Questo è quanto accadde nell'anno del Signore 1156.
Florianus riuscì a incontrare solo un paio volte Laurentius e a prendere il suo diletto con lui, prima di tornare a Bononia per i suoi studi. Marcus e Johane invece, se pur fra mille cautele, poterono incontrarsi altre cinque volte.
Poi Marcus dovette lasciare il Castrum Mutii per andare a servire nell'esercito dell'Imperatore. Durante il suo servizio, gli fu assegnato un giovane scudiero allemano, che Marcus presto sedusse, piegò senza difficoltà ai propri desideri, e che si metteva sotto quasi ogni notte con forte, reciproco piacere.
Quanto a Johane, che per le sue condizioni fisiche e per la sua indole mai sarebbe diventato un uomo d'arme, fu mandato a studiare a Bononia, all'Universitas Studiorum.
Il giovane Laurentius, invece, riprese i suoi passatempi segreti con i compagni. Con arte e con pazienza riuscì ad allettare alcuni di loro, portandoli gradualmente verso più espliciti e intimi giochi erotici, memore di quanto aveva fatto, con piacere, assieme a Florianus.
Si giunge così all'anno 1157.
Florianus stava traversando il salone degli stemmi dell'università, quando notò che stavan dipingendo su una parete le insegne dei nuovi nobili clerici da poco iscritti. Vide un leone rampante su campo azzurro e nel cartiglio sotto di esso la scritta "Johane de Castro Ulpiani". Per puro caso questo nuovo stemma era esattamente sotto il suo, una corona d'oro su campo bianco con sotto il proprio nome "Florianus de Castro Maurelli".
Nonostante i loro due castelli fossero separati da Mons Mutii, anche fra gli Ulpiani e i Maurelli non correva buon sangue. Si diceva che questo fosse a causa di una donna: un avo degli Ulpiani aveva preso in sposa una damigella dei Maurelli, ma l'aveva poi ripudiata e cacciata dal suo castello dopo soli tre anni, accusandola, ingiustamente a dire dei Maurelli, di infedeltà.
Florianus non sapeva come veramente fossero andate le cose, ma da allora, più di duecento anni prima, Maurelli e Ulpiani avevano frequenti scontri e battaglie fra di loro, oltre che con i Mutii.
Florianus non aveva idea di che aspetto avesse quel Johane, né gli premeva saperlo. Stava recandosi ad ascoltare la lezione di retorica, quando vide avanzare verso di sé un buffo ragazzo, lievemente claudicante, con i capelli scarmigliati come se si fosse appena levato dal letto, che indossava una tunichetta di pregevole fattura ma non lussuosa, di panno azzurro bordato di nero.
Aveva il ragazzo le braccia colme di incunaboli, volumi e tomi, e solo gli occhi vispi emergevano dalla pila dei testi. Lo guardò incuriosito chiedendosi chi fosse: poteva essere l'inserviente di uno dei magistri... ma non l'aveva mai notato prima.
Lo sconosciuto ragazzo, d'un tratto incespicò e la pila dei testi che recava fra le braccia cadde a terra sparpagliandosi in ogni direzione.
"Pe' la passció dell'aneme sante!" esclamò il ragazzo in volgare e non in latino come tutti nell'universitas erano richiesti di usare, e si chinò affannandosi a raccattare i preziosi testi.
D'istinto Florianus si chinò per aiutarlo. I loro occhi si incontrarono e Johane fece un lieve sorriso di ringraziamento.
"Tu sei nuovo di qui. Sei clericus o lavorante?" gli chiese Florianus sottovoce, usando il volgare.
"Clericus come te."
"Che ne sai che sono clericus?"
"Nessun lavorante avrebbe abiti belli come i tuoi."
"Che venderò assai presto, sono già a corto di denaro." disse Floriano facendo spallucce. "Posso aiutarti a portare questi testi?"
"Grazie, sei gentile." disse Johane pensando che mai in vita sua aveva incontrato un essere di tale bellezza, e perciò lieto di poter prolungare la loro vicinanza. "Devo riportare tutto nella libreria dei classici: Cicerone, Terenzio, Tibullo, Vergilio..." enunciò il ragazzo raccogliendo i testi. "Non potevano scrivere un po' di meno e divertirsi di più, i nostri antichi? Ora a noi tocca studiarli tutti." protestò Johane facendo una buffa smorfia.
Florianus sorrise: "Se non ti piace studiare, perché sei qui?" gli chiese.
