LA VILLA MISTERIOSA | CAPITOLO 10 - L'INSPERATO INCONTRO |
Norbert stava uscendo dall'università e si stava recando al parcheggio per prendere la sua moto. Le lezioni del pomeriggio erano state annullate, perché il docente s'era ammalato, così il ragazzo aveva deciso di tornare a mangiare a casa. Il cibo della mensa non era male, ma neppure granché: lui sapeva cucinare meglio e comunque aveva fatto provviste solo due giorni prima. Camminava verso la sua moto, le chiavi già in mano, quando un ragazzo lo fermò. "Scusa..." gli disse. "Sì?" chiese Norbert guardandolo e fu colpito: era identico al ragazzo con cui aveva fatto l'amore nella camera da letto bianca, la nella villa. Il cuore gli balzò in petto e trattenne il respiro. "Scusa... ho fame... mi dai un po' di soldi?" chiese l'altro con espressione vergognosa. "Fame? Nessuno ha fame, nella nostra società, ormai. Che, ti servono soldi per comprarti la droga?" gli chiese con una certa durezza. Il ragazzo spalancò gli occhi: "Eh? No. Se non mi credi... comprami qualcosa da mangiare, per favore, e dammelo... Anche solo un pezzo di pane." Norbert lo guardò negli occhi: erano verdi, con pagliuzze nocciola che tendevano all'oro, ed erano belli. "Ti chiami Gilbert, per caso?" gli chiese. "Eh? No. Mi chiamo Trevor... perché?" "Niente..." disse Norbert sentendosi stupido. Però la somiglianza era incredibile... e anche l'approccio "ho fame". E la grande massa di capelli soffici, castani chiari e lievemente ondulati, con un ciuffo che gli cadeva sulla fronte. "Allora... mi offri qualcosa da mangiare? Per favore... Davvero, non voglio soldi, ma ho fame." "Vieni." gli disse allora Norbert. Lo guidò fino alla sua moto e la sbloccò. "Sto andando a casa per farmi qualcosa per pranzo. Preparerò per due e mangeremo assieme." Il ragazzo lo guardò un po' sorpreso, poi abbassò gli occhi e disse: "Basta che mi compri un po' di pane, o magari un hamburger al Mac Donald che c'è qui vicino." "Non ti fidi a venire con me? A casa mia puoi mangiare un pranzo completo, e anche abbondante, se hai fame." "No... grazie... non è che non mi fido... è che non ti voglio dare disturbo." "Nessun disturbo. Cucino bene, sai? Mi piace cucinare. Ti chiami Trevor, hai detto?" "Sì, Trevor McAllen." "E come mai non hai da mangiare? Non hai un lavoro?" "L'avevo... l'ho perso un mese fa." "Che facevi?" "Ero... facevo il cameriere in un albergo." "Licenziato?" "Proprio così." "Perché?" "Problemi al lavoro." rispose vagamente il ragazzo abbassando lo sguardo. Norbert salì sulla moto e ne avviò il motore: "Siediti dietro e tienti a me. Metti i piedi su quei sostegni." gli disse. Quando sentì le braccia del ragazzo attorno alla sua vita, lasciò andare la frizione e si avviò. Gli piaceva sentire le braccia dell'altro attorno al torso, il corpo di Trevor aderire alla sua schiena. Mentre si immetteva nel traffico e prendeva velocità, si accorse che si stava eccitando. Arrivato a casa fece sedere Trevor in cucina e si mise a preprare il pranzo. "Dove abiti, Trevor?" gli chiese mentre spadellava. "Ho perso anche casa, avevo una stanza che pagavo ogni settimana. il padrone m'ha sbattuto fuori, quando ho finito i soldi... tre giorni fa." "Non hai cercato un altro lavoro?" "Sì, ma non ho ancora trovato niente." "Non hai famiglia?" "L'ho persa quando avevo sedici anni." "Morti? Tutti?" "No... sbattuto fuori." "Anche da casa tua? Ma che cazzo combini, per esser sbattuto fuori da tutte le parti? Hai detto che non prendi droghe, no?" "Mai provato." "È solo sfiga nera o... c'è altro?" gli chiese Norbert. Trevor non rispose. "Scusa, se non hai voglia di parlarne... per me va bene. In fondo non ci conosciamo. Ah, non ti ho ancora detto come mi chiamo: io sono Norbert." "Sì, l'ho letto sulla porta. Vivi da solo?" "Sì. C'è solo questa cucina e, oltre al bagno, c'è una mini-camera da letto, ma ci sto bene." "Studi all'università, vero?" "Sì. Studio storia." "Ti piace?" "Molto." "A me sarebbe piaciuto studiare. Volevo diventare un architetto, ma a sedici anni ho dovuto smettere, e ho dovuto cercarmi un lavoro." Norbert mise in tavola, sedette anche lui e mangiarono. Di tanto in tanto si guardavano, si stavano studiando a vicenda e Norbert si sentiva sempre più fortemente attratto da Trevor. "Quanti anni hai?" gli chiese. "Ventuno." "Come me." gli disse Norbert. Poi si chiese come fare per sondarlo senza metterlo a disagio. "Non hai