Ormai Giovanni faceva l'amore solo con Matteo. Si incontravano in sauna, Matteo pagava una stanzetta per tutta la serata, uscivano per fare cena e rientravano per fare l'amore, e parlavano molto. Matteo gli aveva fatto vedere le foto dei suoi tre figli: specialmente il più grande, che aveva sei anni, era delizioso. Parlavano del loro lavoro, della loro vita, di mille e una cosa. Qualche volta, invece di andare in sauna, andavano assieme al cinema, a teatro, e a carnevale passarono tutta una sera al luna park divertendosi come due ragazzini spensierati.
Una sera, in sauna, dopo aver fatto l'amore, Giovanni ancora saldamente infisso nel compagno, Matteo lo strinse a sé e gli disse: "Ti amo, Gio! Dio quanto ti amo, Gio! Sono così felice di averti conosciuto!"
Giovanni si sentì fortemente emozionato. Provò a leggere nel proprio cuore e finalmente capì che anche lui era innamorato di quello spendido uomo, così tenero, così doclce, buono, e anche così bello.
Allora a sua volta disse: "Anche io sono innamorato di te!"
"Riesci a prendere una settimana di ferie?" gli chiese Matteo con viso radioso.
"Penso di sì... perché?"
"Perché se prendo anche io una settimana di ferie, ti posso portare con me in un posto che amo molto."
"Ma... e come fai, con la tua famiglia?"
"Qualche volta capita che devo andare fuori sede per lavoro. Dico che mi hanno mandato per una settimana a Milano."
"Ma se tua moglie telefona al lavoro, scopre che invece sei in ferie, no?"
"Non telefona mai al lavoro. Non c'è motivo. Se deve chiamarmi comunque mi chiama al telefonino. Quando sono fuori per lavoro, di solito la chiamo io, anche per sapere se va tutto bene, come stanno i piccoli. No, non c'è nessun problema. Vedi se puoi prenderti la seconda settimana di maggio, così posso organizzare tutto."
"Dove mi vuoi portare?" gli chiese Giovanni, sentendo un piacevole calore addosso all'idea di poter passare un'intera settimana con Matteo.
"Una sorpresa. Ti fidi di me, no?"
"Sì, certo. Ma cosa devo portarmi?"
"Niente. Porta solo te stesso."
"Beh, qualche ricambio, lo spazzolino da denti..."
"Sì, quelli sì. Non hai bisogno di altro."
Giovanni si sentiva emozionato e felice. E, ora che l'aveva ammesso a se stesso, si sentiva anche totalmente innamorato del suo Matteo. Ottenne la settimana di ferie senza nessun problema.
Quando, per il week-end, tornò a casa, parlò di Matteo con Francesco e Daniele.
"Cavolo, Vanni, ma è un uomo sposato!" commentò Francesco. "Non potrete mai vivere assieme, dovrete vedervi nei ritagli di tempo, la sua famiglia starà sempre fra lui e te, non lo capisci?"
"Sì, ci ho pensato, ma... mi va bene. Quello che mi può dare mi sta bene. Io non voglio mettermi fra Matteo e la sua famiglia. Ama molto i figli e vuole bene alla moglie, che è una persona buona e gentile. Non voglio rubarlo alla moglie."
"Ma tu sarai sempre e solo la ruota di scorta." insisté Francesco.
"Mi sta bene. È davvero un uomo eccezionale, sto troppo bene con Matteo per rinunciare a lui!"
"Sarà eccezionale come dici tu, ma... mi sa che se lui è Matteo, tu sei completamente matto!" commentò Francesco.
Daniele intervenne: "Non ti ho mai visto tanto felice e luminoso, Vanni, e questo non può che farmi piacere. Però anche io penso che la vostra sarà una relazione tutt'altro che facile."
"Ma perché? Lui è veramente innamorato di me e io lo sono di lui. D'accordo, potremo stare poco assieme, ma ci stiamo così bene. Non dico solo per fare l'more, ma anche solo stare vicini senza fare niente, anche solo parlare con lui è una cosa bellissima per me, è una festa. E anche per lui. Sembriamo fatti apposta uno per l'altro. Come ha detto Matteo: lui è nato per me, io sono nato per lui e finalmente ci siamo incontrati."
"Ma non ti da fastidio pensare che lui, ogni notte, sta a letto con la moglie, e che magari ci fa anche l'amore? Non sei geloso di lei?" gli chiese Francesco scutandone l'espressione.
