In occasione del terzo compleanno di Marco, le cose sembrarono andare meglio. Leonardo e Rinaldo avevano preparato assieme la festa per il piccolo, e sembrava che ora Leonardo si occupasse di più del suo ragazzo, che stesse più a lungo e volentieri anche con lui. A volte andavano a fare commissioni tutti e tre assieme, anche dopo passata la festa per Marco.
Anche quando Leonardo doveva andare nel negozio di belle arti per comprare qualcosa di speciale per i suoi studi di architettura, ora voleva che Marco e Rinaldo lo accompagnassero, e discuteva con loro sui suoi acquisti, chiedendogli sempre un parere, un consiglio.
La cosa che però dette un maggiore piacere a Rinaldo, fu quando Leonardo gli disse che stava progettando di passare le vacanze di Natale da qualche parte tutti e tre assieme. Era stato solo un accenno, ma a Rinaldo non era sfuggito, e aspettava che l'altro tornasse sul discorso.
Finalmente una vacanza assieme! Si sentiva elettrizzato. Non gli importava dove, mare o montagna, gli bastava l'idea che Leonardo volesse passare quei giorni da qualche parte con lui.
Pochi giorni prima dell'ultimo week-end di novembre, Leonardo, mentre mangiavano pranzo tutti e tre assieme, disse: "Il prossimo week-end non posso portarvi a Rapallo. I miei amici hanno combinato una due giorni di trekking a cavallo, e vogliono che vado con loro."
"Ah. Quali amici? I tuoi compagni di corso?"
"Dario, Gianfranco e i loro fidanzati. Stai tranquillo, sono due coppie, non gli interesso... in quel senso."
"Gianfranco chi? Il tuo compagno di corso?"
"Sì, lui."
"S'è messo con uno?"
"Sì, è diventato il ragazzo dell'architetto da cui era andato a fare uno stage."
"Tu non hai mai detto nemmeno a Gianfranco di te e me, non è così?"
"No. Gianfranco non pensa nemmeno che anche tu sei gay. Sai, dato che hai un figlio... D'altronde, non vedo che cosa gliene deve fregare a lui se noi due si scopa o no."
"Ma lui ti ha detto del suo architetto, no? A te che te ne frega se quei due scopano o no?"
"Beh, se lui aveva voglia di parlarmene... e poi, visto che andiamo a fare trekking tutti insieme, è logico che me ne ha parlato. Se non c'era Marco, magari potevi venire anche tu, e allora magari gliene parlavo. A parte che io non sono un chiacchierone come Dario e Gianfranco, soprattutto Gianfranco. Le mie cose preferisco tenermele per me."
"Hai paura che Gianfranco lo dica agli altri vostri compagni in facoltà?"
"Non lo so. Forse. Io non mi sento di dire a tutti che sono gay. A Gianfranco non gliene frega, i suoi pare che lo sanno già, comunque. E poi, in ogni modo, glielo si legge in faccia, sai che è un po' effeminato, no?"
"Così vai con loro."
"Mi piace l'idea di fare trekking a cavallo. Il fidanzato di Dario, Gabriele, è il padrone dei cavalli da trekking, ci guida lui. Sarà una bella esperienza, anche se sono tre anni che non vado più a cavallo."
"Buon divertimento, allora."
"Che fate, tu e Marco?"
"Niente. Staremo a casa."
"Perché non ve ne andate invece da qualche parte anche voi due?"
"E dove?"
"Mah, non so... Magari potete prendere una stanza per una notte o due in un agriturismo, così Marco può razzolare tranquillo e vedere gli animali. Se vuoi, posso vedere di prenotarvi una stanza. C'è un bell'agriturismo su nelle valli di Susa, il figlio del proprietario è un mio compagno di corso. Se gli telefono, di sicuro vi riserva una stanza. Marco si divertirebbe; e anche tu, mica puoi restare sempre in casa, no?"
"Gli dici che vuoi una stanza per il tuo ragazzo o per il tuo servo?" chiese un po' acido Rinaldo.
