Come avevano deciso, si trasferirono in un alloggio più grande e più vicino allo studio di Tullio. Quindi andarono a iscrivere Marco alla scuola elementare e Rinaldo volle che fosse depositata anche la firma di Leonardo, giustificando la cosa con il fatto che lui, a causa del suo lavoro, non sarebbe sempre potuto andare alle riunioni e seguire l'andamento scolastico del figlio. Poiché la segretaria aveva detto che solo un parente poteva avere la seconda firma, dichiararono di esser cugini...
Poco dopo l'inizio delle scuole, Tullio propose di nuovo a Leonardo di diventare suo socio. Discussero le condizioni e la cosa fu fatta.
All'inizio dell'anno seguente, Tullio fece un'altra proposta a Leonardo: "Senti, sai che la Anna-Laura vuole licenziarsi, quando le nasce il figlio, per occuparsi a tempo pieno di casa, no?"
"Sì, me l'ha detto. Dobbiamo mettere un'inserzione..."
"No, io pensavo, che ne diresti se invece facessimo prendere il suo posto al tuo Rinaldo? Non credi che accetterebbe?"
Leonardo sorrise: "Credo proprio di sì. Quando vado a casa gliene parlo. Sei davvero un amico."
"Rinaldo è un ragazzo ordinato, preciso, un gran lavoratore. Sono sicuro che lavorerà anche meglio di Anna-Laura, appena si sarà orientato nel lavoro. L'ultimo mese di lavoro possono farlo assieme, così Anna-Laura lo avvia e gli passa le consegne. Gliene parli stasera, così mi dai una risposta e, se accetta cominciamo a fare i documenti necessari per assumerlo?"
"Certo, volentieri."
Così, quella sera, Leonardo ne parlò con Rinaldo.
"Ma... non lo so se sono capace, amore. Io no ho nemmeno un diploma."
"Non importa. E sono sicuro che sarai capace di fare il tuo lavoro. In fondo devi solo rispondere al telefono, tenere in ordine l'archivio, fare qualche commissione. Niente che non imparerai in fretta e bene. Dovrai solo imparare a usare il computer..."
"Oh, quello lo sto imparando in tipografia, sai? Hanno un Macintosh, e mi stanno insegnando a usare Office Microsoft. Non è poi tanto difficile, e anzi, è divertente. Ma Tullio sarà d'accordo?"
"È lui che me l'ha proposto. Allora, gli dico che accetti?"
"Sì, certo. Che bello, lavoriamo insieme..."
"Non ti stuferai di avermi sempre fra i piedi, sia al lavoro che a casa?"
"Perché, tu ti stuferesti?"
"No, amore."
"E allora, perché dovrei stufarmi io?" gli disse Rinaldo e lo abbracciò. Si baciarono.
Così Rinaldo andò a lavorare nello studio di architettura Beretta - Saponaro.
Tullio e Leonardo, in aprile, andarono assieme a un congresso tenuto da una fondazione che aveva per tema "architettura moderna e spazi educativi" in quanto il loro studio stava lavorando per la progettazione di un nuovo complesso scolastico. Durante una pausa, decisero di passare in un vicino negozio di articoli tecnici per ordinare alcune forniture di cui avevano bisogno.
Poiché però Tullio stava discutendo con un altro dei congressisti, disse a Leonardo di cominciare ad andare lui, ché l'avrebbe raggiunto al più presto. Così Leonardo uscì dal centro congressi e si avviò di buon passo verso il negozio. A un tratto si sentì chiamare. Si fermò e si girò.
"Murad! Tu sei Murad, no?"
Il ragazzo tunisino gli andò incontro con un ampio sorriso: "È un secolo che non ci si vede. Come stai, Leonardo?"
"Bene. E tu? Ti trovo bene. Ti sei fatto uomo, vedo, non sei più un ragazzetto come quando ci si è conosciuti. Che fai di bello?"
"Lavoro, faccio il geometra per il comune. Non sto più in casa, finalmente, mi sono affittato una minuscola mansarda. E tu? Ti sei laureato, no? Lavori?"
"Sì, ho uno studio con un amico."
"Sai che ero venuto a cercarti, speravo di incontrarti di nuovo. Mi piaceva un sacco farlo con te."
"Adesso che lavori..."
"No, certo, non vado più là, non ho più bisogno di far soldi in quel modo, ho un lavoro decente con una paga passabile. Ci tornavo solo sperando ti trovare te."
