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una storia originale di Andrej Koymasky


SECONDA GIOVINEZZA CAPITOLO 6 - STRATTAGEMMI

Valerio sembrava pensoso: "Tu mi stai affascinando sempre più, Giuliano. Non dico solo fisicamente, per quello dovremmo finalmente... fare qualcosa. Ma tu sei il primo che incontro che mi parla in questi termini di cosa significa amare. Forse non ci avevo mai riflettuto veramente, non so... Probabilmente ho anche sempre confuso, almeno fino a ora, l'innamoramento con l'amore. Anche se forse non ho mai provato né l'uno né l'altro... a parte quand'ero un adolescente."

Giuliano sorrise: "Uno sbaglio abbastanza comune, questo. Ma no, innamoramento e amore sono due cose completamente diverse."

"Sì... comincio a capirlo, anche se non mi è ancora del tutto chiaro."

"In un rapporto, l'innamoramento può essere sia fine a sé stesso, oppure la prima fase di un amore, oppure non esserci del tutto, cioè l'amore può nascere anche senza passare attraverso la fase dell'innamoramento. L'innamoramento è un improvviso cambiamento della percezione dell'altro e di sé stesso, è quasi una rivoluzione, che spesso assume l'aspetto di una rivelazione. Ma vedi, quando si dice che l'amore è cieco, si dice qualcosa di sbagliato. L'innamoramento quasi sempre è cieco, cioè non vede l'altro come è ma come noi desideriamo che sia. L'amore invece è tutt'altro che cieco, vede perfettamente l'altro così come è, compresi i suoi difetti e i suoi limiti."

"L'innamoramento perciò è pericoloso?" chiese allora Valerio.

"Può esserlo, se non se non se ne sa uscire. Ma la sua maggiore pericolosità viene dal fatto che è molto bello, è stupendo, è esaltante... Perciò spesso non se ne vuole uscire. Ma d'altra parte non si potrebbe vivere in un eterno stato di innamoramento. Perciò se ne deve venir fuori e vi sono solo due vie d'uscita: capire che non è amore e perciò trasformarlo in amore, oppure non capirlo e quindi trasformarlo in delusione. Non vi è una via di mezzo. Se si accetta l'altro per come realmente è, con i suoi pregi e i sui difetti, si trasforma l'innamoramento in amore. La delusione viene invece dal rifiuto dell'altro, cioè dallo scoprire che l'altro non è come noi lo avremmo voluto. Allora l'innamoramento muore."

"Secondo te, quanto tempo può... resistere un innamoramento?"

"Oh, da pochi giorni a qualche anno... almeno per quanto è nella mia esperienza."

"Anche qualche anno?" chiese un po' stupito Valerio.

"Sì, certo. Vedi, per esempio a me è capitato, parecchi anni fa, con un ragazzo..."

"Ti eri innamorato di lui?"

"Non proprio. Lui si era innamorato di me, aveva proprio perso la testa per me. Si chiamava Francesco, aveva ventidue anni."

"E tu?"

"Io ne avevo trentacinque. Francesco era un barista."

"Di un bar gay?"

"No, nel 1975 qui non c'erano ancora bar gay. Francesco era uno dei baristi del bar che c'era di fronte alla sede della TV, dove stavo lavorando..." gli spiegò Giuliano e gli raccontò la storia del loro incontro e della loro relazione.

Giuliano andava in quel bar la mattina prima di iniziare il lavoro, poi ci tornava durante l'intervallo di pranzo e infine di nuovo alla fine della giornata di lavoro. Già dalle prime volte aveva notato Francesco e si era sentito attratto dal ragazzo, che era di media altezza, snello, aveva un caschetto di corti capelli neri e occhi di un celeste-grigio chiaro che sembravano anche più luminosi di quanto fossero, a causa della sua pelle un po' scura. Anche i suoi denti, perfetti, sembravano più bianchi e scintillanti a causa della sua pelle ambrata.

In un primo momento Giuliano aveva pensato che il ragazzo fosse di origini meridionali, a causa della tonalità della pelle e il nero dei capelli, ma in seguito aveva scoperto che in realtà sua madre era una mulatta libica, figlia illegittima di una donna libica e di un italiano. Il padre era invece un umbro. L'accento di Francesco, infatti, aveva una simpatica sfumatura che ricordava le parlate dell'Italia centrale.

