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una storia originale di Andrej Koymasky


I CAVALIERI
DI SANT'ANDREA
CAPITOLO 2
MARCUS E JOHANE

Spostiamo ora la nostra attenzione sugli altri due protagonisti di questa storia. Siamo nello stesso anno, ma ora è la fine del mese di settembre.

Johane Ulpianus, che come ho detto è un ragazzo di quindici anni, fra altre cose è appassionato di caccia alla lepre. Quel giorno, con una comitiva di familiari e maggiorenti di Castrum Ulpiani, si era spinto fin quasi ai confini con le terre dei Mutii per una battuta di caccia, e s'erano tutti sparpagliati fra gli alberi e i campi, armati di arco e frecce.

A un tratto Johane vide sbucare dal terreno una bella lepre bianca come neve. Aveva già la freccia incoccata sul proprio arco e la lanciò prontamente, ma fallì il colpo e la lepre fuggì, fermandosi però poco lontano a guardarlo.

Era bella, grossa, e Johane pensò che se avesse avuto la fortuna di prenderla, avrebbe fatto una gran bella figura con gli altri, oltre ad avere un buona pietanza da gustare. Perciò, anche se non gli era agevole, a causa del suo zoppicare, la inseguì. Il desiderio di riuscire e i suoi giovani anni gli infondevano le necessarie energie. La lepre di tanto in tanto si fermava a guardarlo, quasi si divertisse a sfidarlo, poi riprendeva per un tratto la sua fuga.

Johane, tutto preso dall'inseguimento della sua ambita e bella preda, non si rese conto che stava sconfinando e si stava inoltrando sempre più nelle terre dei Mutii.

Proprio in quell'ora, Marcus Mutius stava tornado, in sella al proprio cavallo, da una loro terra posta sulle pendici di Mons Lauretus, dove era andato a controllare il lavoro di alcuni loro nuovi contadini, a cui da poco avevano affidato quelle terre da coltivare.

Mentre al passo saliva verso Castrum Mutii, vide una snella figura, lievemente claudicante, correre lungo la bianca strada di terra battuta, poco davanti a lui. Dai colori degli abiti capì che era un Ulpianus, e che era Johane "il cionco", cioè lo zoppo.

Irato, si chiese che ardire avesse il ragazzo di andare a caccia nelle sue terre, di tentar di prendere selvaggina non sua. Spronò il cavallo e in breve raggiunse il ragazzo.

Johane, udito il battere degli zoccoli del cavallo si girò e riconobbe i colori del cavaliere: era uno dei Mutii. Al tempo stesso si rese conto di aver sconfinato. Abbandonò perciò la strada e corse nei campi cercando di tornare sulle proprie terre.

Marcus lo inseguì, gli tagliò la fuga e lanciandosi dal cavallo, gli fu addosso. Caddero entrambi a terra, Marcus sopra a Johane.

Tenendo il ragazzo ben fermo sotto di sé, con voce irata gli chiese: "O cionco de' puzzolenti Ulpiani, che faccia hai a venire a cacciare nelle mie terre?"

"Non m'ero accorto d'essere entrato nelle tue terre, ti chiedo venia! E noi Ulpiani non siamo affatto puzzolenti."

"Come no? E comunque tu sei anche un bugiardo e un ladro. Bugiardo lo sei e lo dimostri dicendo che non sapevi di essere sulla mia terra, e ladro pure, visto che cacciavi la mia selvaggina."

"Non mi far male, o i miei compagni vorranno vendicarsi. Che senso ha che invece di esser buoni vicini, noi si sia sempre in lite? Sii ragionevole. Davvero io non sapevo. Vuoi che ti ripaghi per quello che tu hai preso come un affronto? Prenditi ciò che vuoi, il mio arco, le mie frecce o il mio pugnale... è tutta roba di buona fattura, ma non mi far del male."

"Sei pavido come un coniglio! E brutto come un buffone da fiera."

"Pavido non lo sono affatto... è solo che tu sei molto più grosso e forte di me. Quanto poi al fatto di essere brutto, non è stata una mia scelta né una mia colpa. Mi accontento di quello che la natura m'ha dato, di come sono fatto."

