logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


LO STALLONE DOMATO CAPITOLO 3 - IL "BEL MONDO"

Era stato divertente selezionare e assumere il personale.

Avevo capito che cosa avesse in mente Manlio. Non voleva ragazzi che si prostituissero, ma solo che fossero eventualmente disponibili, disinibiti e riservati.

Solo che, mi chiedevo, come fare a trovarli? Non potevo certo mettere un'inserzione sui giornali: uno mica può mettere un annuncio del tipo: "Cercasi camerieri/e 20/28enni bella pesenza bisex disponibili scopare". Giusto?

Le ragazze dovevano avere un aspetto che andava dal femminile a quello un po' mascolino (ma non troppo), i ragazzi dovevano andare da un aspetto delicato (ma non effeminato) a quello rude (ma non troppo).

Pensai comunque che potevo cominciare a proporre il lavoro a qualcuna delle mie conoscenze che mi parevano rispondere ai requisiti. Pollastre o galletti con cui m'era capitato di fare qualche cosa, qualche "giro", con soddisfazione e che m'erano sembrati, oltre che fisicamente piacenti, anche disponibili e disinibiti.

Si sa che il "bello" è una questione di gusti molto personali, perciò dovevo essere di manica un po' larga, scartando solo gli "scorfani". Infine, dovevano essere persone distinte, fini, riservate e con un carattere gradevole.

Avendo fatto il cameriere in locali anche di lusso, avevo le idee chiare sul tipo di personale che volevo. Cominciai perciò proprio da due cameriere che conoscevo, sia sul piano professionale che per essermele portate a letto, Lisetta e Gianna, e le convocai una alla volta.

Spiegato bene che cosa mi aspettavo, che tipo di lavoro sarebbe stato, i doveri e i diritti, i limiti e le possibilità, tutte e due accettarono immediatamente. Un buono stipendio e la possibilità di conscere il jet-set internazionale, esercitavano un fascino quasi irresistibile.

Feci firmare loro il contratto, preparato da Manlio, dopo aver spiegato bene tutte le clausole, soprattutto quella che le impegnava a non divulgare nulla di quanto avessero visto, sentito e fatto durante l'orario di lavoro.

Fu Lisetta, quando mi chiese se poteva mandarmi un paio di sue amiche, a darmi l'idea: la cosa migliore per trovare il personale giusto, era il passa-parola, e non mi sbagliavo.

Poi contattai Tano e Alfio. Il primo mi disse che ci voleva pensare; gli risposi di non pensarci troppo, perché eravamo quasi al completo (bugia, avevo appena cominciato). Il suo problema pareva fosse che non era sicuro di poter funzionare bene anche con una donna.

Alfio era invece entusiasta. Anche a loro due chiesi di fare il passa-parola. Il problema più grande era che fossero disposti a scopare sia con uomini che con donne, sia con belli che con brutti... ma il fatto che sarebbe stata comunque tutta gente "giusta", cioè ricca e famosa, smussava molti angoli.

Qualcuna delle ragazze e dei ragazzi che arrivarono grazie al passa-parola e che mi parevano più appetibili, li sottoposi anche a una selezione pratica... non di rado suggerita anche da loro. Niente male fare il selezionatore.

Li feci iscrivere tutti, a nostre spese, a un corso intensivo di inglese e, quelli che già lo conoscevano a sufficienza, a un corso di un'altra lingua straniera a loro scelta: volevo uno staff "internazionale". Manlio aveva apprezzato e approvato questa mia idea.

Un altro punto furono le uniformi: le volevo eleganti, gradevoli, e che valorizzassero il corpo di chi le indossava. Manlio mi fece discutere con un suo amico stilista. Si decise per una classica camicia bianca di taglio maschile sia per i ragazzi che per le ragazze, con farfallino rosso per i maschi e di lamé d'oro per le ragazze, pantaloni neri attillati sul bacino e morbidi sotto per i ragazzi, gonna nera, ampia e morbida e un po' sopra il ginocchio per le ragazze.