"E ti sei fatto un ragazzo o sei single?"
"Single. Dì, adesso che ci si è rivisti, non potremmo... fare di nuovo qualcosa? Tu mi piacevi molto, eri quello con cui andavo più volentieri. E adesso lo posso anche fare gratis..." gli disse con un sorriso allettante.
"No, Murad. Anche tu eri per me uno dei migliori ragazzi, mi piacevi un sacco anche tu, ma ora ho il ragazzo, e non ci penso neppure a andare con altri."
"Peccato. Ci avevo sperato, sai, quando t'ho riconosciuto."
Mentre stavano parlando, arrivò Tullio da dietro a Leonardo. Istintivamente e amichevolmente mise un braccio sulle sue spalle: "Non mi presenti il tuo amico?"
Leonardo, non aspettandosi di essere toccato, sussultò, ma riconobbe subito Tullio e sorrise: "Ah, sei tu! Questo è Murad, una mia vecchia conoscenza. E questo è Tullio..."
"Il tuo ragazzo? È un gran bell'uomo!" gli chiese Murad mentre scambiava una stretta di mano con Tullio.
"No, è l'architetto con cui lavoro." gli disse Leonardo tranquillo.
Murad arrossì imbarazzato e si mise una mano sulla bocca, temendo di aver fatto una terribile gaffe. "Oh... mi dispiace... non dovevo..."
Leonardo capì la confusione del giovane tunisino: "Non ti preoccupare, non è il mio ragazzo ma è gay anche lui, ed è anche un amico del mio ragazzo."
Murad espirò un rumoroso "fiuuu!" di sollievo.
Tullio rise: "Comunque, grazie per avermi detto che sono un gran bell'uomo. Un gradito complimento."
"È vero, non è solo un complimento."
"Tu sì che sei un ragazzo molto bello." gli disse Tullio. "Senti, noi dobbiamo fare un salto alla Tecn-Arch. Ti va di fare un po' di strada assieme?"
"Ci stavo andando anche io. Ottimo." rispose il ragazzo allegramente.
"Come mai?" gli chiese Tullio, "Che lavoro fai?"
"Il geometra."
"Ah, siamo quasi colleghi, allora. Lavori in uno studio di architettura o in proprio?"
"Né l'uno né l'altro, lavoro al comune."
"Non è che paghino molto, al comune..." osservò Tullio.
"Mi basta, me la cavo."
"E com'è che tu e Leo vi siete conosciuti?"
Leonardo rispose: "Mah, così, per caso..."
Ma contemporaneamente Murad disse: "Io battevo al Valentino, quando ancora studiavo, per pagarmi la scuola. I miei non avevano abbastanza soldi."
"Ah, perciò prima che Leo si mettesse con Rinaldo." disse Tullio.
"Sì. Era ancora scapolo, quando mi portava a casa sua." rispose allegramente Murad. "Mi piaceva andare con lui."
"Anche a me, prima di incontrare il mio Rinaldo." ammise Leonardo.
Chiacchierarono, andarono al negozio, poi, quando uscirono, Tullio propose di andare tutti e tre assieme al bar. Leonardo si rese conto, da come si guardavano, che tutti e due parevano interessati uno all'altro. Infatti, prima di lasciare il bar, i due si scambiarono il numero del telefonino.
Mentre loro due tornavano al centro congressi, Tullio disse: "Sai che quel ragazzo m'ha fatto scatenare gli ormoni? Non solo è molto bello, ma simpatico, interessante. Sai mica se adesso ha un ragazzo?"
"Ah, ma allora non mi sbagliavo! Anche Murad ti spogliava con gli occhi. No, mi ha detto che è solo, non ha un ragazzo."
"Allora... pensi che ci posso provare con lui?"
"Penso proprio di sì. È un buon ragazzo, mi piaceva. Quando andavo a cercarmi un ragazzo speravo sempre di trovare lui."
"Ottimo."
Nel giro di un mese, gli raccontò Tullio mentre lavoravano nello studio, si erano visti sei volte. "Mi piace un sacco, quel Murad. E credo di piacergli anche io. È buono, come dicevi tu, e anche intelligente, e piacevole anche fuori dal letto. E a letto è una bomba. Mi sa che se continua così, prima o poi gli offro di mettersi con me."
"Bene."
