LA CERTOSA DI MONTSABOT |
PARTE TERZA 11 - PASSAGGIO DELLE CONSEGNE |
Il 1949 fu un anno pieno di eventi per la certosa. Roland, che aveva compiuto sessanta anni, decise di lasciare il posto di rettore a Serge, e di dedicarsi esclusivamente ad arricchire e potenziare la biblioteca dell'istituto. Nella certosa vivevano ora trecento ventisette ragazzini, divisi in venti casette-famiglia. Gli adulti che vi lavoravano a vario titolo, erano sessantatré. Serge decise che si dovevano commemorare tutti gli ex allievi della certosa che erano morti in guerra, quindi fece scolpire in una delle due nicchie vuote che erano ai lati del portale di ingresso della antica chiesa e che prima della rivoluzione contenevano statue di santi, tutti i loro nomi e le date di nascita e di morte e vi fece porre un grande lume di bronzo in cui si decise di far ardere una fiamma perenne. Un giorno, poi, arrivò una telefonata nello studio del rettore. "Sono Charles Claudel, posso parlare con il rettore Roland Laforest per favore?" "Charles? Sono Serge, come stai?" "Serge, che piacere sentirti. Sto benone e tu?" "Anche io, grazie. Ora sono io il nuovo rettore, sai? Roland ha voluto lasciare, e adesso si occupa a tempo pieno della nostra biblioteca. Ma dimmi, tu ti eri sposato, mi pare..." "Sì, poco dopo lasciata la certosa. E ora ho quattro bei bambini." "Quattro? Complimenti! Perché non ci vieni a trovare con tutta la tua famiglia?" "Ci verrò, ci verrò prima o poi, ma non ora. Ascoltami bene, piuttosto. Io lavoro al ministero dell'educazione, a Parigi. Proprio ieri, sono venuto a sapere che il ministero ha ordinato, prima di darvi le necessarie autorizzazioni e i fondi, un'ispezione accurata della certosa. La commissione starà da voi tutta una settimana, a rompervi l'anima. Vorranno vedere tutto, sapere tutto, ficcare il naso dappertutto, interrogheranno i ragazzi. Quelli sono dei ficcanaso terribili, cercheranno il pelo nell'uovo. Allora pensavo... Io ho apprezzato moltissimo la sana educazione sessuale che ci avete dato e il grado di libertà... anche sessuale, che ci davate. Mi ha aiutato moltissimo, una volta uscito fuori, a essere un uomo migliore e, altrettanto, a essere anche un marito e un padre migliore. "Ma sappiamo bene com'è la mentalità perbenista, puritana e ipocrita che regna qui fuori... Se sospettassero qualcosa, non solo non vi darebbero niente, ma vi costringerebbero a chiudere e magari vi denuncerebbero per... per corruzione di minore o per chissà che. Perciò preparate in fretta soprattutto i ragazzi e nascondete accuratamente qualsiasi cosa possa... compromettervi. Mi raccomando. Mi addolorerebbe terribilmente se vi dovesse capitare qualcosa a causa di un branco di sepolcri imbiancati!" "Sai quando arriveranno?" "No, non sono riuscito a sapere la data esatta, ma credo entro il mese." "Grazie, Charles, sei davvero un amico. Faremo come mi stai dicendo, senz'altro. A Roland non avevano detto nulla riguardo a questa ispezione, non ce l'aspettavamo proprio. Comunque, quando puoi, ricordati di venire a trovarci con la tua famiglia, d'accordo?" Serge convocò immediatamente sia gli adulti che tutti i responsabili dei ragazzi ed espose loro il problema. Si mobilitarono tutti per rivedere il materiale, gli scritti, gli appunti, i libri. I ragazzi, che dopo che i soldati avevano lasciato la certosa avevano ripreso a fare educazione fisica completamente nudi, decisero di usare di nuovo calzoncini e magliette. Ma soprattutto si spiegò a tutti i ragazzi e principalmente ai più piccoli e perciò più ingenui, quello che già era normalmente spiegato loro: che la gente di fuori non capisce e non condivide certe scelte e che perciò non bisogna parlarne assolutamente con estranei, specialmente ora con quelli della commissione che avrebbero fatto un sacco di domande. In ogni famiglia i ragazzi più grandi continuavano a fare domande ai piccoli per correggerne le risposte, per abituarli a dare le risposte "giuste". I piccoli si divertivano, per loro era come un gioco. Oltre questo si pulirono a fondo tutti i locali, si fece in modo che tutto fosse lustro e splendente e in perfetto