Rinaldo mandava avanti la casa con cura e attenzione, tutto era estremamente pulito e ordinato. Gli piaceva occuparsi della casa, e stava anche imparando a cucinare sempre meglio.
Quando non doveva studiare, o quando faceva una pausa, Leonardo giocava con piacere con Marco, che stava venendo su buono, bello e intelligente, e che cresceva letteralmente a vista d'occhio. Il piccolo aveva ormai due anni e tre mesi.
Rinaldo e Leonardo facevano l'amore quasi tutte le notti, con reciproco, grande piacere. Qualche volta Rinaldo restava quasi tutta la notte nel letto di Leonardo, andando via solo a mattina. Altre invece, dopo aver fatto l'amore, tornava nella sua camera e dormiva nel suo letto, accanto al lettino di Marco.
Il giovane papà di Marco era sempre più affascinato da Leonardo, non solo per la sua bellezza e per il modo in cui faceva l'amore, ma anche per la sua eleganza, cultura e intelligenza. Anche il bel rapporto che si era instaurato e rafforzato fra suo figlio e Leonardo gli piaceva molto.
Tutto questo, gradualmente, aveva portato Rinaldo a innamorarsi dell'amico. Non se ne rese conto subito, perché il sentimento era cresciuto a poco a poco, ma a un certo punto, con un misto di stupore e di piacere, analizzando in se stesso il loro rapporto, lo aveva capito.
Però, nel momento stesso in cui aveva ammesso a se stesso di essere ormai innamorato di Leonardo, aveva anche capito chiaramente che questi, se pure aveva con lui un rapporto sereno e amichevole, non condivideva affatto questo suo sentimento.
Dapprima si disse che forse era solo questione di tempo, che non poteva "pretendere" che il suo sentimento fosse corrisposto. Si disse che non doveva dirgli di essere innamorato di lui, per non farlo sentire a disagio, quasi "obbligato" a ricambiare.
Quando era solo in casa col suo piccolo, a volte faceva con lui lunghi soliloqui. Sicuramente il piccolo non era in grado di capire, ma il fatto di parlarne era per Rinaldo un specie di utile sfogo e di riflessione ad alta voce. D'altronde aveva sempre avuto l'abitudine di parlare con Marco di tutte le sue cose, anche quando il piccolo ancora non sapeva parlare.
"Vedi, Marco, Leonardo è bello e buono, però pare che nemmeno si accorge di quanto gli voglio bene. Per lui va bene così: gli tengo casa pulita, gli faccio tutti i lavori, passa con me bei momenti piacevoli... Mica che mi lamento, sai? Dopo tutto va bene anche a me, e soprattutto, grazie a lui, finalmente possiamo stare assieme tu e io. Di questo io gli sono grato, si capisce.
"Però... vedi, quando arrivano i suoi compagni di studio qui a casa per preparare un esame con lui, per studiare insieme, non mi presenta nemmeno come un semplice amico, ma come... il ragazzo delle pulizie, il collaboratore domestico. Che poi è vero, in fondo mi dà uno stipendio, abbiamo fatto un contratto; però... non si accorge di quanto gli voglio bene.
"Che ci posso fare? Sono convinto che non servirebbe a niente che io gliene parlo, sono sicuro che non capirebbe. Almeno, con te è affezionato e attento quasi quanto lo sono io, e questo è bello. Sì, Leonardo ti vuole proprio bene. Se solo volesse bene anche a me... Sembra quasi che si vergogna di me, invece, con i suoi amici, con i suoi compagni!
"D'accordo che io non sono istruito come lui, però... Non è che mi tratta male, non è mai cafone con me, questo è vero. Non critica mai quello che faccio... ma neanche mi dice mai qualcosa di gentile di fronte agli amici. L'unica gentilezza che ha avuto con me, è stata quella rosa rossa che mi aveva portato la prima volta che è venuto a trovarci."
Marco continuava a giocare tranquillo, ogni tanto guardava sereno verso il padre, poi si immergeva di nuovo nei suoi semplici giochi, mentre Rinaldo, indaffarato nelle faccende di casa, si muoveva per la stanza e continuava a parlare con il figlio, sfogandosi a modo suo.
"Magari ha paura che i suoi amici capiscono quello che c'è fra lui e me? Forse non è che si vergogna di me perché non ho studiato, ma si vergogna di quello che facciamo lui e io a letto? Però no, non è solo questo, perché quando arriva a casa quel suo compagno, quel Gianfranco, che è come noi, non cambia niente. Almeno quando c'è solo lui, potrebbe trattarmi un po' meglio, no?