"Hai sempre la risposta pronta a ogni mia parola, cionco?"

"Almeno la mia lingua, me lo concedi, cionca non è." disse il ragazzo con un lieve sorriso.

Fu quel sorriso, franco e sereno, e lo sguardo mite ma del tutto privo di timore, che fece sbollire l'ira di Marcus, che rise divertito.

"Sei un bel tipo, ragazzo. Mi piaci, nonostante tu sia un puzzolente Ulpianus. E poi, dopo tutto, non è che tu sia poi così brutto: v'è di peggio al mondo, lo devo ammettere. Resta però il fatto che sei sulle mie terre e cercavi di prendere la mia selvaggina. E che ora sei in mio potere."

"Io sarò sì sulle tue terre, però la selvaggina non conosce confini, e tu sei sopra di me e il tuo peso non è certo lieve. Non potresti concedermi almeno un po' di respiro?"

"Devo ancora pensarci... Prima devo pensare a come lavare l'affronto che tu m'hai fatto. Che fosse volontario o no, poco m'importa."

"Puoi fare il bucato e lavare ciò che vuoi anche senza pesarmi addosso. Che temi? Lo sai che zoppo come sono non riuscirei a scappare da te."

"Mi piace starti sopra ..." disse beffardo Marcus e queste sue parole accesero in lui un'idea: "Ecco, ora so che punizione darti, che cosa prenderò da te come punizione: non i tuoi oggetti prenderò, ma il tuo culo!"

Johane rise: "E se invece che una punizione, fosse un premio per me? Se oltre che cionco io fossi pure un cucchemo?"

"Non ti prendere gioco di me... O parli sul serio? Saresti tu davvero un cucchemo? Ti piace fartelo mettere in culo?"

"Dobbiamo proprio discutere in questa posizione?" insisté il ragazzo.

"Non m'hai risposto."

"Né tu ti sei tolto da sopra a me."

"Non mi tolgo fino a tanto che non mi rispondi. Ti piace prenderlo in culo o ti stai prendendo gioco di me?"

"Che senso ha che io ti risponda. Se io fossi un cucchemo, tu per punizione eviteresti di mettermelo?"

Marcus lo guardò a lungo, studiandone il volto, poi disse: "No, non sei così brutto. Non sei un serafino, questo è certo, ma non sei neppure tanto male. E mi piace come sorridi, nonostante tutto. E no, non sei neppure un vile..."

"Oh, quanti complimenti, tutto d'un tratto. Davvero non me li aspettavo. Grazie."

"Sei un bel tipo, tu." disse Marcus finalmente togliendoglisi di dosso, "però ancora non m'hai risposto."

"Grazie di nuovo, ora sto un po' meglio. Ti dispiace se m'alzo a sedere?"

"Ma ti decidi a rispondermi o no?"

"Neanche tu hai risposto alla mia domanda. E poi ne avrei un'altra: a te piace farlo con un altro maschio?"

"Ehi, dico! Sei tu l'intruso nelle mie terre, e pretendi di sottopormi a un interrogatorio?"

"No, non pretendo nulla. Solo mi piacerebbe saperlo."

In quella s'udirono voci lontane che chiamavano Johane.

"I tuoi ti stanno cercando..."

"Qui non mi troveranno. Non oseranno anche loro sconfinare sulle tue terre, né penseranno che io sia stato così sventato da farlo."

"A meno che tu non ti metta a gridare aiuto."

"Perché dovrei? Non mi sento in pericolo."

"No, non sei in pericolo tu... solo il tuo culo lo è." ridacchiò Marcus e allungata una mano lo palpò.

Johane non si mosse, non reagì.

"Ce l'hai piccolo e sodo... proprio come piace a me."

"Oh! Hai finalmente risposto a una delle mie domande. Dunque a te piace divertirti con un ragazzo."

Marcus rise: "Ebbene, sì, mi piace. Ora ti decidi a rispondermi anche tu?"

"Non lo so, non ci ho mai provato. Ma se è questo che ti interessa sapere... mi son sempre sentito attratto dalla mia stessa metà del cielo e pertanto penso d'essere un cucchemo. Però non ho mai avuto modo di provare se mi piacesse."