Il "tocco speciale" sarebbe stato un corto gilè di broccatello aperto davanti, dai colori sobri, con un pattern diverso per ognuno dei dodici mesi dell'anno, intonato alla stagione, ma uguale per tutti. Io, il capo-sala e il/la receptionist avremmo in più indossato una giacca nera.

Decisi che tutti dovevano avere una targhetta con il nome ben visibile e chiaro sull'uniforme. Ma non volevo le solite targhette di plastica da congresso o da supermercato. Lo stilista propose un piccolo rettangolo di panno con gli spigoli arrotondati, con il nome scritto con lettere di metallo brunito. Sotto vi avrebbero appuntato piccole bandierine di metallo smaltato, corrispondenti alle lingue che ognuno sapeva parlare.

Solo io non avrei avuto la targhetta con il nome perché tutti i soci avrebbero saputo che ero io il "patron", il grande Eugene Porter.

Manlio mi aveva dato carta bianca quasi su tutto, e questo mi dava al tempo stesso una notevole libertà e altrettanta responsabilità, ma sia l'una che l'altra mi gratificavano.

Le stanzette in cui i soci avrebbero potuto rilassarsi (e anche scopare con il personale), le chiamammo "studi privati". Furono arredate con una scrivania, telefono con linea esterna, in seguito anche computer collegato a internet, una sedia, un paio di sgabelli di diversa altezza, uno scaffale con la cancelleria, e un divano che con un solo gesto diventava un comodo letto a due piazze.

Per accedere al corridoio che dava negli studi privati, e anche nei bagni per gli ospiti e il personale, si doveva passare per una porta che si apriva alle spalle del banco del/della receptionist: così il "via vai" sarebbe stato più discreto anche se sotto controllo.

Nel blocco centrale c'era anche una piccola e attrezzatissima cucina in cui il cuoco, un coreano di nome Kim, specializzato in cucina orientale e in cucina francese, poteva preparare piccoli snack à la carte. C'era infine il mio ufficio che fungeva anche da segreteria e da archivio. Tutte le stanze interne ricevevano aria e luce da lucernari praticati sul tetto.

Le arcate dei finestroni erano state tutte chiuse da doppi vetri in lastra unica, fra cui era inserita una vetrata in stile art-déco, molto semplice ma elegante. Davanti a ognuna delle finestre vi era un divano a "C" con al centro un tavolo rotondo e sul lato libero sedie. I quattro tavoli agli angoli erano tutti riservati: li avrei usati io, o dati a soci importanti che fossero arivati quando tutti gli altri erano occupati. Da ogni angolo si poteva vedere metà del club.

Completavano il tutto due bar super-forniti, uno per vini e liquori, l'altro per gli analcolici, il caffè e il tè. Il tutto era di un lusso sobrio, raffinato, gradevole e confortevole. Vi era spazio per ballare, se i soci avessero gradito, e anche un pianoforte e lo spazio per un gruppo di musici, per occasioni speciali.

Quanto alla mia residenza, avevo lasciato la mia vecchia stanzetta da quattro soldi in cui avevo vissuto fino ad allora e mi ero concesso un appartamentino semplice ma fornito di tutte le comodità. Arredamento e tutto il necessario nel mio appartamento era stato compreso nei costi per allestire l'After-taste. E lì portavo le mie segrete conquiste extra-contrattuali.

Un pomeriggio, per poco, Manlio mi colse in flagrante delitto nel mio appartamentino. Ero con Meg, un'americanina che lavorava come foto-modella. Avevamo da poco portato a termine una piacevole e movimentata scopata ed eravamo lì sul mio letto a rilassarci, mezzo addormentati tutti e due, quando squilla il telefono.

Era sua signoria: "Sto arrivando." Il delizioso Manlio!

