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una storia originale di Andrej Koymasky


VITA A NASHVILLE CAPITOLO 2
COME FINALMENTE FECI L'AMORE

Ci stendemmo sul letto di Mauro, su un fianco, e di nuovo ci abbracciammo. Le nostre vigorose erezioni premettero l'una contro l'altra senza più l'impaccio degli abiti, carne contro carne, sfregandosi con forza una contro l'altra. Di nuovo ci baciammo, questa volta a fondo e con passione. Mentre lo baciavo, mi ricordai quando, con Saverio, ce lo eravamo anche succhiato e subito provai il desiderio fortissimo, prepotente, di farlo anche a Mauro.

Mi sollevai a sedere e mi ripiegai su di lui, con una mano presi il suo bel palo ritto e con l'altra gli carezzai i testicoli sodi, contratti contro la radice, quindi scesi con le labbra a dargli piacere.

Questa volta non era più il piccolo membro da quattordicenne del mio compagno di classe, era un bel membro pienamente sviluppato, grande, che mi riempì la bocca. La sensazione che provai nel sentirlo che scivolava fra le mie labbra, fra la mia lingua e il palato, era stupenda.

Mauro con entrambe le mani impresse un lieve movimento di va e vieni al mio capo poi, senza che io mi staccassi da lui, si girò pian piano così che dopo poco anche lui poté prendere il mio nella sua calda bocca.

Con Saverio, tre anni prima, non lo avevamo mai fatto in quel modo, tutti e due contemporaneamente, voglio dire, ma lo si faceva a turno uno all'altro, alternandoci. Così era molto più bello e piacevole! Mentre ci davamo piacere a vicenda, Mauro mi carezzava i fianchi e la schiena, le spalle e il sedere.

Allora anche io presi a carezzare il suo bel corpo come lui faceva a me e il piacere che provavo aumentava gradualmente. Dopo un po' Mauro si staccò da me, si girò e abbracciandomi, mi baciò di nuovo in bocca. Stavo provando una sinfonia di emozioni e di sensazioni incredibilmente bella!

"C'è un altro posto in cui mi piacerebbe mettertelo, Luca..." mi sussurrò lui carezzandomi le natiche e impastandole lieve.

Sospinse un dito nel solco fra le mie natiche e lo sfregò su e giù soffermandosi con il polpastrello sul mio foro: "Qui..."

"Sì!" dissi io che mi sentivo pronto a tutto.

"Ora prendo la vaselina, almeno scivolerà dentro più facilmente. Le prime volte potrebbe farti un po' male, dato che sei ancora vergine. Io cercherò di non fartene, ma non so se... Tu, Luca, cerca di rilassarti più che puoi e quando io comincerò a spingere per entrare, tu prova a spingere in fuori come se dovessi andare di corpo, così il tuo buchetto si può dilatare. Se però dovesse farti troppo male, devi dirmelo ché io mi fermo e se vuoi mi tolgo. Finché non sarai abituato potrebbe non essere molto piacevole, Luca. Ma poi diventa anche piacevole. D'accordo?"

"Sì."

"E dopo lo metterai anche tu a me. Hai un bell'uccello, Luca, e mi piacerebbe sentirmelo tutto dentro."

"Come vuoi tu, Mauro." gli dissi e mi sentivo pronto a seguirlo in capo al mondo, mi sentivo pronto a fare qualsiasi cosa mi avesse proposto.

Mauro si sporse ad aprire il cassetto del suo comodino, ne estrasse una scatoletta di metallo, l'aprì e prese un po' di vaselina con un dito. Quindi iniziò a spalmarla sul mio foro in un lieve e lungo massaggio. Era una sensazione strana, mai provata prima, ma era anche molto piacevole.

Mi aveva detto che inizialmente poteva anche essere doloroso, ma io ero determinato a resistere al dolore. Dopo tutto erano tre anni che sognavo, desideravo, volevo proprio quello; inoltre mi sentivo pronto a tutto per Mauro!

Lui continuava a massaggiarmi il foro scivoloso di vaselina mentre con l'altra mano mi carezzava per tutto il corpo e frattanto ci baciavamo. Il suo dito cominciò a esercitare una pressione dapprima lieve, poi gradualmente crescente sul mio foro, allora io, seguendo il suo consiglio, cercavo di rilassarmi, ansioso di poter finalmente provare l'emozione dell'unione completa con un uomo.

