Camminando e parlando erano arrivati all'angolo di Corso Vittorio con il Valentino. Quasi l'avessero tacitamente concordato, sedettero su una panchina di pietra del parco.
"Cosa vuoi sapere di me?" gli chiese Valerio guardandolo con un sorriso lieve.
"Chi sei. Cosa vuoi dalla vita. Perché sei... quello che sei." sussurrò quasi Giuliano, che si stava sentendo sempre più attratto dal bel giovanotto.
"Tutto, in una parola." gli disse sorridendo Valerio.
"Beh, se non proprio tutto... quasi tutto." ammise con un sorriso Giuliano.
"Già. Perciò stai seriamente considerando la possibilità di metterti con me, o mi sbaglio?"
"No, non ti sbagli. Vedi, non mi basta avere un'avventuretta, anche se penso che con te potrebbe essere più che gradevole. Non più, non alla mia età."
"Tu proprio ce l'hai con questa cosa della tua età!" gli disse Valerio.
"È un dato di fatto, la mia età. Non ci posso fare niente. Continuo anche a chiedermi che cosa ci trovi tu, in uno tanto più vecchio di te."
"Niente. Beh, sì, a me sono sempre piaciute persone adulte, mature, ma non è un feticcio, per me, l'età del mio partner. Semplicemente sto bene con gente più matura di me, al di fuori che abbia qualche anno in più o in meno di me."
"Qualche anno, dici? Io ne ho trentacinque più di te."
"Cinque, trentacinque... sono solo numeri."
"Sono più che numeri, il mio corpo non ha più la freschezza e la bellezza di un tempo, questo è un fatto oggettivo."
"Il corpo, da solo, vale ben poco. Il corpo, da solo, non è granché più di un oggetto. Tu... tu sei incredibilmente giovane, basta guardarti negli occhi, per capirlo, basta ascoltare quello che dici per confermarlo."
"Non è che tu abbia guardato i miei occhi, né tanto meno ascoltato le mie parole, quando m'hai... agganciato in quel modo nell'autobus."
"Non t'è proprio andata giù, eh?" gli disse Valerio con una breve risata, scuotendo lievemente il capo.
"Sì che mi è andata giù, o adesso non sarei qui con te, no?"
Valerio sorrise. Per un po' restarono entrambi in silenzio. Poi, a voce bassa, Valerio iniziò a raccontare di sé.
"A me sono sempre piaciute persone adulte, anche da prima che mi rendessi conto di essere gay. Non è che non legassi con i miei coetanei, ma i miei veri 'amici' sono sempre state persone più mature di me, persone che potevo ammirare e da cui potevo imparare... Imparare a vivere, imparare a maturare. Forse qualche psicologo direbbe che questo viene dal fatto che mio padre è stato sempre una figura piuttosto assente, nella mia vita. Potrebbe anche avere ragione, però io non ho mai cercato un 'papà', non come partner, comunque. Anche in te, non spero di trovare un padre, ma un amante."
"Meno male..." commentò Giuliano con un sorriso lieve.
Valerio sembrò non cogliere quella breve interruzione e continuò: "Io mi sono accorto di essere gay quando avevo diciassette anni. Fra le persone che ammiravo molto e che cosideravo come miei veri amici, c'era un giovanotto di trentuno anni, che avevo conosciuto tramite un comune amico. Si chiamava Dionigi, ma si faceva chiamare Denis. Era un giovane maestro di scuola elementare. Aveva una vera passione per l'insegnamento e per i bambini. Fin dalla prima volta che l'avevo conosciuto m'ero sentito affascinato da lui.
"Così, ogni volta che potevo incontrarlo, per me era una festa. Cercavo sempre di stare con lui, di stargli vicino, di sentirlo parlare e bevevo ogni sua parola. Dall'esserne affascinato all'esserne attratto, il passo fu breve. Attratto, non tanto e non ancora in modo fisico, non ancora per lo meno, ma piuttosto dalla sua personalità. Quando parlava dei suoi bambini, s'illuminava tutto. Aveva una vera dedizione nei confronti dei suoi scolari. In uno dei nostri incontri, a casa del nostro comune amico, disse che stava pensando di raccogliere vecchi giochi di un tempo per i suoi ragazzini.
