Giuliano stava andando in centro per vedere un lavoro che gli era stato proposto: si trattava di rifare l'illuminazione in alcune sale della Galleria d'Arte Moderna. Era quella la sua specialità: l'illuminazione. Aveva cominciato da ragazzo come elettricista, ma gradualmente s'era fatto un nome, dapprima come tecnico delle luci per gli stand di fiere, poi nel campo teatrale, come pure per le luminarie in occasione del Natale, e ora era lui a progettare gli impianti, a scegliere i tipi di lampada, e poi a dirigere i lavori, usando le squadre di elettricisti delle imprese a cui affidava il lavoro.
Era diventato un libero professionista quotato e apprezzato, e guadagnava bene. Perciò poteva ormai accettare o rifiutare i lavori, scegliendo quelli che sapeva gli avrebbero dato più soddisfazione e al tempo stesso avrebbero aumentato la sua fama nel campo di attività che s'era scelto.
Da tempo aveva rinunciato a usare l'automobile, quando doveva andare in centro: stava diventando sempre più complicato circolare in auto in città e ancora più difficile era trovare un parcheggio, sia pure a pagamento. Perciò usava i mezzi pubblici.
Quella mattina aveva preso l'autobus verso le dieci, perciò pensava di trovarlo semi-vuoto. Quando salì, infatti, anche se non c'erano posti a sedere, c'era parecchio spazio libero. Si addossò a un finestrino verso il fondo, sperando che prima o poi si liberasse un posto a sedere. Ma un paio fermate dopo salirono a bordo due classi di liceali vocianti, con i loro insegnanti, e il pullman si riempì. Ora erano tutti stipati come sardine e gli altri passeggeri erano stati sospinti verso i finestrini.
Giuliano stava ascoltando, divertito, le battute che quei ragazzotti si scambiavano ad alta voce, partecipando senza averne l'aria alla loro rumorosa allegria. Ma d'improvviso si irrigidì: una mano gli stava palpando i genitali attraverso la patta. Guardò stupito: davanti a lui, messo di profilo, c'era un ragazzo sui venticinque anni, che guardava davanti a sé con aria indifferente. Ma sicuramente la mano gli apparteneva.
Giuliano non poteva cambiare posizione facilmente, compesso com'era fra altre persone e con il finestrino contro le spalle. S'accorse che comunque quelle ardite manovre gli stavano provocando una forte e gradevole erezione. Il giovanotto non era niente male, la sensazione, anche se l'aveva colto alla sprovvista, era piacevole, perciò Giuliano decise di lasciarlo fare.
E ricordò la prima e unica volta in cui qualcuno, approfittando della calca, l'aveva toccato in modo sessuale: quando aveva sedici anni, nell'ascensore dei grandi magazzini di Genova. Un fatto di ben quarantasei anni prima, che da tempo era sepolto nella sua memoria. Ma allora era un bel ragazzino, ora era un uomo anziano... gli sembrava strano che un bel ragazzo come quello che stava continuando a palpargli attraverso la tela dei pantaloni il membro ormai duro, potesse provare piacere a toccare un uomo della sua età.
L'avrebbe capito se quello avesse provato a palpare uno di quei liceali, fra cui diversi erano piuttosto attraenti, si disse. Doveva ammettere di non essere un brutto uomo, però si reputava ormai "fuori circolazione". Specialmente dopo la sua ultima relazione, che era terminata nove anni prima.
La sua ultima relazione... Ricordava con una certa nostalgia quel ragazzo. Si chiamava Salah, era un marocchino di diciotto anni. L'avea notato sulla porta del supermercato in cui andava a fare la spesa, che vendeva accendini, accendigas, e altre cosette del genere, poste su uno scatolone di cartone ondulato.
Salah era un bel ragazzo, con un sorriso dolce, occhi scuri e luminosi e capelli neri a grandi ricci morbidi; era snello, aveva labbra sensuali... Giuliano, che allora aveva cinquantatré anni, s'era subito sentito fortemente attratto da quel ragazzo.
