LA CERTOSA DI MONTSABOT |
4 - SEPARAZIONE E NUOVO INCONTRO |
Roland era corso in camera sua, piuttosto sconvolto. All'inizio era arrabbiato con Hervé per aver osato mettergli le mani addosso, per averlo baciato, per avergli fatto sentire la propria eccitazione. Ma poi aveva dimenticato tutto questo perché una vocetta dentro gli ripeteva: "Ma ti è piaciuto, o non ti saresti eccitato così!" Sì, doveva ammetterlo, almeno a se stesso: sentire l'eccitazione di Hervé, sapere che era eccitato così per lui, l'aveva fatto eccitare molto... e questo giustificava anche il bacio che l'aveva preceduta... e questo giustificava anche le mani che l'avevano toccato. Dovette anche ammettere che, nonostante fosse fuggito, aveva almeno per un attimo provato il desiderio che il giovane lo andasse a toccare anche lì, che superasse il limite, imposto dagli abiti e dalle convenienze, e posasse la mano sul suo membro duro e fremente. Pensando questo il ragazzo si eccitò di nuovo. Dopo tutto non era fuggito da Hervé, ma da se stesso, dal proprio desiderio. E l'aveva rinfacciato all'altro perché non aveva avuto il coraggio di rinfacciarlo a se stesso. Improvvisamente ora vedeva Hervé sotto una luce completamente nuova. Riconsiderò tutto l'atteggiamento del suo precettore... e dovette ammettere che Hervé era la prima persona non solo ad occuparsi di lui, ma a "curarsi" di lui. Dovette ammettere che lui era importante per Hervé. Era la prima volta che Roland si rendeva conto di essere importante per qualcuno e questo lo riempiva di stupito piacere. Il giovane uomo s'era acceso di desiderio per lui... e aveva così acceso il suo desiderio. Ma prima, e al di là di questo, Hervé col suo modo canzonatorio e libero, si stava veramente occupando e preoccupando per lui. Lo stava ad ascoltare, gli apriva il proprio animo. Lo trattava con rispetto e affetto, lo trattava da pari e non da ragazzino viziato, e... Roland si sentiva confuso. E ripensò alle meravigliose sensazioni che le sue mani e i suoi genitali suscitavano nel suo corpo fino a fargli emettere quel liquore profumato. Capì che quanto aveva appena provato sentendo su di sé, contro di sé l'eccitazione di Hervé, aveva una stretta relazione con quello. Perciò, ne concluse che avrebbe potuto provare quelle meravigliose sensazioni con Hervé, grazie a Hervé... e capì che se fosse successo, si sarebbe finalmente sentito meno solo... perché Hervé gli avrebbe dato qualcosa di più prezioso che non alcune semplici, per quanto belle sensazioni. Desiderò poter sperimentare di nuovo il corpo del giovane sul suo, attorno al suo... stare fra le sue braccia... sentire il suo desiderio, leggerlo nei suoi occhi. Ma era scappato via, gli aveva gridato con ira che non avrebbe dovuto farlo... e così, che poteva fare ora? Non poteva certamente andare a cercarlo e dirgli "Dai, facciamolo di nuovo!" No, non poteva. Non sarebbe stato dignitoso e... sprattutto non ne avrebbe avuto il coraggio. Chissà perché in quel momento gli venne in mente re Davide che danzava nudo davanti all'Arca... per amore del suo Dio. E la stessa parola "nudo" ora aveva un suono, un sapore speciale. Nudo per amore, aveva detto Hervé. Nudo, nudo, nudo... Inconsciamente, senza pensarci, Roland si infilò una mano nei calzoni corti, dopo averne slacciato alcuni bottoni, e si prese a massaggiare il membro nuovamente duro. Nudo per amore... nudo... nudo... Hervé eccitato su di lui, per lui... nudo per amore... Non erano nudi loro due, lassù, è vero... ma le loro anime per un istante s'erano come denudate... per amore? O solo per desiderio? Si fece calare i calzoni e le mutande e prese a masturbarsi, chiudendo gli occhi... e gli sembrò di sentire il bacio di Hervé... quel bacio che gli aveva invaso la bocca, che aveva acceso in lui il fuoco... che ora avrebbe voluto riprovare... e sognò che non la sua mano, ma quella di Hervé si stesse occupando del suo membro duro come mai era stato. "Lui si cura di me... per lui sono importante... oh, Hervé!" mormorò il ragazzo mentre