"Ma va là, stupido! Per un mio amico e suo figlio, no?"
"Non è mai venuto a studiare qui da te, quel tuo amico? Non mi ha mai visto?"
"Appunto, non lo sa che vivi qui, perciò non c'è nessun problema. Allora? Ti va l'idea?"
"Mah... perché no?" rispose Rinaldo un po' mogio.
Il week-end nell'agriturismo trascorse abbastanza gradevolmente. Marco era estasiato a vedere gli animali, a giocare con altri bimbi sull'aia della fattoria. Rinaldo stava quasi sempre da solo, invece, rimuginando quello che sentiva come l'ennesimo "tradimento" di Leonardo.
Però si consolava, pensando che restavano le vacanze di Natale da passare assieme, anche se in realtà Leonardo non era più tornato sull'argomento.
Tornati tutti a casa dopo il week-end, Leonardo sprizzava allegria da tutti i pori. Raccontò subito, eccitato, quanto gli era piaciuto fare trekking a cavallo, e che s'erano fatti da mangiare alla brace nel bosco, e quando avevano nuotato nudi nel laghetto, che era molto piccolo, ma bello e piacevolissimo, e la notte avevano cantato attorno al fuoco, il ragazzo di Giancarlo suonava la chitarra classica da dio, e...
Rinaldo ascoltava, annuiva, emetteva di tanto in tanto un "ah sì?" tanto per fargli vedere che era interessato al suo racconto. Poi, finalmente, Leonardo esaurì tutte le cose che aveva da narrargli e allora gli chiese: "E voi due?"
"Marco si è divertito un mondo a guardare gli animali, a giocare con altri due bambini, a scorrazzare e potersi sporcare come un porcello... La sera è crollato addormentato prima ancora che potessi cominciare a raccontargli una delle mie favole."
"Ottimo! E tu, che hai fatto? Ti sei divertito?"
"Io tenevo d'occhio Marco, che non si facesse male."
"Hai fatto qualche conoscenza interessante?"
"No. I genitori degli altri due piccoli, dato che glieli guardavo io, ne hanno approfittato per andare a farsi una passeggiata."
"E gli altri ospiti dell'agriturismo?"
"Li ho visti solo quando andavamo a tavola. Qualcuno mi chiedeva se Marco era mio fratello, e quando dicevo che era mio figlio, pareva che che pensassero che ero matto ad aver fatto un figlio così presto, anche se non dicevano niente. Ma bastava vedere come mi guardavano."
"E il mio amico Teo, il figlio del padrone?"
"Un ragazzo gentile. Era sempre indaffarato."
"Beh... in un week-end non è che si ha tempo per fare amicizie." commentò Leonardo. "Comunque sei stato bene, là all'agriturismo, no?"
"Male no, visto che c'era Marco con me. Mi piaceva che fosse così contento." disse Rinaldo, "Almeno lui..." pensò, ma non lo disse.
"Bene. Vieni di là, in camera mia? Hai voglia?"
"E tu?"
"Certo. Sai, a sentirli che scopavano, tutt'e due le coppie, al buio lì nella stanza dove dormivamo tutti, mi faceva venire una voglia... E non poter fare niente, io, l'unico scapolo della compagnia." gli disse Leonardo ridacchiando e tirandoselo dietro fino alla camera da letto.
Si spogliarono, salirono sul letto di Leonardo e si misero a fare l'amore. Non si accorse neanche che Rinaldo, pur partecipando, non era del solito umore. Leonardo era troppo eccitato e felice, per accorgersene.
"Dio, se ne avevo bisogno!" esclamò alla fine, soddisfatto, abbracciando Rinaldo. "È sempre magico farlo con te!"
Rinaldo chiuse gli occhi, e non ribatté nulla.
"Anche a te è piaciuto, no?" gli chiese Leonardo.
"Sì, sai scopare bene." gli rispose il ragazzo.
"Vero? Ma è anche merito tuo, tu mi fai bollire il sangue!" gli disse Leonardo carezzandolo lieve. "Mi sei mancato la notte, specialmente mentre gli altri scopavano come mandrilli."
