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una storia originale di Andrej Koymasky


LO STALLONE DOMATO CAPITOLO 11 - ADDIO ALL'ITALIA

Quando andai al club After-taste, Bénoit mi chiese subito come stesse mia madre. Gli risposi con espressione scura che era in rianimazioe, grave, che i medici mi avevano detto che i prossimi tre giorni erano critici per sapere se aveva una possibilità di cavarsela o no.

Mi chiese come fosse successo, gli raccontai che era venuta a trovarmi quando all'improvviso s'era sentita male e avevo chiamato un'ambulanza... Questo per far quadrare le cose, poiché quando Manlio m'aveva telefonato la sera prima, gli avevo detto che mia madre era a casa mia, poi quando avevo telefonato a Bénoit gli avevo detto che mia madre era moribonda.

Gli chiesi se tutto era andato bene al club la sera prima, e mi disse con sollecitudine di sì, che non dovevo preoccuparmi. Andai nel mio ufficio, calcolai quanto mi spettava e guardai in cassaforte se c'era abbastanza denaro liquido da portarmi via. Fortunatamente ce n'era a sufficienza e ne rimaneva ancora.

Ebbi la tentazione di prenderlo tutto, poi mi dissi che era meglio prendere solo quanto mi spettava e lasciare lì il resto. Anche se avrei meritato più soldi, non ero un ladro.

Mi misi in tasca i soldi. Aggiornai i registri contabili segnando l'uscita delle mie spettanze. Mi chiesi se avvertire Bénoit di quanto avevo fatto, ma pensai che fosse meglio di no.

Avevo fretta di andarmene. Tornato in sala, vidi che stavano preparando per l'apertura. Mi servii al bar un drink, poi dissi a Bénoit che dovevo tornare in ospedale da mia madre. Mi disse di nuovo di non preoccuparmi, tanto più che il giorno dopo, mercoledì, era giorno di chiusura per il club. Lo ringraziai, e gli dissi che mi affidavo a lui.

Scesi con l'ascensore e andai a prendere la macchina, guardandomi attorno, nel timore di incontrare Manlio. Non avevo davvero voglia di dovermi confrontare con lui. Tutto andò liscio. Allontanatomi, guidai fino a sotto casa dell'onorevole. Da una cabina telefonica chiamai Angelo. Rispose lui, quasi immediatamente. Sorrisi: evidentemente era in attesa. Gli chiesi se poteva scendere.

Arrivò subito. "Dove mi porti, stasera?" mi chiese con un sorriso.

Potevamo andare a passare di nuovo una serata ai castelli? Stare all'aperto per ore? D'altronde dove portarlo, dove andare? Avevo l'impressione che Manlio potesse trovarci, incontrarci ovunque andassimo. Mi chiesi se stessi cadendo nella mania di persecuzione, se stessi andando in paranoia.

Angelo sentì che ero preoccupato, mi mise una mano sulla mia e chiese di nuovo: "Dove possiamo andare?"

Misi in moto e guidai fino a prendere il Grande Raccordo Anulare. "Mi stavo chiedendo dove andare per non rischiare di incontrare Manlio." risposi serio.

"Preferisci non incontrarlo..."

"Da una parte vorrei anche vederlo per dirgli in faccia che ne ho abbastanza di lui e del modo in cui mi tratta e mi ha sempre trattato. Dall'altra non voglio né esporre te a pericoli, né rovinarmi la giornata con uno spiacevole confronto."

"Che pericoli pensi che io posso correre?" mi chiese Angelo tranquillo.

"I tuoi, come credi che reagirebbero se sapessero che tu sei diventato il mio ragazzo? E come credi che reagirebbero se questo lo venissero a sapere da un articolo scandalistico sulla stampa?" gli chiesi.

"Già, la prenderebbero molto male. Credi che lo farebbe?"

"Non ne sono sicuro, ma so che ne sarebbe capace. Comunque preferisco evitare che possa succedere. Per te, per me."

"Per noi. Sì." mi disse con dolcezza carezzandomi lieve su una coscia.

Quel lieve contatto mi fece subito andare su di giri... Sentivo il suo dolce desiderio e questo rafforzava incredibilmente il mio. Non volevo unirmi a lui in un posto squallido, come gli avevo spiegato la sera prima, ma avevo bisogno di unirmi a lui, di fare di nuovo l'amore con lui.

