DUE VOLTE STRANIERI | CAPITOLO 8 FAMIGLIE E PROBLEMI |
Una domenica Paolo e Gino invitarono Elias e Itzhak, nonché Stefano. Questi era molto simpatico. Dopo il pranzo nel monolocale, si raccontarono le loro storie. "Paolo e io ci siamo conosciuti durante il servizio militare, dopo il CAR, a Roma. Una sera, in libera uscita, ci si è trovati in una sauna gay e così ci si è messi insieme. Quando abbiamo finito la naja, per un anno siamo stati ospiti di un mio zio gay che ci ha dato una stanza a casa sua e del suo amante. Poi però, anche se siamo rimasti amici, ci si è lasciati, perché io gli mettevo un po' troppo spesso un cornetto. Io non riesco a essere... monogamo, come lui o voi, ragazzi." "Ognuno è fatto a modo suo." disse Gino. "Sì, anche se l'ho pagata un po' cara. L'anno scorso ho scoperto di essere sieropositivo." disse Stefano. "Allora, per poter avere le cure gratuite come abbiamo qui in Italia, e fare i necessari controlli, ho chiesto alla Luftansa di darmi un posto qui, e ho smesso di volare. Un po' ho messo la testa a posto, comunque. Non faccio più sesso senza usare il preservativo e anche la crema spermicida. E solo se l'altro accetta di fare sesso con me anche se sono sieropositivo. Non voglio avere sulla coscienza nessuno." "Gino e io abbiamo fatto due volte controlli e, dato che siamo negativi tutti e due e che non lo facciamo mai con altri, abbiamo smesso di usare il preservativo." disse Paolo. "Dovete fidarvi completamente l'uno dell'altro." disse Stefano. "Non pensi che dovremmo farlo anche noi, Itzhak?" "Sì... come si fa a fare l'esame? Costa molto?" chiese questi. "No, è gratis e se lo richiedete, è anche anonimo. Basta che andate all'Amedeo di Savoia, lì sono specializzati, e sono molto gentili. Prenotate il prelievo e dopo due o tre settimane, vi danno la risposta." spiegò Gino. "A proposito, come sta tuo zio? Sta sempre con il suo amante? Mi dispiace che ci si è persi di vista." disse Paolo. "Zio Arnaldo? Sì, sta sempre col suo Antonio, con zio Antonio. Sono ormai quasi quaranta anni che stanno assieme. Sono la coppia più affiatata e bella che abbia mai visto." rispose Stefano. "Credo che sarebbero molto contenti di rivederti, Paolo, e di conoscere il tuo ragazzo. S'erano affezionati a te, quasi più che a me. Magari, adesso che sono di nuovo qui, una volta combiniamo, che ne dici?" "Sì, più che volentieri. Ho un bellissimo ricordo di tutti e due." rispose Paolo. "Ma tu, adesso, abiti di nuovo con loro?" "No, ho trovato un alloggetto in centro, vicino a dove lavoro. La paga è buona, e preferisco stare da solo. Sono stato da zio Arnaldo solo qualche giorno, finché ho trovato casa."
"Sì, ragazzi, dato che mi dite che è più di un anno che lo fate solamente fa voi. Potete non usare protezioni, almeno finché nessuno di voi due abbia contatti a rischio. Tenete, vi do un depliant che spiega bene tutti i tipi di rischi che si possono correre, che non sono soltanto quelli strettamente legati al rapporto sessuale." disse il medico. "Se vi capitasse di avere un contatto a rischio, usate di nuovo il profilattico e venite qui a richiedere un'altra analisi, mi raccomando." I due ragazzi, oltre a essere contenti di essere "puliti", erano stupiti per la semplicità e naturalezza con cui il dottore aveva parlato della loro relazione. "Magari è gay pure lui." disse Elias. "O semplicemente deve averne visti tanti che s'è abituato." "O è di mente aperta, forse non ha mai avuto pregiudizi. Chissà." "È bello, comunque, poter parlare apertamente e serenamente, senza timore, senza essere giudicati, rifiutati, senza doversi vergognare." disse Itzhak.