"Già, solo la notte..." pensò Rinaldo un po' tristemente, ma non dette voce ai suoi pensieri.
Leonardo si addormentò. Rinaldo lo guardò per un po': l'altro aveva un sorriso appagato sul volto, mentre dormiva. Dopo un po' il ragazzo si divincolò dal semiabbraccio del compagno, scese dal letto senza svegliarlo, raccolse i propri abiti dal pavimento, spense la luce e andò a dormire nel proprio letto nella camera che divideva con il figlio.
Prima di mettersi a letto, spense il radio-controllo e guardò Marco: dormiva come un angioletto e Rinaldo si rasserenò un po'. "Meno male che ci sei tu, amore mio..." gli sussurrò. Gli rimboccò le coperte, poi si mise a letto, spense la luce centrale ma accese l'abat-jour sul comodino, per poter vedere il figlio.
"Possibile che non capisce proprio niente?" chiese a Marco, in un sussurro, per non disturbarne il sonno. "Possibile che non si accorge di niente? E quanto mi sono divertito qua, e quanto mi sono divertito là... Non ha parlato di altro. E io, stronzo, che mi sono innamorato di lui! Ma che cazzo, come se l'unica cosa importante è scopare. Mi sei mancato di notte, dice. Di giorno no, aveva i suoi amici, che cazzo gliene frega di me? Solo del mio culo gli interessa, Marco. A te ti vuole bene, questo sì. A me non mi fa mancare niente... a parte l'unica cosa veramente bella, veramente importante."
Sospirò. Scese dal letto per coprire meglio il figlio, e gli sfiorò con il dorso di un dito una guancia, rosea e paffutella, in una lieve carezza. Si stese di nuovo su letto, nuovamente sul fianco in modo di guardare il piccolo.
"Beato te che non hai questi problemi! Che puoi ancora dormire tranquillo. Sì, sarà anche magico scopare con me, ma... Anche a me piace come fa l'amore, ma... Perché non si accorge di me se non per scopare o per fargli i lavori di casa? Cazzo, sarebbe stato meglio che fra noi non c'era niente e che gli facevo solo i lavori di casa, no? Almeno io non mi aspettavo altro da lui.
"Vedi, Marco? La colpa è mia. Se non mi aspettavo niente da lui, magari ero pure contento: una buona paga, una bella stanza, un lavoro neanche troppo pesante e soprattutto poter stare assieme, tu e io... Ma se non scopavo con lui, col cazzo che ci faceva venire qui... che mi dava un lavoro. Ce l'aveva già la serva che gli faceva tutto, no? E c'aveva pure i ragazzi che gli davano il culo. Con me, paghi uno e pigli due, quasi come al supermercato.
"È colpa mia che mi sono innamorato di lui come un cretino. Vedi che padre stronzo hai, Marco? D'altronde, mica posso ordinargli di innamorarsi di me, no? Se solo fossi capace di accontentarmi: buon lavoro, belle scopate, e posso stare con te... che cazzo vuoi di più dalla vita, Rinaldo, eh? Che ti credi, che tua madre abbia molto di più da tuo padre, eh, Rinaldo? Già, Leo e io siamo proprio una normale coppia... a parte che siamo due maschi.
"D'altronde lui mica m'ha offerto altro, no? Sono solo io che mi sono illuso. Però... mi trattasse almeno come un amico, no? È troppo pure questo? Che dici, Marco, devo ancora avere pazienza? Aspettare ancora? Sperare che magari cambia? Forse sì, eh? Se non altro, tu e io, Marco, possiamo stare assieme e giocare assieme e mangiare assieme. Ti pare poco, questo, Rinaldo? No che non è poco..."
Così, parlando con Marco che dormiva ma ragionando con se stesso, a poco a poco si calmò e finalmente riuscì ad addormentarsi.
