Vlad si dedicò al lavoro a Tetti Rossi con anima e corpo, sì che spesso Giovanni doveva imporgli di riposare. Si dedicò anche allo studio dell'italiano con serietà e applicazione e Giovanni fu sorpreso di come, in pochi mesi, fece i progressi che non aveva fatto in più di dieci anni. Quando Giovanni glielo fece notare, Vlad rispose che nessuno l'aveva mai corretto, mai aiutato, nessuno mai gli aveva spiegato le regole bene e con pazienza come ora Giovanni.
I due ragazzi continuavano a fare l'amore quasi ogni notte, con reciproco grande piacere. Giovanni presentò Vlad a Francesco, che si era sposato con Sandra ed era andato ad abitare a Tetti del Prete, e a Daniele, che era ancora fidanzato, e era andato ad abitare in paese, dove lavorava alla cooperativa agricola.
Francesco gli chiese: "Siete amanti? È il tuo ragazzo?"
"No, siamo solo molto amici, niente più. Ci piace stare assieme e... farlo assieme."
"Ma tu vai anche con altri?"
"No, non ne sento il bisogno."
"Mi piace, Vlad, mi è sembrato un ragazzo sano, allegro, buono."
"Sì, lo è. È onesto e è un gran lavoratore. Anche l'onorevole è contento di lui, è contento di averlo assunto in pianta stabile."
"In paese si dice che l'onorevole è un orso, ma mi pare che sia una persona generosa, prima ha aiutato te, poi anche il ragazzo rumeno."
"Si dice che è un orso perché non esce mai, e non fa complimenti, è sempre diretto e anche di modi secchi, un po' bruschi. Ma quando uno lo conosce, è tutt'altro che un orso. A parte il fatto che ha una cultura incredibile. E è un uomo moderno: usa il telefonino e il computer come un qualsiasi ragazzo dei nostri tempi."
"I videogiochi?" gli chiese Francesco stupito.
Giovanni si mise a ridere: "No, Francesco. Il computer non si usa solo per i videogiochi! Lo usa per organizzare i suoi affari, controllare il suo conto in banca, navigare in internet... Però, quando deve scrivere qualcosa di importante, usa ancora il pennino e il calamaio..."
"Hai conosciuto i suoi figli?"
"Sì, a volte vengono a trovarlo. Sono gente in gamba, ma valgono la metà di quanto vale l'onorevole. Qundo vede i nipoti, l'onorevole, cambia. Diventa come un qualsiasi nonno, pieno di tenerezza e di pazienza. Credo che con i nipoti sia più... se stesso."
"Sono contento che finalmente tu stai bene, ti sei sistemato, almeno per quanto riguarda il lavoro. E sarò ancora più contento quando troverai il ragazzo giusto per te." gli disse Francesco.
"Con Sandra, come va?"
"Bene. È una ragazza tranquilla, senza troppi grilli per il capo."
"E figli? Ancora niente?"
"Pensiamo di mettere in cantiere il primo abbastanza presto. Prima abbiamo voluto essere sicuri tutti e due di stare bene insieme."
Mentre Giovanni stava passando un po' del suo tempo libero con il fratello a Tetti del Prete, Vlad aveva chiesto all'onorevole se poteva parlare con lui, ed era quindi in giardino, seduto accanto al vecchio.
"Allora, Vlad, che cosa volevi dirmi?"
"Posso parlare con l'onorevole di una cosa mia personale?"
"Sì, certo."
"Grazie. Io, onorevole, lei sa come sono io."
"Come sei, tu?"
"Si, che mi piacciono i ragazzi e non le ragazze."
"Certo, lo so."
"Ecco, bene. Io sono innamorato, onorevole, ma lui non se ne accorge."
"Lui, chi? Giovanni, presumo."
"Sì, presume giusto, onorevole."
"Perché non glielo dici?"
"Non posso. Se Gio non è innamorato di me, non posso."
"Capisco. L'amore può fiorire solo se c'è in tutti e due. Amare da soli è triste. Giovanni comunque ti vuole bene, no?"
"Sì, Gio mi vuole bene, ma come un amico."
"Solo come a un amico?"
