LA CERTOSA DI MONTSABOT |
5 - LA PRIMA GUERRA MONDIALE |
Per i due giovani amanti, il fatto di poter stare di nuovo assieme, di potersi dire tutto il proprio amore non solo tramite lettere ma con tutto il loro corpo, rendeva meno pesanti e terribili le condizioni di quella logorante guerra. Quando la morte aleggia, triste ma incontrastata signora, il migliore antidoto alla paura è proprio l'amore. Dopo ogni battaglia, che il frutto ne fosse l'avanzamento di pochi chilometri o l'arretramento su posizioni difensive, il potersi dedicare completamente l'uno all'altro, sia pure per periodi troppo brevi e in condizioni tutt'altro che gradevoli, era per i due il modo per non perdere la speranza, per credere ancora nel futuro, per ritemprarsi gli animi. Una sera, durante una tregua un po' più lunga delle altre, mentre stavano l'uno nelle forti braccia dell'altro, Hervé disse: "Non so se ho fatto bene a sposarmi, sai?" "Perché dici questo, amore? Non sei contento? Madeleine è deliziosa, hai tre bei figli... non hai tutto quello che desideravi?" "Sì e no. Sì, desideravo avere una famiglia, è vero, e ho una gran bella famiglia. Voglio molto bene a Madeleine, che merita il mio amore. Sono fiero dei miei figli e li amo, e mi dispiace che i gemelli li ho dovuti lasciare appena nati, che non ne posso godere i primi anni, non posso vederli crescere, aiutarli a crescere. Ma tu sei e resti il mio primo e più grande amore. Non sarebbe stato meglio se io avessi rinunciato a tutto questo pur di rimanere con te?" "La vita a volte ci impone scelte... scelte e rinunce che non sempre sono facili. Ma guardare al passato e rimpiangerlo non serve a nulla. Guardiamo al presente, amore mio: siamo di nuovo assieme." "Ma un giorno questa orribile guerra cesserà e allora... allora dovremo di nuovo essere separati." "Certo, ora il tuo dovere primario è verso la tua famiglia. Tu comunque ami Madeleine, non puoi semplicemente rinunciare a lei... e tanto meno ai tuoi figli. Se tu non la amassi, se non aveste tre adorabili bambini, forse avresti la possibilità di fare una scelta diversa. Ma ora... io per primo non lo vorrei. Non posso desiderare la mia felicità al prezzo di quella di quattro persone innocenti e buone." "Hai ragione, ma... l'unico a rimetterci sei tu, così." "Per ora no, ti ho qui, fra le mie braccia. E comunque, quando si fa una scelta per amore, non ci si rimette mai. Io amo te e di riflesso amo la tua famiglia, credimi. La tua e loro felicità, per me, è veramente importante." "Anche a prezzo della tua?" "No, perché non sarei felice se dovessi fare del male a loro... e a te." "Sei troppo buono, Roland." "Non si è mai troppo buoni, amore mio. Si può solo cercare di esserlo, e di essere onesti. Non sei proprio tu che mi hai insegnato queste cose?" Si baciarono e ripresero a fare l'amore con tenerezza e virile vigore.