"No, proprio per niente. Lei gli vuole bene e lo fa stare bene, e lui vuole bene a lei. Sento di voler bene anche a lei, perché fa stare bene il mio uomo, e anche di più ai suoi piccoli. Mi piacerebbe un giorno incontrarli, vederli, magari giocarci assieme."
"No, Vanni, non credo che sarebbe una buona idea. La moglie, se ora non sospetta niente, vedendovi assieme potrebbe capire, immaginare. Due che si amano non riescono a nasconderlo, Vanni. E se lei vuole bene a lui, è anche più probabile che se ne accorga." gli disse Daniele.
"Forse è come dite voi, non so. Vedremo. Per ora l'unica cosa che mi interessa è che il prossimo mese passeremo un'intera settimana assieme. Forse un giorno mi potrà presentare alla sua famiglia come un amico..."
"Mah, che vuoi che ti dica, Vanni... Posso solo farti gli auguri, sperare che tutto vada bene. Spero solo che tu non ti stai illudendo." gli disse Daniele dandogli una lieve carezza sui capelli.
"E tu, Francesco, non mi fai gli auguri?" gli chiese Giovanni.
"Sì che te li faccio. Dopotutto ci sono uomini che per anni hanno avuto una moglie, una famiglia e anche un'altra donna, un'amante segreta, senza problemi. Può anche darsi che ti vada tutto bene, se ti sai accontentare."
Finalmente arrivò la seconda settimana di maggio. I due amanti si incontrarono alla stazione. Appena si videro, i loro volti si illuminarono. Presero il treno, cambiarono dopo due ore di viaggio, e presero il treno per la loro destinazione finale. Parlottarono per tutto il viaggio. Scesi dal treno, Matteo si informò dove fosse l'agenzia rent-a-car, dove aveva prenotato una vettura. Presa l'auto, guidò su per le colline e finalmente si fermò davanti a una vecchia baita.
"Eccoci arrivati."
"Di chi è questa baita?"
"Mia. Io sono nato qui. Quando non la uso, un mio cugino e sua moglie la tengono in ordine e la puliscono prima che arrivo qui. Quando non la usiamo noi, la usano loro, a volte. Gli ho detto di riempire il frigo e di fare le provviste come le altre volte. È tutto pronto... per noi."
"Ma lui abita qui?"
"No, giù in paese."
"Sa che ci sono io con te?"
"Sì, gli ho detto una piccola bugia, gli ho detto che ci venivo con due colleghi del lavoro, perché avevamo bisogno di un po' di tranquillità per lavorare a un nostro progetto."
"E non viene su, in questi giorni?"
"Se anche viene, non si ferma. Va tutto bene. Entriamo, dai."
La baita, all'esterno, conservava il suo aspetto rustico, ma all'interno era completamente ristrutturata, in modo molto elegante. A pian terreno, oltre a un piccolo ingresso quadrato, c'era un'ampia cucina, un bel soggiorno con un balcone di legno che dava verso la valle, e un gabinetto. Al piano superiore c'erano tre camere da letto e un bel bagno. Come aveva previsto Matteo, il frigorifero e il freezer erano ben forniti, con provviste più che sufficienti per tutta la settimana.
Così cominciò quella che, i due amanti, chiamarono poi la loro "luna di miele".
Durante il giorno facevano lunghe passeggiate nei dintorni. Cucinava quasi sempre Matteo, Giovanni poi rigovernava. A sera guardavano un po' la TV o navigavano in Internet. Poi salivano in una delle tre camere, usandone una diversa ogni notte, in modo di stazzonare le lenzuola di tutti e tre i letti, sì che la moglie del cugino, quando fosse andata a riordinare la baita, non potesse avere sospetti, e facevano l'amore. Poi si addormentavano abbracciati e felici.
Il ragazzo aveva chiesto a Matteo se lo voleva penetrare, ma il giovane uomo gli rispose che non ne provava il desiderio: gli piaceva moltissimo essere preso da Giovanni. Quando facevano l'amore, lo facevano quasi sempre nello stesso modo, eppure questo non annoiava affatto i due amanti: ogni volta era una cosa bellissima ed erano felici. A volte flirtavano anche durante la giornata, sì che a sera erano entrambi pieni di desiderio l'uno per l'altro.
In casa spesso giravano nudi come piaceva a Giovanni, e fuori casa spesso indossavano solo un paio di shorts e di sandali.
