LA GARA PIÙ DIFFICILE CAPITOLO 7 - IL MONDO CROLLA

Gli atleti erano tutti riuniti in una stanza e attendevano il Presidente. Quando era entrato anche Jean Paul, Claude gli era andato incontro.

"Jean Paul, ho saputo... mi dispiace terribilmente. Sono dei bastardi! Puoi contare su di me, per qualsiasi cosa..."

"Grazie, Claude, non ne dubitavo. E gli altri?"

"Chi più chi meno, solidali... a parte Roland, forse. Ma lui... beh, è isolato, comunque."

"Vi hanno già parlato?"

"Chi, i grandi capi? No, non ancora, ma aspettiamo il Presidente da un momento all'altro. Ci sarà un'inchiesta, hanno detto. Hai parlato con Robert?"

"Sì, gli ho parlato. È distrutto. Adesso è col Presidente."

Nell'ufficio di Robert, infatti, era entrato il Presidente.

"Robert, volevo parlarle prima che inizi l'inchiesta ufficiale. Lei sa che dovremo espellerla, vero?"

"Sì, certo."

"Mi creda, mi dispiace molto perdere un allenatore come lei."

"Non potete almeno salvare Godefroy? Sono sicuro che Jean Paul avrà l'oro alle Olimpiadi... il primo oro della Francia per il decathlon."

"No, non avremo quell'oro. Godefroy ormai è compromesso quanto lei, Robert. Non vedo proprio il modo di salvarlo. Dovevate pensarci prima, tutti e due. Comunque ora la prego di restare qui nel suo ufficio e di non parlare con nessuno finché la convochiamo. E le consiglio anche di staccare il telefono. Ormai tutti i giornali sono sul piede di guerra. Già si stanno affollando qui davanti al cancello."

"Che cosa farete, ora?"

"Sentiremo gli atleti, uno per uno, e raccoglieremo le loro testimonianze. Poi sentiremo anche lei, Robert. Infine si riunirà la commissione dei giudici sportivi. Cercheremo di fare in fretta, di risolvere velocemente questa spiacevole questione. Poi dovremo trovare un nuovo allenatore... Ah, non doveva farci questo, Robert! È colpa sua se la Francia non avrà l'oro nel decathlon, dopo tante speranze. Sua e di Godefroy... ma più sua, visto che lei era l'allenatore e ha un'età più matura."

"Se mi prendo io tutta la responsabilità, non si può salvare Jean Paul?"

"Non servirebbe a nulla. Non è più un minorenne, ormai."

"Chissà quanti altri, Presidente, hanno scheletri negli armadi." disse mesto Robert.

"Può darsi. Ma almeno non sono resi di dominio pubblico. Ognuno ha diritto di fare quel che vuole, finché non si viene a sapere."

"Il trionfo dell'ipocrisia..."

"Non è nato ieri, Robert. Non ho fatto io le regole di questo mondo."

"Regole assurde che non cambieranno mai finché chi ne ha il potere non si muove." commentò tristemente l'allenatore.

"Non sarò certo io a difendere l'omosessualità nello sport né nella società civile. A mio parere l'omosessualità dovrebbe essere punita anche dalla legge penale. È già fortunato che in Francia non rischia la galera, per quello che ha fatto."

"Ah, grazie per la sua comprensione, Presidente." disse Robert con amaro sarcasmo.

L'uomo inarcò le sopracciglia ma non disse nulla. In quel momento bussarono alla porta.

"Signor Presidente, sono arrivati i consiglieri..."

"Bene, vengo. A dopo, Robert." disse secco l'uomo e uscì.

Il Presidente conferì con i consiglieri, quindi entrarono nella stanza in cui erano stati radunati gli atleti. Tutti fecero silenzio, il Presidente e i consiglieri sedettero dietro al tavolo di fronte ai giovani. Uno dei consiglieri depose sul tavolo alcuni fascicoli e dossier.

Il Presidente guardò verso Jean Paul: "Lei, Godefroy, può attendere fuori." disse.

Jean Paul si alzò, ma si alzò anche Alain: "È uno di noi, deve restare qui con noi." disse tranquillamente, ma con tono deciso.

"È sotto inchiesta e la procedura vuole che..." iniziò il Presidente.

