DUE VOLTE STRANIERI CAPITOLO 6
UNO SCONTRO INATTESO

Durante la terza liceo, ormai entrambi diciottenni, l'amicizia fra Itzhak ed Elias divenne ancora più stretta, specialmente dopo che Itzhak aveva preso le difese di Elias. Con l'approfondirsi dell'amicizia, non solo la reciproca attrazione aumentò, ma, senza rendersene conto, i due ragazzi iniziarono gradualmente a innamorarsi l'uno dell'altro.

Eppure, nonostante la loro amicizia nessuno dei due aveva il coraggio di svelare all'altro ciò che provava nei suoi confronti, e tanto meno l'attrazione sempre più forte. Anche se, con l'approfondirsi dell'amicizia, si svelavano all'altro sempre più, entrambi evitavano accuratamente qualsiasi cosa che potesse aprire uno spiraglio sulla loro sessualità, sul loro desiderio, sull'amore che sentivano crescere dentro di loro.

Entrambi si stavano rassegnando a vivere un amore segreto, "platonico", anche se sentivano che questo era, dopo tutto, un "castrarsi" psicologicamente. Ma sia Itzhak che Elias temevano di perdere del tutto l'altro se avessero ceduto alla tentazione di aprire quello speciale spiraglio.

Come conseguenza del rendersi conto che in loro stava mettendo radici il dolce seme dell'amore, entrambi gradualmente rallentarono, fino a farli cessare del tutto, i loro incontri sessuali con altri ragazzi, le loro avventurette. Infatti tutto in loro, dal corpo al cuore, alla mente, alla fantasia, tutto era proteso sempre più fortemente e sempre più esclusivamente, verso l'altro.

Nessuno si accorse, sospettò, immaginò quanto stava crescendo e rafforzandosi dentro di loro, né in famiglia, né fra i compagni, né fra gli amici. E neanche fra loro due, logicamente.

Non smisero di andare con gli amici, di tanto in tanto, in discoteca: entrambi amavano molto ballare, scaricare le loro energie scatenandosi in pista. Ma poiché il giro dei loro amici gay era diverso, frequentavano discoteche diverse, perciò non si incontrarono mai.

Una sera Elias si trovò in centro con il suo giro. Uno degli amici disse: "Avete sentito? Hanno aperto una nuova discoteca gay in una traversa di Via Po. Dicono che è bella, grande e c'è un ottimo DJ che ha lavorato per Mtv. Che ne dite se ci andiamo?"

"Chissà quanto costa..." obiettò Elias.

"No, per tutto questo mese l'ingresso è gratis, si pagano solo i drink." disse il ragazzo.

Andarono. Il locale era veramente bello, la musica ottima, ed era affollato di gente di tutte le età, anche se i giovani erano quasi i due terzi dei presenti. Nonostante fosse affollato, c'era spazio, la pista era grande, le poltroncine e i tavolinetti erano in penombra e formavano isole a C che garantivano ai gruppi di amici una certa intimità.

Esplorarono il locale. C'erano due bar, uno al piano della pista, e un altro al piano sopra, dove c'era anche una sala con tavolinetti in cui la musica arrivava chiara ma attutita e si poteva parlare e sentirsi senza bisogno di urlare. Al piano superiore vi erano anche due quasi-dark-room, una pressoché quadrata, con un pilastro al centro e torno torno una panca continua, interrotta solo dalla porta di accesso, chiusa da una pesante tenda scura. L'altro invece pareva un ampio corridoio a L, suddiviso da una serie di teli che pendevano dal soffitto, formando una specie di labirinto. Nelle due stanze l'unica illuminazione era costituita da una serie di lampade di wood, cioè a "luce nera", che rendeva visibili solo gli oggetti perfettamente bianchi.

Elias e gli amici, terminato il giro esplorativo, scesero per ballare un po'. Poi Elias andò a sedere. Uno degli amici gli disse: "Senti, se mi vai a prendere un drink, te ne offro uno."

"Sì, grazie. Cosa vuoi, tu?"

"Un gin fitz. Tieni, paga con questi e portami il resto."

Elias andò al bancone del bar, attese il suo turno e ordinò. Pagò, prese i due bicchieri in mano e si girò per tornare dai suoi amici. E si scontrò con uno che stava avvicinandosi al bancone.