sentiva il godimento avvicinarsi rapidamente. Con un lungo gemito, avvolgendo all'ultimo momento il suo membro con il fazzoletto per non sporcare tutto, Roland si scaricò e nell'estasi del piacere pensò che mai era stato così bello godere, mai era stato così intenso, perché mai l'aveva associato a un altro. Desiderio? Amore? "Hervé..." mormorò lieve, rilassandosi, quasi cercando di evocarne la presenza lì accanto a lui. A sera, cenarono tutti e tre assieme. Dopo quel fatto era la prima volta che Hervé e Roland si incontravano. La cena fu silenziosa come sempre. I due di tanto in tanto si guardavano con la coda dell'occhio, in quel curioso gioco per cui si cerca di guardare l'altro senza però farsi sorprendere a guardare. Monsieur Laforest, terminata la cena, invitò Hervé nel suo studio. Il giovane sentì come una mano stringergli lo stomaco, le budella. "Ci siamo!" si disse. L'industriale lo fece sedere davanti alla sua scrivania. "Monsieur Brout, questa sera, appena sono tornato a casa, prima di cena, ho avuto l'occasione di scambiare alcune parole con mio figlio Roland..." "Sì?" "Sì. Ebbene, mi ha confidato, e vi garantisco che ne sono restato assai... assai meravigliato, direi quasi senza parole, qualcosa che davvero non mi attendevo di sentire." "Capisco... Io, signore, ho cercato di fare del mio meglio, ve lo garantisco... anche se ammetto di aver agito d'impulso." "Già. Ebbene avevo qualche riserva su di voi, in parte a causa della vostra giovane età, ma in parte anche per il vostro modo di comportarvi piuttosto... disinvolto e anticonformista, diciamo, però non credevo che..." "Non pretendo di giustificare il mio comportamento, monsieur. Mi assumo la piena, totale responsabilità di quanto ho fatto..." disse Hervé a voce bassa, poi aggiunse, "e accetto qualsiasi vostra decisione in merito." "Sì, bene. Allora vi prego di continuare così. Mio figlio desidera che voi continuiate ad occuparvi di lui come avete fatto fino a ora. Dopo che ha reso la vita impossibile a tutte le governanti che si sono prese cura di lui, questo ha qualcosa di... di miracoloso e non posso che esservene grato." Hervé sollevò di colpo lo sguardo e guardò l'uomo pieno di stupore, quasi incredulo, chiedendosi se avesse sentito bene quanto l'uomo gli stava dicendo. Monsieur Laforest si accorse dello sguardo profondamente stupito del giovane e sorrise: "Pare che non vi aspettaste quanto vi ho appena detto. Sì, sembra proprio che voi abbiate finalmente fatto breccia in mio figlio. A quanto pare il vostro agire... d'impulso, il vostro... anticonformismo, era proprio ciò di cui mio figlio aveva bisogno. Oh, voi sapete bene che Roland non è un ragazzo di molte parole. Ma quando mi ha detto che mi ringraziava per avervi assunto... beh, mi ha davvero piacevolmente sorpreso. Volevo che lo sapeste. C'è qualcosa che voi volete dirmi, prima che concludiamo questo nostro colloquio?" "Io... ecco, monsieur... Non credevo che vostro figlio... non me ne aveva dato prova, anzi... Ma... vi ha detto che cosa esattamente... il perché di quanto..." balbettò quasi il giovane precettore. "No, sapete bene anche voi che Roland è di poche parole. Il che, entro certi limiti, è anche una virtù. Ma avevo notato che già da qualche tempo aveva cessato di lamentarsi di voi con me, e questa sera mi ha addirittura ringraziato per avervi assunto, come vi ho detto. Questo è quanto. Bene, vi auguro la buona notte, monsieur Brout, e buon lavoro con mio figlio." Hervé si alzò a quell'esplicito congedo, abbozzò un lieve inchino e, quasi in trance, salì nella propria camera. Ancora non riusciva a capacitarsi... temeva, anzi era certo, che sarebbe stato licenziato e invece... Roland non aveva detto nulla al padre, evidentemente, di quanto era accaduto in quel pomeriggio. Perché non aveva detto niente? L'aveva perdonato? O pensava così di tenerlo in pugno e di potergli far fare qualsiasi cosa volesse? Provava la tentazione di andare a bussare alla camera di Roland... ma al tempo stesso non ne aveva il