Giuliano s'era presto reso conto che Francesco faceva sempre in modo di essere lui a servirlo, e che ogni volta gli rivolgeva un luminoso sorriso, più caldo e più sincero di quello che indirizzava agli altri clienti. Pensò, quindi, che forse anche Francesco si sentisse attratto da lui... ma non poteva esserne sicuro, poteva anche trattarsi semplicemente di una istintiva simpatia.

Però presto il giovane uomo si accorse che Francesco quasi non gli toglieva gli occhi di dosso per tutto il tempo in cui lui sostava in quel bar. Quindi si disse che doveva fare qualche cosa per provarci con quel ragazzo, da cui si sentiva sempre più attratto.

Non erano tempi, quelli, in cui ci si potesse provare senza cautela, inoltre Giuliano non era il tipo che abbordava direttamente qualcuno che lo interessasse: anche se non era veramente timido, era però piuttosto riservato. Ma al tempo stesso l'attrazione che provava per quel ragazzo allegro e solare si stava facendo sempre più forte.

Un giorno, Giuliano disse al ragazzo qualcosa riguardo al proprio lavoro in TV.

Francesco gli chiese: "Lei, signore, lavora alla RAI?"

"Sì, ma come tecnico esterno: sto montando un impianto di illuminazione per uno studio di ripresa TV. Credo che fra un mese, poco più, avrò terminato e allora andrò a lavorare altrove."

"Ah, quindi non verrà più qui, nel nostro bar, signore."

"Sarà difficile, ma chi sa! Ma non mi dare del lei... mi chiamo Giuliano."

Il ragazzo sorrise: "Io mi chiamo Francesco. Di solito, dove lavori?"

"Qua e là, come capita, dove mi manda la mia ditta. Più che altro per mostre e fiere, qualche volta anche nei teatri."

"Sei un elettricista?"

"Non proprio, sono un tecnico dell'illuminazione. Un po' come uno scenografo, ma invece di agire dipingendo scene, lavoro giocando con le luci."

"Sembra affascinante... Ti piace, come lavoro?"

"Sì, molto. E a te, piace il tuo lavoro?" gli chiese Guglielmo.

"Abbastanza. Qualche volta si conoscono persone interessanti, specialmente qui vicino alla RAI: qualche volta viene anche qualche cantante, qualche presentatore famoso. Ho anche una discreta collezione di autografi, sai?"

"Ah sì? Mi piacerebbe vederla. Ce l'hai qui?" gli chiese allora Giuliano.

"No, l'ho in casa. Davvero ti piacerebbe vederla?"

"Abiti lontano da qui, Francesco?"

"Ho una piccola mansarda. Non lontano dal duomo."

"Non mi inviti da te per vedere la tua collezione?" gli chiese Giuliano con un sorriso allettante.

"Sì, volentieri. Tu che orari fai?"

"Sono abbastanza libero di fare gli orari che voglio."

"Dopodomani è il mio giorno di riposo, qualunque ora per me andrebbe bene." gli rispose Francesco e Giuliano ebbe l'impressione che il ragazzo fosse lievemente arrossito.

"Ottimo, dimmi allora a che ora e dove ci si può vedere."

Francesco scrisse qualcosa su un foglietto e lo porse a Giuliano: "Ecco, abito qui... qualunque ora va bene."

"Preferisci di mattina o di pomeriggio? O magari di sera?"

"Quando vuoi tu."

"Di pomeriggio? Prima di cena? Verso le cinque, le sei, ti andrebbe bene?"

"Sì, ottimo. Alle sei, allora?" gli chiese Francesco illuminandosi.

Così, due giorni dopo, Giuliano alle sei in punto era andato all'indirizzo che Francesco gli aveva dato, era salito all'ultimo piano e aveva bussato alla porta della mansarda. Il ragazzo aprì quasi immediatamente, tanto che Giuliano ebbe l'impressione che fosse già dietro alla porta ad attenderlo.

Francesco non aveva i calzoni neri, camicia bianca, farfallino nero e gilet di raso che indossava al bar, ma un paio di morbidi calzoni beige e una polo verde chiaro. Lo fece entrare con un ampio sorriso e lo fece accomodare, quindi gli offrì un caffè. Dopo aver scambiato poche parole e sorbito il caffè, Francesco prese la sua collezione di autografi e la posò sul tavolo davanti a Giuliano.