Marcus lo guardò un po' sorpreso: "E me lo dici così, senza vergogna?"

"Siamo fra te e me, nessuno ci ascolta."

"Potrei però raccontarlo a tutti."

"I tuoi forse ti crederebbero, ma non i miei, perché se è vero che noi Ulpiani per voi siamo puzzolenti, così voi Mutii siete bugiardi per noi. Tutti penserebbero solo a una calunnia gratuita e senza fondamento."

"Quindi, se io ora te lo metto in questo tuo bel culetto, tu non sai ancora se sarebbe una punizione o un premio."

"Ascolta, Marcus... ti dispiace se io ti chiamo solo per nome? Tu m'hai detto che ti piace il culetto di un ragazzo; io t'ho detto che il pensiero di provarci m'attrae, e non poco. Però, vedi, non era in queste condizioni che immaginavo di poter dar corpo un giorno ai miei desideri..."

"Cos'è, speravi forse che il dio Eros in persona prendesse forma di corpo umano per unirsi con te?" chiese con lieve sarcasmo il giovanotto.

"No. Speravo solo che accadesse per reciproca scelta. Che potesse avvenire con qualcuno che avesse la necessaria pazienza e gentilezza verso un novizio in queste cose. Speravo cioè che non fosse solo una fottuta fatta per dispetto. Speravo che qualcuno, non certo per la mia avvenenza che non c'è, mi prendesse per mano e mi conducesse a esplorare un regno a me ancora ignoto ma che mi pare attraente assai. Solo questo, speravo, però... In che posizione vuoi che mi metta per ricevere quanto tu hai deciso di darmi?"

Marcus ora era serio. Sollevò una mano e dette una lieve carezza sulla gota dell'altro. Johane lo guardò lievemente stupito per quel gesto.

Marcus gli disse: "Ebbene, Johane degli Ulpiani, accetteresti che sia Marcus de' Mutii a prenderti per mano e ad aprirti le porte del regno in cui anelavi entrare?"

Johane ora non sembrava più stupito per quel subitaneo cambiamento, anzi, ne sembrò compiaciuto.

"Marcus, te ne sarei grato. Ma i miei mi stanno cercando. Se tu mi permetterai di calpestare ancora una volta le tue terre, io verrò... e mi lascerò volentieri prendere per mano da te."

"Non è una scusa per sfuggirmi, ora?"

"Se la parola di un Ulpianus ti pare sufficiente garanzia..."

"No! Non crederò mai alla parola di un puzzolente Ulpianus! Ma... alla parola di Johane, io credo."

"Ti do la mia parola, Marcus. Dimmi quando e dove posso venire a te."

"Non vorrei che altri della mia gente ti trovasse sulle nostre terre: non sarebbe salutare per te. Né io mi sento di avventurarmi nelle vostre: sapete essere spietati, voi Ulpiani, con noi Mutii, almeno quanto noi con voi. Conosci il Fosso delle Cucciòle? Dall'altra parte del colle, subito sotto il ponte di legno?"

"Certo, è il confine attuale fra le nostre e le vostre terre... almeno finché non cambierà di nuovo. Ma lì temo che chiunque ci possa vedere. Ti pare il luogo adatto?"

"No, certo. Ma se ci si incontra lì, e se nessuno dei tuoi o dei miei uomini è in vista, ti condurrò io in un luogo sicuro. Verrai?"

"Dimmi quando."

"Io ho scelto il luogo. Scegli tu il giorno e l'ora."

Johane sorrise: "Pare quasi una sfida a duello! Domani all'ora nona, per te va bene?"

"Sì. Chi giunge per primo attende dalla sua parte che giunga l'altro. Se è in piedi, significa che non vi è pericolo, se è seduto, l'altro saprà che non deve dire nulla..."

"Cesserà mai tutto questo?"

"Che cosa?"

"Quest'assurda faida fra le nostre genti. Questo combattersi fra vicini che parlano lo stesso idioma, adorano lo stesso iddio e onorano gli stessi santi, che se non avessero indosso panni d'un colore invece che d'un altro, non sapresti dire da che castello provengono..."

