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una storia originale di Andrej Koymasky


I CAVALIERI
DI SANT'ANDREA
CAPITOLO 7
VINCITORI E VINTI

Florianus si sentì scuotere lievemente e si svegliò. Come nella notte precedente, il tenue chiarore dei raggi lunari era l'unica luce nella stanza.

"Eh? Che c'è?" chiese insonnolito.

"Ho deciso."

"Che cosa?"

"Puoi prendermi, se vuoi... puoi farmi tuo, ma io devo farti mio!"

"Avevi detto..."

"So bene quello che avevo detto."

"Uno scambio alla pari; tu dai una cosa a me e io ne do una a te."

"Qualcosa di più. Come t'ho detto... io mai l'ho accettato di mia volontà, anzi, ho sempre detto di no, a tutti."

"Purché io ti dia il mio corpo... sei disposto a darmi il tuo."

"Più del tuo corpo, io voglio."

"La mia anima, come il demonio?"

"Non prendermi in giro!" ribatté Marcus. "Non è piccolo il sacrificio che sono disposto a fare. Per te."

"Per avermi."

"No. Non per averti, per darti ciò che desideri, ciò che ti piace."

"Non per avemi, dici?"

"Non per averti."

"Se così fosse... ti daresti a me... senza chiedermi nulla in cambio."

Marcus tacque a lungo.

"Se lo facessi... cosa penseresti di me?" chiese l'uomo in un sussurro.

"Che il mio piacere ti sta davvero a cuore. Che non è un baratto da mercanti. Che per me provi... più che semplice lussuria."

Di nuovo Marcus tacque a lungo.

"Vuoi stravincere, Florianus. Vuoi vendicarti per essere stato sconfitto da me."

"No. Che tu m'abbia sconfitto in battaglia e questo, per me, non hanno relazione alcuna."

"Avrei potuto prenderti là, sul campo di battaglia."

"Puoi sempre farlo, anche ora. Che cosa ti trattiene?"

"Perché stai tirando la corda così, Florianus?"

"Per vedere di che stoffa sei fatto."

"Per vedere se sono un debole?"

"No, al contrario. Per vedere fino a che punto sei forte."

Un altro lungo silenzio scese fra i due. Stavano fermi, immobili, distesi fianco a fianco, senza guardarsi. Inconsciamente, entrambi trattenevano quasi il respiro, in attesa.

Poi, a voce così bassa da essere appena udibile, Marcus finalmente parlò ancora.

"Penserai che sono pazzo... magari riderai di me, ma... hai vinto! Fai con me ciò che più ti piace... Non ti chiedo nulla, in cambio."

Flavianus trasse un profondo sospiro. S'alzò a sedere, carezzò il volto dell'altro con una mano lieve come ali di farfalla. Poi si chinò su di lui e lo baciò.

"Preparati..." gli sussurrò.

Marcus si liberò rapidamente delle vesti, quasi temesse di cambiare idea. "Sono pronto..." mormorò.

Flavianus sorrise: "Ora spogliami." chiese.

Con mani febbrili, Marcus obbedì.

"Ecco. Ora, Marcus, puoi fare con me tutto ciò che vuoi... io ti amo... non voglio nulla da te che non sia tu a volermi dare."

"Ma..."

"Dovevo essere sicuro che... che anche tu mi amassi. Mi sono forse sbagliato?"

"Oh... oh, Flavianus... Mi è costato molto capire, accettare fino a che punto io sia innamorato di te. Ma ora che anche tu m'hai detto che mi ami, io voglio... voglio, capisci, darti tutto quello che puoi desiderare. Voglio essere tuo e farti mio. Non uno scambio alla pari, non un mercato. O forse sì, uno scambio alla pari, perché due che si amano, sono pari!"

"È così, è proprio così."

I due si abbracciarono e si baciarono, e i loro corpi nudi si strinsero e si cercarono, ognuno finalmente desideroso e pronto a darsi all'altro. Le loro membra si intrecciarono in una giostra di crescente passione e desiderio. Senza bisogno di parlare, di accordarsi, prima fu Florianus a prendere Marcus, perché voleva che l'inevitabile fastido o pena della prima volta fosse poi ripagato da un intenso piacere. Fu il più giovane dei due a guidare quella loro prima unione e il fiero, orgoglioso Marcus, docilmente si lasciò guidare.

