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una storia originale di Andrej Koymasky


MEMORIA CAPITOLO 3 - COMPARE UNA FIDANZATA

Mentre Nicola tornava a casa, ripensava al sorriso di Gilberto. Era un sorriso incredibilmente bello, pulito, affascinante. Si fermò di colpo, quasi interdetto e si rese conto, per la prima volta che si sentiva attratto fisicamente da Gilberto. Riprese a camminare lentamente. Non doveva lasciarsi invischiare in niente di fisico, con Gilberto. Gli avrebbe solo creato problemi, e non voleva. Sì, si sentiva veramente attratto da quell'uomo, dai suoi occhi, dal suo sorriso, dalla sua personalità. Ma non poteva permettersi di lasciar trasparire nulla. Gilberto per lui provava solo amicizia, gratitudine probabilmente, si stava attaccando a lui perché si sentiva solo, sperso. Non doveva turbarlo con i suoi desideri, non sarebbe stato onesto.

Sarebbe stato capace di stargli vicino, di dargli tutta la propria amicizia senza superare quel limite? Sì, se avesse fatto molta attenzione. Il fatto di essersi reso conto di desiderarlo era già un fatto positivo: aver coscienza del pericolo, aiuta a evitarlo. Ma non poteva evitare di sentirsi attratto da Gil. Questo pensiero gli fece provare un lieve, piacevole brivido.

Giunto a casa, raccontò alla madre e al padre gli ultimi sviluppi della situazione di Gilberto. I genitori approvarono, tranquilli. Specialmente la madre sembrava contenta che Nicola si rendesse utile al direttore della locale Cassa di Risparmio. Poi Nicola salì in camera e si mise a letto. Pensò a Gil: in quel momento forse il suo nuovo amico stava cercando di prendere sonno in quella casa che sentiva così estranea. Pensò di chiamarlo per telefono per dargli ancora la buona notte, ma così rischiava di svegliarlo e non lo fece. Immaginò Gil a letto: chissà se dormiva nudo o in pigiama? In ospedale, logicamente, l'aveva visto sempre in pigiama. Chissà com'era, nudo? Forse aveva un bel corpo...

Nicola si eccitò e si diede mentalmente dello sciocco: non era certo indulgendo in quelle fantasie che avrebbe potuto mantenere a lungo un atteggiamento distaccato con Gil. Cercò di addormentarsi senza pensare al corpo dell'uomo e scivolò insensibilmente nel sonno, quasi subito.

Il mattino si svegliò al solito verso le sette. Andò subito a fare una doccia, poi fece colazione mentre il padre usciva per andare al lavoro. Quindi, salutata la madre, uscì anche lui. Giunse sotto casa di Gilberto e guardò l'orologio: erano le otto e venti. Pensò che forse l'amico ancora dormiva. Entrò nel bar di fronte, ordinò un caffè e dette una rapida scorsa al giornale. In settima pagina c'era un nuovo articoletto su Gilberto, con una sua foto. Diceva le solite cose sull'incidente e sull'amnesia dell'uomo.

Guardò di nuovo l'orologio: erano le nove. Comprò un paio di croissant caldi e suonò da Gilberto. Quasi subito il portoncino si aprì. Salì. Gilberto lo aspettava sulla porta di casa: indossava una vestaglia di seta grigio perla.

"Ti aspettavo..."

"Ciao. Molto che sei sveglio?"

"Un paio d'ore."

"Temevo di svegliarti, così ho preferito aspettare un po' al bar qui sotto. Hai già fatto colazione?" gli chiese tendendogli il pacchettino dei croissant.

"Cosa c'è qui dentro?"

"Per fare colazione."

"Ah... entra, andiamo in cucina. Faccio subito un caffè."

Nicola lo seguì.

"Ho trovato questa vestaglia. Mi piace, così l'ho messa. Purtroppo, con questo gesso al piede non posso ancora fare la doccia."

"Dormito bene?"

"Discretamente. Qualche difficoltà ieri notte: un sacco di pensieri che mi si agitavano nel cervello. Ma il letto è comodo, ho dormito bene. Mi sei mancato..."

"Mancato?"

"Sì. Avrei voluto addormentarmi parlando con te. Non mi prendere in giro, lo so che è infantile."

"No, niente da prendere in giro. Ieri sera, mentre andavo a letto, ti volevo telefonare."

"Mi avrebbe fatto piacere. Mi sento così solo, qui in questa casa."

"Temevo di svegliarti, temevo che tu ti fossi appena addormentato."