"Non ho ancora sentito formulare nessuna accusa." ribatté Alain deciso.

"Non ha sfogliato questa rivista?" gli chiese ironico il Presidente.

"Non credevo che quella rivista scandalistica fosse l'organo ufficiale della Federazione sportiva di Francia!" esclamò Alain e tutti gli atleti risero.

Il Presidente allora si alzò e scandì: "Accuso formalmente il signor Jean Paul Godefroy e il signor Robert Chambret di comportamento etico contrario alle regole del mondo sportivo e in particolare di questa Federazione, avendo violato l'articolo 17 comma B del Regolamento. È soddisfatto, ora?"

"Bene, lei ha formulato un'accusa. L'imputato si presume innocente fino ad avvenuta condanna, mi pare."

"Esatto. Comunque ora il signor Godefroy è imputato e pertanto non può presenziare a questa fase dell'istruttoria. Quindi, signor Godefroy, ora è pregato di attendere fuori da questa stanza."

Jean Paul annuì e uscì. Appena il ragazzo fu fuori, il Presidente riprese: "Avverto che non accetterò nessuna forma di ostruzionismo. Chi di voi non darà piena collaborazione a questa inchiesta sarà deferito alla commissione disciplinare."

Alain sedette, scuro in volto e teso.

Il Presidente allora riprese a parlare: "Chi di voi era a conoscenza della relazione sessuale fra il signor Chambret e il signor Godefroy?" chiese.

Tutti alzarono la mano, come avevano segretamente concordato di fare.

Il Presidente disse furioso: "E nessuno di voi ha avuto l'onestà di denunciarla?"

Michel rispose: "Non ne abbiamo avuto il tempo, signor Presidente. L'abbiamo letto solo pochi minuti fa."

"Non fate i furbi! La domanda era chiara: chi di voi era al corrente del fatto prima della sua pubblicazione?" chiese il Presidente.

Nessuno rispose, neppure Claude.

Allora il Presidente chiese: "Chi di voi sapeva che il signor Chambret è un omosessuale?"

Di nuovo silenzio.

"Chi di voi sapeva che il signor Godefroy è un omosessuale?" chiese allora l'uomo.

Di nuovo nessuno parlò.

"Il signor Chambret ha fatto avance sessuali a qualcuno di voi?" insisté l'uomo.

Thierry si alzò: "Il signor Chambret è il miglior allenatore che io abbia mai conosciuto. Ha sempre fatto il suo dovere con competenza, dedizione, coscienza e correttezza. Nessuno di noi ha nulla di negativo da dire a suo riguardo." disse e sedette in un mormorio di assenso da parte degli altri giovani.

"Bene, molto bene." disse il Presidente, "Ma non aveva forse un atteggiamento particolare nei confronti del signor Godefroy?"

Roland disse: "Sì, lo seguiva più di noi, lo seguiva sempre personalmente..."

Serge, il taciturno, si alzò: "Ci ha sempre seguiti tutti. È naturale che quando ci affidava ad altri tecnici per gli allenamenti individuali, lui si occupasse di Jean Paul, perché Jean Paul è l'unico di noi a essere un vero campione. L'unico che può avere con certezza l'oro in qualunque gara. Comunque gli allenamenti avvenivano sempre negli spazi comuni, davanti a tutti. Non faceva favoritismi, Robert, e questo lo sai perfettamente anche tu, Roland."

Varie esclamazioni di "giusto!", "è così!" si levarono dagli atleti.

"Bene, bene. A qualcuno di voi risulta che il signor Chambret si sia appartato, isolato con il signor Godefroy o con un altro atleta?"

"Sì, lo faceva spesso. Si isolava a turno con ognuno di noi nel suo studio," disse Charles, "per circa cinque minuti ogni due o tre giorni. Quando compilava le nostre schede tecniche. E ci dava consigli su come rendere meglio. Lo ha sempre fatto, da anni. Lo han sempre fatto tutti gli allenatori, come certamente lei ben sa."

"Capisco. E in queste occasioni ha mai tentato approcci sessuali?"

"No, mai." dissero in molti, ma Roland tacque.

Il Presidente chiese a Roland: "Neanche con lei?"