"Gli dissi che io forse ne avevo, in casa. Vecchi miei giocattoli, ancora in ottimo stato, e che sarei stato lieto di regalarglieli, se gli potevano essere utili. Così combinammo e lui venne da me. Scelse quello che gli poteva essere utile. E fu così che nacque fra lui e me un'amicizia personale, cioè al di fuori del nostro comune amico. Questo significò che cominciammo a vederci io e lui, anche da soli. Ne ero felice. Si andava al cinema assieme, si passeggiva, si chiacchierava... e si era sempre più amici. Il tutto ancora completamente scevro dall'aspetto fisico, sessuale.
"Io, vedi Giuliano, non mi rendevo ancora neppure conto di essere gay. Semplicemente non ero interessato alle ragazze, ma neppure ai ragazzi, non ancora in modo cosciente, per lo meno. Comunque, ti dicevo, diventammo amici. Io ne ero felice e più lo conoscevo, più stavo bene con lui, più mi piaceva. Anche lui stava molto bene con me, e un giorno me lo disse. Questo mi fece molto piacere, logicamente.
"Era l'estate del '92, io avevo appena finito la quarta superiore. Denis mi telefonò e mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare a fare qualche giorno di campeggio con lui. Chiesi il permesso ai miei e, ottenutolo, gli dissi subito di sì. Partimmo, prendemmo il treno per Bardonecchia, poi un pullmann e arrivammo in un piccolo paese. Da lì, salimmo a piedi su per la montagna, fra i boschi, finché raggiungemmo un posto che Denis conosceva bene, dove lui tirò fuori la sua canadese e mi insegnò a montarla.
"Lui era un ex scout, sapeva il fatto suo, era esperto e ben organizzato. Mi insegnò a scegliere la legna adatta, ad accendere un fuoco, a cucinare all'aperto... a costruirci le piccole comodità che fanno di un campeggio nella natura qualcosa di affascinante e gradevole. A metà pomeriggio scendemmo fino al vicino ruscello per lavarci, dato che montando il campo ci si era sporcati, e per la prima volta lo vidi seminudo, solo i boxers indosso e pensai che era anche molto ben fatto, bello, direi.
"Tornammo alla tenda, restando così, seminudi, dato che la giornata era calda. Poi cominciammo a pensare a organizzare la cena. Fratanto si chiacchierava, si parlava di mille cose. Lui mi raccontava brani della sua vita scout, che aveva fatto da quando aveva sei anni a quando ne aveva compiuti diciannove. Gli chiesi come mai non fosse più uno scout, come mai non fosse diventato un capo, dato che gli piaceva tanto sia la vita all'aperto che stare con i bambini.
"Lui mi guardò per un po' senza rispondere, poi mi disse che preferiva non parlarne, non ancora, per lo meno. Capii che doveva essere accaduto qualcosa di brutto, se non aveva voglia di parlarne, poiché di solito parlava senza problemi delle sue cose, dato che era assai estroverso. Così non insistetti.
A sera, prima di ritirarci in tenda, restammo per un po' accanto al fuoco, chiacchierando, raccontandoci mille cose. Io mi sentivo sempre più affascinato da lui. Mi sembrava, oltre che bello, molto maturo, eppure estremamente fresco e vivo. Finalmente decidemmo che era ora di ritirarci in tenda e di metterci a dormire.
Restati di nuovo con le sole mutande indosso, ci infilammo ognuno nel proprio sacco a pelo. Tenevamo le cerniere lampo aperte, perché faceva ancora caldo. Continuammo a chiacchierare.
A un certo punto Denis mi disse: "È meglio che te lo dica, perché non sono diventato un capo scout. Però prima devi sapere che non hai nulla da temere da me. Devi sapere che non ti mancherò mai di rispetto, perché per me sei importante, Valerio."
Questo esordio mi sembrò molto strano, e non capivo che cosa volesse dire. Comunque gli dissi, nel buio della tenda: "Non vedo cosa posso temere da te, siamo amici, no? Di te mi fido."
"Sì, ti puoi fidare, te lo giuro." disse lui. Dopo un breve silenzio, ricominciò a parlare: "Avevo diciannove anni, quando è successo. Ero aiuto-capo Riparto, ero in un campo estivo, proprio qui dove siamo adesso. Io ero in tenda con un altro ragazzo della mia età, un altro aiuto-capo. Eravamo amici da quasi cinque anni, da quando eravamo tutti e due capi-squadriglia. Amici intimi, voglio dire. Capisci?"
"Come te e me?" gli chiesi io senza veramente capire.
"Molto di più... molto più intimi... avevamo... avevamo scoperto assieme che cosa è la sessualità, capisci?"
"Ah... vi... divertivate assieme, cioè." dissi io cominciando a capire.