Sveglio Meg, lei si lamenta con la sua orribile voce miagolante, raccoglie i suoi lunghi capelli ossigenati, l'aria assonnata e imbronciata. Io ho la testa in subbuglio, lei lotta per entrare nel suo costoso vestito che la copre a mala pena (pare che meno stoffa si usa e più sono costosi!), io a mia volta lotto con i miei calzoni, l'accompagno alla porta e la saluto con una lieve pacca sul bel culetto, poi corro a riordinare il letto.

Cinque minuti dopo Manlio faceva la sua entrée. Avevo appena avuto il tempo di cambiare le lenzuola... A volte lo odio. Dopo tutto sarò sì uno stallone, ma non una macchina. Cavolo, io sono venuto da meno di un'ora e quello vuole sicuramente scopare.

"Ho poco tempo. Devo passare dal sarto poi dal manicure..." annuncia e si toglie la giacca, la getta sul divano, si slaccia la cintura dei calzoni. Scommetto che lo vuole fare lì, in piedi nel soggiorno. Infatti mi guarda con quei suoi occhi freddi e dice: "Che aspetti! T'ho detto che ho fretta, no?"

D'accordo. Mi levo i calzoni e spero che mi si rizzi in fretta... e se non riesco a venire di nuovo, so come fingere... purché non gli venga in mente di controllare quello che c'è nel preservativo. Capacissimo di farlo, troia come è. No, forse è meglio non fingere.

Penso che Manlio sia un incrocio fra un gentiluomo, dall'ombelico in su, e un porno-divo, dall'ombelico in giù. L'idea mi fa eccitare... il mio fedele compagno solleva la testa e fortunatamente riesco ad accontentarlo.

Ragazzi, m'immagino la scena se m'avesse beccato a letto con quella gallinella, solo pochi minuti prima!

Si tira su i calzoni, si rimette la giacca, impeccabile di nuovo come sempre. "Ci vediamo stasera. Tienimi il mio solito tavolo." dice riabbassandosi la zip dei calzoni, poi chiudendola di nuovo. "Verso le dieci arrivo con il console greco e sua moglie."

Poi è andato via, lasciando dietro di sé la lievissima scia del suo profumo preferito. Non sono mai riuscito a capire che cosa usi... forse se lo fa preparare in esclusiva, chi sa?

Quando tutto era cominciato con lui non era niente male: il conte Manlio Ferro Mattei del Pozzo eccetera. Ma è un tipo strano, decisamente strano, e non mi va che mi usi come un oggetto... né la sua stanza per puttaneggiare... e i suoi pecuiari gusti su come, quando e dove farlo!

E che dire della sua nobilissima consorte? Quella deve essere solo una vecchia scema. Cornuta e contenta. Possibile che non si sia accorta di essersi sposata con un... Bah!

Adesso che ho raggiunto il sogno che non avevo mai fatto e che potrei anche essere soddisfatto... quello mi tiene per i coglioni e mi fa fare tutto quanto vuole. L'After-taste è suo. Se volessi piantarla di fotterlo come e quando vuole lui, dovrei perdere tutto. Punto e a capo.

Non è giusto. Sono io che ho messo su tutta la baracca e che la faccio girare come un orologio svizzero. Sono io che mi rompo il cazzo fino alle sei di mattina e tutto quanto ne ricevo sono solo le briciole, mentre lui si pappa l'intero filone di pane senza neanche fare la fatica di muovere un dito.

E poi, non ha neanche firmato un contratto, con me. Niente. Io semplicemente lavoro per lui, anche se sotto i contratti del personale c'è la mia firma. Perciò se un domani ci fossero grane, chi la paga sarei io. Che ingenuo sono stato a farmi incastrare così da quella troia di Manlio!

Quella notte al club, comunque, era promettente. In città, nel pomeriggio ci sarebbero stati due importanti party, perciò a sera sarebbero quasi tutti venuti all'After-taste.

