Giuliano Sacchi aveva appena compiuto sessantadue anni. Viveva da solo in un appartamento di centocinquanta metri quadri, nella periferia sud della città, un appartamento che sarebbe stato troppo grande per un uomo che vive da solo, ma appena sufficiente per Giuliano. Aveva ereditato quell'appartamento a venticinque anni, quando sua madre era morta. Giuliano era figlio unico e suo padre era morto quando aveva diciassette anni. Non aveva altri parenti in città, cugini e nipoti vivevano infatti a Roma e a Firenze.
Giuliano aveva capito di essere gay quando aveva sedici anni. In realtà lo sospettava già da un paio di anni, ma solo quando era in terza superiore ne aveva avuto la prova e la conferma. Era l'estate del 1956 ed era al mare con la madre e il padre a Cogoleto, dove andavano tutti gli anni fin da quando era piccolo.
La madre di Giuliano aveva deciso che doveva comprare per il figlio un nuovo paio di calzoni: il ragazzo stava crescendo rapidamente. Erano andati assieme a vedere sia al mercato all'aperto sia in qualche negozio, ma non avevano trovato niente di soddisfacente nella piccola città di mare. Alla fine la madre capì che si sarebbe dovuti andare a Genova per trovare qualcosa di adatto, ma lei non aveva molta voglia di muoversi di lì. Il padre di Giuliano allora aveva deciso che poteva anche andarci il ragazzo da solo: dopo tutto era abbastanza grande per scegliersi un paio di calzoni da solo.
Così gli aveva dato i soldi. Giuliano aveva preso il treno: si sentiva davvero grande ad andare da solo e con tutti quei soldi in tasca ad acquistarsi i calzoni. Arrivato a Genova, era andato ai grandi magazzini, dove la madre gli aveva consigliato di provare. Aveva chiesto all'ingresso dove era l'abbigliamento per gli uomini e la commessa gli aveva detto che si trovava al quinto piano e gli indicò l'ascensore.
C'era parecchia gente, l'ascensore era affollato, Giuliano si trovò verso il fondo, premuto dagli altri clienti. Dietro di lui c'era un paio di persone, poi la parete del vasto ascensore. Davanti a lui almeno tre file di persone, altri a destra e sinistra. In tutto vi erano cinque piani, perciò Giuliano s'era messo verso il fondo.
L'ascensore era appena partito, quando Giuliano ebbe un soprassalto: una mano stava carezzando e palpando il suo sedere! Il ragazzo si sentì arrossire, guardò attorno temendo che qualcuno potesse aver visto il suo rossore o quello che l'aveva causato ma nessuno pareva guardare verso di lui. Avrebbe voluto girarsi per vedere chi lo stesse toccando in modo così sfacciato, ma non ne ebbe il coraggio.
Era terribilmente imbarazzato e agitato ma, al tempo stesso, quei toccamenti gli stavano anche provocando un notevole piacere e si accorse che gli stava anche venendo una forte erezione. L'ascensore si fermò al primo piano, qualcuno scese, altri salirono, e la mano dietro di lui continuava a palpargli ardita, ma gradevole, il piccolo sedere.
Di nuovo l'ascensore si fermò al secondo piano, alcuni clienti scesero, altri entrarono. Giuliano non si mosse. Qualcuno gli chiese permesso dicendo che doveva scendere al terzo piano e il ragazzo si spostò un poco per lasciarlo passare. La mano aveva smesso di palparlo e Giuliano pensò che la persona che lo stava sorpassando per uscire fosse quella che l'aveva toccato in modo così esplicito: era un uomo sui cinquanta anni, grosso e dall'espressione volgare. Giuliano si sentì deluso, ma anche lieto che fosse uscito dall'ascensore.
Ma presto sentì nuovamente la mano palparlo, proprio come prima. Quindi non era quell'uomo, era qualcun altro, pensò Giuliano un po' confuso, ma anche con un certo senso di sollievo. Al terzo piano uscirono quasi tutti ed entrarono poche persone. Giuliano dovette spostarsi un po' in avanti, facendo cessare quel contatto. Un po' gli dispiaceva... provava la tentazione di girarsi per vedere che c'era dietro di lui, ma nuovamente non ne ebbe il coraggio.
L'ascensore ripartì, saltò il quarto piano: nessuno aveva premuto il pulsante all'interno e nessuno l'aveva prenotato dall'esterno. Giunti al quinto e ultimo piano uscirono tutti. Giuliano, con la scusa di guardare da che parte dirigersi, guardò quelli che uscivano dopo di lui: c'era una coppia di mezza età, probabilmente moglie e marito, una commessa e infine un commesso nell'uniforme del grande magazzino.