"Anche se è solo un geometra, quando a casa mia ha sfogliato alcuni libri di architettura, si vede che ha una buona preparazione di base, che ha buone idee."
"Se è un buon geometra, non potresti proporgli di venire a lavorare per noi? Il lavoro sta aumentando e sarebbe bene avere in studio anche un geometra, così noi avremmo più tempo per i progetti e potremmo prendere altre commesse."
"Ci stavo pensando, ma temevo che tu mi dicessi di non fare preferenze."
"Se è un buon geometra, non fai nessuna preferenza, no?"
Così Murad andò a lavorare nello studio e dopo neanche un mese si trasferì a casa di Tullio, con piacere di entrambi. Era un ottimo geometra e fu anche un buon acquisto per lo studio. Legò subito con Rinaldo, che aveva solo un anno più di lui. E Murad conobbe anche Marco e i due divennero amici, specialmente quando Marco gli chiese se per caso conosceva Usman. Murad non lo conosceva...
Verso fine anno scolastico, Rinaldo ricevette una telefonata dal direttore della scuola di Marco. Gli chiedeva di andare a parlare con lui per qualcosa che riguardava Marco.
"Qualche problema?" chiese Rinaldo, che fino ad allora aveva sempre avuto ottime referenze dalle maestre del piccolo.
"Temo di sì, ma forse la maestra si è allarmata per nulla."
"Di che si tratta? Ha combinato qualche marachella?" chiese Rinaldo, dicendosi che gli pareva impossibile.
"No, signor Beraudo. Vorrei solo discutere a quattr'occhi con lei il contenuto di una pagina di pensierini del piccolo Marco. Penso che ci sia qualcosa da chiarire, per il bene del piccolo."
"Non potrebbe anticiparmi..."
"Preferisco parlarne con lei a voce e a quattr'occhi, signor Beraudo."
Rinaldo era un po' preoccupato e non riusciva a immaginare quale potesse essere il problema che pareva impensierire il direttore. Fissarono l'appuntamento. Poiché Rinaldo era un po' agitato, Leonardo, venuto a conoscenza della telefonata del direttore, si offrì di accompagnarlo.
Quando furono ricevuti dal direttore, a cui era stato annunciato che era arrivato il signor Beraudo e si vide davanti due giovanotti, li guardò lievemente perplesso e chiese: "Il signor Beraudo?"
"Sono io." rispose Rinaldo. "Questo è l'architetto Saponaro, che mi aiuta a seguire mio figlio, e che ha la firma. Perciò ho deciso di portarlo con me. Spero che non ci siano problemi. Ci tengo che anche lui sia presente."
Gli occhi del direttore ebbero un lampo di comprensione: "Sì, credo anzi che sia meglio che sia presente anche... l'architetto. Accomodatevi."
Il direttore disse alla segretaria di non disturbarlo e di non passargli telefonate, chiuse la porta ed andò a sedere dietro la sua scrivania, di fronte ai due giovanotti. Aprì una cartella, ne prese un foglio di quaderno e lo porse senza parlare a Rinaldo. Questi lo mise in modo che anche Leonardo potesse leggere.
"12 maggio 2004 - Classe 1 D - Beraudo Marco
La mia famiglia - pensierini
Molti altri binbi hano un papa e una mamma, qualcuni ha solo un papa e qualcuni solo una mamma.
Io invece ho due papa, uno si chiama Rinaldo e uno si chiama Leonardo e sono molto belli e molto buoni tutti due.
Papa Rinaldo e papa Leonardo si vogliono molto bene e mi vogliono molto bene pure a me che sono tanto contennto.
Papa Rinaldo e papa Leonardo mi dano tanti baccini, e anche loro si dano tanti baccini e si vogliono proprio bene.
La mia faiglia siamo solo tre. Papa Leonardo e papa Rinaldo hano una cammera di letto con il bel lettone grande e io ho una cammereta con il mio lettino comodo comodo.
Sono molto felicissimo di avere due papa io, che non mi dispiace se io non ho la mamma che mi si è andata via prima che mi ricordo di lei.
Questi sono i pensierini della famiglia di Marco Beraudo.
Ah, ma però papa Leonardo non si chiama Beraudo, ma Saponaro, come chi fa il sapone."
Leonardo e Rinaldo sorrisero.
"Non vedo dove sia il problema, a parte parecchi errori di ortografia." disse Rinaldo senza rendere il foglio al direttore.