Alle otto ero già lì per controllare che tutto fosse in ordine e pronto per l'ora di apertura. I camierieri e le cameriere, o meglio gli stewards e le hostess, come erano chiamati, appena mi videro entrare si misero su due file per la consueta ispezione che facevo sempre io personalmente.

"Stai ingrassando, Antonella. O ti metti a fare la dieta, o ti fai dare un'uniforme di una taglia in più, scegli tu. Così sembri un fagotto." le dissi e passai oltre.

"Giulio, questo bottone della camicia penzola e rischi di perderlo, e ti dà un'aria sciatta. Vedi di farti dare ago e filo, subito, e fissalo bene."

Così ogni sera. Devono essre impeccabili e lo sanno, ma se non li controllo io...

"Mario, ti sei infilato un dildo nelle mutande o hai già un'erezione?"

"Ho... un'erezione..." mi ha risposto lui un po' imbarazzato un po' sfacciato.

"Allora adesso non hai indosso gli slip attillati che vi ho detto che dovete indossare."

"Non ho fatto a tempo a lavarli, e..."

"Compratene un paio in più, cazzo! Dovete essere sexy, non osceni. E comunque la tua è concorrenza sleale verso i colleghi."

Bisogna essere severi, ma ogni tanto bisogna alleggerire la tensione con una battuta.

La serata finalmente cominciò. Arrivarono i primi soci.

"Bénoit, portami il solito."

Bénoit è un magnifico maître-de-salle, un capo-cameriere nato. Se apro qualcosa di mio, me lo porto con me. Ma che cavolo apro, senza grana. Un paio di nostre ricche socie mi hanno proposto di aprire qualcosa con loro... Ma sarebbe tutto da capo come con Manlio. Quelle vogliono soprattutto che le spupazzi, che diventi il loro giocattolo... proprio come Manlio. Perciò tanto vale non cambiare, almeno per ora.

Riesco ad andarmi a sedere a uno dei miei tavoli. Un altro l'ho riservato per Manlio e i suoi ospiti. Mi sento a pezzi: due scopate di fila e poco prima del lavoro. È troppo. Anche per uno stallone. Il club inizia a riempirsi. Il pianista suona un pezzo dei Beatles...

I soci sono per la maggioranza uomini, poche le donne. Ogni socio, se non riserva tutto il club per una festa speciale (e a prezzi speciali!) può portare ogni volta un massimo di due ospiti. Se ne vuole portare di più, quelli in eccesso devono diventare soci... E costa una barca di soldi, perché è tutto compreso (esclusi i party).

Il che significa che se anche uno dei soci e i suoi due ospiti volessero scolarsi una bottiglia del migliore whisky a testa, ogni sera e per tutte le sere dell'anno, le pagherebbero cinque volte il loro valore. Non so se rendo l'idea. O se la volete mettere in un altro modo, la quota mensile di ogni socio copre abbondantemente il salario mensile di due camerieri.

Eppure questi nababbi pare facciano a gara per diventare soci anche se poi non li vedi più di un paio di volte al mese. Ci sono anche gli abitué, ma sono pochi. Il fatto è che qui possono avvenire anche incontri ad alto livello, senza che siano ufficiali... Qui non entrano giornalisti. A parte poi che possono portarsi una hostess o uno steward in uno degli studi privati...

Sinceramente, avevo creduto che sarebbe capitato più spesso.

In realtà dipende dalle serate. Certe sere pare che siano tutti assatanati e metà del personale è requisito per fottere. Altre sere a nessuno di loro viene chiesto di prestare quel tipo di servizio.

Qualcuno ci prova con me. Ma io, Bénoit, il cuoco e chi a turno è alla reception siamo off-limits. Gli altri no, infatti sono tutti intercambiabili.

I soci che vengono regolarmene sono praticamente diventati amici, sia fra di loro che con me. E quando uno di loro è giù di corda, spesso divento il loro confessore, o il loro psicanalista dilettante, il che è quasi la stessa cosa. Pare che gli piaccia piangere sulla mia spalla.

