Nell'ovattato silenzio della stanza semibuia, i due ragazzi stavano lentamente scalando, assieme, le vette del piacere. Entrambi erano profondamente emozionati. Leonardo per la completamente imprevista realizzazione dei suoi più segreti desideri. Rinaldo perché, nonostante non desiderasse altro da almeno quattro anni, solo ora, per la prima volta, poteva esprimere liberamente e a pieno la propria sessualità.
Entrambi provavano, in quel momento, un strana "urgente calma". Da un lato infatti avrebbero voluto bruciare le tappe, dall'altra volevano godere ogni istante di quanto stava finalmente accadendo.
A poco a poco, ognuno dei due eccitatissimi ragazzi liberò l'altro dei pochi abiti che lo copriva, finché i loro corpi, finalmente del tutto nudi, poterono aderire nuovamente e sfregarsi con virile tenerezza l'uno contro l'altro.
Rinaldo si sentiva completamente in fiamme. Era al tempo stesso stupito ed esaltato. Stupito che tutto stesse davvero accadendo, e con un compagno tanto bello e disponibile, esaltato nel poter finalmente provare quei piaceri così incredibilmente più intensi di quanto avesse potuto fantasticare.
Il ragazzo circondò con la mano il membro duro ed eretto, caldo e palpitante di Leonardo: "Me lo metti tutto dentro?" gli chiese in un sussurro pieno di desiderio.
"Lo vuoi?" chiese Leonardo emozionato.
"Sì... tutto."
"Ma..."
"Non vuoi?"
"Sì, ma... non ho il preservativo. Tu ce l'hai?"
"No, ma che importa."
"No, senza preservativo, non dobbiamo."
"Mica posso restare incinta io, no?" ridacchiò Rinaldo palpando la dura asta con piacere e desiderio.
"Potremmo passarci una brutta malattia... Non possiamo rischiare."
"Io credo di essere pulito."
"Anche io, ho sempre preso le mie precauzioni, ma non si sa mai. Non possiamo ancora, non questa sera, purtroppo."
"Ma ne hai voglia, tu?"
"Sì, e come!"
"Tu... l'hai fatto con tanti ragazzi, vero?"
"Con molti, sì, e abbastanza spesso... E poi... per te è la prima volta... sarebbe meglio usare un buon lubrificante, non vorrei farti male."
"Oh... non mi importerebbe, ne ho troppa voglia. Oh, Leo! Quando possiamo, allora?"
"Hai aspettato per tanti anni... abbiamo aspettato per tanti mesi... Qualche giorno in più..."
"Ma ora che siamo qui, così... non è facile. Oh, Leo, mettimelo, dai. Possiamo rischiare, per una volta, no?"
"No, Rinaldo, non dobbiamo. Non credere che sia facile, per me, dirti di no, adesso. Anche io ne ho una voglia incredibile."
"Sì... lo sento... Davvero ti piaccio?"
"Moltissimo."
"Fammelo almeno sentire... fra le chiappe..."
"No, è meglio di no, o ho paura che non mi saprei fermare." gli disse Leonardo e, stringendolo a sé, lo baciò di nuovo a fondo, con passione, carezzandolo per tutto il corpo.
Rinaldo rispose al bacio con bruciante desiderio. Quando si staccarono, fece un profondo respiro.
"Dio, quanto ne ho voglia!" mormorò.
"A chi lo dici!" gli disse con voce lievemente roca Leonardo.
Con le dita, frugò fra le chiappette dell'altro, finché i polpastrelli delle sue dita individuarono l'inviolata rosetta di carne e la stuzzicarono con delicate e sapienti spinte e passate.
"Oh... oh, Leo... così mi fai morire!"
"Devo smettere?"
"No!" disse quasi ad alta voce il ragazzo. Poi mormorò: "Quando? Quando me lo metterai? Quando mi fotterai, finalmente?"
"La prima volta... sarebbe meglio farlo su un letto, no? Se tu potessi venire da me... magari lasciare Marco per un po' dalla vicina..."
"Sì, si può fare, credo. Domani sera? Se io avverto Anna che al ristorante devo fermarmi più a lungo del solito... Finito il lavoro potrei venire da te, se vuoi. Oh, Leo, dimmi di sì, ti prego. Domani sera... Marco potrebbe restare a dormire da Anna, così posso fermarmi da te, possiamo farlo con calma, sul tuo letto." lo pregò Rinaldo con urgenza nella voce.