Giovanni un giorno trovò in un cassetto una busta vuota, indirizzata a Riccardo S*.
"Chi è Riccardo S*?" gli chiese.
"Mio cugino."
"Avete lo stesso cognome?"
"Sì, i nostri padri erano fratelli." gli rispose Matteo.
Una notte Matteo svegliò Giovanni: "Gio?"
"Sì, amore?"
"Scusa se ti ho svegliato, ma... ho tanta voglia di te. Mi prendi di nuovo?"
Giovanni sorrise e annuì. Matteo prese un preservativo e lo mise all'amante. Non avevano più bisogno del gel lubrificante: il foro di Matteo ora accoglieva il bel membro del ragazzo senza problemi.
Conoscevano sempre meglio l'uno il corpo dell'altro e fare l'amore era sempre più piacevole. Ogni tanto Giovanni si sfilava dal suo amante, e, ora seduti sul letto, ora stesi, si abbracciavano e parlottavano. Poi riprendevano a fare l'amore.
"Oh, quanto sto bene con te, Gio!"
"Anche io, Matteo."
"E quanto mi piace sentirti dentro di me, sentirti muovere in me!"
"Anche a me, amore, piace." gli rispose il ragazzo continuando a prenderlo con crescente piacere.
"Vorrei che questi momenti magici non finissero mai. Sto così bene! Sei il mio uomo, il mio maschio!"
"E tu il mio ragazzo!"
Nonostante in realtà Matteo fosse l'uomo e Giovanni fosse il ragazzo, questo era quanto sentivano e non c'era nessuna ironia in quella inversione di etichette. Non lo dicevano per gioco, ma esprimevano una realtà. Matteo infatti s'era affidato totalmente all'esperta guida di Giovanni.
"Mi piace sentire il tuo bel cazzo che mi riempie, che mi scorre dentro e sono felice di saperti dare tanto piacere e gioia, amore mio!" gli disse Matteo, spingendosi contro il suo bacino quasi per farsi penetrare più a fondo.
"E a me piace stare così dentro di te e prenderti, perché mentre ti prendo sento che mi sto donando a te. E perché come il tuo bel culetto avvolge e abbraccia il mio cazzo, così sento che sei tutto te che accogli e abbracci me."
"È vero, è proprio vero. Io una volta mi vergognavo a dire cazzo, culo, fottere, ma ora con te mi sembano parole bellissime."
"È proprio così, sono parole belle e pulite, perché è così, con il mio cazzo che fotte il tuo culo, che ci possiamo dimostrare quanto ci amiamo!" gli disse Giovanni continuando a muoversi dentro l'amato.
Gradualmente tacquero, per assaporare il piacere che si stava facendo via via più intenso. Quando Giovanni si scaricò dentro il suo amante, anche Matteo, per la prima volta, raggiunse l'orgasmo senza neppure essersi masturbato.
"È troppo bello, amore!" esclamò Matteo. Poi aggiunse: "No, non troppo: è semplicemente giusto fare l'amore così, con te."
"Giusto e naturale."
"Sì, naturale. Ora conosco davvero la mia natura. Ti amo tanto, Gio!"
"Lo so. Anche io ti amo tanto. Credevo di aver amato un ragazzo, una volta. Ma non era niente, paragonato a quello che sento per te."
Si baciarono e si addormentarono di nuovo, felici, l'uno nelle braccia dell'altro, le loro gambe intrecciate.
Purtroppo quella settimana incantata finì e dovettero tornare a casa.
Si vedevano quasi tutti i giorni, anche se solo per pochi minuti, e ogni tanto potevano tornare nella sauna per fare l'amore.
A volte Matteo gli mandava un messaggino, mentre erano al lavoro, o la sera tardi. Erano sempre messaggi d'amore, anche quando doveva comunicargli qualcosa, come disdire un incontro e fissarne un altro.
Matteo gli inviava frasi come: "Non faccio che pensare a te", o "Mi manchi tanto", o ancora "Ti sento qui con me, anche se siamo lontani". Una volta gli scrisse: "Non riesco a lavorare, sono troppo eccitato pensando che questa sera la possiamo passare tutta a fare l'amore!"