A volte avevano dovuto affrontare discussioni, anche un po' accese, con alcuni compagni di corso arabi, ebrei o simpatizzanti per una o l'altra parte. La loro stretta amicizia, che nessuno immaginava celasse una relazione, dato che entrambi avevano un aspetto e un comportamento "normale", virile, stupiva molti dei loro compagni. Ma i due ragazzi riuscirono a creare un gruppo informale di "amicizia israelo-palestinese" in facoltà. Elias aveva nel portafogli un piccolo "San Valentino" con una foto di Itzhak sotto a cui questi aveva scritto una dedica che recitava: "Al mio Elias, grato per il suo amore - Itzhak". Una sera, mentre Elias stava facendo la doccia, Franciscus tolse i calzoni del fratello dalla sedia per posarli sul letto e il portafogli cadde a terra, aprendosi. Sotto la tasca di plastica trasparente, Franciscus vide il "valentino" con un cuore sopra e stampata la scritta "Al mio amato..." Incuriosito, dato che Elias non aveva mai parlato in casa di essersi fatto una ragazza, lo estrasse e lo aprì... e si sentì un formicolio sotto al cuoio capelluto. In quel momento Barnabas entrò nella loro stanza, vide il fratello maggiore con il biglietto e il portafogli in mano e notò la sua espressione stupefatta. "Che hai, Franci?" "Guarda qui..." gli disse questi porgendogli il bigliettino. Barnabas lo guardò, lesse, lo chiuse e disse: "Rimettilo a posto. Che ti ha preso di andare a frugare nelle cose di Elias?" "Ma... non hai capito? Elias è un omosessuale!" esclamò Franciscus. "E va bene. E allora? Non è né il primo nell'ultimo. Rimetti tutto a posto." "Devo dirlo a papà e mamma." "Sei matto? Saranno affari suoi, no? Toccherà a lui dirlo, quando e se se vuole. Mica vuoi metterlo nei pasticci con papà, no? Che cavolo te ne frega a te se gli piacciono i ragazzi?" "Non posso non dirglielo. Se Elias è malato, magari possiamo fare qualcosa per farlo guarire, no?" "Malato? Sei tu malato. Alla TV, anche Maurizio Costanzo ha spiegato che non è una malattia, no?" "Comunque la Bibbia dice che è un peccato grave, e anche il papa dice che è un disordine morale. No, non posso fare finta di niente, devo parlarne con papà. Che è, a te non te ne frega niente se nostro fratello ha un problema?" "Ma che problema! Non l'ho mai visto così allegro... e credo porpio che sia per quello che è così. Altro che problema." Discussero ma Franciscus non cambiò idea, e anzi andò subito a parlare con il padre e la madre che erano in tinello a guardare la TV. Barnabas andò subito a bussare in bagno per avvertire Elias... e gli spiegò cosa stava succedendo e come lui non fosse riuscito a convincere Franciscus a stare zitto. Elias uscì dalla doccia, si asciugò in fretta e si rivestì. Seguito da Barnabas, andò in tinello e disse, in tono deciso: "Ridatemi il mio biglietto!" Il padre glielo porse. "Siediti, Elias, dobbiamo parlarne." Elias sedette. Il padre aveva una faccia scura, la madre un'espressione confusa e stupita. "Elias, da quant'è che va avanti questa... storia?" "Con Itzhak da circa tre anni, ma che so di essere così... da quando avevo tredici anni, papà." "Ti rendi conto che sei in peccato mortale, che hai scelto una strada sbagliata? E come hai potuto in tutti questi anni, quando si andava a messa, fare la comunione? Buon dio, non hai una coscienza, tu?" "Papà... Io sono come tutti gli altri, non vado mica in giro per le strade con i tacchi a spillo o altro, ma sono normalissimo, amo, soffro, piango, scherzo come tutti gli uomini che Dio ha creato! Non è peccato amare, no?" "Amare uno del tuo sesso? Cos'è, non ti ricordi come Dio ha punito Sodoma e Gomorra? Come puoi dire che non è peccato? Dove abbiamo sbagliato, io e tua madre a tirarti su? Non t'abbiamo insegnato a essere onesto, e a rispettare e temere Dio? Dio non t'ha creato... omosessuale. Perché hai deciso di diventarlo, quando avevi tredici anni? Qualcuno t'ha... sedotto, corrotto?" "Ma papà, uno non diventa omosessuale, uno ci nasce! L'hanno detto pure alla TV." obiettò Barnabas. "Cos'è, adesso la TV ha più valore della Bibbia?" gli chiese Franciscus aggrondato. "Elias, dove abbiamo sbagliato?" gemette la madre, sull'orlo delle lacrime. "Ma no, no, nessuno ha sbagliato. Non potevo avere genitori meglio di voi, non avete fatto proprio nessuno sbaglio. E anche io, non ho colpa se sono nato così, non l'ho scelto io, come non ho scelto di nascere maschio o di avere i capelli lisci e non ricci come Barnabas." "Sì, ma anche il papa dice