Quando Florianus tornò al Castrum Maurelli e alla sua normale vita, una delle prime cose che fece fu di scendere fino a Castrum Novum per cercare Laurentius. Questi non era più un ragazzetto, ma s'era fatto un ragazzo ormai di diciassette anni, alto, forte e snello.
Appena vide Florianus, lo salutò con calore: "Non ti sei scordato di me, a quanto vedo."
"E tu di me? Hai trovato un compagno?" gli chiese il bel cavaliere mentre scendevano assieme verso il fiume Muso.
"Con cui divertirmi? Qualcuno, ma nulla di serio. Ora resterai qui, m'hai detto. Non tornerai a Bononia. Hai terminato i tuoi studi?"
"Sì, li ho terminati."
"E che farai ora, a parte le guerre contro i Mutii e gli Ulpiani? E oltre a venire a cercar me di tanto in tanto?"
"Non so ancora, sono tornato da pochi giorni."
"Ti occuperai delle vostre terre?"
"Il mio fratello maggiore affianca validamente nostro padre, per quello. E tu?"
"Io che? Lavoro a bottega con mio padre, che altro potrei fare? Mi piace, comunque, mi piace usar le mani."
"Di questo ne ho personale esperienza... e non solo le mani..." disse sorridendo il bellissimo cavaliere.
"Tu pensi solo a quello?"
"Tu no?"
"In questo momento sì, lo ammetto, o non sarei qui con te a cercare il posto adatto."
Giunsero in riva al fiume.
"Preferisci che ci si bagni prima o dopo?"
"Dopo. Vieni da questa parte. Ho trovato un posto migliore. Sai, dopo l'ultima volta che ci si è visti, ho avuto modo di provare a farlo anche con una ragazza..."
"E ti è piaciuto?"
"Proprio per nulla. Qui no, non così, io questo non lo faccio... e giunti al dunque, tutto è finito senza che lei potesse rendermi quanto io le avevo dato. No, non fa per me. Si tengano le donne quelli a cui fa piacere, io lascio loro volentieri la mia parte, ne faccio volentieri a meno."
"Dovrai pur maritarti, un giorno..."
"Spero proprio di trovare il modo di evitarlo. E tu?"
"Anch'io. Non essendo il maggiore mi sarà forse un po' più facile evitare di dovermi accasare. Ehi, sei cresciuto bene anche qui, fra le tue gambe, vedo!" disse Florianus quando Laurentius fu nudo.
"Non mi posso lamentare. Mmhh, mi piace come mi tocchi, hai mani delicate e sapienti."
"E a me piace come tu sai baciare..." gli disse Florianus traendolo stretto a sé e baciandolo con calore.
"Vi insegnano anche queste cose, lassù a Bononia?"
"Anche..."
"Avevate davvero un Magister anche per questo?" chiese stupito il ragazzo sgranando gli occhi.
Florianus ebbe una risata lieve: "No, queste cose le insegnavano i clerici più esperti ai clerici che lo erano meno. I nostri Magistri, anche se più a parole che non di fatto, si sarebbero mostrati assai scandalizzati nel saper che noi clerici si facevano queste cose."
"Comunque scommetto che questo tipo di lezioni era quello che frequentavi più volentieri e più assiduamente."
"Volentieri, sì; assiduamente, meno. Ogni giorno si era assai impegnati a seguir le lezioni all'Universitas Studiorum, quelle su un pagliericcio avevano luogo assai di rado."
"Ma erano più piacevoli, penso."
"Era un diverso piacere: l'uno della mente e l'altro del corpo. Mmhh, sei sempre bello stretto, qui dietro, noto con piacere..." gli disse Florianus prendendolo con gusto.
Entrambi tacquero, assaporando la loro unione, stesi sulla fresca e soffice erba, fra lo stormire lieve delle fronde e accompagnati dal dolce mormorio dell'acqua. Quando entrambi ebbero preso e dato piacere all'altro, non si rivestirono subito. Andarono a immergersi nelle poco profonde ma limpide acque del fiume e giocarono spensierati lanciandosi manate d'acqua.
"Mi piace stare con te, perché dopo non te ne vai di fretta come molti dei miei compagni. Mi fai sentire che per te sono qualcosa di più che non una rapida fottuta. Gli altri, tanto prima son pieni di voglie e di insistenza, tanto dopo paiono vergognarsi e aver fretta."