Quasi quasi lo portavo a casa mia... se non rispondevo al telefono, né alla porta... Ma "quello" poteva vedere la mia auto sotto casa e capire che dovevo esserci... e comunque non avrei avuto la tranquillità che volevo avere con il mio angelo.

Il mio fratellino era vivo, allegro, impaziente... anche se la mano di Angelo che carezzava lieve la mia coscia neppure lo sfiorava.

Uscii a Settecamini e guidai verso Tivoli. Quasi subito vidi l'insegna dell'Hotel Bagni di Tivoli. Un piccolo hotel sulla via, grazioso, non di lusso, certamente non il posto in cui si sarebbe fermato "quello".

"Ti va se chiediamo una camera qui?" gli chiesi.

"Sì, certo." mi rispose con occhi luminosi, che mi dettero un gradevole senso di calore.

"Aspettami in macchina. Vedo se hanno camere libere." gli dissi e scesi.

Alla reception era seduto un giovanotto dall'aria annoiata che stava sfogliando un fumetto. Vidi che c'erano molte chiavi appese al pannello alle sue spalle.

"Buona sera." mi salutò alzandosi in piedi e mettendo via il fumetto.

"Avete una camera matrimoniale per quattro notti?" gli chiesi.

"Certo, signore."

La presi e pagai anticipato. Quando gli detti il documento e vide che vivevo a Roma, mi guardò per un attimo, sorpreso, ma non disse niente.

Poi disse: "Dovrebbe anche darmi i documenti della signora..."

"Non c'è nessuna signora. È mio cugino, che viene da Milano."

"Ah, scusi. Allora forse voleva una doppia..." mi disse il giovanotto in tono ovvio.

"No, una matrimoniale, ho detto. C'è qualche problema?" gli chiesi con un'aria di sfida.

"No... No certo... signore."

"Bene. Posso lasciare l'auto nel parcheggio qui davanti?"

"Se preferisce, abbiamo un parcheggio riservato qui dietro l'albergo."

"Sì, preferisco."

"Devo mandare a prendere i vostri bagagli?"

"Non ho bagagli, per ora."

Di nuovo lo sguardo, questa volta non sorpreso, ma come per dirmi che aveva capito che prendevamo la camera solo per scopare... Sorrisi dentro di me. Mi dette la chiave, mi spiegò come salire in camera.

"Il suo documento e quello del suo... cugino, potrà ritirarli domattina, dopo che li avrò registrati."

"Dovrebbe registrarli subito, mio cugino rientra a Roma questa sera stessa. È possibile, no?"

Sembrava un po' confuso. Probabilmente pensava che, visto che ero io quello che aveva la residenza a Roma, sarei stato io a tornare a casa dopo aver scopato. Mi stavo divertendo.

"Se... se suo cugino non si ferma, portei registrare solo lei."

"Non ci sono problemi se sale anche lui con me?"

"No... no, certo. Per poche ore... come suo ospite... è possibile, certo."

"Molto bene. Grazie."

Parcheggiai dietro l'albergo, chiusi la macchina e con Angelo salimmo nella camera. Era semplice, molto pulita, gradevole. Chiusa la porta, lo presi fra le braccia. Lui mi strinse a sé e mi baciò. Sentii con piacere che anche lui era eccitato almeno quanto me.

"Finalmente!" sussurrò guardandomi lieto.

"L'ho fissata per quattro notti, così possiamo venire qui quando vogliamo, fino al giorno della partenza."

"Ottimo. Hai notato come ci guardava il tizio alla reception? Quello ha capito."

"Credo proprio di sì. Ti ha dato fastidio?"

"No, per niente. Anzi..."

"Hai proprio voglia?" gli chiesi sfregando il mio corpo contro il suo e carezzandolo.

"Sì..." mormorò e arrossì lievemente, ma era felice.

"Devo spegnere la luce?"

"Sì... no, se non vuoi."

"Lasciamo accese solo quelle sui comodini, va bene?"

"Sì, va bene."

Lo baciai di nuovo. Che gusto piacevole avevano le sue labbra, la sua bocca! Fremeva tutto fra le mie braccia, mentre ci baciavamo e lo carezzavo su tutto il corpo. Mi mise la mani sul sedere e mi tirò a sé per sentire meglio la mia erezione e farmi sentire la sua.