Morirono centinaia di migliaia di uomini, soprattutto fra gli anglo-francesi che persero due uomini per ogni uomo perso dai tedeschi: in tutto erano morti oltre ottocentomila uomini. Nuove leve venivano a colmare, almeno in parte, i vuoti e l'età media dei soldati diminuiva rapidamente: ormai al fronte si vedevano anche diciassettenni e persino qualche sedicenne. Poi nel 1917, i francesi riuscirono a impadronirsi di novo del Mort-Homme, presso Verdun, e nella battaglia di Malmaison riuscirono a metter fine alla lunga guerra di logoramento dello Chemin des Dames. In questa seconda battaglia la quantità di artiglieria e di mezzi meccanici impiegati dai francesi, per risparmiare le fanterie troppo provate, toccò le cifre più alte di tutta la guerra. Il venti novembre i francesi attaccarono Cambrai, e in sole dieci ore le truppe francesi avanzarono di ben dieci chilometri. Ma il ventitré la controffensiva delle truppe tedesche annullò quasi completamente le conquiste francesi, anche perché la fanteria inglese non seppe dare loro il sostegno sperato. Anche la compagnia di Roland dovette retrocedere rapidamente e durante la ritirata molti dei suoi uomini furono uccisi. Si erano appena attestati in un punto più facilmente difendibile e Hervé stava controllando i piazzamenti degli uomini, le armi, le munizioni, quando dalle linee tedesche partì un tentativo di attacco. Fu un tentativo breve, subito respinto dagli uomini di Roland. Ma una sventagliata di mitragliatrice investì un gruppo di uomini addetti a un cannone, fra cui c'era anche Hervé. Roland li vide cadere sotto i propri occhi, uno dopo l'altro in rapida successione, come marionette disarticolate a cui fossero stati tagliati i fili. E vide cadere anche il suo Hervé. Incurante del pericolo, senza pensare ad altro, si precipitò sul luogo. Individuò il corpo di Hervé: giaceva riverso sulla schiena, una gamba ripiegata sotto il proprio corpo, un braccio teso in fuori l'altro sopra la testa, e una fila di fori neri dai bordi rossi tracciata con precisione geometrica traversava in diagonale il suo petto... e il rosso dei bordi si stava espandendo lentamente. Hervé aveva gli occhi aperti, in un'espressione di profondo stupore. Respirava ancora. Roland si chinò su di lui, sedette a terra accanto al suo capo e lo chiamò sottovoce, quasi faticando ad articolare i suoni. "Hervé... Hervé..." Gli occhi del ferito girarono verso di lui e le sue labbra tentarono di sorridere: "Mi... hanno... beccato... i bas... bastardi..." mormorò. "Sei solo ferito. Adesso chiamo l'infermiere... non ti muovere." "No... aspetta... Non andare via... non serve chiamare l'infermiere, lascia che curi chi se la può cavare. Resta qui, non mi lasciare, proprio adesso." "Ma che dici, anche tu te la puoi cavare, amore!" "Ssst! Non ti far sentire a chiamarmi così... Lo so, lo sento, purtroppo me ne sto andando. Purtroppo per te, per la mia famiglia... ma così, almeno, non devo scegliere." "Zitto, non sprecare le energie. Vado a chiamare..." "No!" disse Hervé con tale forza che Roland si bloccò. "No..." ripeté con dolcezza, "non lasciarmi solo proprio adesso. Mettimi la testa sul tuo grembo... voglio andarmene così, fra le tue braccia." "No..." gemette quasi Roland, "non te ne andrai... non devi lasciarmi... non puoi lasciarmi... No, Hervé, ti prego..." "Non è me che devi pregare, io resterei, certo che resterei. Devi pregare signora morte, ma lei purtroppo è sorda, non ascolta le nostre preghiere. Resta qui... voglio andarmene con il tuo sorriso negli occhi, con la tua voce nel cuore..." "No, Hervé... no..." "Ti ho amato sopra ogni cosa, più della mia stessa vita... devi credermi." "Certo che ti credo." "E ora... ora finalmente... ti starò vicino notte e giorno... solo la mia anima, è vero, ma sarà sempre con te." "Perché continui a parlare di... di andartene?" chiese Roland con voce tremante e strozzata. Cercava di ricacciare indietro le lacrime, ma sentiva che era una battaglia che presto avrebbe perso. "Perché so che è così... Roland?" "Dimmi..." "La vita mi ha dato molto... mi ha dato te." "Ma ora..." iniziò a dire Roland ma fu incapace di aggiungere altro. "Amore..." sussurrò Hervé con un filo di voce. Roland si accorse che gli occhi del suo amato erano fissi nel vuoto, le sue labbra socchiuse non si muovevano più, la sua mano che stava tenendo fra le proprie divenne improvvisamente pesante. "Hervé?" lo chiamò sottovoce. "Hervé?" ripeté sentendo una morsa d'acciaio stringergli il cuore. "Hervé..." mormorò e finalmente le sue lacrime scesero e caddero sul bel volto del suo amato, come le prime gocce di una pioggia d'autunno, irrorando il volto esanime del suo amante, che aveva cessato di vivere. Ne cullò il corpo che con le spalle poggiava sul suo grembo, dondolandosi lieve avanti e dietro, continuando a piangere silenziosamente, continuando a chiamarlo, a gridare il suo nome amato dentro al cuore, e gli carezzava dolcemente il dorso della mano inerte.
