Il giorno seguente i due giovani erano radiosi e pieni di energia come mai s'erano sentiti. E durante il giorno, guardando verso la pinnetta, Damianu vide che Matteo aveva cambiato l'insegna della loro cantina: ora c'era scritto "La Nostra Pinnetta"! Si chiese stupito quando Matteo potesse aver fatto quel cambiamento e sorrise compiaciuto.
Ma ora i due amanti sentivano di desiderare sempre più di non doversi appartare nella pinnetta per fare l'amore e di potersi addormentare sullo stesso pagliericcio, uno nelle braccia dell'altro. Ne parlarono assieme: l'unico problema era Renzino. Non volevano che si sentisse estromesso dalla stanza, che potesse sentirsi rifiutato da loro, ma d'altra parte non se la sentivano di fare l'amore nella stessa stanza in cui dormiva il piccolo, di farsi trovare abbracciati e nudi se si fosse svegliato prima di loro.
Decisero di fare in modo che il piccolo giungesse a desiderare di avere una stanzetta tutta sua, che fosse lui a chiederla e pensarono che la potevano far costruire fra la cucina e il forno, in modo che fosse vicina alla loro stanza ma nello stesso tempo che potessero avere la necessaria e sospirata intimità.
Fu meno dificile di quanto avessero temuto. Abilmente guidato, Renzino iniziò a pensare che sarebbe stato bello avere una cameretta tutta sua "come il bisnonno Antonio"... e presto fu lui a chiedere se la poteva avere. Così Matteo, la prima volta che scese in paese, chiese ai muratori se potevano andare su per aggiungere una stanzetta sul retro della bicocca. Ne approfittarono anche per far aprire un arcone fra la cucina e l'ex-stalla, in modo che fosse più agevole servire i clienti.
"La Nostra Pinnetta" cominciò a farsi un nome anche nei dintorni, e sempre più spesso salivano fin lassù anche persone del paese o dal non lontano santuario di San Francesco, per gustare la buona cucina di Damianu. La pergola era ormai folta, e nella buona stagione allegre tavolate, di uomini della miniera o di gente del paese e dei dintorni, e qualche volta persino di "forestieri", la riempivano.
Non solo gli affari andavano sempre meglio, ma anche la relazione e l'amore fra i due giovani era sempre più forte e più bello. Le loro unioni erano forse meno appassionate che non nei primi mesi, ma certamente non meno gradevoli. La sera, dopo la chiusura e dopo aver messo a letto Renzino, continuavano a sedere davanti alla bicocca per rivedere la giornata, per programmare il lavoro dei giorni seguenti o semplicemente per chiacchierare, prima di ritirarsi a fare l'amore e finalmente dormire.
Ora che gli affari andavano bene, s'erano anche fatti cucire giù a Lula nuovi abiti, fra cui anche i bei costumi tradizionali che indossavano nei giorni di festa. A volte Matteo andava anche fino a Nuoro e ritirava le quote della rendita di Renzino. Avevano comprato quaderni e libri per il ragazzino e, a turno, gli insegnavano a leggere, scrivere e fare di conto.
Man mano che il piccolo cresceva, aveva imparato a servire a tavola e dava sempre più una mano ai due zii. Era di buona indole e nessuno lo prendeva in giro per la sua testa troppo grossa. Al contrario, non pochi degli uomini della miniera l'avevano preso a ben volere. Uno di loro gli insegnò a lavorare il sughero e Renzino, quando era libero, aveva preso a costruire scatolette e oggettini che gli zii misero nel loro piccolo spaccio e che gli uomini, più per far contento il ragazzino che per vera necessità, a volte compravano, specialmene quando tornavano a casa per il loro turno di riposo, per fare un regalino.
Una sera, mentre stavano seduti davanti alla bicocca, Damianu disse: "Sono un po' preoccupato per Renzino..."
"Perché? C'è qualche problema?" gli chiese Matteo un po' allarmato.
"No, non ancora. Ma sta crescendo, prima o poi comincerà a sentire certi stimoli, certe necessità e più crescerà più diventeranno forti."
"Beh, farà come tutti i ragazzini, si darà sollievo da solo." rispose Matteo sorridendo.
"Sì... ma poi? Qui non solo non ha amici, non conosce nessuno, ma non potrà neppure trovare moglie. D'altronde, nelle sue condizioni, anche se vivessimo in paese, non sarebbe facile trovargli moglie. E noi prima o poi invecchieremo e quando ce ne saremo andati, che farà lui da solo?"