Nessuno dei quattro lo guardò, perciò Giuliano si chiese chi dei quattro potesse averlo toccato in quel modo... Una delle due donne o uno dei due uomini? Sperava che non fosse stata una delle due donne, anche se, a quel punto, non aveva più nessuna importanza. L'uomo della coppia era ben fatto, aveva folti baffi biondi e un che di sensuale. Il commesso doveva avere sui venticinque anni, era snello ed alto, ne aveva appena visto il volto ben rasato, gradevole anche se privo di espressione.
Giuliano aveva sperato che fosse uno dei due uomini, e che questi gli lanciasse un qualche sguardo rivelatore, se non proprio che gli facesse un sorriso. Si sentì un po' deluso che nessuno si fosse "scoperto" con lui. Fece spallucce e si avviò verso la sezione del piano su cui campeggiava, appesa al soffitto, la scritta "pantaloni da uomo".
Smise di pensare a quanto gli era accaduto nell'acensore: era lì per comprarsi un bel paio di calzoni. Il padre gli aveva detto che, se gli avanzavano soldi, poteva anche comprarsi una maglietta. Cominciò a scorrere fra le file di pantaloni appesi, guardandone il modello, il colore, le misure e il prezzo e prendendo nota mentalmente di quali gli piacevano di più. La madre gli aveva raccomandato parecchie volte di provarli, prima di acquistarli, e anche di accoccolarsi a terra due o tre volte per essere sicuro che non fossero troppo attillati, specialmente sul cavallo. A Giuliano sembrava inutile: non era grosso di fianchi e di cosce, quindi pensò che se gli stavano bene di vita, dovevano stargli bene anche di fianchi.
Dopo aver percorso su e giù i corridoi e aver scelto tre paia di pantaloni che gli piacevano più degli altri, andò verso la cassa per chiedere se e dove potesse andare per provarli. Un commesso gli indicò la direzione e gli disse che avrebbe trovato un cartello con su scritto "camerini di prova". Giuliano, i tre pantaloni ripiegati su un braccio, andò fino al punto indicatogli, ma vide che tutti e tre i camerini avevano accesa la luce rossa che indicava che erano occupati. Si rassegnò ad aspettare.
A un certo punto si sentì toccare su una spalla e si girò: un commesso lo stava guardando e gli sorrideva.
"Vuoi provare quei calzoni?" gli chiese il giovanotto.
"Sì, sto aspettando che si liberi un camerino." rispose Giuliano.
"Questi camerini vanno bene per provare una camicia, una giacca... ma per provare pantaloni e indumenti intimi, è meglio che vieni con me: questi non si possono chiudere, e potrebbe essere imbarazzante se qualcuno ne aprisse la porta mentre sei mezzo nudo, no? Vieni con me." gli disse il giovanotto con un sorriso ammiccante.
Prima che Giuliano potesse rispondere, il commesso si avviò verso un'altra parte del piano. Passò oltre la porta con il segno del WC, quindi spinse una porta e gli fece cenno di entrare. Il ragazzo entrò: era uno stanzino con tre specchi, uno sgabello, un piccolo divano e un appendiabiti. Anche il commesso entrò con lui e chiuse la porta alle proprie spalle, facendo scorrere il nottolino che bloccava la porta.
"Ecco, li puoi provare qui." gli disse il commesso guardandolo con un sorrisetto lieve. "Io te li piego della giusta lunghezza e vi metto gli spilli, così poi ti faccio fare l'orlo." aggiunse togliendo dalla tasca dell'uniforme una scatoletta di spilli metallica, azzurra e posandola sullo sgabello. "Li vuoi comprare tutti e tre o vuoi scegliere?"
"Vorrei scegliere..." rispose Giuliano un po' timidamente.
"Bene, allora prima li provi tutti e tre, poi su quelli che ti stanno meglio io segno l'orlo con gli spilli. Li vuoi con il risvolto o senza?"
"Con il risvolto..." rispose il ragazzo, pensando che così l'avrebbero fatto sembrare più adulto.
"Bene, togliti le scarpe, poi i calzoni." gli disse il commesso.