Giuliano aveva peso l'abitudine, ogni volta che entrava nel supermercato, di salutarlo con un lieve sorriso, e quando usciva dopo aver fatto la spesa, di regalargli qualche moneta. Così aveva anche cominciato a scambiare due parole con lui. Gli aveva chiesto da dove venisse, come si chiamava e gli aveva detto il proprio nome, gli veva chiesto come si trovasse in Italia...
Era venuto a sapere che abitava poco lontano, con il padre e un fratello maggiore di lui di quattro anni, e che ogni mese mandavano soldi in Marocco alla madre per lei, le sorelle e gli altri figli più piccoli. Gradualmente Salah pese a salutarlo anche da lontano, ad aprirsi sempre più con lui; le loro quattro chiacchiere diventavano sempre più lunghe.
Per capodanno Giuliano gli aveva fatto un regalino: un pacco con dentro riso, caffé, torrone, frutta secca e marmellate. Aveva fatto attenzione, supponendo che il ragazzo fosse musulmano, a non mettrci né alcoolici né carne di maiale o carne non macellata secondo le loro regole. Salah, allora, gli aveva regalato un accendigas.
Giuliano si sentiva sempre più attratto da quel ragazzo, perciò decise che ci doveva provare. Pensò a due o tre possibili modi, ma nessuno gli pareva buono, finché ebbe un'idea. Andò a comprare una grammatica di arabo, un dizionarietto arabo-italiano, quindi iniziò a studiare le prime tre o quattro lezioni. Poi un giorno salutò Salah in arabo.
"Sabaha l-khayr!"
Salah si illuminò: "Sabaha n-nur!" rispose. "Tu sai l'arabo?"
"Lo sto studiando, ma è difficile." gli disse Giuliano con un sorriso.
"Ah, e perché tu studi arabo?" gli chiese il ragazzo.
"Perché mi piacerebbe poter comunicare con voi, anche se tu parli già piuttosto bene l'italiano."
"Tu capisci 'ismi Salah, ma smuk?"
"Na'am, 'ismi Giuliano. Tasharrafna!"
"Tasharrafna! Sei bravo!"
"No, ho appena cominciato a studiare, ma dal libro non sono sicuro della pronuncia."
"Anche a scrivere tu studi?"
"Sì... spero di fare giusti i segni..."
Quel giorno parlarono d'altro. Ma un paio di giorni dopo, Giuliano, uscito dal supermercato, gli propose: "Ascolta, Salah, ti andrebbe di aiutarmi a studiare l'arabo? Se tu vieni a darmi lezione a casa mia, io ti pago, ti darei quindicimila lire ogni ora."
"Ma io non sono insegnante, non so..." rispose il ragazzo in tono incerto.
"Se tu fossi un insegnante dovrei pagarti anche di più. Comunque mi puoi aiutare. Puoi venire quando vuoi, soprattutto la sera, quando il supermercato chiude. Non ti andrebbe di guadagnare qualche soldo in più?"
"Non so... devo chiedere a mio padre, prima."
Giuliano ebbe l'impressione che il ragazzo fosse un po' diffidente: che avesse capito a che cosa lui veramente mirava? Beh, si disse, non gli conveniva insistere: lui aveva lanciato la sua proposta... se il ragazzo accettava, avrebbe compiuto il secondo passo, con prudenza, in modo di non metterlo a disagio e di poter fare marcia indietro se il ragazzo non si fosse mostrato intressato. Anche se Giuliano si sentiva molto attratto dal ragazzo, infatti, non voleva mancargli di rispetto né metterlo a disagio.
Tre giorni dopo, quando Giuliano tornò a fare la spesa, Salah lo salutò con allegria: "Giuliano! Mio padre ha detto che posso venire e che quindicimila va bene. Quante ore vuoi fare?"
Giuliano era contento. "Mah, non so, tre alla settimana. O tre volte un'ora o una volta tre ore, come vuoi tu."
"Ma se faccio tre ore devo fare cena troppo tardi." obiettò il ragazzo.
"Puoi venire dopo cena, oppure cenare con me: facciamo un'ora e mezzo, poi ceniamo, poi di nuovo un'ora e mezzo."
