Giovanni finì di leggere le nuove pagine delle memorie di Manfredo, stilate con la sua bella ed elegante grafia.
"Allora?" gli chiese l'uomo.
"Belle, come il resto. Ma non potrebbe spiegare più diffusamente quello che provava nel sapere di essere diverso dagli altri e non poterlo dire a nessuno? Nel provare desideri a cui non poteva o non sapeva dare sfogo?"
"Pensi che dovrei?"
"Penso di sì. Lei sa esprimere molto bene cose che anche io a volte ho provato, ma in modo confuso."
"Bene, mio prezioso critico, farò come mi hai detto. Come sta il mio ospite, il tuo conoscente?"
"Molto meglio, Credo che presto potrà andare via..."
"Non tanto presto. Il medico dice che deve prendersi una convalescenza. Dice che è ancora debole. Però penso che si annoi a stare lassù da solo per gran parte della giornata. Ha detto il medico che ora può lasciare il letto. Perché non gli dici di scendere, di andare in giardino, se vuole?"
"Io gli ho detto che non deve muoversi dalla sua stanza, non deve girare per casa, non deve disturbare..."
"Hai fatto bene, ma un ragazzo anche più giovane di te, non può restare solo così a lungo. Inoltre avrei piacere di conoscere il mio ospite, finalmente. Io sono troppo vecchio per fare le scale. E può cominciare a mangiare a tavola con noi, visto che può lasciare il letto."
"Come..."
"Non mi dire 'come comanda' o questa volta ti tiro un libro, e uno bello pesante!" esclamò il vecchio, con allegria.
Giovanni sorrise. "Come desidera, Manfredo." disse.
"Così va meglio. Ah, prima che me ne dimentichi, domani devi andare al vivaio e vedere se trovi un acero giapponese. Ne ho vista una fotografia su internet e mi piacrebbe averne uno nel giardino, davanti alla vetrata del mio studio. Vedi se ne trovi un bello e trapiantalo nel punto migliore perché io lo veda e non stoni nel giardino."
"Senz'altro. Desidera altro o posso andare a lavorare in giardino? Il laghetto delle carpe ha bisogno di essere ripulito."
"Vai, vai. E dì al tuo e mio ospite che gradirei averlo a pranzo con noi, oggi. Si chiama Vladimiro, mi pare, giusto?"
"No, solo Vlad, non Vladimiro. Vlad non è un diminutivo."
"Bene, dì a Vlad di scendere all'ora di pranzo."
"I suoi vestiti sono poco presentabili, e la camicia l'ho dovuta gettare via, era tagliata e sporca di sangue. Può venire a tavola indossando il mio pigiama?"
"Già, non ho pensato ai vestiti. No, in pigiama no. Ma se gli sta il tuo pigiama, puoi prestargli uno dei tuoi vestiti."
"È più minuto di me, gli staranno un po' larghi, ma gli presterò uno dei miei vestiti."
"Scegline uno che ti sta stretto, così non ci ballerà troppo dentro." disse l'uomo prendendo la penna, intingendola nell'inchiostro e mettendosi a scrivere.
All'ora di pranzo, Giovanni andò a prendere Vlad e scese con lui. Lo presentò a Manfredo e agli altri. Il vecchio indicò a Vlad dove sedere a tavola: l'aveva messo alla sua destra, di fronte a Giovanni.
"Bene, Vlad, finalmente ti conosco. Come ti senti?"
"Molto meglio, onorevole. Grazie a lei per sua gentile attenzione."
"Vedo che il nostro Giovanni ti ha istruito a dovere..." notò il vecchio lanciando un'occhiata a Giovanni. "Sono lieto che tu stia meglio."
"Quando onorevole vuole io posso andare via." disse il ragazzo.
"Non ancora. Qui da noi si dice che fatto trenta si può fare trentuno. Sai cosa significa, ragazzo?"
"Trenta, trentuno? No, onorevole, Vlad no capisce."
"Voglio dire che finché il medico non dirà che sei guarito al cento per cento, puoi rimanere qui. Se vuoi, si intende. Sei libero di andartene in qualsiasi momento, se lo desideri."
"Vlad no desidera andare via ancora, Vlad sta come principe, qui. Però Vlad no vuole disturbare gentile onorevole."
"Perché continui a dire Vlad quando parli di te stesso. Non ti hanno insegnato a dire io?"
