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una storia originale di Andrej Koymasky


IL RAGAZZO PADRE CAPITOLO 3
UNA GRADEVOLE RIVELAZIONE

Era il mese di giugno e Leonardo stava iniziando a dare gli esami del secondo anno. Ne parlava con Rinaldo, quando si incontravano nel parco.

Una volta, mentre stavano tutti e tre camminando sull'erba del parco, tenendo per mano Marco fra di loro, Leonardo gli disse: "Però, mi chiedo come fai tu... senza una ragazza... voglio dire... quando ti viene voglia di... di..."

"Scopare?" gli chiese con un sorriso Rinaldo, "Beh, che vuoi... ne faccio a meno. D'altronde... tu ce l'hai una ragazza?"

"No. Però, qualche volta... qualche avventuretta me la concedo, onestamente. Alla mia età uno mica può fare la vita di una monaco, no? Quando tira... tira."

"Quando tira... uno aspetta che smetta di tirare, nelle mie condizioni. Che ci vuoi fare?"

"E non ti pesa?"

"Qualche volta, un po'... però pazienza. Quando Marco sarà più grande, forse..."

"Fra quanti anni? Io non credo che resisterei così a lungo."

"Io spero di sì. D'altronde, che altro potrei fare? Ogni giorno, o lavoro o sto con lui. Non riesco nemmeno a fare qualche... conoscenza interessante. Tu sei il primo amico che mi sono fatto, da quando sono andato ad abitare da solo con Marco."

Continuavano a chiacchierare e a camminare lentamente, adeguando il loro passo a quello del piccino, sulla distesa d'erba del prato, che pareva avere l'alopecia: chiazze di terra battuta interrompevano le parti erbose.

Leonardo sapeva che doveva trattenere il proprio desiderio nei confronti di Rinaldo, sia a causa della presenza di Marco, sia perché non voleva mettere a disagio il ragazzo che, evidentemente, preferiva le ragazze.

D'altra parte, Leonardo era anche molto attratto dalla personalità di Rinaldo, che nonostante la sua non facile scelta di tenere e allevare il figlio da solo, conservava una grande serenità, anzi, una evidente gioia di vivere. Era molto piacevole stare in sua compagnia, anche solo su un piano di amicizia.

Però Leonardo aveva anche voglia di "divertirsi". Con Murad si era incontrato ancora tre o quattro volte, e il ragazzo tunisino gli piaceva, una volta aveva anche potuto passare tutta la notte con lui, però restavano pur sempre "cliente e marchetta". Pareva quasi che Murad, ogni volta, sottolineasse il fatto che Leonardo, se pure il migliore dei suoi clienti, era pur sempre soltanto un "cliente".

Murad una volta gli aveva chiesto di raccontargli com'era capitato che si fosse innamorato. Leonardo gliel'aveva narrato abbastanza volentieri, nonostante il finale di cui provava vergogna.

Era capitato quando aveva quindici anni. Aveva conosciuto Armando, un ragazzo di diciannove anni, che aveva scoperto poi, aveva appena cominciato a fare il servizio militare. Era un pomeriggio, e Leonardo era andato al Sesia per bagnarsi. Dopo essersi baganto stava prendendo il sole e leggendo l'ultimo numero di Tex Willer, quando Armando gli era passato accanto.

Si erano scambiati una lunga occhiata, molto eloquente, ma Armando aveva proseguito, andando oltre. Leonardo s'era rivestito, aveva preso la propria roba ed era andato via, dirigendosi verso la città, lentamente. S'era subito accorto che l'altro, come aveva sperato, lo seguiva. Aveva anche provato a cambiare strada, girando un po' a caso: sì, il bel ragazzo lo stava davvero seguendo.

Leonardo caminò a lungo, finché si risolse a tornare in centro. L'altro continuava a seguirlo. Quando Leonardo si fermò davanti alla vetrina di una pasticceria-bar, Armando gli si accostò, e gli chiese se poteva offrirgli qualcosa da bere e qualche pasticcino.

Leonardo l'aveva guardato per metà sorpreso, per metà compiaciuto e fiero che quel bel ragazzo lo trovasse attraente, e aveva prontamente accettato. S'erano seduti a un tavolinetto e avevano chiacchierato per un'oretta. Quando Armando gli aveva proposto di salire da lui, Leonardo non aveva avuto dubbi sul motivo di quell'invito. A casa di Armando non c'era nessuno, quella prima volta. Erano subito andati nella sua camera da letto e avevano fatto l'amore.