Quando finalmente anche Marcus ebbe raggiunto l'apice del piacere e fece per togliersi da sopra il corpo dell'altro, Florianus gli disse: "No, resta ancora un poco, è un dolce peso, il tuo. Tienimi ancora fra le tue braccia e le tue gambe, avvolgimi ancora con il tuo corpo, come con il tuo amore."

"Son tuo... fai di me quello che vuoi." sussurrò lietamente il prode guerriero.

"È stato tanto difficile per te, come si è iniziato?"

"No, Flavianus. Forse per il mio corpo lo è stato, in parte, non per il mio cuore. Ero felice di averti in me."

"E io in me, amore."

"Una parola dolce, detta dalle tue labbra e dal tuo cuore."

"Grazie, Marcus."

"Di che? Sono io che ti devo ringraziare."

"Grazie per esserti mostrato a me per quello che speravo tu fossi. Grazie per aver avuto il coraggio di rinunciare a tutto per me. Grazie per amarmi. Ora son tuo prigione molto più di prima, e spero di rimanerlo per sempre."

"Vorrei ridarti a pieno la tua libertà."

"So che non puoi. Come potresti giustificarlo con la tua gente, dopo che si è battuta per te e per la tua famiglia? Lasciamo che le cose seguano il loro corso. Accontentiamoci della libertà che ci siamo conquistati, dichiarandoci amore nonostante le nostre famiglie siano nemiche."

"Ma che faremo quando infine tu potrai tornare dalla tua gente?"

"Ci incontreremo ogni volta che vorremo e potremo. Troveremo un modo e un luogo."

"Sì, non sarà troppo difficile, questo. Quello che però sarà difficile assai, sarà comunicare liberamente per darci appuntamento."

"Ho un'idea: ho conosciuto un ragazzo di Castrum Novum... l'ho conosciuto intimamente, intendo. Se potrò convincerlo a venire al mio servizio, sarà lui il nostro messaggero. Potrà entrare e uscire dal mio e dal tuo castello senza problemi: dal mio perché sarà un mio servitore, e dal tuo perché per tutti sarà solo un giovane artigiano di Castrum Novum. Spero che il ragazzo accetterà."

"Pagalo bene, se occorre. E anche io gli regalerò monete ogni volta che mi porterà un tuo messaggio o il mio a te. Però... se con lui hai avuto una storia... non temi che sarà geloso di me e che ci possa tradire?"

"Non credo. Ci si divertiva semplicemente assieme, di tanto in tanto. Comunque lo sonderò con cura, prima di decidere e di fargli questa proposta."

"Mi mancherai, il giorno in cui ti vedrò lasciare queste mura." disse Marcus.

"E tu a me, ma saremo forti."

"Se solo cessassero queste assurde ostilità... se si potesse vivere e incontrarci in pace!"

"Ora anche tu sei della mia idea?" gli chiese Florianus, carezzandogli una gota.

"Sono egoista ad aver cambiato idea solo perché ti amo?"

"No, l'amore ti ha semplicemente aperto gli occhi e il cuore. Dicono che l'amore faccia perdere la testa. A parer mio, invece, aiuta a ritrovare la ragione."

"Dicevi che il vincitore è vinto, e il vinto vincitore. Hai ragione. Io che mi credevo vincitore, son vinto, e tu che io credevo vinto, sei vincitore."

"Non intendevo questo, amato mio. Tu vincitore sei vinto, e tu vinto sei vincitore, e questo vale anche per me. Solo l'amore rende possibile questa doppia antinomia. Che se si vuol dire in altro modo, in amore non c'è né vincitore né vinto."

Si baciarono ancora e ancora finché, allacciati, si lasciarono cullare da un gradevole e sereno sonno. Il nuovo sole li trovò ancora uniti in un tenero abbraccio.

Furono giorni felici e quando giunse il messo dei Maurelli con il riscatto, né Marcus gioì per quel denaro, né Florianus per essere stato liberato.

"Rivuoi la tua spada, le tue armi?" gli chiese Marcus prima di separarsi.

"No, son tue, sono il tuo trofeo. Appendile qui nella tua stanza. Ogni volta che le vedrai penserai a me, e come non hai conquistato solamente le mie armi, né solo il mio corpo, ma anche il mio cuore."