"Vlad... io no ha studiato italiano a scuola ha solo imparato in strada. Onorevole perdona a io?"
"Giovanni, potresti insegnargli a parlare l'italiano come dio comanda, no? Da quanti anni sei in Italia, Vlad?"
"Tanti. Io aveva undici anni quando fuggito di Romania con mia madre, ora io ha ventidue. Undici in Romania, undici in Italia."
"Perché siete dovuti fuggire dalla Romania?"
"Mio padre no comunista, così mio padre messo in galera e noi perso tutto, anche piccola parte di palazzo di famiglia che ancora noi poteva usare. Poi mio padre morto in galera, forse ammazzato, diceva mia madre. Così noi fuggiti."
"Ah. E tua madre? Dov'è tua madre ora."
"In cimitero. Lei morta quando io avevo diciassette anni. Uccisa da auto pirata."
Manfredo annuì e un'espressione triste velò i suoi occhi. "Così tu sei rimasto completamente solo."
"Sì, completamente solo."
Mario brontolò: "Bisognerebbe ammazzarli tutti, i comunisti!"
"No, Mario, o non saremmo meglio di loro."
"D'accordo, onorevole, ammazzarli no, ma almeno metterli in galera." insisté Mario cocciuto.
"Quelli cattivi si, in galera." disse Vlad. "Ma solo quelli cattivi." aggiunse poi con un mesto sorriso.
"Perciò voi due avete avuto asilo politico, qui in Italia." disse Manfredo.
"Sì, noi entrati in asilo politico. Mia madre trovato lavoro come serva in casa di persone ricche. Ma quando morta, io dovuto andare via da quella casa."
"Se sei arrivato in Italia quando avevi undici anni, come mai non hai frequentato le scuole?" gli chiese Manfredo.
"Mia madre diceva che non c'era soldi. Padroni pagava molto poco, dava solo mangiare e stanza e pochi soldi andava via per vestiti, medicine, cose importanti."
"E che facevi, tutto il giorno?"
"Aiutavo mia madre per lavori di casa. Casa molto grande, e anche giardino, e lavare automobili di signore e signora e quella di figlio. Molto lavoro, tutto il giorno."
"E quando è morta tua madre, ti hanno gettato in strada!" disse Manfredo scandalizzato, scuotendo il capo.
"No gettato in strada, solo mandato via da casa. Dato cinquemilalire e detto di scomparire."
"Mio dio, possibile che ci sia gente così al mondo?" esclamò Stelvio, basito.
"Sì, purtroppo. Purtroppo c'è gente così al mondo, anche nella nostra bella Italia." disse l'onorevole.
"Bisogerebbe mettere in galera anche loro!" disse Mario addentando con rabbia un pezzo di brasato.
"Ma in bella Italia c'è anche persone gentile e buona come onorevole e come Gio. Tutto il mondo uguale, pensa Vlad... pensa io."
"E che cosa hai fatto per vivere, dopo che è morta tua madre?" chiese Stelvio.
Prima che Vlad potesse rispondre, Manfredo disse: "Mille lavoretti, tanto per sopravvivere."
"E chi ti ha pestato?" chiese Mario.
Di nuovo rispose prontamente Manfredo: "Teppisti, giovinatri razzisti e xenofobi. Probabilmente neo-nazi."
Giovanni apprezzò la prontezza di Manfredo che, sapendo di Vlad, non voleva metterlo in imbarazzo davanti ai due uomini.
"Bisognerebbe mettere in galera anche quelli!" brontolò Mario sempre più accigliato.
"Eh, Mario, se dovessimo mettere in galera tutti quelli che lo meritano, non basterebbero tutte le carceri della repubblica." disse l'onorevole.
"Basterebbe costruire meno stadi e più galere." insisté Mario.
"O forse costerebbe di meno e renderebbe di più cercare di educare la gente, cercare di migliorare la nostra società, non credi, Mario?"
"Sì sì, onorevole, ma mentre si aspetta che sia educata, bisognerebbe metterla in galera."
"Forse gente in galera diventa anche più cattiva e quando esce fa anche più peggio... Meglio educazione come dice onorevole, io credo." disse Vlad.
Dopo pranzo Vlad uscì con Giovanni in giardino. Sedettero sulla panchina di granito che c'era sotto il salice piangente.