"Un po' più... anche... anche fa con me... su in camera..."
"Sì, ho capito. Però non dice di amarti e non è veramente il tuo ragazzo."
"Sì, è così."
"E io che cosa posso fare, ragazzo? Non posso ordinargli di amarti. Né mi sembra logico essere io a dirgli che tu sei innamorato di lui."
"No, certo. Io chiedo solo un consiglio a lei che sa tante cose. Cosa devo fare per fargli sentire amore di me?"
Il vecchio sorrise: "Puoi solo amarlo e sperare. L'amore a volte è contagioso."
"Contaggioso? Cosa vuole dire contaggioso?"
"Una sola 'G'. È come il raffreddore: uno lo passa a un altro." gli spiegò il vecchio con pazienza.
"Ah, ho capito. Come l'aids."
"Beh... meno contagioso e meno pericoloso." disse Manfredo con un lieve sorriso.
"Forse Gio non vuole innamorare di me perché io ero solo una marchetta?"
"No, non credo proprio. No, sono sicuro che non è così. Ma, vedi, l'amore non è una fiamma che si può accendere e spegnere come un fornello. Uno non può decidere né di amare né di non amare."
"Ma io ho una pena dentro il cuore, onorevole, perché io desidero il suo amore."
"Ti capisco, mio povero Vlad."
"Io non ho mai sentito amore, prima. Adesso sento molto forte, e molto bello. Ma io ho bisogno di suo amore."
"Già. Forse devi solo avere pazienza. Forse con il tempo o tu ti rassegni o lui si innamora."
"Sì, io devo avere pazienza, io devo amare in silenzio e aspettare." disse il ragazzo annuendo con il capo.
"Proprio così, Vlad."
"Grazie, onorevole. Io adesso torno a lavorare. Io ho fatto perdere tempo all'onorevole."
"No, Vlad, non mi hai fatto perder tempo. Quando vuoi confidarti con me, vieni pure a cercarmi."
"Grazie." disse il ragazzo e, alzatosi, andò a svolgere i suoi compiti.
Il vecchio lo guardò andar via, con passo agile ed elegante e pensò che quel ragazzo era delizioso, degno di essere amato. Si chiese se davvero non poteva fare qualcosa per lui... Ma non gli pareva giusto immischiarsi in affari di cuore.
"Al cuore non si comanda!" mormorò alzandosi per rientrare in casa.
Quando rientrò Giovanni, il vecchio lo chiamò: "Hai tempo di leggere i miei ultimi manoscritti?" gli chiese.
"Certo, Manfredo, con piacere."
"Ti volevo chiedere: sei contento di Vlad?"
"Sì, certo. Lavora bene, sta imparando in fretta, è un validissimo aiuto."
"E anche un buon amico, mi pare. Avete legato molto bene. Non vi ho mai visto litigare o anche solo discutere."
"Non è possibile litigare con Vlad, è troppo dolce e se anche qualche volta ci può essere qualche lieve attrito, è sempre lui a fare il primo passo per smussare gli angoli. Credo che sia impossibile non andare d'accordo con Vlad."
"Lo credo anche io. Ma anche tu non sei niente male: bisogna essere in due per andare d'accordo, proprio come si deve essere in due per amarsi." sentenziò il vecchio chiedendosi se non avesse detto troppo.
"È vero. Ma anche se ci si ama, a volte, l'amore non può svilupparsi, proprio come una pianta che non ha abbastanza terra per mettere radici profonde. Come è stato fra me e Riccardo."
"Ancora pensi a lui? Sei ancora innamorato di lui?" gli chiese il vecchio, temendo di capire perché Giovanni non potesse innamorarsi di Vlad.
"È sempre dentro il mio cuore... ma non so se posso dire di amarlo... cioè, non posso dire di esserne innamorato. Mi sono arreso all'inevitabile."
"Ma quello che senti per lui, è di ostacolo per poter amare un altro?"
"No, non credo proprio. Non più, ormai. I miei fratelli mi dicevano che il tempo sana tutte le ferite."
"Ma resta la cicatrice?"
