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una storia originale di Andrej Koymasky


VITA A NASHVILLE CAPITOLO 9
NUOVI IMPIEGATI PER IL COMPLESSO

Wade e Roy vennero da noi, all'appartamento A1, due giorni dopo, cioè il lunedì sera. Wade era radioso, Roy era estremamente intimidito. Li facemo accomodare, offrimmo loro una Coca e dei pop corn, e affrontammo subito l'argomento.

"Roy aveva pensato che se lui venisse qui con la scusa di fare qualche lavoro, magari... L'unico problema è che io all'ospedale faccio i turni, perciò le ore in cui Roy e io ci possiamo vedere, ogni settimana, sono diversi."

Ken chiese al ragazzo: "Dimmi, Roy, quanto guadagni là da Kröger?"

"Ogni settimana mi danno trecento e dodici dollari."

"Non molto. Che ne diresti di venire a lavorare qui da noi, per fare le pulizie, aiutare a tenere in ordine il bosco, gli impianti, come aiutante? Ti potremmo pagare circa quattrocento cinquanta dollari alla settimana. Vedendoti gironzolare e lavorare qui da noi, nessuno troverà strano vederti... e quando nessuno vi vede, andate là nel G2 per stare un po' in intimità, Wade passando dalla parte del prato e tu dalla parte del parcheggio o viceversa. Non ti andrebbe?"

"Quattrocento e cinquanta? Davvero? Ci vengo subito!" rispose Roy con entusiasmo.

"Bene, allora presentati domani mattina in ufficio, verso le dieci. Dirò a Margie di preparare le carte per assumerti e di preparare anche il contratto. Dovrà venire poi tuo padre per firmarlo, visto che sei minorenne. Ti daremo le chiavi dell'appartamento G2. L'unica cosa che vi chiediamo è di non toccare niente nel soggiorno, dove Ken e io lavoriamo."

"No, certo, non toccheremo niente e terremo tutto pulito, ve lo promettiamo! Grazie! Siamo fortunati, vero, Roy? Grazie, mister Villa, grazie, mister Fong!"

"Bene, allora, tanto per cominciare, chiamateci per nome. Io mi chiamo Luca e lui si chiama Ken."

Così Roy venne a lavorare per noi e quasi tutti i giorni poté appartarsi nel G2 con Wade, senza che nessuno sospettasse nulla. Logicamente, allora, non dicemmo nulla del filmetto che avevo girato e grazie al quale io avevo scoperto la loro relazione. Solo qualche anno dopo gliene parlammo, ma ormai eravamo diventati abbastanza amici perché i due ragazzi non ci restassero male né si offendessero per quello che avevo fatto.

Dopo neanche un anno si era liberato anche l'alloggio del G1, che tenemmo anche per noi, e Roy vi si trasferì stabilmente a viverci, in modo che sia i due ragazzi che noi due si era anche più liberi.

L'amicizia con i due ragazzi divenne molto stretta, e a volte si stava anche tutti e quattro assieme, per mangiare o anche solo per chiacchierare, ed era bello sia per noi due stare semi-abbracciati, come per i due ragazzi potersi anche scambiare un bacio davanti a noi due senza problemi.

Si parlava anche spesso di come fare per stare assieme bene e i due ragazzi ci riempivano di domande: era evidente che volevano fare del proprio meglio per instaurare un rapporto sempre migliore fra di loro, perciò non solo stavano a sentire i nostri consigli, ma anzi quasi li bevevano.

Per me era quasi come avere due figli... come mi fece notare un giorno il mio Ken. È vero, gradualmente mi affezionai moltissimo ai due ragazzi. Era anche bello vederli crescere assieme e notare come fossero sempre più affiatati.

Quando i genitori di Wade andavano via per qualche giorno, Wade ne approfittava sempre per fermarsi nell'alloggio di Roy.

I due ragazzi ci raccontarono anche come avevano scoperto di amarsi. Come già ci aveva detto Wade, erano stati compagni di scuola, anche se erano in due classi diverse. Avevano presto stretto amicizia, specialmente dal giorno in cui Wade aveva difeso Roy dai suoi compagni di classe che lo sottoponevano a pesanti scherzi perché era un ragazzo nero.

Così avevano preso a frequentarsi, a giocare assieme e per un certo periodo avevano anche fatto parte della stessa squadra di pallacanestro. Le due famiglie vedevano di buon occhio l'amicizia dei due ragazzi, così a volte uno andava a casa dell'altro per giocare, per passare un po' di tempo assieme.