che essere omosessuali non è peccato, ma che non devono fare sesso fra loro due maschi, no? Gli omosessuali devono scegliere una vita di castità." obiettò Franciscus in tono severo. Barnabas sbottò: "Franciscus, tu, onestamente, sapresti vivere tutta una vita di castità?" "Che c'entra? Io mica sono omosessuale. E poi i preti la vivono, una vita di castità, no?" "Qualcuno forse sì, ma quella è una vocazione. No, rispondimi seriamente, tu, così come sei, saresti capace di fare a meno del sesso per tutta la vita? Onestamente? E allora che senso ha pretenderlo da Elias. Se si vuole bene col suo ragazzo, non è meglio che avere avventurette con tutta una serie di ragazze diverse, come sia tu che io facciamo? Non è più serio lui di noi?" obiettò Barnabas. "No dire sciocchezze, Barnabas!" lo apostrofò il padre. "Se Franciscus e tu correte dietro alle ragazze, è normale, naturale, non contro natura. No? Elias deve impegnarsi a cambiare, e se non gliela fa da solo, deve magari farsi curare e tornare a essere normale." "Ma no, la mia natura è guardare le ragazze, ma la natura di Elias è guardare i ragazzi. Non è contro natura, secondo me. Quanto a cambiare... tu ci riusciresti, papà, se ti impegnassi, a diventare omosessuale? No, se non lo sei. E così non puoi chiedere a Elias di cambiare." "Papà, essere omosessuali non è una malattia... Una volta si pensava così, ma anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato da anni che non è una malattia, perciò non c'è niente da curare. Itzhak e io ci vogliamo bene. Non è l'amore la cosa più importante nella vita d'un uomo? Tu e mamma ce l'avete sempre ripetuto, insegnato, no?" "Ma non è amore, il vostro è solo voglia di..." cominciò a dire Franciscus. "No! Che ne sai tu Franci?" lo interruppe Elias, "Che ne sai? Come puoi giudicare senza conoscere?" "Ma via! Due maschi non possono amarsi. Possono essere amici, possono anche magari scopare, come fanno i carcerati o i marinai, fra loro, ma l'unico vero amore è fra uomo e donna, non fra due dello stesso sesso!" insisté il fratello maggiore. "Dio, credevo che il medioevo era finito!" borbottò Barnabas. "Ma che, sei omosessuale tu pure?" gli chiese il padre, "che difendi tanto Elias e la sua... la sua disgrazia?" "Ma no, che c'entra adesso? È inutile parlare con voi!" esclamò Barnabas e lasciò il tinello. Sulla porta c'erano le due sorelle, Kyara e Suzannah, che, attratte dalla discussione erano andate a vedere e li stavano a sentire con gli occhi sgranati. Barnabas le scostò e andò in camera, sbattendo la porta. "Senti Elias, domani andiamo insieme da un medico, da uno psichiatra e vedrai che troveremo una soluzione." disse il padre. "E magari andiamo anche da Padre Leone, che è un santo e che ti dà una benedizione e..." interloquì la madre. "E soprattutto non devi vederti più con quell'Itzhak e smettere di fare quelle cose con lui." "No. Piuttosto me ne vado via da casa, se non sapete capire, accettarmi come sono. Non sono né matto, né malato, né indemoniato, lo volete capire? Sono lo stesso Elias di sempre. Cos'è, di colpo avete scoperto di avere un mostro in casa? Cos'è, dopo venti anni non valgo più niente per voi?" "Ma che andartene via di casa! Adesso più che mai hai bisogno di noi, del nostro aiuto!" gli disse Franciscus. "Perché non vuoi che ti aiutiamo, Elias?" gli chiese accorata la madre. "Non è questo l'aiuto di cui ho bisogno, mamma. Vorrei che mi capiste, o per lo meno che mi accettaste per quello che sono, ma ancor di più che il vostro amore riuscisse a vincere le idee negative che vi siete fatti dei gay. È solo questo che voglio, nonostante faccia parte di una minoranza come i negri o gli ebrei. Vorrei solo che capiste che l'amore che c'è fra me e Itzhak è bello e sacro come l'amore che c'è fra te e papà, mamma!" "Sacro! Sì, sacro! Santo Elias omosessuale e martire!" lo schernì Franciscus. "Come puoi dire cazzate così grosse?" "Non dire parolacce, Franciscus!" lo redarguì il padre. "Però ha ragione tuo fratello, come puoi paragonare quello che c'è fra te e quel ragazzo con il sacramento che unisce tua madre e me? Il nostro amore è benedetto da Dio, che ha detto crescete e moltiplicatevi. Il sesso è fatto per avere figli, non per... giocare, divertitsi." Continuarono a discutere, ma nessuno voleva recedere dalle sue idee, dalle sue posizioni. Elias si sentiva circondato, attaccato, giudicato, condannato. Solo Barnabas aveva avuto il coraggio di prendere le sue parti.