Giuliano notò, mentre si sfilava i calzoni, che il giovanotto lo guardava facendo scorrere gli occhi su e giù lungo il corpo, lentamente, con il suo immutabile sorriso professionale sulle labbra. Li appese per uno dei passanti della cintura all'appendi abiti, poi si infilò il primo paio di calzoni. C'era qualcosa di piacevole nell'indossare pantaloni nuovi, specialmente quando erano foderati come quelli. Se li sistemò e li chiuse, quindi si guardò nel triplice specchio, che gli permetteva di controllare come gli cadevano anche dietro.
"Mi sembrano un po' troppo grandi, no?" disse il giovanotto prendendoli di lato e tirando un po', "Sì, di questo modello dovresti forse provare una misura più piccola... benché di cintura ti stanno giusti... Ma no, questi sono anche un po' passati di moda, ti sconsiglio di prenderli. Toglili e prova questi..."
Il ragazzo obbedì: era d'accordo con il commesso, non gli piaceva come gli stavano indosso. Il nuovo paio di pantaloni che si infilò era più attillato e anche questi gli dettero una piacevole sensazione: forse anche perché gli tenevano i testicoli compressi contro il corpo. Li abbottonò, ne chiuse la patta e si guardò di nuovo negli specchi: gli fasciavano il culetto mettendolo graziosamente in risalto. Giuliano provò una sensazione abbastanza simile a quella che aveva provato nell'ascensore quando gli avevano palpato il sedere, e questo gli procurò nuovamente un inizio di erezione.
"Bene, ragazzo! Questi sì che ti stanno bene! Sembrano tagliati apposta per te. Girati, fammi vedere..." gli disse il giovanotto accentuando il suo sorriso.
Il ragazzo sentì la musica che attraverso la porta proveniva dal reparto e, inconsciamente, girò su se stesso muovendosi lievemente a ritmo con la musica. Poi si passò una mano sul sedere, provando una confusa ma gradevole sensazione.
"Sì... sì... vanno proprio bene! Cavolo, su un bel ragazzo come te, sono perfetti." commentò il commesso. "Fammi sentire come ti stanno..."
Prima che capisse che cosa volesse dire, Giuliano sentì la mano del giovanotto posarglisi fra le gambe, all'interno, su una coscia. Ebbe un soprassalto e lo guardò un po' imbarazzato.
"Sì, perfetti. Te li senti bene indosso, no? Anche qui..." disse facendo scorrere la mano in su verso il cavallo mentre gli si accoccolava davanti.
"S... sì..." rispose il ragazzo ancora più imbarazzato per quella mano calda che stava lentamente salendo e scendendo lieve come in una carezza.
Poi l'altra mano del giovanotto si posò sul piccolo sedere strettamente fasciato dai pantaloni, in una carezza, mentre la mano fra le sue cosce risalì sul davanti a carezzare anche la forte erezione che gonfiava ormai la patta dei pantaloni.
"Sì, perfetti, come sei perfetto tu... Ti piace vero? Come ti piaceva quando ti toccavo nell'ascensore."
"Era lei?" chiese Giuliano stupito di non averlo riconosciuto.
"Sì, e so che ti piaceva... non ti sei tolto... Ti piaceva, no?"
Giuliano non rispose ma arrossì di nuovo e annuì con il capo.
Le mani del giovanotto lo carezzavano ora in modo sensuale ed esplicito sia davanti che dietro. Giuliano non aveva mai sperimentato un'erezione così forte, fino ad allora, e trattenne il respiro. La mano sul suo sedere salì a infilarsi sotto la maglietta del ragazzo e gli carezzò la schiena, poi girò attorno a un fianco e giunse a sfregargli i capezzoli. Giuliano tremò ed emise un breve e lieve gemito. L'altra mano iniziò a slacciargli la patta.
"No... se viene qualcuno..." ansimò Giuliano irrigidendosi e cercando di fermare le mani del giovanotto con le sue mani.
"Ho chiuso, perciò fuori c'è il segno di occupato... nessuno può entrare. Rilassati, ragazzo."
"Ma..."
"Voglio toccarti tutto, non solo il tuo bel sederino... lasciami fare, dai, che ti piace."
Giuliano tolse le sue mani e il giovanotto gli fece calare i calzoni sul pavimento. Gli fece sollevare prima un piede poi l'altro e glieli tolse. Quindi gli fece calare giù anche le mutande fino alle caviglie. Il membro del ragazzo, ora libero, era ritto e duro davanti a sé. Giuliano arrossì, ma non si mosse.
"Sei proprio bello... liscio e morbido come una pesca matura... pronta per essere assaggiata." gli disse il giovanotto facendolo girare.