"Sì, ma anche qualcosa di più. Eravamo diventati... amanti. A nessuno di noi due interessavano le ragazze, sia lui che io siamo... siamo gay, vedi?"
Io trattenni il respiro: non tanto per la sorpresa, quanto perché avesse avuto il coraggio di dirmelo in modo così chiaro. Sapevo bene che era una cosa che non si ammette tanto facilmente. Denis ora taceva.
"E allora?" gli chiesi io incoraggiandolo a continuare.
"E allora... facevamo in modo di essere sempre in tenda assieme, lui e io, così la notte si poteva fare l'amore. A casa era più difficile, in campeggio era... molto facile, invece, bastava che facessimo attenzione di farlo in silenzio, e quando tutti dormivano. Così, come ti stavo dicendo, quella notte si stava facendo l'amore, completamente nudi, chiusi in tenda, come mille altre volte... Il mio amico era steso sul suo sacco a pelo, e aveva le gambe sulle mie spalle; io gli ero inginocchiato davanti e lo stavo prendendo... lì al buio, in silenzio, come mille altre volte.
"Solo che quella volta... lui con le spalle toccava il montante della tenda... che perciò si muoveva tutta a ritmo con le mie spinte... per di più il capo non riusciva a dormire, così era uscito dalla sua tenda e girava per il campo... Noi, forse perché eravamo troppo assorti a fare l'amore... il capo ha visto la nostra tenda muoversi in quel modo e, evidentemente, ha capito... ha aperto in un sol gesto la cerniera della nostra tenda e ha acceso la torcia elettrica che aveva con sé e ci ha sorpresi prima che potessimo smettere."
"Oh, cazzo!" esclamai io immaginando la scena. Poi chiesi: "E allora?"
"Te lo puoi immaginare. Tutti e due radiati immediatamente dal gruppo, dagli scout. Senza scandali, senza chiasso. Dopotutto eravamo maggiorenni. Nessuno dei due si sarebbe mai sognato di provarci con uno dei ragazzini... A parte che io amavo lui e lui amava me, a parte che i ragazzini non ci interessavano, comunque non l'avremmo mai fatto con un piccolo, come spiegammo al capo... Comunque il mattino dopo dovemmo preparare i nostri zaini e lasciare il campo.
"Solo che... Solo che il capo era il cugino del padre del mio ragazzo, così si sentì in dovere di dire al padre del mio ragazzo quello che aveva scoperto. Il padre affrontò il mio ragazzo... Non so che cosa gli abbia detto... so solo che il giorno dopo... lui si è gettato sotto un treno... è morto..." concluse Denis con una specie di singhiozzo.
"Oh, cazzo! Oh cazzo, mi dispiace!" esclamai io sentendo che quelle parole erano inadeguate, ma davvero erano le uniche che mi erano venute alle labbra. Poi gli chiesi: "E lo disse anche a tuo padre?"
"No. Forse intendeva dirglielo, ma dopo quella disgrazia, credo che ci abbia ripensato. Non lo so."
"Dio mio, deve essere stato terribile, per te. Eravate innamorati, non è vero?"
"Sì. Sì, eravamo innamorati. Eravamo cresciuti insieme, e insieme ai nostri corpi era cresciuto anche il nostro amore, capisci?"
"Sì, capisco."
"Bene. Adesso che sai... hai ancora voglia di essere mio amico?" chiese allora Denis con voce flebile.
Non risposi ma, senza pensarci sopra, mi girai su un fianco, mi addossai a lui, andandogli quasi sopra, e lo baciai. Non ancora un bacio sensuale, erotico, solo un bacio per dirgli, per dimostrargli che per me non era cambiato nulla.
"Che fai?" mi chiese Denis con voce strana.
"Ti sto baciando." gli risposi io.
"Smetti, per favore, smetti. Non capisci che... che così... Tu mi piaci molto, Valerio, ma non voglio che... Volevo solo che tu sapessi, sperando che tu accettassi la mia amicizia anche se sono gay. Non devi pensare che ti abbia portato qui per..."
"D'accordo. Va bene. Che tu sia gay non me ne frega un cazzo. Per me sei lo stesso Denis di prima. Anzi, più amico di prima, se ti sei fidato di me fino a questo punto. Per questo ti ho baciato."
"Sì, ma... non capisci che se mi stai sopra così... se mi baci così... io sono gay, gay, hai capito? Mi stai facendo arrapare e..."
