LA CERTOSA DI MONTSABOT |
15 - GLI EVENTI DAGLI ANNI '80 IN POI |
Nel 1980 uno degli Avi decise di regalare alla certosa circa cinquanta televisori, uno per ogni casa-famiglia e uno per ogni aula, e il tecnico che li istallò li collegò in modo che potessero essere usati anche per trasmissioni interne. Questo rappresentò una vera rivoluzione nella certosa, infatti fino ad allora in tutto c'erano solo tre televisori, uno in casa del rettore, uno nel living dei professori e uno nel salone delle feste. Poter accedere ai programmi liberamente, dava ai ragazzi una migliore visione (anche se parziale e a volte distorta) del mondo "di fuori". Il collegio però decise che si doveva anche commentare con i ragazzi i programmi che vedevano, proprio per correggere quella parte delle informazioni che in qualche modo erano viziate o partigiane. In preparazione del sessantesimo della certosa, che cadeva nel 1984, i ragazzi pensarono di preparare una serie di programmi per il canale interno. Quindi Marc comprò anche tre telecamere e l'attrezzatura per mixare e montare i filmati fatti dai ragazzi. Quando gli Avi affluirono alla certosa per le celebrazioni, ne furono entusiasti e decisero di fare una sottoscrizione per dotare la certosa, accanto alla radio, anche di un piccolo studio televisivo in piena regola. Ma mentre la radio trasmetteva anche all'esterno, il canale televisivo della certosa era solo interno, quindi i ragazzi potevano godere di maggiore libertà nel creare i propri programmi. Poi, la certosa si preparò a celebrare il centenario della nascita del fondatore, Roland Laforest, che cadeva nel 1989. Per l'occasione fu fatto un libro, un programma televisivo, e fu fatta scolpire da uno degli Avi una statua di Roland a grandezza naturale, che fu posta su un piedestallo simmetrico alla fonte, sulla piazza della certosa. Serge, che inaugurò la statua, vedendo le fattezze perfettamente riprodotte del suo antico amante, pianse. Per il centenario di Roland, una seconda innovazione fu introdotta nella certosa: una dotazione di computer, in modo che i ragazzi imparassero a usarli. Fra i ragazzi della certosa, nella casa-famiglia della Ciliegia, c'era un ragazzo che era stato ammesso quando aveva solo due anni, di nome Khaled. I genitori erano una coppia non sposata, lui francese e lei algerina, e i fratelli di lei, saputo che era stata messa incinta da un ragazzo francese, l'avevano atteso una sera e l'avevano ucciso a coltellate. La madre di Khaled allora si era suicidata. Khaled era perciò cresciuto nella certosa. Era un ragazzetto simpatico e vivace, grazioso, dal corpo forte, amante degli sport e appassionato della natura, perciò passava tutto il suo tempo libero nella serra ad aiutare Felix, un istruttore di venticinque anni che curava appunto la serra. Khaled, gradualmente e inevitabilmente, si sentì sempre più attratto da Felix, ma essendo un ragazzo piuttosto timido, non aveva mai manifestato la sua attrazione verso il giovanotto. L'unica cosa che i suoi compagni avevano notato fu che, da quando aveva compiuto i quindici anni ed era passato fra i grandi, aveva smesso di fare sesso con loro. Questo non era del tutto inusuale, e quando il capo-famiglia lo fece notare al loro consigliere adulto, questi gli disse che forse Khaled si sentiva attratto verso le ragazze e che perciò non era più interessato ai compagni. Nel clima di rispetto della certosa, nessuno pensò mai di forzare il ragazzo. Anche i compagni, dopo i suoi primi rifiuti, smisero di provarci con lui. D'altronde il ragazzo pareva sereno, era allegro come sempre, si impegnava come prima in tutte le sue attività. Felix da parte sua si