"Sì, ti capisco. Anche con alcuni dei clerici era spesso così."
"Tra i miei compagni, la maggior parte e non solo alcuni. E poi, parlan sempre di donne... sono noiosi. Ma dimmi," chiese poi mentre uscivano dall'acqua, "tu che hai studiato. Perché ad alcuni piace l'altra metà del cielo, e ad altri, come noi, non dice nulla?"
"Me lo son chiesto molte volte anche io. Credo che sia un po' come ad alcuni piace mangiare il pesce mentre altri lo aborrono... a meno che abbiano troppa fame e non vi sia altro da mangiare..."
"Questo lo chiamiamo anche pesce..." disse Laurentius toccandosi il membro e ridacchiando, poi chiese: "Ma nessuno condanna chi ama o non ama il pesce. Perché quelli come noi, al contrario, sarebbero da condannare?"
"Forse perché siamo pochi. Tutti pretendono che ognuno si comporti come i più... O forse perché facendolo fra noi non si possono far figli, che son reputati il bene più prezioso, la ricchezza d'ogni uomo. Ma soprattutto perché si dice che le Sacre Scritture lo proibiscano... Davvero non capisco. Le Sacre Scritture proibiscono anche di mangiare la carne del maiale, eppure questo precetto oggi più non vale... Le Sacre Scritture sono piene di leggi che non si applicano al popolo cristiano."
"Secondo te è vero che noi che facciamo queste cose, periremo nell'inferno?" chiese Laurentius.
"Secondo me, se Dio è veramente un Dio d'amore, non può aver creato l'inferno."
"Il prete dice che non fu Dio che creò l'inferno, ma fu il demonio."
"Se così fosse, avremmo due creatori... Non mi pare possibile, perché se così fosse, la nostra religione non sarebbe diversa da quella dei pagani, che avevano molti dei."
"Quindi, tu non credi nell'inferno."
"Fatto da Dio, no. Fatto dal demonio, nemmeno. L'unico inferno che credo esista è quello che la cattiveria dell'uomo crea per i suoi simili, oltre che a volte per se stesso."
Laurentius carezzò il bel corpo nudo di Florianus steso sui sassi della riva accanto al suo: "Non ti sembrano sciocche tutte queste mie domande?"
"Nessuna domanda è mai sciocca, perché viene dal desiderio di sapere, di conoscere, di capire, o di confermare ciò che già si sa. Le riposte, invece, a volte sono davvero sciocche."
"Ai miei: perché? molti rispondono: perché è così!"
"Ecco, vedi, questa è una delle più sciocche risposte che si possano dare, infatti non dice nulla da cui imparare."
"Ma uno non può sapere tutto, non può essere sempre capace di dare una risposta."
"È vero. Ma allora si risponda: non lo so. Con umiltà e sincerità."
"L'umiltà non è proprio la virtù più diffusa fra voi signori. Tu, mi pare, sei un'eccezione."
"È forse una virtù coltivata fra voi artigiani?" chiese Florianus.
Laurentius sorrise: "Forse no... anche se a volte si deve fingere di averla con chi è più potente. Tu che hai studiato, sai perché l'umiltà... si chiama umiltà?"
"L'origine della parola, vuoi dire? Sì questo lo so. Viene dal latino 'humus', cioè la terra fertile. È la cosa più in basso che vi sia, eppure è la base di ogni forma di vita. L'umile perciò è colui che riconoscendo di essere in basso, diventa così fertile terra. Da una colonna di marmo non nasce nulla, dalla terra fertile, sì. Senza la fertile terra, senza l'humus, il mondo sarebbe arido, non vi sarebbe vita."
"È bello pensare che l'umile diventa terra fertile. Mi piace. Tu sai proprio tutto, Florianus. A te è bello chiedere i miei perché."
"No, so molto poco. Ma mi piace sapere e capire sempre più, per ciò mi piace studiare e riflettere sulle cose."
Si rivestirono e tornarono su verso l'ameno colle. Giunti al limitare di Castrum Novum, si salutarono e Florianus proseguì lungo la strada che, aggirando a mezza costa il colle, ed evitando di calpestare le terre degli altri castelli, lo conduceva fino a Castrum Maurelli.
Era appena giunto al suo borgo, quando notò un'insolita agitazione fra la sua gente.