Prendete per esempio Maurizio G., tranquillo, giovane (ventiquattro anni), molto avvenente e altrettanto timido. Figlio del più ricco industriale del nostro paese, o per lo meno quello che ha la più alta dichiarazione dei redditi. Sta seduto al suo tavolo e beve acqua tonica coretta al gin per tutta la sera. La sorseggia e si guarda intorno con due occhi così. Mi ha confessato di essere ancora vergine (ne esistono ancora, dunque!) Non sa decidersi a provarci...

Poi c'è Frank. Fa import-export fra Italia e USA. È sulla quarantina, attraente, un po' sul tipo James Dean come sarebbe stato se fosse arrivato a quaranta anni, se vi piace il tipo. La sera è sempre un po' impasticcato, ma il giorno si fa un culo così al lavoro. Guadagna parecchio, ma ogni mese manda una bella somma alla vedova del fratello, che l'ha lasciata in miseria o quasi, per mantenere lei e i suoi tre figli, tutti iscritti nelle migliori università private americane.

Me l'ha confidato una sera, ma non vuole che si sappia. A lui piacciono le ragazze diciottenni, a venticinque le trova già troppo vecchie. Solo una volta si è fatto una delle nostre hostess. Qualche volta si porta una delle sue conquiste al club, prima di portarsela a casa. Pare che se le trovi soprattutto all'uscita dei licei.

Poi c'è Marco S. Sì, lui, il famoso cantante. Ha sempre due ospiti, un ragazzo e una ragazza, quasi sempre due nuovi... A lui piace farlo in tre e inzuppare il biscotto un po' per parte. Non se li può portare a casa, perché come sapete ha moglie e tre figli, perciò li porta qui. Qualche volta, se ha solo un'ospite, sceglie anche una delle hostess o degli stewards per completare la coppia.

C'è anche Dario P. il banchiere. Lui arriva sempre con una femmina. Non nel senso che non è un maschio, ma che è femmina-femmina, non una signora, né una donna. Non so dove le peschi, quelle animalesse. Comunque lui è simpatico, oltre ad avere una cultura enciclopedica. Con lui puoi parlare di qualsiasi cosa... e ne sa parlare a proposito.

Un altro è Samuele N., giudice in pensione. Non diresti che è già sull'ottantina, sì e no che gli daresti sessanta anni. Viene sempre con la moglie, quasi sempre, per lo meno. A volte la coppietta si sceglie un paio delle nostre hostess, e chiedono un solo studio... Ma non capita molto spesso. Vengono per lo più per stare con gli amici che si sono fatti nel nostro club.

Infine, fra gli assidui, c'è Alessandro M. (Sandro, il calciatore). Viene al club appena apriamo, e per prima cosa chiede se Alfio è libero. Se lo porta in uno degli studi privati e se lo fotte per un'oretta abbondante. Poi si unisce alla compagnia. Anche lui è sposato. Mi ha confidato che la moglie sa perché viene qui all'After-taste, e che lei non gli crea problemi, purché non lo faccia in giro e non si sappia che lo fa.

Ho l'impressone che Alfio si sia preso una mezza cotta per Alessandro: basta vedere come sorride da un'orecchia all'altra quando lo vede entrare nel club, e come continua a sorridere quando dopo un'oretta riemergono dallo "studio"...

Gli abitué sanno tutto dei gusti erotici degli altri amici: ne parlano fra loro piuttosto liberamente. Qualche volta, quando sono tutti assieme allo stesso tavolo, li senti dire, tutti assieme e a voce alta: "Che scopata!" e ridere come matti.

Pare che cerchino di convincere Maurizio a lanciarsi e perdere una buona volta la sua verginità... Non sono ancora riusciti a capire, comunque, se Maurizio si sente più attratto dai ragazzi o dalle ragazze. Neanche io. Quando è solo, li guarda tutti nello stesso modo... Chissà se si deciderà un giorno, e se farà il grande passo proprio qui da noi? Se accadesse, gli offrirò io un party per festeggiare l'evento.