Non mi tolsi di sopra a lui. Il mio petto nudo toccava il suo, gli tenevo il viso fra le due mani. Gli volevo bene, e mi piaceva stare così...
"Io ti voglio bene, Denis." gli sussurrai. "Io ti voglio bene e non me ne frega niente se sei gay."
"Sì, ma così... ma così... anche io ti voglio bene e... ma mi stai facendo venire voglia di..." gemette quasi Denis.
"Di fare l'amore con me?" gli chiesi io.
"Sì..." gemette Denis.
"Ti piacerebbe?" insistetti io senza togliermi, senza lasciarlo.
Ti potrà sembrare strano, Giuliano, ma in quel momento non me ne fregava niente, mi sentivo pronto a tutto, per lui. Non avevo mai pensato di poterlo fare, di volerlo fare con un altro ragazzo, ma in quel momento mi sentivo pronto a farlo con lui, con il mio Denis, se questo era quanto lui desiderava da me.
Denis tremava, lo sentivo tremare sotto di me. Dopo un po' mi chiese: "Ma... ma sei gay anche tu?" mi chiese in un sussurro.
"No... non lo so... non me ne frega niente... ma se tu mi vuoi, Denis, io sono qui, io non mi tiro indietro. Io ti voglio bene, Denis." gli dissi e lo baciai di nuovo.
Lo sentivo eccitarsi, sotto di me, e quando sentii la sua erezione premermi contro, provai un vago senso di piacere. Finalmente Denis rispose al mio bacio che divenne via via più carico di erotismo. Era bellissimo baciarsi così, mi ricordo che pensai.
Poi lui mi forzò a staccarmi da lui, e con voce incerta mi chiese: "Valerio, sei sicuro di quello che stai facendo? Sei sicuro di volerlo fare con me?"
"Sì, sono sicuro."
"Ma tu, l'hai mai fatto con un altro ragazzzo?"
"No, mai, prima di questa sera. Ma se tu vuoi, io con te... con te ci voglio provare."
"Provare? Fare un'esperimento?" chiese Denis con voce strana.
"Non fare un esperimento, ma fare l'amore. Io credo che... che forse sono innamorato di te da... da secoli. E se te lo posso dimostrare anche con il mio corpo, perché no? Io per te... tu non mi vuoi bene?"
Denis non rispose, ma mi tirò di nuovo a sé e questa volta fu lui a baciare me, nella bocca. Ci baciammo a lungo e ora anche io ero sempre più eccitato.
Poi di nuovo mi chiese: "Sei sicuro di volerlo fare con me, Valerio?"
"Sì."
"Non ti ho portato qui per questo, Valerio."
"Va bene, e perché mi hai portato qui, allora?"
"Perché dovevo dirtelo. Ma non pensavo che sarebbe andata così..."
"Lo speravi?"
"No, anzi... temevo che mi avresti rifiutato anche solo come amico."
"Ma allora perché l'hai fatto?"
"Perché ti voglio bene, e so che anche tu me ne vuoi, ma volevo che la nostra amicizia fosse messa alla prova, volevo che... speravo che tu mi saresti restato amico anche dopo che sapevi di me."
Mentre diceva così mi carezzava la schiena nuda e io ero, anche fisicamente, sempre più eccitato. Dio se mi piaceva quell'intimo contatto che c'era fra noi due in quel momento, dio quanto volevo andare oltre!
"Non vuoi fare l'amore con me, Denis?" gli chiesi allora.
"Mio dio, sì che lo voglio..." gemette quasi Denis.
"E allora, che aspetti. Io non l'ho mai fatto, neanche soltanto nella mia fantasia. Tocca a te portarmici, no?"
"Lo vuoi davvero? Ne sei proprio sicuro?" insistette ancora Denis.
"Più che sicuro, Denis. Dai..." lo incoraggiai io.
E finalmente Denis si decise a prendermi per mano, metaforicamente parlando, e a condurmi a esplorare le vie dell'amore fra maschi. Fu incredibilmente dolce. Mi fece scoprire a poco a poco tutti i segreti dell'amore fisico, mi portò gradualmente, nel giro di poche notti, a desiderare di fare sempre di più, e infine anche a desiderare che mi facesse suo, che finalmente prendesse la mia verginità. Fu bellissimo. Quando finalmente lo sentii tutto dentro di me, quando iniziò a prendermi, mi sentivo al settimo cielo.