"Scusa!" disse istintivamente e si fermò a guardare l'altro a bocca aperta: era Itzhak che, a sua volta guardava lui con altrettanto stupore.

"Tu? Qui?" chiese Itzhak. "Che ci fai?"

"Beh... quello che ci fai tu, penso."

"Ma... lo sai che questo è un locale gay, no?"

"Certo che lo so. Per questo sono venuto qui con gli amici." rispose Elias.

Nessuno dei due, pur sospettando che l'altro fosse anche gay, aveva ancora il coraggio di dirlo apertamente.

"Mi aspetti un attimo? Porto il bicchiere al mio amico, poi torno qui." gli disse Elias.

"Sì, va bene. Anzi, no, prefersco aspettarti al piano di sopra, così riusciamo a parlare."

"D'accordo." rispose Elias.

Portò da bere all'amico e gli disse che aveva incontrato un altro amico che lo aspettava al piano di sopra. Col suo bicchiere in mano, salì. Itzhak non c'era ancora. Elias sedette in modo di vedere la scala ed attese. Mentre aspettava che l'amico salisse, prese la decisione di dire a Itzhak che era innamorato di lui. E cominciò a tremare.

Lo vide spuntare dalla scala. Lasciò il bicchiere sul tavolinetto e si alzò in piedi: istintivamente pensava che fosse più facile dire quello che stava per confessargli stando in piedi di fronte a lui. Itzhak gli si avvicinò quasi lentamente ed Elias notò che aveva un'espressione insolitamente seria, intensa, non tesa ma neppure rilassata.

Itzhak posò il suo bicchiere sul tavolo, accanto a quello dell'amico, si rizzò, se lo trovò di fronte... lo prese fra le braccia e lo baciò in bocca, forzando con la lingua le labbra dell'amico a schiudersi. Fu un lungo, caldo, intimo, tenero bacio. Quando le loro labbra si separarono, Itzhak mormorò con voce lievemente tremante: "Io sono innamorato di te!"

Elias si aprì in un luminoso sorriso e per tutta risposta lo baciò. Poi sedettero, ancora semiabbracciati. Si guardavano negli occhi, incapaci entrambi di parlare, non per mancanza di parole ma perché, al contrario, troppe si affollavano nella loro mente, nel loro cuore, sulle loro labbra.

Poi finalmente Elias sussurrò: "Dio come sono felice!"

"Non avevo il coraggio di... è un secolo che volevo dirtelo ma avevo paura che tu..." balbettò quasi Itzhak, visibilmente emozionato.

"Anche io. E se non ci si incontrava qui, magari non ce lo dicevamo mai. Anche io ti amo... e ti desidero, Itzhak!"

Si baciarono di nuovo, e finalmente si carezzarono lievemente fra le gambe, in quel gesto di intimità che annulla ogni residua barriera.

"E dire che quando ci si è visti per la prima volta cinque anni fa, non ci si parlava neppure!" disse Itzhak. "Ne abbiamo fatta di strada, eh?"

"Sì, grazie a dio. Chi l'avrebbe detto, cinque anni fa, che eravamo destinati addirittura a innamorarci? Dio, come sono felice!" esclamò nuovamente Elias, sentendo un piacevole calore per tutto il corpo.

"Vuoi essere il mio ragazzo?" gli chiese Itzhak e arrossì lievemente.

"A un patto..."

"Dimmi."

"Solo se tu vuoi essere il mio ragazzo!" gli rispose allegramente.

Si baciarono di nuovo, carezzandosi per tutto il corpo.

"Ho voglia di fare l'amore con te... subito..." gli disse Elias in tono d'urgenza e sognante ad un tempo.

"Anche io... ma qui..."

"Ho visto che c'è una dark room..."

"E se ci sono altri?" chiese incerto Itzhak.

"Basta non farci caso."

"Ma se vengono a infastidirci?"

Elias gli disse: "Io lo farei anche qui sul divanetto, se non fosse atti osceni in luogo pubblico. E d'altra parte, dove possiamo farlo? Hai un posto, tu?"