"Mi pare che sia più che evidente, invece. Il bimbo scrive abbastanza bene, per fare la prima elementare. E in modo, direi, piuttosto chiaro."
"Ebbene?" chiese Leonardo.
"Ebbene... La vostra vita privata non mi riguarda, però... il bambino... non cresce certamente in un ambiente sano e formativo, se non sapete tenergli nascosto il vostro stile di vita. È già triste che non abbia la mamma, però..."
"Mi pare che sia fiero di avere due papà. È lui che ha deciso di chiamare Leonardo, l'architetto Saponaro, papà: né io né Leonardo gliel'abbiamo chiesto. È evidente che Marco sente Leonardo cone un altro papà, o papa, come scrive lui."
"Ma non vi rendete conto... Che esempio date, al piccolo con il vostro comportamento?"
"L'esempio di due persone oneste, l'esempio di due persone che si amano, a differenza di tanti cosiddetti regolari padri e madri, l'esempio di due persone che si rispettano, che si ammirano, che hanno scelto di costruire il loro futuro e quello del loro figlio assieme, in armonia e piena collaborazione!" disse Leonardo con impeto.
"Come ho detto, signori, io non mi permetto di giudicare il vostro stile di vita, le vostre scelte. Ma almeno non fate manifestazioni esplicite davanti al povero bambino!"
"Le nostre manifestazioni esplicite, signor direttore, si limitano ai... a darci tanti baccini... come scrive Marco. E le due C ci calzano a pennello. Tanti bacini come qualsiasi coppia che lei probabilmente definisce normale e sana si danno di fronte ai loro figli se, oltre a essere sposati o semplicemente convivere, si amano." disse Rinaldo.
"Io mi sento costretto, visto che non intendete collaborare, a chiedere alle autorità che il piccolo sia esaminato da uno psicologo dell'infanzia per garantire che non abbia turbe psicologiche a causa del vostro comporamento." disse con tono secco e autoritario il direttore.
"Lei non ha alcun diritto di far visitare mio figlio senza una mia autorizzazione scritta. E se lei insiste, sarò costretto a chiedere che mio figlio sia trasferito in un'altra scuola, o a metterlo in una scuola privata, perché non sia turbato dal vostro... dal vostro..."
"... perbenismo." concluse Leonardo dicendo la parola che Rinaldo non trovava.
"Mi spiace per lei, ma la informo che, se lei non mi autorizza, posso procedere d'ufficio per motivi gravi. La salute fisica e mentale dei nostri allievi è nostra responsabilità."
"Oh, non lo sapevo. L'avessi saputo prima, quando Marco ha preso l'influenza, vi avrei chiesto di curarlo voi, invece di preoccuparmene io." gli disse Rinaldo con sarcasmo.
Il direttore allora disse: "Speravo di avere la vostra collaborazione, di avere di fronte persone ragionevoli e soprattutto preoccupate per il bene del piccolo, qualunque fosse il loro stile di vita. Ma visto che fate orecchie da mercante..."
"Togliamo il disturbo, signor direttore. E ora la prego di far chiamare Marco: ce lo riportiamo a casa. È nel nostro diritto."
"Non potete non fagli frequentare..."
"Sì che possiamo: l'importante è che Marco assolva l'obbligo scolastico, e lo assolverà. Sono suo padre, ho il diritto di portarlo via, adesso!"
"D'accordo. Informerò le autorità."
Uscirono con Marco, che era felice che fossero andati a prenderlo prima del previsto. Tornarono subito allo studio e, fatta leggere a Tullio la paginetta di Marco, che senza che il direttore si accorgesse avevano portato via, gli chiesero consiglio mentre Murad intratteneva Marco e ci giocava.
"Secondo me vi conviene contattare subito un avvocato... telefonate a Dario, se non lui direttamente, certamente vi saprà consigliare un collega capace. E, appena parlate con l'avvocato, chiedetegli se è bene avere uno psicologo di parte, se le cose dovessero diventare difficili. Nel frattempo, per non far perdere la scuola a Marco, a parte che siamo alla fine dell'anno scolastico, potete fare una pre-iscrizione, per prudenza, a una scuola privata."
Dario li mandò da un suo amico e collega specializzato in diritto di famiglia e dei minori. Questi li ricevette, ascoltò il problema, lesse i "pensierini" di Marco, e sorrise.