Finché Wade s'era accorto di provare anche una crescente attrazione fisica nei confronti di Roy. Wade, se pure un po' confusamente, s'era reso conto di essere gay, e l'aveva accettato abbastanza tranquillamente, anche se sapeva che doveva tenerlo ben nascosto, soprattutto ai suoi amici e alla famiglia.

Però era turbato per quanto stava provando nei confronti di Roy, perché sentiva che il suo sentimento stava diventando sempre più forte, e temeva, se l'avesse fatto capire all'amico, di perdere la sua amicizia. Era quindi iniziato per lui un periodo molto difficile: da una parte ricercava sempre più la vicinanza con Roy, e dall'altra tendeva a evitarlo per paura di scoprire le proprie carte.

Roy s'era accorto dello strano comportamento dell'amico, e aveva cercato di capire che cosa gli stesse accadendo. Ma Wade non si era sentito di dirgli la verità, perché si vergognava troppo. Finché Roy, arrabbiato con l'amico perché seguitava a negare che ci fosse qualche problema, eppure continuava a comportarsi in modo strano, alla fine lo aveva messo di fronte a una scelta drastica: o Wade gli diceva la verità su che cosa gli stava accadendo o lui non lo voleva mai più vedere!

A questo punto Wade, che comunque avrebbe perso l'amicizia di Roy, s'era finalmente deciso a confessare al suo amico che cosa provava nei suoi confronti... Roy era rimasto molto colpito, non aveva mai pensato a una cosa del genere, ma poiché voleva bene a Wade, gli rispose che lui era pronto a fare con l'amico qualsiasi cosa questi gli avesse chiesto.

Così, per la prima volta, i due ragazzi erano andati nel bosco e avevano fatto l'amore... e a Roy era piaciuto molto, così erano diventati amanti. Quella loro prima volta era accaduta quando Wade aveva quindici anni e Roy quattordici. Erano tutti e due molto innamorati e nessuno dei due aveva mai fatto l'amore con nessun altro ragazzo.

L'appartamento G5, cioè in quello sopra al G1 in cui viveva Roy, era stato preso in affitto da un ragazzo messicano di ventinove anni, che faceva il tassista. Era un tipo un po' massiccio, non bello né brutto, ma piuttosto sensuale. Abitava lì da poco meno di un anno, era ormai il 1993, quando un giorno Roy mi venne a parlare.

"Luca... ho scoperto che quel Samuel Guerrero, sai, il messicano che abita sopra di me, è gay come noi."

"Ah sì? Davvero? E come fai a saperlo? Ti ha fatto qualche proposta?" gli chiesi scherzoso.

"No... Il fatto è che spesso la sera arriva a trovarlo un tizio, un ragazzo un po' più giovane di lui, che dalla faccia mi pare che sia un nativo. Si ferma da lui per qualche ora, poi a notte Samuel lo accompagna e torna a casa."

"Questo non significa niente, Roy."

"No, aspetta... il fatto è che ogni volta, a un certo punto, se vado in camera da letto... al piano di sopra sento il letto che cigola... e cigola proprio a ritmo... come quando due scopano... e visto che a casa ci sono solo loro due..."

"Non pensi che potresti sbagliarti?" gli chiesi, ma poco convinto.

"No... Come è possibile che il letto cigoli in quel modo per una mezz'ora... Qualche volta lo sento cigolare anche di notte, ma come uno che si muove sul letto, solo una o due volte, mica così a ritmo e continuando per un bel pezzo. No, io sono sicuro che quei due scopano."

"Bene, sono contento per loro." gli dissi sorridendo.

"Sì, certo. Il fatto è che quel Samuel è un tipo simpatico, pensavo che si potrebbe diventare amici. Vedi, per Wade e me è stato molto bello poter conoscere voi due e poter parlare tranquillamente con voi delle nostre cose. Di solito si è così soli, così isolati. Io ho notato che anche Samuel, a parte quell'amico, non riceve mai altre visite. Ho l'impressione che sia un po' solo. Forse anche perché è un messicano... un po' come noi negri: o stai nel tuo ghetto con quelli come te, o ti trovi completamente solo, isolato. Mica sono tutti come te, Luca, che davvero non dai nessun peso al colore della pelle della gente."