"No... Come faremo? Dovremo sempre farlo in una dark room? O fra i cespugli di un parco? Se almeno avessi l'auto, si potrebbe andare fuori città, almeno finché c'è bel tempo."

"Troveremo un modo, Itzhak."

"Forse dovremmo cercarci una mansarda o qualcosa del genere, no?"

"Hai idea di quanto vogliono d'affitto, per una mansardina vuota? Ho sentito uno dei miei amici gay che l'ha presa... Trecento euro... per dieci metri quadri, senza riscaldamento, cesso in comune in corridoio, solo un lavandino nella stanza. Riusciamo a pagarla? E soprattutto a dare l'anticipo e la cauzione? E poi, almeno un materasso, lo vogliamo comprare?"

"Mah... forse... facendo qualche sacrificio... I tuoi non ti danno una paghetta per le tue spese?"

"Sì, papà mi dà cinquanta euro al mese. Non può darmi di più. E i tuoi nonni?"

"Il doppio, cento al mese."

Elias ridacchiò. Itzhak lo guardò sorridendo e gli chiese: "Cos'è che ti fa ridere?"

"Ci siamo appena dichiarati e già vogliamo mettere su casa come due sposini!"

"Ma io ho voglia di fare l'amore con te... senza problemi. La dark room non mi attira per niente, va bene per un'avventura, una botta e via, non per fare veramente l'amore."

"Sì, hai ragione. Itzhak. È lo stesso per me. Qualcosa troveremo... dicono che il bisogno aguzza l'ingegno, no? E io... ho bisogno di te."

"Quel tuo amico che ha affittato la mansardina, non te la presterebbe, qualche volta?"

"Non credo, lui ci vive, i suoi vivono lontano da qui. E poi non c'è un'amicizia sufficiente."

"Lavora o studia?"

"Lavora. Fa il cameriere in un bar."

"Beh, mentre lui lavora, se ti prestasse il suo posto... Puoi provare a chiederglielo, male che vada ti dice di no."

"Ma adesso... Io ho voglia di te adesso!" gli disse Elias, infilandogli una mano sotto gli abiti a carezzargi il petto e il ventre.

"Anche io ho voglia di te... vorrei poter fare qualcosa... adesso. Proviamo ad andare nella dark room?" propose Itzhak, incerto.

Dimenticando i loro drink sul tavolinetto, Elias si alzò, prese per mano Itzhak e lo condusse nella stanza buia quadrata che aveva esplorato prima. Con cautela, cercando di abituarsi al buio quasi completo, Elias lo condusse dalla parte opposta alla porta d'ingresso, sedette sulla panca continua e tirò Itzhak a sedere accanto a lui.

Si abbraccirono e si baciarono di nuovo, e le loro mani iniziarono febbrilmente a sbottonare almeno parzialmente gli abiti dell'altro per accedere finalmente al corpo nudo ed esplorarlo. Ansavano lievemente tutti e due per l'intensità dell'eccitazione che li aveva afferrati. Entrambi si sentivano la testa girare, nonostante non avessero bevuto neppure un sorso di alcool.

Nonostante non fossero affatto nuovi alle esperienze sessuali, tutti e due i ragazzi percepivano chiaramente che stava accadendo fra di loro qualcosa di totalmente nuovo e di particolarmente bello, malgrado il posto squallido in cui s'erano dovuti appartare. Si sentivano esilarati, felici, fortunati.

Dopo un po' le loro eccitazioni erano così forti che si sentivano un fuoco bruciare dentro e che li avvolgeva al tempo stesso, ed entrambi provarono l'urgenza di unire i loro corpi totalmente. Elias, senza parlare, estrasse dalla tasca dei calzoni una bustina di profilattico, la stracciò e ne rivestì il membro del compagno, facendogli così capire, senza bisogno di parlare, che cosa desiderava da lui.

Ma gli abiti li impacciavano né osavano denudarsi completamente, la panca era stretta e scomoda... così si alzarono in piedi e Elias si offrì all'amico. "Prendimi Itzhak, voglio essere tutto tuo!" si appoggiò con le mani alla parete e spinse il bacino contro l'amico.