"Ma che avrai tu per pensare a me? Vorrei che anche tu avessi qualcosa di mio."

"Non saprei, non è facile, senza che sembri strano che io esca da Mons Mutius con qualcosa che ti appartiene. Ma ogni mattina, bevendo il latte e mangiando il pane appena sfornato, penserò a te... che hai finto che anche tu ne fossi ghiotto, per compiacermi."

"Oh! L'avevi capito?"

"Sì, mio Marcus, ed è stata una delle prime cose che mi ha fatto sentire qualcosa di bello nei tuoi confronti."

Infine Florianus dovette lasciare Castrum Mutii e tornare alla propria dimora.

Passò un solo giorno. Il dì seguente, di buon'ora, il giovane scese fino a Castrum Novum e cercò Laurentius. Quando il ragazzo lo vide, gli andò incontro festante.

"Andiamo al fiume o al pilone di Sanctus Jeronimus?"

"Né all'uno né all'altro luogo. Ti devo parlare. Vieni, camminiamo assieme per un tratto, saliamo in su, questa volta..."

"Solo parlare?" gli chiese un po' immusonito il ragazzo. "Speravo tu volessi divertirti con me. Con te mi piace assai più che con i compagni."

"Solo parlare, mi spiace."

Il ragazzo lo seguì, un po' scontento ma anche incuriosito.

Giunti sul ciglio del colle, sedettero sull'erba fianco a fianco. Davanti a loro, lontano, la bella chiostra dell'Appennino si stendeva in mille velature.

"Vedi, Laurentius, è accaduto un fatto..."

"Brutto?"

"No, bello, almeno per me. Ho conosciuto un uomo..."

"Che ti piace."

"Esatto. Anzi, più che piacermi, di cui mi sono..."

"Innamorato! Ma anche lui di te?"

"Sì, anche lui."

"Peccato! Cioè, scusa, sono lieto per te... peccato per me. Questo vuol dire che mi dovrò contentare di quegli zoticoni dei miei compagni."

"Non sei irato con me per quanto ti ho detto?"

"No. Forse soltanto un po' invidioso, ma mica troppo. L'invidia è una brutta bestia, si dice. Certo, mi sarebbe piaciuto poter continuare a divertirmi con te, di tanto in tanto. Tu sì che ci sai fare. E poi, tu sei il primo uomo che mi ha preso e si è lasciato prendere da me, e che mi ha fatto scoprire che anche quello è bello. Ma sono veramente contento per te."

"Però... c'è un problema."

"Hai detto che anche lui ti ama, no? Che problema ci può essere mai?"

"Vedi, io sono un Maurellus..."

"Sì, lo so. Ah, forse lui non è nobile come te? È forse solo un servo, o un contadino?"

"No, è nobile lui pure. Ma lui e un Mutius."

"Naccipicchia! Questo sì che è un problema serio! E come fate, allora? Né lui può venire a te, né tu a lui... È un bel guaio, questo." disse Laurentius grattandosi la testa. "Però... potreste vedervi fuori, in un altro posto, un po' come te con me... Basta che vi mettete d'accordo, che trovate un posto..."

"Ma come fare per comunicare? Né io posso mandare a Castrum Mutii un mio uomo da lui, né lui un suo uomo al Castrum Maurelli..."

"No, certo, li caricherebbero di legnate. Essere così vicini e non poter comunicare... Se voi signori non foste sempre in guerra! Vedi cosa succede? Anche per questo noi si è venuti via e si è andati giù a Castrum Novum. Eravamo stufi delle vostre stupide guerre!"

"Hai più che ragione. Se noi due si potesse trovare un messaggero neutrale, uno che possa entrare senza problemi sia a Castrum Mutii che a Castrum Maurelli..." disse Florianus continuando a guardare dinnanzi a sé verso le lontane montagne.

"Per questo... per questo potrei farlo io. Noi di Castrum Novum entriamo e usciamo dai vostri castelli senza problemi."

"Tu faresti questo per me? Per noi?"

"E come no. Anzi, sarei pure contento di farla in barba ai tuoi e a quelli di Mons Mutii."

"Te ne saremmo assai grati, e non solo a parole. Anzi, pensavo... se tu volessi entrare al mio servizio, ti darei un buon salario e il mio uomo, ne son certo, ti darebbe volentieri ogni volta qualche moneta."

