava ricatti, e che avrebbe messo tutto in amano ai suoi legali. Stavano discutendo sempre più animatamente quando bussarono alla porta. "Avanti!" gridò Claude agitato, ma quasi grato in cuor suo per quell'interruzione. Entrò Hervé. Guardò i tre nell'ufficio con un sorriso lieve sulle labbra e si scostò il ciuffo di capelli dagli occhi. "Scusatemi se vi interrompo, ma lavorando nell'ufficio qui accanto, senza volerlo, ho sentito la vostra discussione..." I tre lo guardarono senza parlare, in attesa. Hervé, sempre sorridendo, proseguì. "Ho visto prima entrare quell'uomo e la cosa mi aveva incuriosito... Lei non mi ha riconosciuto, vero?" Il presidente lo guardò accigliato e chiese duro: "Dovrei? È la prima volta che metto piede in questo luogo." "E anche l'ultima, glielo garantisco io." disse angelico Hervé. "Non capisco..." disse l'uomo. "Già. Lei vorrebbe far scoppiare uno scandalo perché il signor Chambret gestisce questa palestra, ho sentito." "Non vedo come questo..." iniziò il Presidente. "Mio caro signore, se non mi interrompe glielo spiego subito. Lei non si ricorda di me, ma io mi ricordo perfettamente di lei... Circa due anni fa lei è passato una sera con la sua auto dove stavo passeggiando, mi ha caricato in macchina e mi ha portato nel suo pied à terre, dietro la chiesa di Saint Denis du Saint Sacrement... Non ricordo il nome della via... Ma io non le andavo bene, non avevo un cazzo abbastanza grosso per accontentare il suo culo sfondato! Così le presentai il mio amico Louis, da cui lei continua tutt'ora a farsi scopare. E lui sa bene l'indirizzo, se ci servisse. E sarebbe pronto a testimoniare contro di lei, se fossi io a chiederglielo..." "È una menzogna, una sporca menzogna!" esclamò il Presidente, pallido. "Oh no, Louis saprebbe descrivere nei dettagli il suo pied à terre... e anche il suo culo, mio caro signore. Perciò ora le conviene uscire subito di qui e non metterci mai più piede. Anzi, le consiglio di mettersi subito a fare propaganda per la nostra palestra, se non vuole che io vada da una certa rivista col mio amico Louis a raccontare tutto. Sì, facciamo così: se ogni mese non viene almeno un ragazzo a iscriversi presentando un suo biglietto da visita, io il mese seguente andrò con Louis alla rivista a raccontare tutto..." "Ma non potete..." "Oh sì... e ci sono altre marchette che possono testimoniare di averla vista passare a cercare Louis e a riportarlo... e fra noi siamo molto solidali, specialmente nei confronti di stronzi come lei, signore. Ora vada. Fuori! E prima che finisca questo mese voglio il primo iscritto col suo biglietto da visita. Sono io in segreteria, quindi posso controllare... Vada, vada pure, Signor Presidente..." L'uomo si alzò, pallido e uscì in fretta senza salutare. I tre nell'ufficio scoppiarono a ridere e Robert abbracciò Hervé: "Ti meriti un bacio, ragazzo!" "Oh no, per carità! Altrimenti potrebbero pensare che siamo tutti pédé, qui dentro..." rispose Hervé ridendo.
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