"Se vuoi cercare di diventargli amico, fai pure... ma sii prudente. Non è solo perché uno è gay che automaticamente è una persona a modo, di cui ci si può fidare. Anche fra noi gay c'è gente che è meglio evitare."

"Sì, lo so, hai ragione... però Samuel mi pare un tipo per bene... e mi pare anche simpatico."

Roy tornò da me pochi giorni dopo: "Sai Luca, avevo ragione io! Samuel è gay e il suo amico, che è di discendenza cheyenne e si chiama Dan Crook, e che ha quattro anni meno di lui, ha cioè venticinque anni, è il suo amante da tre anni."

"E come hai fatto a scoprire tutte queste cose così in fretta, Roy? Ti sei messo a fare l'investigatore privato?"

"Quando l'ho incontrato ieri sera, gli ho detto che a sentirlo scopare col suo amico me lo faceva venire duro..."

"Che? Davvero gli hai detto così?" gli chiesi a metà fra il divertito e lo stupito.

"Beh, non gli ho detto proprio così, ho preso il discorso un po' più alla larga, si capisce. Comunque gli ho fatto capire che io sono gay così poi anche lui l'ha ammesso e abbiamo fatto una lunga chiacchierata. Comunque mica gli ho detto niente di te e di Ken, puoi stare tranquillo. Pensavo che prima voglio diventargli più amico, conscerlo meglio. Però mi piace l'idea: pensa se potessimo magari diventare un gruppo, in qualche modo. Qui a Nashville, per quello che ne so io, non c'è ancora niente per quelli come noi, e se invece ci fosse qualcosa, un po' come a San Francisco o a New York, la vita sarebbe molto più facile, non credi?"

"Sì, forse non hai torto." gli risposi.

Quando riferii a Ken il colloquio che avevo avuto con Roy, lui mi disse che a suo parere il ragazzo aveva ragione.

"Sì, davvero bisognerebbe fare qualcosa. Non vedi come anche per noi due, il semplice fatto di avere Wade e Roy come amici sia stata una cosa molto bella? A volte si ha bisogno di incontrarsi con gente che ha i tuoi stessi problemi, i tuoi stessi gusti."

"Non credi però che così non si farebbe altro che creare un ghetto?" gli obiettai.

"Sicuro che c'è questo pericolo, però è anche vero che forse è meglio trovarsi in un ghetto piuttosto che restare da soli per tutta la vita. Certo, l'ideale sarebbe essere accettati da tutti per quello che si è, ma finché la società non ci accetta per quello che siamo, anche un ghetto può essere meglio di niente."

Poche settimane dopo, quando Roy e Wade ci assicurarono che Samuel e Dan erano due persone a posto, decidemmo di fare la loro conoscenza. Erano davvero due ragazzi in gamba. Dan, che era di pura discendenza cherokee, faceva il bibliotecario alla Belmont University. Ci disse che gli sarebbe piaciuto venire a vivere in uno dei nostri appartamenti.

"Non puoi venire a vivere con Samuel?" gli chiese Ken.

"Sì mi piacerebbe, però, vedete, se vengo a vivere con lui, avrei sicuramente un sacco di problemi con la mia famiglia. Se invece vivessi qui per conto mio, potremmo vederci tutte le volte che vogliamo, anche stare normalmente insieme, ma quando vengono i miei, vedono che ho casa per conto mio."

"Ma non esiste fra voi cherokee la tradizione dei due spiriti? Mi pare che ci sia una più grande accettazione di noi gay nelle vostre tradizioni che nella cultura occidentale." gli disse Ken.

"Sì, però ci sono due problemi. Uno è che un due spiriti è normalmente un uomo che vive, agisce, si veste come una donna... e io proprio non mi sento per nulla una donna. L'altro problema è che comunque la mia gente, anche se in parte ha mantenuto parte delle nostre tradizioni, è anche in parte occidentalizzata... compreso il pregiudizio verso i gay, specialmente i gay... maschili come me o come Samuel. Se io oppure Samuel fossimo il tipo effeminato, i miei forse avrebbero meno problemi ad accettarci."

"Senti, Dan, appena si libererà un appartamento, se ti interessa, te lo faremo sapere." gli dissi allora.

"Sì, grazie, sarebbe bello davvero." disse Dan.

"E sarebbe anche più bello se se ne liberasse uno qui al G, no?" disse Roy.