ordine. Finalmente un giorno arrivarono tre automobili nere e ne uscirono i nove ispettori, sei uomini e tre donne, che si qualificarono. Fra di essi vi erano tre ispettori scolastici, due medici, uno psicologo, un sociologo, un esperto in amministrazione e un avvocato. Il più giovane aveva sui quaranta anni e il più anziano sui sessanta. E tutti avevano un'aria importante e falsamente affabile e cortese. Serge, in qualità di rettore, dette loro il benvenuto e offrì loro ospitalità all'ultimo piano della Torre dell'Abate, dove c'erano cinque stanze disponibili. "Se lor signori si adattano a condividere una stanza in due... possiamo alloggiarvi tutti. Se avessimo saputo prima del loro arrivo si poteva provvedere a una migliore sistemazione. Ma qui non abbiamo mai tanti visitatori che si fermino oltre una giornata, dovete scusarci." "Non importa, grazie, signor rettore. Il ministero ha già provveduto a fissare le stanze all'albergo Terre de Gaule, giù in città. Per prima cosa gradiremmo che ci portasse a fare un giro completo di questo orfanotrofio, in modo che ci si possa rendere conto della sua organizzazione spaziale. In seguito ognuno di noi svolgerà il suo compito secondo la propria competenza." "Certamente. Mi permettano, però di precisare che, anche se tecnicamente e legalmente questo è un orfanotrofio, noi qui non usiamo mai questo termine, né il termine orfano, ma chiamiamo, questo, istituto e i ragazzi... ragazzi o allievi. Anche in città, su nostra pressione, ormai più nessuno usa questi termini, e sentirete più spesso parlare del nostro istituto come della certosa e dei ragazzi come dei certosini." "Beh, è solo una questione di nomenclatura... ma lo terremo presente. Ci vuole guidare in una prima visita, allora?" "Con vero piacere vi accompagnerò, ma se a lor signori non dispiace, preferirei che a farvi da guida sia il nostro Presidente." "Non ci risulta che vi sia un presidente, nel vostro... istituto. Non è lei il responsabile del tutto?" Serge sorrise: "Legalmente sono io, senza dubbio. Ma, vedete, noi cerchiamo anche di educare i nostri ragazzi alla democrazia e alla vita sociale. Avremo modo di illustrarvi in seguito come cerchiamo di ottenere questo. Per ora... ogni adulto qui da noi è affiancato da uno dei ragazzi, eletto dai ragazzi stessi, con una carica equivalente. Quindi chi affianca il rettore, cioè me, ed è il rappresentante a più alto livello dei ragazzi, è un ragazzo che ha la carica di Presidente. Se a lor signori non dispiace, vorrei che fosse il Presidente a farvi da guida nel nostro istituto." "Interessante... allora ci presenti questo... presidente e gli chieda di farci da guida." Così iniziò il primo "giro esplorativo" di tutta la certosa. Il presidente fu impagabile, aveva al tempo stesso l'aria deferente che gli adulti si aspettano da un ragazzo e il piglio sicuro che un responsabile deve avere. Il primo giro impressonò abbastanza tutti i nove ispettori che evidentemente si aspettavano uno dei soliti orfanotrofi o collegi più simili a caserme o prigioni che non a piccole città operose. Nei giorni seguenti i vari ispettori si sguinzagliarono a seconda delle loro competenze a esaminare in dettaglio tutti gli aspetti della vita nella certosa. Per ognuno fu il ragazzo responsabile del settore che fece loro da guida e che rispondeva alle loro domande, affiancato sempre dal corrispondente adulto che però era presente solo per assistere e per garantire che tutto si svolgesse senza problemi. Alla fine gli ispettori erano a dir poco entusiasti, tutto era filato liscio, avevano apprezzato l'atmosfera che si respirava nell'istituto e il modo in cui tutto era organizzato, compreso il sistema di democrazia interna e l'idea della banca e della moneta interna. L'unico appunto fu che si suggerì di creare anche un'infermieria con un piccolo reparto di isolamento in caso di malattie infettive, idea che fu subito accolta. Tutto filò liscio... per un pelo. Infatti ci fu un momento in cui si temette che venisse alla luce quello che non doveva. Uno degli ispettori, mentre visitava una delle case-famiglia, fece a un ragazzino di dieci anni, di