coraggio. A cena il ragazzo era stato più taciturno del solito... però, a dire il vero, non era sembrato arrabbiato, ostile, anche se evidentemente evitava il suo sguardo. Hervé si spogliò, tenendo indosso solo le mutande di tela, e si stese sul letto, lasciando acceso unicamente l'abat jour sul comodino. Incrociò le mani sotto il capo e accavallò le gambe. Ripensò a quanto era accaduto fra loro nel pomeriggio. Avrebbe dovuto parlarne con il ragazzo, o avrebbe dovuto far finta di niente? Doveva lasciare a Roland la libertà di parlarne o di non parlarne? Dopo tutto era lui, almeno ufficialmente, "l'educatore" quindi toccava a lui decidere che cosa sarebbe stato meglio fare. Ma dal momento in cui aveva ammesso a se stesso di essersi innamorato del ragazzo, come poteva ancora pensare di esserne realmente, al di là delle apparenze, al di là del lavoro per cui era pagato, l'educatore? Un innamorato non può al tempo stesso essere un educatore, un educatore non può al tempo stesso essere innamorato del suo pupillo. Toccava forse proprio al ragazzo decidere se voleva avere in lui un educatore o un innamorato. Ma, onestamente, poteva lui ricevere uno stipendio per diventare l'innamorato del ragazzo? Non gli pareva giusto. Se d'altra parte avesse rifiutato lo stipendio, non sarebbe potuto restare più in quella casa e avrebbe perso tutto: il denaro, necessario per vivere, e il ragazzo, necessario al suo amore. Amore! Sì, anche se lo provava per la prima volta in vita sua, lo riconosceva, era amore. Amore colorato di desiderio, anche questo per la prima volta sentito in vita sua. Di solito, una cosa che non conosci, la prima volta che la vedi chiedi: che cosa è? Ma in questo caso era diverso, era la prima volta eppure lui sapeva perfettamente che cosa fosse: amore, colorato di desiderio. E non viceversa. E lo accettava, almeno per quanto riguardava se stesso. Certo, se anche Roland l'avesse sentito come lui, l'avesse corrisposto, sarebbe stato perfetto. Immerso in queste riflessioni, Hervé guardava nella penombra, attraverso la porta aperta, la pendola che faceva tic tac nell'altra stanza e immaginò il lento procedere della lancetta dei minuti. Un lieve bussare alla sua porta lo distrasse dai suoi pensieri. "Avanti, è aperto!" disse. Sentì la porta del salotto-studio aprirsi, poi vide stagliarsi sulla porta della camera la snella figura di Roland, avvolto nella sua vestaglia di seta damascata color miele. "Non sapevo se dormivi..." disse il ragazzo senza muoversi dalla porta. Hervé non notò subito che il ragazzo gli aveva parlato dandogli, per la prima volta, del tu. Era troppo emozionato per quella insperata apparizione. "Posso venire lì?" chiese ancora il ragazzo. "Vieni..." sussurrò quasi il giovane uomo, stendendo un braccio verso il ragazzo in un istintivo gesto di invito. Roland avanzò lieve e si fermò accanto al letto. Guardò il volto di Hervé, poi i suoi occhi scesero a guardare il corpo seminudo steso sopra le lenzuola. "Posso sedere sul bordo del letto?" chiese ancora il ragazzo. "Certo..." rispose Hervé e fece per spostarsi di lato, per fargli posto. "No... non ti muovere." disse quasi con urgenza Roland, e sedette sul bordo del letto, di traverso, in modo di essere girato il più possibile verso Hervé. Per un po' si guardarono negli occhi, in silenzio. Poi Roland disse: "Riguardo a oggi pomeriggio..." "Riguardo a oggi pomeriggio?" "Riguardo a oggi pomeriggio... lassù... tu ed io... mi hai baciato." "E... ti dispiace? Sei arrabbiato con me, per questo?" "No... no. Lo rifaresti?" "Sì. Ma solo se tu me lo chiedessi. Ho sbagliato a farlo così..." "Sbagliato?" "Ti ho colto di sorpresa. Ma il fatto è che... anche io mi sono colto di sorpresa. Non era... premeditato. Te lo giuro." "Ma non ne sei pentito." "No... a meno che io ti abbia... ti abbia creato dei problemi." "Hai già baciato altri ragazzi, prima di me?" "No, mai. Davvero mai, neppure pensato di farlo." "E perché l'hai fatto con me?" "È venuto spontaneo, così... dovevo farlo... semplicemente