"Mi avrebbe fatto piacere ugualmente. Ti piace questa vestaglia?"

"Sì, ti sta molto bene."

"Sì, è vero. Mentre ti aspettavo, stamattina, ho ispezionato il guardaroba. Mi piace quasi tutto quello che ci ho trovato. Solo poche cose, se le ho comprate io, mi chiedo perché non mi piacciono."

"Gettale via. Tieni solo quello che ti piace."

"Sì. In fondo... è roba mia, no?"

"Certo, è roba tua. Trovato niente di speciale?"

"Speciale?"

"Che ti abbia sorpreso, voglio dire."

"No. Ma non ho ancora esplorato bene lo studio. Lì, forse... In bagno... ho trovato alcune confezioni di... di preservativi."

"Quindi hai avuto le tue occasioni."

"È probabile. Ma non riesco a figurarmele."

"Quando si presenterà di nuovo l'occasione... la coglierai, non dovrai solo immaginarla, no?"

"Già." rispose sorridendo Gilberto.

Fatta colazione, andarono nello studio.

"Adesso comincio di lì, tiro fuori tutto e lo rimetto in ordine, così mi rendo conto di... di qualcosa in più che mi riguardi."

"Ti dà fastidio farlo?"

"No, non credo. Ma preferisco farlo con te. Può essere l'occasione per gettar via anche qua dentro tutto quello che non mi interessa."

"Forse è meglio che aspetti a gettar via. Qualcosa che oggi può sembrarti poco interessante, domani potrebbe rivelarsi utile o addirittura prezioso. Per ora metti solo in disparte quello che sembra non interessarti."

"Mi sa che hai ragione. Cominciamo."

Passarono così quasi tutta la mattinata. Mentre tiravano fuori le cose dalla libreria e dai cassetti, commentavano assieme quel che trovavano. Nicola era stupito per le pochissime cose veramente personali che uno di solito, anche senza rendersene conto, accumula nel tempo. Fino a quel momento, per esempio, non era venuto fuori nessun album di fotografie.

In un libro c'era una dedica: "Pour Gilberto, avec une grosse bise, Céline - 13/8/85"

"Una francese..." disse Nicola pensieroso.

"In tempo di ferie..." notò Gilberto.

"Un'avventura estiva?"

"Potrebbe darsi. O una parente in Francia."

"O nella Svizzera francese."

"O chissà dove. Sono commedie di Molière. Qui c'è una frase sottolineata... chissà perché? L'avrò sottolineata io o questa Céline?"

"Chissà! Che dice?"

"Il aime quelquefois sans qu'il le sache bien. A volte ama senza saperlo bene."

"Sai il francese." notò Nicola.

"Pare di sì. E tu?"

"Anch'io."

"Pensi che si riferisca a me?"

"Chi sa? E poi, esiste davvero l'amore?"

"Credo di sì. E magari è proprio come me, l'amore: non ha memoria."

"In che senso?"

"Che è un eterno presente." rispose Gilberto chiudendo il libro e riponendolo fra quelli che gli interessavano. Poi guardò Nicola: "Tu non ci credi, all'amore?"

"Mi sono illuso a volte di averlo trovato, ma poi sono sempre rimasto con un pugno di mosche in mano."

"Hai tempo."

"Tempo? Per che?"

"Per conoscerlo. Io credo che esista."

"Esiste il piacere sessuale, certo."

"Ma anche l'amore, penso. L'ideale sarebbe che fossero la stessa cosa. Cioè, voglio dire, che siano presenti assieme, verso la stessa persona."

"Sì, forse. Ma temo che sia solo una pia speranza."

"Non ti ci vedo nella parte del cinico, Nicola. Forse è solo che sei stato scottato da poco."

Nicola arrossì ma annuì.

"Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. Non voglio mettere il naso nelle tue cose."

"No, non hai nulla da scusarti. E poi, siamo amici, no?"

"Certo."

"E due amici possono condividere anche cose abbastanza intime." disse Nicola.

"Eppure, anche fra amici, c'è sempre un limite, credo."

"Un limite?"

"Certo. Ognuno in fondo resta se stesso, mantiene un confine che nessuno ha il diritto di oltrepassare. Solo fra due veri amanti questo limite scompare."

Nicola lo guardò negli occhi, poi disse: "Non so se sia davvero possibile."

"Dipende dai due. Se sia lui che lei si amano veramente, aboliscono ogni confine fra di loro."