"Anche quella sta scolorendo, scomparendo, anzi, credo che sia già scomparsa. Ormai penso a lui con dolcezza, ma senza rimpianti. Quello che c'è stato fra noi è stato molto bello, ma non c'è più e non ci può essere più. In un certo senso è come se... come se fosse morto. Un dolce, caro ricordo che non si cancellerà mai dal mio cuore, ma che non può più essere un legame."
Manfredo si disse che non doveva più battere su quel tasto, almeno per il momento. Sospinse verso Giovanni gli ultimi fogli del suo manoscritto.
"Mentre li leggi, io vado in biblioteca. Mi sono ricordato che devo finire di catalogare gli ultimi libri che ti ho detto di comprarmi."
"Posso farlo io più tardi, se crede."
"No, mi piace farlo. Tu leggi il mio manoscritto."
Mentre Manfredo stava lavorando al computer per catalogare gli ultimi libri, qualcuno bussò alla porta della biblioteca.
"Avanti!" gridò il vecchio.
Entrò Stelvio: "Onorevole, non mi ha detto che cosa desidera per cena, oltre la solita insalata mista."
"Abbiamo del petto di pollo?"
"Sì, onorevole."
"Allora preparami una suprème."
"Molto bene." disse il cuoco facendo per ritirarsi.
"Aspetta... Conosci qualche ricetta afrodisiaca, per caso?"
L'uomo lo guardò con espressione stupita: "Afrodisiaca, onorevole?"
Il vecchio rise per l'espressione del cuoco: "Beh... non ne ho bisogno, alla mia età. È solo curiosità, la mia. E poi, no, non afrodisiaca, ma piuttosto qualcosa tipo... un filtro di amore."
"Onorevole, io non ci ho mai creduto ai filtri di amore, alle fatture e ai gatti neri. Sono tutte cose che non esistono, secondo me." rispose Stelvio con espressione quasi offesa.
"Sì, hai ragione. Lascia perdere, sono solo vaneggiamenti di un vecchio."
"Vorrei vaneggiare io, alla sua età, come dice di vaneggiare lei, onorevole."
"Vai, Stelvio. Ti preferisco come cuoco che come adulatore." gli disse il vecchio con bonomia.
Venne l'inverno. Nel febbraio del 2003 vi fu un'abbondante nevicata che imbiancò tutto. Questo interruppe, logicamente, il lavoro dei due ragazzi nel giardino di Tetti Rossi. Se da una parte Giovanni, poiché fungeva sempre più da segretario dell'onorevole, continuò a essere pieno di lavoro, Vlad si trovò ad avere lunghi momenti in cui, nonostante la sua buona volontà, non aveva quasi nulla da fare.
Il ragazzo perciò andò a parlare con il vecchio.
"Onorevole, c'è un problema."
"Ah, sì, Vlad? Di che si tratta?"
"Io passo ogni giorno tempo che non ho niente da fare, ora che non posso lavorare in giardino."
"Poco male, servirà per riposarti." rispose il vecchio.
"Ma non è giusto che io prendo la paga per non fare niente. Perciò non deve pagarmi, in questo tempo, o pagarmi meno."
Il vecchio fece una risatina: "Questa è la prima volta in vita mia che sento qualcuno che chiede una diminuzione di stipendio invece che un aumento! No, Vlad, non è colpa tua se c'è la neve. Inoltre vedo che ti dai da fare, aiuti Stelvio, aiuti Mario... questa casa non è mai stata così lustra. Non ti devi preoccupare."
"Scusi, onorevole, io sì che mi preoccupo. Mi sembra di rubare i suoi euro quando sto per ore senza fare quasi niente. Io qui mangio bene, ho una bella camera, non ho quasi spese, non è necessario che ogni mese mi da altri euro, almeno finché non posso cominciare di nuovo a lavorare bene."
Il vecchio capì che, più che non una questione di giustizia, forse il ragazzo si annoiava a non fare nulla per gran parte della giornata. D'altronde in quel momento non avrebbe saputo che altro lavoro potesse affidare al ragazzo.
"Va bene, Vlad, lasciami un po' di tempo per pensarci su, e ti dirò che cosa decido di fare."
"Sì, grazie, onorevole."