"Che accade?" chiese ad un passante.
"Ah, Florianus, è di nuovo la maledetta guerra, la guerra contro i Mutii." rispose quello aggrondato.
Florianus si affrettò su fino al castello. Sì, c'era aria di guerra, ne riconosceva i segni. Incontrato il fratello maggiore, gliene chiese il motivo.
"Quei ladri dei Mutii hanno rubato un carro e le bestie dei nostri contadini, con la scusa che passava fuori dalla strada comune, e calpestava le loro terre. E non intendono restituircelo."
"E ci si deve scannare a vicenda per un carro e un paio di buoi? Vale dunque di più un carrro che una vita umana?"
"Quel che è giusto è giusto e non ci si deve mostrar deboli né sopportare angherie. È una questione d'onore. E poi, se non si reagisce, oggi un carro, domani una casa colonica col suo campo, e l'indomani il nostro borgo intero! Va', ora, preparati, non v'è tempo da perdere in stupide ciance."
Florianus sapeva che era inutile opporsi, ragionare. Non certo a quel punto, quando gli animi erano infiammati e tutto era pronto per battersi. A malincuore, andò ad armarsi anche lui.
Udì il padre che diceva ai suoi uomini: "... e oltre al nostro carro, gliene prenderemo almeno altri due, per ripagarci dell'onta subita e insegnar loro a non fare i gradassi. E cercate di prender vivo qualcuno dei maggiorenti di Mons Mutius, così per liberarlo ci faremo pagare un cospicuo riscatto. Però, pittosto che lasciarvelo scappare, ammazzatelo senza pietà: i Mutii son solo cani rognosi, è ora di finirla con i loro soprusi e dargli una lezione che non dimentichino troppo presto!"
Florianus fu disturbato da queste parole. Si chiese anche fino a che punto fosse vero che il loro carro non avesse sconfinato a bella posta abbandonando la strada comune. E fino a che punto i loro contadini non ne avessero anche approfittato per rubare i prodotti dei contadini dei Mutii: sapeva bene che a volte accadeva, e dall'una e dall'altra parte.
Sapeva bene altresì che nessun ladro si dice mai colpevole: si protestano tutti innocenti, a volte anche quando sono colti sul fatto.
Se ognuno dei signori avesse punito i propri uomini che rubavano nelle terre degli altri signori, quante guerre e vendette si sarebbero potute evitare!
Sperò che tutto si risolvesse in una di quelle scaramucce in cui l'unico risultato fosse la conta dei trofei da riportarsi a casa, e non la conta dei morti.
Un carro e un paio di buoi sono certamente un bene prezioso, ma mai quanto la vita anche di un solo uomo. Possibile che nessuno paresse rendersene conto? E se vi fossero stati dei morti, specialmente di nobile stirpe, le famiglie si sarebbero volute vendicare, con altre guerre e altre morti.
Sentendosi addosso il peso di una gran tristezza, assai più greve che non il peso delle armi, Florianus terminò di prepararsi. Cinse la spada, calcò l'elmo e scese nella corte dove gli altri uomini erano già pronti. Il vento di tramontana faceva schioccare a tratti i vessilli bianchi e verdi dei Maurelli. I pochi uomini a cavallo e gli altri a piedi, come Florianus, uscirono dal castello e, traversato il borgo, uscirono dalle mura dalla Porta di Sopra, avviandosi verso Castrum Mutii.
A mezza via si fermarono: gli uomini dei Mutii, coi loro vessilli porpora e bianco, li attendevano a pié fermo, sbarrando il cammino.
Il padre di Florianus avanzò, solo, sul proprio cavallo e si fermò a metà fra i due gruppi di nemici.
"Gastaldus de' Mutii, rendimi il mio carro, i miei buoi e tutte le mie cose!" gridò con voce alta.
Un cavaliere si staccò dall'altra schiera avanzando di un poco. Ritto sulla sella, l'uomo gridò: "Vieni a prenderteli, se ne hai il fegato, Furius de' Maurelli! Il carro aveva solo da passare dritto per la sua via e nessuno l'avrebbe toccato. Ma tutto ciò che è sulle nostre terre ci appartiene, questa è la legge. Perciò quel carro e le altre cose son nostre, ora, non tue!"