Nicola annuì ma dentro di sé penso che, proprio questa frase, gli stava dicendo che Gilberto non era gay come lui. Altrimenti non avrebbe parlato di lui e lei ma in modo più generico di due persone come aveva iniziato. Si chiese se se ne rammaricava e decise di no. Certo, Gilberto lo attraeva, ma gli premeva soprattutto essergli amico più che avere un'avventura.

"A che stai pensando?" gli chiese Gilberto.

"A quello che hai detto." rispose Nicola senza approfondire.

"Comunque anche due amici possono pian piano assottigliare i confini, lasciar intravedere all'altro, se non proprio tutto, almeno gran parte del proprio mondo segreto."

"Pian piano." annuì Nicola, ancora pensieroso.

"Certo, pian piano." concluse Gilberto affrontando un'altra pila di libri.

Verso l'ora di pranzo avevano esplorato e riordinato circa un terzo dello studio.

"Ci siamo riempiti di polvere. Vieni in bagno, così ci laviamo. Resti a pranzo con me?"

"Sì, volentieri."

"Devi avvertire i tuoi?"

"No, pensano che io sia in facoltà e quando scendo in città non torno mai per pranzo."

"Avresti dovuto essere all'università, allora."

"Non importa."

"Non vorrei che tu perdessi lezioni importanti per me. Non sarebbe giusto."

"No, non preoccuparti."

Mentre stavano pranzando squillò il telefono. Gilberto si alzò e andò a rispondere. Nicola lo sentì parlare per pochi minuti, ma non capì che cosa stesse dicendo. Quando tornò, Gilberto gli disse che era il vicedirettore che gli chiedeva se avesse bisogno di qualcosa.

"Era imbarazzato. Quando gli ho dato del lei mi ha detto che prima ci davamo del tu. Gli ho detto che andava bene e sono passato al tu. L'ho ringraziato e gli ho detto che non avevo bisogno di nulla. Poi, tanto so che era quello che avrebbe voluto chiedermi e che non osava, gli ho detto che ancora non avevo ricordato niente del mio passato. Era più imbarazzato di prima. È buffa la gente. Quando si rende conto che tu sei completamente all'oscuro di tutto, mentre loro hanno dei ricordi che ti riguardano, si sentono imbarazzati quasi come se loro possedessero illegalmente qualcosa che ti appartiene. Sembra quasi che vogliano chiederti scusa. Ma al tempo stesso si sentono in una posizione di potere perché sanno su di te cose che tu stesso non sai. E dire che a me non me ne importa proprio niente. Beh, no, non è vero. Anche io vorrei sapere tante cose su di me, ma non quelle che ci sono nei ricordi degli altri. Perché quelle sono cose diverse, parziali, interpretate, distorte e se devono essere distorte, preferirei che lo siano a modo mio e non a modo loro."

"Ma forse, sommando i ricordi degli altri e confrontandoli potresti ricostruire qualcosa e forse proprio questo potrebbe aiutarti a ricordare."

"Non lo so, sono combattuto. Ma forse, dopo tutto, se la memoria deve tornare, preferisco che sia di prima mano. Che sia completamente la mia. Comunque gli altri raramente ti direbbero tutto quello che sanno o pensano di sapere di te. No, preferisco arrivarci da solo o non sapere nulla. Ti sembro troppo selfish?"

"No, forse hai ragione tu. Ma dovrei trovarmi o essermi già trovato nelle tue condizioni per darti una risposta valida."

"La risposta è comunque valida, se viene da dentro il cuore, no?"

"Forse."

"Posso dirti una cosa?"

"Certo. Cosa?"

"Ho l'impressione che tu mi stia nascondendo una parte di te. Che tu vorresti dirmi molto più di quello che dici, ma che non lo fai."

"Perché?"

"Non lo so, è una sensazione. Forse il fatto di non avere ricordi, o di averne di un solo mese, mi dà una diversa sensibilità nei confronti degli altri. Ho l'impressione di essere capace di leggere fra le righe, negli altri. Posso sbagliarmi, ma..."

"Forse sto solo aspettando di conoscerti meglio."

"Sì, forse. Comunque ho ragione, vero?"

"Sì, hai ragione."

"Ok, grazie per essere stato sincero."

"Non dirti tutto non significa non voler essere sincero con te."