Il giovane saltò su: "Ma no, non ci poteva neanche provare, io sono eterosessuale!"

Al che Rhemy mormorò: "Ce l'ha scritto in fronte, lui! Ci tiene talmente a dirlo che mi chiedo se ne sia davvero sicuro."

"Che cosa vuoi insinuare?" chiese Roland furioso.

"Niente, niente!" rispose Rhemy sorridendo con aria ironica.

"Silenzio! Non siamo qui per battibecchi personali ma per una indagine. Il signor Godefroy ha mai fatto proposte sessuali a qualcuno di voi?" chiese il Presidente.

"Ma se fila con Claire!" esclamò Michel.

"Quello è solo un paravento!" disse Roland acido.

"Beh, e chi ci dice che non siano un paravento anche le tue ragazze? Non riesci a tenertene una!" lo rimbeccò Charles fra le risate generali.

Il Presidente continuò a fare domande.

A un certo punto Eric disse: "Senta, per noi Robert è l'allenatore perfetto. La sua vita privata non ci riguarda e non dovrebbe riguardare nessuno, sono affari suoi. Noi vogliamo continuare ad avere Robert come allenatore, e solo lui. E Jean Paul è l'unico che può avere l'oro, anzi, l'ha già in mano! È l'unico vero campione qui dentro. È l'atleta migliore nel campo del decathlon che la Francia e, credo, l'Europa abbia mai avuto. Noi non vogliamo rinunciare a quell'oro solo perché un giornaletto scandalistico s'è messo di mezzo! Per me, se espellete Robert e Jean Paul, tanto vale che chiudiamo e ce ne torniamo a casa tutti quanti."

"Siete liberi di dare le dimissioni, se volete. Saranno accolte. Ma non rimetterete mai più piede nello sport, vi avverto." rispose secco il Presidente.

"Di fatto questo non è più sport, è caccia alle streghe." lo rimbeccò Alain.

Quando il Presidente ottenne di nuovo il silenzio, disse agli atleti: "Sarete chiamati uno alla volta per le vostre deposizioni. Tenetevi a disposizione del tribunale sportivo appena sarà istituito. Per ora è tutto. Grazie per la collaborazione."

Si alzò e, seguito dai consiglieri, uscì dalla stanza. Serge e Thierry uscirono per andare a cercare Jean Paul. Quando rientrarono tutti e tre, gli altri atleti stavano discutendo su come comportarsi. Parecchi proponevano di dare le dimissioni in massa per protesta contro l'intromissione della Federazione Sportiva nelle loro vite private.

Allora Jean Paul chiese la parola: "Credo che sia chiaro che sia Robert che io saremo espulsi. A mio parere, se volete davvero fare qualcosa per noi, è meglio se restate e vi impegnate. Specialmente tu, Claude, e anche tu, Serge. Se riuscite a prendere almeno una medaglia alle Olimpiadi... potete dire che è in onore di Robert e che la decisione di espellerlo è stata ingiusta... Questa, credo, sarebbe la migliore forma di protesta. Se ve ne andaste ora, potreste forse dichiarare ai giornali il motivo, ma tutto cadrà nel vuoto. Se restate potrete dire quello che pensate di quanto sta accadendo quando se ne parlerà di meno e gli animi saranno meno partigiani, perciò forse in modo più efficace. E poi non serve a nulla e a nessuno che voi tronchiate la vostra carriera sportiva... senza ottenere nulla in cambio. Io vi sono grato, certo... Ma non fate passi inutili, vi prego."

"Mica vuoi arrenderti, Jean Paul?" chiese Thierry.

"No, io no. Per quello che posso lotterò... ma so già che servirà a poco, almeno per me e Robert. Noi due siamo comunque bruciati. Ma se servisse almeno per altri dopo di noi..."

Quando la commissione uscì, fu presa d'assalto dai giornalisti che stazionavano davanti al cancello degli impianti sportivi, a stento trattenuti dalla polizia, chiamata dal Presidente. Robert fu fatto uscire da un cancelletto posteriore, celato nel furgoncino del fornitore del bar interno. Claude propose a Jean Paul di riaccompagnarlo a casa con la propria auto. Riuscì a passare attraverso la schiera di reporter e giornalisti senza fermarsi.