"Con lui parla di quelle cose, no? Però mica gli ha mai detto che lo fa con me. Almeno non quando ci sono io che sento. Non è che io ci tengo, capisci, Marco? Se non mi ero innamorato di lui magari neanche gli davo peso a queste cose. Beh, no, forse un po' ci tengo, sennò non starei qui a lamentarmi.
"Il fatto è che non ne posso parlare con nessuno, solo con te, anche se tu non capisci nemmeno una parola... ti sto parlando e non puoi darmi un parere, un consiglio. Ecco, sì, forse è che con lui... qui dentro... mi sento un po' solo. Al lavoro non potevo certo parlare di queste cose, d'accordo, però si parlava.
"Però è anche vero che preferisco lavorare per Leonardo, almeno posso stare con te. Di questo, onestamente, gli devo essere grato. Dopo tutto, prima faceva bene a meno di me no? Sia per i lavori di casa che per il resto, a letto. Da quando noi stiamo qui, non si è portato più a casa nessun altro ragazzo. Almeno per quello, gli basto io.
"Ma sì, devo solo aver pazienza, forse. Non è cattivo, Leonardo, al contrario... forse è solo un po' egoista, chi sa? Cavolo, Marco! Se almeno non mi fossi innamorato così di lui... forse non mi farei tante seghe mentali, adesso. Mah, forse è meglio che mi do una calmata e che cerco di andare avanti così. Dopo tutto, mica ci siamo sposati, Leonardo e io, no? Forse è meglio che smetto di comportarmi come una moglie isterica!"
Quando, messo a letto Marco e fattolo addormentare, si trovavano per fare l'amore, Rinaldo dimenticava questi suoi crucci: Leonardo continuava a regalargli bellissimi momenti di piacere e anche di tenerezza. Quando poteva addormentarsi semiabbracciato a lui, si sentiva bene.
Anche quando erano soli in casa, le cose non andavano male. Solo quando arrivavano gli amici o i compagni di Leonardo, Rinaldo si sentiva messo in disparte. E allora tornavano sempre più acuti tutti i suoi crucci.
Quando poi tornò l'estate, e Leonardo comunicò che sarebbe stato via per poco più di un mese, Rinaldo ci rimase un po' male. Pur non avendolo pensato coscientemente, s'era aspettato che l'amico gli proponesse di passare almeno una parte delle vacanze assieme, di andare da qualche parte tutti e tre.
In quel lungo mese, Marco continuava a chiedergli dove fosse Leonardo, quando tornava...
"Manca anche a te, amore, non è vero? Che ci vuoi fare, Marco, Leo è fatto così. Lui viene prima di tutti. Poi vengono i suoi amici, poi tu, e per ultimo io. Preferisco che vieni prima tu poi io, d'accordo. In fondo gli sono grato perché ti vuole bene; sono contento. Sì, sono io uno stupido a essermi innamorato di lui! Ma che ci posso fare? Mica l'ho deciso io di innamorarsi di quello stupidone!"
In quel mese abbondante senza Leonardo per casa, c'era poco lavoro da fare, e Rinaldo ne approfittava per passare lunghe ore nel vicino parco, a giocare con Marco e farlo giocare con gli altri bimbi. Si disse che per Marco sarebbe stato importante poter andare all'asilo, per poter stare più spesso con altri bambini, per socializzare. Capiva che non era bene che il piccolo crescesse solo con lui e con Leonardo come compagni di gioco.
Gli piaceva guardarlo giocare con gli altri bimbi... come gli piaceva guardarlo giocare con il "suo" Leonardo.
Finalmente Leonardo tornò a casa. Era abbronzato, più bello che mai, e sprizzava allegria e salute da tutti i pori. Aveva portato un regalo a Marco, un giocattolo di legno fatto a mano, che aveva comprato in Grecia.
"Ti sei divertito?" gli chiese Rinaldo.
"Abbastanza. In albergo ho conosciuto una comitiva di studenti canadesi, tutti gay... così abbiamo passato belle giornate assieme. Si andava tutti alla spiaggia nudista ad abbronzarci, poi a sera si andava a ballare, o in un pub, o a girare... sì, mi sono divertito."