"Tu spogli me e io te." gli suggerii.

Annuì. Dio quant'era bello, specialmente con quel suo sorriso a metà fra il timido e il gioioso. Ci spogliammo lentamente, continuando a carezzarci e baciarci. Una cosa da non credere. Nonostante tutta la mia esperienza, o meglio, tutte le mie esperienze, per me era qualcosa del tutto nuovo. E bellissimo.

Finalmente nudi, salimmo assieme sul letto, in ginocchio uno di fronte all'altro. Mi sorrise di nuovo. Ci baciammo ancora. Ero talmente felice di essere lì con lui che sentivo prepotente in me il bisogno di dargli qualcosa di speciale, qualcosa che gli dicesse quanto era importante per me, quanta gioia mi stava dando con il suo amore. Cosa? La risposta venne spontanea.

"Questa volta, Angelo, voglio che sia tu a prendere me!"

"Sì..." mormorò lui. "Ma devi... devi guidarmi tu."

"Certo, amore."

Senza fretta, a poco a poco, ci trovammo allacciati nel modo giusto; allora gli sussurrai di prendermi.

Pensavo che fosse un sacrificio accoglielo in me, un sacrificio che ero più che lieto di fare... e invece fu bellissimo, fu una festa per tutti i miei sensi. Lo ammiravo mentre si muoveva su di me, in me. Il piacere che gli illuminava il volto, che gli faceva brillare gli occhi, esaltò il mio stesso piacere.

Il sesso, per me, era sempre stato una delle più gradite attività. Dopo quella prima volta, quando ero solo un ragazzino, avevo avuto più possibilità e occasioni che la media degli altri ragazzi. Non per vantarmi, semplicemente era così. E le avevo colte a piene mani, non m'ero mai tirato in dietro, se non quando l'altro o l'altra proprio non mi attraevano per nulla.

Eppure ora mi pareva che fosse la prima volta che potevo gustare il rapporto fisico in tutta la sua bellezza e pienezza.

All'inizio era stato lievemente fastidioso, ma avevo fatto in modo che Angelo non se ne rendesse conto. Era, onestamente, un po' maldestro, ciò non ostante non m'ero mai sentito felice come in quel magico momento.

Ci stendemmo abbracciati, rilassandoci a poco a poco. Eravamo felici, tutti e due.

"Dio, quanto ti amo, Eugenio." mormorò lui.

"Me l'hai fatto sentire, amore."

"Sono così felice che hai deciso di venire a Londra!"

"Anche se hai solo un lettino piccolo?"

"Vedi che ci entriamo, se stiamo cosi?" mi disse lui con un sorriso birichino.

"E allora staremo sempre così."

"Finché potremo sistemarci meglio... tu e io da soli... in un appartamentino tutto nostro. Mi sentivo così a terra all'idea di dover tornare a Londra, di non poterti vedere più per troppi mesi... Non sapevo se mi avresti aspettato... pensavo di no... Uno speciale come te, che sicuramente può avere tutti quelli che vuole... Sei sicuro, se stai con me, che non ti mancherà... altro?"

"No, non mi mancherà altro. Prima sì che mi mancava altro, anche se non me ne rendevo conto. Altro che nessuno ha saputo darmi, e che invece tu mi dai."

"Tu però lasci tutto per me... Io, che ti posso dare?"

"Te stesso. Mi pare che ci guadagno, nello scambio. No, non mi pare, ne sono sicuro."

"Quanto mi ami, Eugenio?"

"Non lo so..."

"Non lo sai?"

"No... perché non si può misurare l'infinito."

Mi si accoccolò tutto contro, come un micetto che fa le fusa. Non avevo mai provato tanta tenerezza.

"Sai, Eugenio? Sono anni che mi sono accorto che a me le ragazze non interessano... Però avevo paura... paura di provarci con un ragazzo. Non per la cosa fisica, che anzi desideravo, ma perché mi pareva che per quasi tutti il sesso era qualcosa tipo... usa e getta. Anche fra ragazzi e ragazze, è vero, ma questo non mi riguardava. Avevo voglia di trovare qualcuno ma non avevo il coraggio di provarci."

"Quando t'ho baciato, lì nel mio ufficio all'After-taste..."