sentiva attratto dal ragazzo, perché anche se Khaled aveva solo diciassette anni, era molto ben sviluppato sia fisicamente che come carattere. Inoltre la sua discendenza mista faceva di lui, come spesso accade in questi casi, un ragazzo decisamente sensuale e attraente. Ma secondo la regola della certosa per cui non deve mai essere un grande a sollecitare favori sessuali da un piccolo, e tanto meno un adulto da un minore, Felix non s'era mai azzardato a far capire al ragazzo il proprio desiderio. Forse era stato anche troppo attento, perché, pur senza una richiesta esplicita, quindi senza violare le regole, si può far intuire all'altro qualcosa. Un giorno Felix, tornando nella sua stanza al secondo piano della foresteria, quando entrò si fermò interdetto sulla porta: sul suo letto c'era Khaled, completamente nudo, steso e poggiato su un gomito, che lo guardava con un sorriso indefinibile, a metà fra lo sfrontato e il timido. "Khaled! Che ci fai qui?" "Ti aspettavo, Felix." "Ma come sei entrato?" gli chiese chiudendosi la porta alle spalle. "Mi sono arrampicato da fuori, quando ho visto che la tua finestra era aperta." "Ma sei matto? Potevi cadere, farti male! E poi, che idea a venire qui senza dirmi niente. E se io non ti volessi?" disse avvicinandosi al letto. "Non mi vuoi?" chiese il ragazzo tornando serio. "Io speravo... pensavo... che trovandomi così... devo rivestirmi?" "No... sì... no. Non è questo. Mio dio, Khaled tu mi piaci un sacco... sei bello, sei sensuale, sei desiderabile. Solo che m'hai preso alla sprovvista... non mi hai mai fatto capire che..." "Non ne avevo il coraggio... e tu non parevi interessato a me." "Non ne avevi il coraggio? E che cavolo, il coraggio di farti trovare nudo nel mio letto l'hai avuto, però." "Sei arrabbiato con me?" "Sì... un po'." "Però... però t'è venuto duro... si vede, sai?" disse il ragazzo sollevando una mano e posandola lieve sulla patta gonfia del giovanotto. "Mica sono di legno, no? Sei bello... sei nudo... sei sul mio letto..." "Allora mi desideri? Vuoi fare l'amore con me? Vuoi? Ho già diciassette anni, le regole non lo vietano." "Khaled... certo che mi piacerebbe... Dio, sei proprio bello!" disse il giovanotto posando a terra la sua borsa e con una mano carezzò lieve il petto del ragazzo, poi con i polpastrelli di due dita gli sfregò un capezzolo ed entrambi divennero immediatamente duri, mentre il membro del ragazzo iniziava a sollevarsi palpitando. "Allora... perché non ti levi tutto e non vieni qui con me?" gli chiese il ragazzo a mezza voce, in tono allettante. "Khaled... ma a me piace solo metterlo, non prenderlo, ti avverto..." gli disse il giovanotto carezzandogli il ventre incavato e teso. "E a me piace soprattutto prenderlo, specialmente se è da uno come te." rispose il ragazzo palpandogli il membro duro attraverso la tela dei calzoni. "Sei un diavoletto tentatore, lo sai?" gli disse il giovanotto iniziando a sbottonarsi la camicia, sorridendogli. "Speravo di esserlo... Sono due anni che sogno... te, e questo momento. Ma tu una volta avevi detto che... che a te piacciono più grandi... e forse ora sono abbastanza grande per piacerti." "Sì che lo sei." gli disse Felix sbottonandosi i calzoni e facendoseli calare sulle anche assieme alle mutande. Khaled si sporse e baciò il bel membro già completamente ritto del giovanotto. Poi le lecchettò su e giù, con cura. Felix fremette e gli carezzò i capelli. "Me lo metti in bocca?" gli chiese il ragazzo guardandolo di sotto in su. Felix annuì. Khaled aprì la bocca e il giovanotto glielo spinse dentro. Il ragazzo cominciò a succhiarglielo muovendoci contro la lingua. Felix fremette e chiuse