Il vecchio, quando vide Giovanni, gli parlò del problema. Concluse dicendo: "Posso dirgli che la legge mi impedirebbe di non dargli o di abbassargli lo stipendio, ma questo non allevierebbe la sensazione di Vlad di ricevere denaro che non merita. Dobbiamo trovare qualcosa da dargli da fare, che lo tenga occupato. Ma qualcosa di utile, che lui senta come utile."
"Non mi aveva detto nulla, Vlad. Sì, ultimamente mi sono accorto che è meno sereno del solito, ma non vi avevo dato molto peso: ognuno di noi a volte passa attraverso periodi di stanchezza psicologica, specialmente in inverno."
"Lo trovo, a volte, che continua a spolverare, a spolverare anche dove non c'è più neanche un granello di polvere. Non vorrei che il ragazzo finisca per andare in paranoia, che cominci a dare di testa."
Giovanni si stupì che il vecchio usasse quell'espressione tipica del mondo giovanile, ma assentì.
"Dovremmo inventare un lavoro per Vlad, che lo tenga occupato, ma che duri solo finché dura il maltempo, altrimenti dopo si troverebbe sovraccarico di lavoro." aggiunse l'onorevole pensieroso.
"Sì. Vlad è un ragazzo molto serio, malgrado la sua spensieratezza, ed è anche un ragazzo fiero, nonostante la sua mitezza. Ma davvero, in questo periodo, non saprei che cosa gli si può chiedere di fare, oltre quello che già sta facendo. Tutto sommato bastiamo Mario, Stelvio e io per fare andare avanti la casa. Ma che faceva Guglielmo in questi periodi?"
"Oh, lui era un contadino: era abituato all'idea che in inverno il lavoro quasi si ferma, e che nelle altre stagioni ve n'è anche troppo. Per Guglielmo non era un problema dover stare, a volte, con le mani in mano, come non era un problema in certi periodi essere sovraccarico di lavoro."
"Non potrebbe dare, che so io, un mese di vacanza a Mario, in modo che tutto il suo lavoro ricada sulle spalle di Vlad, onorevole?"
"Mario... non ha nessuno, non saprebbe dove andare. Non gli piace viaggiare, soprattutto in inverno, e se rimanesse qui in casa non potrei impedirgli di svolgere i suoi compiti. Non hai notato che non ha mai preso le ferie? Lo stesso discorso vale per Stelvio, a parte il fatto che Vlad non sarebbe in grado di svolgere il suo lavoro. E anche per te... quello che hai potuto far fare a Vlad l'hai già affidato al ragazzo."
Giovanni era compiaciuto che Manfredo si preoccupasse così per ognuno di loro e specialmente per Vlad. Era compiaciuto e grato. L'onorevole era davvero un grande vecchio! La sua ammirazione per l'uomo crebbe ulteriormente.
"In biblioteca, onorevole, non c'è più posto per i libri. Su alcuni ripiani i libri già sono in doppia fila. Non c'è neanche il posto per aggiungere nuove librerie. Se si spostasse la sezione archivio in un'altra stanza, si libererebbe abbastanza spazio. Comprando scaffali prefabbricati, Vlad potrebbe assemblarli, poi potrebbe spostare tutto nel nuovo archivio. Frattanto arriva la primavera e il problema è risolto..."
"Sì... anche se non possiamo creare un nuovo archivio ogni volta che viene l'inverno. Ma frattanto possiamo trovare un'altra soluzione per tenere occupato il ragazzo. Dove metteresti tu l'archivio?"
"Nella vecchia stalla, dove ora c'è la lavanderia, lo stenditoio e la stireria. Si potrebbe far stare tutto in meno spazio, alzare una tramezza e destinare lo spazio che si ricava ad archivio. Che ne pensa?"
"Sì. È una buona idea. Ma la prima parte del lavoro è da muratori ed eletricisti... dopo potrebbe farlo Vlad."