Ma il giovane uomo gli cinse la vita con un braccio e lo tirò a sé, quasi costringendolo a sederglisi a cavalcioni in grembo. Francesco allora, sedutosi sulle sue gambe, lo abbracciò e gli porse le labbra, sfregando lieve la punta del naso contro quella del giovane uomo. Giuliano gli prese il volto fra le mani e dapprima giocarono un po' con le punte delle lingue, poi si unirono in un lungo e caldo bacio.

"Hai voglia di me?" gli chiese il giovane barista quasi in un sussurro, gli occhi luminosi.

"Sì, molto." gli rispose Giuliano eccitato.

"Mi vuoi prendere?" gli chiese il ragazzo con un sorriso compiaciuto, iniziando ad aprirgli gli abiti.

"Se a te piace..." rispose il giovanotto cominciando a sua volta a liberare il ragazzo dei suoi abiti.

"Allora... andiamo là... sul mio letto." disse il ragazzo alzandosi e guidando Giuliano, tenendolo per mano.

Toltesi le scarpe vi salirono in ginocchio, uno di fronte all'altro e, continuando di tanto in tanto a baciarsi, ognuno spogliò l'altro finché i loro torsi furono nudi e i calzoni e le mutande furono calati sulle ginocchia. Erano entrambi già pienamente eccitati.

Francesco si chinò a suggere i capezzoli del compagno, mentre con entrambe le mani gli manipolava i genitali turgidi. Giuliano lo fece stendere, gli sfilò completamente i calzoni con le mutande e si chinò su di lui per lavorargli con la bocca e le mani il bel membro ritto e duro. Francesco gemette lieve per il piacere e si girò in modo di rendere quelle attenzioni al giovanotto.

Dopo poco, finalmente entrambi completamente nudi, erano allacciati in un appassionato sessantanove. Francesco aveva un gradevole odore di pulito e di maschio e Giuliano si stava godendo quella prima calda unione.

Poi Francesco si staccò da lui e guardandolo negli occhi con un sorriso pieno d'attesa, gli chiese: "Adesso me lo metti tutto dentro?"

Giuliano annuì, allora Francesco si mise prontamente a quattro zampe, offrendosi lieto alla penetrazione. Il giovanotto gli si inginocchiò alle spalle, fra le gambe, e lo afferrò per la vita. Avanzò con il bacino finché la punta del suo membro duro fu puntata contro il foro palpitante in attesa.

"Spingi... prendimi!" mormorò Francesco girando indietro il capo a guardarlo con un sorriso invitante.

"Non hai una crema, un gel?" gli chiese Giuliano, iniziando però a premere.

"No, non è necessario. Dai!" lo incoragiò il ragazzo, spingendoglisi contro.

Giuliano continuò a spingere. Dapprima incontrò una lieve, naturale resistenza, ma poi il foro cedette quasi d'improvviso e il membro del giovanotto iniziò la sua lenta ma irresistibile avanzata nello stretto e caldissimo canale del ragazzo, invadendolo a poco a poco.

Francesco accompagnava la forte e graduale invasione con un lungo e sommesso mugolio, intervallato da brevi "oh!" pieni di piacere.

Quando finalmente Giuliano gli fu completamente dentro, dopo essersi fermato per qualche secondo, iniziò ad arretrare e avanzare in un ritmo calmo ma vigoroso, sempre tenendo il ragazzo per la vita. Francesco sottolineava ogni affondo con un "oohh", dimenando lieve il bacino e facendo palpitare l'ano per gustare meglio quel forte palo di carne che finalmente accoglieva in sé.

"Sbattimi più forte, Giuliano, fammelo sentire tutto!" lo implorò il ragazzo.

Giuliano con una mano prese a stuzzicargli i capezzoli e con l'altra a masturbarlo, mentre gli batteva dentro con crescente vigore ed energia, e con crescente piacere. Cavalcò il ragazzo a lungo, rallentando di tanto in tanto per prolungare per entrambi il piacere di quell'unione.

"Ti piace, Francesco?"

"Sì... Dio, ne avevo proprio voglia! Non vedevo l'ora di farmi montare da te, Giuliano... l'ho sognato da quando ti ho notato là al bar. Dai... dai... più forte, Giuliano... più forte!"