"Hai avuto anche qualche avventura?" gli chiese Rinaldo.
"Solo un paio di volte... una volta con un ragazzo greco, un'altra con uno dei canadesi."
Rinaldo si sentì un po' geloso, ma si impose di non dire niente, di non darlo a vedere.
"E voi due?" chiese Leonardo.
"Noi due? Si andava quasi tutti i giorni al parco, a cercare un po' di fresco... e far giocare Marco con gli altri bimbi. Marco non ha fatto che chiedere di te: gli sei mancato."
"E a te? Non ti sono mancato?" gli chiese Leonardo con un sorrisetto malizioso.
"Sì... io non avevo ragazzi greci o canadesi, qui." rispose d'impulso, poi si morse la lingua: non voleva fare il geloso.
"Ti sarebbe piaciuto?" gli chiese Leonardo con allegria un po' maliziosa.
"Avrei preferito avere te, piuttosto."
"Mi hai fra i piedi per tutto l'anno, no? Non ti basta?"
"Sì... me lo faccio bastare, certo. Dopotutto, mica siamo sposati, no?" gli rispose Rinaldo cercando di dare un tono spensierato alla sua risposta.
"Anche due che sono sposati, secondo me, è meglio se almeno ogni tanto si prendono un periodo separati, no?"
"Così ognuno può avere le sue avventure?" controbatté Rinaldo.
"Ma no, che c'entra. Comunque, tu e io non siamo sposati. Mica sarai geloso perché ho avuto quelle due avventurette, no?"
"Geloso? Ma va! Al massimo... invidioso." cercò di scherzare Rinaldo. "Almeno... erano belli? Ci sapevano fare?"
"Il greco ci sapeva fare e il canadese era bello. Ma tu sei meglio di tutti e due messi assieme. Davvero."
Leonardo disse queste parole in tono serio e questo fece piacere a Rinaldo. Un po' maliziosamente gli chiese: "Hai voglia? Di me?"
"Se non ci fosse lui..." disse indicando con un cenno del capo verso il piccolo che giocava col suo nuovo giocattolo, "... te lo farei vedere subito!"
"Allora, nonostante le tue avventurette, ti sono mancato, almeno un po'."
"Ma stasera ci rifacciamo, no?" gli disse l'amico dandogli un buffetto.
"Non lo so se ne ho voglia." gli rispose Rinaldo in tono semiserio.
Leonardo lo guardò lievemente meravigliato, poi sorrise: "Ma dai, che secondo me tu ne hai anche più voglia di me."
"Mah, chi lo sa? Dopo tutto, mica si campa solo di scopate, no?"
"Forse dovremmo stare attenti a come parliamo... Sta crescendo e prima o poi capirà, no?"
"Ti vergogneresti di lui? Io no."
"Non lo so. Ma mi pare che davanti a un bambino sarebbe meglio non fare certi discorsi... né fare certe cose."
"Comunque... anche io ne ho voglia... da un mese."
Leonardo sorrise, poi chiese: "Hai già preparato qualcosa per cena?"
"No, non ancora. Cosa vuoi che preparo?"
"Pensavo che possiamo andare a mangiare da qualche parte. Offro io, si capisce. Ti andrebbe?"
"Perché no."
"Pizzeria o ristorante?"
"Come vuoi tu. Anche per Marco non ci sono problemi, ormai mangia un po' di tutto."
Verso la fine della cena, entrarono due amici di Leonardo. I tre si misero a chacchierare... e Leonardo non li presentò a Rinaldo, anzi, sembrò quasi che Leonardo si fosse dimenticato di loro due. Il ragazzo se ne sentì ferito: che gli costava presentarlo come un amico? Cercò di non pensarci, prese per mano Marco e andò fuori dal ristorante a passeggiare su e giù.
Dopo un poco Leonardo uscì: "Ah, mi chiedevo dove eravate finiti... Torniamo a casa?"
"Sì, Marco sta quasi crollando, è un po' tardi, per lui."
Si avviarono verso casa in silenzio, tenendo il piccolo fra di loro, per mano.
"Che hai, Rinaldo?"
"Io? Niente."
"Sei uscito così, all'improvviso, senza dire niente."
"Ho pensato che era meglio se facevo camminare un po' Marco. E poi... che ci stavo a fare lì, a starvi a sentire? Per i tuoi amici ero solo un estraneo, dopo tutto, no? Non ci hai nemmeno presentato."