"Non so... forse possiamo fare due volte ogni settimana, un'ora e mezzo, poi faccio cena con te poi torno a casa... Però devo chiedere a mio padre." rispose Salah.
"Sì, può andare bene anche così... chiedi a tuo padre, poi mi dai la risposta." rispose Giuliano pensando che in quel modo il ragazzo gli scroccava due cene invece di una, ma a lui stava bene.
Così alla fine si accordarono per vedersi due volte la settimana. Cominciarono le lezioni. Salah andava a casa sua con lo scatolone con la sua povera merce che lasciava nell'ingresso, studiavano in soggiorno, poi andavano in cucina e Giuliano preprava la cena per tutti e due, chiedendo ogni volta se andava bene quello che preparava e evitando, logicamente salumi e vino. Dopo la cena chiacchieravano ancora un po', poi Salah tornava a casa sua.
Giuliano pensò che fosse venuto il momento di fare il secondo passo. Così una sera, mentre preprava la cena e Salah era seduto in cucina con lui, abbordò il ragazzo.
"Mi hai detto che sei in Italia da quattro anni, vero?"
"Sì, quattro meno due mesi."
"Ce l'hai la ragazza?" gli chiese Giuliano, guardandolo.
"No, nessuna ragazza. Mio fratello più grande ha una ragazza, una ragazza italiana, ma io no."
"Ma quanti anni hai, Salah?" gli chiese allora Giuliano.
"Diciotto. E tu ce l'hai una ragazza, Giuliano?"
"No, neanche io ho una donna, Salah. Vivo da solo, come hai visto."
"E neanche figli?"
"Neanche figli, Salah."
Poche sere dopo, poiché aveva imparato la parola "bello" in arabo, Giuliano gli disse: "Salah sadiq, Salah jamil..."
"Sì, io amico, ma non io bello..." rispose il ragazzo con un lieve sorriso divertito.
"Na'am, Salah molto jamil!"
"Giuliano jamil jiddan!" lo corresse il ragazzo.
"Io molto bello? Ma no, non bello come te." gli rispose l'uomo sentendosi un po' emozionato.
"Na'am, Giuliano sadiq kathiran, latif jiddan; Giuliano molto amico e molto gentile. Io sto molto bene con Giuliano." disse il ragazzo e posò una mano su quella dell'uomo, guardandolo negli occhi con un sorriso.
Giuliano s'era preparato per fare un passo se non decisivo almeno ardito, ma non pensava di poterlo compiere così presto.
Sentendosi avvampare, mormorò: "Salah, ya habibi!" chiedendosi, col cuore in gola, come poteva reagire il ragazzo nel sentirsi dire 'amato mio'!
Il ragazzo gli prese la mano nella sua, la sollevò e vi depose un lieve bacio, poi anche lui disse, guardandolo negli occhi con uno sguardo pieno di calore: "Giuliano, ya habibi!"
Allora Giuliano si girò verso Salah, gli prese fra le mani il viso e gli sussurrò: "Baciami..."
Slalah avvicinò il volto a quello dell'uomo e lo baciò, lieve, mentre una sua mano si posò fra le gambe di Giuliano, gli carezzò la patta premendo lievemente per sentire la sua virilità e gli chiese: "Tu vuoi Salah?"
"Sì..." sussurrò Giuliano, posando una mano su quella del ragazzo e premendola contro la propria patta per fargli sentire a pieno la sua incipiente erezione.
Il ragazzo lo baciò di nuovo, insinuandogli la lingua fra le labbra, mentre palpava con maggiore energia il membro dell'uomo. Poi si staccò da lui e sottovoce gli chiese, con un sorriso allettante: "Tu porti Salah su tuo letto? Tu prendi Salah?"
"Sì..." disse Giuliano, "Vieni..."
Si alzarono e l'uomo lo guidò fino alla propria camera. Il ragazzo si denudò rapidamente e salì sul letto, stendendosi su un fianco, il torso sollevato su un gomito, guardandolo mentre anche Giuliano si spogliava. Lo scuro membro circonciso del ragazzo si stava sollevando lentamente. Quando anche Giuliano fu nudo, s'accostò al letto con il membro duro e dritto davanti al lui. Salah prese nella mano il forte palo dell'uomo e lo strinse lieve.