"Perché mio padre s'è messo in capo di fare di me un letterato, visto che non c'è verso che si possa fare di me un uomo d'arme."
"A me piace studiare, invece. Mi piace la musica: suono la mandola. E mi piacciono gli agi e gli ozi: begli abiti, buon cibo e gradevoli conversari con amabile compagnia." disse Florianus mentre si avviavano verso la libreria.
"Si vede. A me piace invece scorazzare fra gli alberi e andare a caccia. Ma anche a me piace conversare in gradevole compagnia."
"Perché zoppichi? Ti sei fatto male?"
"Avevo dieci anni, sono caduto da un balcone perché volevo fare l'equilibrista sul parapetto... Fortuna volle che mi spezzassi solo una gamba e non la testa. Ma la mia testa è forse troppo dura, se fossi caduto a testa sotto avrei certamente spaccato la pietra dei gradini su cui sono caduto." disse allegramente il ragazzo che continuava a guardare di sottecchi le belle forme dell'altro, sentendo crescere in sé un gradito calore.
Consegnati i testi all'incaricato della libreria, i due ragazzi tornarono indietro.
"Io devo andare alla lezione di retorica. E tu?"
"A quella di eloquenza. L'unica che seguo con passione."
"Nonostante Magister Dominicus... Ti piace? È un vecchio barbagianni!"
"Ma sa insegnare bene. Che corso segui tu?"
"Giurisprudenza. E tu?"
"Arti oratorie. Io mi chiamo Johane. Qual è il tuo nome?"
"Florianus... Johane, hai detto? Sei per caso Johane Ulpianus?"
"Sono io. Come sai il mio patronimico?"
"Un puzzolente Ulpianus! Dovevo immaginarlo dai colori della tua tunica. Io sono un Maurellus!"
"Ah, anche qui in Bononia mi devo trovare fra i piedi un maledetto Maurellus?" chiese il ragazzo.
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
"Ma tu non puzzi affatto." esclamò Florianus.
"No, son brutto e zoppo, ma sono assai pulito. E tu non sembri affatto maledetto, al contrario: sembra che il cielo t'abbia benedetto in abbondanza."
"Ma dimmi, Johane, a tuo parere è vero che un tuo avo scacciò ingiustamente la sua sposa, una di noi?"
"Se non è vero, è ben inventato, come si suole dire. Una guerra per una donna! Un po' come per Elena la troia."
"Di Troia, si dice..."
"Lo so, ma io preferisco chiamarla così. Una guerra per una donna, comunque, mi pare cosa assai assurda."
"Pare che la guerra sia il passatempo preferito del genere umano. Prima si decide a chi fare la guerra, poi si cerca di inventare il motivo per giustificarla."
"Passatempo preferito dai nobili, forse. Non dalla gente comune. Ognuno vuole avere di più e se non l'ottiene con le buone, usa l'inganno e la violenza. Quando m'hai detto che sono un puzzolente Ulpianus, ho temuto che tu volessi portare anche qui la guerra dei nostri padri."
"Era solo uno scherzo. Comunque qui all'universitas studiorum non sono ammesse inimicizie e faide di famiglia o di parte. Se non si va d'accordo, ci si evita... Chi non osserva questa regola, viene bandito per sempre."
"Sì, mi fu detto. Bisognerebbe che l'intero mondo avesse questa regola." commentò Johane.
"Eppure anche qui vi sono nascoste inimicizie fra gli stessi Magistri e di conseguenza fra i loro seguaci."
"Non me n'ero accorto."
"Ora ti devo lasciare, mio puzzolente Ulpianus."
"Spero di incontrarti ancora e presto, maledetto Maurellus." si salutarono i due ragazzi con un sorriso che smentiva ampiamente le loro parole.
Johane aveva ancora gli occhi pieni della bella visione di Florianus. Non aveva mai visto nessuno di aspetto tanto gentile e così bello!
Ah, se solo il bellissimo Florianus avesse avuto i suoi stessi desideri e quelli del virile Marcus... pensò Johane sognante, mentre il Magister Eloquentiae declamava a pro degli allievi un'orazione, che per la prima volta il ragazzo non seguiva affatto.
Ma se anche così fosse stato, se pure il bel Florianus avesse amato accompagnarsi ai ragazzi, non avrebbe certo scelto lui... si disse un po' sconsolato Johane. Non tanto perché lui fosse un Ulpianus, questo era ormai chiaro, quanto perché lui non era affatto un ragazzo attraente, pensò un po' malinconico Johane.