"Ma lui potrebbe seguire il lavoro dei muratori e degli elettricisti, dare una mano e fare in modo che non lascino tutto in disordine e sporco. Una volta che hanno finito i lavori, Vlad può dare il bianco, assemblare e piazzare i nuovi scaffali, trasferire l'archivio nella nuova sede. E siccome non c'è fretta di finire, se frattanto ricomincia il lavoro in giardino, basta dirgli di occuparsi prima del giardino e, nel tempo libero, mandare avanti anche il lavoro per sistemare l'archivio."
"Molto bene. Facciamo così. Affido tutto a te, e tu coinvolgi il ragazzo in modo che sia occupato e si senta utile. Trovate voi l'impresa che faccia i lavori, scegli tu gli scaffali: conosci ormai i miei gusti, cose forti, semplici e funzionali. Sì, oggi durante il pranzo ne parliamo. Sentite Mario su come riorganizzare la lavanderia-stireria, visto che quello è il suo regno. Bene, questo problema è risolto, abbiamo inventato un buon lavoro per Vlad."
Così Giovanni, preso con sé Vlad, andò in città a contattare un'impresa di ristrutturazioni, si stese il progettino e i lavori iniziarono. Vlad si affacendava a mantenere tutto pulito dove gli uomini passavano e lavoravano, li assisteva e aiutava, era di nuovo indaffarato e felice. Sempre assieme a Vlad, Giovanni scelse i mobili per l'archivio, alti scaffali coperti di laminato bianco con sportelli ciechi con una lieve quadrettatura grigia, che arrivarono smontati e che, in attesa che i lavori nella vecchia stalla fossero finiti, ammassarono in un angolo del garage.
Terminati i lavori verso fine marzo, Vlad ripulì a fondo i nuovi locali. Frattanto poté riprendere a fare anche qualche lavoretto in giardino, sì che alternava le sue incombenze. A sera il ragazzo era stanco, ma sereno.
Terminata la giornata di lavoro, i due ragazzi si ritiravano al secondo piano, nel loro quartierino. Facevano la doccia assieme, poi si mettevano a letto, abbracciandosi.
"Stanco, Vlad?"
"Sì, ma non troppo. Domani o dopo domani si può cominciare a trasferire tutto in nuovo archivio."
"Nel nuovo archivio. Nel, non in."
"Gli articoli sono un problema per me. Si dice in archivio ma nel nuovo archivio, giusto? Una volta senza articolo, una volta con articolo. Perché?"
"Forse perché quando c'è l'aggettivo si deve usare l'articolo. Non sono sicuro, io li uso senza pensarci."
"Per fortuna per fare l'amore non si deve studiare, si fa senza pensarci!" ridacchiò Vlad carezzando il corpo nudo del ragazzo che amava.
"Anche a fare l'amore si deve imparare, però."
"Sì, ma è più naturale. A te piace come faccio l'amore con te? Non devi insegnarmi niente?" gli chiese il ragazzo con un sorriso birichino.
"Sì che mi piace e no che non devo insegnarti nulla."
"Questo è il più bel momento di tutta la giornata, sai?" gli disse il ragazzo rumeno stringendosi a lui.
"Sì, hai ragione. Quando sto così con te, dimentico tutto e tutti."
"Proprio tutti? Anche me?"
Giovanni gli scompigliò i corti capelli colore del grano maturo. "Tutti escluso te, tutto escluso quello che sento per te."
"Meno male..." sospirò felice Vlad.
Giovanni gli andò sopra, lo strinse a sé con le braccia e le gambe e lo baciò con desiderio. Il ragazzo rispose al lungo bacio con abbandono e passione. I loro corpi si cercavano, si sfregavano, si premevano uno contro l'altro in un'incessante danza di amore, in un crescendo di desiderio.
Fuori dalla finestra della stanza di Vlad la neve aveva ripreso a scendere a larghi e soffici fiocchi che danzavano nell'aria scura, illuminandosi come petali di fiori di ciliegio quando traversavano l'alone di chiarore proiettato dalla finestra per poi scomparire di nuovo nel buio della notte.
La scena era bella, affascinante, ma i due ragazzi erano inconsci di quella visione, immersi in altra bellezza e in altro fascino: quello del tenero eppur forte calore della loro fresca passione.