nome Mathieu una domanda piuttosto innocente. "E dimmi, piccolo, che cosa ti piace di più fra le cose che ti fanno studiare?" "Mi piace abbastanza tutto, signore. Ma più di tutto mi piace quando mi spiegano che quando sarò grande come lui (ed indicò un ragazzino di quattordici anni) potrò anche provare a fare le cose che fanno i grandi fuori di qui." "E che cosa fanno i grandi fuori di qui?" chiese l'uomo incuriosito. Inutilmente il capo-famiglia, alle spalle dell'ispettore, fece gli occhiacci al ragazzino. Mathieu, angelico, rispose: "Non glielo posso dire, signore, perché sono cose che fuori si fanno ma non si dicono." Il capo-famiglia era disperato e si stava chiedendo che fare, quindi intervenne: "Se non le spiace seguirmi, vorrei mostrarle quello che noi chiamiamo l'album di famiglia..." L'ispettore lo interruppe: "No, aspetta. Voglio capire meglio quanto mi sta dicendo questo ragazzino. Come hai detto che ti chiami, piccolo?" "Mathieu, signore. E lei come si chiama?" "Il mio nome non importa... dunque dicevamo..." "Ah, anche il suo nome è una di quelle cose che fuori non si dicono, signore?" chiese Mathieu incuriosito. "No, che c'entra. Quali sarebbero le cose che fuori si fanno ma non si dicono?" insistette l'uomo cercando di capire a che cosa si riferisse il ragazzino. "Oh, lei che vive di fuori, dovrebbe saperlo meglio di me signore." rispose Mathieu angelico. Uno dei ragazzi un po' più grandi intervenne prontamente: "Ma sì, per esempio ci sono i segreti militari, quelli industriali... cose che si fanno ma mica si possono andare a dire in giro, no?" Mathieu allora chiese all'ispettore, con gli occhi sgranati: "Lei, signore, conosce i segreti militari?" "No, certo, io non sono un militare. Ma... rispondimi TU, Mathieu, quali cose ti hanno insegnato che fuori si fanno ma non si dicono?" "Mah... per esempio... mi hanno spiegato che quando uno va a votare, mica deve dire a tutti per chi ha votato. Io qui non posso ancora votare, ma lui sì. Ma non deve mica dirci per chi ha votato. Non è così signore?" "Certo, in una vera democrazia il voto deve essere segreto. Questo ti hanno insegnato?" "Sì... e poi... mi hanno anche insegnato..." Il capo-famiglia gli faceva disperatamente il segno di stare zitto, ma Mathieu non lo guardava e proseguì imperterrito. "E poi mi hanno insegnato... Lei, signore, li sa fare i giochi di prestigio?" "I giochi di prestigio?" chiese l'uomo confuso. "Sì... Anche lì, chi li fa mica deve dire come li fa, sennò finisce il divertimento. Noi piccoli ancora non siamo bravi, ma lui invece è bravo, sa? E mica mi dice mai come fa. Quando sarò più grande magari imparo bene anche io, signore." "Sì, sì, ho capito." rispose l'uomo e con grande sollievo del capo-famiglia, passò a fare domande ad altri ragazzini. Quando, finita l'ispezione, il povero capo-famiglia raccontò a Serge e agli altri quell'episodio, tutti risero e dissero che avevano avuto fortuna. Dal ministero dell'educazione arrivarono le necessarie autorizzazioni per il riconoscimento degli studi compiuti nella certosa e anche uno stanziamento, non molto alto, ma utile, proporzionale al numero dei ragazzini assistiti. Nel salone dei pellegrini, al secondo piano, fu allestita l'infermieria, con annesse due stanze una per l'isolamento e l'altra per le degenze, attrezzate convenientemente. Quindi si decise anche di fondare l'associazione degli ex allievi della certosa, pensando che le varie competenze degli ex-allievi più affezionati all'istituto potessero risultare utili, come lo era stata la telefonata ricevuta a proposito dell'ispezione, o come ora per cercare un medico e un infermiere per la certosa. Basandosi sullo stemma della certosa, che era stato trovato scolpito sopra al gran portale di pietra della ex chiesa, consistente in uno scudo con quattro strisce orizzontali azzurre alternate con quattro bianche, con sopra, a cavallo dei due colori, cinque palle rosse messe a croce, lo stemma della "Società per l'Assistenza all'Istituto della Certosa" o SAIC, fu uno scudo bipartito in orizzontale azzurro sopra e bianco sotto con una palla rossa in centro. Un gran numero di ex