"Già, pensate se qui nella palazzina G potessimo essere solo fra di noi, quanta più libertà avremmo..." disse Wade.

"E magari, visto che questa palazzina è l'ultima, potreste anche isolarla dalle altre." disse allora Roy.

Ridemmo all'idea. Però, senza che lo sapessimo, Roy di nuovo aveva gettato un seme che, presto avrebbe portato i suoi frutti.

Quando si liberò un appartamento al B8, invece di telefonare subito a Dan o di dirlo a Samuel, Ken mi suggerì di andare dalla inquilina che abitava al G6, cioè di fianco all'appartamento di Samuel, per proporgli di trasferirsi al B8. Per invogliarla ad accettare, le dicemmo che l'affitto del B8 era un po' più basso.

La donna accettò, l'aiutammo a traslocare, facemmo ripulire bene l'appartamento al G6, quindi avvertimmo Samuel e telefonammo a Dan, che subito si trasferì nell'appartamento libero, più che contento che il suo nuovo appartamento fosse contiguo a quello del suo amante.

Nella palazzina G, perciò, c'erano ormai quattro appartamenti usati da noi e altri quattro con altri inquilini... Quando si liberò l'appartamento al G3, di comune accordo con Ken decidemmo di lasciarlo sfitto. L'idea di riservare tutta la palazzina G per noi si stava facendo strada in me e Ken.

Si liberò poi anche un appartamento al C5, e allora proponemmo all'inquilino del G4 di trasferirsi al C5. Rimanevano da liberare il G7 ed il G8. Lasciammo sfitto anche il G4.

Poi, nel febbraio del 1994, Wade arrivò tutto eccitato con una notizia: suo padre per lavoro doveva trasferirsi in Texas, e lui l'aveva convinto di lasciarlo lì, perché voleva mantenere il suo lavoro di infermiere all'ospedale Vanderbild. Il padre aveva accettatto. Così facemmo in modo di convincere i due inquilini dell'appartamento G8 a trasferirsi nell'appartamento che la famiglia di Wade aveva lasciato libero e Wade si trasferì nella palazzina G.

Nell'aprile del 1994 anche l'inquilino dell'appartamento G7 dette la disdetta: tutta la palazzina G era ormai abitata solo dalle due coppie dei nostri amici e usata da noi.

A quel punto Ken mi propose di trasferirci anche noi due nella palazzina G, lasciando il nostro appartamento nell'A1 e affittandolo. Potevamo semplicemente far unire due degli appartamenti del G e avremmo avuto più o meno lo stesso spazio che avevamo nell'A1.

Inoltre Ken, dopo averne discusso con me, aveva deciso di lasciare il suo lavoro presso il negozio di computer in città e di tentare di lavorare in proprio, in casa, come esperto di siti internet, che gradualmente stavano avendo sempre più successo. L'idea di averlo lì con me mi piaceva e gli dissi che forse era tempo di rinnovare anche il nostro sistema di computers e magari anche di avere un nostro server: lì nella palazzina G lo spazio non ci mancava.

Da un paio di anni io avevo voluto cointestare tutti e tre i miei conti in banca a Ken e avevo anche voluto prenderlo come socio alla pari nella gestione del complesso Oxford Creek. Lui all'inizio aveva un po' nicchiato, ma alla fine aveva accettato. Così gli dissi di iniziare a darsi da fare sia per far eseguire le necessarie modifiche nella palazzina G, che per far istallare il server per il suo lavoro.

Ken pensò, per prima cosa, di mettersi alla ricerca di un architetto. Una sera se ne stava parlando anche con gli amici, quando Wade ci disse una cosa interessante.

"Là in ospedale, da una decina di giorni, abbiamo un paziente ricoverato per una frattura... è un ragazzo di venti anni. Da quando è in corsia è sempre venuto a trovarlo solo un uomo che ha meno di trenta anni, ogni sera. Io ho avuto l'impressione che questo uomo non fosse un parente, e che fosse qualcosa di più di un amico. Il ragazzo, che si chiama George, mi ha detto che è il suo capo, un architetto per cui lui lavora da un paio di anni come disegnatore."

"Un architetto? Come si chiama?" chiese Ken.

"Non lo so, ma posso informarmi. So solo che George lo chiama Colin... e la mia impressione è che questo Colin, per George, sia più di un semplice capo. A parte il fatto che si chiamano per nome, quando l'uomo lo va a trovare mi dà sempre l'impressione che fra di loro ci sia una certa... intimità. E poi, il giorno dopo che George è stato portato da noi, quel Colin l'ha fatto trasferire dalla camerata in una camera da solo, a pagamento, e che paga lui la differenza di prezzo... io ho la netta impressione che i due siano amanti."