"Tu molto duro... tu vuoi mettere dentro a culetto di Salah?" gli chiese con occhi luminosi.
"Sì... ti piace?"
"Sì, a Salah piace cazzo di Giuliano. Salah vuole cazzo di Giuliano in suo culetto. Salah prepara Giuliano..." poi, prima che l'uomo si muovesse, si sporse e lo prese in bocca, muovendo la testa avanti e dietro, insalivandolo bene, mentre con la mano impastava i testicoli dell'uomo.
Dopo un po', quando sentì l'uomo fremere, il ragazzo si staccò, si stese sul ventre e allargò le gambe e girando il capo verso di lui, gli sorrise invitante: "Vieni, Giuliano, adesso prendi culetto di Salah..."
L'uomo allora prese dal cassetto del comodino un preservativo, se lo infilò, salì sul letto, s'inginocchiò fra le gambe divaricate del ragazzo, gli carezzò i piccoli glutei sodi e ambrati, e si chinò a leccargli l'ano, poi, mentre il ragazzo si teneva ben divaricate le natiche, scese su di lui, gli puntò il membro fremente sul foro così offerto e spinse. Gli scivolò dentro senza difficoltà, fino in fondo, e capì che il ragazzo era abituato a farsi penetrare.
Quando l'ebbe penetrato e gli fu fortemente premuto dentro, gli si stese sulla schiena e, facendogli girare la testa, lo baciò a fondo in bocca. Quindi iniziò a muovere su e giù il bacino, godendosi lo stretto e caldissimo canale che il ragazzo faceva palpitare ad arte.
Dopo tre anni che non aveva più una relazione, Giuliano era esaltato per il piacere che quel caldissimo ragazzo gli stava donando. Salah, mugolando lieve per il piacere della doppia penetrazione della lingua e del membro dell'uomo gli si agitava sotto in modo di aumentare il piacere per entrambi.
Giuliano gli batteva dentro con vigore, e sentiva un piacevolissimo orgasmo sopraggiungere rapidamente, facendogli provare un intenso calore per tutto il corpo. Aumentò il ritmo e il vigore dei colpi che dava muovendo soltanto il bacino, e il ragazzo mugolava sempre più forte, spingendo in su il piccolo sedere a ogni affondo dell'uomo dentro di lui.
Finalmente l'uomo venne nelle calde e palpitanti profondità del ragazzo, che gli succhiò con golosità la lingua. Poi entrambi si fermarono, le loro bocche si staccarono ed emisero, quasi all'unisono, un lungo, basso sospiro.
Giuliano restò sul ragazzo finché sentì il proprio membro ammorbidirsi e ritrarsi lentamente. Allora si tolse da sopra a Salah, scivolandogli a fianco, lo fece girare verso di sé, e si rese conto che anche il ragazzo aveva già raggiunto l'orgasmo.
Giuliano carezzò una guancia del giovane marocchino: "T'è piaciuto, Salah?"
"Sì, molto. Giuliano è uomo forte... Giuliano contento?"
"Sì, sono contento. È da tanto che ti desidero, sai?"
"Sì, io capito da prime volte che incontrato te... Tuoi occhi ha detto a me. Salah sperava questo. Giuliano molto bello e forte."
"Tu sei molto bello, Salah. Anche le prossime sere, dopo la cena, vieni qui a letto con me?" gli chiese l'uomo.
"Se Giuliano vuole Salah, Salah è contento... Giuliano molto gentile."
Così cominciò la loro relazione. Salah raccontò a Giuliano che la prima volta era stato proprio il fratello maggiore a prenderlo, quando lui aveva tredici anni. Poi, quando il padre era immigrato in Italia con suo fratello, la madre aveva voluto che lo portassero con loro... perché non voleva che il marito si facesse un'altra donna in Italia!
"Cioè vuoi dire che... tua madre ti ha mandato in Italia per... per farti fottere da tuo padre?"
"Sì, Giuliano."