Itzhak lo prese per la vita, gli si addossò e spinse. Elias spinse indietro, e le loro carni si congiunsero intimamente. Iniziarono a muoversi all'unisono, gustando la loro prima, sospirata, sognata unione. Elias si sentiva felice, Itzhak era emozionato. Dopo poco, tanto forte era l'eccitazione, Itzhak raggiunse l'orgasmo nella calda e stretta guaina di carne del ragazzo che amava: meravigliosi fuochi artificiali fiorirono nella sua testa, riverberarono contro le palpebre chiuse, scesero come una pioggia di mille colori sul suo corpo fremente.

"Hai un'altra bustina?" gli chiese quando si staccarono, dopo essersi baciati di nuovo.

"Sì." sussurrò Elias.

"Allora, adesso prendimi tu, amore."

Elias assaporò quell'ultima parola: dio quant'era bella, dolce più d'una carezza! Porse la bustina all'amico: voleva che fosse lui a mettergli il profilattico. Itzhak si accoccolò davanti all'altro e, prima di infilargli la protezione, gli fece riprendere la piena consistenza lavorandolo per un po' con le labbra, la ligua, la bocca. Poi si alzò e a sua volta si offrì al suo novello amante.

Quando riemersero dalla dark room, fortunatamente senza che nessuno fosse andato a disturbarli, si tenevano per mano, avevano entrambi il volto lievemente arrossato, gli occhi pieni di stelle, un sorriso da tonti sul volto, completamente ubriachi per aver assaporato il loro primo scambio di amore.

Andarono a sedere, stando semiabbracciati a gustarsi quell'intimità che solo due amanti sanno creare e godere.

Uno degli amici di Itzhak arrivò e li vide.

"Cazzo, Itzhak, t'abbiamo cercato dappertutto, sei scomparso senza dire niente, credevamo che te n'eri andato..." iniziò a dire seccato, poi notò il sorriso ebete con cui i due lo guardavano. "Ah, ecco perché non ti trovavo! Dove v'eravate imboscati? Non mi presenti il tuo amico?"

"Lino, questo è Elias, il mio ragazzo!" disse con voce dolce il ragazzo.

"Il tuo ragazzo? Non ci avevi mai detto che hai un ragazzo."

"Lo siamo appena diventati." spiegò Itzhak.

Lino sedette quasi di fronte a loro e li guardò, poi disse, in tono un po' incerto: "Non vi sembra di correre un po', ragazzi? Vi siete appena conosciuti e..."

"No, ci conosciamo da cinque anni, ma solo oggi abbiamo avuto il modo di dirci... tutto. Siamo compagni di classe, vicini di banco." spiegò Elias. "Eravamo già innamorati ma non ce l'eravamo mai detto, non sapevamo neanche di essere tutti e due gay, prima di stasera."

"Beh... se è così... auguri e figli maschi!" disse allegramente Lino. "Ma tu non sei italiano, vero? Come ti chiami? Sei marocchino?"

"Si chiama Elias e non è marocchino, è palestinese." disse Itzhak in un tono pieno di tenerezza.

"Palestinese? Ma tu, Itzhak, non sei israeliano? Cazzo, avete già fatto la pace, almeno voi due! Ma guardali tu, le colombelle. Beh, sono contento per voi. È molto bello il tuo Elias, Itzhak. Complimenti, davvero. Ma adesso venite giù, dobbiamo festeggiare con gli altri amici, no?"

Scesero tutti e tre. Gli amici di Itzhak, messi al corrente da Lino, li festeggiarono e li riempirono di domande, incuriositi da quella incredibile coppia. Dopo poco si unirono a loro anche gli amici di Elias, che a loro volta lo stavano cercando, chiedendosi dove fosse scomparso.

Poi qualcuno propose che la nuova coppia doveva andare a ballare. Invasero in frotta la pista, e gli amici formarono un cerchio attorno a loro, in modo che avessero sufficiente spazio per ballare. Gli altri ragazzi sulla pista chiesero chi fossero quei due ragazzi che ballavano in centro e, saputolo, si unirono al cerchio. Qualcuno inziò a battere le mani a ritmo...

"Pare quasi una festa di matrimonio, come si fa dalle nostre parti." disse Itzhak sorridendo radioso al suo novello amante.

"Sì, è vero... è la nostra festa di nozze, amato mio!" gli rispose Elias.