Ma quando giunsero in vista della casa di Jean Paul videro che anche lì davanti c'era una folla di giornalisti e di curiosi. C'erano anche alcuni manifestanti delle associazioni gay con vistosi cartelli sulla libertà sessuale.

"Non fermarti..." implorò Jean Paul teso.

"No, certo. Ti porto a casa mia."

"Ma... i tuoi?"

"Per ora vieni da me. Poi vedremo il da farsi."

"Grazie, Claude. Sei davvero un amico."

"Hai visto che siamo tutti dalla vostra parte, no?"

"Sì, più di quello che immaginassi..."

"Che intenzioni hai, ora? Che pensi di fare?"

"Cercarmi un avvocato, credo. Anche se penso che servirà a poco. Ma non voglio arrendermi così facilmente. Comunque credo che dovrò cercarmi un lavoro. Non ho poi molti soldi da parte..."

Arrivati a casa di Claude, questi portò l'amico nella sua camera. Quindi andò a parlare con la madre e le disse di Jean Paul.

"Ho pensato che possiamo ospitarlo noi, almeno finché le acque non si sono calmate..."

"Claude, non vorrai coinvolgere anche noi in questa storia, no?"

"No, mamma. Ma Jean Paul ha bisogno di aiuto, ora, di amicizia, e io intendo offrirgliela."

"Non so... Credo che sia meglio che ne parli con papà. Non vorrei che anche casa nostra venisse assediata dai giornalisti..."

"Nessuno sa che Jean Paul è qui."

"Per ora non farlo uscire dalla tua camera..." disse la donna.

"D'accordo, mamma. Ma... neanche per pranzo?"

"È meglio di no. Non voglio che la servitù lo riconosca e vada a parlarne in giro."

"Bene, allora io pranzerò con lui in camera mia."

"Come vuoi. Porterai tu il vassoio, si capisce."

Claude annuì un po' seccato. S'era aspettato un po' più di comprensione dalla madre. Andò subito a telefonare al padre che era in banca.

"Papà, hai saputo di Robert e di Jean Paul?"

"No, che cosa?"

"È su tutti i giornali, ormai, credo..."

"Ma che cosa?"

"La loro relazione. Con tanto di foto prese col teleobiettivo, mentre fanno l'amore..."

"Oh merda! Dici davvero?"

"Sì, papà. Ora Jean Paul è nascosto qui in camera mia, perché casa sua è assediata dai giornalisti."

"E Robert? Che ne è di Robert?"

"Credo sia andato a casa sua. Hanno riunito la commissione, convocato il tribunale sportivo."

"Li espelleranno tutti e due, immagino."

"Credo proprio di sì... Vorrei aiutarli, papà."

"Vedremo quando vengo a casa. Cercherò di tornare il più presto possibile."

"Possiamo trovare un buon avvocato per Jean Paul?"

"Credo di sì... e per Robert, si capisce. Aspettatemi a casa, ora. Ho un impegno, ma appena posso torno."

"Grazie, papà." rispose Claude soddisfatto per la reazione del padre.

Frattanto Robert era stato lasciato, dal furgoncino, a una stazione di taxi. Ne prese uno e si fece condurre a casa. Vide subito i reporter e i giornalisti che lo attendevano. Il suo primo impulso fu di andar via, di scappare... ma dove? Pagò e scese. Fece un profondo respiro e, a passo svelto, si diresse verso la porta di casa sua. Fu subito riconosciuto e circondato dai reporter che gli facevano domande, mettendogli davanti registratori portabili mentre scattavano decine di flash.

"È vero che Jean Paul Godefroy è il suo amante?"

"Ha avuto altri amanti, fra i suoi atleti?"

"È diffusa l'omosessualità nel mondo dello sport?"

"Chi di voi due aveva il ruolo passivo?"

Robert si fece largo senza dire neppure una parola.

Arrivato al portoncino di casa sua, il portiere disse ai due poliziotti di guardia: "Lui può passare."

Appena fu entrato i poliziotti bloccarono i giornalisti.

Il portiere disse a Robert: "Abbiamo dovuto chiamare la polizia... per causa sua!"