Giovanni rispondeva con messaggini più neutri, per paura che qualcuno potesse leggerli, specialmente la moglie. Ma avevano sviluppato una specie di codice. Spesso rispondeva semplicemente "Anche io" oppure "Siamo d'accordo". Ma invece di mettere la firma metteva sigle come STT per "sempre tutto tuo" oppure IFACT per "impaziente fare amore con te" e ancora ITAC per "innamorato tua anima e corpo" e così via. Quando si incontravano, Matteo si divertiva a cercare di decifrare quegli acronimi.
Un giorno Matteo porse una scatoletta a Giovanni: conteneva due fedi d'oro, identiche, molto belle.
"Per me?" chiese sgranando gli occhi il ragazzo.
"No, per noi. Così quando siamo lontani, io posso accarezzare la fede sognando che sto accarezzando te, e tu lo stesso."
Giovanni era commosso. "Ma... che dice tua moglie se vede che hai un'altra fede?"
"Non hai notato che da un po' non ho più la fede al dito?"
"Sì, ma..."
"Le ho detto che mentre mi lavavo le mani è caduta nel lavandino, al lavoro, e che purtroppo era scivolata nello scarico e che non l'avevo potuta recuperare. Perciò le ho detto che me ne sarei comprata un'altra..."
Si scambiarono le fedi e si baciarono, felici. La felicità sembrava aumentare ogni giorno che passava.
Erano assieme da un anno, quando riuscirono a combinare un week-end assieme. Matteo era a Milano per un congresso in cui doveva rappresentare la ditta per cui lavorava, e si fece raggiungere da Giovanni. Il venerdì sera, tardi, lo attendeva alla Stazione Centrale. Con un taxi, lo portò in albergo e qui, finalmente poterono abbracciarsi.
Si misero a letto. Si stavano carezzando, quando Matteo gli disse: "Gio, c'è una cosa che..."
"Dimmi amore..." gli disse il ragazzo radioso.
"Io ti amo, Gio, ti amo tanto, ti amo davvero."
"Lo so, Matteo." disse il ragazzo messo lievemente sul chi vive dall'espressione estremamente seria del giovane uomo.
"Io però amo anche mia moglie e i miei figli."
"Sì, so anche questo. Anche io sento di voler bene alla tua famiglia."
"Però... vedi, quando penso a Giuliana, mia moglie, mi fa male pensando che la sto tradendo: lei, dopo tutto, non se lo merita."
Giovanni non sapeva che dire; capiva che Matteo aveva ragione.
"Però, quando penso a te, mi fa male vedere che non poso darti tutto quello che ti meriti, tutto quello che vorrei darti..."
"Lo sai, amore, che io mi accontento, che per me non è un problema, no?"
"Sì che lo so, amore mio, sì che lo so..." disse Matteo a voce bassa, e il ragazzo sentì lacrime tremolare dietro la voce e gli occhi del suo amato. "Sì che lo so e anche per questo ti amo tanto. Però... io non cela faccio più! A volte vorrei lasciare tutto per vivere con te, ma non posso lasciare mia moglie, i miei piccoli!"
"Né io lo vorrei, non sarebbe giusto, non se lo meritano. Se tu lo facessi, so che ci staresti troppo male. Ma soprattutto non sarebbe giusto."
"Ma non riesco neppure a rinunciare a te... e sto sempre peggio..."
"Amore... amore mio... io non voglio che tu stia male. Io voglio che tu sia felice. Se quando fai l'amore con me ti pesa perché stai tradendo tua moglie... Amarsi non vuol dire necessariamente fare l'amore, no? C'è una dimensione spirituale, oltre che fisica e io... io se questo ti fa stare meglio... posso rinunciare all'aspetto fisico del nostro amore." sussurrò Giovanni.
Si chiese se erano parole sincere quelle che aveva detto al suo amato, se fossero dettate più dal desiderio di non perdere del tutto il suo Matteo, o se erano dettate solo dall'amore per il suo "ragazzo". Onestamente, vide che erano veramente dettate dall'amore. Pur di farlo stare meglio, avrebbe volentieri rinunciato al sesso con lui.
"Non ti peserà troppo, amore?" gli chiese in un sussurro il giovane uomo.
"Direi una bugia, se dicessi che sarà facile, ma non mi peserà troppo, amore. Perché io ti amo davvero e voglio sopra a tutto che tu sia felice, che tu stia bene. Possiamo stare assieme come due amici, due amici speciali, molto intimi, che si amano, anche senza fare sesso."
"Forse sì... dio mio, quanto sei speciale tu, Gio! Quanto ti amo!"
"Anche io, anche io, Matteo."