"Bacio! Bacio!" cominciò a gridare qualcuno e presto tutti si unirono al coro.

I due ragazzi si abbracciarono e si baciarono, mentre tutti intorno lanciavano grida di esultanza. Altri vollero sapere che stesse accadendo, la voce giunse alle orecchie del DJ che, sopra alla musica, annunciò: "Amici, un hurrà per i nostri amici Elia e Isacco, che oggi si sono sposati qui nel nostro locale! Purtroppo non ho la marcia nuziale fra i miei CD. Ma gliela possiamo cantare noi, vero amici?" ed intonò: "Ta ràttata, ta rattatà, ta rattatéro tatéro tatà..." e tutta la discoteca si unì in un coro roboante.

Quando, frastornati e felici, i due ragazzi tornarono a sedere, uno degli amici chiese scherzosamente: "Avete già deciso dove andate in viaggio di nozze?"

"Purtoppo non abbiamo nemmeno un posto dove fare l'amore senza problemi." disse Elias. "Altro che viaggio di nozze."

"Già, il problema di quasi tutti noi ragazzi." disse un altro.

"Perché non vi trovate un monolocale, una mansarda, un posto solo per voi due?" chiese un terzo.

"Sì, ci abbiamo pensato, ma fra tutti e due non riusciamo a mettere assieme abbastanza soldi. Siamo studenti tutti e due." disse Itzhak, "E a casa mia, come a casa sua c'è sempre qualcuno."

"Sì, e poi ci scommetto che le loro famiglie sono Capuleti e Montecchi..." osservò un altro. "A parte che ci scommetto che se scoprono che sono gay li sbattono fuori di casa."

"No, mio padre non mi sbatterebbe fuori di casa," disse un altro dei ragazzi, "mi ammazzerebbe a bastonate!"

"I miei, io gli ho detto che sono gay e non hanno fatto una piega, purché non mi azzardo a portarmi a casa un ragazzo e non ne parlo mai più in casa. La perfetta tecnica dello struzzo."

"Sì, dello strunzo, piuttosto." rise un altro. "Io non ci provo neanche a dirlo ai miei, perché so già come la pensano. Quando alla TV si vede qualcosa che riguarda noi gay, dicono sempre: al manicomio bisognerebbe chiuderli tutti, o in galera e buttare via la chiave! E so che non parlano tanto per dire."

"I nostri sono delusi di avere un figlio frocio, perché hanno investito tutto su di noi e pensano che dobbiamo essere come loro, trovarci una donna, mettere su famiglia, dargli dei nipotini. Quando si accorgono che invece noi siamo fatti in un altro modo, gli crolla tutto e allora si incazzano con noi, che siamo un prodotto difettoso, ma ormai siamo fuori garanzia e non ci possono più sostituire con una macchinetta che funziona come vogliono loro."

"Mio padre è un muratore, ha fatto solo fino alla quinta elementare, mia madre è casalinga e sa solo fare la firma e quattro conti in croce, ma quando gliel'ho detto, di me, mi hanno solo chiesto se sono contento. Non sono cambiati con me. E se mi porto a casa un amico, non fanno storie."

"Cazzo, hai culo, tu. E te lo puoi pure portare a letto?" chiese uno dei ragazzi, meravigliato.

"No, quello no, ma che c'entra, neanche mio fratello si può portare la sua ragazza a letto a casa nostra. Da quel lato, non siamo mica solo noi froci ad avere problemi."

"Già, trovare un posto è il problema di tutti, finché non siamo indipendenti. Ma che ne dite, ragazzi, se ci mettessimo tutti assieme e ci trovassimo un posto per scopare? Un tanto a testa, e ognuno lo può usare in un giorno diverso..." propose uno dei ragazzi.

"No... poi si comincia a litigare per i giorni, e per chi fa le pulizie, e per un sacco di altre stronzate. E uno magari non paga la sua parte quando è ora, e un altro ci fa orge e i vicini si incazzano... Secondo me non può funzionare."

"C'è una pensioncina in corso Matteotti dove per venti euro ti puoi portare un ragazzo in camera e non fanno storie. Il padrone è gay."

"Venti euro sono quasi quarantamila lire, mica è poco per un'oretta. Quello è un dritto, si fa i soldi. E poi bisogna vedere se è un posto pulito."