"Ma forse semplicemente quel George non ha parenti qui a Nashville, perciò il suo capo..." disse Samuel.

"Sì, è così, ho scambiato qualche parola con George, e infatti lui non ha famiglia, è un orfano."

"Per questo il suo capo si prende così cura di lui, allora." disse Dan.

"Sì, forse, ma secondo me c'è altro. L'architetto viene tutti i giorni a trovarlo, puntualmente, e sabato e domenica ha passato quasi tutto il giorno in ospedale con lui. E gli porta fiori freschi, e ha mille piccole attenzioni. Sono quasi sicuro che i due sono amanti." insisté Wade.

"Beh, è possibile, ma con questo?" chiesi io.

"Se ho ragione io, e se quel Colin è un architetto, Ken potrebbe andare da lui per chiedergli di fare i lavori qui, no? Con un architetto gay possiamo spiegargli meglio quello che vorremmo e come e perché, pensavo." disse Wade.

"L'importante è che sia un bravo architetto, gay o no." feci notare io.

"E che non sia non troppo caro." aggiunse Ken, poi chiese: "Comunque sai come si chiama di cognome questo architetto, o il suo indirizzo?"

"No, ma posso chiederlo a George. Poi Ken potrebbe andare a incontrare questo architetto e vedere se vale e quanto chiede." rispose Wade.

Il giorno dopo Wade arrivò dall'ospedale con le notizie: l'architetto si chiamava Colin Bauder e aveva lo studio in Printers Alley. Inoltre ci raccontò anche che George O'Keefe, il ragazzo di venti anni ricoverato al Vanderbild, aveva incontrato Colin due anni prima e l'architetto gli aveva insegnato il disegno architettonico e l'aveva assunto. Fino a quel giorno George aveva lavorato come litografo presso la tipografia di un lontano parente, un cugino di secondo grado della madre che l'aveva preso in casa quando era rimasto orfano all'età di tredici anni.

Wade gli aveva chiesto come mai nessuno dei parenti lo andasse mai a trovare, e George gli aveva detto che, da quando lavorava per Colin, aveva rotto tutti i ponti con la sua famiglia che d'altronde lo aveva sì accolto quando era restato orfano, ma l'aveva sempre e solo sfruttato. George aveva detto a Wade che ormai l'unica vera famiglia che aveva era Colin. Wade non aveva veramente affrontato con George l'argomento del rapporto fra lui e Colin, però era anche venuto a sapere che Colin non era sposato, e che George viveva con lui.

Ken quindi telefonò allo studio dell'architetto Bauder e fissò un appuntamento. Il giorno prima di andare, Wade ci comunicò altre notizie sui due.

Wade chiacchierando con George gli aveva detto che, da quando la sua famiglia si era trasferita, lui viveva con un suo carissimo amico che si chiamava Roy, e che stavano molto bene assieme, meglio di quanto possono stare due fratelli... e finalmente George gli aveva detto che in realtà lui e Colin erano amanti.

Si erano conosciuti quando Colin era andato nella tipografia dove George lavorava per farsi fare la carta intestata e i biglietti da visita. Colin s'era sentito subito attratto da George e anche il ragazzo, che allora aveva diciotto anni, dal bell'architetto che aveva ventitré anni. George aveva già avuto qualche avventura con altri ragazzi fin da quando aveva tredici anni, soprattutto con alcuni compagni della squadra di baseball di cui allora faceva parte, e sapeva di essere gay. Anche Colin sapeva di essere gay, infatti l'aveva capito verso i sedici anni, quando frequentava l'high school e era stato sedotto dal suo professore di matematica.

Così presto i due erano riusciti a "capirsi", finché una sera Colin aveva invitato George in un locale, avevano chiacchierato e bevuto, poi erano andati a casa di Colin e qui finalmente erano finiti l'uno nelle braccia dell'altro e avevano fatto l'amore. Dopo un paio di mesi che si frequentavano, avevano capito di essersi innamorati l'uno dell'altro, e allora Colin aveva proposto a George di andare a vivere da lui, e gli aveva anche dato un lavoro nel proprio studio, insegnandogli il disegno tecnico.


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