Non fecero l'amore, perciò quella notte. Restarono abbracciati e dormirono assieme. La mattina Giovanni si svegliò: Matteo era seduto sul letto, gli voltava le spalle e parlava al telefono. Pensò che stesse parlando con la moglie, invece stava ordinando la colazione in camera. Gli carezzò la schiena nuda. Matteo si girò verso lui e gli sorrise.
Passarono il sabato girando per Milano, salirono sopra al Duomo, visitarono alcuni musei. La notte dormirono ancora abbracciati, senza fare l'amore. Dopo tutto, pensò Giovanni mentre scivolava nel sonno, anche se toccare il corpo dell'uomo che amava lo faceva eccitare, non gli stava pesando troppo non fare l'amore con lui. Per prudenza, e per rispetto verso Matteo, non lo baciava più in bocca, e quando lo carezzava, evitava di toccargli i genitali. Ma si godeva la loro tenera, bella intimità.
La domenica sera Giovanni tornò a casa. Si vedevano ancora spesso, si scambiavano messaggini, ma non andavano più nella sauna. Giovanni ebbe l'impressione che Matteo fosse sereno, e fu felice per lui. Anche se non faceva più sesso, il ragazzo fu piacevolmente sorpreso dal fatto che non gli veniva voglia di cercarlo altrove, e neppure di masturbarsi. Era troppo profondamente innamorato di Matteo.
Ma dopo circa tre mesi, una sera, Matteo affrontò di nuovo l'argomento della loro relazione: "Gio, amore, io credo di non farcela più!"
"A fare che?"
"Vedi, io ti amo, ti amo e ti amerò sempre. Sei nel mio cure e ci sarai per sempre. Però... quando faccio l'amore con mia moglie, ci sto male..."
"Non ti piace più?"
"No, per quello ci sto male. Giuliana mi ama, io la amo... ma quando faccio l'amore con lei, mentre faccio l'amore con lei... non faccio che pensare a te. E penso che non è giusto: io ho lei, con cui fare l'amore, tu non hai nessuno. Io lo vorrei fare con te, ma non posso. Giuliana s'è accorta che sono cambiato. Le ho detto che è solo perché il lavoro mi assorbe troppo e perciò sono molto stanco, e lei mi ha creduto, perché si fida di me. Ma io la sto ingannando e in più non ti do quello che meriti e che vorrei poterti dare. Da un po' di tempo, quando nessuno mi vede, non faccio che piangere... Che uomo sono? Non posso continuare a tenere il piede in due scarpe. Non cela faccio più, amore!"
Giovanni pensò che il dramma che stava vievendo il suo "ragazzo" veniva dal fatto che era una persona estremamente onesta, pulita e sincera, e sentì di amarlo ancora più. Ma capì che, finché Matteo fosse rimasto legato a lui, si sarebbe sentito sempre peggio. Si sentì estremamente triste, ma sorrise a Matteo.
"Allora, penso che sia meglio che non ci si veda più, amore. Io ti amo, ti amo tanto, ma non posso sopportare l'idea che il mio amore per te diventi un peso che ti fa stare così male. Io ti amo e ti amerò sempre. Tu mi hai detto che io sarò sempre nel tuo cuore. Ti credo. Anche tu sarai sempre nel mio cuore. Ma a questo punto, proprio prché ti amo, penso che è bene che tu ti dedichi completamente alla tua famiglia e che ti scordi di me."
"Non potrò mai scordarmi di te. Sei stato il mio primo e unico uomo. E sarai per sempre il mio unico uomo. Ma tu devi trovare qualcun altro, qualcuno che possa amarti come ti meriti, come io non posso amarti. Dio, Giovanni, perdonami per farti così male! Perdonami... perdonami..."
Entrambi cominciarono a piangere silenziosamente, seduti quasi al buio sulla panchina del parco, tenendosi una mano.
"Non piangere, amore... per favore..." gemette Matteo.
"Se riesci a non piangere neppure tu." controbatté il ragazzo con affetto.
"Mi dispiace così tanto doverci lasciare, farti così del male. Mi dispiace tanto. Io ti amo, Giovanni. Io ti amo davvero."
"Anche io ti amo, perciò accetto volentieri questa soluzione. Proprio perché ti amo e voglio che tu sia felice, accetto di perderti."
"Non vorrei perdere uno come te, amore! Non vorrei..."
"Il tuo primo dovere è verso la tua famiglia, Matteo. Se tu non amassi tua moglie, se tu non avessi tre figli che ami, forse lotterei per averti tutto per me..."