Si teneva la pila elettrica accesa, quando si faceva l'amore, perché sia lui che io volevamo guardarci negli occhi. Era bellissimo. Io ero sempre più innamorato di lui ed ero sempre più felice nel sentire, nel sapere che gli appartenevo. Fu dura tornare a valle. Sia lui che io si viveva ancora in famiglia, così era difficile riuscire a far l'amore spesso come avremmo voluto, una volta tornati in città. Comunque eravamo tutti e due felici, e facevamo... fruttare quei pochi, e troppo brevi momenti, in cui ci si poteva scambiare amore anche fisicamente."
Valerio tacque a lugo. Aveva un'espressione sognante sul volto, e guardava davanti a sé nel vuoto. Dopo un po', quasi esitando, Giuliano gli chiese: "E come mai non siete più insieme?"
Valerio lo guardò, una lieve ombra di tristezza offuscò il suo sguardo. Emise un lungo, tremulo sospiro a stento rattenuto, prese fiato, poi disse: "Denis... Denis era un ragazzo meraviglioso. La nostra relazione continuò, splendida, per tre anni. Io avevo venti anni, avevo appena trovato lavoro nel negozio dove ancora lavoro e finalmente avevo anche potuto andar via da casa, a vivere da solo. Così anche Denis era venuto a vivere con me.
"Finalmente si poteva fare l'amore ogni volta che si voleva. Fu come una seconda reciproca scoperta. Era bello vivere assieme. Era bello tornare a casa e sapere che c'era lui ad aspettarmi. La vita era bella... era veramente bella. A volte l'aiutavo a preparare le lezioni per i suoi scolari, e anche questo era molto bello. Dio, quanto amava il suo lavoro, quanto amava i suoi bambini!
"Eravamo assieme da un anno, era un giovedì di novembre del 1996... Denis era andato, la sera, a prendere del materiale didattico a casa di una collega e s'era fermato a cena da lei. Io ero a casa che lo aspettavo. Verso le undici di sera, Denis era uscito, con una borsa piena delle cose che la collega gli aveva dato e si era avviato verso casa nostra. Un paio di balordi, due ragazzi drogati, l'hanno assalito per derubarlo... Uno dei due l'ha accoltellato... Mi hanno chiamato dall'ospedale, poiché nel portafogli di Denis c'era soltanto il nostro indirizzo e il nostro numero di telefono...
"Sono arrivato in ospedale appena in tempo per vederlo ancora vivo, per scambiare due parole con lui prima che lo portassero in sala operatoria... da cui uscì con un lenzuolo steso sopra al corpo e al viso: non erano riusciti a salvarlo."
Giuliano sentì il dolore che ancora straziava il cuore di Valerio e, istintivamente, gli afferrò una mano e la strinse in entrambe le sue. Valerio si girò a guardarlo: una lacrima gli brillava nell'angolo dell'occhio. Si guardarono a lungo, in silenzio. Poi Valerio, tentando di riprendere la sua solita aria un po' spavalda e spensierata, di dare un tono normale alla propria voce, disse:
"M'hai chiesto che cosa voglio dalla vita, che cosa m'aspetto. Cosa voglio? Molto poco, o troppo, non so. Voglio qualcuno che desideri essere amato da me, Giuliano, e che la vita non mi porti via. Voglio qualcuno che mi voglia dare il suo amore, e che voglia condividere la mia vita. Questo è quanto veramente voglio.
"No, non sono un romantico sognatore. T'ho toccato in quel modo in autobus, perché speravo che ci potesse rimediare una scopata con te, devo essere sincero. Ti ho trovato incredibilmente sensuale, appena t'ho visto. A volte funziona. Facendo così, da quando Denis se n'è andato, ho rimediato parecchie allegre scopate, qualche breve relazione, sguardi schifati, un cazzotto, per fortuna non troppo ben mirato... Mi manca un maschio, mi manca il sesso, onestamente. Ma mi manca molto di più... qualcuno che voglia amarmi ed essere amato da me.
"Sì, speravo che tu volessi portarmi a letto, visto che m'avevi lasciato fare, a letto o da qualche parte per scopare. Ma tu hai reagito in modo diverso da tutti gli altri e, a parte la voglia di farlo con te, che è forte come prima, m'hai incuriosito. Pian piano ho scoperto che tu, prima di essere un maschio, un bel maschio, sei un uomo. Sei una persona a tre dimensioni. Forse anche a quattro dimensioni, sto cominciando a scoprire. Starti vicino non fa che aumentare la mia voglia di farlo con te, ma conoscendoti, aumenta la voglia di farlo solo con te e tu solo con me, se capisci quello che voglio dire.