dovevo farlo. Cioè, non come un dovere, capisci... Uno respira, perché deve, e non è un dovere, capisci?" "È... naturale... la natura che si manifesta, vuoi dire?" "Qualcosa del genere. Non mi ero mai accorto, non avevo mai pensato, prima, di poter desiderare un ragazzo." "Mi desideri?" "L'hai sentito, no?" "E tu hai sentito me, vero?" "Allora, anche tu mi desideri?" "Forse come te... non lo sapevo ma... il mio corpo ti ha desiderato, lassù, oggi pomeriggio." "Ma tu? La tua anima? Il tuo cuore? La tua mente?" "Sto cercando di capirlo... ma credo di sì. Per questo sono dovuto venire qui, ora." "Dovuto... come uno deve respirare?" "Sì, credo proprio di sì. Mi desideri?" "Sì, ma io, vedi, ho scoperto che non solo ti desidero ma..." "Ma?" "Ma credo di essermi anche... anche innamorato di te." Ecco, l'aveva detto. Ma non poteva non dirlo. Roland doveva avere il quadro completo, prima di digli un sì, o un no, o un non lo so, o un forse... "Innamorato di me... Che cosa succede quando uno si innamora?" "Che l'oggetto del suo amore diventa l'unica cosa veramente importante della sua vita. O per lo meno la più importante, la prima... e la seconda viene molto dopo." "E io sono così importante per te?" "Lo sei, anche se solo oggi me ne sono reso conto in modo tanto chiaro." "Ma se ci sbagliassimo? Tutti e due?" "Non possiamo che provarci... credo." "Provarci... dici. Adesso?" "Se vuoi. Quando vuoi." "Io non so niente, però." "Io neppure." "Allora... forse è meglio se vado a chiudere la porta a chiave, non credi?" "Sicuro." Roland si alzò, Hervé sentì la chiave girare nella toppa con un lievissimo rumore. Poi Roland tornò accanto al letto del giovane uomo, sciolse la cintura della sua vestaglia e la lasciò scivolare via dalle sue spalle. Sotto non indossava nulla e restò nudo davanti a Hervé, che lo guardò e si sentì emozionatissimo. "Ecco, mi sono spogliato di fronte a te... di tutti gli orpelli che tenevo tanto stretti... Spogliato come re Davide." mormorò Roland. "Sei bellissimo..." sospirò Hervé ammirando il lento ergersi del membro del ragazzo, a cui immediatamente rispose l'inturgidirsi del suo membro ancora nascosto e prigioniero delle sue mutande di cotone. "E tu?" chiese lieve il ragazzo, senza muoversi. "Perché non finisci tu a spogliarmi? Anche io voglio donarti la mia nudità, ma vorrei che fossi tu a farlo."
Erano uno nelle braccia dell'altro, stesi sul fresco lenzuolo, le loro membra strettamente intrecciate, le loro forti erezioni compresse l'una contro l'altra, mentre le loro lingue giocavano lievi ma sempre più piene di desiderio dentro e fuori dalla bocca dell'altro in un bacio via via più intimo e caldo. Dopo quella prima notte in cui si erano limitati a toccarsi, a carezzarsi, a baciarsi, si erano ritrovati nel complice silenzio della stanza di Hervé altre quattro volte, e ogni notte compivano un passo in più sia lungo la strada del desiderio che lungo quella del sentimento. Roland emise un lieve sospiro: "Hervé... io credo di... di essere innamorato di te, e non mi basta più questo che stiamo facendo. Ho bisogno di... di altro." "Nessuno di noi due ha esperienza, dobbiamo scoprire questo mondo tutto da soli." sussurrò il giovane precettore. "Ma io... io so come... cosa possiamo fare." disse Roland e arrossì. "Lo sai? E come fai a saperlo?" gli chiese Hervé con tenera incredulità. "Nella biblioteca della scuola... ci sono alcuni libri che sono tenuti sotto chiave... con parti scritte in latino... e io sono riuscito a rubare la chiave... e io so il latino... e ora so... so quello che possiamo fare, tu e io... per danzare nudi l'uno per l'altro... per dirci quanto e come ci amiamo." "Lo sai? Vuoi spiegarmelo?" "Forse... forse sarebbe più facile farlo che dirlo, non credi?" "Se tu sai... guidami e io ti seguirò. Ti seguirò con amore." "Beh... quel libro non spiegava proprio tutto, ma... ma abbastanza, credo... Ecco... tu dovresti..." iniziò un po' incerto il ragazzo. Si staccò dall'abbraccio del suo amante e scese con il capo