"E quale sarebbe il vantaggio se si vivesse tutti in pace? La guerra è eccitante."

Johane non rispose. Estrasse dalla propria faretra tre frecce e ne porse una a Marcus: "Spezzala." disse.

"Perché?"

"Suvvia, spezzala, dai."

Marcus la prese, la curvò fin tanto che la ruppe in due.

"Facile, no?" chiese Johane.

"Per me sì, sono forte." rispose con un certo orgoglio.

Johane gliene porse un'altra chiedendo di spezzare anche quella. Così fece con la terza.

"Sempre facile, vero?" chiese Johane.

"Abbastanza. Ma non capisco ancora..."

Johane allora prese tre altre frecce e le porse unite al giovanotto.

"Tienile tutte e tre assieme, ben strette, e prova ora a spezzarle..."

Marcus le prese e vi provò. Solo applicandovi tutte le proprie forze e diventando tutto rosso in viso per lo sforzo, riuscì infine a spezzarle.

Con tono trionfante, esclamò: "Vedi? Le ho spezzate."

"Sì, certo, tu sei molto forte. Ma è stato facile come spezzarne una?"

"No, certo, assai meno facile. Un altro, al posto mio, non vi sarebbe riuscito."

"Appunto. I nostri tre castelli in guerra sono come le tre prime frecce: facili da piegare, da spezzare. Ma uniti, in pace..."

Marcus annuì pensieroso, poi chiese: "Mi doni questi mozziconi delle tue frecce?"

"Perché? Come trofeo perché recano i colori degli Ulpiani?" chiese con un lieve sorriso Johane.

"No. Per ricordare questo paragone che tu m'hai appena fatto capire. E per ricordare questo nostro primo incontro."

"Sono tue, Marcus Mutius. Posso andare, ora?"

"Certo che puoi, però... prima di andare, vorrei da te una cosa."

"Dimmi, che vuoi?"

"Stringere la tua mano e dirti che se un giorno la mia gente combatterà contro la tua, non mi troverai mai di fronte a te. Più di questo non ti posso promettere."

I due si strinsero la mano secondo l'uso antico: ognuno afferrò il polso dell'altro per qualche istante, guardandosi negli occhi. Poi Johane si alzò e zoppicando lievemente tornò verso le sue terre, mentre Marcus riprendeva il proprio cavallo, vi saliva e riprendeva la propria via.

Il giorno dopo, anche prima dell'ora nona, Marcus era già dalla parte del ponte di legno che era sulle proprie terre. Attendeva in piedi e man mano che passava il tempo, si sentiva sempre più inquieto.

"Quello, mi sa che non viene. Mi ha istupidito con le sue chiacchiere, e io sto qui ad aspettarlo come un babbeo, e lui ora starà ridendo di me. Avrei fatto meglio a mettermelo sotto ieri, e fotterlo a mio gusto. E poi, non è neanche un bel ragazzo!" disse a mezza voce, eppure non si risolveva ad andarsene.

Ma finalmente lo vide giungere, con quella sua camminata un po' ondeggiante. Appena anche Johane lo scorse, gli fece un sorriso allegro e luminoso. Giunto dall'altra parte del ponte, gli chiese: "Dove mi porti, ora?"

"Scendi dalla tua parte lungo il fosso, e andiamo giù, fin dove io mi fermerò."

"Andiamo lontano?"

"Non molto."

Scesero camminando ai lati opposti del fosso. Di tanto in tanto si lanciavano un'occhiata e ogni volta Marcus vedeva che Johane sorrideva. Gli piaceva quel sorriso, e più guardava l'altro, meno gli sembrava brutto. Anche il suo lieve zoppicare non era sgradevole. Era agile, anche se, dovendo esser prudente nel camminare, era un po' lento.

Scesero per diverse tratte. Finalmente Marcus si fermò, gli tese un braccio e disse: "Dammi una mano e salta. Te la senti?"

"Sicuro." rispose l'altro e afferrata la mano di Marcus, saltò.