"Se non amassi mia moglie e lei non mi amasse, se non avessi i miei tre piccolini, non avresti da lottare per avermi, sarei tutto e solo tuo. Ma non ce la faccio più a tenere il piede in due scarpe. Ma io ti amo davvero, ma... che posso fare?"
"Se tu non mi amassi davvero, Matteo, non ci staresti così male. Scoperesti ogni tanto con me senza problemi. Mi useresti per levarti la voglia. Lo so che mi ami, Matteo. Per questo non mi fa troppo male doverci lasciare."
"Ma ti fa male... e per colpa mia."
"No, Matteo, non c'è colpa. Tu hai un preciso dovere nei confronti della tua famiglia e devi assolverlo. Non mi perdonerei mai di rovinare la tua famiglia, e nemmeno di farti stare così male. Sarà dura, per te e per me, ma credo che sia l'unica soluzione possibile."
Quella notte, quando Giovanni fu nel suo letto della pensione, pianse. Pianse silenziosamente, a lungo. Sapeva di aver preso la giusta soluzione, l'unica giusta e possibile, ma era triste per aver dovuto scrivere la parola fine su quella bella relazione. Non sull'amore: continuava ad amare Matteo, come sapeva che Matteo continuava ad amare lui. E sapeva che una uguale tristezza stava opprimendo anche il suo Matteo, in quel momento, anche se il suo "ragazzo" non poteva neppure sfogarla, non poteva farla trapelare con la moglie e i piccoli. Lui poteva anche aprirsi, sfogarsi con i fratelli, Matteo non aveva neppure questa possibilità: doveva tenersi tutto dentro.
Quando nel week-end tornò a casa, sia Daniele che Francesco capirono subito che il loro fratellino era turbato, nonostante il ragazzo tentasse di mostrare la solita espressione allegra.
Lo presero con sé, facendolo uscire di casa con una scusa, per parlare in santa pace. Giovanni capì che i suoi fratelli avevano intuito qualcosa e fu loro grato. Sedettero tutti e tre su un tronco abbattuto, dietro la siepe che delimitava l'orto di Tetti Malvento, e Giovanni stava in mezzo, fra i suoi due fratelli.
Daniele gli chiese con dolcezza: "Allora, Vanni?"
Giovanni raccontò loro tutto.
Il primo a parlare fu Francesco: "Oh cazzo! Io avrei lottato, avrei fatto tutto per tenermelo."
"No, Francesco, non capisci? Avrei fatto solo il suo male, facendo così. Io lo amo, Francesco, e perciò non potevo fare altro che sperare di rendergli, se non la felicità, almeno la serenità!"
"Ma se lui ti amava davvero..." insisté Francesco.
"Non capisci che, proprio perché mi ama davvero, Matteo ci stava tanto male?" controbatté Giovanni con voce fioca.
"Ma o amava davvero te, o amava davvero sua moglie!" disse Francesco deciso. "Non può amare davvero tutti e due. Perciò, se ha scelto la moglie, vuol dire che non ama te. Due e due fa sempre quattro."
Daniele disse: "Potresti aver ragione, ma potresti avere torto, Francesco. Io credo a Vanni: se lui dice che Matteo ama davvero sia la sua famiglia che lui, deve essere così. Un uomo può anche amare due persone nello stesso modo, secondo me. L'amore non si divide, in amore due e due può fare qualsiasi cifra. Certo è che Vanni ha un cuore grande così e un coraggio anche più grande. Io credo che Vanni ha fatto la scelta giusta. Certo poteva tenersi Matteo tutto per sé e sfasciare così una famiglia, ma credi che ne sarebbe stato fiero? No, non il nostro Vanni. Certo che per te, Vanni, deve essere stato un passo durissimo. Ma vedrai, fratellino, per uno che sa amare come te, prima o poi troverai la persona giusta."
"Lo spero anche io. Ma d'ora in poi stai alla larga dagli uomini sposati!" disse Francesco.
"Sì, avrei dovuto, forse. Ma all'inizio Matteo per me er solo uno che ci voleva provare. Non è colpa sua se mi sono innamorato di lui, né colpa mia se lui si è innamorato di me. E poi, io almeno posso confidarmi con voi, sfogarmi con voi, e so che voi mi siete vicini. Lui non ha neppure questo. Lui deve sopportare il peso più grosso! Chissà quanto ci sta male, il mio povero Matteo, anche in questo momento."