"Molto buono, onorevole, molto molto buono." disse Vlad.
"Sì, è vero."
"Uno guarda onorevole e quasi ha paura, sembra troppo severo e duro, ma cuore ben nascosto, ma cuore buono."
"Sì, Vlad. Non mi avevi mai raccontato le cose che hai detto di te, della tua vita poco fa a tavola."
"Mai avuta occasione o ragione e tu mai chiesto."
"Ma, dopo che è morta tua madre, che hai fatto?"
"Vlad... cioè, io cercato lavoro, ma no trovato, perché io sapevo fare poco, solo servo, e nessuno vuole servo giovane, tutti vuole servo esperto. Finite cinquemila lire... Io sempre più fame, io chiesto elemosina... nessuno da elemosina a ragazzo giovane... Sempre più fame... Allora io rubato cose da mangiare in centro commerciale. Ma guardie sicurezza supermercato subito pizzicato io. Portato in stanza e fatto interrogazione e detto che manda io in galera e ragazzo come me in galera tutti rompe culo e tratta come puttana senza però dare soldi.
"Io allora detto no per favore, non manda io in galera, io no vuole tutti rompere culo. Uno di guardie tocca mio culo e chiede se io già preso lì. Io detto mai, anche se bugia. Altro uomo tocca me patta pantaloni e tocca e mio cazzo diventa duro e io vergogna, ma piace..."
"Ma tu sapevi già di essere gay?"
"Io già sapeva, perché figlio padrone fatto cose con Vlad, con io quando io avevo quindici anni, e quando ragazza dice no a lui, lui prende me... e lui sa fare molto bene e a me piace molto... Però io penso uno va bene, ma tutti uomini dentro galera no, io avevo paura. Due guardie tocca me e tocca e vede che io no dice niente e piace e allora dice che se io fa divertire loro, loro non manda me in galera.
"Così io tutto nudo su tavolo e loro apre calzoni e uno mette in mio culo, uno in mia bocca, poi scambia posto e fotte Vlad e fotte Vlad tutti e due finche viene tutti e due e anche Vlad piace e viene anche io. Poi loro dice che io può andare ma non rubare più. Io dice ma io fame, da a Vlad poco cibo. Uno dice no, uno dice sì e lascia portare via poco cibo. Io dice ancora per favore, ma guardia dice no, io dice ma quando io ha fame come fare?
"Allora guardia spiega che io veramene bello e facile fare marchette per soldi e così io mangia e spiega anche dove andare per trovare uomini che da soldi per fare sesso con ragazzo... E così io cominciato a fare marchette e venduto mio corpo. Uomini brutti chiesto tanti soldi, uomini belli chiesto poco, come con Gio. Perché a me Gio piace tanto e se Gio vuole io fa sesso con Gio anche tutte notti e senza soldi..."
Giovanni lo ascoltava in silenzio e si diceva che lui s'era lamentato a volte per la propria vita... che era stata rose e fiori in confronto a quella di Vlad.
"Gio, tu vuole venire in notte in camera di io e fare amore con io?"
"Per ringraziarmi?"
"Anche per dire grazie, ma anche perché a Vlad, a io piace molto fare sesso con Gio. E io notte dopo notte sperato che Gio viene in camera dove sto io e dice che ha voglia ma lui mai viene e io fatto seghe ogni notte sognando che Gio viene da io... A Gio non piace fare amore con io?"
"Sì che mi piace. Tu mi piaci, non solo per fare sesso."
"Ma bello fare sesso tu e io, no?"
"Sì... certo."
"Tu allora viene, questa notte da Vlad?"
"Davvero mi vuoi?"
"Tanto."
"Allora... stanotte vengo da te."
"Grazie. Bene. Io sente molto calore per Gio, anche adesso, mio cazzo molto duro, solo pensare che stanotte tu fai l'amore con io."
"Con me."
"Sì, con te e con io."
"No, voglio dire... non devi dire con io, ma con me."
"Ah, tu cominciato a insegnare bello italiano a io... a me?"
Giovanni annuì e gli sorrise. "Se vuoi ti correggo volentieri."
"Sì, volentieri."
"Adesso devo mettermi a lavorare..."
"Io aiuta Gio."
"No, tu devi riprendere le forze. Resta seduto qui."
"Ma io sente forte!"