gli occhi. Khaled, continuando a succhiarglielo e a muovere avanti e dietro la testa, sollevò lo sguardo e quando vide l'espressione beata del volto dell'istruttore, si sentì contento. Poi Felix si staccò da lui e finì di togliersi gli abiti di dosso. Salì in ginocchio sul letto, Khaled si alzò a sedere e prese in mano il bel membro turgido e lucido di saliva. "Ti piace come te lo succhio?" chiese il ragazzo. "Sì, sei bravo... e a te piace?" "Sì, è una bella sensazione avere un bel cazzo come il tuo in bocca, fra le labbra... e non vedo l'ora di sentirmelo anche dietro." rispose Khaled e riprese a succhiarglielo, mentre con una mano saliva a stuzzicare i capezzoli del giovanotto e con l'altra gli impastava gentilmente e con la giusta pressione il sacchetto dei testicoli. Dopo un po' si staccò e chiese: "Felix... tu puoi venire due volte di seguito?" "Sì, anche tre, a volte. Perché?" "Perché adesso mi piacerebbe sentire che sapore hai, ma dopo lo vorrei anche nel mio culetto." "Tutto quello che vuoi, Khaled... tutto quello che vuoi." gli rispose il giovanotto mentre il ragazzo riprendeva a succhiarglielo con gusto. Felix gli carezzava i capelli, il collo, le spalle. Il ragazzo ci sapeva veramente fare ed il giovanotto sentiva il piacere accumularsi rapidamente nel suo corpo. Khaled sentì che il momento magico stava per giungere e con vera abilità fece in modo di accelerarlo. Dopo poco infatti Felix si tese e iniziò a eruttare tiepidi getti nella bocca del ragazzo. Khaled inghiottiva a grandi sorsate il nettare di maschio che così abbondantemente Felix gli stava donando. Quando ne ebbe sorbita anche l'ultima goccia, Khaled continuò per un po' a succhiare cosicché l'erezione del giovane uomo, che stava per diminuire, ritrovò tutto il proprio vigore per l'intensità del piacere che l'ipersensibile membro riceveva dall'esperta bocca del ragazzo. Poi Khaled si tolse, lo guardò e si leccò le labbra: "Hai un gusto diverso da quello che mi aspettavo." "Se non ti piaceva, potevi non berlo." mormorò Felix con voce calda e roca, ancora fremente per l'intensità dell'orgasmo. "Non ho detto che non mi è piaciuto. Era meno dolce di quanto m'aspettavo... ma era buono. Mi piace il tuo gusto. E adesso... adesso me lo metti dietro? Mi prendi, per favore?" "Come ti piace farlo, Khaled?" gli chiese il giovane uomo carezzandolo. "Come piace a te... Per me va bene, se va bene a te." "Allora..." disse Felix, sedendo sul letto. Prese il ragazzo e se lo fece sedere in grembo, faccia a faccia. Lo baciò in bocca e sentì il gusto del proprio seme, anche se diluito. Poi fece sollevare un po' Khaled, prendendolo per la vita. Il ragazzo afferrò il forte membro del giovanotto, ancora duro, che gli guizzò in mano, e lo guidò. Poi si lasciò calare su quel bel palo puntato in alto, aiutato da Felix, finché il glande gonfio fu centrato sul suo foro palpitante e voglioso. Prima di calarsi completamente giù, il ragazzo ripiegò le gambe sotto di sé e, puntando le ginocchia di fianco all'istruttore, si lasciò finalmente andar giù con lentezza. Quando il forte palo iniziò a inserirsi nel caldo canale, Khaled chiuse gli occhi per assaporare meglio le sensazioni che stava provando e con un lieve guaito gioioso, scese, scese, facendoselo entrare tutto dentro. Quando l'ebbe accolto tutto, aprì gli occhi, abbracciò sul collo Felix e gli sorrise contento. "Sì... è bello averti finalmente in me... Anche a te piace?" gli chiese quasi in un sussurrò. "Sì, Khaled, di te mi piace tutto." "Davvero?" chiese il ragazzo con occhi luminosi. "Certo... e soprattutto mi piace la gioia con cui fai l'amore." Khaled iniziò a sfilarsi lentamente, per