"Vieni. Vedi quel capanno? Lo fece costruire lo zio di mio padre quando io ero piccino, per l'uccellagione. Poi, dopo la sua morte, non fu più usato per lungo tempo." gli spiegò mentre ve lo guidava. "Poi, or son tre anni, io ne presi possesso per riposare nella calura estiva e l'adattai alle mie esigenze. Tutti i nostri uomini sanno che non devono neppure avvicinarsi al mio capanno se non sono io a ordinarlo."

Giunti al capanno, Marcus armeggiò alla sua porta, la aprì ed entrò. Johane lo seguì. Era un ambiente quadrato, con le pareti, fatte di cannicciato e di mota come tutti i capanni della zona, coperte da alcuni drappi di pesante saia a bande con i colori dei Mutii. Poco più di metà dello spazio interno era occupata da un ampio giaciglio, un saccone pieno di foglie secche. L'altra metà aveva un tavolo di legno grezzo, uno scaffale e uno sgabello. Nello scaffale c'erano una brocca, un boccale, una ciotola di legno, due piccoli cesti, un'anforetta per l'olio e due lucerne a olio con un acciarino.

Johane si guardava attorno sorpreso: "Ma è una vera camera, questa. Hai allestito tutto ciò da solo?"

"No, l'ho fatto preparare dai miei uomini. Questo è il mio rifigio, dove spesso mi apparto con... le mie conquiste."

Johane ebbe uno dei suoi sorrisi un po' sbarazzini: "Così, io sarei una delle tue conquiste?"

"Lo sei. Non t'ho forse sorpreso sulle mie terre? Non t'ho forse fatto promettere che saresti venuto qui?"

"Non vi sono finestre." notò il ragazzo.

"No, ma guarda..." disse Marcus, e spinta verso l'alto una pertica che era in un angolo, una parte del tetto di paglia si sollevò, lasciando entrare la luce del sole. "Se piove, se fa freddo o di notte, non l'apro ma accendo le lucerne. Ma così nessuno può spiare dentro." spiegò il giovanotto mentre richiudeva la porta, sprangandola dall'interno e facendovi cader sopra un altro drappo.

"Denudati, ora." ordinò poi, iniziando a sua volta a spogliarsi.

Johane obbedì, guardando il corpo dell'altro che gradualmente si svelava ai suoi occhi. Anche Marcus lo osservava. Quando furono entrambi nudi, l'uno di fronte all'altro il giovanotto passò le mani sul corpo del ragazzo.

"Sei ben fatto, mi piaci." gli disse carezzandogli le natiche con una mano e i genitali, che si stavano inturgidendo, con l'altra.

"Tu sì che hai un bel corpo, muscoloso e forte." rispose Johane, fremendo ai toccamenti dell'altro. Poi timidamente sfiorò il membro già pienamente duro ed eretto del giovanotto. "Hai già avuto molti ragazzi, tu?"

"E chi li conta più!" rispose con fierezza Marcus.

"E ne hai anche amato qualcuno?"

"Pochi. Tu invece non hai ancora mai fatto nulla, m'hai detto."

"È così."

"Neanche i soliti giochini fra ragazzi?"

"Neppure. Solo una volta un mio cugino mi fece vedere, mi insegnò come fare a darsi piacere da soli, ma senza che ci toccassimo."

"E ora, vuoi saltare il fosso." disse Marcus sfregandogli i piccoli capezzoli scuri e, al fremito del ragazzo, chiese: "Ti piace come ti sto toccando?"

"Assai. Non immaginavo che fosse bello anche solo toccarsi in questo modo."

"Questo è solo l'inizio." gli disse Marcus con voce suadente e bassa, "Quando uscirai da qui, vedrai che ti sentirai un altro uomo."

"Un ragazzo..."

"No, un uomo."

"Anche se mi sarò lasciato fottere in culo?"

"Anche. Al contrario di quel che pensano molti, secondo me non è più uomo chi fotte e meno chi si fa fottere. Ma tu, non hai mai provato a farlo con una donna?"

"No, mai. E tu?"

"Due sole volte. Funziona, ma non mi è piaciuto granché. Preferisco i ragazzi."

"E la tua prima volta?"

"A tredici anni. Ero paggio alla corte dei signori di Mons Feretri. Fu il figlio del signore che mi iniziò."

"E fu gradevole?"