"Io mi sento forte, si dice. No, il dottore ha detto che sei ancora molto debole, anche per colpa degli antibiotici. Per ora resta seduto qui. Oggi è il primo giorno che ti alzi da letto."
"Ma io mi sente forte per fare l'amore con te questa notte." gli disse il ragazzo con un sorriso birichino.
"Molto bene." gli rispose Giovanni e si mise a lavorare.
Dopo la cena, Giovanni disse a Vlad di tornare in camera e mettersi a letto. Lui doveva fermarsi per un po' con Manfredo.
"Ma tu viene da me, dopo, vero?" gli sussurrò il ragazzo.
"Sì, certo e se ti sei addormento, ti sveglio, promesso."
"No, io non mi addormentato di sicuro. Io aspetta tutto nudo Gio, di sicuro!" gli disse il ragazzo e corse su in camera.
Dopo aver rivisto i piani per i giorni seguenti, Manfredo gli disse: "Quel ragazzo mi ha fatto un'ottima impressione e molto raramente mi sbaglio a giudicare la gente..."
Giovanni annuì con un sorriso compiaciuto.
"Mi piaceva, nel pomeriggio guardarvi: tu che ti affaccendavi e lui che non ti toglieva gli occhi di dosso."
"Avrebbe voluto darmi una mano, ma io gli ho detto di restare seduto. È ancora un po' debole."
"Sì, hai fatto bene. Comunque è bello che si sia offerto di aiutarti. Sì, quel ragazzo mi piace. E credo di non sbagliare se dico che piace anche a te."
"Sì, certo. Non conoscevo la sua storia. L'ho sentita per la prima volta, oggi a pranzo."
"Già, povero ragazzo. Mi ha colpito la serena mestizia con cui ne parlava. Altri, al suo posto, sarebbero pieni di rancore."
Allora Giovanni gli raccontò la parte della vita di Vlad che il ragazzo gli aveva confidato mentre erano in giardino, e come e perché si fosse ridotto a vendere il proprio corpo.
"Come direbbe Mario a questo punto, bisognerebbe mettere in galera sia il figlio del suo padrone, sia quelle due guardie!" commentò il vecchio. Poi aggiunse: "Prima di assumerti, ti ho tenuto un mese qui in prova, nonostante fossi già convinto che poteva valere la pena di darti il posto di Giacomo..."
"Sì, è naturale."
"Allora pensavo... Quando Vlad si sarà completamente rimesso, potrei proporgli di lavorare per un mese qui, per me, in prova. Potresti insegnargli tu qualcosa da fare e se, alla fine del mese sia tu che io fossimo soddisfatti di lui, lo potrei assumere in pianta stabile. Potrebbe alleviarti il lavoro in giardino, o che so io, aiutare Mario..."
"Sarebbe molto bello..."
"Quel ragazzo ti piace, vero?"
"Sì... mi sembra un caro ragazzo."
"E è anche bello, il che non guasta." commentò il vecchio.
"Il che non guasta, certo." assentì Giovanni.
"Non dire ancora niente a Vlad, per il momento. In questi giorni lo voglio studiare ancora per un po'."
"Va bene."
Poco più tardi Giovanni salì in camera sua. Si svestì, fece una doccia, infilò solo i calzoni del pigiama e andò a bussare alla porta di Vlad.
"Vieni..." gli disse la voce allegra del ragazzo. "Credevo che non vienivi più. Però non mi ho addormentato."
"Non mi sono addormentato, si dice." lo corresse Giovanni accostandosi al letto.
Vlad si tolse il lenzuolo di dosso. Giovanni notò che il corpo era ancora coperto di chiazze viola. Lo carezzò lieve.
"Ti fa ancora male?"
"No, non più male. Vieni?"
Giovanni salì sul letto e si stese a fianco del ragazzo, girato verso di lui e lo prese fra le braccia. Vlad gli si addossò e gli si accucciò contro. Sollevò il viso verso Giovanni e gli sorrise.
"Tu baci io? Io ricorda come bacia bene Gio."
Le loro bocche si unirono. Vlad gli si premette ancora più contro e Giovanni ne sentì la vigorosa erezione. Gli carezzò con delicatezza il corpo.
"Davvero non ti fa male?" gli chiese un po' preoccupato.
"No, mi fa bene. Carezze di Gio fa guarire me anche più veloce di medicine." gli disse il ragazzo. Poi aggiunse: "Ma se io guarisce troppo in fretta, io deve andare via di qui."