"Sempre meglio che la dark room o in un parco, no?" disse un altro. "Mi dai l'indirizzo?"

"No, vuole vedere i documenti che sei maggiorenne, non vuole grane con la polizia, e a te manca più di un anno. E poi la prima volta vuole che sei presentato da uno che conosce già."

Itzhak sussurò a Elias: "Ti va di uscire e farci una passeggiata, prima di tornare a casa?"

"Sì, volentieri." rispose il ragazzo. "Ma poi, come facciamo a tornare a casa? Autobus non ce ne sono più e gli amici con la macchina, magari vanno via prima che torniamo qui."

"Ho i soldi per prendere un taxi, per tornare. Fino a che ora puoi restare fuori, tu?"

"Le due, le tre... visto che domani è domenica e non devo andare a scuola. Ho le chiavi di casa. E tu?"

"Sì, più o meno anche io. Andiamo?"

Salutarono gli amici e uscirono. Si avviarono verso il centro, in direzione di casa, per accorciare le distanze e pagare meno di taxi.

"Mi pare ancora incredibile che siamo finalmente insieme!" gli disse Itzhak.

"Già. Non credevo che gli amici ci facevano festa così. È stato bello, no?"

"Io all'inizio mi vergognavo un po' a essere al centro dell'attenzione, ma poi ero contento anche io. Perché ho smesso di pensare agli altri e ho pensato solo a te. Sai che non mi pare ancora vero che ci siamo messi insieme? È troppo bello!"

"Ci pensi, Itzhak, che se non era per quella nuova discoteca, magari non ci si trovava mai? Che si continuava a sognare pensando di non avere nessuna speranza? Abbiamo avuto culo, no?"

"Sì, è vero. Ma dimmi, Elias, tu hai già deciso cosa vuoi studiare, all'università? Vuoi ancora fare storia?"

"Penso di sì, comunque mi iscrivo a Lettere e Filosofia. Anche tu, no?"

"Sì, e mi piacerebbe se scegliessimo gli stessi esami. A me interessa un po' di più letteratura, ma farei anche volentieri storia, con te."

"Una non esclude l'altra, no? Anche a me piacerebbe seguire gli stessi corsi e dare gli stessi esami. Almeno ci si può vedere tutti i giorni e stare assieme, e aiutarci a vicenda. Se solo potessimo avere un posto per noi, Itzhak, sarebbe perfetto."

"Dopo la maturità, dici che quest'anno riusciamo a farci le vacanze assieme?"

"Mi piacerebbe un sacco. Dove possiamo andare?"

"Che ne diresti di girare l'Italia a caso, in autostop? Con materassino e sacco a pelo e, se ci riusciamo, una canadese da due? Ti piacerebbe?"

"Sì, come no? Forse riesco a farmi prestare una piccola canadese da due, da qualcuno dei ragazzi in parrocchia. E ci costerebbe poco, ce la possiamo cavare se ci compriamo da mangiare e ce lo prepariamo da noi, no? E la sera, in tenda..."

"Dormiamo!" concluse Itzhak, sorridendogli con malizia.

"Certo. Ma solo dopo che abbiamo fatto l'amore, sennò non ti lascio dormire." rispose ridacchiando Elias, e prese per mano l'amico, stringendogliela con tenero vigore e guardandolo con occhi pieni d'amore.

"Non mi guardare così, Elias, o mi fai venire voglia di farlo di nuovo." gli mormorò emozionato.

"Se ti guardo così, è proprio perché io ce l'ho già la voglia di farlo di nuovo. Non m'è mica bastata quella sveltina in discoteca... con gli occhi sulla porta per paura che qualche guardone venisse a darci fastidio. Guarda, si vede pure che m'è tornata la voglia!"

Itzhak guardò l'amico e vide che la sua patta era notevolmente gonfia. Sorrise, sentendosi addosso un gradevole calore a pensare che era lui a fare quell'effetto al suo ragazzo. "Il mio ragazzo, che splendida cosa da dire!" pensò Itzhak e guardò sorridente Elias.

Stavano oltrepassando il ponte sulla Dora Riparia. Elias ne osservava la ripa del Lungo Dora Napoli. Girò a destra.