"Almeno quanto spero che lo sarà per te."

"È assai gradevole, fino a ora." sussurrò Joahne arrossendo lieve, ma sorridendo lietamente.

"Questo è solo l'inizio, come t'ho detto." disse Marcus e, sicuro di sé, aggiunse: "Vedrai che te lo farò piacere. Vedrai che sarai tu a chiedermi di lasciarti tornare qui, a desiderare che io lo faccia ancora con te."

Erano in piedi sul pagliericcio. Marcus lo strinse a sé e gli si strofinò contro con tutto il corpo, facendogli sentire la propria gloriosa erezione. Johane ebbe un lungo fremito di piacere e si premette contro il suo forte corpo. Con un dito Marcus gli fregò fra le chiappette sode e stuzzicò l'inviolato foro. Johane mugolò...

Marcus lo sospinse sul pagliericcio, sulla schiena, gli fece allargare le gambe inginocchiandovisi in mezzo, e gliele fece poggiare sulle sue spalle.

"Ora ti preparo il buchetto, poi ti prendo." gli annunciò.

"Sei tu il maestro..." sussurrò Johane sentendosi intimorito ma incredibilmente eccitato al tempo stesso.

Marcus si umettò le dita e prese a insalivargli il foro. Johane chiuse gli occhi e fremette in attesa. Il suo membro era duro e svettante quanto mai era stato. A volte Marcus gli impastava ad arte i genitali, poi riprendeva a preparargli il foro per l'imminente conquista.

Quando giudicò che il ragazzo fosse pronto, il suo duro membro s'affacciò all'inviolata porta del piacere e iniziò a spingere. Johane mugolò e si spinse contro di lui. Temeva quel che stava per accadere ma lo voleva al tempo stesso.

Marcus spinse con crescente vigore e sentì la tenera carne del ragazzo iniziare a schiudersi senza opporre soverchia resistenza. Iniziò ad avanzare dentro di lui con lenta ma irresistibile energia. Johane spalancò di colpo gli occhi e schiuse le labbra in un silenzioso gemito. Vide il sorriso del conquistatore dipingersi sul maschio volto del forte guerriero.

Man mano che la dura verga del giovanotto si faceva strada in lui, Johane provava una strana mistura di sensazioni: fastidio, piacere, calore e languore. Si sentiva invadere, riempire.

Il ragazzo analizzava quelle sensazioni così strane e inusuali, così nuove per lui, e pensava che la virile forza che emanava da Marcus e si stava impadronendo di lui era assai piacevole nonostante il lieve disagio e fastidio che stava provando.

Johane, che tanto a lungo aveva desiderato quell'atto, era rilassato e accoglieva in sé la virile verga con non celato piacere. Con sapienti manovre, il bel giovanotto stava facendo sua quell'inesplorata terra.

Eppure, diversamente da altre volte, qualcosa di strano stava avvenendo in Marcus: forse la spontanea accettazione dell'altro, forse il sorriso incerto in cui leggeva un misto di timore e di desiderio, gli fecero provare un senso di tenerezza e rispetto verso quel ragazzo che si stava affidando completamente a lui.

Con accorte movenze, quando gli fu dentro a sufficienza, Marcus fece in modo che il suo forte membro sfregasse sul punto segreto che sapeva dar piacere anche all'altro. Johane infatti nuovamente spalancò gli occhi con espressione di lieta sorpresa e questa volta emise un lieve ma udibile mugolio di forte piacere.

Incoraggiato, anche se non ne aveva realmente bisogno, Marcus iniziò a muovere lentamente avanti e dietro il bacino, penetrandolo sempre più a fondo ogni volta. Le mani di Johane si posarono sulla sua schiena tirandolo a sé, dicendogli così, senza parlare, quanto stesse gradendo quella progressiva invasione.

Giunto al termine della sua avanzata, Marcus si fermò a riprendere fiato: inconsciamente, per tutto il tempo della sua discesa nel caldissimo e stretto canale, egli aveva infatti trattenuto il respiro.

"Che mi stai facendo, ragazzo?" chiese con voce bassa e calda e lievemente roca.