"È che non sapevo come presentarti."
"Il tuo servo e suo figlio, no?" gli rispose un po' acido il ragazzo.
Leonardo non ribatté, ma percepì una certa durezza nella voce del ragazzo.
Saliti in casa, Rinaldo preparò Marco per la notte, lo mise a letto e cominciò a raccontargli la favola serale. Quando il piccolo si adormentò, Rinaldo si alzò e si girò: Leonardo era lì, appoggiato allo stipite della porta, che li guardava.
"Ah, sei qui?"
"S'è addormentato?"
"Sì."
"Allora... ti va di venire di là?"
"Dove?"
"Da me, no?"
"Non lo so."
"Sei incazzato con me perché non ti ho presentato ai miei amici."
Non era una domanda, perciò Rinaldo non rispose.
"Vieni di là, dai. Credo che è meglio se ne parliamo."
"Di cosa?"
"Lo sai."
Leonardo si avviò. Rinaldo, dopo una breve esitazione, lo seguì. Leonardo non andò in camera sua, ma in soggiorno, sedette sul sofà e fece cenno al ragazzo di sedere accanto a lui. Rinaldo, invece, andò a sedere sulla poltrona.
"Sei proprio incazzato con me." notò allora Leonardo.
"Pareva quasi che noi due eravamo diventati trasparenti, là al ristorante, quando sono arrivati i tuoi amici."
"Non l'ho fatto apposta."
"Hai detto che non sapevi come presentarci... Bastava che dicevi: Rinaldo, Marco... e le presentazioni erano fatte. Mica eri obbligato a spiegare che sono il tuo servo e anche il ragazzo che ti scopi, no?"
"Io non penso a te né come al mio servo né come al ragazzo che mi scopo."
"Anche se sono sia uno che l'altro. Il tuo servo, abbiamo anche firmato il contratto, in piena regola no? E il ragazzo che scopi... non possiamo certo negarlo, mi pare."
"Cristo, Rinaldo, non capisco proprio perché sei così incazzato con me. Cosa ti ho fatto? Non mi pare che ti ho mai mancato di rispetto, dopo tutto."
"Quando ti comporti come stasera al ristorante, che di colpo mi ignori... o come quando vengono qui i tuoi amici o i tuoi compagni... io mi sento di troppo. Mi pare quasi che peferiresti se non ci sono, che preferiresti non avermi fra i piedi."
"Ma no... È che sono un po' imbarazzato, che non so come giustificare che vivete qui con me. Se uno potesse dire a tutti: guardate che noi due siamo froci e ci piace scopare insieme... non ci sarebbe nessun problema."
"Ti vergogni di me."
"Ma no..."
"Di quello che c'è fra noi, allora. Potevi pensarci prima di propormi di venire qui, no? Dopo tutto, non sono io ad avertelo chiesto. Comunque, se vuoi, ce ne possiamo andare."
"Ma non dire cazzate, adesso. Io sono contento che state qui."
"Non pare."
"Ma dai, Rinaldo... Lo sai quanto mi piaci... lo sai quanto sono contento di stare con Marco, no?"
"Sì, certo, di Marco non hai niente di cui vergognarti."
"Ma neanche di te. Però è difficile, nella nostra società per due gay..."
"Sì, adesso è colpa della società. La società siamo noi, non è una cosa che sta là fuori. Te l'ho detto, se vuoi che ce ne andiamo."
"Rinaldo, no. Io sono contento di avervi qui con me. Per me tu non sei un servo, e neanche il ragazzo che scopo quando mi tira. Tu per me sei un amico e voglio bene a Marco. Tornare a casa e sapere che ci siete voi due, è bello."
"Purché non ci siano i tuoi amici intorno."
"Vieni qui, Rinaldo..." lo invitò in tono di preghiera il giovane.
Il ragazzo non si mosse. Allora Leonardo si alzò e andò a sedere in grembo a Rinaldo, lo abbracciò e gli appoggiò il capo contro il suo.
"Mi dispiace, se ti ho offeso. Non volevo. Sì, hai ragione tu, mi sarebbe costato poco dire semplicemente che sei un mio amico, dopotutto è vero. Dai, Rinaldo... non tenermi il muso, adesso."
Rinaldo chiuse gli occhi ed esalò un lieve sospiro. Poi chiese, sottovoce:" Hai voglia di scopare?"
"Che c'entra, adesso?" chiese Leonardo.