Ricordo che in quei momenti pensai che la vita è davvero curiosa: poche ore prima ero ancora un ragazzetto turbato, che si sentiva penosamente solo, dolorosamente diverso, terribilmente sbagliato. Ora invece ero fra le braccia di quel bel giovanotto, ansioso solo di perdere, finalmente, la mia verginità, e mi sentivo profondamente felice!

Il suo dito forzò lievemente il mio foro e cominciò a entrare un poco dentro di me: la sensazione era incredibilmente bella. Già pregustavo il momento in cui Mauro avrebbe sostituito a quel suo dito il bel palo che sentivo palpitare, caldo e duro, contro il mio, altrettanto caldo, altrettanto duro.

Il dito di Mauro, lentamente, quasi con cautela, entrò dentro di me, e la punta sfiorò un punto, all'interno, che provocò in me un'onda di intensissimo piacere. Mugolai un "sì" emozionato. Dopo un po' che eseguiva quel lieve ma esperto e piacevolissimo massaggio interno, Mauro sfilò il dito, prese ancora un po' di vaselina e questa volta fece in modo di penetrarmi con due dita.

Ora provavo un lieve fastidio, ma di nuovo mi rilassai e quando nuovamente arrivò a sfiorare e massaggiare quel punto interno il fastidio scomparve. Oltre a muovere lentamente le dita avanti e dietro, le faceva anche ruotare un po', facendomi gradualmente rilassare. Poi ripeté tutta l'operazione con tre dita... e continuò finché mi sentì ancora una volta rilassato e fremente.

"Sei pronto, Luca, a cominciare il tuo primo viaggio nel mondo dell'amore fra maschi?" mi chiese con un sorriso.

"Pronto... prontissimo." sussurrai io.

"Se ti faccio male, dimmelo, mi raccomando. Voglio che anche per te sia una bella esperienza, capito? Se non ci riusciamo questa volta, ci riusciremo una delle prossime volte. Non c'è nessuna fretta, capito?"

"Credo che ci riusciamo già questa volta... almeno spero. Non vedo l'ora di sentire dentro di me il tuo bell'uccello, Mauro."

"Sì, certo, ma non c'è fretta. Cerca solo di rilassarti più che puoi. Ci possiamo provare?"

"Sì, Mauro, credo di sì."

Mi fece mettere a quattro zampe sul letto e si inginocchiò dietro di me. Mi accorsi allrora che davanti a me c'era lo specchio dell'armadio e che così potevo vedere il petto e il volto di Mauro. Anche lui guardò nello specchio e mi sorrise.

Sentii che infilava il suo bel palo duro fra le mie natiche e con la punta mi massaggiava il foro, facendola muovere torno torno sullo sfintere e esercitando gradualmente una crescente pressione. Memore del suo consiglio, quando sentii che cominciava a premere, contrassi la pancia spingendo in fuori.

Lo sentii iniziare a dilatarmi, caldo e forte, duro eppure quasi morbido... e lo sentii annidarsi dentro di me a poco a poco, molto lentamente, continuando a dilatarmi, ad aprirmi, a penetrarmi per essere accolto dentro di me. Provavo un lieve senso di fastidio, ma non dolore.

Cercai di rilassarmi ancora di più e a spingere con maggiore forza e finalmente tutto il suo glande, vinta l'iniziale, istintiva resistenza del mio sfintere, si inserì dentro di me. Mauro allora si fermò, smise di spingere e lo agitò lievemente di lato.

"Come va, Luca?" mi chiese.

"Bene. Non fa ancora male."

"Ormai non dovrebbe più farti male. Il glande, che è la parte più grossa, è già al di là dello tuo buchetto. Devi solo abituarti alla mia presenza. Fra poco te lo spingerò tutto dentro, Luca. Tu cerca di rilassarti più che puoi."

"Sì, certo."

Lo guardai nello specchio e lui di nuovo mi sorrise. Mi carezzò con una mano la schiena e i fianchi, con l'altra il petto, il ventre e i genitali che erano ancora turgidi.

"Tutto bene?" mi chiese.