Il padre di Florianus sguainò la spada e, ruggendo, s'avevntò contro il Prior de' Mutii. A quello, le due schiere avanzarono urlando e correndo, fino a scontrarsi. La battaglia, iniziata in una compatta confusione di uomini e di armi, si frantumò in mille rivoli man mano che gruppi di combattenti si allontanavano dagli altri per aver più agio di mulinar le spade e le mazze.
Gli scontri fra i guerrieri a piedi inziarono a spostarsi giù per le ripe da un lato della strada e dall'altro, sì che sulla strada ora giostravano solo i cavalli. Il clangore delle armi, degli scudi e delle corazze, la polvere sollevata in dense nubi dagli zoccoli dei cavalli, le grida e le urla avvolgevano ogni cosa.
Florianus, respinti validamente uno dopo l'altro due attaccanti, si vide venire addosso un guerriero dei Mutii. A differenza degli altri, questi non gridava né per spaventare gli altri né per infondersi coraggio. Menava grandi fendenti con la sua spada, con metodica precisione, quasi come un falciatore che miete le messi, e Florianus per la prima volta dovette retrocedere.
L'altro lo incalzava implacabile. Continuarono a combattere giù per la riva, allontanandosi così dal cuore della battaglia. Florianus sentiva d'essere in svantaggio, trovandosi sulla parte più bassa del terreno; si difendeva validamente, ma invano tentava di risalire la china. L'altro lo incalzava senza sosta.
Florianus riusciva a parare i forti colpi del suo avversario e qualche volta anche a piazzare qualche buon colpo, ma inevitabilmente doveva continuare a scendere più in basso. Si trovarono fra gli alberi. Rami saltavan via attorno a loro a ogni fendente. Ancora nessuno dei due aveva emesso né un grido né una parola.
Il bel Florianus dovette indietreggiare ancora, incalzato dall'avversario che pareva possedere una inesauribile energia. Lui invece iniziava a sentire una certa stanchezza e le membra parevan diventare vieppiù pesanti. Fece un rapido passo indietro per evitare un formidabile fendente.
Il suo calcagno incontrò una radice sporgente e Florianus cadde rovinosamente indietro sulla schiena. Fece per rialzarsi prontamente, ma la punta della spada dell'avversario gli sfiorò la gola.
"Arrenditi, Maurellus, o sei morto!" disse la voce del guerriero, deformata dalla celata che gli proteggeva il volto.
Florianus restò immobile.
"Getta la spada, e togliti l'elmo!" ordinò l'altro.
Florianus obbedì, lentamente. Sapeva che non gli conveniva far gesti bruschi, se aveva cara la vita. Non distolse lo sguardo dal suo opponente e notò che ansava lievemente. Quando si fu tolto l'elmo, la voce dell'altro, sorse di nuovo.
"Ah, bene, bene. Tu devi essere Florianus il bello! Non si fa che parlar di te, per i castelli. Se tu avessi meno avvenenza e più muscoli, forse ora non saresti alla mia mercé." rise l'altro.
"Dato che sono sconfitto, posso sapere chi è che mi ha in suo potere?" chiese Florianus.
Senza spostare la spada, con la mano libera, il guerriero sollevò la celata del proprio elmo.
"Sono Marcus Mutius, il figlio cadetto del Prior di Castrum Mutii."
"È un onore essere stato sconfitto da te e non da uno qualsiasi dei vostri uomini."
"Ti sei difeso bene, lo riconosco, ma t'è servito a poco. Alzati in piedi, ora... ma lentamente... e non tentare di fuggire."
"Un Maurellus non volta la schiena all'avversario, dovresti saperlo." rispose fieramente Florianus, alzandosi in piedi.
"Togliti il pettorale... e la cintola con il pugnale." ordinò Marcus. L'altro obbedì. "Ora via anche la tunica. È bella e ricca, la voglio."
"Immagino che mi porterai al tuo castello e che chiederete un buon riscatto alla mia famiglia, o che farete uno scambio. Là potrai avere la mia tunica, oltre alle mie armi, e disporne a tuo gradimento, farne il tuo personale trofeo."
"Quel che farò sarò io a deciderlo, non tu che sei il mio prigione. Via la tunica, ho detto."
"Marcus de' Mutii, lasciami almeno la mia dignità e le insegne del mio rango."
"Le hai perse entrambe nell'atto di gettare la tua spada. Obbedisci, la mia pazienza è breve e sta per finire."