"Non temete, avete il diritto dalla vostra parte. Per prima cosa manderò una diffida al direttore..."
"Come nostro rappresentante legale, di tutti e due, intendo dire. Si può, no?" disse Rinaldo.
"Nessun problema. Sono convinto che il direttore ci penserà due volte a muovere un passo. Oltretutto, senza il foglio dei pensierini come prova..."
"Potrebbe avere fatto fotocopie..." obiettò Leonardo.
"Ne dubito, secondo me non ci ha neppure pensato, credeva di avere di fronte due persone con la coda fra le gambe e spaventate per essere state... scoperte. Inoltre, conosco un'ottima psicologa infantile che lavora anche per il tribunale: fatele incontrare... Marco, si chiama il piccolo, no? Lei potrà, tanto per mettere le mani avanti, fare una perizia e una dichiarazione giurata sullo stato di salute mentale del bimbo. E anche, penso, potrà dare nel modo migliore qualche... consiglio al piccolo su che cosa è opportuno dire o scrivere e su che cosa non è opportuno."
"Crede che sia un buon passo far frequentare la seconda a Marco in una scuola privata?"
"Non credo sia necessario, ma questo dipende da voi, e la psicologa potrà consigliarvi meglio di me. È una donna molto in gamba, preparata, seria, e, soprattutto, molto umana. Potete fidarvi completamente di lei."
"Molto bene. Può darci il suo nominativo e indirizzo, in modo che ci si possa mettere subito in contatto con lei?" chiese Leonardo.
"Se volete provo a chiamarla io adesso, le accenno il problema e vedo quando vi può ricevere."
"Sì, le saremmo grati." disse Rinaldo.
La psicologa li ricevette nel pomeriggio, chiedendo loro di portare anche Marco.
Prima parlò con Rinaldo, poi con Leonardo, infine con Marco, ognuno da solo mentre gli altri due aspettavano fuori. Il colloquio con Marco fu il più lungo. Finalmente la psicologa, con Marco allegro e sorridente per mano, si affacciò alla porta dalla stanza per invitarli a entrare.
"Farò la dichiarazione giurata con vero piacere: raramente ho esaminato un bimbo più felice, maturo e sano sia psichicamene che mentalmente, e, permettetemi di dirlo, due persone mature, equilibrate e responsabili come voi due. Se posso darvi due consigli, io manderei una copia della mia dichiarazione al direttore della scuola, e copie alle maestre di Marco. E farei continuare Marco a frequentare la sua scuola e la sua classe."
"Non crede che avrà problemi?"
"Non credo. Il bimbo è molto maturo, come ho detto, ha capito perfettamene il problema e d'ora in poi sarà più prudente e attento a come si esprime o a cosa scrive. Vero Marco?"
Il piccolo annuì con un sorriso.
"Crede... crede, dottoressa, che Leonardo e io dovremmo modificare il nostro comportamento in casa?"
"No, da quanto m'avete detto voi due e anche il bimbo, non lo credo assolutamente. Manderò l'originale della mia dichiarazione e alcune copie all'avvocato Petitti. Lui invierà le copie, per conoscenza, al direttore e alle maestre, diffidandoli dall'intervenire sul piccolo, direttamente o indirettamente, riguardo alla vostra famiglia. Non credo proprio che ci saranno difficoltà, ma se ve ne fossero, dopo la seconda diffida dell'avvocato e la mia dichiarazione, andrebbero incontro a seri problemi giudiziari."
"Grazie, dottoressa. Siamo molto più tranquilli, ora. Ci sarebbe dispiaciuto che per causa nostra ne patisse Marco." disse Leonardo.
"Lo immagino. Siete due ammirevoli... papà! È stato un piacere per me conoscervi. Sempre a vostra disposizione, se aveste necessità della mia consulenza, della mia opera. Ciao, Marco, cresci bello e buono come i tuoi papà, d'accordo?"
"Sì Tiziana. Posso darti un bacino?"
"Certo, caro." disse la donna chinadosi verso il bimbo che le scoccò un rumoroso bacio sul naso.
Mentre tornavano tutti e tre a casa, Rinaldo gli chiese: "Cosa ti ha detto la dottoressa?"