"Ma se entro al tuo servizio, il vostro problema non sorgerebbe da capo?"

"Quelli di Mons Mutius non lo saprebbero, non dovresti indossare i colori dei Maurelli. Per loro saresti solo un ragazzo di Castrum Novum."

"Sì, forse è così, però... non sarebbe più semplice se tu o lui veniste giù da me per darmi un'ambasciata? E poi, a me piace il lavoro che faccio. Son diventato bravo, sai?"

"A venire su e giù, si perderebbe un sacco di tempo. Se tu vivessi su e non così lontano, tutto sarebbe assai più rapido e semplice."

"Anche questo è vero..." disse pensieroso il ragazzo.

"Se non vuoi cessare la tua arte, magari potrei aprirti una tua piccola bottega a Mons Maurellus."

"Davvero lo faresti? Una botteguccia tutta mia?" chiese il ragazzo, e gli brillavano gli occhi.

"Dovrei poterlo fare, magari anche con l'aiuto del mio uomo. Fra il mio e il suo denaro, potrebbe essere possibile. E sia io che lui saremo i tuoi primi clienti. Che ne dici?"

"Credo proprio che si può fare. E vi farei da messaggero gratis, in questo caso."

"Tuo padre non farà difficoltà che tu te ne vada da casa?"

"Sono il figlio minore, gli bastano i miei fratelli per il suo lavoro. Sarà anzi contento di non avermi più fra i piedi... Tanto più se sarai tu che verrai giù a dirgli che intendi aprirmi una botteguccia. E poi, lavorando a Mons Maurellus, non toglierei lavoro a lui, né ai miei fratelli, visto che voi Maurelli siete i più lontani da Castrum Novum. I nostri migliori clienti sono quelli del Mons Ulpianus, e poi un po' anche i Mutii."

"Allora sei veramente disposto a darci una mano?"

"Lo sarei stato anche solo per farti un favore, tanto più lo sono per fare buoni affari." rispose il ragazzo con occhi furbetti.

Si lasciarono con una stretta di mano. Il ragazzo si avviò salterellando e canticchiando giù per la discesa che conduceva a Castrum Novum.

Si fermò prima che la strada girasse e gridò: "Flavianus! Cerca di fare presto a combinare il tutto!"

"Non dubitare." gli gridò di rimando il giovane cavaliere, "Ho assai più fretta io di quanto possa averne tu!"

"Non ne dubito, no!" rise il ragazzo e scomparve giù per la discesa.

Flavianus prese la via del ritorno, soddisfatto: era stato più facile di quanto avesse sperato.

Si mise immediatamente alla ricerca del luogo adatto per la botteguccia del ragazzo. Non ebbe eccessiva difficoltà a trovarla, in pochi giorni. Allora tornò subito a cercare il ragazzo.

"Laurentius, t'ho trovato il posto per il tuo lavoro. È fuori dalle mura di Castrum Maurelli, sulla via comune, verso Mons Mutius."

"Meglio così. Posso sembrare più... neutrale!"

"Non è né troppo piccolo né troppo grande..."

"Ho capito: è troppo giusto!" disse il ragazzo ridendo.

"È una stanza con una porta indipendente, nella casa di un nostro fittavolo, e dà sulla via comune, anche se sorge sulle nostre terre. Lui non la usa veramente e la sta già vuotando delle poche cose, e poco utili, che vi aveva messe. Però vi è un fatto..."

"E ti pareva, tu e i tuoi però! Di che si tratta?"

"Io non credo di poter disporre di sufficiente denaro per comprarti tutti gli attrezzi e il materiale che ti può occorrere. Per il resto, ne sono certo, provvederà il mio uomo. Per questo ho preparato una lettera in cui gli spiego ogni cosa e che tu dovresti portargli. Vi è il mio sigillo, non perché tu non la legga, che tanto tu sai già tutto..."

"E comunque non so leggere, anche se mi sarebbe piaciuto imparare."

"... ma solo perché il mio uomo, che ancora non ti conosce, sia certo che proviene da me."

"È saggia cosa."

"Solo lui però deve vedere la mia lettera e il mio sigillo o saremo persi, sia lui che io."

"A questo ci arrivavo da solo, mica sono tonto!" disse allegramente il ragazzo.