poi lasciarsi andar giù di colpo e ogni volta che si sfilava e si lasciava cadere, emetteva un basso mugolio pieno di piacere. Poi, gradualmente i suoi su e giù si fecero più brevi ma più veloci, finché raggiunse il ritmo di una forte galoppata. Frattanto Felix gli stuzzicava i capezzoli e di tanto in tanto lo baciava immergendogli tutta la lingua in bocca, quasi come se lo prendesse contemporaneamente da tutte e due le parti. Khaled ora era quasi scatenato, e il suo volto era lievemente arrossato per l'eccitazione e respirava quasi a ritmo con il suo molleggiare sul grembo del giovane uomo. Il membro duro del ragazzo sfregava contro il ventre sodo del giovanotto, aumentando così le sensazioni piacevoli di Khaled. Il ragazzo sembrò perdere l'autocontrollo, si agitava disordinatamente in grembo a Felix e irrorò il ventre del giovanotto e il proprio con forti schizzi di seme, mugolando ad alta voce. Le contrazioni del suo sfintere a ogni getto e i movimenti scoordinati, provocarono nel giovane uomo un secondo, forte orgasmo. Per un attimo tutti e due restarono fermi, semiabbracciati, respirando rumorosamente. Poi Felix sospinse Khaled con la schiena sul letto, gli fece ripiegare le gambe ai lati del corpo e steso sul corpo del ragazzo piegato a metà, riprese a martellargli dentro con virile vigore. Khaled sorrise felice e lo incoraggiò con brevi frasi, con voce rauca per il piacere. "Sì... così... che bello! Più forte... riempimi... tutto... oh Felix... dai... dai..." Il giovanotto non aveva certo bisogno di incoraggiamento, era completamente partito: non aveva mai provato tanto piacere nel fare l'amore. Il letto si muoveva a ritmo, la testiera batteva conto la parete a ogni colpo del giovane uomo nello stretto e caldo canale del ragazzo. Questa volta l'orgasmo tardava a sopraggiungere, quindi entrambi si goderono quella lunga cavalcata per parecchi minuti. Ma infine un terzo, energico orgasmo squassò il corpo di Felix che si piantò con vigore dentro al ragazzo e gli irrorò il morbido e caldo canale per la seconda volta. Poi crollò su di lui, esausto. Khaled gli carezzava la schiena, mentre entrambi faticosamente ritrovavano la calma. Poi gli chiese in un sussurro: "Ti sono piaciuto, Felix?" "Terribilmente! Sei stato fantastico!" "Hai un ragazzo, Felix?" "Sì e no..." "Qui alla certosa?" "No, in città. È il cameriere del bar della stazione." "Ti piace? Perché hai detto sì e no?" "Mi piace... ma non è niente in confronto a te. E ho detto sì e no, perché non è il mio ragazzo, semplicemente a volte ci divertiamo assieme. Lui va anche con altri." "E tu?" "Qualche volta, ma di rado." "Mi vuoi ancora qui con te?" "Ogni volta che vuoi, Khaled." "E... vuoi che io sia il tuo ragazzo?" "Mi piacerebbe... ma fra un paio di anni tu te ne dovrai andare." "Ma magari resto in città." "E tu, mi vuoi come tuo uomo?" "Mi piacerebbe... ma se sono il tuo ragazzo... mi prometti che non vai con altri? Io non andrò con nessuno, se sarò il tuo ragazzo." "Khaled, non ti sembra un po' presto per legarti?" "Perché ho diciassette anni?" "Anche... e perché è solo la prima volta che facciamo l'amore." "Ma tu mi piaci un sacco, sono due anni che ti conosco... e mi piace anche come fai l'amore. No, non mi sembra per niente troppo presto per legarmi. Ma forse sei tu che non ti vuoi legare." "No... Anche tu mi piaci un sacco, Khaled. E non solo come fai l'amore. Però, se tu sarai il mio ragazzo, devi promettermi una cosa..." "Te l'ho detto, non lo farò con nessun altro." "No, non quello... devi promettermi che mi dirai sempre la verità su tutto quello che pensi, che senti, che provi, che desideri. Come farò io con te."