allievi, di cui molti già erano in contatto grazie al giornalino dell'istituto, intitolato "La Certosa di Montsabot", aderì prontamente all'iniziativa, dichiarando le proprie competenze e disponibilità e anche inviando sia donazioni una tantum che versamenti mensili. Gli ex allievi, con un referendum postale indetto dal giornalino, decisero che si sarebbero chiamati non ex allievi né ex certosini come qualcuno aveva proposto, ma... gli "Avi". Infatti ognuno si sentiva ancora membro, in fondo al cuore, della casa-famiglia in cui aveva vissuto ed era in un certo senso un "antenato". Quindi la certosa, grazie agli interessi della dotazione iniziale dei Laforest, alle sovvenzioni di stato e alle donazioni inviate degli Avi, nonché anche di qualche altro ente privato, ritrovò una certa floridezza economica grazie a cui poté migliorare ulteriormente le proprie strutture. Per prima cosa si finirono di restaurare le restanti casette e se ne costruirono altre sette perfettamente uguali cosicché ora in tutto vi erano ventisei casette allineate in tre file su per il pendio dietro alla chiesa. In tutte le casette si rifecero ex novo i servizi igienici. Infine si spostò il cinematografo nel pian terreno della biblioteca, che già contava sui quarantamila volumi, e si restaurò anche il secondo piano in previsione di un futuro ampliamento della biblioteca stessa. Il tutto fu completato nel 1950, e in quell'anno si tenne la prima riunione plenaria di tutti gli Avi della SAIC. Fu una grande festa di famiglia, e i ragazzini ne furono eccitatissimi: ogni famiglia fece a gara per conoscere i propri Avi e per farsi conoscere da questi. Il forte affetto che legava gli antichi allievi con i nuovi era qualcosa di commovente... specialmente per Roland, a cui in quell'occasione fu donato un collare con lo stemma della certosa, e una bella pergamena artistica con cui lo si dichiarava "Il vero papà di tutti noi".
Nel 1954 l'Istituto della Certosa di Montsabot compiva trenta anni! Si decise di fare grandi festeggiamenti. Serge per l'occasione semplificò le vecchie uniformi dei ragazzi togliendo il solino e le ghette, sostituendo il mantello con il cappotto azzurro. Stabilì per la prima volta anche un'uniforme per tutto il personale di adulti che lavorava nella certosa, infatti pensava che non aveva senso chiedere ai ragazzi di indossare un'uniforme se gli adulti per primi non davano "il buon esempio". Inoltre fece riattare la fonte di pietra in stile barocco che sorgeva sulla piazza, facendola restaurare e collegandola direttamente alla sorgente di acqua oligominerale che alimentava il laghetto di fianco alla cappella di San Bruno. La SAIC organizzò un intero mese di feste a cui intervennero personalità della politica, dello spettacolo, giornalisti. Questa fu anche l'occasione per lanciare una campagna di raccolta fondi interessando banche e privati, per rinnovare le attrezzature della certosa. Furono rifatte le cucine, i tre capannoni lasciati dagli eserciti tedesco e americano furono demoliti e sostituiti da nuovi fabbricati in stile con i vecchi della certosa, i laboratori per i ragazzi furono ammodernati e potenziati. Ma soprattutto ora l'istituto era in grado di accogliere anche altri orfani. Ora la tipografia della certosa poteva anche stampare in quadricromia e il giornalino settimanale "La Certosa di Montsabot" divenne una simpatica rivista a colori. La radio privata, "La Voce di Montsabot" aveva un discreto successo fra i giovani della regione e fu votata dai lettori delle più prestigiose riviste francesi come "radio dell'anno" con grande gioia e orgoglio di tutti i ragazzi. La SAIC si rivelò in più occasioni un ottimo mezzo per affiancare, sostenere e proteggere l'istituto, in quanto un'alta percentuale degli ex-allievi della certosa, grazie all'ottima preparazione non solo tecnica ma morale e sociale, aveva fatto carriera e parecchi ricoprivano cariche anche importanti. Fra essi c'erano politici, un direttore di banca, avvocati, un giudice minorile, uno scrittore, giornalisti, tre stelle dello spettacolo, amministratori, un prefetto, due sindaci, ufficiali dell'esercito...