Giuliano sentì le labbra calde e umide sulle sue natiche: era piacevolissimo. Poi il commesso si alzò in piedi, prendendogli la maglietta ai fianchi con le mani e sollevandogliela sul torso.
"Alza le braccia..." gli sussurrò da dietro.
Giuliano obbedì, fremente e tremante, sentendosi completamente inerme fra le mani del giovanotto. Questi gli sfilò la maglietta e la posò sullo sgabello. Giuliano si guardò negli specchi e si vide, nudo ed eccitato, mentre il giovanotto era ancora completamente vestito, e questo lo fece sentire ancor più in una situazione di inferiorità.
"Ho... ho paura..." mormorò il ragazzo, spaventato non tanto da quanto gli stava accadendo ma per la fortissima eccitazione che provava.
"E perché? Goditi quello che senti, e lascia fare a me... vedrai che ti piace." disse il commesso con voce suadente.
Il giovanotto lo fece girare di nuovo su se stesso e gli si accoccolò nuovamente davanti. Di nuovo Giuliano ebbe un soprassalto: le labbra del commesso s'erano ora posate sulla punta del suo membro, che palpitò con forza. Il giovanotto gli fece allargare un po' le gambe ma le mutande impacciavano il ragazzo, che allora, tenendole ferme con un piede, ne sfilò l'altro.
Poi Giuliano sentì un dito umido di saliva frugargli fra le natiche, inserirsi nel solco scorrendo su e giù, poi soffermarsi sul piccolo foro. L'altra mano si pose a coppa sotto i testicoli di Giuliano e prese a impastarli lievemente, mentre le labbra del commesso si serravano sulla punta del membro e la lingua ne solleticava il glande. Giuliano nuovamente sussultò e mugolò, e il dito sul suo ano spinse, penetrandolo per un centimetro, due. Poi si fermò ma prese a muoversi ruotando un poco.
"Sei splendido, ragazzo... ne vuoi ancora?" gli chiese il giovanotto guardandolo di sotto in su mentre con il naso gli sfregava la punta del pene.
"Sì..." mormorò il ragazzo, terminando quell'unica sillaba con una specie di sopiro roco.
Il giovanotto si alzò lentamente, lecchettando e baciando il ventre e il petto del ragazzo, poi mordicchiandogli lieve un capezzzolo, poi l'altro. Giuliano sentì la lingua calda e umida leccargli i capezzoli, poi guizzare sulle ascelle. Frattanto il dito nel suo foro continuava a muoversi, lieve ma insistente, e presto un secondo dito lo penetrò, facendogli dilatare ulteriormente il foro... L'altra mano gli massaggiava i testicoli e il pene duro, spingendoglielo contro il ventre e facendovelo sfregare. Il ragazzo tremava con crescente intensità e si sentì le gambe molli.
Le sue gambe stavano per cedere quando il giovanotto lo prese fra le ascelle, fra le braccia, e lo portò quasi di peso sul piccolo divano dove lo fece sedere. Giuliano si chiese che cosa stesse per accadere. Il giovanotto gli allargò le gambe e si inginocchiò sulla moquette, spinse le gambe del ragazzo facendogliele allargare poi facendogli ripiegare il corpo in due, sì che le sue piccole natiche sporgevano, completamente spalancate, dal bordo del divanetto, rivelando totalmente il piccolo foro roseo.
"Prendi le tue caviglie con le mani, e tirale giù più che puoi, ragazzo." gli disse con voce calda ed eccitata il giovanotto, mentre iniziava ad armeggiare con i propri pantaloni.
Giuliano si sentiva le tempie pulsare con violenza e attendeva, immaginando ora che cosa gli stesse per accadere: ne provava desiderio e paura al tempo stesso, però obbedì senza obiettare. Poi sentì la lingua calda e umida del giovanotto posarsi sul foro e lappare, spingere, facendogli provare sensazioni di un'intensità incredibile. A volte la lingua, usata di punta e dura, forzava lo stretto sfintere. Il membro di Giuliano era durissimo e palpitava con forza. Il ragazzo se lo guardava quasi stupito: non se lo era mai visto così grosso e arrossato.
Le punte delle dita e la lingua del giovanotto stavano lavorando ad arte il piccolo foro, e a volte persino i denti lo mordicchiavano lievi ma insistenti. Giuliano era così eccitato che pensava di poter venire da un momento all'altro. Emetteva bassi e lievi gemiti sempre più frequenti, man mano che sentiva avvicinarsi l'orgasmo.