Matteo sorrise: "Noi due siamo ancora giovani e forti e se il Signore ci assiste, camperemo a lungo. Quindi c'è tempo per pensarci, no?"
"Sì, ma dobbiamo cominciare a pensarci ugualmente. Dobbiamo trovare una soluzione. Quando diventerà maggiorenne avrà parecchi soldi a disposizione... ma saprà mai amministrarli senza farsi truffare, specialmente il giorno in cui non ci saremo più noi a prenderci cura di lui? E che ne sappiamo noi fin quando camperemo? Hai ragione tu, forse abbiamo tutto il tempo, ma forse ne abbiamo poco, perciò dobbiamo cominciare a pensarci."
"Se fossimo una grossa famiglia, ci sarebbe sempre qualcuno che pensa a lui... ma purtroppo siamo solo noi tre." disse Matteo pensoso, "Forse avremmo fatto meglio a lasciarlo a vievere con Rosa e ziu Cosimu..."
"No, si sarebbe sentito abbandonato di nuovo, povero piccolo. No, no, credo che abbiamo fatto bene a portarlo quassù con noi. Però il problema resta." ribatté Damianu.
"Troveremo una soluzione, Damianu, non ti preoccupare. Ci penserò anche io e con l'aiuto del Signore, qualche cosa escogiteremo. Comunque sta crescendo bene, sano e forte... L'unico problema è che non è molto sveglio."
"Se solo potessimo trovargli, al tempo giusto, una buona moglie..." mormorò Damianu pensoso.
"Oppure un buon compagno. Che ne sai che Renzino non sia come noi due?"
"Come noi due? Che ti fa pensare a questo? Quelli come noi sono pochi."
"Forse più di quanto pensiamo. Comunque, tanti o pochi che siano, potrebbe essere come noi due, se pensi che a suo padre piacevano anche gli uomini, e a me solo gli uomini. Magari è qualcosa che c'è nel sangue, che corre in famiglia chi lo sa? Ti sei mai chiesto perché noi due siamo così, a differenza della maggioranza degli altri?"
"No, mai... Però credo che ognuno semplicemente nasce come nasce. Anche fra fratelli, a volte si è così diversi che pare si sia di due famiglie diverse." disse Damianu. "Ma come possiamo capire se Renzino sarà come noi o no?"
"Non lo so proprio... Non possiamo che fare attenzione, sperare di capirlo. E comunque, se pure fosse come noi, non è che sarà più facile trovargli un compagno, anzi, sarà pure più difficile."
"Io comunque, Matteo... sono stato fortunato a trovare te."
"Ma io sono stato più fortunato di te: grazie a te ho messo la testa a posto..." gli disse con un gran sorriso l'amante.
"Eri proprio uno scavezzacollo, eh?" gli disse sorridendo dolcemente Damianu. "Ma non ti mancano, ora, le tue avventure?"
"No, davvero no, sto troppo bene con te."
"Ti piace il mio culetto?" gli chiese malizioso Damianu.
"Non solo quello. Mi piace tutto di te, non lo sai? Non te lo faccio capire abbastanza?"
Damianu sorrise e anuì.
Le richieste di piombo e di zinco aumentavano, quindi i padroni della miniera assunsero nuovo personale. Di conseguenza il lavoro per i tre Dore aumentò. Se da una parte questo significava che guadagnavano sempre più, dall'altra, di conseguenza, erano anche sempre più stanchi. Perciò a un certo punto pensarono che fosse necessario avere un paio di persone in più per aiutarli.
Matteo stava pensando di scendere in paese per spargere la voce per trovare qualcuno. Era il primo pomeriggio del mese di marzo, la primavera si stava annunciando, e in un momento di sosta nel loro lavoro, mentre Renzino dava l'acqua ai glicini, Damianu e Matteo stavano seduti su una panca davanti alla casa per riposarsi un po', e guardavano la teoria di persone che andavano a fare la coda per essere assunte in miniera.
I capi, approfittando del fatto che le richieste erano molte più dei posti disponibili, facevano una severa selezione, scegliendo uomini forti e che dall'aspetto non dessero l'idea di poter essere piantagrane. Perciò molti tornavano indietro con le pive nel sacco.
A un certo punto videro tornare indietro un ragazzo giovane e dalla costituzione delicata, che camminando per tornare a valle, piangeva.