"Continui a preoccuparti per lui invece di pensare a te!" lo rimproverò con tenera riprovazione Francesco.
"Questo è amare davvero, Francesco. Non potrebbe essere diverso." gli disse Daniele. Poi abbracciò Giovanni e gli disse: "Ti voglio tanto bene, fratellino!"
Giovanni non riusciva a trattenere le lacrime. Con voce rotta, tentò di scherzare: "Non hai detto proprio tu, Dani, che due uomini non si dicono mai che si vogliono bene?"
"Sto cominciando a credere che fosse una cazzata. Sto imparando a dirlo..." gli rispose Daniele con un sorriso.
Francesco abbracciò tutti e due e disse, cercando di dare un tono allegro alla sua voce: "Anche io vi voglio tanto bene! Dio, Vanni, quanto mi dispiace! Quanto vorrei poterti levare di dosso un po' del tuo dolore!"
Dalla cascina, la voce squillante di Rosina gridò: "A tavola! Vanni, Francesco, Dani, a tavola!"
"Arriviamo! Arriviamo subito!" rispose Francesco alzandosi in piedi, gridando verso la cascina con le mani a imbuto davanti alla bocca.
Daniele porse un fazzoletto a Giovanni, che si asciugò le lacrime e, rendendoglielo, gli sorrise con dolce tristezza.
A sera, come sempre, quando furono a letto Francesco gli disse: "Cazzo, mi dispiace davvero tanto, Vanni! Ma vedrai che lo dimenticherai e che ti troverai uno che si merita di stare con te."
"Non credo che lo dimenticherò mai, Francesco. Matteo è davvero un uomo eccezionale, e ci si ama davvero."
"Tanto eccezionale, no, secondo me, se ha scelto quella invece che te."
"La sua famiglia viene prima di me, come è giusto. Se non amava la moglie e se non aveva figli, era diverso."
"Dio, quello che mi fa dare di matto è che tu continui a giustificarlo!"
"Quando ami per davvero non puoi fare altro."
"L'hai presa di brutto, eh, Vanni?"
"È stato così bello, finché non sono cominciati i problemi. Così bello, Francesco, che non saprei neanche descriverlo."
"Se non lo sai descrivere tu che hai studiato... mi sa che era anche troppo bello." commentò Francesco quasi sottovoce.
"Sì, proprio così."
"Spero di non innamorarmi mai così, però. Se le cose vanno male, ci stai troppo male, dopo."
"Io non ci sto troppo male. Sono un po' triste, è logico. E mi manca, mi manca tanto. E non faccio che pensare a lui. Ma soprattutto, spero che riesca a tornare sereno."
"Non sarebbe ora che tu pensi un po' a te stesso, invece che a quel Matteo?"
"Io ho le spalle larghe, Francesco. Ne verrò fuori, io non sono solo, ho voi. Matteo invece è solo."
"Neanche lui è solo: ha moglie e figli, no?"
"Ma lui non si può confidare con loro. Io, prima di aprirmi prima con te e poi con Dani, ero solo e so cosa significa doversi tenere tutto dentro. Non è facile, Francesco, non è per niente facile. Vedi, basterebbe anche solo avere un amico gay o anche non gay, ma comprensivo come te per potersi aprire, confidare, ma Matteo non ha nemmeno quello."
"Matteo, Matteo, Matteo! Piantala di preoccuparti per lui, no?"
"Non posso. Non posso proprio."
"Mah, diamo tempo al tempo. Si dice che il tempo è una buona medicina."
"Tutte le medicine hanno effetti collaterali: ti guariscono da una parte e ti danneggiano da un'altra."
Francesco cambiò discorso: "Ah, sai Vanni, ti ricordi di quella ragazza di cui t'avevo parlato?"
"Chi? Sandra?" chiese Giovanni frugando nella memoria.
"Sì, proprio lei."
"Allora?"
"Mi sa che ci sto troppo bene. Mi sa che prima o poi le chiedo se le va che ci sposiamo."
"Siete innamorati?"
"Non lo so se siamo proprio innamorati, ma ci pare di stare troppo bene insieme. L'unica cosa che mi fa ancora un po' paura, è che poi magari, se si vive insieme notte e giorno, scopri che non è vero che ci stai così bene insieme."
"Ci hai già fatto l'amore, no?"
"Sì, lo facciamo e ci piace a tutti e due."