Nel novembre del 1918 fu finalmente firmata la pace. Roland, congedato con due medaglie al valore, rivestì gli abiti civili e andò a casa. Ma prima di tornare alla villa dove suo padre l'attendeva, volle passare a Tours. Comprò una vecchia automobile e vi si recò, portando in un sacchetto le poche cose di Hervé. Madeleine era già stata avvertita dai comandi della morte del marito. Quando vide Roland, lo abbracciò ed entrambi piansero. "Tu c'eri, quando è morto?" gli chiese la donna. "Sì... è morto... fra le mie braccia." "Ah. Sono contenta. Almeno è morto felice, no? So quanto ti amava." "Sì... era il mio più caro amico." rispose Roland. "Sì, certo... parlava sempre di te... e dopo che mi hanno detto che era morto... rimettendo in ordine le sue cose... sai come è, dovendo decidere che cosa conservare per me e i nostri figli e che cosa no... ho trovato anche tutte le tue lettere... le conservava divise per anno... le ho lette... e ho capito quanto voi due vi amavate... So che anche per te è stata una perdita terribile... vero?" "Lo è stata, sì, terribile. Avrei dato la mia vita per trattenerlo qui con noi... per restituirtelo vivo... te lo giuro, avrei dato la mia vita... ma non è stato possibile." "Con me, prima di partire per la guerra... non mi ha mai detto di voi due, del vostro amore... ma non faceva che parlarmi di te, sai? Voi vi siete conosciuti che eravate due ragazzi... Ha amato te, prima ancora di conoscere me." "Ma anche a me parlava sempre di te e dei vostri figli... E ti amava davvero, vi amava davvero... Aveva scelto voi, non me... Perché tu, oltre all'amore, gli hai potuto dare una famiglia, mentre io non potevo." "Sì, lo so, l'ho capito... Hervé aveva un cuore grande, sapeva amare, poteva amare due persone allo stesso modo... poteva essere innamorato di te ed essere innamorato di me... lo capisco. E ho capito l'intensità del vostro amore dalle tue lettere... ora mi piacerebbe poter leggere quelle che lui mandava a te... Le conservi ancora, penso." "Sì, certo... e te le porterò a leggere. Sei molto buona ad aver accettato così il fatto che lui... che lui amasse anche me." "Quanto tu di lasciarlo a noi, senza cercare di portarcelo via... Non sei stato egoista, anzi... direi che sei stato molto generoso." "Perché lo amavo e l'unica cosa che mi interessava era la sua felicità. Spero, anzi so, di esserlo stato io, prima che conoscesse te, ma so che lo eravate tu e i vostri piccoli, poi..." "E... lo sei stato in questi anni di guerra... per lo meno abbiamo la consolazione che non è stato mai solo." "Era un uomo incredibilmente buono e onesto, Hervé." "Sì, lo era veramente. Ti ringrazio di essere venuto a trovarci, a portarci le sue cose... Resterai in contatto con noi?" "Te lo prometto, Madeleine. Come stanno i piccoli?" "Serge ne ha sofferto molto, è già in grado di capire, era incredibilmente attaccato a suo padre. Michel e Jean-Marie sono ancora così piccoli... erano appena nati quando Hervé è dovuto partire... loro non possono neppure ricordarlo, purtroppo... e lui non li vedrà crescere, purtroppo." "Gli parlerai tu del loro papà, gli farai vedere le sue foto... lo ameranno attraverso il tuo amore. E lui vi seguirà e vi proteggerà tutti, da lassù, ne sono più che sicuro." "Sì, hai ragione." Roland si fermò alcuni giorni a casa di Hervé. E pian piano poté rendersi conto che la famigliola stava andando incontro a un periodo duro, difficile, senza il sostegno economico di Hervé. Oltretutto venne a sapere che anche il padre di Madeleine era morto in guerra e che quando s'era trattato di ricevere l'eredità, era risultato che l'uomo era coperto di debiti, cosicché era stato più conveniente per Madeleine rinunciare all'eredità. Roland tornò a casa, dal padre, pensando che doveva in qualche modo provvedere alla famiglia del suo amante, che non poteva lasciarla nel bisogno. Madeleine aveva accennato a cercare lavoro come donna di servizio, per poter mandare avanti la famigliola. Roland non le aveva detto nulla, ma era determinato a fare qualcosa per loro.