"Sì, certo, si può fare così."
"Allora, domani sera? Domani sera me lo metti tutto dentro?"
"Saranno le ventiquattro ore più lunghe della mia vita!" scherzò Leonardo, carezzando il corpo nudo e fremente del compagno.
"A chi lo dici! Ma ora? Dobbiamo rivestirci?"
"No... Ancora per un poco." sussurrò Leonardo e, baciando e leccando il collo, il petto, il ventre del compagno, gradualmente sese giù, gli si accoccolò davanti, finché gli prese il membro duro e fremente fra le mani e iniziò a leccarlo e baciarlo, mordicchiarlo con delicatezza, e infine lo prese fra le labbra e, stringendole, se lo fece scivolare tutto nella calda bocca, fino in gola. Poi, succhiando e muovendoci contro la lingua, iniziò a muovere il capo avanti e dietro.
Rinaldo emise un mugolio eccitato e dovette sostenersi indietro con le mani sul bordo del tavolo, perché le gambe gli stavano per cedere per l'intensità del piacere.
Guardava in giù: intravedere, al tenue chiarore che trapelava dalla finestra, il proprio membro apparire e scomparire fra le labbra dell'amico, gli dava un'emozione quasi più grande dello stesso intenso piacere fisico che stava sperimentando per la prima volta in vita sua.
Frattanto Leonardo con una mano gli impastava delicatamente i testicoli e con l'altra gli stuzzicava il nascosto buchetto palpitante. Le sensazioni, il piacere, l'emozione erano troppo forti per Rinaldo che, dopo pochi istanti, quasi improvvisamente, si scaricò nell'accogliente bocca dell'amico, che bevve tutto golosamente.
Rinaldo tremava leggermente per tutto il corpo e ansimava pesantemente. Leonardo si rialzò in piedi, lo strinse fra le braccia e lo baciò in bocca. Rinaldo sentì il sapore del proprio seme nella bocca dell'amico.
"L'hai... l'hai bevuto tutto!" mormorò quasi sorpreso quando le loro bocche si staccarono.
"Sì. Ha un buon sapore."
"L'ho sentito nella tua bocca. Sa di... salmone." ridacchiò Rinaldo. "Voglio assaggiare il tuo, adesso. Siediti lì, allarga le gambe. Non so se sarò bravo come te, ma... ma ci voglio provare."
"Non è necessario."
"Come no? Voglio sapere se anche il tuo sa di salmone." ridacchiò il ragazzo sospingendo l'amico contro la sedia.
Leonardo sedette, allargando bene le cosce. Rinaldo gli si inginocchiò fra le gambe, prese il bel membro che svettava ritto e duro, e iniziò a leccarlo per tutta la lunghezza con evidente piacere. Poi si soffermò sul glande, scoprendolo, e lo lappò quasi come quando si lecca un gelato. Sentiva Leonardo femere in preda al piacere.
L'amico gli infilò le dita fra i capelli in un gesto di affetto e di possesso a un tempo, e con l'altra mano carezzava le ampie spalle dell'amico chino sul suo grembo. Finalmente Rinaldo circondò la dura asta con le labbra e abbassò lentamente il capo, prendendolo tutto dentro la bocca.
Leonardo si abbandonò contro lo schienale, pensando che, nonostante per l'amico fosse la prima volta, sapeva farlo bene. Anche lui era talmente eccitato che in breve raggiunse l'orgasmo.
Rinaldo si alzò e sedette in grembo a Leonardo, abbracciandolo e guardandolo con espressione lieta.
"Il tuo... non lo so se il tuo sa di salmone... ma è abbastanza buono." disse ridacchiando, poi dette un bacio sulla punta del naso dell'amico. "Dio, se sono contento che sei tu il mio primo uomo!"
"Davvero, dalla prima volta che m'avevi visto, là al parco, t'è venuta voglia di farlo con me?" gli chiese Leonardo.
"Sì, certo. Sai com'è... non potendo farlo, mi accontentavo di guardare quelli che mi piacevano e di sognare. Solo che tu, pareva che non ti interessavano i ragazzi."
"A no? E perché?"