"Lui ti darà il denaro, o ti procurerà il necessario. E credo che ti darà un messaggio per me... spero un appuntamento. Perciò, dopo averlo visto e aver parlato con lui, verrai da me."

"Sicuro. A questo punto devi dirmi chi è il tuo uomo."

"È Marcus Mutius."

"Nacciderba! Il minore del Prior, uno dei più forti e famosi cavalieri dei castelli, se non il migliore. Ti sei messo con lui? Ma come vi siete incontrati?"

"Mi ha vinto in battaglia. Sono stato suo prigione."

"Beh... complimenti. T'ha vinto in tutti i sensi... O sei tu che hai vinto il suo cuore?"

"Lui ha vinto me in battaglia e poi anche il mio cuore... io ho vinto solo il suo cuore." rispose con un sorriso Florianus.

"La cosa più importante. Ecco, vedi, questa è una cosa che mi piace di te, cavaliere senza cavallo. Tu sei sincero. Un altro non avrebbe ammesso d'essere stato preso prigione, d'aver perso."

"Non lo sanno già tutti?"

"No... o almeno, non ne ho sentito parlare. Marcus del Prior di Mons Mutius... Dicono che sia molto forte e valente. Ma certo non è bello come te. Forza e bellezza si sono messe assieme: che coppia formidabile! Comunque è fortunato il forte Marcus ad aver vinto, o perso, con te!"

"Vuoi che venga ora a parlare con tuo padre?"

"No, non ancora. Quando tutto sarà pronto. Io comunque ho iniziato a lanciare il sasso e come immaginavo, lui non fa storie. Se ora mi dai la lettera, io corro subito dal tuo Marcus. Tu torna al tuo castello e aspettami lì."

"Mi raccomando, Laurentius, sii prudente. Senza te, sia Marcus che io, saremmo persi."

"Fidati, amico... Ti posso chiamare amico, non è vero?"

"A pieno diritto, mio buon Laurentius!"

Il ragazzo nascose accuratamente la lettera sotto i panni, assicurandosi che non potesse scivolar via e cadere, e corse via. Aggirò Mons Ulpianus, e giunse rapidamente a Mons Mutius. Sulla porta del muro del borgo, le guardie lo fermarono.

"Chi sei e che cerchi?"

"Sono Laurentius di Marianus, intagliatore, scultore e stipettiere di Castrum Novum. Devo vedere il cavaliere Marcus Mutius, che m'aspetta."

"Aspetta qui, vado a controllare."

"Dio," pensò il ragazzo, "non dovevo dire che mi aspettava. Speriamo che capisca e che confermi la mia storia. Se no... riprovo dall'altra porta!"

Dopo poco il soldato tornò: "T'aspetta, è vero. La sai la strada?"

"Certo che è vero, mica sono un bugiardo, io. E questa mica è Roma, non mi perdo, sta certo."

Dopo poco il ragazzo era al cospetto di Marcus, che l'attendeva alla porta del castello.

"Sei tu Laurentius di Castrum Novum?"

"Sì, sono io, e tu?"

"Sono Marcus Mutius. Vieni nella mia stanza, ti devo parlare."

Quando furono nella sua stanza, Marcus gli disse, con accento d'urgenza: "Ti manda Florianus, non è vero? Dimmi, qual è il messaggio."

"Ti manda questa lettera." gli disse il ragazzo frugando sotto i propri panni e porgendogliela, "C'è il suo sigillo."

"Sì, vedo." disse Marcus. Aprì la missiva e la lesse tutta d'un fiato, mentre un sorriso gli rischiarava il volto.

"Laurentius, tu mi stai rendendo un uomo felice! Ascolta. Tu sai tutto di noi, perciò non perdo tempo a scrivere una lettera. Vai da lui e digli che mi faccia sapere se gli necessita danaro e quanto, oppure che con te mi prepari una lista di tutto quanto devo procurare per la tua bottega. Poi digli che venga, se può stasera stessa, all'ora di Vespri, al bivio di Cerqueto che là l'attenderò. Ti ricordi tutto?"

"Sicuro, al bivio di Cerqueto per l'ora dei Vespri. Non devo anche dirgli che l'ami? Chi è innamorato non attende di sentire altro..."