"Sentivo che ero già un po' innamorato di te. Ma sapevo, avevo sentito dire, che tu lo facevi un po' con tutti; con molti, voglio dire... e avevo paura che anche con me... Però quel tuo abbraccio, quel tuo bacio... Ci ho pensato continuamente. E la sera dopo... ero indeciso... volevo e non volevo... Poi mi sono detto che se anche tu, dopo, mi avessi detto: grazie, e chi s'è visto s'è visto... mi sono detto che volevo che fossi tu a farlo. Ho deciso che valeva la pena di correre il rischio... E avevo ragione."

"Io ero già innamorato di te prima di quello stupido bacio. Avevo già deciso che se tu mi dicevi di sì, mica solo a venire a letto con me, ma se dicevi che anche tu mi amavi, avrei lasciato tutti e tutto, per te. Avrei dovuto prima dirti quello che sentivo per te e baciarti solo dopo, e invece... non ho resistito."

"È andata bene anche così... amore."

"Sì, è andata molto bene, sono stato fortunato."

"Ma adesso, prima di riaccompagnarmi a casa, anche tu mi prendi, vero?"

"Certo, amore, se lo desideri..."

Che abisso fra Angelo e "quello"! Distanti anni luce... Manlio, con tutta la sua classe, tutti i suoi soldi, tutta la sua bellezza ed eleganza, non valeva neanche un pelo di Angelo.

Quando lo riaccompagnai a casa, dopo aver fatto di nuovo l'amore, era già passata l'una di notte. Tornai in albergo. C'era ancora lo stesso giovanotto, alla reception. Mi salutò con un sorriso.

"Devo darle la sveglia, domattina, signore?"

"No, grazie. Non ho impegni. Si può avere la linea esterna dalla camera?"

"Sì, certo, deve solo fare lo zero, poi il numero che vuole chiamare. Anche internazionale. Però poi deve pagare le telefonate a parte."

"Sì, logico. Avete anche il ristorante, qui, vero?"

"Sì, signore. Lì ci sono gli orari della sala per la colazione, il pranzo e la cena. Fuori da quegli orari, può avere qualcosa al bar. Di notte basta che lo dica a me, che le preparo qualcosa al bar. Desidera qualcosa, ora?"

"Sì, grazie. Mi può fare un paio di toast e un bicchiere di succo di frutta?"

"Certo, venga." mi disse. Mentre si affaccendava dietro il bancone, mi guardò e disse: "È molto bello suo... cugino."

Lo guardai un po' sorpreso. Non c'era ironia nel suo lieve sorriso, anzi, pareva amichevole.

"Ma soprattutto è molto buono." gli risposi.

"Anche io ho un cugino così..."

Lo guardai sorpreso: mi stava lanciando un messaggio?

"Cugino da parte di padre o di madre?" gli chiesi in tono casuale.

Il sorriso si accentuò: "Cugino... come il suo. Stiamo assieme da cinque anni."

Annuii e sorrisi. "E state bene, assieme?"

"Molto. Lui è un extracomunitario, un ragazzo polacco. Lavora qui come cameriere."

"Vi siete conosciuti qui?"

"Sì. Era venuto a chiedere se c'era lavoro. Mio padre l'aveva preso in prova, come lavapiatti. L'albergo è di mio padre... Marek, il mio ragazzo, lavorava sodo, lavorava bene. Così mio padre ha deciso di fargli fare il cameriere e mi ha chiesto di insegnargli, e così..."

"Ma suo padre... sa di voi?"

"Sì, sapeva già di me anche prima che arrivasse qui Marek. Adesso è su all'ultimo piano che dorme, nella nostra camera. Anche i miei gli vogliono bene."

"Ottimo."

"Mi scusi se mi permetto, ma... Come mai il suo ragazzo è tornato a Roma e lei invece sta qui?"

Sorrisi: "Abbiamo immaginato che se lo sarebbe chiesto. Lui abita da un suo zio, che non sa di noi. Partiamo per Londra assieme e io ho chiuso il mio appartamento, perciò..."

"Ah, capisco. Scusi se mi sono permesso..."

"È un peccato che lei debba fare il turno di notte e star qui, ora, invece che con... Marek." gli dissi provando simpatia per lui e il suo ragazzo.