"Eppure Marcus non ha avuto problemi a farlo con me..." si disse poi. "Però Florianus, assai probabilmente, preferisce solo accompagnarsi alle belle fanciulle. Dio li fa poi li accoppia: i belli con i belli ed i brutti con i brutti..." concluse dentro di sé.
"Johane de' Ulpianis! Dov'è la tua testa, oggi? Non in questa aula, a me pare!" tuonò la voce del Magister Eloquentiae.
Johane arrossì e tutti i compagni ridacchiarono.
"Perdonate, Magister, la mia mente era persa nella contemplazione del bello..." rispose con sincerità il ragazzo.
"E che ne sai tu su che cosa sia il bello?" lo interrogò il Magister in tono di sufficienza.
"È il riflesso di Dio nostro Creatore su questa terra." rispose prontamente il ragazzo.
"Anche se il tuo latino non si può certo dire elegante, mi congratulo con te, Johane, la tua risposta è corretta."
Uno degli altri clerici allora chiese: "E di che sarebbe il riflesso, Magister, il nostro Johane con il suo goffo aspetto?"
"Anche lui è il riflesso di Dio Creatore, se non nelle forme, di certo nell'intelletto, a differenza di te, Martinus!" lo rimbeccò secco il Magister e di nuovo tutti risero. Il Magister continuò: "Contemplando la bellezza, noi ci avviciniamo al mistero di Dio..."
Johane pensò che era proprio così e che gli sarebbe assai piaciuto poter contemplare a suo agio la bellezza di Florianus.
Johane rivide Florianus all'ora nona, in occasione della liturgia nella cappella dell'Universitas. Era negli stalli di fronte a quelli in cui era lui, sì che Johane lo poteva ammirare a proprio agio.
"Dio, quanto è bello!" pensò con emozione mentre con gli altri cantava i responsori ai salmi.
"...elevamini portae aeternales et introibit rex gloriae" cantavano le voci.
Johane si chiese come fossero fatte quelle porte che invece di aprirsi di lato come tutte le altre, dovessero essere sollevate... ma poi pensò che lui le avrebbe sollevate, aperte, divelte o sfondate pur di far entrare il suo "re della gloria", il bellissimo Florianus.
"Johane, Johane!" disse una voce dentro di lui, "tu stai perdendo la testa per un miraggio..."
"Si," rispose a quella voce il ragazzo lietamente, "sto perdendo e la testa e il cuore."
"Ma lui non s'accorgerà neppure di te..." insisté la voce.
"Se n'è già accorto, invece. M'ha rivolto la parola, m'ha aiutato, m'ha detto che non gli importa che io sia un Ulpianus."
"È pura cortesia, senza alcun significato. Non è certo interessato a te. Che può mai trovarci in Johane il cionco?"
"A me basta quel poco che si può degnare di darmi, sia pure un cortese saluto..." insisté il ragazzo cercando di far tacere quell'importuna voce.
"Certo, tu devi accontentarti delle briciole..." proseguì la voce imperterrita e spietata dentro di lui.
"Saranno pur solo briciole, ma io le gusterò a una a una." ribatté Johane.
Mentre uscivano alla spicciolata dalla cappella, Johane regolò il passo in modo di trovarsi a fianco di Florianus. Questi lo salutò con un lieve cenno e un sorriso.
"Non finiva mai." sussurrò Florianus.
"A me pare invece che sia finita anche troppo presto." controbatté Johane pensando che avrebbe voluto poter ammirare Florianus ancora per un poco.
"Sei un uomo di chiesa, tu? Un bacia-santi?"
"Ma che! Però per tutto il tempo della funzione ho provato una gioia intensa: ho ammirato il riflesso della bellezza di Dio nostro Creatore..." sussurrò il ragazzo, emozionato.
Logicamente Florianus non poteva capire che si stava riferendo proprio a lui. Fece spallucce e ripeté: "Ma pareva proprio non finire mai."
"Che fai, ora? Hai qualche impegno?" gli chiese Johane quando furono in strada.
"Mi trovo con alcuni amici, in allegra brigata."
"Beato te. Io ancora non conosco nessuno. Tornerò tutto solo nella mia stanzetta."
"Perché non t'unisci a noi, Johane?" gli chiese l'altro.
Il ragazzo lo guardò sorpreso per quel gradito invito che non s'era aspettato di ricevere. "Non conosco nessuno..." ripeté Johane.
"Conosci me e conoscerai anche gli altri. Vi è un dano, un allemano e due romani, tutta gente giovane e allegra. Ah, e forse vi sarà anche un clerico francesco."