"Lo so, e credo di capire. Ma io, forse proprio perché mi trovo in questa situazione peculiare, ho deciso di dirti tutto, almeno a te. Poi non so se, andando avanti, ci riuscirò ancora. Ma se devo cominciare una vita nuova, vorrei cominciarla così. Dirti tutto quello che penso, che provo, che sento riguardo a qualsiasi cosa, senza chiedermi ogni volta se lo puoi capire o apprezzare. Dici che faccio male a comportarmi così con te?"

"No, non credo... e vorrei avere il tuo coraggio."

"Non è coraggio il mio. È solo l'incoscienza del... neonato."

Nicola sorrise e annuì. Guardava gli occhi chiari e luminosi dell'amico e sentì un fremito percorrerlo: quegli occhi erano come un gorgo di acque pure che lo attraeva immensamente. Provò la tentazione di tuffarvisi, di lasciarvisi annegare dolcemente.

"A che stai pensando, ora?" gli chiese Gilberto quasi sottovoce, sorridendogli.

"A te. Sono contento di averti conosciuto."

"Anche io. Molto."

Gilberto tese una mano e la posò su quella di Nicola, in un gesto a metà fra la stretta amichevole e la carezza. Il ragazzo restò immobile temendo di tradire l'emozione che stava provando a quel contatto lieve eppure forte. Per un po' restarono in silenzio, persi ognuno nelle proprie sensazioni, nei propri pensieri. Era un silenzio dolce, piacevole, che li avvolgeva come una soffice coltre di ovatta, isolandoli dal mondo e dalla quotidianità.

Poi Gilberto tolse la mano e proprio in quel momento squillò il campanello della porta. Tutti e due ebbero un breve sussulto.

"Chi può essere?" chiese Gilberto aggrottando le sopracciglia e guardando l'amico.

"Non ne ho idea. Vai a vedere."

Gilberto andò ad aprire e una voce femminile squillante sorse improvvisa.

"Gilberto, oh Gilberto caro... appena ho saputo... Come stai, amore?"

"Scusi, signorina..." disse la voce incerta di Gilberto.

"Già, scusami... Chissà perché m'aspettavo che tu... Sono Silvia, Silvia Taccone, la tua fidanzata. Non mi fai entrare?"

"Si accomodi. Mi scusi, ma io non la ricordo affatto..."

"Povero caro! Ma ora ci sono qui io, ti aiuterò a ricordare, vedrai!"

"Mi scusi, ma non sono solo in casa. C'è un amico... se si vuole accomodare, glielo presento."

"Ma certo. Forse lo conosco."

Nicola vide entrare una bella ragazza sui venticinque anni, elegante e disinvolta. Da come si muoveva sembrava evidente che conosceva già la casa. Andò dritta verso Nicola tendendogli una mano.

"Io sono Silvia Taccone, la fidanzata di Gilberto. Non ho il piacere..."

"Nicola Girotto. Piacere." disse il ragazzo tendendo la mano. La stretta di lei fu forte e decisa.

"Lei è un amico... recente, di Gilberto." disse la donna più in tono di affermazione che di domanda.

"Io..." iniziò Nicola, ma Gilberto lo interruppe.

"Lui è il mio solo amico, ora."

"Ma ora ci sono io, caro. Hai offerto qualcosa al tuo amico? Vado a prepararvi un caffè?"

"Si sieda. Non è necessario."

"Gilberto, potresti darmi del tu, in fondo..."

"Mi spiace, signorina, ma come le ho detto io non mi ricordo affatto di lei. Non vorrei sembrarle rude, ma lei è una completa estranea, per me."

"Ma sono la tua fidanzata..."

"Era, era la mia fidanzata. Lei appartiene al mio passato, a quel passato che non ricordo e che perciò non mi appartiene più."

"Ma lo faremo tornare, io e tu..."

"Se tornerà..." la interruppe Gilberto guardandola dritta negli occhi, quasi in un atteggiamento di sfida.

Lei sorrise, sicura di sé: "Gilberto, sei il solito testardo, non sei cambiato. Ma se c'è qualcuno che può aiutarti a ricordare, quella sono io. Non hai più parenti e gli amici... beh, non sono la stessa cosa di chi ti ama, come me. Aspetta che siamo di nuovo soli, e... so io come aiutarti a ricordare."

Nicola arrossì a quella proposta così esplicita e si sentì a disagio.

Gilberto invece restò impassibile: "Non credo che avremo occasione di... restare soli, lei e io, signorina. La ringrazio di essere venuta, ma..."

"Sì, capisco, sei ancora turbato per la perdita di memoria e per il fatto di non ricordare più nemmeno la tua fidanzata. Dovevamo sposarci presto, stavamo facendo i preparativi, e..."