"Solo provvisoriamente, perché il nostro receptionist di notte ha preso le ferie. Un piccolo sacrificio, certo. Ma abbiamo altri momenti per stare insieme."

"Cinque anni assieme... è bello."

"Sì. E lei, signore?

"Poco, ancora. Spero però che duri anche più di cinque anni... Angelo, il mio ragazzo, m'ha fatto mettere la testa a posto."

Sorrise: "Anche Marek con me. Prima andavo spesso a ballare giù a Roma e ogni volta... uno diverso. Da quando sto con lui, ho dato un taglio."

"Le pesa?" gli chiesi.

"No. Si dice che noi gay siamo promiscui... Non è sempre vero."

"Non più delle cosiddette coppie normali, mi creda. E quando si è innamorati, non si notano neanche gli altri. O per meglio dire, se anche li noti, non ti viene neanche l'idea, la tentazione..."

"Ha ragione. Il suo ragazzo, per esempio... non ho potuto non notare quanto è bello. Più del mio Marek. Però... non è il mio Marek."

"Quanti anni ha, il suo Marek?"

"Ventiquattro compiuti da cinque giorni. Quando è arrivato qui ne aveva diciotto. Ci siamo innamorati durante il primo anno che ha lavorato per noi. Ma nessuno di noi due aveva il coraggio di dirlo all'altro, sa... non con il personale, o con i padroni, capisce? Però una mattina che era rimasto addormentato, io sono andato a svegliarlo, sono entrato in camera sua... e ci siamo trovati uno nelle braccia dell'altro."

Quel giovanotto m'era simpatico. Presto smettemmo di darci del lei. Il giorno dopo conobbi anche il suo Marek. Era grazioso, aveva occhi molto vivaci, e sembrava sempre allegro.

Riuscii a evitare Manlio, semplicemente non andando più all'After-taste. E finalmente arrivò il giorno della nostra partenza per Londra. Lasciata la mia auto a mia madre, presi le mie valigie, chiamai un taxi e passai a prendere Angelo. Assieme andammo a Fiumicino. Ero incredibilmente elettrizzato. Anche il mio Angelo lo era.

Saliti a bordo, i nostri posti erano in due parti diverse dell'aereo. Chiesi alla hostess se poteva farci cambiare posto per poter stare assieme. Dopo che l'aereo fu in quota, venne a dirci che era riuscita a trovarci due posti vicini.

"Ho telefonato a Darrin per avvertirlo che arrivo con te e che dormi in camera mia."

"Che ha detto?" gli chiesi incuriosito.

Mi fece un caldo sorriso: "Mi ha fatto le congratulazioni. Dice che è molto contento per me."

"Gli hai detto che stiamo assieme?" gli chiesi lievemente stupito ma compiaciuto.

"Certo, gli ho detto che arrivavo con il mio uomo."

Che bel suono, quelle parole "il mio uomo". Gli presi una mano e la strinsi fra le mie. Restammo così, con le mani allacciate per quasi tutto il viaggio. Quando la hostess ci portò i vassoietti, notai la sua occhiata verso le nostre mani. La guardai in volto. Nessuna reazione, il solito sorriso molto professionale.

Arrivammo finalmente nell'appartamentino di Angelo. Darrin era in casa. Mi accolse con simpatia. E volle sapere tutto di noi.

La stanza di Angelo era davvero minuscola, piena di libri, ma ordinatissima. Angelo, appena entrati nella sua camera, posati sul pavimento i nostri bagagli, mi prese fra le braccia e mi baciò. Era la prima volta che prendeva lui l'iniziativa, mi fece molto piacere.

Dalla finestra entrava un pallido sole, gradevole.

"Vuoi tirare le tende?" gli chiesi?

"No, ormai non mi vergogno più di farmi vedere nudo. Non da te, per lo meno."

"Ti ho trasformato in un esibizionista?" gli chiesi scherzosamente.

"Forse. Ma mi piace talmente guardarti quando sei nudo, che ho pensato che non potevo negare a te lo stesso piacere. Giusto?"

"Giusto, amore mio."

"Sei stanco?"

"No, il viaggio è stato breve e comodo. Tu?"

"Sì... sono stanco di aspettare." mi disse spingendomi gentilmente sul suo lettino, "Sono proprio stanco di aspettare... prendimi, amore!"


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© Matt & Andrej Koymasky, 2015