"Tutti amici tuoi?"
"Sì, certo. Vieni dunque?"
"Con piacere." rispose Johane felice di poter restare ancora col suo nuovo amico, e dentro di sé aggiunse: "Con te, verrei pure in capo al mondo."
Si ritrovarono tutti sul sagrato di Sanctus Petronius. Florianus fece le presentazioni.
Uno dei due romani di nome Fabius, chiese: "E dove l'hai trovato codesto essere buffo?"
"Che hanno i tuoi capelli? Pare si stiano azzuffando fra di loro!" rise il dano.
"E perché cammini in modo così storto?" gli chiese il francesco.
Florianus li guardò irato e stava per replicare, ma Johane lo precedette prontamente.
"Florianus m'ha trovato che stavo seminando libri nella speranza che ne nascessero di nuovi e di meno noiosi. I miei capelli stan ritti e a nulla vale che io cerchi di farli star giù: è più facile riuscire a far calar giù il nostro membro virile, con opportune cure. E se camminando il mio corpo ondeggia alquanto è perché son zoppo, ma è meglio che non funzioni a dovere la mia gamba dritta che non il mio cervello!"
Tutti risero e l'allemanno disse: "Ha la lingua e la battuta pronta e vivace. Benvenuto fra noi, Johane!"
Florianus parve rasserenarsi. Prese per un braccio Johane, ed in volgare gli disse: "Non sono cattivi, hanno solo, a volte, un umorismo un po' pesante."
"Non ti preoccupare per me, sono avezzo ormai a simili battute... e non fanno più male."
"Andiamo tutti fuori le mura!" propose uno dei romani.
"Sì, a cantar stornelli e a saltare la cavallina!" rispose un altro.
"E a fare a gara a chi le spara più grosse!" disse un terzo.
Ridendo e rincorrendosi per gioco, l'allegra brigata uscì dalla porta e s'inoltrò nella campagna. Si fermarono in un campo dove il francesco e l'allemano si misero a fare la lotta per gioco. Uno dei romani tirò fuori dalla bisaccia un'ocarina e si mise a suonarla e gli altri si misero a cantare: era una canzone goliardica, in basso latino, spiritosa e assai salace. Una delle strofe pressappoco diceva:
"T'ho donato un anello prezioso
pensando di fare a te dono gradito;
ma tu invece di prendermi per sposo
con un giovane clerico m'hai tradito."
Prima che gli altri potessero continuare con la seconda strofa, Johane intonò prontamente, improvvisando:
"E allor sai che faccio o mia ragazza bella?
Il tuo clerico ho deciso di rapire.
Non con minacce né con la mia favella,
Ma l'anello mio di carne con l'offrire!"
Cantando Johane si chinò e dimenò il sedere verso i compagni.
Tutti risero a crepapelle e, ripresero la canzone, ripetendo in coro la nuova strofa creata da Johane, e dimenando tutti il sedere.
"Ehi, Johane! Vediamo che sai inventare dopo la seconda strofa!" gridò il dano e tutti cantarono:
"Un tappeto di fiori t'ho promesso,
un letto di rose ho preprato,
per portartici o bella proprio adesso,
ma tu per un vecchio m'hai lasciato."
Johane subito cantò, facendo buffe mosse:
"Allor sai che ti dico, o svergognata?
Me ne starò qui dentro al mio palazzo,
e per rallegrar la mia serata
a letto poterò un bel ragazzo!"
Di nuovo tutti risero e l'allemano chiese: "Ehi, Johane, com'è che nelle tue strofe alla fine canti sempre di amori greci?"
Johane rispose con una terza e una quarta strofa, mimandole mentre le cantava:
"Perché correre dietro a una preziosa
che la promette e poi non te la cede?
Piuttosto mi accontento di qualcosa
Che ogni ragazzo arrapato mi concede.
Se questo mio ragionar non t'ha convinto,
pensa ai gran vantaggi del mio dire:
prima di tutto nessuno resta incinto,
e per secondo ognuno può gioire."
"E bravo il nostro canterino zoppo!" esclamò l'allemano. "Insegneremo queste tue nuove strofe a tutti gli altri clerici! Vedrai che successo avranno!"
"Non chiamarlo canterino zoppo! È offensivo senza motivo." lo redarguì il francesco.
"Non intendevo offendere." si scusò subito l'allemano.
"E invece m'hai davvero offeso!" lo celiò prontamente Johane: "io non sono un canterino, sono un gran cantore!"