Florianus non si mosse. Marcus lo guardò con occhi duri. Florianus non abbassò lo sguardo.
"Quanti anni hai?" chiese a un tratto l'altro.
Florianus lo guardò un po' stupito per quella domanda: "Ventitré."
"Bene. Non più un ragazzo e non ancora pienamente un uomo. Togliti la tunica, ho detto!"
Flavianus nuvovamente non obbedì e restò immobile. Marcus si tolse l'elmo e lo laciò cadere in terra. Rimise la propria spada nel fodero e prese per un braccio l'avversario: la sua mano era forte e la presa decisa.
"Ho detto! O vuoi che sia io a toglierti di dosso quel panno?"
Gli si addossò quasi, senza lasciare la presa. Florianus inditreggiò un poco, ma subito l'altro gli fu nuovamente addosso. Florianus retrocedette ancora e Marcus lo incalzò, finché il Maurellus sentì contro la schiena il tronco di un albero.
Il volto quasi contro il suo, gli occhi minacciosi, Marcus gli disse: "La mia mercede, sul campo di battaglia, sono uso prendermela a mio piacere, che l'altro voglia o no. E so ben io quello che penderò da te. Spogliati, tosto!"
"Non umiliarmi al punto di portarmi al tuo castello ignudo."
"Ne avresti vergogna?"
"Non io. Ma per la mia famiglia sarebbe un'affronto grave, inaudito, che vorrebbero poi lavare con un'altra guerra. Non ve ne sono anche troppe, e per futili motivi?"
"Tu dici che non te ne vergogneresti..."
"Non io, l'ho detto. Non ho nulla, io, di cui vergognarmi. Nudi siam nati, dopo tutto."
"Ti lascerò rivestire, dopo. In fondo non m'interessan davvero le tue vesti, ne posso avere a mio gradimento."
"E allora, perché dovrei ora spogliarmi?"
"Perché intendo adesso riscuotere la mia personale mercede, l'ho detto. Se sei bello nel corpo come lo sei sul volto... voglio prenderti, com'è mio diritto!"
"Ah, voi dei Mutii usate fottere i nemici che sottomettete?"
"Non so gli altri. Io di certo lo faccio, e con sommo piacere." rispose ridendo Marcus. "Specialmente con uno bello e giovane come te. Quelli vecchi e brutti li lascio volentieri ad altri... se li volessero. La battaglia mi eccita, soprattutto in quel senso. L'ho già più duro della mia stessa spada, all'idea di fartelo assaggiare, di introdurlo tutto in te, usandoti come fodero di questa mia spada di carne. Spogliati, svelto, prima che perda del tutto la mia pazienza!"
Florianus, rassegnato, si tolse gli abiti di dosso.
"Tutto, ho detto!" ordinò l'altro e uno sguardo di apprezzamento e di libidine s'accese sul suo volto.
Florianus eseguì.
"Bello. Sì, sei bello oltre ogni dire. Quello che ho udito dire di te è nulla in confronto alla realtà..." disse Marcus con voce bassa e lievemente arrochita.
Una sua mano palpò i genitali di Florianus, che fu sorpreso per la gentilezza di quel tocco.
"Sì... bello... anche troppo..." mormorò il fiero guerriero toccandogli con gesto lieve il petto e il fianco.
Con un dito gli sfiorò le labbra sottolineandone la forma: "Una bella bocca, fatta per baciare... Sono stato fortunato, quest'oggi, ad aver vinto te e non uno stupido caprone. Girati, ti voglio veder tutto."
Florianus si girò. La mano dell'altro gli carezzò le piccole e sode natiche.
"Bello anche qui... perfetto! Se tu non fossi che un Morellus, io ti farei la corte... Se tu fossi un mio servo, ti sceglierei per servire me solo..."
"Puoi farmi la corte, se vuoi, non la rifiuterei. Oppure trattarmi come un tuo servo, o un vinto quale sono, e prendere in me il tuo piacere, senza curarti del mio sentimento..."
"Accetteresti la mia corte? Vuoi dire che avresti piacere a essere mio?"
"Tanto quanto potresti avere tu piacere nel convincermi a esser tuo."
"Anche a te piacciono gli uomini?"
"E tu mi piaci, per quel che posso vedere e immaginare di te. Che ti darebbe più piacere, conquistare il mio sì, o sottomettermi a forza?"