"Stai attento, quando lo fai con lei, che abbia l'orgasmo anche lei?"
"Sì, certo che ci sto attento. Le prime volte non è che ci riuscivo tanto bene, le donne sono diverse da noi uomini, ci mettono di più a godere. Però poi, ho capito come dovevo fare e adesso gode almeno quanto me."
"E come hai fatto a capire?"
"Ne ho parlato con lei. Ma sono anche andato alla biblioteca comunale e ho cercato dei libri."
"Ci sono anche libri su come far godere una donna, in biblioteca?"
"Sì, ce ne sono tre che spiegno bene le cose, specialmente uno. Dovevi vedere come mi ha guardato il bibliotecario quando ho aspettato che non c'era nessuno, e mi sono chinato verso di lui e gli ho chiesto se c'era qualcosa sull'orgasmo femminile! Ha fatto una faccia che valeva la pena di fargli una foto. Poi mi ha detto che sì, c'erano, ma che non li chiedeva mai nessuno. Li ha cercati e me li ha dati, poi mi ha dato una busta di carta per non far vedere a tutti che libri avevo preso in prestito! Quasi come se erano libri pornografici!" ridacchiò Francesco.
"A parte il sesso, anche il resto va bene con Sandra?"
"Sì. Sai, è una ragazza di campagna come noi, come Rosina. Una abituata a lavorare sodo. Credo che piacerà a papà e mamma. Anche se papà brontolerà come il solito."
"L'ho trovato molto invecchiato, papà..."
"Si sta chiudendo come un riccio. Pare sempre più scontento di tutto, più del solito, voglio dire. Per fortuna ormai è tutto nelle mani di Angelo. Sai, i nostri vicini pare che vogliono vendere sia la cascina che i campi così, se la banca ci fa un prestito, possiamo allargarci. E se ci allarghiamo, magari tu potresti lavorare per noi, no? E tornare a casa."
"Quando avete bisogno di un consiglio, di un parere, ve l'ho sempre dato, no? Non lo so se vorrei tornare a casa... Se vivo fuori ho molta più libertà, specialmente per uno come me che è gay."
"Anche questo è vero. Mi piaceva l'idea che potevi tornare a casa, però. Ma forse hai ragione tu."
"Dove abita, la tua Sandra?"
"A Tetti del Prete. Ma loro lì sono affittuari, non sono proprietari. Lavorano i campi del sindaco. Comunque stanno bene. Hanno anche un bel trattore e altre macchine, e anche se non hanno la stalla, hanno un buon allevamento di polli. Magari, se ci sposiamo, una volta che viene qui possiamo allevare polli anche noi. Sandra se ne intende, è lei che se ne occupa con la madre e un fratello. Dice che rendono bene."
"Posso farti una domanda un po'... personale?"
"Certo che puoi. Ci diciamo tutto io e tu, no?"
"Dove andate quando avete voglia di..."
"Di scopare? Se il tempo è buono, lo facciamo nei campi, fra i cespugli. Se il tempo è brutto, saliamo fino al castello. Lì ho trovato un posto abbastanza sicuro e riparato."
"Ma è chiuso, il castello. C'è una cancellata tutto intorno, dove non ci sono più le mura."
"Ho trovato il modo di entrarci, quando è buio e nessuno ci vede."
"E come fate?"
"C'è un buco nascosto dai cespugli, sotto il torrione a est."
"Ma così, dovete sempre farlo... in piedi."
"Beh, sì, ma va bene lo stesso, per ora."
"Farlo su un letto è molto meglio, però."
"Lo faremo su un letto se ci sposiamo. Per ora va bene così."
"Lo usi il preservativo, no?"
"Certo e lei in più usa un affare che si chiama spirale. Non vogliamo mica rischiare che sia incinta prima del tempo."
"Ma volete aver figli se vi sposate? Ne avete già parlato?"
"Sì, certo, solo che non riusciamo ancora a metterci d'accordo."
"Su cosa?"
"Io vorrei avere cinque maschi come papà, lei vorrebbe avere tre femmine..."
Giovanni rise: "Quanto a maschi o femmine, non potete deciderlo voi, saranno quello che saranno. Quanto al numero, mettetevi d'accordo su quattro, no?"
"A te piacerebbe avere figli?"
"Sì, ma noi gay siamo come i muli."
"Cioè?"
"Possiamo scopare anche giorno e notte, ma non ne possiamo fare."