Robert lo guardò duro e disse: "Per causa loro, non mia!" e salì svelto le scale fino a casa sua.

Appena fu entrato, la moglie lo investì: "Ah, eccoti! E hai il coraggio di presentarti a casa?"

"È anche casa mia..." protestò Robert, poi chiese: "I piccoli?"

"Ho dovuto mandare a prenderli a scuola. Li ho fatti portare da mia sorella, qui era impossibile."

"Perché non sono rimasti a scuola?" chiese frastornato Robert.

"Perché? Perché? E mi chiedi perché? A Marie hanno chiesto chi era suo padre, visto che tu scopi coi maschi! E Thérèse la chiamavano Thérèse Pédé invece che Thérèse Chambret! Mi hanno telefonato gli insegnanti alla boutique consigliandomi di portarli via. E io ho dovuto chiudere la boutique! Ci hai trascinati tutti nel fango! Mi hai ingannata per anni. Sei un mostro!"

"Françoise... Io... io non t'ho ingannata per anni, non è vero. Io ti sono stato fedele, per anni."

"Fedele? Questo lo chiami essere fedele?" gridò la donna sventolandogli la rivista davanti al volto. Poi con sarcasmo disse: "Certo, non hai mai avuto un'altra donna, ti credo. Te lo fanno venir duro solo i maschi, a te!"

"Françoise, io ho... sono pochi mesi che è iniziata la mia relazione con quel ragazzo... per vent'anni ho avuto solo te... e siamo stati bene, assieme..."

"Per vent'anni m'hai preso in giro! Quanti ne hai avuti, prima che ti scoprissero, eh? Quanti?"

"Neanche uno, te lo giuro."

"E adesso siamo sulle labbra di tutti! Dovremo cambiar casa, i ragazzi dovranno vergognarsi di chiamarsi Chambret! Sei un mostro, mi fai schifo, ribrezzo!"

"Françoise, ti prego..."

"No! Non toccarmi! Chiederò il divorzio! Non voglio più vederti... vai via, vai via di qui."

"Ma i piccoli..."

"Non cercare di vederli! Non creare loro altri problemi, gliene hai dati pure troppi! Dovranno dimenticarti..."

"Françoise, ti prego... parliamo..."

"E di cosa? Di cosa, eh? Tu hai avuto il coraggio di portarcelo in casa quel tuo... Oh mio dio, ma come hai potuto? Come hai potuto farci questo?"

"Io... io ho cercato di resistere, te lo giuro Françoise. Perché io vi amo, siete tutto per me..."

"Tutto? Non pare proprio! Vai, torna dal tuo amante! Ma esci di qui, subito. E non farti vedere mai più. D'ora in poi parlerai solo col mio avvocato. Ti farò avere le tue cose, ma non ti azzardare a farti vivo!"

"Françoise, ma perché non vuoi cercare di capire? Non puoi buttar via questi venti anni di vita in comune. Mi sembra di essere stato un buon marito, un buon padre. Possibile che questi venti anni non contino più nulla?"

"No, non esistono più. Li hai distrutti tu. No, voglio solo dimenticarli, se mai ci riuscirò. Tu li hai distrutti, non io. Anche a me eri sembrato un buon padre, un buon marito. Ma solo perché non ti conoscevo. Ti sei mascherato abilmente, non c'è che dire. Ma tutti i nodi vengono al pettine, prima o poi..."

"Non era una maschera, Françoise. Io... io volevo essere un buon marito e un buon padre. Io vi amo, Françoise."

"Ci ami? Come puoi affermarlo dopo quello che ci hai fatto? Quando scopi con quel ragazzo, lo fai per dimostrare quanto ci ami? Ma chi vuoi prendere in giro, eh?"

"Françoise, se tu mi lasciassi spiegare..."

"Spiegare? Che cosa c'è da spiegare? Quello che provi a scopare con un maschio? I sacrifici che hai fatto per scopare con me? No, Robert. Io non voglio neanche starti a sentire. Ci hai ingannati tutti. Come potrei crederti, ora? Cos'è, hai escogitato altre bugie? No, Robert, no. Esci di qui, ora."

"Françoise..."

"Esci!" urlò la donna.