"Io sì, ho voglia di scopare. Andiamo in camera tua, dai. Non è il modo migliore di scordare tutto?"
"Prima baciami..." disse allora Leonardo.
Rinaldo fece un lieve sorriso, poi dette un bacio umido sulla punta del naso dell'amico.
"Ehi, non così!" protestò scherzosamente Leonardo.
"E perché no? Quando lo fa Marco, mica protesti, no?"
"Ma con lui mica mi viene voglia di scopare! Con te sì, invece." ribatté sottovoce Leonardo, carezzando l'amico sotto la maglietta, sul petto nudo.
Rinaldo si arrese completamente alle piacevoli attenzioni dell'altro. Stava, quieto e rilassato, fra le braccia del compagno. Le loro labbra si sfregarono lievi e la punta della lingua di Rinaldo emerse e s'insinuò oltre i denti di Leonardo, a incontrare l'altra lingua, e giocare con lei.
Le mani di Leonardo si posarono sulla vita di Rinaldo, scivolarono sullo stomaco piatto e seguirono la lieve linea di pelurie sotto l'ombelico, sparendo sotto i suoi jeans. Rinaldo se li aprì per dare spazio alla mano inquisitrice del ragazzo che amava. Leonardo allora glieli forzò giù, assieme alle mutande. Rinaldo finì di sfilarseli. Poi sfilò la maglietta a Leonardo, e gli baciò il petto nudo.
Leonardo gli si stese sopra e il loro abbraccio divenne tenero e appassionato. Rinaldo armeggiò fino ad aprirgli i calzoni e farglieli calare sulle ginocchia. Leonardo finì di liberarsene e tornò sull'amico abbracciandolo, imprigionandolo quasi fra braccia e gambe, premendogli contro il pube e il membro il proprio membro durissimo e piacevolmente caldo.
Poi Leonardo si alzò, prese Rinaldo fra le braccia sollevandolo dal sofà senza apparente sforzo, e lo portò in camera, sul proprio letto. Si tolse la camicia, si sfilò le calze, restando finalmente nudo anche lui. Trafficò nel comodino, ne prese un preservativo e se lo infilò. Salì sul letto, fra le gambe di Rinaldo e gliele sollevò in alto, sì che ora il culetto del ragazzo era pienamente esposto e vulnerabile.
Aspettandosi un forte assalto da quel membro duro e ritto, Rinaldo chiuse gli occhi e si rilassò per accoglierlo. Ma invece dell'asta dura come acciaio, sentì la lingua di Leonardo dardeggiare sul suo buchetto in attesa, leccarlo e lapparlo, stuzzicarlo, preprandolo alla prossima invasione.
Rinaldo era in preda a un crescente piacere che divenne così intenso che inarcò in su il bacino, spalancò di più le gambe, quasi ad aprirsi al massimo, a offrirsi meglio alla lingua inquisitrice e insistente del ragazzo che amava. Iniziò a emettere bassi mugolii di piacere e si sentiva quasi fuori di sé per il desiderio di essere finalmente penetrato, dopo tante settimane senza sesso.
Finalmente il membro di Leonardo si tuffò dentro di lui in una salda spinta, dandogli al tempo stesso una lieve pena e una squisita sensazione di piacere. Si sentì riempire della carne dell'amato e al tempo stesso dalla gioia di essere nuovamente suo. Il duro membro di Leonardo iniziò a muoversi con vigore avanti e dietro, dandogli il più acuto piacere fisico ogni volta che sfregava contro la sua prostata, e donandogli un'estasi incredibile, che gli mandava ondate su ondate di intenso godimento per tutto il suo corpo.
Avrebbe voluto che quel forte membro virile potesse restare in lui per sempre, e sempre più dentro, sempre più giù, fino a che le loro carni si fondessero in una sola. Lo sentiva ritrarsi e tuffarsi di nuovo, in un ritmo, ora, regolare e saldo, e ogni spinta era pura delizia e intenso piacere sia fisico che spirituale. Sentiva che Leonardo gli apparteneva, era parte di lui, così come lui apparteneva all'amato e ne era parte.