Giovanni ebbe la tentazione di dirgli di no, che non sarebbe ancora andato via, ma aveva promesso a Manfredo di non dire niente a Vlad perciò restò in silenzio. Si baciarono di nuovo. Poi Vlad spinse in giù i pantaloni del pigiama di Giovanni. Quasti sollevò il bacino per facilitargli il compito. Vlad si spostò in fondo al letto e presi i calzoni per le gambe, glieli sfilò completamente. Poi si insinuò fra le gambe del compagno e gli carezzò il membro, ormai fieramente eretto.
"Gio molto bello anche qui. Tu hai preservativo, no?"
"Non ho pensato a prenderlo, ce l'ho in camera mia..."
"Corre a prendere. Io vuole che Gio mi mette suo bel cazzo tutto dentro... Va subito?"
"Sì, aspetta un attimo. Vado e torno."
Nudo come era, Giovanni andò in camera, prese la scatoletta di preservativi e il gel lubrificante e tornò da Vlad. Il ragazzo gli sorrise e gli tese una mano.
"Vieni... tu troppo bello, specialmente quando tutto nudo. Questa prima volta che tu sta con io su letto morbido e comodo. Anche questo molto bello!"
Si abbracciarono di nuovo e intrecciarono le loro membra. Carezzandosi, titillandosi e baciandosi l'un l'altro per tutto il corpo, a un certo punto si trovarono nella posizione giusta per unirsi in un piacevole sessantanove. Si dedicarono l'uno al piacere dell'altro.
"Basta, per favore. Io non vuole ancora venire..." ansimò a un certo punto Vlad staccandosi da lui.
Giovanni sedette sul letto incrociando le gambe e fece sedere Vlad davanti a lui, cingendogli il petto con le braccia e facendogli poggiare la schiena contro il proprio petto. Vlad appoggiò la testa sul petto del compagno ed emise un lieve sospiro. Guardando in su verso Giovanni, gli disse: "Tu hai cura per me più meglio di ottimo dottore."
"Non si dice più meglio... si dice solo meglio..."
"Io vuole imparare bello italiano, ma non ora. Ora vuole solo bello sesso con Gio... per favore."
"Hai ragione, scusa."
"No scusa. Ma a mio paese si diceva ogni cosa ha suo momento, questo momento per nostri corpi, non per nostre teste. Bene?"
"Sì, certo." gli disse Giovanni e si chinò a baciarlo.
Ripresero a fare l'amore. Dopo un po' Vlad si staccò da lui e prese i preservativi dal comodino: "Io non può più aspettare, aspettato anche troppi giorni. Per favore, vieni dentro di io e dai godere a me e a te. Vuoi?"
Giovanni annuì: anche lui stava bruciando per il desiderio. Vlad infilò il preservativo al bel membro eretto del compagno, poi gli si mise davanti steso sulla schiena e ripiegò le gambe contro il petto: "Va bene così?" chiese con un sorriso allettante.
"Sì, certo."
"A io piace guardare bella faccia di Gio quando gode dentro di io. Però tu no gode subito, tu fa tanto dentro e fuori, promesso?"
"Promesso."
"Molto bene. Ecco, così. Spingi... Ah bello... spingi... entra... Sì... sì..."
Quando Giovanni gli fu completamente dentro, si fermò, si chinò sul compagno e lo baciò in bocca, tenendolo strettamente fra le braccia, contro di sé. Le loro lingue giocarono gioiosamente e piacevolmente. Poi Giovanni iniziò a muovere avanti e dietro il bacino. Vlad chiuse gli occhi ed esalò un basso e lungo mugolio. Giovanni sollevò il torso e, tenendo per le spalle il compagno impresse più vigore alle proprie spinte. Vlad scuoteva il capo a destra e sinistra e mormorava: "Sì... sì... sì..."
Il ragazzo rumeno gli carezzava le spalle e le braccia, le orecchie e i capelli. Con le gambe gli cinse la vita, quasi a tirarlo più dentro di sé, accompagnando con un lieve "aaahhh..." di piacere ogni spinta del compagno dentro di lui. Giovanni guardava il bel volto di Vlad illuminato da un'evidente sensazione di godimento, e gli piaceva sapere che era lui a dare al compagno quelle emozioni.