una ragazza?" chiese infine, dicendosi che era forse la domanda più banale, ma anche la più classica. "No." "Neanche io. Siamo... due single." disse Norbert, e si chiese cosa poteva dire: non aveva esperienza nel tentare di agganciare un altro ragazzo. "Sei bravo a cuciare. È buono." "Grazie. Hai ancora fame?" gli chiese. "No, grazie." "Mi piace come sorridi." gli disse Norbert. Esattamente come aveva detto a Gilbert. "Grazie." rispose il ragazzo. "Mi piaci." aggiunse Norbert e gli posò una mano sul dorso della mano, attraverso il tavolo, quasi in una carezza. "Grazie." rispose il ragazzo guardandolo serenamente negli occhi. "Io... ho voglia di te." trovò infine il coraggio di dirgli Norbert, e si sentì il cuore in gola. Trevor girò la sua mano sotto quella di Norbert e intrecciò le dita con le sue, stringendo lieve, e Norbert fremette, sentendo aumentare in sé la forte eccitazione che già provava. "Mi porti... di là?" chiese il ragazzo. "Non... non devi sentirti obbligato... solo per un pranzo." gli disse incerto Norbert. "No. Anche tu mi piaci. Per questo mio padre mi ha sbattuto fuori... per questo ho perso il lavoro in albergo." "Ma che c'entra, l'albergo?" "Ci avevo provato con uno dei clienti... quello m'ha denunciato al direttore... e così... Sai, il direttore è un puritano e così..." "Ma io ti piaccio?" "Molto. Anche se... non ci speravo." "Vieni." gli disse Norbert. Si alzarono e lo guidò fino alla sua camera. Giunti accanto al letto Norbert lo prese fra le braccia e lo baciò. Trevor rispose al bacio con abbandono. Le loro mani scorrevano lungo il corpo dell'altro, toccandolo, carezzandolo, esplorandolo in modo sempre più intimo. A poco a poco si spogliarono l'un l'altro. Norbert tremava per l'intensità dell'eccitazione. Sospinse Trevor sul letto e lo ammirò: anche il corpo pareva proprio quello di Gilbert, e persino il membro! "Ci siamo già conosciuti? Ci siamo già incontrati?" gli chiese con tono soffice, mentre gli si stendeva sopra. "No, o non ti avrei scordato. Mi piaci molto." Si baciarono ancora, poi si unirono in un lungo e piacevole sessantanove, infine Trevor si offrì a Norman, che lo prese con piacere; poi questi si offrì al suo ospite. "È stato bellissimo." sospirò Norbert mentre si rilassavano carezzandosi e baciandosi teneramente. "Davvero... Grazie." disse Trevor con un dolce sorriso. "E di che? Semmai devo essere io a ringraziare te." "Grazie per avermi accolto così." "Trevor... hai avuto molti ragazzi?" "Più di uno... ma... tu mi piaci davvero molto." "Perché non ti fermi qui con me? In modo che ci conosciamo meglio... almeno finché non trovi un lavoro. Poi... poi vedremo." "Davvero lo vuoi? Parli sul serio?" "Sì... tu sei il primo ragazzo con cui... con cui sto così bene." "Io... io accetto. Ma a un patto." "Cioè?" "Che mi mandi via, se ti accorgi di non stare bene con me." Così Trevor si fermò a casa di Norbert. Stavano molto bene assieme, e non solo a letto. Trevor, oltre ad andare in giro per cercare lavoro, quando era a casa la teneva in ordine, pulita, lasciando così più tempo libero a Norbert per studiare. Ma Norbert continuava a pensare alla villa. Così un giorno prese con sé Trevor e, in moto, tornò a Peebles. Poi costeggiò il torrente, risalendo a monte. A volte dovevano scendere e spingere la moto a mano, infine Norbert la bloccò con una catena al tronco di un albero e i due giovani proseguirono a piedi. "Ma dove mi stai portando?" gli chiese Trevor, sepre più incuriosito, ma divertito al tempo stesso. "Sto cercando una villa." "Sì, questo me l'hai detto... ma dove? Che villa?" "Lungo il torrente. Se la trovo... ti spiegherò." "Ti piace fare il misterioso." gli disse Trevor con un sorriso. "No... te l'ho detto: se la trovo ti racconterò tutto." Continuarono a risalire lungo il corso del torrente. E finalmente videro un insieme di vaste rovine. Era una costruzione che doveva aver avuto una certa eleganza, una certa bellezza. Norbert ne riconobbe i gradini semicircolari che conducevano a quello che era stato l'ingresso. Anche se le pareti restavano in piedi solo per poco più o poco meno dell'altezza di un uomo e non restava più nulla né degli arredi né degli infissi, Norbert riconobbe la hall, poi a destra la vasta sala da ballo. Trovò l'ampia e lunga galleria, poi la sala rotonda con le basi delle nove colonne, che giacevano a pezzi sul pavimento, con frammenti di specchi logorati