Era il 1956. Joseph, che allora aveva ventisei anni, era insegnante di educazione fisica in un liceo di Lyon, dietro a Perrache. Tra i suoi allievi c'era un ragazzo di diciassette anni, timido e schivo, orfano di madre e con un padre poco presente. Joseph aveva preso a cuore il ragazzo, spesso ingiustamente oggetto di pesanti scherzi dei compagni, e il ragazzo s'era aperto con lui. Presto fra i due nacque anche affetto, e questo affetto portò il ragazzo a provare sempre più forte il desiderio di spingere oltre il suo rapporto con Joseph, finché gli riuscì di sedurlo e così il ragazzo e il professore, entrambi gay, finirono l'uno nelle braccia dell'altro. Cominciò perciò una segreta relazione, calda e tenera, fra l'insegnante e il suo allievo. Ma purtroppo una lettera che il ragazzo stava scrivendo a Joseph, cadde nelle mani del padre del ragazzo. La lettera era abbastanza esplicita per non lasciare adito a dubbi sulla natura della loro relazione. Il padre del ragazzo la portò al preside della scuola. Joseph e il ragazzo furono convocati. Non poterono negare la loro "colpa" ma il ragazzo cercò con tutte le sue forze di scagionare Joseph, dicendo che era lui che l'aveva sedotto, perché in Joseph aveva trovato l'amore che nessuno gli aveva mai dato nella vita. Il padre del ragazzo non voleva uno scandalo, perché essendo uno psicologo piuttosto affermato questo avrebbe nuociuto gravemente alla sua reputazione professionale; pretese però che Joseph fosse allontanato non solo dalla scuola ma dall'insegnamento nella scuola pubblica. Quando il preside informò le autorità superiori, fu mandato a indagare un ispettore dipartimentale che era, per l'appunto un Avo della certosa. L'uomo interrogò Joseph. "Mi dica, monsieur Baronnet, lei ha sempre avuto queste pulsioni verso i ragazzi?" Joseph si mosse a disagio sulla sedia e rispose a bassa voce: "Da quando ricordo... non ho mai provato attrazione verso il gentil sesso, signore." "E... sempre verso ragazzi minorenni?" "No... sinceramente... solo a volte, quando sono fisicamente e mentalmente sviluppati, ma di solito verso i più grandi... e comunque... questa è la prima volta che... con un mio allievo ho sempre evitato di..." "Il ragazzo pare abbia giurato e insistito che è stato lui a... sedurla." "Ma io mi sono lasciato sedurre... volentieri, signore. Io sono adulto, toccava a me avere la testa a posto, signore. Ma la prego di credermi, non è stato il desiderio a farmi accettare le sue avance... ma piuttosto l'affetto che provo per lui." "Legalmente... lei potrebbe essere accusato di corruzione di minore, se ne rende conto?" "Certo, signor ispettore." "Per sua fortuna... il padre del ragazzo non vuole denunciarla, per evitare uno scandalo, ma pretende che lei sia allontanato dall'insegnamento, non solo da questa scuola. Ma senza una denuncia... l'unico modo che avremmo per allontanarla sarebbe dimostrare che non ha doti sufficienti per essere un buon insegnante. Il che non sarebbe facile, visto che lei, come atleta, ha anche vinto diversi premi, per quanto mi risulta." "A me piace moltissimo insegnare, signore... e ho sempre rispettato i miei ragazzi, glielo posso giurare. Ho sempre cercato di aiutarli a crescere, non solo fisicamente ma anche moralmente... anche se dopo quanto ho fatto se ne potrebbe dubitare. Ma la prego di credermi, anche se fra me e Dourier c'è stato... rapporto anche fisico... quello è stato una conseguenza del nostro rapporto spirituale, non la premessa e men che meno lo scopo. So che quelli come noi..." "Monsieur