Il padre di Roland accolse il figlio come un eroe. Era fiero delle due medaglie al valore, una d'oro e una d'argento, che il figlio aveva ricevuto. Quanto a lui, la guerra gli aveva permesso di arricchirsi in modo notevole. Già prima era un ricco industriale, ma ora aveva quintuplicato il proprio capitale e ne era oltremodo orgoglioso. Roland non ne era poi così orgoglioso, invece, perché se da una parte era vero che avevano vinto la guerra anche grazie alle industrie belliche del padre, dall'altra non poteva non rendersi conto che il padre aveva costruito macchine di morte, grazie alle quali chissà quante migliaia di uomini avevano perso la vita, chissà quante famiglie s'erano trovate distrutte e in miseria come quella di Hervé. Il padre di Roland, passati i primi giorni, reinserito il figlio nei propri affari, mentre riconvertiva le proprie industrie a una produzione civile, iniziò a insistere con il figlio perché si sposasse. Roland cercava di evitare il discorso, ma il padre sembrava diventare via via più insistente. Allora Roland ricordò che aveva promesso a Madeleine di portarle a leggere tutte le lettere che aveva ricevuto da Hervé. Così le prese e annunciò al padre che andava a trovare la vedova del suo defunto precettore e a passare il Natale con la sua famiglia. Il padre non sollevò obiezioni: molto probabilmente era anzi contento, perché così poteva passare quei giorni con l'amante che s'era fatto, di cui Roland aveva sentore nonostante il padre pensasse di essere riuscito a tenere nascosta l'esistenza. Prese la sua nuova auto, un bel cabriolet azzurro, andò in città a comprare regali per Madeleine e per i piccoli, e andò a Tours. Madeleine non aveva il telefono e era troppo tardi per scrivere; ma pensò che li avrebbe sicuramente trovati in casa, e comunque valeva la pena di tentare. Giunto a Tours, andò a bussare alla porta della casa di Madeleine. Arrivò ad aprire il piccolo Serge, che aveva undici anni. "Ciao, Serge, c'è la mamma?" "Tu sei l'amico di papà, vero?" "Sì, sono Roland. Ti ricordi di me?" "Sei venuto solo un mese fa... certo che mi ricordo." "Allora, è in casa la mamma?" "No, è a servizio. Torna però per pranzo, mi ha detto. Vuoi entrare?" "Se mi fai entrare ne sarei contento. Ma ti fidi di me? Non mi conosci..." "Sei un amico del mio papà, perciò certo che mi fido. Entra. La mamma mi ha parlato tanto di te, sai? Dice che sei buono." "E il tuo papà mi parlava molto spesso di te. Ti voleva molto bene, era fiero di te, piccolo." Il ragazzino sorrise e fece gli onori di casa da vero ometto. I due gemelli stavano giocando nel soggiorno. "Serge, dov'è il pianoforte della mamma?" chiese Roland notando che non era più al suo posto. "L'ha venduto, non avevamo più soldi." ripose il piccolo con serenità. Poi chiese: "È tua quella bella macchina ferma qui davanti?" "Sì, è mia." "Quant'è bella! Mi ci porteresti a fare un giro, se la mamma me lo permette?" "Più che volentieri, Serge." Finalmente tornò Madeleine. Fu molto contenta di vedere Roland e subito gli chiese se si sarebbe fermato per qualche giorno. Poi il giovanotto le porse il voluminoso plico con tutte le lettere che aveva ricevuto da Hervé. "Ti avevo promesso di portartele a leggere... ecco, qui ci sono tutte le sue lettere." "Grazie! Sei molto gentile a permettermi di leggerle." "Te lo dovevo, non credi?" "No che non me lo dovevi... e questo rende anche più generoso il tuo gesto." Madeleine volle iniziare a leggere le lettere la sera, dopo aver messo a letto i figli, in presenza di Roland. Erano seduti in soggiorno, Madeleine al tavolo, sotto il lampadario, con il plico di lettere davanti a lei. Roland era seduto sulla