Dopo un po' dovette fermarsi, perché stava giungendo troppo vicino al punto dell'esplosione dei sensi.
"Gio è stanco?" gli chiese il ragazzo.
"No, ma tu m'hai detto di non venire troppo presto."
"Gio diventa più bello quando fa amore."
"Anche tu."
Ripresero a fare l'amore. Questa volta Giovanni non si fermò, e poco prima che raggiungesse l'orgasmo, Vlad si scaricò con forti spruzzi che irrorarono i petti dei due ragazzi. Subito dopo anche Giovanni raggiunse l'apice del godimento, profondamente infisso nel suo compagno. Dopo essersi rilassati, stesi l'uno sull'altro, scesero e andarono a fare una doccia, lavandosi l'un l'altro. Poi Giovanni andò a dormire, dopo aver dato la buona notte al ragazzo rumeno.
Si mise a letto e si addormentò subito, sentendosi rilassato e soddisfatto: gli era piaciuto molto fare l'amore con Vlad. Sapere che Manfredo aveva intenzione di dargli un lavoro, e che perciò se, come sperava, Vlad avesse accettato, avrebbero potuto continuare a fare l'amore assieme, gli dava un caldo senso di piacere.
Dopo pochi giorni, il medico disse che Vlad era pienamente ristabilito. Il ragazzo allora, quando fu solo con Giovanni, gli disse con un velo di rammarico nella voce: "Allora devo andare via da qui, adesso."
"Che farai, ora?"
"Che farò! Io cerca un lavoro e intanto continua a vendere mio corpo a uomini. Io spera solo che miei compagni marchette mi da ancora un letto."
"Prima di andare via è meglio se vai a ringraziare l'onorevole."
"Sì, certo. Io può dire solo tante grazie, non può fare niente per lui. Se solo lui piace ragazzi, io magari può fare qualcosa per lui. Tu sai se onorevole piace ragazzi?"
"Non lo so, dovresti chiederglielo tu..." disse Giovanni divertito.
"Come può io chiedere cosa così? Se lui non piace, lui arrabbia molto con io."
"Eh sì, hai ragione. Ma credo che basterà se gli dirai grazie."
"Sì, forse sì. Qualche volta... qualche volta tu vuoi incontrare ancora Vlad?"
"Sì, certo. Qualche volta verrò a cercarti."
"Bene. Tu vieni con me da onorevole?"
"No, scendo con te, ma poi vai da solo a parlare con l'onorevole."
"Io un po' paura di parlare con lui senza te vicino..."
"Paura? Perché hai paura?"
"No proprio paura, ma piccola piccola paura. Io no sa parlare bene e lui molto importante uomo."
"Non ti devi preoccupare. Manfredo è un uomo burbero ma buono."
"Burbero? Che è burbero?"
"Severo, serio..."
"Ah, si dice burbero. Bene, parola nuova. Dove è miei vestiti?"
"Quelli di tela mimetica? Puoi cambiarti dopo aver salutato l'onorevole. Per adesso tieni il mio vestito."
"Sì, più normale di mio vestito. Scendiamo?"
Giovanni l'accompagnò fino allo studio di Norberto, bussò e fece entrare Vlad, sospingendolo dentro, poi richiuse la porta. Avrebbe avuto voglia di origliare, ma si disse che era meglio che attendesse altrove.
Quando Vlad fu nella stanza, il vecchio gli indicò una sedia. "Siedi lì. Mi ha detto il dottore che finalmente sei guarito, ragazzo."
"Sì, onorevole, grazie a sua gentile cura per me."
"Che intendi fare, ora?" gli chiese l'onorevole scrutandolo.
"Tornare in città e cercare un lavoro, onorevole."
"E se non lo trovi?" gli chiese l'uomo, "come fai per sbarcare il lunario?"
"Sbarcare lunario? Cosa sbarcare lunario?"
Il vecchio sorrise: "Per vivere, per mangiare, finché non guadagni qualcosa."
"Ah, sbarcare lunario, nuova parola. Lei burbero, io sbarcare lunario. Bene. Io sbarcare lunario come prima, come onorevole sa, io faccio marchette."
Manfredo sorrise divertito a quel "lei burbero" e capì che Vlad doveva aver sentito quella parola da Giovanni. "Ma se trovi subito il lavoro, non è necessario che fai marchette."
"Certo che se non necessario, io non fa marchette. Io piace andare con chi piace, no con chi paga."