Baronnet, che si sia attratti verso il proprio sesso, o verso il sesso opposto o verso tutti e due, non dà a nessuno né una patente di moralità né di immoralità. Ci può essere moralità o immoralità in uno qualsiasi dei tre tipi di rapporto che le ho citato. Almeno, questo è quanto io credo, quanto fin da piccolo mi è stato insegnato. Ora, a mio avviso, quanto c'è stato fra lei e il suo allievo, se da una parte è chiaramente illegale, dall'altra a me pare del tutto... morale, mi creda." Joseph lo guardò estremamente sorpreso, e restò a bocca aperta a guardarlo, quasi incredulo. L'ispettore sorrise: "So che il novanta per cento dei miei colleghi non la vedrebbero così. Ma immorale a mio avviso è la violenza, l'inganno, la disonestà, non come uno vive la propria sessualità. Ma torniamo a noi... Dunque, per lei insegnare è innanzitutto una missione, se ho capito bene." Joseph abbozzò un timido sorriso: "Non mi sento un missionario, signore... ma... è innanzitutto fare del proprio meglio per aiutare i ragazzi a crescere sani, onesti, sereni... credo. Certo, ogni insegnante deve seguire un programma con contenuti precisi, ma se si limitasse solo a quello... basterebbero i libri, penso. Non ci sarebbe bisogno di insegnanti in carne e ossa." "Mi dica, monsieur Baronnet, lei ha famiglia, qui?" "No, vivo da solo." "Sarebbe quindi disposto a trasferirsi, ad andare a lavorare in un'altra città?" "Non avrei nessun problema." L'ispettore annuì: "Mi ascolti, giovanotto, devo confessarle che, dopo aver sentito la testimonianza del ragazzo e la sua appassionata difesa nei suoi confronti, e dopo aver parlato con lei... lei mi piace. Perciò vorrei darle una mano a uscire da questo problema nel miglior modo possibile. Se posso darle un consiglio, lei dia le dimissioni dal posto di insegnante statale. Ma poi, si presenti a questo indirizzo," disse l'uomo controllando la propria agenda e scrivendo qualcosa su un foglietto, "presentandosi a nome mio, e chieda se le possono dare un posto di insegnamento lì. Io, se lei mi garantisce che ci andrà, farò una telefonata annunciando la sua visita e spiegando quale è il suo problema." "Cioè... dicendo di me e del mio allievo?" chiese Joseph preoccupato. "Sì, certo. Ma questo, vedrà, non pregiudicherà affatto la sua candidatura. Allora, accetta?" "Potrei continuare a insegnare, quindi?" "Se le possono dare un posto, sì. È una scuola parificata, non statale, quindi sono liberi di assumere chi vogliono." "Nonostante quello che... che ho fatto?" "Mi scusi, giovanotto, ma forse non mi sono spiegato abbastanza chiaramente. Quello che ha fatto, a mio parere non è immorale, almeno quanto non è immorale... il fatto che lei e io siamo francesi. Perciò, non crede che sarebbe una strana domanda se lei mi chiedesse se le daranno il posto nonostante lei sia francese?" Joseph per la seconda volta sorrise e annui, poi si giustificò: "Lei è la prima persona che mi dice di pensarla così. Non ci sono abituato, capisce? Ho sempre dovuto tenere nascoste certe mie... inclinazioni. Hanno sempre fatto del tutto perché io dovessi vergognarmene... Lei capisce quindi il mio... stupore." "Bene. Questo significa che forse questo suo incidente di percorso, dopo tutto, si sta rivelando meno brutto di quanto lei avesse temuto. Mi faccia la lettera di dimissioni che le ho chiesto, io sistemerò tutto il resto. Quando pensa di potersi presentare a questo istituto?" "Anche la settimana prossima." "Bene, allora entro domenica io parlerò di lei con i responsabili. Auguri, monsieur Baronnet."