vecchia poltrona accanto al caminetto e la guardava leggere, assorta. "Parla molto spesso di me..." mormorò a un tratto la donna. "Certo, ti amava davvero." commentò Roland con un tenero sorriso. "Ma amava moltissimo anche te." aggiunse la donna lieve. "È vero. Sai... non è stato il sesso che ci ha spinti l'uno nelle braccia dell'altro, è stato l'amore che ci ha fatto desiderare di manifestarcelo anche con il corpo... puoi capirmi?" "Sì, Roland, perché anche fra lui e me è stata la stessa cosa... esattamente la stessa cosa. Tu sei stato il suo primo e unico uomo, penso, come io sono stata la sua prima e unica donna." poi Madeleine chiese, quasi sottovoce: "Tu... non sei stato mai geloso di me?" "No, mai... solo un po' invidioso il giorno del vostro matrimonio... là nella cattedrale... avrei potuto dirgli anche io quel sì." Madeleine sorrise: "Credo di poterti capire. Ma anche senza il rito... il vostro amore è stato bello, no?" "Certamente lo è stato. Ma almeno voi due avete potuto viverlo alla luce del sole, non di nascosto come eravamo costretti a fare noi due." "È vero... deve essere stata dura, penso." "A volte. Ma sai... l'uomo si adatta a tutto. E chi ha le spalle larghe, sopporta i pesi più grandi. Chi non le ha larghe, ne resta schiacciato." Giunse il giorno di Natale. Roland era voluto andare a fare la spesa con lei, pagando lui gli acquisti. Madeleine preparò un buon pranzetto. Poi Roland dette loro i regali. "Io non ho preparato nessun regalo per te..." disse Madeleine un po' imbarazzata. "Per me è già un magnifico regalo stare qui con voi." rispose il giovanotto con un sorriso dolce. Il giorno dopo Natale, a sera Roland chiese a Madeleine: "Anche se è passato solo un anno... non pensi che dovresti sposarti di nuovo? Per te, che sei ancora così giovane, e per i ragazzini a cui farebbe bene avere un padre." Madeleine sorrise: "No... non ho nessuna intenzione di sposarmi. Sto bene così." "Ma anche finanziariamente... ho notato che... che non te la stai cavando molto bene, senza uno stipendio fisso..." "Troverò più ore da fare a servizio... andremo ad abitare in un appartamento più piccolo... ce la caveremo." "Ma potrai stare sempre meno con i tuoi piccoli, così." "Sì, è vero, e questa è l'unica cosa che mi pesa." "Madeleine... non so se... come dirtelo, ma... io vorrei aiutarvi in qualche modo... proprio per l'amore che ho avuto per Hervé e che ho perciò anche per voi." "Sei caro..." "No, lasciami finire... Vedi, io non posso offrirti... non posso offrirti quello che Hervé ti dava... o magari un altro uomo potrebbe darti... ma... se tu accettassi di... di diventare mia moglie... almeno sulla carta, capisci, non... non a letto, io temo che non ne sarei capace... però almeno tu avresti un amico al tuo fianco e un sostegno... e i piccoli potrebbero avere in me un... un surrogato del padre... Io ti giuro che farei del mio meglio... E se un giorno tu... tu dovessi innamorarti di un uomo, io ti lascerei libera... Ma almeno, fino a quel giorno, non sareste soli e avreste una vita serena e decente..." "Oh, Roland!" "Non ti chiedo di rispondermi subito... ma pensaci, per favore. Vorrei davvero farlo, per Hervé, per te, per i piccoli. Potrei anche solo spedirvi un mensile, se preferisci, e lo farei, lo farò. Ma mi piacerebbe molto di più darvi anche il mio affetto, oltre che un aiuto concreto. E tu non avresti bisogno di andare a lavorare e potresti allevare i tuoi figli... e se me lo permetterai, io potrò aiutarti ad allevarli." "Oh, Roland!" ripeté la giovane donna commossa e si mise a piangere silenziosamente. "Ti ho offesa? Non piangere, ti prego, non volevo..." "Offesa? No, per nulla! Al contrario... Sei