Tutto riprese ad andare bene, nei giorni seguenti: forse perché Rinaldo, essendosi rassegnato ad aver pazienza, aveva ritrovato il suo buon uomore, anche Leonardo, inconsciamente, tornò ad essere più tenero, più attento con lui. Tutti e tre assieme, in novembre, passarono un bel week-end assieme. Leonardo li portò a Gardaland, dove non solo Marco, ma anche i due giovani si divertirono spensieratamente. Rinaldo in particolare, sembrava tornato bambino e si godette l'ambiente festoso e giocoso che, da ragazzino, non aveva mai avuto occasione di sperimentare.
Leonardo fu pieno di attenzioni verso tutti e due, il giovane padre e il piccolo, e godeva nel vederli felici. Gli occhi nocciola chiaro di Rinaldo brillavano almeno quanto quelli di Marco. Leonardo ammirava i bei capelli dei due, castano scuro con riflessi biondi, soffici come seta antica, le labbra ben disegnate e sensuali del giovane padre e quelle delicate e rosee come petali di pesco del piccolo, il sorriso aperto e pieno di calore di Rinaldo e le risate cristalline del figlioletto.
Leonardo era anche fortemente compiaciuto, e spesso eccitato, nel guardare il corpo snello, forte, elegante, virile e gentile a un tempo, del suo ragazzo e sentiva di desiderarlo sempre più, di essere fortunato ad aver trovato un ragazzo bello e dolce come Rinaldo.
Quando il sabato sera, dopo una buona cena al ristorante, si ritirarono nella camera d'albergo, Marco stentò un po' ad addormentarsi: era ancora troppo eccitato per la giornata e le mille cose che aveva visto e fatto a Gardaland. Rinaldo e Leonardo, seduti accanto a lui sul letto, gli raccontarono quello che sarebbero andati a visitare il giorno dopo, dal bruco-treno alla nave dei pirati, dall'albero di prezzemolo alla valle dei re, dal vulcano al Rio Bravo... e finalmente il piccino crollò e si addormentò beato.
Allora Leonardo, dopo aver rincalzato le coperte al piccino e avergli dato un lieve bacio sulla fronte, prese per mano Rinaldo, scesero dal letto in cui avevano sistemato Marco e andarono sull'altro letto. Inginocchiati su questo, uno di fronte all'altro, finalmente si abbracciarono e si scambiarono un lungo bacio pieno di passione e di desiderio.
"Bella giornata, vero, Rinaldo?" gli sussurrò Leonardo, carezzandolo sotto la camicia.
"Bellissima. Con Marco e te, è stata bellissima." rispose con un sorriso luminoso, iniziando a togliergli di dosso gli abiti.
"Mi piaceva un sacco vedere come vi siete divertiti, tutti e due. Eravate bellissimi, i miei due ragazzini!"
"Tu non ti sei divertito?"
"Sì, certo, Rinaldo, e domani ci divertiremo ancora, tutti e tre assieme. Ma ora, finalmente, un po' di tempo per noi due. Te l'ho mai detto che sei il più bel ragazzo del mondo?" gli disse Leonardo, carezzandogli il corpo, ora finalmente nudo.
"Hai voglia, eh?" mormorò Rinaldo carezzandogli il membro duro ed eretto.
"Tu no!" lo celiò l'amico.
"L'ho visto, oggi, che ogni tanto ti si gonfiava la patta un po' più del solito, sai? Ho notato come mi guardavi."
"Ah sì? E come ti guardavo?"
"In un modo che... mi faceva venir voglia di portarti qui di corsa, per farlo subito!"
"Farlo? Cosa? Non capisco..." scherzò Leonardo.
"Dove li hai messi, i preservativi? Li hai portati, no?"
"Sono nella trousse, coi nostri spazzolini da denti e i rasoi."
Rinaldo scese dal letto e andò a prenderli. Risalì lesto sul letto e ne stracciò una bustina. Leonardo era ancora inginocchiato sulle coperte. Rinaldo gli si stese davanti e, prima di infilarglielo sul bel membro turgido ed eretto, lo preparò con le labbra, la lingua e la bocca fiché sentì che più duro non poteva diventare. Allora gli infilò la sottile guaina, lo guardò con un sorriso luminoso, poi si stese sulla schiena e gli fece passare le gambe sulle spalle, offrendoglisi con un'epressione allettante e piena di desiderio.