Ad Armando piaceva essere penetrato, così per la prima volta Leonardo aveva anche provato questo nuovo tipo di piacere. Dopo quel primo incontro, quando Armando era in libera uscita, andava ad aspettare Leonardo fuori dalla scuola. Non potevano più andare a casa di Armando, perché c'era sempre qualcuno, né tanto meno a casa di Leonardo, però tutti e due avevano voglia di fare l'amore.

Così scovarono un posto in cui appartarsi: nel Parco Lungo Sesia Korczak, in un folto di cespugli, i due potevano fare abbastanza tranquillamente l'amore anche nel tardo pomeriggio o a sera. Si incontravano abbastanza spesso, e gradualmente si accorsero tutti e due che si stavano innamorando uno dell'altro.

Ma dopo sette mesi da che era cominciata la loro relazione, e progettavano, una volta che Armando avesse finito di fare il servizio militare, di andare a vivere assieme, una sera c'era stata una retata della polizia. Leonardo era riuscito a scappare in tempo, ma Armando, che aveva i calzoni calati sulle caviglie, era stato preso.

Leonardo aveva letto sul giornale che Armando era stato accusato di atti osceni in luogo pubblico, e congedato dall'esercito per omosessualità. Armando evidentemente non aveva fatto il suo nome. Leonardo aveva letto sul giornale che era stato condannato con la condizionale. Per timore di essere coinvolto, Leonardo aveva evitato di incontrare ancora Armando... e si sentiva in colpa per questo.

"Eri solo un ragazzo..." gli aveva detto alla fine del racconto Murad.

"Sì, ma se ero veramente innamorato di lui, gli restavo vicino, anche a costo di rischiare di essere convolto nella sua disavventura. Dopo tutto, era stato beccato proprio perché stava con me."

"Non hai mai più saputo niente di lui?"

"No. Credo che sia andato via da Vercelli, dopo lo scandalo."

In realtà, era forse anche per quello che Leonardo, dopo quella disavventura, non aveva mai più voluto legarsi a nessuno. Non si era perdonato di aver abbandonato in quel modo il ragazzo di cui credeva di essere stato innamorato.

Murad riprese a fare l'amore con Leonardo, che così dimenticò quello spiacevole ricordo. Mentre riprendeva allegramente a stantuffare nell'accogliente culetto del bel tunisino, Leonardo pensò che gli sarebbe piaciuto se lì, in quel momento, ci fosse stato Rinaldo anziché Murad.

Murad gli piaceva, e non poco, però sentiva che con Rinaldo, se fosse stato possibile, gli sarebbe piaciuto anche di più. In fondo con Murad, a parte che ogni volta lo pagava, c'era comunque come un muro, mentre con Rinaldo c'era ormai una certa amicizia. Peccato, però, che quel dolce ragazzo fosse eterosessuale, pensò continuando a divertirsi con il bel tunisino.

Quando infine Murad andò via, Leonardo si mise a dormire, soddisfatto, almeno per qualche giorno, per la bella e lunga scopata che aveva fatto. Faceva caldo, perciò restò nudo, coprendosi solo in parte con il leggero lenzuolo di cotone.

Si addormentò quasi immediatamente, sentendosi bene e rilassato come gli capitava spesso dopo aver fatto una buona scopata. Mentre scivolava nel sonno la sua mente fluttuò pigramente fra i ricordi e il sogno.

Rivide le riunioni con i suoi compagni di liceo, quando si trovavano a casa di uno di loro, in assenza dei genitori per giocare a poker... Non si ricordava chi l'avesse proposto la prima volta, di puntare, invece dei soldi, ognuno i propri abiti, così un po' per volta si dovevano denudare... e da quello a toccarsi, tanto per scherzare, e poi a fare sesso, il passo era stato breve.

Rivide, nel dormiveglia, una di quelle scene, ma invece dei suoi compagni di liceo, attorno al tavolo, già seminudi, c'erano lui, con Murad, Rinaldo e Gianfranco... E Murad che era restato nudo, per poter continuare a giocare doveva succhiarlo a Gianfranco... allora lui prendeva fra le braccia Rinaldo e lo baciava in bocca, e il ragazzo rispondeva al suo bacio, e gli carezzava la forte erezione infilando la mano sotto la tela dei boxer...

Scivolò nel sonno sorridendo.