Quando raccontò a Itzhak quanto stava accadendo a casa sua, il ragazzo cercò di consolarlo, di dargli coraggio. "Dobbiamo cercare di andarcene da casa, Itzhak. Io non resisto più. Piuttosto smetto di studiare e mi cerco un lavoro, in modo che ci possiamo pagare un buco per noi due." "Sì, hai ragione, anche con i nonni, anche se non se ne parla più, è sempre più pesante vivere: sembra che ogni giorno che passa sto diventando sempre più un estraneo per loro. Mi cerco un lavoro anche io, Elias, e appena possiamo ce ne andiamo da casa. Dopotutto abbiamo venti anni, siamo maggiorenni, no? E una volta che abbiamo trovato lavoro e casa, possiamo riprendere gli studi, come fanno altri che lavorano e studiano. Prenderemo voti più bassi, ci metteremo più tempo a laurearci, ma che ce ne importa, se riusciamo comunque a mantenerci e, soprattutto a vivere assieme, finalmente?" Stavano parlando di questo, mentre uscivano da lezione, quando incontrarono Gino. "Ehi, ragazzi, vi ricordate che domenica siamo a pranzo dallo zio di Stefano, no? Siete invitati anche voi." "Non sappiamo se siamo dell'umore giusto, Gino..." rispose Elias e gli raccontarono quanto stava succedendo e la decisione che avevano preso. "Oh cazzo, mi dispiace, ragazzi! Sentite, se volete andare via subito da casa, posso sentire Paolo e se è d'accordo, magari vi lasciamo per un po' il monolocale, eh?" "No, grazie. Preferiamo prima trovarci un lavoro. Se ce ne andiamo da casa, non vogliamo più un centesimo, da loro." disse Itzhak. "Comunque, dovete venire domenica. Magari se ne parlate con lo zio di Stefano... so che è il proprietario di tre farmacie, e magari vi può offrire o trovare un lavoro lui... Li ho conosciuti, Arnaldo e Antonio, sono due tipi in gamba, vi piaceranno. Dai, promettetemi che venite anche voi, domenica. Male che vada vi serve per distrarvi un po', no? Mica potete piangervi addosso tutto il tempo, no? Con noi state bene, Stefano lo conoscete, è simpatico, e davvero Arnaldo e Antonio sono una gran bella coppia, si sta molto bene anche con loro." Elias era incerto, ma Itzhak insisté perché andassero, sperava così di riuscire a far distrarre un po' il suo ragazzo e di alleviare almeno in parte la tristezza in cui era piombato.