"Già. E che lavoro sai fare?"
"Quasi niente, solo cose semplici. Ma io molto vuole imparare, io molto buona voglia imparare e forse impara, se qualcuno da tempo a io di imparare."
"Questo è bene. Ascolta, Vlad..."
"Sì, onorevole io ascolta."
"Forse io ho bisogno di una persona in più per tenere pulita e in ordine questa grande casa, e il giardino. Perciò, se tu vuoi, da domani puoi cominciare a lavorare qui, per un mese. Se fra trenta giorni tu ti trovi bene e io sono contento di te, puoi fermarti a lavorare qui. Che ne dici?"
Vlad fece un sorriso radioso: "Che ne dice, io? Se io vuole? Sicuro che io vuole, sicuro che io fa tutto per imparare e essere utile a onorevole. Io no sa se impara abbastanza per fare contento onorevole, ma io lavora sodo e fa meglio che può, sicuro! Io molto contento se può provare, moltissimo contento. Qui tutto bello, qui come paradiso."
"Non mi chiedi quanto ti pago?"
"Che importa? Qui io mangia bene, qui io ha bellissima stanza. Anche se onorevole no paga niente, troppo bello stare qui."
"No, Vlad. Se tu resti qui a lavorare, alla fine del mese ti assumo e ti do la giusta paga. Per questo mese ti do solo una paga provvisoria, ridotta, ma poi avrai la paga sindacale."
"Non necessario, davvero..."
"Ragazzo, per prima cosa devi imparare a non contraddire le mie decisioni. Chiaro? Io sono burbero, no?"
"Sì, chiaro, onorevole. Onorevole molto burbero ma anche molto gentile e buono. Io fa tutto come decide onorevole, chiaro!" si affrettò a dire il ragazzo.
"Se ti dovrò assumere, avrò bisogno dei tuoi documenti. Li hai ragazzo?"
"Sì, su in camera in miei vecchi pantaloni. Io corre su a prendere e dà a onorevole. Un momento?"
"Sì, valli a prendere e torna qui." disse il vecchio in tono severo.
Quando il ragazzo fu uscito, Manfredo fece un sorriso e scuotento il capo mormorò: "Se fosse possibile, questo ragazzo è anche più tenero di Giovanni."
Dopo poco Vlad tornò. Consegnò i suoi documenti uno dopo l'altro, spiegandone il contenuto.
"Questo mio vecchio passaporto di Romania... Questa mia carta di identità di Italia... Questo certificato di asilo politico... Questo permesso di soggiorno..."
Manfredo prendeva i documenti e li scorreva rapidamente, ponendoli poi sulla scrivania davanti a sé.
"Vlad... leggo qui che il tuo nome completo è Vlad Dumitru Valer A*-G*. Sei per caso il figlio del conte A*-G* di... di... Tardoviste?"
Il ragazzo splancò gli occhi: "Onorevole conosceva mio padre?"
"No, Vlad, non l'ho mai conosciuto... ma so che discendeva da una nobile famiglia di boieri. E so anche che è stato ucciso dai comunisti."
"Come sa queste cose, onorevole?"
"Ho una buona memoria: avevo letto qualcosa, l'avevo dimenticato, ma ora, leggendo le tue carte... Dunque, tu sei un conte..."
Vlad sorrise: "No, anche mio padre non più conte, sotto comunisti non più boieri, non più conti, tutti uguali, no? Io solo asilato politico e basta."
Manfredo annuì. "Sì, così è la vita. Bene, ragazzo, da domani farai il mese di prova. Sarà Giovanni a dirti tutto quello che devi fare. Obbedisci a Giovanni come se ti dessi un ordine io. Chiaro?"
"Sì, molto chiaro. Io può solo dire grazie, ma può dire grazie con buon lavoro per onorevole."
"Va bene. Ma devi dire a Giovanni che ti insegni a parlare un italiano corretto, mi fa male alle orecchie sentirti parlare così!"
"Sicuro, onorevole. Io impara buono lavoro e io impara buono italiano! Sicuro! Io può cominciare a lavorare subito, no domani. Io subito cerca Gio e dice di insegnare tutto. Grazie, onorevole, io milione di grazie."
"Prego, ragazzo, io milione di prego." gli rispose Manfredo imitando la sua parlata, ma con la massima serietà.