Giunto davanti alla pergola, si fermò, si asciugò le lacrime e con voce rotta chiese: "Potreste darmi un bicchiere d'acqua, per cortesia?"
"Non ti andrebbe un po' di vino, ragazzo?" gli chiese Matteo.
"Non posso pagarmelo, l'acqua va bene, grazie." rispose il ragazzo.
Mentre Matteo andava a prendere la brocca e un boccale di coccio, Damianu gli chiese: "T'hanno detto di no, vero?"
"Dicono che sono troppo debole, non m'hanno voluto. Ma io ho bisogno di lavorare. Sono giorni che busso a tutte le porte, ma nessuno mi vuole. Neanche i pastori, né i bottegai... La miniera era la mia ultima speranza..."
"Il lavoro in miniera è molto duro, ragazzo. Non so quanto avresti potuto resistere senza ammalarti. È un lavoro da uomini... e purtroppo per te, ci sono anche troppi uomini disposti a farlo. Qualcos'altro troverai, non devi disperare."
Il ragazzo bevve l'acqua quasi avidamente, poi, tendendo il boccale, chiese se poteva averne ancora un po'.
"Hai anche fame, ci scommetto... però non hai neanche una moneta." gli disse Matteo studiandolo.
Il ragazzo annuì, arrossendo.
"Vieni in cucina, roba da mangiare ce n'è abbastanza, senza bisogno che ci paghi." gli disse allora Matteo.
Guardarono il ragazzo mangiare. Come chi è abituato ad avere poco cibo, il ragazzo faceva piccoli bocconi e li masticava molto a lungo. Lo convinsero a bere anche mezzo bicchiere di vino.
"Da dove vieni, ragazzo? La tua parlata non è di queste parti." gli chiese Damianu.
"Da Posada."
"Hai là la famiglia? Che fanno i tuoi?"
"Erano pescatori. Mio padre morì in mare quando avevo tredici anni. Mia madre lo scorso anno morì di tubercolosi. Siamo rimasti quattro fratelli e io sono il più grande. Lavoravo da padron Derosas, facevo lo sguattero, guadagnavo poco, ma almeno potevo dar da mangiare ai miei fratelli e il padrone ci lasciava dormire nella stalla dei cavalli... Poi padron Derosas morì e i suoi figli hanno venduto tutto e io sono restato senza lavoro e senza casa."
"Quanti anni hai, ragazzo?"
"Diciassette."
"E i tuoi fratelli?"
"Mio fratello quattordici, mia sorella dieci e la più piccola sette." Il ragazzo aveva finito di mangiare. Arrossendo fino alle orecchie chiese: "Posso portare via un pezzetto di cacio per i miei fratelli?"
"Come ti chiami, ragazzo?" gli chiese Damianu.
"Canu Ottavio."
"Ascolta, Ottavio," gli disse Damianu dopo aver lanciato un'occhiata a Matteo che annuì avendo subito capito che cosa il suo amante avesse in mente, "adesso prendi tutto quel cacio e anche un po' di pane e lo porti ai tuoi fratelli. Poi li prendi e li porti su qui da noi. Tu e tuo fratello lavorerete per noi, ci darete una mano a cucinare, a servire i clienti, a spazzare, lavare i piatti e tutto quello che serve. Noi vi diamo da mangiare, da dormire e un cambio d'abiti a ogni stagione, a tutti e quattro. E se tu e tuo fratello lavorate sodo, anche qualche moneta. Ti va bene?"
Il ragazzo spalancò gli occhi: "Davvero? Dite davvero? Il Signore vi benedica! Certo che lavoreremo sodo, non vi pentirete, ve lo giuro! Il Signore vi benedica!" e, prese le mani di Damianu e Matteo, le baciò commosso.
"Quanto ci metterai a tornare qui, Ottavio?"
"Non più di tre giorni, vado e torno. Che la Madonna vi renda merito!"
"Allora vai. In qualche modo troveremo un posto per farvi dormire. Vai, Ottavio Canu, e torna presto!"
"Volo, volo e torno. Che il Signore vi ricompensi..." disse il ragazzo e, con l'involto del pane e del formaggio in mano, scomparve di corsa giù per la strada.
"Sembra un buon ragazzo, vero?" disse Damianu a Matteo.
"Sì, possiamo dargli una mano e lo dobbiamo fare. E se davvero lavoreranno sodo, sarà una benedizione anche per noi. Anche per Renzino, avere altri ragazzi attorno, sarà una cosa buona."