"Sapete che vi dico?" propose allora il dano, "Quando noi si sarà assieme, saremo la Brigata de' Canterini Zoppi e tutti si camminerà come Johane!"
Più tardi, prima che le porte della città chiudessero, ché era già quasi il tempo del suono dell'Ave-Maria, gli amici rientrarono in Bononia tutti zoppicando e cantando assieme lungo il tragitto fino all'Universitas.
Un cittadino di mezz'età riccamente paludato li apostrofò con severa autorità: "Che voi clerici andiate in giro cantando salaci versi, è già fastidioso da sopportare. Ma che prendiate in giro in codesto modo chi per sua disgrazia non può camminar dritto, è cosa assai riprovevole. Non provate vergogna di nulla?"
Johane prontamente, sollevandosi la tunica e così mostrando all'uomo la sua gamba storta e con una vistosa cicatrice, gli disse: "E che ne possiamo noi se per disavventura o malanno siam diventati zoppi? Di che ci si dovrebbe vergognare? O forse per voi è mala creanza, che gli zoppi osino cantare? Dite, messere, illuminateci con la vostra millantata buona creanza!"
Il pover'uomo, persa tutta la sua baldanza, si profuse in scuse.
Al che Johane aggiunse: "Se accettate un consiglio da un povero zoppo, prima di parlare, messere, pensateci tre volte... e poi tacete. Così almeno evitate di offendere chi ha la mala sorte di passarvi accanto." Poi, rivolto ai suoi nuovi amici, disse: "Andiamo, amici, non ci curiamo di costui e della sua morale fasulla."
L'uomo si allontanò di fretta e i ragazzi, tutti continuando a zoppicare con grande serietà, ripresero il loro cammino. Quando furono fuori vista scoppiarono a ridere tutti assieme.
"L'hai sistemato, Johane. Sei stato grande!" gli disse Florianus.
"Che diritto aveva quel tale a redarguirci così per uno scherzo innocente?" disse Johane.
Presto in Bononia la "brigata de' canterini zoppi" fu conosciuta da molti e fra i clerici dell'Universitas Studiorum, Johane divenne famoso.
Com'era costume in quei tempi, molti dei clerici anche di nobili casate, per potersi mantener agli studi all'Universitas dovevano mendicare. Questo perché era assai disagevole ricevere denaro dalle loro famiglie: non esistevano ancora banche e le strade erano spesso infestate dai briganti. Inoltre il danaro con cui giungevano a Bononia presto terminava perché vivere fuori casa, pagare le lezioni dei Magistri e comprare i necessari testi era oltremodo costoso.
Così anche Johane imparò presto a mendicare. La gente del luogo era abbastanza generosa, ma i clerici erano numerosi sì che solo i più destri riuscivano a racimolare abbastanza monete, ma i più timidi molto meno. Vi era però anche una certa solidarietà fra i clerici.
Johane stava appunto mendicando, quando vide giungere Florianus con un involto sotto il braccio.
"Ohilà, maledetto Maurellus, che piacere vederti!" esclamò Johane andandogli incontro lietamente, "Dove ti stai recando?"
"A vendere i miei abiti più belli, ché son rimasto senza una sola moneta, o mio puzzolente Ulpianus." gli rispose il ragazzo sorridendogli.
"I tuoi abiti più belli? Fa' vedere... No, questi non li devi vendere."
"Devo sì; te l'ho detto, la mia scarsella è vuota, e io non son bravo a mendicare, ne ho troppa vergogna. So che sono stupido, ma proprio non riesco che a farmi dare qualche monetina e di rado."
"Ti do io le monete che t'abbisognano. Io sono abbastanza sfacciato per riuscire a farmene dare più che a sufficienza."
"Vuoi comprare tu i miei abiti?"
"No, non saprei che farne. Voglio che li tenga tu. Ti regalo le mie monete... se le accetti da un puzzolente Ulpianus come me senza offenderti."
"Perché non vuoi i miei abiti? Sono di buon tessuto e di pregevole fattura."
"Su te, esaltano la tua bellezza. Su me, renderebbero solo più visibili i miei difetti: mi parrebbe di vestirmi con le penne del pavone. Chi come me non è un campione di bellezza, deve vestirsi in modo modesto e non troppo vistoso. Perciò voglio che tu li tenga, ma voglio anche che tu accetti le mie monete."
"Perché fai questo per me?"
"Per amicizia, e perché io son capace di mendicare per due."
"Nessun amico sarebbe disposto a tanto. Dimmi il vero perché."