"Prendimi, Leo!"
"Mi vuoi?"
"Sì... oh, sì!"
Leonardo lo afferrò per la vita, gli si addossò e iniziò a penetrarlo.
"Oh... finalmente!" mormorò Rinaldo.
"Ma se l'abbiamo fatto stamattina prima di andare a svegliare Marco..." gli disse Leonardo, compiaciuto per il desiderio del compagno, scivolandogli tutto dentro, lentamente.
"È troppo bello fare l'amore... e oggi, a vedere che mi guardavi in quel modo e che ti diventava duro un'ora sì e un'ora no... Oh che bello, Leo... sì... oh sì... dai!" mormorò mentre gli si arrossava il volto per l'eccitazione e l'amico iniziava il suo virile va e vieni dentro di lui.
Tacquero, lasciando parlare i loro corpi. Gli occhi dell'uno annegavano in quelli dell'altro, il sorriso dell'uno accentuava quello dell'altro, l'eccitazione dell'uno si riverberava in quella dell'altro. I loro corpi si muovevano e vibravano all'unisono, come due diapason pienamente armonizzati.
Improvvisamente Rinaldo raggiunse l'acme del piacere e sparse tutto il proprio seme fra i loro corpi. Subito dopo anche Leonardo si sciolse in un bellissimo orgasmo nel suo ragazzo. Restandogli dentro, si stese sul compagno e lo baciò a fondo, con tenera passione, mentre i loro corpi gradualmente si rilassavano. Emisero quasi all'unisono un profondo respiro e si girarono su un fianco, le loro membra ancora strettamente intrecciate.
"È troppo bello farlo con te!" mormorò Leonardo.
"Meglio che con gli altri ragazzi?" gli chiese l'amico.
"E chi se li ricorda più, gli altri ragazzi?" gli rispose carezzandogli una gota.
Rinaldo sorrise lieve, contento, grato per quelle parole. Si addormentarono così, ancora teneramente abbracciati.
A metà dicembre, poco dopo aver pranzato tutti e tre assieme, mentre Rinaldo rigovernava, Leonardo gli chiese: "Hai già progettato qualcosa, per le vacanze di Natale, per te e Marco?"
Rinaldo si sentì come una mano gelida stringerli con crudele violenza la nuca. Si immobilizzò, rigido come una statua, smise di respirare, sentì il cuore impazzire dentro il suo petto, poi una vampata di calore al viso.
"Perché? Tu che fai?" riuscì infine a dire, senza girarsi a guardarlo.
"Mio padre ha prenotato a Cervinia per tutta la famiglia, facciamo la settimana bianca."
"Ah. Buon divertimento." disse iniziando a tremare per la rabbia: ancora una volta Leonardo non aveva mantenuto la sua promessa.
"E voi?" chiese l'altro.
"Staremo qui a fare la calza!" rispose Rinaldo con voce bassa e carica di rabbia.
"Rinaldo... mica potevo dire di no a mio padre!"
"Ma gli hai detto di no ogni volta che avevi qualcosa di meglio da fare. E ci avevi promesso..."
"Dopotutto non ti puoi lamentare, il mese scorso vi ho portato a Gardaland, no?"
"Gia. Evidentemente non avevi niente di meglio da fare. Ti ricordi di me... di noi, solo quando non hai niente di meglio per le mani. Che cazzo volevi che programmassi per Natale, quando tu m'avevi promesso..."
"Io non t'avevo promesso un bel niente. Oh, cazzo, non sei mai contento, tu!"
"E tu hai la memoria corta. Altroché se me l'avevi promesso, stavamo uscendo dal negozio di articoli per belle arti, quando mi hai detto che avresti progettato qualcosa di bello per Natale, per tutti e tre. Io, se prometto qualcosa, la mantengo."