"Abbiamo già fatto le pubblicazioni?"

"No, non ancora. Ma tu sai che cosa sono le pubblicazioni? Allora non hai dimenticato proprio tutto!"

"Pare che io possa ricordare tutto, escluso quello che mi riguarda personalmente. Guardando fra le mie cose non ho trovato nessuna lettera col suo nome... né sue fotografie."

"Oh che strano! Dovresti averne... dovresti anche avere il mio numero di telefono nella tua rubrica. Non puoi non aver nulla che... Siamo fidanzati da tre anni... i miei regali..."

"Già, strano. E... strano anche che lei sia comparsa dopo tanto tempo. Il mio incidente è accaduto due mesi fa e i giornali ne hanno parlato quasi subito. Inoltre mi sembra strano che una fidanzata stia per due mesi senza cercare di aver notizie dell'uomo con cui stava per sposarsi, come afferma lei."

"Ma io ero all'estero... Ma già, non puoi ricordarlo, povero caro."

"E in questi due mesi all'estero lei non mi ha mai scritto, non mi ha mai telefonato? Non le sembra un po'... curioso?"

La ragazza guardò Nicola, poi disse decisa a Gilberto: "Non credi che dovremmo parlare a quattr'occhi di queste cose e non di fronte a estranei?"

"In questo momento, qui, lei è l'estranea, non certo Nicola. Perciò, se le va di parlare, lo faccia pure di fronte al mio unico amico."

"Ecco... in realtà avevamo litigato, proprio nei giorni precedenti il tuo incidente. I soliti litigi fra innamorati, ma io dovevo andare via ed ero ancora arrabbiata con te, perciò non mi andava di scriverti. Ma poi al ritorno ho saputo dell'incidente, e..."

"Bene. Se avevamo litigato, non c'era poi un rapporto particolarmente buono, fra noi due."

"Che c'entra. Le solite cose fra innamorati. lì per lì ne fai un castello, ma poi ti rendi conto che sono cose senza peso."

"E... qual era il motivo del nostro litigio?"

"Sciocchezze, te l'ho detto."

"D'accordo. Se sono solo sciocchezze se ne può parlare senza problemi, no?"

"Senti, Gilberto, adesso è meglio che io vada. Ti telefonerò e ci rivedremo e parleremo finché vuoi. Vedrai che tutto andrà a posto."

"Perché non subito?"

"Non mi sembri dell'umore adatto e poi c'è lui. Non mi va di mettere in piazza le mie cose personali e le tue di fronte a una terza persona. Ciao Gilberto. Piacere d'averla conosciuta, Nicola. Ci sentiamo."

Silvia si alzò e uscì a passo deciso dall'appartamento di Gilberto che la guardò andar via senza muoversi.

Quando il portoncino di casa si richiuse, Gilberto guardò Nicola e disse con un sospiro: "Se n'è andata, finalmente."

"Ma era la tua fidanzata..."

"Era. Ammesso che sia vero."

"Sembrava conoscere bene casa tua."

"Sì, sembrava la padrona di casa. Ma non mi convince. Perché non ha voluto dire subito chiaro e tondo quello che era successo fra noi due?"

"Perché ci sono io, un estraneo per lei."

"Ma lei è la vera estranea per me, non tu!"

"Non si può parlare di cose intime davanti a un altro."

"Dici che non l'ho trattata come avrei dovuto?"

"Forse. E poi mi è sembrata una bella ragazza, fine, elegante e veramente interessata a te."

"Non mi piaceva il suo sguardo e ancora meno il suo modo di sorridere: era studiato, controllato, tutto meno che spontaneo. No, non mi piace. Se davvero era la mia fidanzata, mi chiedo che cosa potesse attrarmi in lei."

"Non hai provato proprio nulla per lei?"

"Nulla di nulla. Cioè, sì, un senso di fastidio."

"Forse la sua sicurezza..."

"Forse. Vedi, Nicola, adesso che se n'è andata mi sento meglio."

"Tornerà, ha detto."

"Sprecherà il suo tempo: non mi interessa."

"Ma potrebbe davvero aiutarti a ritrovare la memoria, lei più di chiunque altro."

"E chi ti dice che io voglia ritrovare la memoria?"

"Non vuoi?"

"No, non è che non voglia. Ma non con lei, non con una persona che non mi interessa affatto e che anzi mi infastidisce." disse Gilberto alzandosi in piedi.