"Benissimo. Puoi spingere di nuovo... se vuoi."

"Ti piace?"

"Abbastanza. È una sensazione strana, ma mi piace. E a te?"

"Molto. Prendere un ragazzo per la prima vola è un onore... e anche una responsabilità."

"E un piacere?" gli chiesi io, sempre guardandolo attraverso lo specchio.

Sorrise: "Anche, certo. Ricomincio a spingere, Luca..."

"Sì."

Lo sentii che mi scivolava dentro lento e sicuro, inarrestabile, vigoroso. Il piacere cominciò a manifestarsi anche in me, anche se il senso di fastidio non pareva ancora diminuire. Era una strana miscela, quella, fastidio e piacere al tempo stesso. Ma il piacere pareva gradualmente aumentare.

Mi resi conto che in realtà stavo provando due tipi di piacere, uno fisico, ancora tenue ma già presente e lentamente in crescita, e uno psicologico, che era già molto forte. Pensai anche che, benché per la legge sarei diventato maggiorenne solo a ventuno anni, ora stavo realmente raggiungendo la maggiore età.

Con quel bel membro che mi stava conquistando, mi sentivo sempre meno un ragazzetto e sempre più un uomo. Quasi come se la virilità di Mauro, grazie a quella penetrazione, si stesse trasmettendo e infondendo in me. Finalmente sentii i peli del pube di Marco sulle mie natiche e i suoi testicoli compressi fra le sue cosce e le mie.

"Mi sei tutto dentro, vero?" gli chiesi, sentendomi felice.

"Sì, Luca. E tra poco comincerò a muoverlo avanti e dietro."

"A fottermi, cioè?" gli chiesi guardandolo attraverso lo specchio, con un lieve sorriso pieno di anticipazione.

Annuì e mi sorrise in risposa.

Finalmente iniziò lentamente a ritrarsi, finché solo il glande era ancora dentro di me, poi riprese a spingermelo dentro, senza fretta ma con vigore. Lo sfregamento del suo forte palo contro le pareti del mio canale, massaggiandomi ad arte la prostata, scatenarono il piacere anche in me. Si muoveva avanti e dietro lentamente ma con vigore.

"È bello!" mormorai.

"Ti piace?"

"Cribbio, sì!" risposi, quasi sorpreso per l'intensità del piacere che stavo provando.

Il mio membro, che aveva perso in parte il proprio turgore, tornò immediatamente a indurirsi al massimo e tutto il mio corpo fu come percorso da intensi fremiti.

"E a te piace, Mauro?"

"Moltissimo. Sei caldo, morbido, stretto... è davvero molto bello!"

Lo sentii accelerare e aumentare il vigore delle sue spinte, molto gradualmente. Lo guardai di nuovo nello specchio e vidi che il suo bel viso stava diventando radioso. Capii che stava provando un piacere veramente intenso e la coscienza che quel piacere così bello ero io a regalarglielo, provocò dentro di me un senso di gioia intensa, incontenibile che di conseguenza aumentò anche il piacere che io stavo provando.

Dopo un po' di minuti di quella bellissima e forte penetrazione, il ritmo con cui mi prendeva si ruppe, divenne disordinato, il suo volto letteralmente si trasfigurò, le sue mani mi strinsero alla vita con vigore e finalmene irrorò con il suo seme le profondità del mio canale non più vergine!

Questo suo bellissimo orgasmo ebbe il potere di scatenare quasi immediatmente anche il mio, così schizzai tutto il mio seme con una forza che non avevo mai sperimentato prima, gemendo e mugolando a bassa voce per l'intensità del piacere e tremando per tutto il corpo fra le forti mani di Mauro.

Quando ci fummo un po' rilassati, mi resi conto che avevo riempito di schizzi il lenzuolo sotto di me, e me ne vergognai. Mauro si sfilò lentamente da me e sedette sul letto. Io mi girai verso di lui e lo guardai con apprensione.

"Ti ho bagnato tutto il lenzuolo... mi dispiace." gli dissi arrossendo.

Lui mi sorrise e mi carezzò una guancia: "Non ti preoccupare, Luca, lo laverò. Però, ora, riesci a prendere me?"

"Ho paura di no... sono venuto e adesso è moscio..." gli dissi imbarazzatissimo, e temendo di deluderlo.