così dolce, così tenero, così buono." "Vorrei poterti offrire anche di più..." "E che cosa di più? È incredibile, è moltissimo quello che mi stai offrendo." "Vorrei poterti offrire anche... anche un uomo con cui fare l'amore." "Ti ho già detto che quello lo rifiuterei, non ne sento il bisogno e non lo voglio. Però... però tu mi stai offrendo molto più di un aiuto economico, tu mi stai offrendo la tua amicizia e il tuo affetto. E di quello sì che ne sento il bisogno. Come potrei rifiutare un'offerta così bella? Dopo che sono morti sia mio padre che mio marito mi sono sentita sola, e soltanto i miei piccoli mi hanno dato una ragione di vita. Ma tu mi stai offrendo di non essere più sola... Come potrei dirti di no?" "Se ci vuoi pensare meglio... Non abbiamo fretta." "Sì, va bene, ci penserò meglio, ma so che la mia risposta sarà un sì. Devo solo prima parlarne con Serge. Lui è già abbastanza grande, non mi sembrerebbe giusto imporgli una mia scelta. Gliene parlerò domani, va bene? E quando capirò che cosa lui desidera, ti darò una risposta." "Qualunque sia la tua risposta, sappi comunque che potrai sempre contare sulla mia amicizia e sul mio aiuto." "Lo so, grazie, non ne dubito. Sì... aveva ragione Hervé a essere innamorato di te." "Quando ci siamo conosciuti... credo di essere stato odioso con lui... È lui che mi ha trasformato, sai?" "Non stento a crederci. Era impossibile non amarlo, vero?" "Sì, davvero impossibile." rispose Roland con dolcezza. Il giorno dopo Roland lasciò soli Madeleine con Serge, e, spingendo la carrozzella, portò Michel e Jean-Marie a fare una passeggiata, dopo averli imbacuccati ben bene. I passanti li guardavano con sorrisi inteneriti, pensando che lui fosse un papà che portava a spasso i figlioletti. Roland se ne rese conto e dentro di sé sorrise anche lui e sperò che Madeleine accettasse la sua proposta. E capì il desiderio del suo Hervé di avere una famiglia. Quando tornò a casa di Madeleine, mentre la donna si prendeva cura dei due gemelli, Serge si avvicinò a Roland. Lo guardò di sotto in su. "Roland, davvero tu vorresti farci da papà?" "Se tu lo desideri e se la mamma è d'accordo, sì." "Io ti conosco ancora poco, però tu mi piaci." "E mi vorresti come papà?" gli chiese Roland con un tono di speranza nella voce. "Penso di sì. Perché tu volevi bene al mio papà, non è vero?" "Certo che è vero." "E allora, vorrai bene anche a noi, no?" "Sicuro!" "E dovremmo venire ad abitare a casa tua?" "Beh... sì. Ti dispiace lasciare Tours?" "Mica tanto. Casa tua è bella?" "È molto grande, c'è anche il giardino e un parco con tanti alberi..." "Bene. Anche se poi non è così importante." "E allora? Mi vuoi come tuo papà?" "Ti ho già detto di sì." "E la mamma? Pensi che anche lei sia d'accordo?" "Oh, penso proprio di sì... ma chiedilo a lei." "Me lo daresti un bacetto?" chiese Roland accoccolandoglisi davanti e aprendo le braccia. "Certo!" disse il piccolo, gli volò al collo e gli stampò un umido bacio sulla punta del naso, poi gli sorrise e sfregò la punta del suo nasino contro quella del giovanotto. Così Madeleine accettò. Roland tornò a casa e avvertì il padre che avrebbe sposato la vedova di Hervé e avrebbe adottato i suoi figli. Il padre all'inizio sembrò poco convinto, ma di fronte alla determinazione del figlio, alla fine accondiscese. Così nel febbraio del 1919, fatti tutti i preparativi, Roland sposò Madeleine e adottò i suoi tre figli, che pertanto aggiunsero al loro cognome quello di Roland, chiamandosi perciò Laforest-Brout. E tutti si trasferirono nella bella villa del padre di Roland dove ognuno ebbe la sua stanza.
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