Faceva freddo, in quella prima domenica di febbraio. Entrarono in un piccolo bar per scaldarsi un po' e ordinarono due caffè. Il cameriere glieli portò al tavolinetto. Aspettarono che arrivasse mezzogiorno. "Elias, vedrai che ce la caveremo. Dai, fammi un sorriso!" Il ragazzo gli sorrise con un'espressione fra il tenero e il triste: "Perdonami, Itzhak. Mi dispiace far stare male anche te. Il fatto è che, dopo tanti anni, mi pare che di colpo non è più casa mia, lì dai miei. Solo Barnabas mi tiene le parti, e meno male che c'è almeno lui in casa. E meno male, soprattutto, che ho te. Essere giovani non è facile, ma essere anche omosessuale lo è ancora meno, e la gente non ci aiuta di certo, neanche quelli che ti vogliono bene. Si, lo so che papà e mamma, e anche Franciscus e le mie sorelle mi vogliono bene... eppure non mi accettano. Ti ricordi quello che ti dicevo quando avevi avuto i tuoi problemi con i nonni? Ognuno di noi vuole bene a modo suo. Meno male che ho te, Itzhak." "Eli?" "Dimmi, Itzhak." "Io... ci riesco a volerti bene... a modo tuo? Riesco a darti quello di cui hai bisogno?" "Sì, amore, tu ci riesci. Non ti preoccupare, mi passerà, ci vuole solo un po' di tempo. Il dolore bisogna viverlo, accettarlo, lasciarlo bruciare, e solo così si consuma e se ne va. Non è sfuggendolo che si elimina, anzi, diventa sempre più pesante, sempre più distruttivo." Arrivata l'ora, andarono a suonare alla casa dello zio di Stefano. Ripose questi al citofono e aprì. Salirono. Stefano li attendeva sulla porta dell'appartamento. "Entrate, entrate, Paolo e Gino hanno telefonato che stanno per arrivare." L'ingresso era una stanza oblunga, irregolare, con un'antica scala con una balustra di legno sulla sinistra. C'erano una porta in cima alla scala, una porta sotto, una sul fondo e un'ampia porta aperta a destra, da cui si vedeva una tavola imbandita. Stefano li condusse in quella stanza e li fece sedere in un salottino d'angolo, accanto a una delle quattro finestre allineate sul muro di fondo. "Volete un aperitivo? Gli zii stanno finendo di spignattare in cucina." "No, grazie." disse Itzhak. I ragazzi si guardavano attorno. Dal soffitto a cassettoni, molto bello, pendeva un lampadario di ferro battuto. Una parete aveva un affresco settecentesco, ben conservato, che rappresentava una scena pastorale. Sulla parete di fronte alle finestre era appesa una galleria di quadri antichi, di vario soggetto: paesaggi, ritratti, nature morte. La mobilia era anche tutta composta da pregevoli pezzi d'antiquariato eterogenei ma ben accostati. Eppure la stanza non aveva affatto l'aspetto di un museo, ma un che di vivo e di molto gradevole. "Questa stanza e l'ingresso sono gli unici due ambienti antichi. Il resto dell'appartmento è invece molto moderno, è stato tutto ristrutturato, perché era in condizioni pietose. Su al primo piano c'è la camera, lo spogliatoio e il bagno degli zii. La porta sotto la scala dà su un'anticamera, dove si aprono due camere da letto, un altro bagno e uno studio-biblioteca dove lavora zio Antonio. La porta in fondo dà sulla cucina, sulla dispensa e sulla lavanderia stireria. Sono sicuro che più tardi gli zii ve la faranno visitare." spiegava loro Stefano. "Che fa l'amico di tuo zio" chiese Itzhak. "Zio Antonio? Fa lo scrittore, specialmente adesso che è in pensione. Ha già pubblicato diversi libri, alcuni anche tradotti in inglese e francese, ma scrive sotto lo pseudonimo Manlio Santaleto. Avete già letto qualcosa di suo?" "Santaleto? No... non mi pare di aver mai sentito questo nome, mi spiace." "Non è famoso, non ha vinto nessun premio letterario, anche se secondo me lo meriterebbe, ma vende bene ugualmente. Lo pseudonimo che usa non è altro che l'anagramma del nome." In quella suonarono nuovamente alla porta, Stefano andò ad aprire e poco dopo entrarono anche Gino e Paolo. Sedettero con loro, e Stefano andò ad avvertire gli zii che tutti gli amici erano arrivati. Dopo poco entrò nella sala da pranzo un uomo