fra le sue gambe. Prese il forte membro duro di Hervé fra le mani, e si mise a baciarlo e a leccarlo e sentendo che questo provocava un intenso piacere al giovane uomo, si sentì più sicuro di sé e vi si dedicò con maggiore passione. La sensazione che provava, e che attendeva di analizzare con una certa esitazione, risultò essere molto migliore di quanto avesse immaginato, sì che dopo poco si dedicava al caldo e duro membro del compagno senza più alcun problema. E quando, ripensando alle parole del libro, se lo fece scivolare in bocca e spinse finché ne sentì palpitare la punta contro le pareti della gola, pensò che era molto bello poter accogliere così il proprio amato, dargli tanto piacere e riceverne tanto. Istintivamente Hervé cominciò a muovere il bacino avanti e dietro mentre il ragazzo succhiava e muoveva la lingua, e le sue mani carezzavano il bel corpo del suo primo amante. Hervé provò intensissimo il desiderio di dedicarsi nello stesso modo al suo ragazzo e, di nuovo seguendo il suo istinto, si girò nel letto e prese fra le labbra il bel membro di Roland. L'anello di piacere e di passione s'era chiuso e l'intensità delle loro sensazioni aumentò in modo esponenziale. Si dedicavano l'uno all'altro con crescente gioia e piacere. Roland aveva già assaggiato il proprio frutto del piacere, perciò ora attendeva con lieve impazienza il piacere di scoprire il sapore del suo giovane amante, deciso a placare la propria sete d'amore con il seme di Hervé. Quando lo sentì gemere e guizzare con più forza, capì che il momento magico era vicino e si dedicò a succhiarlo con maggiore vigore, facendoselo scendere il più a fondo possibile, poi ritirandosi per lavorare con la lingua la sensibilissima punta, in un su e giù gioioso e determinato. E finalmente poté sorbire in lunghe sorsate il maschio liquore che Hervé gli versava copioso in forti getti. Oltre a trovare il suo gusto piacevolissimo, pensò che stava ricevendo in sé il frutto del piacere e dell'amore di Hervé e si sentì felice. Dopo poco anche lui raggiunse un forte orgasmo e il suo amico, avendo appena sperimentato con quanto piacere Roland lo faceva, prontamente bevve tutto il suo seme tiepido e cremoso, e trovò che aveva un gusto indefinibile, inconsueto ma estremamente piacevole. Poi, dopo aver sorbito fino all'ultima goccia, ansanti, si staccarono, Hervé si girò di nuovo e si baciarono in bocca, mescolando il gusto dei loro sapori che ancora si sentiva nelle loro bocche, sulle loro lingue. "Oh, mio dio, è stato bellissimo... sublime... questo spiegava quel libro?" "Non tutto, ma abbastanza perché io potessi immaginare il resto. È stato bello, vero?" "Bello, amore mio? Più che bello." "Ti amo Hervé, ti amo... e ora ho anche una parte di te dentro di me." "E io di te... Lo sai che mi piace molto il tuo sapore? È un gusto inconsueto, ma gradevolissimo... perché è il gusto del mio Roland e del suo amore. Quand'ero piccino mio padre mi aveva spiegato parecchie cose, ma non questa. Mio padre mi aveva comunque spiegato che versare il proprio seme nella persona che si ama si fa soprattutto perché è un gesto d'amore e dona anche un grande piacere. Aveva ragione, anche se forse non stava pensando a questo." "Mio padre non mi ha mai parlato di queste cose." "Mio padre sì, specialmente quando facevamo il bagno assieme." "Dovrebbe essere bello poter fare il bagno assieme... tu e io... e magari anche fare l'amore nell'acqua... Non ti piacerebbe, Hervé?" "Mi piacerebbe sì, ma qui in casa non lo possiamo certo fare. Magari se andassimo in riva al fiume... se trovassimo un punto in cui nessuno ci può vedere..." Si carezzarono e baciarono ancora. "È così bello stare così fra le tue braccia... e pensare che all'inizio mi eri antipatico!" disse Roland con un sorriso. "No, tu no. Sei troppo bello... ma soprattutto io avevo scoperto, nascosto nei tuoi occhi, il baluginare di un sorriso." "Tu mi hai dato e mi dai ragione per sorridere. Ora però è meglio che io torni in camera mia... purtroppo. Ma una delle