"Qualcuno che gli piacevo, ci provava subito. Ma con te passavano le settimane e non succedeva niente."
"Mah, sai com'è... quando ho saputo che Marco è tuo figlio, ho pensato che a te piacevano le ragazze, non i ragazzi."
"Sì, capisco, ma che c'entra. Chissà quanti uomini sposati, in realtà gli piace di più farlo con un maschio, no? E io, se non erano i nostri che ci hanno fatto sposare, mica avevo nessuna voglia di sposarmi. Io lo sapevo già che a me piacciono i maschi."
"Ma prima di farlo con lei, non avevi mai fatto niente?"
"No, niente di niente. Un po' perché mica puoi dire ai compagni di scuola o agli amici che sei gay... un po' perché pensavo che magari era solo una cosa passeggera. Una cosa da ragazzi. Solo una volta, quando avevo tredici anni, una sega con un cugino, ma ognuno il suo, non ci siamo neanche toccati. Ma quando andavo al cinema, se c'era una scena un po' spinta, io mi godevo sempre il corpo di lui, mai quello di lei. E quando si faceva ginnastica a scuola, vedere i compagni mezzo nudi... era una tortura e un piacere. Ho sempre saputo di essere gay, io."
"Eppure l'hai fatto con lei."
"Il corpo è com'è. Lei è riuscita a farmelo venire duro e a farsi scopare. Un po' volevo anche provarci, per essere sicuro se ero proprio gay o no. E dopo che l'ho fatto con lei, sapevo che sono proprio gay. L'unica cosa bella che ne è venuta fuori è il mio Marco."
"È molto bello vedervi assieme, vedere quanto vi volete bene."
"Vorrei poter passare più tempo con lui. Se solo trovassi un lavoro di notte, potrei passare tutta la giornata con Marco."
"Se tu lavorassi di notte, di giorno dovresti comunque dormire, no? Deve essere difficile allevare un figlio da soli."
"Ma è così bello! Con Liliana ho fatto una cazzata, è vero, ma sapendo che per quello è nato Marco, sono felice di averla fatta."
Dopo un po' si rivestirono e Rinaldo andò ad accendere di nuovo la luce. Si accostò al lettone e controllò il figlio, sistemandogli il lenzuolo sulla parte inferiore del corpo. Poi tornò a sedere al tavolo, accanto a Leonardo. Gli prese di nuovo la mano fra le sue.
"Domani sera, allora, mi aspetti?" gli chiese con occhi luminosi.
"Sì, certo."
"Ce l'hai, a casa tua, preservativi e lubrificante?"
"Sì."
"E... me lo metti tutto dentro, vero?"
"Tu, non hai voglia di metterlo a me?"
"No, ho sempre desiderato prenderlo. Non so dirti perché, ma nelle mie fantasie, ero sempre io a prenderlo, mai a metterlo. A te piace metterlo, no?"
"Sì, certo. Non hai paura che ti fa male?"
"No, non mi importa. Poi, tanto, uno si abitua, no? Se non fosse così, nessuno vorrebbe prenderlo dietro, no? Lo sai che sei bello anche lì, fra le gambe?"
Leonardo ridacchiò: "Non me l'aveva mai detto nessuno! M'hai detto, prima, che qualcuno ci aveva provato, con te..."
"Sì, qualcuno ci ha provato. O meglio, m'ha fatto capire che ci avrebbe voluto provare. Ma sai... con Marco... non potevo."
"Ma con me sì..." notò Leonardo.
"Primo, a te piace Marco e a Marco piaci tu. Secondo, prima siamo diventati amici. Con te è diverso."
Chiacchierarono ancora un po', poi Leonardo decise che era ora di tornare a casa. Rinaldo, prima di aprire la porta, lo abbracciò stretto stretto e lo baciò ancora, con gusto.
"Allora... domani sera... ci conto." gli disse guardandolo con occhi luminosi e dandogli una lieve carezza sulla patta dei calzoni.
"Sì, certo. Ti aspetto!"
Mentre caminava a passo svelto verso casa, Leonardo ripensava alla sua fortuna. Rinaldo era davvero un ragazzo speciale. Era contento che finalmente avessero giocato a carte scoperte.