Continuarono così, finché entrambi non furono più in grado di trattenersi e prima Francesco nella mano di Giuliano, poi il giovanotto nelle calde e strette profondità del ragazzo, si scaricarono raggiungendo un piacevolissimo orgasmo.

Si staccarono ancora ansanti e si stesero su un fianco, abbracciandosi.

"Ti è piaciuto fottermi, Giuliano?"

"Sì, molto. E a te?"

"Moltissimo. Tu sì che ci sai fare..." disse il ragazzo e lo baciò con passione e docezza. Poi gli chiese: "Tu ce l'hai, un ragazzo?"

"No, non ce l'ho. E tu?"

"Neanche io... allora... possiamo vederci ancora?" gli chiese il ragazzo con occhi luminosi.

"Sì, certo, molto volentieri." gli rispose Giuliano con un sorriso.

Si baciarono di nuovo a lungo.

Poi Francesco gli chiese: "Hai tempo?"

"Per cosa?"

"Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa assieme qui sotto, in trattoria, poi tornare su... e fare di nuovo l'amore?"

"Beh... perché no?" rispose Giuliano con allegria.

"Offro io..." propose Francesco carezzandolo per tutto il corpo.

"Pensavo di offrire io, invece." controbatté il giovanotto con un sorriso.

"No no... sei tu il mio ospite, almeno per questa volta. Sai che sei proprio un bel maschio... e che fai l'amore proprio come piace a me?"

"Bene, ne sono contento. Anche tu sei un gran bel ragazzo."

"E ti piace il mio culetto?"

"Sì, anche."

"Beh... grazie per quell'anche. Per qualcuno pare che sia l'unica cosa di me che gli interessa. Anche l'uomo che avevo prima... A parte il mio culo pareva che non gli interessava niente altro di me. Per questo l'ho mollato."

"Sei stato molto con lui?"

"Sì, Giuliano, quasi tre anni. È stato lui... il mio primo uomo."

"Vuoi dire che hai capito di essere gay quando avevi diciannove anni?"

"No, prima... L'ho capito quando avevo quindici anni, ma non avevo mai avuto il coraggio di provarci con nessuno. Ci siamo conosciuti proprio al bar dove lavoro. Facevo il cameriere da due anni, lì dentro. Lui era un attore della TV. Non è uno famoso, ma era bello come un dio, non facevo che guardarlo, ogni volta che veniva al bar."

"Come facevi con me?"

Francesco arrossì lievemente: "Beh... sì."

"E lui? Lui ti guardava?"

"Sì... Per un po' pareva che non dovesse succedere niente... Un po' come fra te e me... Ma una sera, mentre tornavo a casa, mi sento chiamare. Mi volto e era lui! Dio, ancora mi ricordo come il cuore ha cominciato a battermi forte forte e credo di essere diventato rosso come un pomodoro. Lui mi viene vicino e mi chiede dove andavo. A casa, dico io. Vivi da solo, mi chiede lui. Sì, gli dico io. Allora ti posso accompagnare a casa, dice lui, se vuoi.

"Dio come mi sentivo emozionato! Avevo fretta di arrivare qui... con lui, che era bello come il sole, e così sexy. Appena entrati, io chiudo la porta e lui, lì, mi prende per i polsi, me li blocca contro la porta, mi si spinge addosso col suo corpo e mi fa sentire che ce l'ha duro. Vero che mi dai il tuo bel culetto? Mi dice. Io gli dico che non so, che non l'ho mai fatto, ma dentro mi dico che è proprio quello che voglio.

"Allora sei vergine, mi dice lui. Sì, dico io. Ma vuoi che te lo metto, dice lui. Io per un po' mi vergogno a rispondere, ma sento il suo coso duro che attraverso i nostri panni, mi spinge addosso e ero così su di giri che... finalmente gli dico di sì. Allora lui mi spoglia nudo, lì contro la porta, mi tocca dappertutto, io sono sempre più su di giri e lo lascio fare e quasi tremo tanto sono emozionato. Lui mi fa girare, mi fa appoggiare le mani contro la porta e dopo poco lo sento che mi lecca lì, sul buchetto... mi sento quasi svenire per il piacere.