"Ognuno di noi, almeno di solito, indossa una maschera di fronte agli altri. Anche se si spoglia nudo, continua a indossare una maschera. Io ancora non ti ho mai visto nudo eppure... eppure ho finalmente scoperto un uomo che non indossa una maschera e questo mi sta affascinando sempre più.
"Anche io, con te, non voglio indossare nessuna maschera, Giuliano. Voglio che tu mi veda come sono, come realmente sono, e voglio... no, piuttosto spero... che quello che vedi ti faccia decidere di provare a metterti con uno come me. Non penso di essere troppo male, anche se so che è estremamente difficile giudicarsi da soli. Mio dio, Giuliano, neanche con Denis, neanche con il mio Denis ho provato un sentimento così strano, così forte, come sto provando con te.
"Con lui tutto è accaduto in modo così semplice e normale, naturale, senza nessuno sforzo né da parte sua né da parte mia. È accaduto, semplicemente, perché doveva accadere. Perché i fiumi scorrono da monte a valle. Ora invece, mi sembra di essere come il salmone che deve risalire la corrente. Tutto è contro di me, a partire dal modo in cui ti ho agganciato... ma sto disperatamente cercando di risalire la corrente, per raggiungerti."
"Risalire la corrente? Raggiungermi? Non credo che tu debba fare un grosso sforzo: mi hai già raggiunto, Valerio. Sono qui. Comincio a vederti come realmente sei, almeno credo, e quello che vedo mi sta piacendo. Anche tu mi piaci, fisicamente, anche io ti desidero, sessualmente. Ma anche io comincio a sperare, contrariamente a come m'ero rassegnato a vivere, che l'amore torni a fare nuovamente capolino nella mia vita.
"Ma proprio per questo, ora sono ancora più esitante di prima. Capisci? Come dicevi tu poco fa, una scopata e ciao, si potrebbe anche fare e credo che sarebbe assai piacevole, con te. Ma proprio perché ti sei tolto la maschera davanti a me, adesso non mi basterebbe più. La voglia c'è, e anche forte. Ho una gran voglia di te, sì. Ma proprio per come tu hai impostato questi nostri incontri, ora vorrei da te molto più che solo il tuo corpo, per quanto bello. Capisci?"
"Sì che capisco, perchè anche per me è così. Ma vedi, io non ho esperienza su come corteggiare un uomo..."
"Ma se non hai fatto altro che corteggiarmi, da quando hai messo gli occhi su di me! Nessuno mai m'aveva corteggiato abilmente come hai fatto tu."
"Dici? Dici che ho saputo farti la corte nel modo gisto?" chiese Valerio a metà fra lo stupito ed il compiaciuto.
"Per lo meno giusto per me." concesse Giuliano.
"E allora? Che cosa devo fare, adesso? Che facciamo adesso?" chiese Valerio e Giuliano sentì che era la domanda semplice e ingenua di chi davvero vuole fare qualcosa di giusto ma non sa più che fare.
Giuliano capì che Valerio, con quella semplice domanda, si stava mettendo nelle sue mani. Gli stava dicendo che ora toccava a lui portare avanti il loro nascente rapporto. Giuliano si disse che forse era giusto così: dopo tutto lui aveva più esperienza del ragazzo. Almeno teoricamente.
Si alzò in piedi, lasciando la mano di Valerio che aveva continuato a tenere fra le sue. Valerio si alzò a sua volta e lo guardò.
"Lavori, domattina?" gli chiese Giuliano.
"Sì. Perché?"
"A che ora ti devi alzare, per andare al lavoro?"
"Verso le sette." rispose Valerio continuando a guardarlo con espressione interrogativa.
"Allora sarà meglio che andiamo subito a casa e ci mettiamo a dormire. Sempre che ti vada di venire a dormire nel mio letto." gli disse Giuliano.
Valerio spalancò gli occhi: "Nel tuo letto?"
"Dormire, ho detto, non scopare. Solo dormire." chiarì Giuliano con un sorriso.
"Ma... nel tuo letto?" insisté Valerio.
"Se ti va, si capisce."
"Sì, ma... non credi che sarà difficile solo dormire, se stiamo nello stesso letto?"
"Sì, ma siamo tutti e due adulti, no? Per ora, almeno, solo dormire."
"Non sarà facile... ma non ho nessuna intenzione di dirti di no." rispose Valerio a voce bassa, e gli occhi gli brillavano.
"Andiamo, allora. Abbiamo già fatto tardi." disse Giuliano e si avviarono a passo svelto.