Per tutto il giorno seguente Leonardo seguì le lezioni con meno attenzione del solito: aveva la testa piena del suo nuovo amico. Non vedeva l'ora che arrivasse la sera. Rinaldo gli aveva detto che sarebbe arrivato dopo mezzanotte, forse verso l'una, ma che avrebbe fatto il possibile per finire in fretta il proprio lavoro, per andare da lui il prima possibile.
Fra una lezione e l'altra, Ginfranco gli si avvicinò: "Quel marocchino, l'altro ieri sera... Scopa bene?" gli chiese sottovoce.
"Non è marocchino, è tunisino."
"Sì, va be' è lo stesso, ma scopa bene?" insisté il compagno di corso. "È il tuo ragazzo?"
"No, non è il mio ragazzo. Ci si incontra, qualche volta. Ci piace farlo insieme."
"Non l'ho visto bene, ma mi è sembrato un bel ragazzo. A te piacciono i marocchini?"
"Qualcuno è veramente bello, qualcuno no. Ma non ho mai avuto preferenze."
"Io una volta l'ho fatto con un nigeriano, nero come l'ebano. Ci ha messo sotto, me e Dario, sai, il mio amico. Ci ha scopato due volte a testa, quella notte. Ce l'aveva bello grosso... e lo sapeva usare come si deve. I cinesi, invece, non me lo fanno tirare. L'hai mai fatto tu con un negro?"
"No, mai. Ma non m'interessa di che colore ha la pelle... ci sono belli e brutti, bravi e incapaci qualunque colore hanno."
"Sì, è vero, però... i negri ce l'hanno più grosso. Mi piacerebbe provarci una volta con un marocchino, comunque. Solo che mi dà l'impressione che non sono puliti."
"Murad, quel ragazzo, è molto pulito. Non credo che siano più puliti o più sporchi di noi."
Durante l'intervallo di pranzo, Leonardo vide arrivare Rinaldo con Marco. Il piccino gli corse incontro, e Leonardo si accoccolò a terra e lo aspettò con le braccia apere. Il piccolo vi si gettò dentro e gli dette il suo solito bacio umidiccio sulla punta del naso, che Leonardo ricambiò. Poi prese il piccolo in braccio e sedette sulla panchina.
"Sai che Marco bacia così solo me e te?" gli chiese Rinaldo mentre sedeva accanto all'amico. "Come stai?"
"Bene. Non ho fatto che pensare per tutta la mattina a voi due... e a te e a stasera."
"Anche io. Ho avvertito Anna, sai? Ha detto che me lo tiene volentieri fino a domattina, lo fa dormire da lei."
"Allora... puoi fermarti fino a domattina?" gli chiese Leonardo.
"Se per te va bene, sì. Però dovrei andare via presto, per prendere Marco e stare un po' con lui, prima del turno di pranzo."
"Io ho lezione alle otto e trenta, perciò devo uscire di casa verso le otto."
"Sì, per me va bene. Esco con te alle otto, allora. Va bene?"
"Certo, va benissimo." gli disse Leonardo con un sorriso compiaciuto.
"Non ho fatto che dirmi che sono fortunato, per tutta la mattina. Aver trovato te, voglio dire. E che ci si è capiti, soprattutto. Quando arrivo da te, prima, posso fare una doccia? A casa mia mi devo sempre lavare con una spugna al lavandino. Sono secoli che non posso fare una doccia come si deve."
"Certo che puoi... anzi, magari la facciamo assieme, che ne dici?"
"Sì, è una bella idea. Tu lavi me e io lavo te. Però, dopo, lo facciamo a letto, no?"
"Come vuoi tu, Rinaldo."
Leonardo faceva saltellare Marco sulle sue ginocchia, cantandogli la filastrocca "ucci ucci cavallucci", e il piccolo rideva felice.
"Ci sai fare, tu, coi piccoli."
"Marco è bambino splendido. Lo mangerei di baci." rispose Leonardo con un sorriso. Poi aggiunse: "Per forza è splendido, con un padre bello come te."
Rinaldo arrossì lievemente ma era contento: "Io non mi sono mai trovato bello, quando mi guardo allo specchio per farmi la barba."
"Sì che sei bello. Vero Marco, che Rinaldo è bello?"
"Inaddo bello!" esclamò il piccino, felice. "Leonaddo bello." aggiunse poi con un sorriso dolce e a voce più bassa.