Secondo me sospettano qualcosa a proposito di Manlio e me, anche se nessuno ne è sicuro. Nessuno comunque ha provato a sondarmi su questo argomento. Mi piacciono, perché non mettono il naso negli affari degli altri e non fanno pettegolezzi.

A Manlio invece non piacciono, non li può soffrire, li evita, li snobba. "Che ci trovi in quel gruppo di sottosviluppati mentali?" mi chiede qualche volta, ma non ci può fare niente, perché pagano fior di quattrini per essere soci, quattrini che in buona parte vanno nelle sue tasche.

Oggi Maurizio è arrivato prima del solito. Aveva con sé una donna! Una tizia magra come la fame, vestita da gran soirée, due occhi da civetta e labbra al silicone... L'insieme fa pensare a una che faccia troppo sesso e troppo poco sonno. Che ci fa una così con Maurizio? O meglio, Maurizio con una così? Ha fatto le presentazioni e se ho capito bene è un'attrice tedesca, che non ho mai sentito nominare. Dice che è qui per girare un film...

Lui si comporta con lei da perfetto cavaliere... lei non lo degna di uno sguardo e mangia i nostri steward con gli occhi. Anche a me ha lanciato una di quelle occhiate che dicono "fottimi, fottimi"... Non so perché, ma mi fa pensare a una mantide religiosa, che prima si fa scopare poi si mangia il malcapitato. Davvero, che ci fa il dolce Maurizio con una come quella?

Poi è arrivato anche Dario, sempre affamato di femmine-femmine. S'è seduto al tavolo di Maurizio e s'è lanciato in una affabile conversazione con l'attricetta tedesca. Troppo affabile... se lo conosco bene, ha voglia di darle una bella ripassata. Meglio così, Dario non è certo il tipo che si farebbe divorare dalla mantide religiosa. Sono quasi sicuro che sopo essersela spupazzata a piacere, le direbbe "grazie, signora" e le chiamerebbe un taxi...

Poco dopo le dieci è arrivato Manlio con console greco e signora. Si son seduti al tavolo che avevo riservato per loro. Non so di che parlassero, ma quando Manlio si chinava verso di loro e diceva qualcosa a voce bassa, il console si copriva la bocca con una mano e ridacchiava, facendo sussultare tutto il corpo. La consorte invece, ingioiellata come un campionario di bigiotteria (ma credo fossero tutti pezzi da tenere in cassaforte, altro che bigiotteria) rideva gettando la testa in dietro, con una risatina lunga e un po' stridula, che faceva pensare al canto di un galletto.

Poi è arrivato l'onorevole S.G. con consorte e un ragazzo sui ventidue anni che non avevo mai visto prima. Dire che era bello, sarebbe stata un'ingiustizia: pareva un angelo appena sceso dal cielo.

"Eugene, come va, questa sera?"

"Molto bene, onorevole, una serata tranquilla ma non morta." gli dissi con un breve inchino verso la onorevolessa.

"Ti presento mio nipote Angelo, il figlio maggiore di mio fratello, che è nostro ospite per qualche tempo. Studia a Londra, è venuto a passare le vacanze da noi. Angelo, questo è Eugene Porter..."

Suo nipote Angelo! Davvero un angelo, dunque, non m'ero sbagliato. Suo nipote... Non aveva affatto l'aria di famiglia. Era troppo bello per essere il nipote dell'onorevole. Non che l'onorevole sia un brutto uomo, ma...

"Piacere." dice Angelo tendendomi la mano.

Non mi pareva che avesse molto piacere né di essere venuto nel club, né di aver fatto la mia conoscenza. Ma la sua stretta di mano era a dir poco elettrizzante. Non riuscivo a staccare gli occhi da lui!