"Perché ho piacere di farlo."
"Non evitare la mia domanda, Johane. O mi dici il vero, oppure non accetto."
"Se ti dico il vero perché... forse tu mi neghi la tua amicizia." rispose titubante Johane.
"Perché dovrei?"
"Quando... quando m'hai visto brutto e cionco, tu m'hai accettato ugualmente."
"Sicuro."
"Quando hai scoperto che sono un puzzolente Ulpianus, tu m'hai accettato ancora..."
"Sì, è così."
"Ma sei disposto ad accettarmi ancora se ti dico che... che io..." chiese il ragazzo abbassando il tono e lo sguardo, poi sollevando nuovamente gli occhi e fissandoli in quelli dell'amico, con voce bassa ma ferma proseguì: "che io amo i bei ragazzi e tu sei il più bello che io abbia mai visto e desiderato? Mi accetteresti ancora?"
Florianus per un attimo restò interdetto, poi chiese: "Vuoi prenderti piacere con me? Per questo?"
"No! Non ho detto questo né l'ho pensato! Ho detto solo che sei bello e che la tua bellezza è esaltata da codesti abiti che vorresti vendere, e io non voglio che tu li venda ma che li indossi... sì che io possa almeno godere della tua vista. Null'altro ti chiedo. Né mai avrei l'ardire di offrirti poche monete per... per divertirmi con te in quel modo! Non basterebbe tutto l'oro del mondo... No. Come tu sai, non ho molto di piacevole dalla vita. Lasciami almeno questo. Prendi il mio denaro, tieni i tuoi abiti... e lasciami solo godere del tuo aspetto... e non negarmi la tua amicizia, nonostante io sia brutto e zoppo, un puzzolente Ulpianus e un fervente seguace del vizio greco. Puoi farlo?"
Florianus scosse il capo lentamente.
"Non puoi? Vedi, avrei fatto meglio a tacere." disse sconsolato Johane.
"No, mio Johane, non è che non posso... È solo che tu sei il più incredibile ragazzo che io abbia mai conosciuto. E sono fiero di avere la tua amicizia. Tu vali molto più di me. Inoltre, dato che sei stato sincero con me, anch'io devo esserlo con te. Anche io sono un adepto del dolce vizio greco. E se solo avessi immaginato prima che anche tu lo sei, t'avrei chiesto io se ti va di accompagnarti a me, di prendere il nostro piacere assieme. E ora te lo chiedo..."
"Accetti il mio denaro?"
"Sì, lo accetto con cuore grato."
"E terrai i tuoi abiti?"
"E li indosserò per te."
"Bene, è cosa fatta. Ma... ma io non posso accettare di venire nel tuo letto... o che tu venga nel mio."
"Non puoi? Non ti capisco..."
"Vedi, Florianus, ora ne sarei anche felice ma... ma forse un giorno potrei dubitare che tu stia con me solo... solo per pietà. E un altro giorno che tu mi conceda la tua intimità solo per ripagarmi... O infine che io per te sia solo un passatempo. E ti odierei, ma io non voglio odiarti. Io voglio amarti nell'intimo del mio cuore. Tu meriti assai più e assai meglio di quel che io sono. E ogni ragazzo su cui tu posassi gli occhi, mi farebbe star male...
"Ti sono grato per avermi detto che ti saresti accompagnato a me, se avessi saputo di me, anche prima della mia offerta di poche monete. Ma no, capisci? È molto meglio che io non accetti la tua bella offerta. Così, il giorno in cui tu troverai il ragazzo che fa per te, e io so che lo troverai, io ne gioirò con te. A me basta che tu mi sia amico e che mi lasci così gioire per la tua presenza. Null'altro."
"Ma questo... questo è amore!"
"Lo è e resterà tale se tu lo accetti, e il tempo non lo farà morire, se resteremo soltanto amici, se non andremo mai oltre. Non lo capisci?"
"Non lo capisco, no. Ma se questo è quanto veramente vuoi, una cosa ti dico: in me avrai per sempre un amico fidato, sincero, fedele e sempre pronto a essere al tuo fianco. Io giuro, lo giuro sui miei padri, sul mio nome, su Dio... a costo della mia vita, io ti sarò amico."
"E accetti il mio denaro?"
"Lo accetto con cuore grato."
"Ma se un giorno la mia gente e la tua si faranno guerra?"
"Mi opporrò con tutte le mie forze, e comunque io non imbraccerò mai l'arme né contro te né contro la tua gente! Lo giuro!"