"E purtoppo non abbiamo il tempo di aspettare che ti ritornino le forze." disse guardando l'orologio al suo polso. "Vuol dire che la prossima volta sarai tu prima a prendere me, così non correremo più questo rischio. Comunque, sei venuto senza nemmeno toccarti, e questo è segno che ti è piaciuto davvero."

"Sì, certo, è stato... fantastico. Non immaginavo che potesse essere così bello, Mauro. Grazie."

"E ti fa male?"

"No, male no. Sento solo un po' di fastidio là dietro."

"Passerà. E ogni volta che lo faremo, vedrai che andrà meglio e non proverai più nemmeno fastidio."

"Ogni volta... mi piace pensare che questa è solo la prima di molte volte." gli dissi con allegria.

"Certo! Sei il mio ragazzo, ora."

"E tu sei il mio uomo!" gli dissi provando un intenso piacere nel pronunciare quelle parole.

Purtroppo ci dovemmo rivestire e io dovetti tornare a casa. Mentre pedalavo, felice, il fastidio là dietro èra un po' più accentuato, però non solo non mi dispiaceva, ma ne ero quasi contento. Dentro di me provavo una felicità quale non avevo mai sperimentato. Giunto sotto casa, mi chiesi come potessi fare per nasconderlo ai miei, che avrebbero a dir poco trovato strano quel mio improvviso cambiamento d'umore.

Così salii in casa cercando di assumere il solito atteggiamento accigliato che avevo in quei giorni, cenammo in silenzio, poi io andai in camera mia. Dovevo studiare per il giorno dopo e ci provai, ma dovetti fare un notevole sforzo, perché il mio pensiero tornava continuamente a quanto avevo appena sperimentato con Mauro: ero il suo ragazzo! Era il mio uomo! Queste semplici frasi mi riempivano di una felicità incredibile.

Andai a letto, dopo aver dato la buona notte ai miei, ma non riuscii ad addormentarmi subito: ero troppo eccitato!

Nei giorni seguenti i miei si resero comunque conto del cambiamento del mio umore. Lo giustificai dicendo loro che ero contento di andare finalmente bene a scuola e che la professoressa di italiano mi aveva fatto i complimenti... perciò ero soddisfatto. I miei sembrarono accettare questa spiegazione senza problemi né sospetti. D'altronde, per fortuna, non potevano certamente sospettare quello che era successo e stava succedendo fra Mauro e me.

Per me la vita era veramente cambiata! Con Mauro iniziò così una relazione molto bella. Io avrei desiderato di poter andare a vivere con Mauro, ma non avrei mai potuto giustificare una cosa del genere con i miei. Per quanto ci si riuscisse a vedere abbastanza spesso, il tempo che potevamo passare assieme non bastava a nessuno dei due, ma ci si doveva accontentare.

Quando finii il liceo e presi la maturità, con una votazione abbastanza alta, dovetti andare a Venezia per frequentare l'università. Mauro e io ci si continuava a vedere, se pure un po' più di rado di prima, e la nostra bella relazione proseguiva. Riuscimmo anche a passare parte delle vacanze assieme, senza però dirlo ai miei, e tutto andava a gonfie vele.

I miei sapevano che fra Mauro e me era nata una forte amicizia, e pensavano che fosse naturale, dopo tutto avevamo solo sette anni di differenza. Però non potevamo far capire quanto la nostra "amicizia" fosse stretta, non potevamo rischiare che si sospettasse della vera natura del nostro rapporto.

La prima volta che eravamo andati in vacanza assieme, avevamo passato cinque bei giorni a casa di un amico di Mauro che viveva nella Lunigiana, a Sarzana. Sapeva di noi due, e ci aveva dato la stanza degli ospiti, dove c'era un bel letto matrimoniale. Fu una vacanza molto bella; il fatto di poter dormire assieme dopo aver fatto l'amore era davvero qualcosa di molto bello.

L'anno dopo andammo in vacanza a Nizza, in un piccolo albergo gestito da un amico gay dell'amico di Sarzana, così anche lì potemmo dormire assieme. Tutti e due si desiderava sempre più poter un giorno vivere assieme, e si stavano facendo progetti in questo senso. Avevamo deciso che, una volta laureato, e dopo che io avessi assolto i miei obblighi del servizio militare, avremmo pensato seriamente a trovare una soluzione per poter vivere assieme.