Finalmente arrivò il mercoledì e a metà pomeriggio Leonardo si preparò per andare a casa di Rinaldo. Quasi inconsciamente, si vestì in modo lievemente provocante, con calzoni e T-shirt piuttosto attillati. Uscito di casa, andò a comprare una bottiglia di vino, un Paperino di gomma per Marco, poi, passando davanti a un fioraio, comprò anche una rosa rossa dal gambo lungo.

Quando arrivò sotto casa di Rinaldo, vide che il portone era aperto così salì direttamente senza suonare. Al quarto piano, vide la porta con la targhetta e sorrise. C'era scritto "Rinaldo e Marco Beraudo". Suonò il campanello.

Rinaldo arrivò ad aprire: anche lui indossava un paio di jeans e una T-shirt bianca attillati, molto sensuali.

Alle sue spalle c'era Marco che, appena vide Leonardo, batté le manine e rise contento, gridando, con la sua vocetta "Leonaaaddooo!"

Leonardo porse la bottiglia e la rosa a Rinaldo e s'accoccolò a terra davanti al bimbo, porgendogli il regalo che aveva comprato per lui. Marco ignorò il regalo e si precipitò fra le braccia di Leonardo e gli stampò un umido bacio sulla punta del naso, come di solito faceva con il padre. Era la prima volta che il piccolo dava un bacetto a Leonardo, e questi ne fu commosso.

"Marco, t'ho portato un gioco, tieni..." gli disse.

Il piccolo prese in mano il Paperino di gomma, gli disse "Gaazie." Poi lo mostrò al padre e disse: "Bello!"

"Sì, è proprio bello. Leonardo ti vuole bene, vedi? E tu gli vuoi bene, Marco?"

"Sì." rispose il piccolo e dette un altro bacio sulla punta del naso di Leonardo.

"Non la smetteva più di chiedermi: Leonardo? Non vedeva l'ora che tu arrivavi. Ah, e grazie per la rosa. È la prima volta che qualcuno mi regala un fiore. Sei davvero gentile."

"Inaddo, tu bacio Leonaddo." disse il piccolo.

Leonardo si alzò in piedi: "Adesso devi darmelo, è un ordine di Marco, no?" gli disse sorridendo.

Rinaldo ridacchiò e sporse il viso. Ma invece di dargli un bacio sulla punta del naso, come Leonardo s'aspettava, gli sfiorò le labbra con le sue e, sottovoce, disse: "Grazie, Leonardo. Sono contento che sei venuto."

Leonardo si guardò attorno: era una stanza povera, ma molto pulita e ordinata. In un angolo c'era il letto matrimoniale, con accanto un armadio, in centro c'era il tavolo con tre sedie, in un altro angolo il fornello e il lavandino; una piccola libreria completava l'arredamento della stanza.

Alle pareti, allegri poster e qualche vaso con fiori sul davanzale della finestra che dava sul ballatoio, rallegavano un po' l'ambiente.

Rinaldo vide che l'amico si guardava attorno: "Tutto qui..." disse. "Ma ci stiamo bene, Marco e io."

"Non hai neanche il televisore." notò Leonardo.

"No, non è necessario. Ma ho un discreto stereo con la radio." rispose allegramente il ragazzo. "Siedi, io finisco di preparare la cena. Se non ti dispiace mangiamo un po' presto, così metto a letto Marco, poi, se ti puoi fermare un po', chiacchieriamo."

Leonardo sedette e subito Marco cercò di arrampicarglisi in grembo. Leonardo lo aiutò a salire e sedersi su una sua gamba. Marco gli si appoggiò contro il petto e, messo il Paperino sul tavolo, lo muoveva avanti e dietro come per farlo camminare.

Dall'angolo con i fornelli Rinaldo chiese: "Come facevi a sapere che a Marco piace Paperino?"

"Non lo sapevo. M'è andata bene, semplicemente."

"Qualche volta compro Topolino e lo sfogliamo assieme, e io gli racconto le storie che ci sono sopra. E Marco adora Paperino."

"Gli racconti le favole, quando lo metti a letto?"

"Sì, sempre. Favole che invento io. Di solito si addormenta quasi subito, quando lo metto giù."

"Mangia già tutto, Marco?"

"Quasi tutto. Basta che glielo sminuzzo e che non sia troppo duro. Ha già abbastanza denti, ma finché non gli vengono fuori quelli posteriori, non può masticare bene. Ma a Marco piace mangiare quello che mangio io."