"Non m'hai pregato di risparmiarti quest'onta..."
"Quale onta? Quella d'essere stato vinto? Oppure quella d'essere montato da te? Non è un'onta subire quanto non si può evitare. Perché dovrei pregarti? E se pure lo facessi, ascolteresti tu la mia preghiera?"
"Sei il secondo a dirmi pressappoco queste parole. Ma l'altro non era bello come te. Accetteresti la mia corte, hai detto..."
"Accettare che tu mi corteggi non vuol dire che io ti dirò di sì. Devi decidere se tentare di sedurmi o prendermi e basta. Sei tu che hai la spada in pugno... anche se l'hai riposta."
"Sedurti, dici... Non sono avezzo a queste cose..."
"Vi è sempre una prima volta."
"Il tempo è poco, per sedurti."
"Finché sono tuo prigione, hai tutto il tempo che vuoi. O temi forse di non saper essere seducente?"
Marcus continuava a sfiorargli lieve il corpo. Dopo un poco notò che il suo prigioniero stava inalberando una mezza erezione.
"Ti piace come ti tocco."
"Mi piace assai. Sei sensuale e sei forte e virile in battaglia... e gentile quando è terminata. Dici d'essere impaziente, eppure ancora ti trattieni. Dici che sei avezzo a prendere quanto ti piace, eppure stai considerando l'alternativa che ti ho proposto. Tutti aspetti di te che depongono a tuo vantaggio nella mia considerazione."
"Stai cercando di blandirmi? Di confondermi? Di sedurmi?"
"No, ti sto solo dicendo quello che in te mi piace per quel poco che ti conosco. Un altro, al tuo posto, avendomi sottomesso, m'avebbe forse già messo sotto e si sarebbe preso il suo piacere senza pensarci due volte... e ora sarebbe già tutto finito. Allora?"
"La voglia di metterti sotto è ancora forte..." lo ammonì Marcus.
"Hai detto che ho labbra da baciare... Perché non mi baci, dunque? Anche la mia voglia sta diventando forte..."
Marcus gli cinse la vita e lo trasse a sé. Florianus sentì prima il freddo della dura corazza dell'altro contro il suo petto nudo, poi il calore delle labbra di Marcus sulle sue e rispose al profondo, intimo bacio.
Marcus si staccò da lui: "La tua bocca ha il sapore d'una sorgente d'acqua fresca..."
"E la tua il calore d'un meriggio d'estate..."
"I tuoi occhi brillavano, mentre ti baciavo."
"Sai baciare molto bene, è stato oltremodo piacevole."
"Se ti seduco... prometti che sarai mio?"
"Se mi sedurrai, sarò io a chiederti di esserlo... e sei già sulla buona strada."
Marcus lo guardò a lungo negli occhi. "Rivestiti, ora, e seguimi." disse raccogliendo la spada di Florianus, poi il proprio elmo e quello dell'altro.
"Rinunci a prendermi con la forza?" chiese Florianus rivestendosi.
"Non mi far cambiare idea, ora. Chiederemo un riscatto per liberarti. E spero che i tuoi non lo paghino troppo in fretta. Passeremo da basso, starò attento che nessuno si metta sulla nostra strada. Ma tu non tentare di fuggire, né di chiedere aiuto."
"Conosco le regole di guerra e le rispetto. Mi sono arreso a te, e sono un cavaliere, non un buffone."
"Vorrei la tua resa... per quell'altra cosa."
"T'ho detto che è possibile."
"Che cosa, in me, ti fa dire che vorresti lo fosse?"
"I tuoi occhi, il tuo sorriso... e la tua valentia nel trattenere il tuo desiderio, di vincere, oltre che me, anche il tuo desiderio."
"Mi trovi anche piacente?"
"Assai. Forte e gentile al tempo stesso."
"Anche tu sei gentile e forte, d'una forza che va oltre quella del corpo. E sai essere seducente... oltre che bello d'una bellezza sublime. Mi chiedo chi alla fine sarà il vero vincitore, fra te e me... Io ho domato la tua spada... tu la mia volontà di usarti per prendermi il piacere."
"La battaglia è ancora aperta, fra te e me, Marcus Mutius. Ma questa è una battaglia in cui il vincitore sarà vinto, e il vinto vincitore... comunque vada."