prossime notti... c'erano altre cose spiegate in quel libro, sai? Una delle prossime notti... un altro modo per dimostrarci tutto il nostro amore." In realtà Roland ardeva dal desiderio di provare anche le "altre cose" spiegate nel libro, ma poiché il libro era stato scritto principalmente per condannare "certe pratiche innaturali" (cosa che non aveva minimamente interessato Roland, a dire il vero) non indulgeva in descrizioni abbastanza accurate riguardo alla pratiche descritte. Quindi Roland doveva cercare di lavorare di immaginazione per completare tutto quello che non compariva in quelle dotte frasi in latino. Fortunatamente il ragazzo aveva da una parte una buona fantasia e dall'altra abbastanza spirito pratico per vedere i problemi e per cercarne le soluzioni. Perciò, benché non vedesse l'ora di provare "tutto", non si sentiva ancora abbastanza sicuro a proposito delle "altre cose" che intendeva sperimentare con Hervé. Comunque per lui non era solo una questione di "sperimentare", tutt'altro: nella sua mente era piuttosto un modo per arrivare a una unione più totale, più completa con la persona di cui si era così improvvisamente innamorato. E così finalmente i due amanti, sotto la guida del più giovane, giunsero anche all'unione completa, e a penetrarsi a vicenda. Le prime volte erano stati maldestri e la penetrazione non provocò in essi un piacere molto grande, un po' perché chi penetrava non sapeva farlo ancora bene (un problema fu quello del lubrificante: i testi in latino chiaramente non ne parlavano) un po' perché assieme al piacere, almeno per le prime volte, coesisteva anche un certo fastidio. Eppure, sospinti dal reciproco desiderio di accogliere l'amante in sé, di "donarsi" all'altro senza limitazioni, continuarono a provare, finché raggiunsero una certa bravura e un forte piacere. Anche riguardo alle possibili posizioni in cui penetrarsi, affidandosi un po' all'istinto e un po' alla fantasia, gradualmente ne trovarono e ne sperimentarono diverse. Ma al di là dell'aspetto fisico del loro amore, era l'intensità dei sentimenti che aumentava e s'approfondiva fra di loro. E Roland si stava trasformando in modo visibile, tanto che non solo il padre ne era stupefatto e lieto, ma anche la servitù in casa commentava spesso questa trasformazione. Come conseguenza Hervé era ora guardato con maggiore rispetto da tutti, e soprattutto da monsieur Laforest. Nonostante dovessero fare attenzione a tenere ben nascosta la vera natura della loro amicizia ed essere assai prudenti nei loro incontri di amore, i due erano favoriti dal fatto che, avendo solo cinque anni di differenza, la loro evidente forte amicizia non solo non dava adito a sospetti, specialmente in una società che non ammetteva amicizie fra i due sessi, ma anzi era vista con occhio positivo e benevolo da tutti. Hervé e Roland, specialmente quando il giovane Laforest aveva vacanza da scuola, iniziarono a fare anche alcuni "viaggi di istruzione" in varie parti della Francia, che erano vere e proprie lune di miele. Non era strano che fermandosi in un albergo prendessero una sola camera o due comunicanti. Il padre di Roland pagava volentieri tutte le spese per questi viaggi. Inoltre aveva deciso di aumentare lo stipendio al giovane precettore. Il fatto che fossero amanti non impediva affatto a Hervé di essere al tempo stesso una guida per il ragazzo che ora volentieri accettava i consigli e i suggerimenti di Hervé verso cui nutriva, oltre che un profondo amore, anche molta stima e rispetto. D'altronde Hervé aveva veramente a cuore la crescita intellettuale e morale del suo amato. L'uno s'era completamente aperto all'altro, e gradualmente giunsero a conoscersi a fondo e questo non fece che aumentare il loro reciproco amore. Ma gli anni passavano, anche troppo in fretta, e quando Roland terminò i suoi studi al liceo, nel 1907, il padre lo mandò a Parigi per frequentare l'università e lo iscrisse alla Sorbona. Dapprima il ragazzo non voleva andare, perché non avrebbe voluto separarsi