"Cosa stai preparando per cena?"

"Tortelloni agli spinaci al burro e salvia, bresaola all'olio e limone e insalata mista. Spero che ti vada tutto bene. Non sono un gran cuoco, io. Al ristorante faccio solo il lavapiatti." disse con un ampio sorriso il ragazzo.

"Un'ottima cena." gli disse Leonardo.

"Tu cucini?"

"Di rado. E anche io faccio solo cose semplici. Di solito, però, a pranzo mangio alla tavola calda. E il sabato e la domenica vado a casa dai miei, a Vercelli."

"Cucina bene, tua madre?"

"Abbiamo la cuoca... La cuoca cucina bene, sì. Mia madre... in vita mia non l'ho mai vista spignattare."

"E tua madre, cosa fa, tutto il giorno?"

"Un po' fa da segretaria nello studio di mio padre, un po' fa la 'sciura' e va a giocare a bridge con le altre 'sciure'. O qualcosa altro. Fa parte di almeno una dozzina di associazioni. È sempre molto indaffarata, mia madre."

"I miei hanno una panetteria. Mio padre lavora al forno con due garzoni, mia madre manda avanti il negozio con due commesse."

"E come mai tu fai il lavapiatti? Non potevano darti lavoro, i tuoi?"

"Non ho voluto io. Non c'è peggior padrone del proprio padre, secondo me. Ti fa lavorare come uno schiavo e poi ti paga meno degli altri."

"Ma... con i tuoi... hai proprio rotto?"

"Sì. Meglio così. Sto molto meglio, da quando non sto più con loro."

"Ma a lui non manca... una famiglia?" chiese Leonardo accennando verso il piccolo.

"La nostra vicina e sua figlia, che ha pochi mesi più di lui, gli fanno un po' da famiglia... I miei comunque, non gli facevano granché da famiglia, dato che stanno quasi tutto il giorno in panetteria."

"E a te?"

"Ho lui."

"Se tu avessi una moglie, una compagna..."

"Mi è bastato averci provato una volta."

"Ma... da quello che m'hai detto... se ho capito bene... in vita tua l'hai fatto solo una volta."

Rinaldo ridacchiò: "Ah, quello. Sì, è vero, l'ho fatto solo una volta."

"Ma un bel ragazzo come te... chissà quante ragazze ti correrebbero dietro."

Rinaldo rise: "E io scapperei a gambe levate. Non è che sono pentito, visto che il risultato è lui. Ma non ho nessuna intenzione di fare il bis, te l'assicuro."

"Questa volta, però, potresti usare una... protezione, no?"

Rinaldo rise di nuovo: "No, no, neanche con dieci protezioni. No, niente ragazze. Ho già dato. Basta!"

"Ma quando lui sarà un po' più grande, avevi detto..."

"Manca ancora parecchio. Vedremo. Per ora mi tengo la voglia."

"Ma così... così perdi gli anni più belli... hai solo diciotto anni, dopo tutto."

"Se fossi in galera, dovrei farne a meno, no? E questa comunque non è una galera, per me. Pensa ai ragazzi che vanno in galera alla mia età e ci devono magari restare per dieci anni! E pensa a quelli che si fanno frati o preti, se rispettano i voti: ne fanno a meno, no? I primi per necessità, gli altri per scelta... io per una via di mezzo fra necessità e scelta."

"Mezzo frate e mezzo carcerato, insomma?" gli chiese sorridendo Leonardo. "Io... sono solo due giorni che non scopo e... già ne ho di nuovo voglia... Davvero io non potrei fre il frate o il prete."

"E se fossi un carcerato?"

"Lo farei con qualche altro carcerto che ci sta." rispose tranquillamente Leonardo, guardandolo.

Rinaldo non si girò a guardarlo, né ribatté niente per un po'. Ma poi disse, quasi sottovoce, sempre senza guardarlo: "Sì, certo, in carcere mancano le donne, non il sesso. Anche se uno come te o come me, rischia di diventare la puttana di tutti, da quello che si dice. A meno che si trova un protettore forte e rispettato da tutti e diventa il suo ragazzo... anche se magari non gli piace. No, meglio la mia vita, così come è."

"Sì, certo. Se tu fossi in galera... ti cercheresti un protettore?" gli chiese allora.