Passarono in realtà quattro giorni, ma finalmente Ottavio si presentà alla Nostra Pinnetta con i suoi fratelli: Luigi, Caterina e Annetta. Ottavio e Luigi si misero subito al lavoro, e anche Caterina e la sorellina aiutavano come potevano. I ragazzi erano volenterosi e impararono in fretta a fare bene quanto veniva loro richiesto. Provvisoriamente li fecero dormire su due pagliericci che stendevano in un angolo della sala quando chiudevano.
Dopo alcuni mesi, contenti di come i quattro fratelli s'erano inseriti, anche con Renzino che trattavano con la semplicità con cui si tratta un fratello, e visto che anche Renzino stava bene con loro, fecero costruire altre due stanzette dietro alla bicocca, accanto a quella di Renzino, comprarono altri pagliericci per farli dormire più comodi e fecero anche fare nuovi abiti per tutti e quattro. Caterina era anche brava a rammendare, il che non guastava. Luigi imparò a cucinare e stava in cucina con Damianu, Ottavio si occupava dell'orto e delle stie, oltre a servire a tavola quando c'erano parecchi clienti.
Presto si accorsero che Renzino e Caterina stavano sempre più volentieri assieme. Un'altra cosa di cui si accorsero, da certe occhiate, era che molto probabilmente Ottavio doveva essere come loro.
Allora, dopo un anno che i quattro ragazzi vivevano con loro, una sera dissero a Ottavio di mettere a letto i fratelli e Renzino, poi di raggiungerli sotto la pergola, perché gli dovevano parlare. Il ragazzo obbedì, poi li raggiunse. Lo fecero sedere accanto a loro.
"Ottavio, ti dobbiamo fare un discorso molto serio. Però tu ci devi promettere che sarai onesto con noi e che non ci dirai bugie."
Il ragazzo li guardò preoccupato: "Ho fatto qualcosa di sbagliato?" chiese un po' agitato.
"No, siamo contenti di come lavorate, di quello che fai." gli disse Damianu, "Ma ci sono alcune cose che dobbiamo chiarire con te. Ci prometti di essere sincero con noi, come noi lo saremo con te?"
"Sì... ve lo prometto..." rispose un po' incerto Ottavio.
"Abbiamo notato che tua sorella Caterina sta volentieri col nostro Renzino. Ti ha detto niente, lei?"
"S'è affezionata, Renzino le piace..."
"Ti rendi conto che il nostro Renzino... non è come tutti gli altri ragazzi?" chiese Matteo.
"Sì... però è buono e gentile." rispose Ottavio chiedendosi dove quel discorso andasse a parare.
"Renzino è buono, sì, ma sta crescendo e... non vorremmo che... ci capisci... facesse qualcosa che... può mettere a disagio tua sorella." disse Damianu, "Voglio dire, se i due si piacciono, se si vogliono bene, noi saremmo contenti, però... credo che dovresti parlarne a Caterina, come noi parleremo a Renzino, e che dobbiamo stare tutti molto attenti."
"Sì... capisco... forse avete ragione. A Caterina, Renzo piace, comunque, me l'ha detto."
"Se sono rose fioriranno... ma a suo tempo, e se non avviene troppo presto, è meglio." insistette Matteo.
"Sì... è giusto." concesse Ottavio.
"Se un giorno dovessero innamorarsi... se si parlasse di matrimonio, tu che decideresti?" gli chiese Matteo.
"Non avrei niente in contrario." rispose il ragazzo.
"Anche se Renzino è... come è?" insisté Damianu.
"È buono, e questo è quello che conta." rispose Ottavio.
"Molto bene, questo ci fa piacere. Ora passiamo al secondo argomento. A te, Ottavio, non interessano le ragazze?" chiese Damianu.
Il ragazzo li guardò sorpreso, poi, come scegliendo le parole, rispose: "Non ho mai avuto tempo di pensarci... E qui non ce ne sono."
"Noi abbiamo l'impressione che in realtà, se pure qui ce ne fossero una dozzina e una più carina dell'altra... tu neanche le guarderesti." gli disse Matteo.
Il ragazzo era visibilmente a disagio: "Io... io non lo so..."
"Ottavio, ci hai promesso di essere onesto e sincero con noi. A te piacciono i ragazzi, non è vero?" gli disse Matteo.