"Monsieur Baronnet, la attendevo, si accomodi. Ho ricevuto una calda raccomandazione nei suoi confronti, quindi, se possiamo, vedremo di venirle incontro." "Lei perciò sa perché... perché ho dovuto dare le dimissioni dalla scuola statale. La vera ragione, intendo dire." "Sì, certo. Mi dica, Joseph... posso chiamarla per nome, vero? Io mi chiamo Serge... Mi dica, secondo lei il rapporto fisico di una persona con una del proprio sesso, è contro natura, peccaminosa, normale, brutta, bella... o come?" "È contro la legge dello stato e della chiesa." "Ma per lei..." "Se la giudicassi brutta, innaturale, farei del tutto per evitarla. Ma a mio parere... quando è dettata da amore, o almeno da affetto, quando c'è rispetto reciproco... può anche essere bella, giusta." disse il giovanotto e arrossì. "Bene, e la sua relazione con quel suo allievo... da che cosa era dettata?" "Da un profondo affetto, mi creda. So che essendo lui minorenne... io non avrei dovuto... ma... potevo dirgli di no, rifiutare il suo bisogno solo perché... Potevo dirgli di no, di aspettare qualche anno? Certo c'era anche il mio desiderio, non lo nego. Ma le giuro che più che non il desiderio fisico, è stato il desiderio di dargli affetto, sostegno, amore che mi ha spinto verso di lui. Ho provato desiderio verso altri ragazzi, visto che sono come sono, ma non per questo mi sono mai permesso di... di cercare di attrarli a me... di servirmi di loro per placare il mio desiderio. Non sto cercando di giustificarmi, ma più che per me stesso, è stato per lui che..." "Sì, so quanto ha dichiarato il ragazzo e corrisponde a quanto lei mi dice. Non ha bisogno di insistere, sta sfondando una porta aperta. So che, per passare al piano tecnico e del suo valore come insegnante, so che lei ha vinto diverse medaglie e coppe, nelle competizioni sportive." "Sì, ho qui il mio curriculum." "Personalmente penso che lei sarebbe un buon acquisto per il nostro istituto. Ma qui le decisioni sono sempre prese collegialmente. Pertanto ora riunirò il collegio di docenti e studenti e se, come credo, lei sarà giudicato idoneo, a partire dal prossimo mese lei potrebbe far parte del nostro corpo insegnante. E se il collegio darà il suo nulla osta, le illustreremo in dettaglio i nostri principi educativi, la nostra organizzazione, le sarà assegnata una stanza nella Foresteria, che in realtà è la residenza degli adulti in questa certosa, e sarà uno dei nostri." Così Joseph incontrò il collegio dei docenti e studenti, che lo esaminò e alla fine dette il suo placet. Joseph fu assunto. Quando gli spiegarono i principi su cui si reggeva la certosa, Joseph passò da incredulità a stupore, a entusiasmo. E divenne così uno degli istruttori di educazione fisica della certosa, rivelandosi un insegnante capace e prezioso, che sapeva veramente capire, consigliare, guidare ed entusiasmare i ragazzi. Un giorno Joseph disse a Serge: "Sono passato attraverso un incubo, per svegliarmi in paradiso!" Serge sorrise: "Può darsi... e allora fai del tuo meglio per lasciare questo... paradiso un po' meglio di come l'hai trovato. Solo con un duro e serio lavoro da parte di noi tutti, sia i ragazzi sia gli adulti, questo sarà possibile." "Certo che farò del mio meglio!" esclamò lietamente il giovanotto. In quell'anno si stabilì anche che le 26 case-famiglia, sarebbero state denominate con nomi in ordine alfabetico dall'A alla Z, dipingendo sopra l'ingresso di ognuna uno stemma che rappresentava il nome della famiglia. Così, ad esempio, un ragazzo diceva di essere Marc Bosse, del Fiore, infatti abitava nella casa F, o Jules Creyx dell'Aquila, perché abitava nella casetta A. Un'altra novità introdotta nella certosa, affinché la vita nelle casette fosse il più possibile come quella di una vera famiglia, fu che in ogni casa fu installata una lavatrice e un frigorifero, dono di un Avo, proprietario della fabbrica di elettrodomestici Étoile. Non erano infrequenti simili doni da parte degli Avi. Ma pur essendo ognuno degli Avi legato alla sua antica casa-famiglia, si pose la regola che, a parte cose di poco valore venale e di particolare valore affettivo, il dono doveva essere fatto all'istituto e non alla singola casa, per non creare differenze e discriminazioni. La certosa inoltre poté comprare un pulmino e tre auto di servizio, da usare oltre alle due vecchie jeep militari lasciate in dono dall'esercito americano, per altro ancora perfettamente funzionanti. Accanto al garage per i sette automezzi, si costruì anche una piccola officina meccanica, che fu attrezzata da un altro degli Avi, in cui i ragazzi interessati potessero imparare il mestiere. Maurice aveva trasformato il terreno fra le casette, lavorando sodo con i ragazzi, in un bel giardino all'inglese, e la zona a monte dei laboratori, a est della chiesa, in un orto in modo di avere sempre vegetali freschi. Anche la piccola vigna aveva finalmente iniziato a produrre un buon vino, di cui una parte era consumata nella certosa e una parte trasformata in vino chinato e venduta nel negozio che avevano in città, sempre gestito da Michel Laforest-Brout.
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