Spesso, quando due corpi si incontrano per un amplesso, ognuno va in cerca solo, o quasi solo, del proprio piacere. Ma i due ragazzi, non per un ragionamento, non per una decisione, si stavano donando l'uno all'altro, avidi solo di poter suscitare il piacere nel compagno.
Questo è caratteristico di due esseri che si amano, anche se Vlad era conscio del proprio amore e Giovanni ancora non gli aveva dato un nome. Forse questo veniva dal fatto che per il ragazzo rumeno era il primo vero innamoramento e forse perché Giovanni aveva avuto già due innamoramenti, entrambi finiti suo malgrado. La sua mente era aperta a un nuovo amore, ma il suo cuore era titubante, prudente se non, almeno un poco, timoroso.
Nell'altra stanza, quella di Giovanni, sul comodino accanto al letto, c'era la bella cornice con la fotografia di Riccardo e davanti a questa l'anellino d'argento che Gianni aveva donato a Giovanni in quella lontana notte di festa sul lago. Questi due oggetti erano al tempo stesso simboli che celebravano l'amore a che stabilivano un invisibile confine fra Giovanni e la sua capacità di ri-conoscere l'amore. Forse anche per questo, inconsciamente, Giovanni andava sempre nella stanza di Vlad per fare l'amore.
Vlad sapeva chi era la famigliola che sorrideva serena da quella fotografia, sapeva che cosa fosse quell'anellino, e non era geloso. Chi è innamorato, chi veramente ama, non conosce la gelosia. E chi è geloso, in realtà non ama veramente. Amore e gelosia sono agli antipodi, infatti l'amore è donazione senza riserve, la gelosia è possesso che teme il tradimento. Su questo, Vlad non aveva mai riflettuto ma lo "sapeva", per istinto.
Sul letto di Vlad i due ragazzi si erano finalmente uniti. Giovanni stava seduto, la schiena appoggiata alla testiera del letto, mentre il ragazzo rumeno gli stava seduto in grembo e molleggiava, felice e pieno d'amore sul duro membro del compagno, profondamente infisso in lui. Vlad cingeva con le braccia il collo dell'amato, Giovanni gli cingeva la schiena, tenendolo a sé. I loro giovani e bei volti erano radiosi, ognuno dei due ragazzi godeva per la felicità dell'altro.
Il cuore di Giovanni era talemente colmo di emozione che stentava a contenerla. Il suo sguardo annegava negli occhi chiari e luminosi del compagno. Non avrebbe saputo dire, se vi si fosse soffermato, che cosa stesse rendendo così diverso quel momento rispetto agli altri in cui si erano uniti, che cosa lo facesse essere così particolarmente bello.
Oggettivamente, Vlad era un bel ragazzo, ma ora a Giovanni pareva più bello che mai. Un senso di stupore fiorì in lui, avviluppò il suo cuore e la sua mente unendole in un tutt'uno, gli fece schiudere le labbra e il ragazzo mormorò, pieno di emozione:
"Dio, quanto ti amo, Vlad!"
Il ragazzo rumeno si fermò, i suoi occhi si spalancarono, poi il suo volto divenne radioso e, in un sussurro, disse: "Pensavo... pensavo che non me lo dicevi mai! Anche io ti amo, Gio, ti amo più di me stesso, più di qualsiasi cosa al mondo."
Giovanni lo strinse a sé, dondolando lieve il torso avanti e dietro, cullandolo fra le sue braccia.
"Gio?"
"Sì, amore?"
"Non so perché... ma ho voglia di piangere..." disse il ragazzo con una vocetta piccola piccola.
"È per la felicità. A volte, quando è troppo grande, ci fa piangere."
"Sì, è davvero troppo grande, non ci sta più, dentro al mio cuore! Sono tutto tuo, Gio, vero?"
"Sì, e anche io sono tutto tuo! Anche io sono felice. Finalmente il mio cuore è tornato a casa. Trovando te, trovando il tuo amore, ho ritrovato me stesso."
"Era così difficile, sai?"
"Che cosa, amore?"
"Bruciare d'amore per te e non potertelo dire."
"Perché non me lo potevi dire?"
"Perché se tu non mi amavi, diventava troppo pesante per te sapere che io ti amavo. E io non sapevo se tu sentivi amore per me. Non me l'avevi mai detto."