dalle intemperie... Scavalcandole, i due ragazzi giunsero in quello che doveva essere stato lo studiolo e di qui nella stanza ottagonale... C'erano poi i resti della struttura di una vasta serra, e quelli di una piscina... Il labirinto non esisteva più ma c'era un'altro grande ambiente, che ora faceva pensare a stalle o magazzini e che poteva averlo contenuto. Poi, tornando indietro, ritrovò quella che doveva essere stata la camera da letto, con i vani delle finestre che parevano orbite vuote, che si affacciavano sul torrente. Infine anche la vasta cucina. "È tutto come lo ricordavo, ma pare in rovina da molti anni." mormorò Norbert intimorito. "C'eri stato da bambino?" gli chiese Trevor. "Abitavi qui?" "No, abitavo da tutta un'altra parte. Usciamo di qui." disse sentendosi un po' a disagio. Scesero i gradini semicircolari, quando videro che, sul tronco di un albero abbattuto, era seduto un vecchio uomo dall'età indefinibile. Norbert gli fece un gesto di saluto e il vecchio rispose con un cenno del capo. I due ragazzi gli si avvicinarono. "Mi scusi..." disse Norbert. "Sì?" "Lei sa di chi era questa villa? E da quanto tempo è abbandonata, in rovina?" "Villa Norbert? È stata costruita solo ventuno anni fa. Ma ora è in rovina da un certo tempo." "Villa Norbert? Si chiamava così?" "Sì, certo." "E chi l'aveva costruita? E come mai è in rovina?" gli chiese Norbert sempre più a disagio. Il vecchio uomo lo guardò con un sorriso misteriso: "Beh... tu l'avevi costruita, ragazzo. Tu l'hai costruita e ne eri prigioniero. Ma poi l'hai abbandonata, sei riuscito a venirne fuori, e per questo ora la vedi in rovina." "Io? Ma io ho solo ventuno anni, come posso averla costruita io? Ventuno anni fa ero un neonato." gli chiese Norbert turbato. "Oh, ragazzo mio... Noi siamo abituati a pensare che la vita sia solo a tre dimensioni. Anzi qualcuno addirittura pensa che sia solo a due dimensioni... ma in raltà ve ne sono molte altre." "Non capisco..." obiettò Norbert provando un lieve mal di testa. "Non sempre siamo in grado di capire tutto, anzi, di solito capiamo ben poche cose... e non è neppure necessario capire tutto. Un po' come per la nostra vista. Non possiamo vedere tutto, arriva solo fino a un certo punto, ed è comunque ostacolata da mille oggetti; e poi... più cerchiamo di guardare lontano, più il panorama diventa indistinto, confuso. L'importante è guardare dove mettiamo i piedi e un poco più lontano per scegliere la via." "Sì, forse hai ragione. Però... io... dimmi, se lo sai, io ho veramente vissuto per qualche ora in quella villa? Recentemente?" "Qualche ora... qualche anno... Certo che ci hai vissuto, dato che come ti ho detto l'hai costruita tu e tu l'hai fatta cadere in rovina. E ora sei finalmente libero." "Sì... forse ora sono veramente libero... o per lo meno lo sono più di prima." "Esatto, lo sei più di prima. Tutta la nostra vita non è altro che un cammino verso la libertà... se non ci perdiamo per via. Ed è più facile percorrere la strada e non perderla, se si è in due, se c'è amore. Vivete felici, ragazzi miei, e voletevi bene. Coltivate il vostro amore: vi aiuterà a camminare meglio, a rischiare di meno di perdere l'orientamento." "Grazie, vecchio. Sono contento di aver potuto parlare con te." Il vecchio sorrise, e fece loro un gesto di saluto con la mano. I due ragazzi lo salutarono e tornarono indietro. "Il vecchio ha detto che... che dobbiamo coltivare il nostro amore, Trevor." "Sì. Infatti io da un po' sento che è nato, che sta crescendo." "Non me l'avevi detto. Ma anche io lo sento, anche se prima di incontrare quel vecchio non avevo il coraggio di dirtelo... mi pareva troppo presto." "Siamo un po' stupidi, no? Forse dovremmo imparare a dirci quello che sentiamo, senza troppi timori... specialmente se proviamo qualcosa di speciale e di bello l'uno per l'altro." gli disse Trevor con un sorriso tenero. "Sì. E adesso posso anche raccontarti perché sono voluto venire fino a quella villa. Vedi, un giorno alcuni miei amici, quelli con cui abbiamo formato dai tempi delle scuole superiori un gruppo che noi chiamiamo 'la cricca', mi hanno proposto di venire a campeggiare da queste parti..." iniziò a raccontare Norbert mentre, la mano nella mano, scendevano a valle verso il punto in cui era parcheggiata la moto di Norbert, e tornavano, assieme, alla vita quotidiana.
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