Robert uscì di casa. Si fermò sul pianerottolo. La moglie non lo voleva più vedere... sotto lo aspettavano i giornalisti, un branco di lupi affamati... doveva darsi in pasto a loro? Dove poteva andare? Che poteva fare? Andare da Jean Paul? Sicuramente anche davanti a casa sua sarà stato pieno di giornalisti. E non era certo questo il momento di farsi vedere assieme. Amici? Ma chi l'avrebbe accolto? Probabilmente nessuno.

Iniziò a scendere le scale a piedi, riflettendo, ma non riusciva a mettere a fuoco i suoi pensieri. Arrivato al primo piano, s'aprì la porta della signorina Faucheron. La vecchietta si fermò sulla porta e lo guardò.

"Signor Chambret... dove sta andando?"

"Fuori, signorina Faucheron... Fuori."

"È pieno di sciacalli, là fuori. Perché non si chiude in casa?" chiese la vecchietta con aria seria.

"Mia moglie... non mi vuole più in casa."

"Capisco. Venga qui da me, allora, signor Chambret. Aspetti almeno che se ne vadano..."

"È molto gentile, signorina, ma non la voglio importunare... Lei sa il perché... di tutto questo, no?"

"Sì. lo so... Entri in casa, ora."

"E non la disturba offrire ospitalità a uno... uno come me?"

"Uno come lei? Io so solo che lei è sempre stato molto gentile con me, e che per me è un vero piacere averla in casa mia. Entri..."

Robert esitò un attimo, poi entrò. La vecchietta lo fece accomodare nel salottino.

"Posso offrirle qualcosa, signor Chambret?"

"No, la ringrazio."

"Ha una faccia... Lei ha bisogno di un cordiale. C'è un liquorino che ho fatto io... lo prenda, le farà bene."

"Lei non mi giudica, dunque?"

"Io? Giudicarla? Per via di quel... che dicono i giornali?"

"Appunto."

"Signor Chambret, la sua vita privata è sua. Perché dovrei giudicarla io? Se ha fatto certe scelte ne avrà avuto validi motivi, immagino. È già tanto difficile giudicare noi stessi, come possiamo permetterci il lusso di giudicare gli altri?"

"Lei è troppo buona, signorina..."

"Oh no. Ho solo vissuto abbastanza per capire che quando un uomo ha bisogno di una mano non si può negargliela. Quando ero giovane... lo sa che sono stata a Treblinka, no? Lì ho visto sterminare migliaia di persone: triangoli gialli, neri, rosa... eliminavano tutti quelli che non erano come loro: ebrei, zingari, omosessuali... non hanno fatto in tempo, con me. Ho visto la morte in faccia... e quelli là fuori non sono molto diversi da quelli che comandavano là dentro. Gli uni e gli altri vogliono annientare tutti quelli che non sono come loro... Hanno applicato anche a lei un triangolo... il mondo non impara mai..."

"Anche mia moglie..." disse distrutto Robert, trattenendo a stento le lacrime.

"Mio povero signor Chambret! Deve avere pazienza... Evidentemente la poveretta non è abbastanza forte per affrontare questa prova. Non deve giudicarla..."

"No, certo. Ma speravo che prima di giudicare me accettasse almeno di ascoltarmi..."

"Raramente si è capaci di ascoltare, mi creda. Non è che uno non voglia, forse, ma semplicemente che non ne è capace. Ma, signor Chambret, mi permetta di dirle una sola cosa: non è tutto finito qui, per quanto ora lei possa avere questa impressione. Io aspettavo il giorno e l'ora in cui mi avrebbero ucciso, ero senza speranza... Contavo le ore, ero terrorizzata, e invece... sono arrivati a liberarci e la vita è continuata, almeno per me. Non smetta mai di sperare, di lottare per la vita... non si arrenda, signor Chambret..."

"Mi sento completamente svuotato, in questo momento. Per lottare ci vuole forza... speranza... non ho più né l'una né l'altra..."

"Lei crede che sia così... ma la vita riserva tante sorprese... Quando meno se lo aspetta, sentirà una voce, le si aprirà una porta..."

"Come la sua poco fa..."

"Sì. Ma deve essere lei a volerla varcare, se non vuole trovarsi... fra gli sciacalli."


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