Nel 1990 Serge, durante la notte, morì. Il medico disse che il cuore gli aveva ceduto. Serge aveva d'altronde ottantatré anni. Dopo la morte del suo Roland, Serge non aveva avuto nessun altro amante: a chi gli chiedeva perché, rispondeva con un sorriso: "Amo troppo Roland, per trovare il posto nel mio cuore per un altro." Il collegio decise di far eseguire una statua anche di Serge e di porla accanto a quella di Roland, rifacendo appositamente il piedestallo, in modo che Serge guardasse sorridendo il suo amante. Infatti Serge era, assieme a Roland, il fondatore della certosa. Nel 1992 l'amante di Marc, Valery, un Avo di trentasette anni che nella certosa si occupava dello studio radiofonico assieme ai ragazzi, mentre andava in moto fu investito da un camion. Purtroppo ebbe una lesione alla spina dorsale, perciò restò paralizzato a tutti e quattro gli arti. Allora Marc, nonostante avesse solo cinquantadue anni, dette le dimissioni da rettore per potersi dedicare a tempo pieno del suo amante. Il collegio si riunì e elesse nuovo rettore Denis, un avo di trentacinque anni che era stato accolto nel 1957 quando aveva pochi mesi, e che insegnava matematica ai ragazzi. Nonostante fosse abbastanza giovane, Denis era molto equilibrato, molto amato dai ragazzi e apprezzato dai colleghi. Nel 1992 la certosa si collegò anche a Internet e fece il suo sito, aperto a tutti, ma con una sezione speciale a cui solo gli avi sparsi per la nazione, e qualcuno anche all'estero, potevano accedere con una password. Questo segnò la terza rivoluzione nella certosa, perché i ragazzi impararono a navigare e internet si rivelò prezioso per le loro ricerche e la loro formazione. Nel 1994 si celebrò il settantesimo della fondazione della certosa. Per le celebrazioni dovettero affittare il palazzetto dello sport giù in città, perché fra gli avi e le loro famiglie erano ormai talmente numerosi da non poter essere radunati tutti su alla certosa. Nel 1997, il capo della polizia di Tours, anche lui un Avo, avvertì il rettore Denis che era stata sporta una denuncia contro la certosa da un giovane appena uscito, in cui si diceva che l'istituto era un centro "per la perversione dei giovani, che erano costretti a pratiche omosessuali". Gli disse che sarebbe arrivato presto un contingente di polizia per svolgere indagini, e che il giovane aveva anche rivelato l'esistenza della parte segreta della biblioteca e dell'archivio segreto. Immediatamente Denis radunò tutti gli adulti e tutti i responsabili dei ragazzi, compresi i capi-famiglia, e li avvertì della denuncia e della necessità di far scomparire tutto quanto potesse essere compromettente. Radunato tutto il materiale, vuotate le stanze segrete della biblioteca e messi negli scaffali i libri antichi e rari, per giustificare perché fossero stanze nascoste, tutto il materiale radunato, nottetempo fu caricato nel furgoncino che fu portato nel garage di uno degli Avi nella città vicina. Appena in tempo. Il giorno dopo la polizia arrivò e, con un mandato, compì un'accurata perquisizione, mentre uno staff dell'autorità inquirente iniziò a fare interrogatori su interrogatori. I ragazzi erano però preparati da sempre a una simile evenienza, quindi, nonostante gli interrogatori fossero durati più di un mese, nulla risultò agli atti. Alla fine sia la polizia che gli inquirenti dovettero abbandonare il campo e l'accusa decadde. Ma Denis voleva sapere chi aveva sporto denuncia contro di loro e perché. Tramite l'avo che li aveva avvertiti, seppero chi era il ragazzo. Allora uno dei professori, saputo da chi proveniva la denuncia, chiarì che cosa poteva essere successo. Quel ragazzo aveva avuto una relazione con lui. Quando aveva dovuto lasciare la certosa, aveva chiesto al professore di restare in contatto, perché lui era innamorato e voleva mantenere la relazione. Ma il professore gli aveva detto che lui non solo non era innamorato, ma che ora aveva un altro ragazzo. Dopo una scena di gelosia, quello gli aveva detto che gliel'avrebbe fatta pagare... ed ecco perché aveva denunciato la certosa. Denis disse al professore che forse aveva agito con leggerezza, e che specialmente gli adulti dovevano stare molto attenti ai loro rapporti con i ragazzi. Nel 1998 i ragazzi presentarono una petizione al rettore: vedendo nelle vecchie fotografie le antiche uniformi della certosa, pensavano che erano più belle di quelle attuali, più eleganti