"Mi ha detto che quello che un bimbo vede a casa non lo deve raccontare o scrivere in giro. E che i pensierini sulla mia famiglia devo dire come siete fatti, cosa fate con me, che lavoro fate e non cosa fate fra voi. E poi mi ha detto che è vero che Leonardo è il mio papà come Rinaldo, ma che agli altri bisogna dire che è il mio papà solo chi si chiama Beraudo come me, e che Leonardo devo dire che è il migliore amico della nostra famiglia... Però..."
"Però, amore?" chiese Leonardo.
"Perché tu non puoi chiamarti Beraudo come noi due?"
Leonardo rise: "Mi piacerebbe, tesoro, ma non è possibile. E non importa, sai? L'importante è che ci vogliamo bene."
"Tiziana ha detto che sono fortunato che ho due papà, ma che non bisogna dire agli altri che io sono più fortunato. E allora io ho pensato che a casa posso chiamarvi papà, ma fuori casa solo Leonardo e Rinaldo."
"E se ti scappa di chiamare papà Leonardo davanti ad un altro?" gli chiese Rinaldo.
Marco pensò un po', aggrottando la fronte, poi si illuminò in un sorriso furbetto e disse: "E allora chiamo papà o mamma anche gli altri! Papà direttore, mamma maestra, papà Sandro, mamma Licia... così pensano che scherzo e non capiscono più niente!"
Rinaldo e Leonardo scoppiarono a ridere e Leonardo gli disse: "Sei un vero genio, Marco! Anzi, papà Marco!"
Il piccolo si mise a ridere divertito.
Quando l'avvocato li informò che aveva mandato alla scuola la dichiarazione della psicologa con una sua seconda diffida, Rinaldo e Leonardo, assieme, accompagnarono di nuovo Marco a scuola. Mentre il piccolo andava di corsa a raggiungere i suoi compagni di classe, i due giovanotti si fecero annunciare al direttore.
"Abbiamo riportato Marco a scuola, signor direttore. La ringraziamo di averci avvertiti del problema che 'lei' aveva. Leonardo e io confidiamo nella serietà e correttezza di tutti i membri della scuola che lei dirige e di cui è responsabile..." disse Rinaldo.
"Accomodatevi, prego. La dottoressa Tiziana Vercellone è molto conosciuta e stimata. Ho nella mia biblioteca tutti i suoi libri, credo. Nella sua deposizione, che ho letto attentamente, vi definisce, tutti e due: il miglior esempio di padre che il piccolo Marco Beraudo, e qualsiasi bambino, possa avere. Vi definisce... persone equlibrate, mature, responsabili e soprattutto veramente capaci di dare tutto l'amore e il sostegno al piccolo Marco Beraudo di cui un bimbo può necessitare..." lesse dalle carte della psicologa. "Che volete che vi dica, non posso che inchinarmi al suo autorevole parere e ricredermi sui pericoli che temevo corresse vostro figlio... cioè, scusi, signor Beraudo, suo figlio."
Mentre si recavano al lavoro, Rinaldo disse: "È fatta, grazie a dio!"
"Mi è piaciuto il lapsus del direttore quando ha detto: vostro figlio. Speriamo che abbia imparato la lezione e che d'ora in poi abbia meno pregiudizi verso i padri gay. Come fra tutti i genitori, anche fra noi gay c'è gente in gamba e capace e gente indegna di essere genitore."
Gabriele e Murad, messi al corrente, abbracciarono i due amici e vollero festeggiare con loro.
Murad disse: "Ho pregato notte e giorno Allah, Dio, che vi proteggesse. Ero tanto in pensiero per voi due e per Marco. Mio padre non è gay, anzi odia i gay, è 'normale' eppure non ha saputo dare amore né a me né ai miei fratelli e sorelle. Per lui eravamo solo suoi... oggetti. Come mia madre, povera donna. Solo lei ci ha dato amore... Anche quando le ho detto che io sono gay, prima di lasciarla e di venire in Italia. Mi ha solo scongiurato di non dirlo a nessuno in famiglia."
"Non hai più visto nessuno della tua famiglia?" gli chiese Leonardo.
"No, nessuno."
"Neanche tua madre?"
"È morta tre anni fa..." disse Gabriele.
"Mi dispiace..." mormorò Rinaldo.
"No, ha smesso di soffrire, ora sta bene, ora." disse con dolcezza Murad. "Ma niente tristezze, oggi dobbiamo festeggiare, no? Posso telefonare alla pasticceria qui sotto che ci portino su caffè e pasticcini? Offro io. Sì? Bene. Dobbiamo festeggiare."