Andò a cercare in un cassetto e ne trasse una rubrica che cominciò a sfogliare.

"Ecco, guarda qui, sulla S. Potrebbe essere il suo nome questo che ho cancellato con questi segni di biro, no? E se l'ho cancellato ci sarà pure un motivo."

"Forse eri solo arrabbiato con lei, in quel momento."

"Forse. Perciò forse ho anche eliminato tutte le sue foto e le sue lettere. E questo non fa che confermarmi che non interessava più al vecchio Gilberto così come non interessa al nuovo Gilberto, no? Non capisco perché ti interessi tanto a lei: è una sconosciuta anche per te."

"No, non mi interessa lei, mi interessi tu. Mi dispiace che tu abbia perso la tua memoria e pensavo che forse lei avrebbe potuto davvero aiutarti a ritrovarla."

"Il medico mi ha detto che potrei tentare con la regressione in ipnosi. Dice che potrebbe funzionare. Ma in fondo non mi interessa più che tanto. Se la mia memoria deve tornare, tornerà da sola. Io sto bene anche così."

"Davvero?"

"Sì, davvero. Non mi pesa la mancanza del mio passato."

"E non ti incuriosisce?"

"Un poco, sì, devo ammetterlo. Ma vedi, quella Silvia era... si sentiva padrona del mio passato e questo mi ha veramente infastidito."

"Le donne a volte hanno quell'aria protettiva."

"Protettiva? A me lei non è sembrata per niente protettiva. Aveva piuttosto delle pretese nei miei confronti. Era possessiva."

"Ma dopotutto, se siete stati fidanzati per tre anni..."

"Già, così ha detto lei."

"Non dovrebbe essere difficile controllare. Ha parlato di amici comuni... forse gli stessi tuoi colleghi di banca ne sono al corrente."

"Forse. Ma sinceramente non mi va di indagare, Nicola."

"Sembra quasi che tu stia sfuggendo al tuo passato."

"No... non mi pare. Ma se anche fosse, evidentemente devo avere dei buoni motivi per farlo, no? Forse nel mio passato c'è davvero qualche cosa che sarebbe meglio dimenticare. E adesso mi sento stanco, la visita di quella Silvia mi ha stancato."

"Vuoi restare solo? Vuoi che me ne vada?"

"No, resta. La tua presenza mi fa star bene. Mi piace quando ci sei anche tu, qui."

Nicola sorrise a quel complimento e annuì.

Parlarono d'altro. Più tardi Nicola lo lasciò dandogli appuntamento per il giorno seguente.

Quando fu solo, Nicola ripensò al tempo passato con l'amico e alla comparsa della sua fidanzata o ex fidanzata che fosse. L'inatteso arrivo di quella ragazza l'aveva disturbato e l'aveva avvertita subito come una rivale, un'intrusa fra lui e Gilberto. Lei conosceva Gilberto, o per lo meno il Gilberto di prima. Molto probabilmente lei ci aveva fatto l'amore e ne conosceva il corpo in quel modo intimo che solo un amante può conoscere. Ed era una bella ragazza e anche sensuale. In fondo era contento che Gilberto l'avesse rifiutata. Nicola era stato sincero riguardo a quanto gli aveva detto sulla ragazza, sincero e onesto, ma era contento che Gilberto non avesse accolto i suoi suggerimenti.

Chissà come era Gilberto quando faceva l'amore? Focoso, dolce, sensuale... pigro, passivo, debole... E il suo corpo com'era? Quando indossava la vestaglia questa gli stava addosso in modo così perfetto, impeccabile da nasconderne totalmente il corpo. Non s'era mai aperta neanche un poco, mai scostata a rivelare le forme del corpo dell'uomo.

Nicola ricordò il tocco della mano di Gilberto sulla sua: forte e dolce... e fremette di nuovo. Sì, era veramente attratto da quell'uomo, ma quell'attrazione che pure aveva indubbiamente una connotazione fisica, andava ben oltre: era tutta la personalità di Gilberto che lo affascinava. Il suo sguardo, il suo sorriso, il suo modo di agire, di ragionare, di parlare. Tutto congiurava ad attrarlo. Se solo Gilberto avesse fatto un gesto, Nicola sentiva che gli si sarebbe donato completamente, anima e corpo.

"Basta con queste fantasie." disse a se stesso il ragazzo cercando di scuotersi da quel lieve e piacevole senso di eccitazione che lo stava pervadendo. Ma non era facile: Gilberto occupava ormai tutti i suoi pensieri.


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