"Io a te? Nulla. Ti sto solo dando il benvenuto." mormorò il ragazzo con voce emozionata, e inconsapevolmente, fece palpitare il suo sfintere.

"Nulla, tu dici? Nulla? Perché dunque è la prima volta che mi sento... grato di poter fottere un culetto?"

"Tu sei il maestro, sei tu quello che sa, non io."

"Per la prima volta ho a cuore quasi più il piacere che do che non quello che prendo. Ti piace, non è vero?"

"Sì, molto... e non è che l'inizio." disse Johane usando le parole di Marcus, ma senza ironia, anzi con dolcezza. "Ma a te piace?" chiese poi.

"Più di quanto avessi previsto. Solitamente, quelli per cui è la prima volta, non fanno che dire: no, aspetta, e basta, mi fai male... togliti..."

"Non sarei qui se non lo volessi anche io. Non t'avrei dato la mia parola."

"T'avrei preso ugualmente... ma non con il piacere che tu stai dando a me, in questo momento. Avrei carpito il piacere da te, t'avrei sottomesso e usato... Ora invece mi pare quasi che sia tu ad avere sottomesso me pur lasciandoti prendere... com'è possibile, questo?"

"Sei tu il maestro..." gli ripeté il ragazzo carezzandogli con levità il forte e bel petto.

"E com'è possibile che tu, non certo il più bello fra le mie molte conquiste, ora mi sembri bello?"

Johane sorrise a quel complimento: "È la prima volta che qualcuno dice di trovarmi bello." sussurrò.

Marcus iniziò finalmente a muoversi nel compagno in lunghi e lenti va e vieni, e Johane chiuse gli occhi per meglio assaporare quella sua prima esperienza.

Il bel giovane guerriero si trovò oltre il punto senza ritorno, senza quasi rendersene conto, e non fu più capace di trattenersi. Un attimo prima che il suo piacere raggiungesse il culmine, Johane si scaricò fra i loro ventri con forti getti e bassi mugolii. Allora anche Marcus inondò le calde e strette profondità del ragazzo che aveva appena conquistato, in una serie di piacevolissime contrazioni e con un lungo mugolio di intenso piacere.

Quando, dopo una lunga pausa, i loro respiri, il battito dei loro cuori e i loro corpi ritrovarono la quiete, Marcus si sfilò lentamente da lui.

Gli carezzò il petto glabro e disse: "È stato molto bello, non è vero?"

"Sì, lo è stato."

"Tu sei il primo dei miei ragazzi che raggiunge il godimento solamente a essere preso."

"Davvero? È dunque inusuale?"

"Per quanto ne so io, lo è. La tua gente è pazza."

"Gli Ulpiani? E perché?"

"Com'è possibile che nessuno abbia mai colto un frutto così maturo e prelibato, che aspettava solo d'essere colto? Non hanno occhi? Ci voleva un Mutius per farlo?"

"Forse è proprio perché hanno occhi... Tutti mi trovano brutto, tu stesso l'hai detto, dal primo momento che ci siamo... scontrati."

"No che non sei brutto, Johane. Volevo solo ferirti perché in te non vedevo che un nemico."

"Eppure bello non sono, lo so, anche io ho occhi per vedere." disse serenamente il ragazzo.

"Non bello, d'accordo, ma tutt'altro che brutto. Ma soprattutto sei un ragazzo assai speciale."

"Perché mi son lasciato prendere da te senza troppe storie?"

"Forse anche per quello. Ma i tuoi occhi, il tuo sorriso, tutto di te mi dice che non sei fatto di pasta ordinaria. Tu hai conquistato me, non io te, nel volgere di pochi istanti."

"Mio malgrado." fece notare il ragazzo.

"Perciò è tanto più straordinario." Poi Marcus disse con un sorriso divertito: "Pensa se la mia gente mi vedesse così... con un Ulpianus, per giunta!"

"Potresti sempre dire con orgoglio che hai fottuto un nemico."

"No... Dovrei dire che ho conosciuto il piacere con un amico..."

"Mi consideri amico?" gli chiese Johane sinceramente stupito.

"Non tu?"

"Sì. Amico. E come avevi giustamente predetto, sono io a chiederti ora se ci si può incontrare ancora."


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