"Non potevo dirtelo, non lo sapevo neanche io. Solo adesso l'ho capito. Ti volevo già molto bene, ma credevo che fosse solo una grande amicizia."
"L'amore forse non può nascere, se prima non c'è grande amicizia. Non credi?"
"Ti ho fatto soffrire, non accorgendomi del tuo amore."
"Ma era un soffrire dolce, perché era scaldato dalla speranza. E perché quando uno ama, diventa forte e sa sopportare tutto."
"Che cosa posso desiderare di più dalla vita? Ho una casa, un buon lavoro, e ora, soprattutto, anche l'amore."
"La casa e il lavoro possiamo anche perderli, un giorno. L'importante è che non perdiamo mai questo amore, giusto?"
"Giusto." commentò Giovanni.
I due ragazzi ripresero a fare l'amore, ma ora questa espressione, questo modo di dire, aveva acquisito un significato pieno, era veramente scambiarsi amore grazie ai loro corpi.
Quando ebbero raggiunto l'apice del piacere, si rilassarono, le loro membra dolcemente connesse e nel silenzio dorato del loro nido d'amore, si lasciarono affondare in un gradevole sonno.
La luce perlacea del mattino carezzò lieve i loro bei corpi ancora intrecciati. La sveglia trillò e riportò alla coscienza Vlad, che sporse una mano e la spense. Poi si chinò su Giovanni e lo baciò. Questi aprì gli occhi e gli sorrise.
"Dimmi che non è un sogno, Gio."
"Non è un sogno, amore. O forse lo è, ma in questo caso è un sogno da cui non ci sveglieremo mai."
Quando i ragazzi scesero per la colazione, il vecchio notò subito una luce nuova negli occhi dei due, e capì che finalmente Giovanni aveva detto a Vlad di amarlo. Fece finta di nulla, ma se ne compiacque. Manfredo s'era affezionato agli uomini che lavoravano per lui, ma provava uno speciale affetto per quei due ragazzi.
Più tardi Vlad chiese al vecchio se gli poteva parlare.
"Siediti lì, Vlad." disse l'uomo con la sua consueta espressione secca.
Poi, estratto un antico mazzo di tarocchi dal cassetto, iniziò a poggiare una carta accanto all'altra in bell'ordine, e disse: "Sì, qui vedo perché hai chiesto di parlarmi, Vlad... Sì, lo vedo... Giovanni ti ha finalmente detto che ti ama."
Il ragazzo sgranò gli occhi: "L'onorevole sa leggere le carte? Nelle carte c'è scritto questo?"
Il vecchio, con una mano, scostò le carte, guardando con un sorriso sornione il ragazzo: "Dunque è così."
"Sì, onorevole, è così. Ieri sera mi ha detto che mi ama, che mi ama tanto."
"Sono lieto per te. Ma non è nelle carte che l'ho letto, ragazzo mio. Le carte non possono dire nulla, sono sorde, cieche e mute. L'ho letto nei vostri occhi questa mattina a colazione. Sì, i vostri occhi erano tutt'altro che muti. Sono davvero lieto per te, anzi, per voi."
"Grazie, onorevole. Lei è molto gentile e molto buono. È molto bello vivere qui con lei, lavorare per lei."
"Anche tu sei buono e gentile, Vlad. Da quando Giovanni prima e tu poi, siete venuti a vivere a Tetti Rosi, questo posto è diventato... più bello, più giovane e più vivo e anche io mi sento più vivo, grazie a voi. E questo non c'è paga che lo possa ricompensare."
Nel pomeriggio Manfredo si mise a navigare su internet. Era attento, assorto. Ogni tanto prendeva qualche nota, poi esplorava altri siti. Quando finalmente ebbe trovato quello che cercava, prese il telefonino e fece alcune chiamate. Discusse a fondo tutti i particolari, poi spense il telefono e si abbandonò soddisfatto sullo schienale della sedia.
A cena, Manfredo disse a Giovanni: "Sabato prossimo devi fare un lavoro per me."
"Sì, dica." disse il ragazzo attento.