"Va be', sarà come dici. Ma adesso le cose stanno così e non ci posso fare più niente. Cazzo, mi stai diventando più rompipalle di una moglie!"
"Una moglie, sì." lo rimbeccò con scherno Rinaldo girandosi a guardarlo con occhi di brace. "Almeno, se fossi tua moglie, non ti vergogneresti di me coi tuoi amici! Neanche ai tuoi amici froci come noi m'hai mai presentato dicendo che sono il tuo ragazzo! Una moglie... tua moglie la tratteresti meglio di me. Il fatto è che per te sono solo la tua puttana!"
"Ma non dire stronzate! I miei amici sono i miei amici, hai solo da farti i tuoi amici tu, no?"
"Sì, e come? Stando sempre chiuso qui dentro a fare lo sguattero? E pronto a farmi fottere ogni volta che ti tira?"
"Come se a te non tirasse mai! Come se a te non piacesse fartelo mettere!" lo rimbeccò l'altro con duro sarcasmo.
"Sì, certo. Lo stronzo sono io, sempre pronto a fare tutto quello che vuoi, e poi a restare a casa a fare la Penelope mentre tu vai in giro a fare quello che più cazzo ti pare e piace!"
"Ohi, bello, guarda che mica t'ho sposato, eh? Guarda che mica hai nessun diritto da vantare tu!" Leonardo gridò quasi.
Man mano che parlavano, le loro voci salivano di tono, la discussione divenne litigio, il primo vero litigio da quando erano assieme. Non si accorsero che Marco, attratto dal loro litigio, era comparso sul vano della porta della cucina e li guardava serio, attonito, preoccupato, spaventato.
"Sì, certo. Solo tu hai diritti su di me? Ma mica m'hai comprato! Eh, no, bello mio! E cosa sono io? La cenerentola? No, spiacente, non ci sto proprio. Tu diventi gentile con me solo quando ti tira, solo quando ti vengono i pruriti! Ma vaffanculo, stronzo!"
"Vaffanculo tu! Cristo Madonna! Mi stai diventando isterica peggio che se avessi le mestruazioni!"
"Se mai isterico, non sono la tua puttana! E non ho le mestruzioni ma le palle in giostra!" urlò Rinaldo e spaccò contro il bordo del lavandino il piatto che stava lavando.
Marco si mise a piangere e finalmente i due si accorsero di lui. Era la prima volta che Marco piangeva e Rinaldo si sentì smontare tutta la rabbia: era scosso per le lacrime del figlio. Leonardo si alzò dalla sedia e si precipitò per consolare il piccolo. Rinaldo gli fu alle spalle e lo allontanò con violenza, facendolo cadere seduto sul pavimento.
"È mio figlio!" gli sibilò, "Non lo toccare! Vai a preparare i tuoi sci, piuttosto!" e si chinò a prendere fra le braccia il piccino.
Leonardo si alzò e uscì dalla cucina, entrò nella sua camera e sbatté la porta. Rinaldo cercava di far smettere di piangere il figlio. Quando finalmente ci riuscì, gli disse: "Vieni, Marco, andiamo a fare le valigie. Ce ne andiamo da qui."
"Leonardo? Anche Leonardo?" chiese il piccino.
"No, Leonardo non viene con noi, questa volta. Leonardo non viene mai più con noi. Noi andiamo via, io e te da soli, Leonardo non viene." gli rispose cercando di parlare in tono pacato col figlio.
"Perché Leonardo no?" insisté Marco mentre Rinaldo, in camera, aveva preso a riempire le valigie.
Frattanto Leonardo, seduto sul bordo del proprio letto, si stava facendo sbollire la rabbia. Dapprima pensò che Rinaldo era proprio uno stronzo: che aveva da lamentarsi? Non era grazie a lui che aveva una bella casa, un lavoro, e che poteva occuparsi a tempo pieno di Marco? Poi pensò che un po' poteva avere ragione, forse avrebbe dovuto pensare un po' di più a lui, in fondo Rinaldo si faceva sempre in quattro, gli teneva la casa pulita, gli preparava buoni pranzetti, e era bello tornare a casa e sapere che lo aspettavano... Era bello vedere Marco crescere, giocare con lui, occuparsi di lui quasi come fosse stato figlio suo, oltre che di Rinaldo...