Marcus gli diede uno scappellotto scherzoso: "Certo che glielo devi dire. Ti sono grato, Laurentius, per quanto fai per noi. Dio te ne renda merito, oltre a quello che Florentius e io potremo fare per te. Ora vai, e portami la sua risposta... messaggero d'amore!"

L'ora dei Vespri doveva ancora suonare, che già Marcus era al bivio di Cerqueto. Guardava con impazienza verso la strada che scendeva da Mons Maurellus. Non dovette attendere a lungo. Anche Florianus era impaziente di rivedere finalmente il suo uomo.

Marcus lo vide correre giù per la china e si nascose. Lo vide arrivare trafelato e guardarsi attorno. Ansimava. Marcus sorrise: quella fretta, nonostante fosse in anticipo, lo rendeva lieto e gli dava un senso di calore. Florianus s'era spostato dalla parte della via che scendeva da Mons Mutius e guardava in su...

Marcus uscì silente dal suo nascondiglio, afferò da dietro il suo amante, lo strinse a sé e con voce roboante, gliese: "Che fai sulle mie terre, maledetto Maurellus!"

Florianus aveva avuto un soprassalto, ma riconobbe subito la voce dell'altro: "Queste son terre mie, Mutius ladro e bugiardo, perché quanto è di Marcus è mio, come quel ch'è mio è di Marcus!"

"Ottima risposta... Finalmente sei qui fra le mie braccia!"

"Ti son mancato?"

"Troppo!" disse Marcus e baciò sulla bocca l'amante, che s'era girato fra le sue braccia.

"Pazzo!" gli disse Florianus respingendolo, ma sorridendogli, dopo ch'ebbe ricambiato il lungo ed appassionato bacio. "Non qui ove chiunque ci potrebbe vedere!"

"Hai ragione, ma non potevo farne a meno. Vieni, andiamo nel mio capanno."

Presero la via che scendeva ancora, poi, lasciatala, si inoltrarono in un tratto boscoso. Giunti in vista del capanno, Marcus glielo indicò.

"È quello. Ci troveremo lì, le prossime volte."

"Ma così devo entrare nelle tue terre... che dirò se qualcuno dei tuoi mi dovesse sorprendere?"

"Io t'attenderò, o tu m'attenderai dove abbiamo lasciato la strada bianca. Non correrai alcun pericolo. Eccoci giunti, vieni."

Erano appena entrati nel capanno, che prima da Mons Mutius, poi da Mons Maurellus e quasi al tempo stesso da Mons Ulpianus, giunsero i rintocchi dei Vespri.

Marcus, in quei giorni di attesa, aveva abbellito un poco l'interno del capanno. Ma Florianus non poté notare nulla, perché non vi era mai stato e perché comunque era nuovamente fra le braccia del suo uomo.

"Quanto mi sei mancato, amato mio!" sospirò felice, stringendosi a Marcus. "La vera mia prigionia è iniziata quando i miei hanno pagato il riscatto e sono dovuto andar via dalla tua stanza."

"Ti sono mancato tanto, mio bel Fiore?"

"Come il cibo in tempo di carestia, come l'acqua a chi è nel deserto, come l'aria a chi sta annegando!"

Toltisi gli abiti con ansiosa fretta e gettatili alla rinfusa a terra, furono l'uno nelle braccia dell'altro e, allacciati in un appassionato bacio, i loro corpi ignudi e uniti scesero sul pagliericcio. Con mani febbrili si esplorarono a vicenda le desiderose membra, rotolandosi uno sull'altro in una gioiosa giostra.

"Prendimi, amato mio..." mormorò con gioiosa impazienza Florianus.

"No, prima tu... ti voglio in me."

"Ti prego, amore..."

"Fammi tuo..."

"Tu, prima..."

Marcus disse: "Sei sulle mie terre, pertanto qui comando io! Perciò cedo alla tua richiesta, accetto la tua offerta. Questa volta sarò io a prenderti per primo... Eccomi a te."

E finalmente le carni del bellissimo Florianus accolsero in sé il forte Marcus con un lungo gemito di piacere.

"Son tuo, son tutto tuo!" mormorò Marcus offrendo il suo vigoroso membro alle tenere e calde intimità del suo amato. Si muovevano in sincrona armonia, gustando a pieno quell'unione così a lungo desiderata, dimentichi del tutto delle meschine faide delle loro famiglie.


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