Poi il forte membro dentro di lui palpitò con vigore e Rinaldo capì che l'amato aveva raggiunto l'orgasmo. Pose le mani sul sedere teso dell'altro e lo tirò a sé, quasi temendo che volesse già andarsene, come per farlo penetrare anche più a fondo. Anche Rinaldo venne, sentendosi finalmente sodisfatto nell'aver raggiunto con l'amato il paradiso terrestre, schizzo dopo schizzo dopo schizzo, quasi non dovesse mai smettere, tremando per l'intensità dell'orgasmo, e a ogni getto stringeva lo sfintere sul membro ancora duro, profondamente infisso in lui.
Infine si rilassarono sul grande letto, completamente svuotati, ansando e fremendo, ancora intimamente uniti, e Rinaldo imprigionò la vita dell'altro fra le gambe e il suo torso fra le braccia, per non farlo togliere da sopra a sé, da dentro a sé.
Leonardo gli prese il volto fra le mani, e lo baciò. Rinaldo gli suggeva lieve la lingua e vi giocava con la sua, mentre le sue mani carezzavano la forte schiena dell'altro. Aprì gli occhi e vide quelli di Leonardo fissi nei suoi, luminosi, allegri.
"Sei contento, adesso?" gli chiese in un tenero sussurro Leonardo.
"Sì... mi sei mancato."
"Anche tu."
"Tu ti sei divertito, in Grecia."
"Quelli non contano. Non esistono più. Con te è sempre speciale. Solo con te mi sento veramente bene... prima... durante... e dopo, come ora. No, gli altri non contano, credimi."
"Vorrei che tu..." iniziò a dire Rinaldo. Stava per dirgli "vorrei che tu me lo dimostrassi anche fuori dal letto, anche quando sei con gli amici..." ma non disse nulla.
"Vorresti che io?" lo incoraggiò allora Leonardo.
"Vorrei che tu mi prendessi di nuovo così... magari domattina... o stanotte, se ti svegli con la voglia... Posso restare a dormire qui con te?"
Leonardo sorrise: "Sì, certo. Pace fatta, allora?"
"Per ora." sussurrò Rinaldo, ma facendogli un tenero sorriso.
Si stesero fianco a fianco, e Rinaldo appoggiò il capo sulla spalla dell'amato, che lo cingeva con un braccio sotto la nuca, per farlo stare più comodo.
"Ma tu... sei davvero contento di avermi qui?" gli chiese in un sussurro Rinaldo.
"Non te l'ho appena dimostrato?"
"No... M'hai solo dimostrato che ti piace fottermi." disse l'altro, ma senza durezza nella voce.
"Se fosse così, addesso ti direi di tornare in camera tua, no? No, Rinaldo, io sto molto bene con te, e non solo quando facciamo l'amore. Onestamente."
"Forse dovresti farmelo sentire un po' di più... e non solo quando facciamo l'amore." sussurrò il ragazzo.
"Io... non t'ho fatto firmare il contratto per trattarti come un servo. L'ho fatto solo perché tu avessi la tua tranquillità economica, la tua libertà. E anche pensando al tuo futuro, anzi, al vostro futuro."
"Sì, lo so. Non è quello il problema."
"E allora? Io non vedo altri problemi. Sto bene con te, con voi. Perciò, dove è il problema?"
"Non lo so... Forse non c'è." mentì Rinaldo, dicendosi che era inutile che lui gliene parlasse: o Leonardo lo capiva da solo, o non serviva a nulla dirglielo.
E comunque sentiva che non doveva fargli capire che s'era totalmente innamorato di lui. Forse doveva solo avere pazienza, e sperare che le cose evolvessero come desiderava. E per il momento accettare la situazione così come era.
Comunque, il sesso con Leonardo era sempre splendido, non poteva negarlo. Anche se non aveva altre esperienze sul piano sessuale, Rinaldo sentiva, sapeva che non poteva sperare di meglio, almeno sul piano fisico.
Anche ora, stare così, completamente nudi e semiabbracciati, languidamente stesi al buio, gli dava una sensazione bellissima.
"Fra un mese Marco compie tre anni, giusto?" chiese Leonardo.
"Sì, il dodici."
"Dobbiamo fargli una bella festa... e una torta con tre candeline. Pensavo, invece di comprargli un giocattolo, di regalargli un vestitino nuovo per la stagione fredda: sta crescendo così in fretta!"
"Sì, può essere una buona idea. Ma prendigleli un po' larghi, che ci passi almeno tutto l'inverno."
"Non possiamo andare a comprarli assieme? Tutti e tre?"
"Come vuoi tu..." rispose Rinaldo, fermandosi appena in tempo per non concludere con la parola "amore!"