"Dio se sei bello! Hai un culetto dolce e soffice." mormorò con voce calda e bassa il giovanotto.
Giuliano si sentiva sconvolto per quelle sensazioni talmente intense da fargli perdere la testa. I suoi mugolii erano sempre più forti. Ormai il ragazzo voleva solo che il suo compagno gli facesse raggiungere in fretta l'orgasmo. Aveva lasciato le proprie caviglie e aveva portato una mano a carezzarsi il petto e l'altra sul proprio membro durissimo, ma il giovanotto l'aveva fatto fermare prima che lo raggiungesse.
"No! Non togliere le mani dalle caviglie!" gli ordinò, ma con un tono morbido, "Lascia fare a me."
"Voglio venire..." gemette Giuliano sentendosi tutto il corpo in fiamme.
"Sì, certo, ti farò venire... lascia fare a me, ragazzo."
Giuliano sentì i due pollici inserirsi dentro il suo ano e tirare in direzione opposta, dilatandolo, e subito la lingua vi si inserì dentro. Giuliano emise un forte mugolio, quasi un singhiozzo, e il suo corpo riprese a tremare violentemente. Poi le dita lasciarono lo sfintere che si richiuse sulla lingua del giovanotto, che la mosse avanti e dietro per un po'. Poi la sfilò e tornò all'attacco con i due pollici, e di nuovo con la lingua. Continuò così, dilatandolo poi lasciandolo rilassare, più volte.
Finché Giuliano di nuovo singhiozzò: "Fammi venire... non resisto più!"
Il ragazzo sentiva tutti i muscoli del ventre contratti con violenza, il suo membro pronto a esplodere, i testicoli gli facevano male.
"Fammi venire, per favore..." implorò quasi piangendo.
L'ano del ragazzo palpitava con forza, e Giuliano improvvisamente capì che cosa desiderava, come voleva venire.
"Mettimelo." mormorò emozionato.
"Cosa?" gli chiese il giovanotto guardandolo negli occhi con un lieve sorriso, mentre gli ruotava tre dita nello sfintere dilatato e palpitante.
"Prendimi, fammi venire... mettimelo." implorò Giuliano.
"Sì, mio bel ragazzo, dimmi cosa vuoi da me... dimmelo." gli disse il giovanotto puntandogli la punta del suo membro duro sullo sfintere in fiamme e sfregandovelo lieve.
"Inculami!" gridò quasi il ragazzo, "Fottimi... schiaffamelo dentro!"
Il giovanotto iniziò a spingere e Giuliano fu mervigliato di come il duro arnese del giovanotto stesse iniziando a scivolargli dentro con estrema facilità. La lieve pena iniziale fu subito sostituita da un'intenso piacere pulsante.
Ma il giovanotto si fermò, e chiese: "Dimmi cosa vuoi."
"Il tuo cazzo! Inculami... inculami, per favore."
"Lo vuoi tutto dentro?" gli chiese sorridente il giovanotto.
"Sì... Sì, tutto... inculami... inculami..." mugolò il ragazzo sentendosi girare la testa.
Il giovanotto spinse in avanti il bacino e il suo membro prese a scivolare di nuovo nello stretto e caldo canale con una serie di forti spinte, finché il suo pube batté contro le natiche tese del ragazzo, poi si sfilò sì che solo il glande era ancora racchiuso nello stretto sfintere. Di nuovo il giovanotto dette una vigorosa spinta e nuovamente il suo pube sbatté con un lieve rumore contro le piccole natiche.
"Sì... sì... così... fammi venire così, fottimi... sì..." mugolò il ragazzo sentendo che il suo godimento stava crescendo vertiginosamente.
Il giovanotto ora lo prendeva con vigore, battendogli dentro e facendo premere le spalle e la nuca del ragazzo contro lo schienale del piccolo divano. Giuliano si sentiva tutto il corpo in fiamme per l'intensità del piacere. E finalmente, con un mugolio intenso il ragazzo raggiunse l'orgasmo ed eiaculò con violenza, irrorando il proprio volto e il petto con il suo seme. Mentre veniva, il suo sfintere e il suo canale si contrassero con forza. Questo finalmente scatenò anche l'orgasmo del bel commesso.
Con un lungo "Aaarrrggghhh..." il giovanotto allora si scaricò nelle calde profondità del ragazzo in un'improvvisa esplosione, battendogli dentro con brevi e vigorosi colpi.
Sembrava non finire mai di venire. Entrambi tremavano intensamente. Poi il giovanotto si fermò, si chinò sul corpo del ragazzo e lo baciò con forza in bocca.