"Sicuro. Sperando magari di trovarne uno... accettabile. Ma in galera non è che uno abbia poi molte scelte, no? In galera si deve solo cercare di sopravvivere. Tu che faresti, se dovessi passare anni in galera?"

"Mi cercherei anche io un protettore, certo. Magari uno bello e gentile... uno come te, per esempio." lanciò lì Leonardo, aspettando la reazione dell'altro.

Ma nuovamente Rinaldo non disse nulla e quando parlò, aveva cambiato discorso.

"Non ti dà fastidio Marco, sulle gambe?"

"No, proprio per niente. Anzi, mi piace. È davvero molto buono."

Il piccolo, sentendo il proprio nome, fece un gridolino e rise felice.

Leonardo gli carezzò i capelli: "Lo sai Marco che sei proprio bello? Hai preso tutto dal tuo papà, sei bello almeno quanto lui!"

"Macco bello, Inaddo bello, Leonaddo bello!" proclamò il piccolo.

"Sì, hai ragione, siamo tutti e tre proprio belli!" gli disse con tenerezza Leonardo. "Ma il più bello di tutti sei tu."

Rinaldo mise a tavola, prese sulle gambe il figlio e si misero a mangiare. Dopo la cena, giocarono tutti e due per un po' con il piccolo, finché Rinaldo disse a Marco che era ora di andare a letto.

"No letto..." disse con aria di preghiera il piccolo.

"Sì, amore. Sai che è ora di dormire, vedi che fuori è già buio? Mica ti metti a fare i capricci ora che c'è Leonardo, vero?"

Il piccolo scosse la testa, serio.

"Bene, bravo."

Leonardo li guardò, mentre Rinaldo spogliava il piccolo, lasciandogli indosso solo il pannolino, e lo adagiava con tenerezza sul letto, lo copriva accuratamente, poi sedeva accanto a lui e, carezzandolo lievemente, iniziava a raccontargli una favola.

"C'era una volta un cagnolino che credeva di essere un gatto, e che per questo cercava sempre di andare insieme ai gatti, che però non lo volevano con loro..."

Come Rinaldo aveva detto, dopo pochi minuti il piccino già dormiva. Allora Rinaldo si alzò dal letto e tornò a sedere al tavolo.

"Fatto, è già nel mondo dei sogni."

"Sai che è molto bello vedervi insieme, voi due?" gli disse Leonardo.

"Perché m'hai portato in regalo una rosa... una rosa rossa?" gli chiese Rinaldo.

"Non lo so... Semplicemente sono passato davanti a un fiorario e m'è venuta voglia di portartene una."

"Mi ha fatto molto piacere, anche se davvero non me l'aspettavo." gli disse il ragazzo con un lieve sorriso. "È stato un pensiero molto gentile... un gesto tenero."

"Tu fai tenerezza, Rinaldo. Sei un ragazzo speciale."

"Speciale, io? Perché speciale?"

"Sì, speciale... bello... e desiderabile." sussurrò Leonardo e nel dire quell'ultima parola quasi arrossì e si morse la lingua.

Come gli era venuta fuori? Guardò un po' preoccupato l'altro, cercando di scrutarne l'espressione nel sentirsi dire quella cosa. Rinaldo era serio, né stupito, né offeso, né compiaciuto... aveva un'espressione impenetrabile.

I loro sguardi si incontrarono, i loro occhi sostennero per un po' lo sguardo dell'altro. Leonardo quasi tratteneva il respiro e non si accorse che anche il ragazzo lo stava trattenendo. Poi Rinaldo abbassò lo sguardo e finalmente parlò, con un filo di voce.

"Desiderabile, hai detto? Tu... tu mi desideri, Leonardo?"

Dopo un lungo silenzio, Leonardo rispose, in un sussurro: "Sì."

"Non stai scherzando, vero?" chiese allora il ragazzo.

"No..." mormorò Leonardo sentendosi avvampare.

Rinaldo sollevò di nuovo lo sguardo a incontrare quello dell'altro. Poi chiese, quasi faticando a tirare fuori la voce: "Vuoi... vuoi farlo con me?"

"Dal primo momento che t'ho visto."

"Per quello... la rosa rossa..."

"No, non ci avevo pensato, è stata davvero una cosa così, senza pensarci... Tanto più che so che a te... piacciono le ragazze."

Rinaldo scosse il capo lievemente: "A me? Le ragazze? No... Quell'unica volta... è stato uno sbaglio, te l'ho detto. A me piacciono i ragazzi, non le ragazze." sussurrò e, allungata una mano, la pose su quella dell'altro. "E tu mi piaci un sacco."