"Anche Marco è molto bello..." gli disse Leonardo.
"Sì, Macco bello. Tutti bello."
"Tutti belli, si dice, Marco." lo corresse il padre carezzandogli i capelli.
"Tutti belli." ripeté felice il piccino.
"Chissà quando imparerà a pronunciare anche la R..." si chiese con un dolce sorriso Rinaldo.
"Nei nostri nomi e nei nostri cognomi le R non mancano..." notò Leonardo divertito.
Dovettero lasciarsi. Leonardo e Rinaldo si ripeterono l'appuntamento per quella stessa notte. Marco continuava a girarsi di tanto in tanto e fare "ciao" con la manina verso Leonardo, finché non furono più in vista.
La serata passò, incredibilmente lenta. Leonardo non vedeva l'ora che arrivasse Rinaldo ed era spesso eccitato al solo pensiero che avrebbe passato l'intera notte con lui. Anche il fatto di sapere che lui era il "primo uomo" di Rinaldo, gli procurava un grato calore e un frequente stato di eccitazione.
Il breve "assaggio" della serata precedente, a casa di Rinaldo, non aveva fatto che aumentare il suo desiderio. Il tutto, anche se era stato breve e non completo, si era svolto in un'atmosfera carica di erotica elettricità, dovuta sia al fatto di essersi uniti nella semi-oscurità ovattata della stanza, sia al fatto che Marco stava dormendo a pochi passi da loro, ma soprattutto al fatto che non ci aveva sperato, per quanto lo avesse desiderato.
In un inconscio desiderio di ricreare almeno in parte quell'atmosfera magica ed erotica, Leonardo aveva pensato di mettere nella propria camera da letto alcuni lumini di cera, che avrebbero dato abbastanza luce per vedersi chiaramente l'un l'altro, ma al tempo stesso avrebbe rivestito la stanza di un chiarore caldo e intimo.
Leonardo, man mano che le ore scorrevano lente, si sentiva sempre più irrequieto. Voleva che tutto fosse perfetto. Altrettanto forte era in lui il desiderio di celebrare la "prima volta" di Rinaldo, che quella notte avrebbe offerto la sua verginità a lui. In qualche modo, il giovane studente di architettura, sentiva che quella occasione era diversa da tutte le altre.
Rinaldo non era "una" delle sue tante avventure, lo avvertiva chiaramente. Tutte le sue avventure, quale più, quale meno, erano nate solamente dall'incontro di due esseri che avevano voglia di scopare, di divertirsi, se non solo di far soldi. Certamente, sia Rinaldo che lui, avevano anche una gran voglia di sesso e di piacere, questo era innegabile, ma c'era altro, c'era di più.
Quando finalmente il campanello suonò, Leonardo quasi sobbalzò. Andò a rispondere all'interfonico.
"Sono Rinaldo..."
"Sì, vieni. Quinto piano." rispose Leonardo emozionato.
Aprì la porta di casa e attese accanto alla porta dell'ascensore. Quando Rinaldo ne uscì, si sorrisero e si scambiarono un breve "ciao" quasi sottovoce. Leonardo lo prese per una mano e lo condusse in casa. Aveva voglia di abbracciarlo, di baciarlo, ma non lo fece, non sapeva neppure lui perché.
"Vuoi che facciamo subito la doccia?" gli chiese.
"Sì, grazie."
"Vieni."
Si spogliarono in bagno, guardandosi l'un l'altro e scambiandosi sorrisi di tanto in tanto. Quando furono nudi, entrambi avevano una vistosa e forte erezione. Leonardo aprì il box doccia, fece scorrere l'acqua e ne regolò la temperatura. Poi prese di nuovo per mano Rinaldo, lo tirò dentro con sé e chiuse la porta scorrevole di vetro opalino.
Rinaldo gli si addossò, lo prese fra le braccia e lo baciò intimamente, mentre l'acqua scorreva gradevolmente sui loro volti e sui loro corpi carezzandoli, quasi facendo a gara con le loro mani. Poi Leonardo prese lo shampoo e porse al compagno il flacone del bagno-schiuma, e cominciarono a insaponarsi l'un l'altro in un piacevolissimo, lento massaggio.