e originali, perciò chiedevano che fossero ripristinate. Denis pensò che, se i ragazzi erano in gran maggioranza d'accordo, non fosse necessario l'assenso degli adulti, perciò riunì il collegio e chiese di avere la delega per provvedere. Il collegio all'unanimità accettò la richiesta di Denis. Allora il giovane rettore fece consultare gli schedari degli avi e, come sperava, trovò che fra questi ce n'era anche uno che lavorava in Italia come disegnatore di moda per Versace. Gli telefonò e gli chiese se aveva voglia di studiare le antiche uniformi, di cui restava un solo esemplare nel museo, per crearne una nuova che unisse la linea della antica con i vantaggi delle confezioni moderne. Il designer, che si chiamava Jean-Luc Blanchet, accettò entusiasticamente la proposta. Durante le vacanze tornò alla certosa per prendere visione di quell'unico esemplare di uniforme, la misurò, la fotografò, ne analizzò tutte le parti con cura, quindi si mise a fare schizzi e disegni. Tornato in Italia studiò quali fossero i tessuti moderni più adatti, dove far costruire gli accessori, soprattutto il kepì e le ghette, e finalmente presentò una serie di figurini per l'approvazione. I ragazzi furono chiamati a esaminare i disegni e a esprimere il loro voto, che poteva assumere tre forme: sì, no, oppure sì ma con modifiche. Alla fine delle votazioni, il novantuno per cento aveva votato sì. L'ultimo problema che restava era come eseguire il cambio delle uniformi: farne nuove per tutti i ragazzi, una estiva, una invernale e una di mezza stagione, avrebbe richiesto una spesa troppo alta, che non si potevano permettere. D'altra parte cambiarle solo man mano che i ragazzi crescevano e dovevano cambiare uniforme, avrebbe portato a un lungo periodo in cui si sarebbero usate due uniformi diverse, e questo non piaceva a nessuno. Allora il collegio decise di aprire ancora una volta una sottoscrizione fra gli Avi. Cominciarono ad arrivare i versamenti, ma non pareva esserci l'entusiasmo che c'era stato per altre proposte, la somma di denaro aumentava molto lentamente. D'altronde la certosa, sia con i sussidi di stato che con quanto restava del capitale con cui era stata fatta la fondazione, che con i proventi delle attività dei ragazzi, riusciva a sostenere le spese, ma non ad accantonare una grossa somma di denaro. Alcuni ragazzi proposero di usare i loro risparmi in banca, ma Denis si oppose: quei soldi dovevano restare per quando ognuno di loro, a diciannove anni, fosse uscito dalla certosa, per iniziare un'attività o per pagarsi gli studi se volevano andare all'università. Sembrava una strada senza uscita, un problema senza soluzioni. Si era già nel 1999 e non era ancora stato possibile fare nulla. I ragazzi erano un po' delusi, comunque si stavano rassegnando all'idea di continuare a portare l'uniforme che avevano usato fino ad allora. Ma nell'anno 2000, arrivò una lettera da uno studio notarile di Parigi.
"Gentile Signor Rettore della Certosa di Montsabot, La somma era più che sufficiente per far confezionare tutte le uniformi e, sommata ai fondi raccolti per quello scopo, era più che abbondante. Denis allora convocò i capi-famiglia e comunicò loro la buona notizia. Quindi chiese loro di fare una votazione formale in ogni casa, alla presenza di tre testimoni adulti e di stendere i verbali da inviare ai notai. Chiese inoltre di decidere come desideravano che fosse spesa la somma di danaro che sarebbe avanzata. Fatte le votazioni e raccolti i verbali, i capi-famiglia comunicarono a Denis quanto i ragazzi avevano deciso di fare con il denaro rimanente. Chiedevano che un computer collegato a Internet fosse piazzato in ogni casa-famiglia. Il collegio approvò la richiesta. Così furono mandate tutte le carte e i documenti richiesti allo studio notarile di Parigi. Nel settembre dell'anno 2001 il versamento della somma ereditata giunse nella banca della certosa e si poterono così mandare gli ordini per la confezione delle nuove uniformi. Quando finalmente arrivarono le prime consegne, i ragazzi erano felici e i più grandi si pavoneggiavano per le vie della città, ogni domenica, ammirati da tutti. "I piccoli certosini," come erano chiamati in città, "si sono fatti eleganti!" diceva la gente compiaciuta e fiera e non poche ragazze, nonché qualche ragazzo, facevano gli occhi dolci ai ragazzi della certosa...
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