Si calmò, e si disse che doveva andare a chiedere scusa a Rinaldo, che doveva promettergli che si sarebbe occupato di lui... che lui e Marco erano davvero diventati troppo importanti. Ecco, magari poteva davvero presentare Rinaldo ai suoi amici gay... in fondo, Gianfranco e Dario, coi loro amanti, avrebbero potuto solo essere invidiosi di Rinaldo, che era davvero un bellissimo ragazzo.
Si alzò, e andò in camera di Rinaldo, da dove sentiva provenire le voci di Marco e del padre. Sospinse la porta e vide che Rinaldo stava riempiendo le valigie. Sentì un colpo alle tempie. Con un filo di voce, chiese: "Che stai facendo?"
"Leonardo!" gridò Marco felice e corse ad abbracciargli le gambe.
"Sto facendo le valigie, non vedi? Ce ne andiamo. Togliamo il disturbo." rispose l'altro, senza alzare la voce.
"E dove cavolo te ne vuoi andare? E come fai per Marco?" chiese in tono triste Leonardo, accoccolandosi per abbracciare il piccolo.
"E che ne so, ma visto che qui, per te... visto che sono solo un servo e... un buco..."
"Ma no, non è vero. Cristo Madonna. Va bene, ho sbagliato, lo ammetto... ti ho trascurato, d'accordo... mi dispiace. Ti chiedo scusa..." mormorò Leonardo, carezzando i capelli del piccino. "Non ve ne andate... per favore. Ragioniamo..."
"Io non riesco a ragionare, quando ho le mestruazioni!" disse l'altro in tono stanco, senza girarsi a guardarlo, ma smise di riempire le valigie.
"No, scusa, sono stato uno stronzo a dirti così. Se non per me... fallo per Marco... ti prego..."
"Non metterci in mezzo mio figlio, adesso."
"Non ce lo metto in mezzo... C'è, già in mezzo, ormai. Sai che gli voglio bene, che mi vuole bene... E... anche tu per me sei troppo importante, ormai."
"Se solo tu... se solo tu sapessi dimostrarmelo con i fatti, invece che solo a parole..." si lamentò Rinaldo.
"È quello che voglio fare, d'ora in poi. Dai... disfa quelle valigie, Rinaldo... Per favore."
Fecero la pace. Marco, seduto fra loro mentre i due si abbracciavano per sancire la riconciliazione, era nuovamente allegro e vivace come prima, sereno ora che la tempesta s'era allontanata, che non si udivano più tuoni, che non vi erano più lampi.
"Rinaldo... purtroppo non posso dire a mio padre che non vado con loro, così all'ultimo minuto, ha già prenotato tutto, ha già pagato tutto. Se la legherebbe al dito. Mi dispiace. Ma ti prometto che d'ora in poi non succede più."
"Sì, lo capisco, vai tranquillo. Noi qualcosa faremo, per Natale, ci aggiusteremo. Ce ne staremo tranquilli qui a casa a goderci l'un l'altro, io e Marco."
"Sai che ti dico? Adesso usciamo tutti e tre e facciamo le spese di Natale, in modo di decorare tutta la casa, e di riempirvi il frigo di cose buone. Eh?"
"Non è necessario."
"Sì che è necessario. Per Marco... e anche per te. E per me."
Comprarono un bell'albero di Natale con le decorazioni e le luci lampeggianti, un bel presepio della Val Gardena con il muschio, la carta roccia e il fondale, la stella cometa che si accendeva e la cui luce tremolava mentre suonava un carillon con la pastorale, riempirono letteralmente il frigorifero di specialità e leccornie. Ma soprattutto, nella settimana che passò a Cervinia con la sua famiglia, Leonardo telefonò tre volte per parlare con Rinaldo e con Marco, per fare gli auguri, per dirgli che finalmente tornava.