Di tanto in tanto i loro sguardi si incontravano, e allora si scambiavano un sorriso complice, pieno di desiderio e di promesse. Entrambi fremevano e cercavano di tenere a freno la voglia di andare oltre. Si sciacquarono accuratamente poi, usciti dal box, si asciugarono l'un l'altro.
Infine Leonardo prese nuovamente per mano Rinaldo e lo guidò fino alla camera da letto, dove i lumini erano già accesi. In silenzio, salirono in ginocchio sul grande letto e si abbracciarono, scambiandosi finalmente un lungo, intimo, appassionato bacio.
"Mi vuoi?" chiese in un sussurro Rinaldo.
"Sì... sì, ti voglio!" rispose emozionato Leonardo.
Sospinse gentilmente il compagno a giacere e si stese a sua volta, al contrario, prendendosi cura dei bei genitali turgidi di Rinaldo, che subito lo imitò, sì che dopo poco erano allacciati nel perfetto cerchio di piacere di un goloso sessantanove.
Dopo un po' Leonardo lasciò il membro e prese a leccare e suggere il sacchetto contratto dei testicoli del compagno, poi il perineo, e infine si tuffò a leccare la nascosta rosetta di carne dell'altro, a stuzzicarla con la punta della lingua e con le dita. Rinaldo, a quelle attenzioni, fremeva con crescente forza ed emetteva bassi e brevi mugolii di piacere.
"Leo... prendimi... io non resisto!" invocò a un certo punto. "Sono troppo eccitato... È troppo bello... Mettimelo, dai!"
Leonardo allora si girò, si stese sul corpo fremente del compagno e lo baciò. Quindi si staccò da lui, prese dal comodino il preservativo e se lo infilò, gli fece allargare le gambe e vi si inginocchiò in mezzo. Con il gel lubrificante, preparò a lungo il vergine foro dell'altro. Poi si fece passare le gambe di Rinaldo sulle spalle, gli sistemò sotto il bacino un cuscino per sollevarlo un poco, e finalmente gli puntò la verga virile sul foro che palpitava in attesa.
"Sei pronto, Rinaldo?" gli chiese sottovoce.
Il ragazzo annuì e gli sorrise.
Leonardo allora iniziò a spingere, dirigendo il membro sulla meta, con una mano. Via via che aumentava la pressione, cercando di vincere la naturale resistenza dello sfintere inviolato del bel ragazzo, ne spiava l'espressione sul bel volto.
Rinaldo gli sorrideva invitante, in fiduciosa attesa, completamente rilassato e avido di provare finalmente l'emozione che per anni aveva potuto solamente sognare, immaginare, desiderare.
Quando finalmente lo stretto anello di carne cedette, accogliendo in sé la punta del fiero membro, il bel volto di Rinaldo si contrasse per un istante in una lieve smorfia, ma subito si distese nuovamente e, poiché Leonardo s'era subito immobilizzato, gli sussurrò: "Non smettere..."
"Sei sicuro?" chiese l'altro, riprendendo a spingere, dapprima lievemente, poi con crescente vigore.
Rinaldo annuì di nuovo, gli sorrise, e sollevò le mani a carezzare i muscoli del petto dell'amico. "Sì... dai."
Leonardo spinse con maggiore vigore e, dopo una breve, ulteriore resistenza, iniziò finalmente a scivolargli dentro in un'inarrestabile discesa, invadendolo, conquistandolo, riempiendolo a poco a poco.
"Oh... sì..." mormorò Rinaldo e il suo volto si arrossò lievemente per la forte eccitazione.
Qundo gli fu completamente dentro, Leonardo si fermò: "Come va?"
"Bene. Molto bene. È... bello. È... giusto. Dai!"
Leonardo arretrò lentamente, poi si spinse nuovamente dentro.
"Sì... così." mormorò emozionato Rinaldo.
Fuori e dentro, fuori e dentro, in un ritmo lento ma saldo, sentendosi sempre più sicuro di sé, Leonardo lo prese, sfregandogli i capezzoli, chinandosi di tanto in tanto a baciarlo. Sentiva il membro turgido e duro di Rinaldo premergli contro il ventre, segno che il ragazzo era ancora pienamente eccitato.
Allora finalmente Leonardo si lanciò in una forte, vigorosa cavalcata, che Rinaldo evidentemente stava gustando nonostante un lieve dolore accompagnasse il forte, crescente piacere che stava provando.