"Ma lei lo sapeva che tu... che lo facevi con tuo fratello?"
"Sì, tutti sanno a casa che a me piace fare con uomini e così..."
"Ma... a te piace?"
"Sì a me piace molto uomini, no donne."
"E... così ora lo fai con tuo padre e tuo fratello?"
"No ora mio fratello ha donna, come già detto. Ora solo mio padre... e Giuliano!" rispose Salah con un sorriso carezzando l'uomo. "Però con Giuliano molto bello, lui gentile. Mio padre poco gentile, lui fotte duro e basta."
Giuliano era scosso: "Ma tuo padre lo sa che lo fai anche con me?"
"No, io detto bugia a mio padre, io detto che Giuliano c'è anche moglie e figli in casa quando io vengo per lezioni. Mio padre non vuole che io faccio con altri. Mio padre vuole che solo lui fotte Salah."
Giuliano si stava affezionando a quel ragazzo dolce e caldo, sensuale. Anche Salah si stava affezionando sempre più a Giuliano. Così, per poter stare di più insieme e per poter fare l'amore con più calma, Giuliano smise di studiare l'arabo, che d'altronde gli interessava relativamente, e i due facevano l'amore appena il ragazzo arrivava a casa dell'uomo. Giuliano, per non fare insospettire il padre del ragazzo, logicamente gli continuava a dare le quindicimila lire pattuite per la lezione.
Purtroppo, però, dopo un anno, poco più, da che era iniziata la loro segreta relazione, un giorno Salah scomparve: non c'era più fuori dal supermercato. Al suo posto Giuliano vide un altro giovane arabo. Gli chiese se conoscesse Salah. L'arabo gli disse di sì e gli spiegò che Salah era stato preso dalla polizia ed espulso perché non aveva il permesso di soggiorno, e che quindi era dovuto tornare di nuovo in Marocco. A Giuliano dispiacque molto, e si chiese se non avrebbe dovuto pensare prima a quel problema e fare qualcosa per far avere il permesso di soggiorno al ragazzo...
Dopo Salah l'uomo non ebbe più altri ragazzi, e neppure avventure. Infatti pareva che nessuno fosse interessato a un uomo di più di cinquanta anni... per lo meno nessun giovane. Giuliano infatti non si sentiva affatto attratto da uomini maturi, non tanto e non solo fisicamente, quanto piuttosto per la mentalità che avevano: li trovava "arrivati, seduti, pieni di sé" come diceva a volte con gli amici.
Quindi, quando su quell'autobus quel giovanotto gli aveva messo la mano sulla patta e lo aveva toccato in modo così intimo, Giuliano, oltre ad esserne eccitato, ne fu anche profondamente stupito. Quelle nascoste ma ardite manipolazioni lo stavano portando rapidamente a un troppo forte piacere e l'uomo temette di venire nei propri calzoni. Quindi, se pure a fatica, riuscì a portare una mano su quella del giovanotto per farlo smettere.
Solo a quel punto il giovanotto lo guardò negli occhi e gli fece un lieve sorriso. Poi, con voce normale, quasi come se lo conoscesse da sempre, gli chiese: "Dove scendi?"
"Devo andare al Museo d'Arte Moderna..." gli rispose Giuliano incerto.
"Ah, bene, scendo anche io lì. Hai un po' di tempo? Vorrei parlare un po' con te. Magari andiamo a bere un caffè assieme."
"Ho poco tempo, ho un appuntamento... ma forse il tempo per un caffè... lo posso travare." gli rispose Giuliano ancora più meravigliato per l'ardire di quel giovanotto.
Tutto sommato quel ragazzo gli piaceva... ed era curioso di sapere perché l'avesse abbordato così, approfittando di quel momento di calca. Si chiese che cosa volesse dirgli... Probabilmente aveva solo voglia di avere un'avventura con lui... O semplicemente gli piaceva abbordare la gente... ma che cosa ci trovava in un uomo della sua età?
Immerso in questi pensieri, giunse alla fermata dove doveva scendere. Anche le due classi di studenti delle superiori dovevano scendere lì: stavano andando a visitare il Museo d'Arte Moderna anche loro. Sciamarono tutti fuori dall'autobus, e il giovanotto si affiancò a Giuliano.