Un attimo dopo si è aperta la porta interna del club e fecero la loro entrée Fayssal con un ragazzo dall'aria timida e dovetti occuparmi di loro. Veniva di rado Fayssal, un magnate del petrolio del Kuwait che si diceva avesse più oro nelle sue casseforti che la banca d'America. Lasciava sempre generose mance sia alle nostre hostess che agli stewards, sì che tutti lo volevano servire e Bénoit doveva ogni volta decidere chi mandare a servirlo, a rotazione, per evitare gelosie.

Li accompagnai a un tavolo.

Fayssal si chinò verso di me, mentre il ragazzo sedeva e mi disse a voce bassa: "Questo è mio figlio Hussein, il minore. Ti devo chiedere un favore. Vorrei che tu gli mostrassi uno dei vostri studi privati e gli mandassi... una delle vostre più calde ed esperte hostess... Ho deciso che deve diventare un uomo, stanotte: è il suo sedicesimo compleanno, capisci."

Annuii guardando il ragazzo, che stava seduto con gli occhi bassi. Gli avrei dato almeno un paio di anni in più di sedici... Che buffa idea aveva avuto il padre di portarlo da noi per fargli perdere la sua verginità!

Fayssal sedette accanto al figlio e gli disse qualcosa in arabo. Il ragazzo mi lanciò un'occhiata, poi si alzò. Gli feci un cenno e lo guidai a uno degli "studi privati".

Quando fummo nello studio, Hussein mi mise in mano un centone e mi disse, in inglese: "Non dire niente a mio padre, ma... non mi mandare una ragazza."

Gli rimisi in mano il centone: "Come vuoi... non è necessario che mi paghi per questo. Specialmente se non vuoi nessuno."

"Non ho detto che non voglio nessuno. Mandami quel cameriere alto con i capelli biondi che sta dietro al bar... senza che mio padre lo sappia."

Aveva perso tutta la sua timidezza, mi guardava con aria... non so se di sfida, di comando, di...

"Vedrò di riuscire a fare in modo di non far capire a tuo padre..."

"Non deve. Piuttosto mandami una ragazza e un ragazzo, e chiudi la ragazza da qualche parte. Datti da fare."

Non mi piaceva molto il suo modo di dare ordini. "Devo vedere se il ragazzo può venire. Non sono qui per prostituirsi né i nostri steward né le nostre hostess." gli dissi un po' secco.

"Quel ragazzo mi piace... non voglio una ragazza..." disse in tono più mite.

"Vedo cosa posso fare. Tu aspetta qui." gli dissi e uscii.

Non era difficile non far capire al padre chi avrei mandato dal ragazzo: la porta che dava nel corridoio degli studi era nella piccola hall di ingresso e il padre non poteva vedere chi vi sarebbe entrato.

Se però Fayssal avesse voluto vedere con chi aveva scopato il figlio... Andai a chiamare sia Silvia, sia Luciano, il biondo del bar. Luciano aveva notato Hussein e mi disse che ci sarebbe andato volentieri. Spiegai a Silvia che forse doveva prestarsi a quel giochetto. Rise e accettò. Li portai tutti e due nello studio, spiegai a Hussein che Silvia, se il padre avesse chiesto, era la ragazza che gli avevo portato, poi lasciai soli il giovane arabo e Luciano.

Dissi a Silvia di andarsi a riposare nel mio ufficio finché l'avessi mandata a chiamare: Fayssal non doveva vederla in giro mentre pensava che il figlio stesse scopando con lei. Lei rise e disse che però le sarebbe piaciuto esserci lei con l'arabetto...

Tornai finalmente al tavolo dell'onorevole. L'uomo stava insistendo con Angelo che invitasse qualche ragazza a ballare. Angelo era arrossito e gli stava dicendo che non aveva voglia di ballare. Ci si mise anche la moglie dell'onorevole e alla fine lo convinsero... e il ragazzo andò a invitare l'attricetta tedesca, la mantide religiosa.


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
11oScaffale

shelf

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015