"Tu e Vlad prendete la vecchia giardinetta. Andate in città verso le nove di mattina. Ho peparato una lista di vini che desidero avere. Non sarà facile trovarli, sono vini piuttosto rari, ma se girate tutte le vinerie ed enoteche, forse riuscite a trovarli. Dovrete pranzare fuori, perché alle cinque dovete passare dal mio avvocato a prendere un documento. Dopo, se avete fatto tutto, potete tornare."
"Per i vini... non sarebbe più semplice trovarli su internet?" propose Giovanni.
"Sì, probabilmente sì, ma ordinarli, farmeli spedire, passerebbero troppi giorni, e io li voglio subito."
"Non è necessario che venga anche Vlad, posso cavarmela bene anche a solo..." disse Giovanni.
"No, se devi lasciare l'auto, è meglio che Vlad ci resti dentro. Non vorrei che qualcuno rubasse le bottiglie che hai trovato mentre sei in uno dei negozi. E poi anche Vlad ha bisogno di staccare per una giornata. Al suo solito, lavora troppo, il ragazzo."
"Va bene, Manfredo, come desideri." cedette infine il ragazzo e il vecchio tirò un silenzioso sospiro di sollievo.
Il sabato, poco dopo che Giovanni e Vlad avevano lasciato Tetti Rossi, arrivò un camion. Uomini scaricarono grandi scatoloni e salirono al secondo piano, fino alle stanze dei ragazzi. Manfredo era salito fin lassù, aiutato da Mario. Questi, assieme agli uomini, vuotarono le stanze da tutte le cose dei ragazzi, sotto la supervisione di Manfredo. In una delle due stanze montarono un letto matrimoniale e nuovi armadi, nell'altra una libreria, un scrivania e un comodo sofà. Poi rimisero le cose dei ragazzi nei mobili nuovi e portarono via quelli vecchi. Per le cinque del pomeriggio tutto era sistemato.
Manfredo era soddisfatto. Prima di scendere, posò sul grande letto un mazzo di rose, e sulla scrivania una scatola di cioccolatini assortiti.
Più tardi i ragazzi tornarono e fecero una relazione all'onorevole su quanto erano riusciti a fare. Poi il vecchio disse loro di andare a prepararsi per la cena. Quando Vlad aprì la porta della sua stanza, esclamò: "Gio! Dov'è il mio letto?"
Frattanto anche Giovanni aveva aperto la porta della propria stanza e, vedendo il grande letto e il mazzo di rose, e udita l'esclamazione dell'amico, capì e disse: "È qui... vieni a vedere..."
"Per noi? Oh Gio!" disse abbracciandolo, poi chiese: "Ma tu sapevi?"
"No, è una sorpresa anche per me. Dai, cambiamoci, e scendiamo per cena."
"Come possiamo dirgli grazie?" chiese Vlad aprendo gli sportelli del nuovo armadio per vedere dove fossero i suoi vestiti.
"Non lo so proprio. Davvero non lo so."
Entrarono nella sala da pranzo. Sia Manfredo che Mario fingevano che tutto fosse come gli altri giorni. I due ragazzi sedettero ai loro posti, ai lati dell'onorevole.
"Manfredo, io..." iniziò a dire Giovanni.
"Mi dispiace, Giovanni, ma ho dovuto metter il naso nelle vostre cose. Non l'avrei fatto, però..." lo interruppe il vecchio.
Giovanni sorrise. Guardò Vlad, gli fece l'occhiolino e in tono scherzosmente serio disse: "Per questa volta la perdoniamo, Manfredo. Vero, Vlad?"
Il ragazzo rumeno capì lo scherzo e disse, imitando il tono serio dell'amante: "Ma sì che lo perdoniamo, per questa volta!"
"Meno male, ragazzi. Temevo che foste irritati nei miei confronti." disse l'onorevole stando al gioco.
Mario, che non aveva capito lo scherzo, intervenne indignato: "Ma come! Invece di ringraziare..."
Il vecchio e i due ragazzi scoppiarono a ridere e Mario era totalmente confuso. "Deve essermi sfuggito qualcosa..." borbottò guardando i tre con aria sospettosa.