"Poi lui smette e dopo poco sento il suo palo duro che cerca il buchetto fra le mie chiappe. Lo vuoi, vero? Mi dice lui in un'orecchia. Sì, dico io quasi faticando a tirare fuori la voce. Lui mi afferra per le anche e spinge... spinge... però non riesce a entrarmi dentro, perché io, anche se davvero lo volevo dentro, ero troppo teso. Però mi piaceva sentirmelo lì, che vuole entrare... ma ero ancora vergine e soprattutto non sapevo come dovevo fare per... per lasciarlo entrare. Senza volerlo, stringevo, capisci?"

"Sì, lo immagino." commentò Giuliano cercando di immaginare la scena e pensando che lui, specialmente con un ragazzo ancora vergine, non si sarebbe comportato in modo così aggressivo.

"Lui allora smette, mi spinge sul letto, si finisce di spogliare nudo e mi viene sopra. Mi fa mettere alla pecorina, mi mette altra saliva sul buchetto e di nuovo prova a mettermelo... Finché ci riesce."

"Ti ha fatto male..." commentò Giuliano.

"No... cioè... un po' sì, ma io davvero lo volevo e ho sopportato. E così, mi ha preso e scopato per un bel pezzo. Alla fine mi dice che sono un bel culetto. Lì per lì l'ho preso per un complimento. Anche se lui mi diceva sempre, per i due anni che siamo stati assieme, che sono un bel culetto, mica che ho un bel culetto. Voglio dire, per lui ero solo quello, un bel culetto, niente altro. Ma ero talmente preso da lui che... che ci ho messo due anni per capirlo. Quella prima volta, quando è andato via che erano le due di notte, m'aveva già preso tre volte. Dopo che era venuto, io che volevo sapere tutto di lui, si parlava... cioè ero io a voler sapere di lui... a lui importava poco sapere di me. Quando s'era riposato, ricominciava e mi fotteva di nuovo."

"E... ci hai messo due anni a rompere con lui?" gli chiese Giuliano un po' stupito.

"Ero completamente innamorato di lui, neanche mi accorgevo, almeno all'inizio, che tutto quello che gli interessava, tutto quello che voleva da me era solo il mio culetto. E poi era bello come un dio e sapeva scopare bene, mi piaceva da matti. Lui diceva di avere pochissimo tempo libero, perciò quando ci si vedeva era solo per scopare, per scoparmi. Quando mi sono abituato a prenderlo, ha cominciato anche a piacermi un sacco farlo, così vivevo solo aspettando che lui si facesse vivo e venisse qui a fottermi. Lui mi chiamava 'il mio delizioso culetto' e io, stronzo, lo prendevo per un complimento.

"Poi, neanche tre mesi fa, lui arriva qui... Io lo aspettavo, perciò avevo fatto la doccia, m'ero messo un'ombra di profumo, e lo aspettavo con solo l'asciugamano attorno ai fianchi come sapevo che piaceva a lui... Lo sento bussare alla porta, vado a aprire... Con lui c'era un tale, uno più o meno della sua età, bello, devo ammetterlo... E lui mi dice che aveva portato il suo amico che voleva assaggiare il mio delizioso culetto... che così potevo prendermi due cazzi invece di uno... che quello era il suo regalo per me... Il suo regalo per me, capisci?"

Giuliano era basito: "Così, senza dirti niente prima? Senza chiederti prima se a te andava bene?"

"Sì, così, con l'aria più naturale del mondo. Sai, proprio come se tu sei in macchina e ti fermi e dici a un amico che vedi per la strada: salta su, ti do un passaggio. Solo che io non sono la sua macchina, io credevo di essere il suo ragazzo... Dio, avevo solo voglia di piangere, in quel momento. Così gli ho detto di andare a farsi fottere, e gli ho sbattuto la porta in faccia."

"È il minimo che potevi fare. Io l'avrei preso a cazzotti!" commentò Giuliano scuotendo la testa.

"Le avrei buscate io, era troppo grosso e forte, per me, e poi erano in due." rispose con un sorriso amaro Francesco, poi continuò: "Lui si è fatto vivo di nuovo, voleva continuare, ma io gli ho detto di andare al diavolo e di lasciarmi in pace. Ormai non ero più innamorato di lui, per me era morto, morto e sepolto."