"Dove mi porti?" gli chiese Itzhak un po' stupito per quella deviazione, ma seguendolo.

"Vieni." disse semplicemente l'altro ragazzo e lo condusse giù per la ripa, finché lo sospinse contro il tronco di un albero, gli si addossò e lo baciò premendoglisi contro.

"Qui? Ci possono vedere dal ponte."

"Non passa nessuno, a quest'ora, non hai visto che c'eravamo solo noi in strada?" gli disse Elias iniziando a sbottonargli i calzoni. "E poi, al massimo penseranno che siamo solo due froci che scopano, no?"

Lo baciò di nuovo. Itzhak gli si arrese e iniziò a sua volta a trafficare con la cintura e la lampo dei jeans dell'amico, quasi con urgenza. Poi Elias gli si accoccolò davanti: "Non so ancora che sapore hai..." gli disse guardandolo di sotto in su con un sorrisetto, gli estrasse dai panni il membro duro e iniziò a occuparsene con goloso desiderio.

Itzhak gli carezzò i capelli scuri e lisci, guardando con un grato sorriso l'amico che si stava dedicando a dargli piacere. Pensò che, pur essendo quell'atto come altri che aveva fatto prima, ora era profondamente diverso, perché non era solo un gioco, solo un divertimento, una ricerca di puro piacere, ma un atto d'amore. Guardò verso il ponte: era deserto, ma dopo tutto non gli importava molto, se anche fosse passato qualcuno e li avesse visti. Sentì un'auto passare alle loro spalle, su, nel Lungo Dora e pensò che non potevano essere visti, essendo protetti dal tronco dell'albero.

La notte era dolce, non c'era un filo d'aria, non un rumore, ora che l'auto s'era allontanata, solo il mormorio appena percettibile dell'acqua del fiume che scorreva a poco più di un metro da loro. Itzhak si sentiva felice.

"Elias... attento... sto per..." gli disse improvvisamente, con urgenza.

"T'ho detto che voglio sapere che sapore hai, no?" gli rispose il ragazzo in un mormorio e si rituffò a occuparsi del ragazzo che amava, mettendogli le mani sulle natiche nude e tirandolo a sé.

Dopo poco Itzhak gli versava il suo tributo d'amore, gemendo lieve per l'intensità del piacere e ancor più dell'emozione che stava provando. Elias si rizzò e lo baciò, e per la prima volta Itzhak sentì il proprio sapore nella bocca dell'amato.

"Ma adesso tocca a me scoprire che sapore hai, amore." gli disse.

Sedette sull'erba appoggiando la schiena al tronco dell'albero, stese le gambe fra quelle dell'amato, gli pose le mani sul sedere e lo attirò a sé. Elias appoggiò le mani sul tronco in modo di poter spingere più in avanti il bacino e godersi le tenere, calde, appassionate attenzioni del suo Itzhak.

Quando, momentaneamente appagati, ripresero la strada, Itzhak chiese: "Quando potremo fare l'amore su un letto, tranquilli, comodi, senza problemi?"

"Non lo so, Itzhak. È troppo bello farlo con te, anche nella dark o contro l'albero. M'è sempre piaciuto farlo, con gli altri, ma mai quanto con te. Con li altri provavo solo piacere, con te piacere e felicità."

"Sì, proprio così, è esattamente lo stesso per me. Con gli altri in fondo ci si usava a vicenda per raggiungere il godimento... fra noi invece, ci si dà a vicenda per far godere l'altro, non è così?"

"Già, ecco, tu hai saputo spiegarmi, adesso, perché sentivo che era diverso. Hai proprio ragione. Dio, Itzhak, saremo sempre felici così? Riusciremo a vivere assieme, a costruire la nostra vita assieme? Mi sento così felice che ho paura di svegliarmi e di scoprire che era solo un sogno."

"Prima o poi ci riusciremo, Elias, ad avere la nostra vita, a vivere assieme, anche se ho paura che non sarà tanto presto."

Arrivarono a casa a piedi, ed erano le quattro passate. Tutti e due riuscirono a raggiungere le loro camere senza svegliare nessuno, e tutti e due si addormentarono felici, ma sognando di essere nel letto del ragazzo a cui avevano dato il proprio cuore, il proprio amore.


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