"Anche tu vuoi farlo con me?"

"Dal primo momento che ti ho visto... anche io. Per quello tornavo sempre lì, perché speravo di rivederti. Anche se pensavo che a te non interessavano i ragazzi. Ma mi piaceva poterti guardare." mormorò e intrecciò le dita con quelle dell'altro.

Poi gli sollevò la mano, la portò alle labbra e la baciò lieve. Leonardo, emozionatissimo ed eccitato, lo tirò a sé, facendolo alzare dalla sua sedia, e lo fece sedere sulle sue gambe. I due giovani si abbracciarono e si baciarono, schiudendo le labbra e giocando a rimpiattino con le loro lingue ora nella bocca dell'uno ora in quella dell'altro.

"Se Marco si sveglia..." sussurrò Leonardo sempre più pieno di voglia.

"Non capita mai, non quando s'è appena addormentato."

Si baciarono di nuovo, con maggiore passione.

"Non è meglio se spegni la luce, però?" gli sussurrò Leonardo.

"Come vuoi. Però... non posso portarti sul letto, dobbiamo accontentarci così."

Rinaldo si alzò e andò a spegnere la luce. Dalla tendina della finestra penetrava il lieve chiarore della lampada del ballatoio. Mentre Rinaldo tornava verso Leonardo, questi si alzò in piedi e lo accolse fra le sue braccia. Si strinsero l'uno all'altro finché sentirono palpitare, attraverso i loro panni, le reciproche, forti erezioni.

"Davvero mi vuoi?" gli chiese Rinaldo in un sussurro.

"Da matti!"

"Non l'ho mai fatto con un ragazzo, prima."

"Ma... non hai detto che a te piacciono i ragazzi?" chiese un po' confuso Leonardo.

"Sì, lo so da quando avevo quattordici anni, ma... non ci ho mai provato. Poi con Liliana... lei aveva voglia, e mi sono detto che magari, se ci provavo, scoprivo che mi piacciono le ragazze. Così l'abbiamo fatto e... anche se tutto ha funzionato... ho capito che a me piacciono solo i ragazzi. Però poi non ho più potuto."

"Perciò io sono il tuo primo ragazzo?" chiese stupito Leonardo.

"Se ti va di farlo con me, sì. Anche se ho paura di essere... di essere imbranato, capisci?"

"Se ha funzionato con lei... funzionerà di sicuro anche con me. Non ti devi preoccupare. Ma sei sicuro? Davvero vuoi farlo con me?"

"Sì, certo che sono sicuro. Se tu mi vuoi."

"Non lo senti, quanto ti voglio?" gli chiese Leonardo sfregandoglisi addosso per fargli sentire nuovamente la sua erezione e sentendo con piacere la forte erezione dell'altro.

Si baciarono di nuovo, a lungo, carezzandosi la schiena ed il collo, palpandosi i sederi strettamente fasciati dai pantaloni.

"Dio quant'è bello, anche solo baciarsi... Sai che non ho mai baciato nessuno, prima?"

"Neanche lei?"

"No... quella voleva solo scopare. Non c'è stata tenerezza. Era assatanata. È bellissimo, come baci. È bellissimo sentire che sei eccitato... per me. "

Leonardo si staccò lievemente da lui e gli sfilò la T-shirt bianca, che posò sulla sedia. Poi si chinò sul petto del ragazzo e gli prese a stuzzicare i capezzoli con le labbra e la lingua. Rinaldo fremette da capo a piedi ed emise un lieve gemito di piacere.

"Peccato che non possiamo usare il letto..." sospirò.

Leonardo si sentiva tutto il corpo in fiamme: non s'era mai sentito tanto eccitato in vita sua. Tutto il desiderio per quel ragazzo, che per mesi aveva represso, stava finalmente trovando la possibilità di esprimersi. Gli girava quasi la testa per l'emozione. E anche la coscienza di essere il primo ragazzo di Rinaldo lo eccitava e lo esaltava, lo esilarava quasi.

Con mani febbricitanti, continuando a stuzzicare i capezzoli del bel ragazzo con la bocca, slacciò la cintura dei calzoni di Rinaldo che, ansimando lievemente per la crescente eccitazione, lo lasciava fare. Anche lui si sentiva girare la testa per l'emozione di quell'imprevista e piacevolissima situazione.


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