da Hervé. Ma questi, per quanto soffrisse almeno quanto il ragazzo per quella separazione, lo spinse a non ribellarsi al padre. "Amore, anche se saremo lontani, anche se la vita ci porterà su strade diverse, quello che c'è stato e che c'è fra di noi non cesserà mai. Tu ormai fai parte di me come io di te, niente e nessuno potrà cancellare questo. Ma tu devi andare a studiare, io troverò un altro lavoro. Resteremo in stretto contatto, ci scriveremo, magari a volte riusciremo a incontrarci ancora, chi sa? Ma io sarò sempre accanto a te e tu accanto a me, ovunque i nostri corpi possano di fatto essere." gli disse Hervé. Quando si dovettero infine separare, piansero entrambi accoratamente e si strinsero con vigore, quasi a tentare di non lasciar andare via l'altro, quasi nell'illusione che se si fossero stretti uno all'altro con sufficiente vigore, i loro corpi avrebbero potuto fondersi e diventare finalmente una cosa sola come le loro anime anelavano. Hervé ebbe una lettera di referenze ottima, anzi entusiastica, da parte del padre di Roland. Quindi trovò un posto da insegnante in un liceo di Tours, pur avendo solo ventitré anni. I due amanti si scrivevano molto spesso lunghe lettere in cui si raccontavano tutto quanto accadeva loro, quello che pensavano, sentivano, lettere a cui rispondevano a stretto giro di posta. Così Hervé scrisse un giorno a Roland che aveva conosciuto una ragazza di nome Madeleine, l'unica figlia del decano della sua scuola, una ragazza delicata e buona, intelligente e graziosa. Roland vide, attraverso le lettere del suo Hervé, che questi si stava gradualmente innamorando della ragazza. Roland non ne fu geloso, innanzitutto perché il vero amore, desiderando sopra ogni cosa la felicità dell'altro, non può dare spazio alla gelosia, e poi perché aveva sempre saputo che Hervé desiderava avere una famiglia e figli, cosa che lui comunque non avrebbe potuto dargli. Quando perciò nel 1908 Hervé gli comunicò che si sarebbe sposato con Madeleine, Roland volle sapere la data esatta perché voleva essere presente al matrimonio. Hervé ne fu molto contento e anzi lo pregò di fargli da testimone, cosa che Roland accettò con vero piacere. Così Roland rivide il suo Hervé e conobbe Madeleine e ne fu conquistato: la ragazza era veramente deliziosa, gentile, buona e molto intelligente. I due provarono subito una reciproca simpatia e Roland fu felice che il suo amato avesse trovato una compagna tanto graziosa e gradevole. L'unico momento in cui provò un rimpianto fu durante la cerimonia di matrimonio, nella bella cattedrale di Tours, quando il suo Hervé disse il fatidico "sì". Avrebbe voluto esserci lui lì, al posto della sposa. Avrebbe voluto che quel sì l'avesse detto a lui, che lui potesse rispondere con il suo sì. Tornato ai sui studi alla Sorbona, prima della fine di quello stesso anno Roland ricevette la notizia che Madeleine e Hervé attendevano il loro primo figlio e quando questo nacque, gli fu posto il nome Serge Roland. "Ho voluto che si chiamasse anche Roland come te, perché questo bimbo è frutto dell'amore e nel mio amore tu conservi sempre un posto d'onore. In qualche modo, se non fisicamente, questo bimbo è anche un po' figlio tuo, perché nel mio amore c'è anche il tuo." gli aveva scritto Hervé. Roland ne fu commosso. Non aveva potuto tornare a Tours per il battesimo del piccolo, come avrebbe desiderato, ma gli mandò un regalo e una catenina d'oro con su inciso il nome e la data di nascita. Alla Sorbona Roland aveva conosciuto un ragazzo, un suo compagno di corso nella facoltà di studi legali, il figlio di un deputato, di nome Marc. I due provarono subito una reciproca simpatia e spesso studiavano e preparavano gli esami assieme. E quando Marc iniziò a fare una corte assidua a Roland, questi ne scrisse al suo Hervé, che, avendo l'impressione che Marc fosse un ragazzo sano, onesto e gradevole, e che Roland fosse tutt'altro che indifferente a lui, lo spinse ad accettare la sua corte. Così Roland iniziò una relazione con