Magari io potevo cercare lavoro in un'altra città, forse a Milano o a Roma, dove Mauro poteva chiedere trasferimento o cercarsi un altro lavoro. Facevamo progetti, e stavamo sempre meglio assieme.

Finalmente, nel luglio del 1970 io mi laureai in Storia, con un buon punteggio e con una tesi sulla discesa dei longobardi in Italia. Così stavamo progettando il modo migliore per andare a vivere assieme, come s'era parlato sempre più spesso fra di noi.

Ma a novembre di quello stesso anno accadde un fatto che mi sconvolse.

Mauro era andato in gita scolastica con i suoi ragazzi di quinta elementare, una breve gita di soli tre giorni a Ravenna. Stavo aspettando il suo ritorno, era la sera del 12 novembre, ed ero in camera mia che leggevo un libro, la radio accesa e sintonizzata su una stazione locale che trasmetteva musica.

Alle 18,15 circa le trasmissioni furono interrotte per un'edizione straordinaria del giornale radio.

"Una grave sciagura ha colpito la nostra città. Il pullman che riportava a casa la scolaresca della scuola elementare Verga con i ragazzi della quinta E, è stato investito alle ore 15,15 lungo la strada statale 516, alle porte di Padova, da un'autobotte il cui conducente è stato colto da malore. Il conducente del pullman, Ezio Palestra, il maestro Mauro Solari e tre bambini, Stefano Piccin, Carlo Semeraro e Giovanni Merlin, hanno perso la vita. Altri dodici bambini sono stati ricoverati presso l'ospedale..."

Mi sentii agghiacciare. Il mondo mi crollò addosso. Non ci potevo credere! Ero agitatissimo, non sapevo che fare.

Presi subito il telefono e chiamai la scuola di Mauro. La linea era occupata e questo non fece che aumentare la mia agitazine. Riuscii a prendere la linea solo una quarantina di minuti più tardi... Dalla scuola mi confermarono la notizia.

Ero distrutto. Posato il telefono, scoppiai a piangere, a singhiozzare. Mia madre venne a vedere che cosa stesse succedendo. A fatica riuscii a dirle che Mauro era morto! La mamma, pur non sospettando della vera natura della nostra relazione, sapeva che eravamo diventati molto amici perciò capì, almeno in parte, il mio stato d'animo.

Il 15 novembre in cattedrale ci fu il solenne funerale, a cui partecipò tutta la città, con sindaco e gonfalone del comune in testa, col vescovo che celebrava la funzione e tutta la scuola Verga al completo, insegnanti e allievi. E quelle cinque bare, una delle quali racchiudeva ciò che restava del mio amato, del mio amante.

Il colpo per me fu tremendo e per mesi e mesi non riuscii a darmi pace. Ogni notte a letto piangevo fino a che il sonno pietoso mi recava un minimo di sollievo. Arrivò il Natale, poi il Capodanno ma io non riuscii a celebrarli. Invano mio padre e mia madre, gli amici, cercavano di consolarmi, di farmi divagare.

Per tutti io avevo solo perso un amico, carissimo, sì, ma solo un amico. Io invece avevo perso il mio amante, il mio uomo, il mio amore. Avrei voluto gridarlo a tutti, quando mi dicevano che dovevo reagire, che era triste, sì, ma che la vita continua.

Anche solo girare per la città, passare davanti a casa sua, davanti a quel certo bar, a quel certo cinema, a quel ristornate in cui eravamo stati assieme, era per me un'orribile tortura.

Tutta Vicenza, ogni suo angolo, ogni sua piazza, ogni suo monumento mi parlavano di Mauro... del mio Mauro che ormai non c'era più. Vicenza è una bella città, eppure io cominciai a odiarla. Non riuscivo a darmi pace. Passavano i mesi ma la mia disperazione non aveva fine.

Dentro di me decisi perciò che dovevo andarmene da Vicenza, andare in un posto in cui non ero mai stato, soprattutto in cui non ero mai stato assieme a Mauro. Mauro, il mio primo e unico uomo... Mauro, il mio grande amore.


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