Il ragazzo arrossì e abbassò gli occhi. Iniziò a tremare e con voce bassa disse: "Non mi mandate via, vi prego... Io non ho mai... non ho mai toccato Renzo, ve lo giuro!"
"Non ho detto questo. So che non l'hai fatto. Dunque è vero, a te piacciono i ragazzi... o forse preferisci gli uomini adulti?"
"Io... no... io... una volta... avevo un amico là da padron Derosas... era il suo stalliere, un ragazzo della mia età, aveva un anno meno di me..."
"Eravate innamorati?" gli chiese Damianu.
"Io sì... anche se lui... lui si voleva solo divertire. Però a me stava bene, se potevo stare con lui." balbettò quasi, confuso, Ottavio.
"Per questo guardavi Damianu... in un certo modo?" gli chiese Matteo.
"No... beh, sì, però... è solo che io vorrei essere come sei tu, Damianu... Non è che io volevo... non è che volevo farlo con te."
"E come fai per... per levarti la voglia?" gli chiese Matteo.
"Qualche volta... con Luigi..."
"Con tuo fratello? Anche lui è come te? Fate l'amore, voi due?" chiese Damianu.
"No, non facciamo l'amore... solo qualche volta ci si tocca, niente di più, lo giuro... a Luigi piacciono le ragazze, però qui non ce n'è... e allora..."
"Ottavio, non devi essere cosi spaventato, noi vogliamo solo venirti incontro. Vorremmo che tu ci considerassi come la tua famiglia. Perciò parla liberamente." gli disse Damiano. "Luigi e le tue sorelle sanno di te?"
"Luigi lo sa, ne ho parlato con lui. Le mie sorelle no, sono troppo piccole e poi, con loro mi vergognerei. Ma voi site i primi, a parte Luigi, a cui ho detto di come sono io. È che, per come sono io, so che tutti mi giudicano male, peggio che se fossi un ladro."
"Non noi. Vedi, il tuo problema per trovarti un ragazzo, come quello di Luigi per trovarsi una ragazza al momento giusto, lo capiamo bene e sappiamo che si dovrà fare qualcosa, prima o poi." gli disse Matteo, "E visto che tu sei stato onesto con noi, anche noi vogliamo essere onesti con te. Vedi, Damianu e io siamo amanti, ci amiamo e perciò facciamo anche l'amore fra noi, quindi noi ti possiamo capire bene."
Il ragazzo li guardò ad occhi sgranati, quasi incredulo: "Davvero voi due..."
"Sì, proprio così. Ma non te l'abbiamo detto per portarti a letto con noi." sorrise Damianu, "Noi due ci amiamo e non lo vogliamo fare con nessun altro. Però ti vorremmo dare una mano, in qualche modo. Perciò si pensava che tu e Luigi dovete andare più spesso giù al paese, conoscere gente, ragazzi e ragazze. Per Luigi sarà più facile, e ha più tempo davanti; per te meno. Ma se trovaste, Luigi una ragazza con cui si vuole sposare, e tu un ragazzo con cui vivere, potete parlarne con noi. E se un giorno Luigi volesse portare qui sua moglie a lavorare con noi, o tu il tuo ragazzo, semplicemente faremo costruire una stanza in più e allargheremo la famiglia. Ecco, questo è quello che ti volevamo dire, Ottavio."
"Davvero dite che se io... se un giorno mi innamorassi di un ragazzo e lui di me... come voi due... potrei portarlo a vivere qui con me, con voi?"
"Certamente. E qui, specialmente se Luigi sa di te, vi sarebbe molto più facile vivere insieme che non in paese, non ti pare?" gli disse Matteo.
Ora Ottavio era visibilmente sollevato: "Sarebbe bello... oh sì, sarebbe molto bello. Io ho sempre pensato che sono stato fortunato a chiedervi quel bicchiere d'acqua, quel giorno, ma non sapevo quanto in verità sono stato fortunato."
Così parlarono anche con Luigi e si misero d'accordo per lasciare ai due ragazzi un po' più di tempo libero per andare al paese e frequentare i loro coetanei, fare conoscenze, stringere amicizie.
I due ragazzi ora si confidavano spesso con Matteo e Damianu e stavano davvero diventando tutti una grande famiglia.