"Vieni al bar, allora?" gli chiese il giovanotto.
"Sì, ma ho pochi minuti." gli rispose Giuliano controllando l'orologio.
"Io mi chiamo Valerio... Valerio Orsini. E tu?"
"Giuliano Sacchi. Quanti anni hai?"
"Ventisette. E tu?"
"Sessantadue... più del doppio di te."
"Sei un bell'uomo, Giuliano, mi piaci molto. Sei veramente sensuale."
"Ma tu abbordi sempre così la gente in autobus?"
"Non è che capiti spesso, ma tu... hai scatenato i miei ormoni." gli disse Valerio con un risolino malizioso.
"Addirittura!" gli disse l'uomo guardandolo con un sorrisetto incredulo.
Entrarono in un bar e Valerio volle offrire lui il caffè. Andarono a sedere a un tavolinetto appartato. Il locale era semivuoto.
"Tu, Giuliano, sei attivo o passivo?" gli chiese il giovanotto.
"Sei sempre così diretto?"
"A che vale girare intorno alle cose. Io preferisco farmelo mettere, e spero che a te piaccia metterlo."
Giuliano si sentiva un po' imbarazzato per la franchezza piuttosto sfacciata del giovane uomo.
"Che cosa ti fa pensare che io abbia voglia di farlo con te?" gli chiese.
"Il modo in cui hai reagito: t'è venuto subito duro e non ti sei tolto, mentre io te lo palpavo."
"Eravamo stretti come sardine..."
"Ma se davvero volevi, ti spostavi. E soprattutto non ti veniva duro, no? Tu mi piaci un sacco... e credo di piacerti anche io."
"Sei un bel ragazzo, sì. E a me piace metterlo. Però..."
"Ah, bene. Allora possiamo rivederci, no? E combinare. Io lavoro come orologiaio in un negozio qui vicino, perciò sono libero solo dopo che il negozio chiude, oppure la domenica e il lunedì mattina."
"E come mai stamattina non sei al lavoro?" gli chiese Giuliano.
"Ho preso mezza giornata di permesso, devo fare qualche commissione. Vivi da solo, tu, o hai famiglia? Io vivo da solo."
"Anche io. Ma non ti pare di correre un po' troppo? Non ci conosciamo ancora, non sappiamo niente l'uno dell'altro."
"Beh, stiamo cominciando a conoscerci. Hai occhi bellissimi."
"Oh, credevo che ti interessasse solo qualcosa che ho... più in basso." gli disse con ironia Giuliano.
"Anche quello, certo. Ma non solo quello."
"Ma che ci trovi, tu, in un uomo che potrebbe benissimo essere tuo padre? Un uomo fisicamente in declino?"
"Non lo so. Forse la maturità di sentimenti... la stabilità... Comunque fisicamente ti trovo molto attraente, o non ci avrei provato con te. No, non cerco un padre, ma un compagno... un amante."
"Non ti pare di correre un po' troppo? Un amante non si trova... palpando uno sconosciuto in un autobus."
"In qualche modo si deve pur cominciare, no? Senti, mi hai detto che hai un po' fretta, che hai un appuntamento. Io ti lascio il mio numero di telefono... ecco tieni, questo è il mio biglietto da visita, ci sono sia il mio telefono di casa che il telefonino che il telefono del negozio dove lavoro. Ti farai vivo? Io ho fatto il primo passo; adesso, se ti va, tocca a te fare il secondo passo."
Giuliano guardò il biglietto, poi l'infilò in tasca: "Può darsi. Oltre a sembrarmi un bel ragazzo, mi incuriosisci, devo ammetterlo."
"Bene, la curiosità è una cosa positiva... almeno in questo caso. Spero di sentirti presto. Ciao, Giuliano e... non pensare che io sia sempre così... sfacciato. Ma tu mi interessi davvero molto, non volevo perdere una possibile occasione. Fatti vivo, per favore."
I due si salutarono e Giuliano andò alla Galleria d'Arte Moderna, al lavoro.