Giuliano raccontò questo a Valerio che aveva ascoltato attentamente, poi il giovanotto gli chiese: "E vi siete messi assieme, tu e Francesco?"

"Sì."

"Però m'hai detto che è durata solo due anni, con lui. Perché è finita? T'ha mollato lui o l'hai mollato tu?"

Giuliano sorrise: "L'ho mollato io... in un certo senso. Vedi, lui era innamorato cotto di me..."

"Ma tu non eri innamorato di lui?"

"Sì, ma come ti dicevo, io stavo cercando di far maturare il nostro innamoramento in amore... come dicevo prima, ma lui... Lui pendeva letteralmente dalle mie labbra, lui faceva tutto quello che gli dicevo, acconsentiva a ogni mia idea, a ogni mio desiderio..."

"Beh, bello, no?" commentò Valerio guardandolo senza capire.

"No. Io non posso amare una persona senza una personalità, una persona con cui non mi posso confrontare, una persona che non sia capace di dirmi di no su qualcosa. Così la nostra relazione mi stava diventando sempre più stretta, capisci? Cioè, voglio dire, come puoi stare con uno che, se gli dici che la neve è nera ti dice subito di sì... che hai proprio ragione tu!"

"Beh... mi sentirei preso per il culo." ridacchiò Valerio.

"No, Francesco non mi prendeva in giro: era talmente infatuato di me che qualsiasi cosa dicessi io, per lui era oro colato. Da una parte mi è dispiaciuto lasciarlo, ma dall'altra... non gliela facevo più! Ho cercato di spiegarglielo, di farlo maturare, cambiare... ma niente da fare, era come battere contro un muro di gomma. Per me, la nostra relazione, stava diventando sempre più pesante."

"E come hai fatto per rompere?" gli chiese Valerio incuriosito.

"Non volevo fargli male, ma d'altronde... non potevo neanche fare del male a me stesso solo per non fare male a lui. Così... visto che non riuscivo a far maturare il suo innamoramento in amore, non avevo altra possibilità che fare in modo che si trasformasse in delusione... in modo che fosse lui a volersi staccare da me."

"Piuttosto machiavellico, direi." commentò Valerio, "E come hai fatto?"

"Ormai lo conoscevo piuttosto bene. Sapevo che per lui, il suo ideale di maschio doveva essere un maschio attivo, un vero maschio, come diceva lui, cioè uno che non se lo sarebbe mai fatto mettere, capisci? Così semplicemente cominciai a dirgli che volevo che lui lo mettesse a me... a dirgli che lo desideravo sempre più... a dirgli che se non lo faceva lui mi costringeva a cercarmi qualcuno che me lo mettesse... In questo modo, abbastanza in fretta, decaddi ai suoi occhi e... e finalmente un giorno, anzi una notte, mentre ancora insistevo con lui e gli avevo detto che magari potevo trovare qualcuno che si unisse a noi e che mi penetrasse mentre io penetravo lui..."

"Un triangolo, insomma?" chiese Valerio vagamente divertito.

"Sì, esatto. Lui si incavolò e, finalmente, mi disse che se davvero per me era tanto importante, non avevo che andarmene e trovarmi un vero maschio."

"E ti mise alla porta." Concluse Valerio annuendo.

"Sì, praticamente è così. Per un po' ci sono stato anche un po' male, ma in fondo capivo che era meglio così."

I due avevano finito la cena. Valerio pagò il conto e uscirono.

"Ti va di fare due passi, di stare ancora un po' assieme?" gli chiese Valerio.

"Sì, molto volentieri." rispose Giuliano con un sorriso.

"Oh, bene! Specialmente per quel 'molto' che davvero non m'aspettavo."

"Ma come, uno sicuro di sé come sei tu?" gli chiese un po' polemicamente Giuliano, ma attenuando la vena polemica con un amichevole sorriso.

"Beh, vedi... più ho l'impressione che tu sia seriamente interessato a me... e meno mi sento aggressivo, meno mi sento sicuro di me." ammise Valerio.

"Capisco. Ma piuttosto... tu fino a ora non hai fatto che farmi parlare di me, ma non mi hai mai raccontato granché di te. Se fra noi... se dovesse nascere qualcosa... non credi che anche io dovrei sapere chi sei, come sei fatto, cosa desideri dalla vita, e cosa da un tuo partner?"


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