"È stato bellissimo..." mormorò il commesso, "grazie, ragazzo. Mi hai fatto proprio godere!"
"Anche tu... lo sai che..." iniziò a dire il ragazzo, poi arrossì e tacque.
"Cosa?" gli chiese il giovanotto mentre cautamente si sfilava dall'ipersensibile canale del ragazzo.
"Che è la mia... prima volta." mormorò Giuliano.
"E ti è piaciuta?" gli chiese il giovanotto con un sorriso.
"Anche troppo..."
"Allora, ci vediamo di nuovo?"
"Non lo so... non sono di Genova, io. Sto a Cogoleto, in ferie."
"Io sono sempre qui." gli disse il giovanotto prendendo alcuni fazzolettini di carta da una tasca e ripulendo prima il ragazzo, poi se stesso, quindi si ricompose i calzoni e si alzò in piedi.
Lo fece rialzare, gli porse le mutande che Giuliano infilò di nuovo, poi anche la maglietta.
"Devi provare ancora un paio di calzoni." gli disse il giovanotto con un sorriso.
"No, prendo quelli... Mi misuri la lunghezza?"
"Sì, certo."
"Quando saranno pronti?" gli chiese Giuliano.
"Dopodomani... Se vieni tu a prenderli... possiamo... fare il bis. Che ne dici?"
"Sì, va bene. Spero di poterci venire da solo..." rispose Giuliano un po' vergognoso, ma anche fortemente attratto per quella possibilità.
Quando si rivestì e uscì dalla cabina di prova, Giuliano sentiva un lieve indolenzimento nel sedere, ma era contento. Il commesso gli fece avere un forte sconto così Giuliano poté comprare anche due belle magliette. Mentre tornava, lieto, alla stazione, pensò che non aveva provato a camminare e accoccolarsi come gli aveva detto la madre, ma poi pensò che comunque voleva "quei" pantaloni, che gli avrebbero sempre ricordato la sua prima, inattesa e bellissima esperienza sessuale.
Per tutto il viaggio Giuliano pensò e ripensò a quanto era stato bello fare l'amore con quel giovanotto. Solo allora si rese conto che non sapeva neppure come si chiamasse. Beh, glielo avrebbe chiesto quando andava a ritirare i suoi pantaloni. Sperava ardentemente di poterci tornare da solo e di avere la possibilità di farlo di nuovo con quel commesso. Gli sarebbe anche piaciuto poterlo vedere nudo. A parte i suoi compagni di scuola nelle docce della palestra, non aveva mai visto nessuno nudo, e tanto meno un uomo.
Arrivato a casa, la madre gli chiese: "Allora, dove sono questi pantaloni?"
"Devo tornare dopodomani perché me li accorciano e mi fanno i risvolti. Li ho pagati poco, anche se sono belli, così ho potuto comprare queste due magliette."
"Li hai provati bene? Ti sei accoccolato come t'ho detto, hai camminato?" gli chiese la madre.
"Sì, sì, mamma. Li ho proprio provati bene, mi stanno d'incanto, vedrai. Sembrano quasi tagliati su misura per me."
"Fammi vedere le magliette... sì, non sono male. È questa la ricevuta? Ah, li hai davvero pagati poco... ma sono di buona stoffa? La fattura è buona?"
"Sì, mamma, vedrai. A me sembra proprio di aver fatto bene ad andare a comprarli ai grandi magazzini come m'avevi consigliato tu. E il commesso è stato molto gentile, sai?" rispose Giuliano allegro.
Tornò a prenderli, e trovò di nuovo quel compiacente commesso, che prima lo prese di nuovo e dopo glieli fece provare. Poi andò di nuovo a Genova per compare un altro paio di calzoni, e tornò a prenderli... così poté appartarsi nel camerino di prova con Pier Franco, come scoprì che si chiamava il bel giovanotto, per quattro volte, e farselo mettere tutto dentro come gli piaceva sempre più. Sì, si disse Giuliano, lui era un omosessuale (a quei tempi in Italia ancora non si diceva gay) e ne era più che soddisfatto.
Tornato a casa alla fine delle vacanze, comiciò a guardarsi attorno per trovare un altro con cui poter avere sesso: ormai sapeva che gli piaceva troppo, che non ne poteva più fare a meno.
Ebbe qualche rara avventura, sia con alcuni compagni di scuola che con altri, ma prima di riuscire trovare un compagno fisso, come desiderava sempre più, passarono diversi anni.