Passarono alcuni anni. Prima fu Luigi a sposarsi con Maresa, una ragazza di Orune, che andò a lavorare con loro nella Pinnetta. Poi Ottavio, alla festa di San Francesco, giù al santuario, conobbe un pastore di tre anni più giovane di lui, un ragazzo di Irgoli, allegro e scanzonato ma un gran lavoratore, di nome Vannuzzu. I due ragazzi si innamorarono e così Vannuzzu lasciò la famiglia e andò a vivere con Ottavio, inserendosi bene nella grande famiglia. Infine Caterina volle sposare Renzino, a cui voleva molto bene e che ormai, essendo cresciuto, tutti chiamavano Lorenzo.
Alla Pinnetta iniziarono a nascere anche i nipotini, cioè i figli di Lorenzo e di Luigi. Damianu con Matteo, ormai divenuti uomini maturi, vedevano con piacere crescere la famiglia attorno a loro. Grazie alla bontà e alla saggezza dei due amanti, nella bicocca, che avevano ampliato e ristrutturato costruendo un secondo piano sui locali adiacenti la ex-stalla, regnava un'operosa armonia.
A volte, a sera, tutti radunati davanti alla bicocca, i due amanti raccontavano della loro vita a Vannuzzu e Ottavio, a Luigi e Maresa, a Lorenzo e Caterina, e ad Annetta che stava facendosi una bella figliola, che li ascoltavano con piacere.
Anche le tre giovani donne avevano accettato senza nessun problema la relazione fra Damianu e Matteo, come quella fra Ottavio e Vannuzzu. Al di fuori della grande famiglia nessuno sospettava nulla della vera natura della relazione delle due coppie, quindi vivevano senza problemi.
Vannuzzu aveva anche realizzato un vecchio sogno di Damianu e Matteo: aveva ottenuto dal padre alcune pecore e ora anche loro avevano un piccolo gregge. Così, tra quello che coltivavano e gli animali che allevavano, avevano carne, uova, latte, cacio, frutta e verdura per i clienti della bicocca, e i loro guadagni erano sufficienti per vivere tutti quanti agiatamente e senza problemi.
Damianu e Matteo, avendo ora un po' più di tempo libero, insegnavano agli altri e specialmente ai piccoli, a leggere e scrivere. Matteo, anche per il suo senso degli affari, era di fatto il capo di casa e tutti facevano sempre riferimento a lui. Però Damianu era diventato il confidente di tutti, per la sua bontà, la sua dolcezza e la sua capacità di ascoltare.
Una sera tardi Damianu e Matteo erano nella loro stanza, abbracciati e stesi sul loro letto, perché finalmente avevano anche potuto far costruire letti veri per tutti.
"Sei felice, Damianu mio?" gli chiese in un sussurro pieno di affetto Matteo, stringendolo fra le sue braccia.
"Di più non potrei, amore. E tu?"
"Finché sto con te, come potrei non esserlo?"
"Nessun rimpianto per il passato?" gli chiese Damianu, carezzandone il bel corpo maturo, forte e virile.
"Rimpianti? Neanche uno. Vedi, io ero solo un figlio bastardo, accolto in casa per pietà, tu un trovatello... ora invece siamo i nonni amati e rispettati di questa grande famiglia. Quanti siamo, ormai? In quattordici! E anche per Lorenzo non abbiamo più paura per il futuro, perché malgrado il suo problema, è amato e rispettato da tutti." gli disse Matteo carezzandolo sempre più intimamente, "Ci pensi, amore mio? Abbiamo cominciato tutto questo in due, senza nulla altro che gli abiti che avevamo indosso e una manciata di monete che avevo in quella vecchia scatola di latta. Ora abbiamo la bicocca, e un po' di terreno, due cavalli e un asino, due carretti, animali, ma soprattutto una grande famiglia. Che potrei volere di più? Ma soprattutto ho te, Damianu mio!"
"Non ti sei stancato a fare l'amore con me?" gli chiese Damianu, conoscendo già la risposta.
"Chi si può stancare dell'aria che respira, del sole che lo riscalda, dell'acqua che lo disseta? No, amore mio."
Smisero di parlare, e lasciarono parlare le loro anime, i loro cuori, attraverso i loro corpi. Si donarono l'uno all'altro, vagamente consci che molto probabilmente in altre tre stanze, su altri tre grandi letti di legno, altre tre coppie sotto i tetti della bicocca si stavano scambiando altrettanto desiderio e amore: il focoso Luigi con la sua bella Maresa, il forte Vannuzzu col suo bell'Ottavio e la dolce Caterina con il mite Lorenzo.
La vita è bella per chi si accontenta di poco e, con amore, condivide con gli altri quel poco che ha.