Marc. Certo, Marc non era il suo Hervé, ma i due ragazzi si trovarono bene assieme. Tanto che decisero di affittare assieme un appartamentino non lontano dalla Sorbona. Roland e Hervé continuavano a scriversi assiduamente lunghe lettere raccontandosi tutto, e continuando a esprimersi il reciproco amore attraverso i loro scritti. Marc sapeva di questa relazione epistolare e avendo un buon carattere la accettava, perché aveva comunque capito che Roland, pur restandogli fedele, non poteva dimenticare il suo primo, grande amore. Poi Roland si laureò e tornò a casa dal padre per lavorare con lui. Avrebbe voluto portare Marc con sé, ma il padre di Marc aveva altri piani sul figlio, e lo spedì nelle Colonie dove poteva fare una buona e rapida carriera, come avvocato del Governatore. Così Roland, per la seconda volta, nel 1912 fu separato dal suo compagno. Si immerse negli affari del padre curandone tutta la parte legale. A parte il continuo scambio di lettere con Hervé, Roland non ebbe nessuno, in questo periodo, riguardo alla sua vita sentimentale. Riguardo alla sua vita sessuale, a parte un paio di brevissime storie, la prima con un operaio delle industrie del padre e la seconda con un apprendista giornalista, non si trovò un nuovo amante. Giunse il 1914 e molte cose accaddero in quell'anno. Una fu la notizia che a Hervé erano nati due gemelli a cui aveva posto nome Michel Antoine e Jean-Marie Claude. Un'altra fu che il 3 agosto la Germania aveva dichiarato guerra alla Francia e si era così entrati nella Prima Guerra Mondiale. Questo aveva dato un notevole impulso alle acciaierie di monsieur Laforest, che convertì tutta la propria produzione in industria bellica, ottenendo notevoli commesse dall'esercito francese e con esse notevoli somme di denaro si accumularono nelle casse dei Laforest. Ma quando Roland venne a sapere che Hervé era stato richiamato come ufficiale di artiglieria, tanto fece e tanto insisté che il padre gli fece ottenere un posto nella stessa compagnia di Hervé. Il padre all'inizio non ne voleva sapere, ma quando Roland gli disse che se non lo aiutava sarebbe partito come volontario, tacendo il fatto che aveva una laurea, come sodato semplice e quindi mandato al fronte, il padre pensò che tutto sommato suo figlio avrebbe corso meno rischi se l'avesse accontentato facendogli avere un buon posto da ufficiale. Così un giorno, al campo, il tenente Hervé Brout, trenta anni, accolse il suo diretto superiore, un giovane ufficiale di nome Roland Laforest, venticinque anni, capitano della compagnia di artiglieria. I due militari, di fronte ad altri elementi della compagnia, si salutarono in modo fra il formale e l'amichevole, prima militarmente poi dandosi la mano. "Roland! Che piacere rivederti! Scommetto che... non sia un caso che proprio tu sia il nostro capitano, vero?" gli disse Hervé con un ampio sorriso. "Esatto. In una guerra non si deve lasciare nulla al caso, no?" gli rispose il giovane capitano con un sorriso lieve. La guerra fu lunga e terribile, con alterne vicende, sì che il fronte avanzava e retrocedeva senza cessa. Gli stati in essa impegnati vi stavano dedicando tutte le proprie risorse, e vi stavano spendendo centinaia di migliaia di vite umane. In questa guerra l'artiglieria aveva una posizione di primo piano, più importante che non la fanteria e anche dell'aviazione che stava muovendo i suoi primi passi. Inizialmente i due giovani amanti sembravano esitare a riannodare il loro antico rapporto, Roland per rispetto alla moglie e alla famiglia di Hervé, e questi perché sentiva una certa qual esitazione nel suo Roland e non lo voleva forzare. Ma il loro reciproco amore era talmente forte e il reciproco desiderio era talmente intenso, che finalmente, dopo un anno circa di vita assieme, un giorno non seppero più resistere e furono nuovamente l'uno nelle braccia dell'altro. Non era facile appartarsi, dedicarsi l'uno all'altro come desideravano, ma neppure impossibile.
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