asciutto, abbastanza alto, vestito con eleganza casual, la pelata circondata da un'aureola di capelli argentei. Era lo zio Arnaldo Milanesio, il proprietario dele farmacie. Stefano gli presentò Itzhak ed Elias. "Fra poco vado a dare il cambio ad Antonio e viene a salutarvi anche lui: è quasi pronto, ma non possiamo lasciare i fornelli. Sono lieto di conoscervi, finalmente, ragazzi. Mio nipote mi ha accennato di aver conosciuto una coppia di bellissimi ragazzi: aveva perfettamente ragione. Ma non mi ha detto altro di voi. Avete nomi stranieri, non siete italiani?" Elias arrossì. Itzhak rispose: "Ora abbiamo tutti e due la cittadinanza italiana, ma siamo nati tutti e due... in Israele io e in Palestina lui." Parlarono ancora un po', poi Arnaldo si scusò: andava a dare il cambio in cucina, in modo che il suo compagno potesse andarli a salutare. Quando lo "zio" Antonio entrò nella sala, Itzhak ed Elias si alzarono all'unisono e, con espressione meravigliata, esclamarono: "Professor Mastella!" Anche il proessore li riconobbe: "Itzhak Segre? Elias Bargouti?" "Si ricorda ancora di noi, professore." disse Itzhak con un sorriso. "Come no! Ma non avrei mai immaginato che... oltre ad essere diventati amici, ora addirittura vi siete innamorati uno dell'altro! Ma raccontatemi, ditemi com'è andata... Anzi, no, aspettate un attimo. Sedete dove volete, lasciate solo le due sedie verso la porta libere per Arnaldo e me. Racconterete dopo, quando ci sarà anche Arnaldo... Questa sì che è una bellissima sorpresa! Sono così lieto di avervi qui!" Stefano chiese: "È stato il vostro professore, zio Antonio?" "Sì, in quarta e quinta ginnaso. Era il nostro professore di lettere, latino, greco, storia e geografia. L'avevamo tutti i giorni. Era un ottimo professore ed è stato lui che ci ha... imposto di diventare amici, per così dire." "Il mondo è piccolo, davvero. Che buffo giro... In facoltà avete conosciuto Gino, tramite lui avete conosciuto me, poi Stefano che cercava me, e Stefano è il nipote di Arnaldo, che è l'amante del vostro professore... È divertente. È proprio vero che spesso la realtà supera la fantasia." disse Paolo. Itzhak avava notato che la sorpresa di incontrare il loro antico professore, aveva fatto tornare il sorriso sul volto del suo Elias, gli aveva fatto dimenticare per un po' i suoi crucci, ed era contento. Stefano li fece sedere a tavola e arrivarono Arnaldo e Antonio sospingendo un carrello con una serie di piatti e pentole da portata coperti da coprivivande di rame sbalzato. I due uomini, entrando, con un ampio sorriso, dissero in coro: "Tatatà!" Arnaldo annunciò: "Su ragazzi, passatemi i piatti, diamo inizio al pasto delle belve: per iniziare, entrée mixte d'hors d'oeuvre de la maison!" Mentre Arnaldo riempiva i piatti, Antonio girava a versare il vino nei calici. Poi i due uomini sedettero e iniziarono tutti a mangiare. Antonio prima narrò come aveva costretto i ragazzi a lavorare assieme, a diventare amici, poi chiese a Elias e Itzhak di raccontare come avevano scoperto di essere entrambi gay e come si fossero innamorati. Fra il primo, una delicata stroganoff di crêpes alle cinque salse, il secondo, un coniglio in porchetta con finocchio selvatico e pistacchi e contorno di insalate miste e cruditées, la macedonia di frutta decorata con chicchi di melagrano, panna e noci, il gateau de la maison, una torta rustica coperta di fettine sottili di mandorle arrostite, il tutto cucinato dai due uomini, Itzhak ed Elias narrarono il resto della loro storia. Alla fine, Antonio disse: "Davvero non immaginavo di poter avere tanto successo, quando ho deciso di riuscire ad abbattere la diffidenza, se non inimicizia, che provavate l'uno per l'altro, ragazzi. Sono davvero felice, molto felice. Ma prima, avete accennato che c'è un qualche problema con le vostre famiglie, vero? Vi spiace parlarcene mentre il nostro Stefano va in cucina a prepararci un buon caffè? Venite, andiamo a sedere là sulle poltrone e i divani." Allora, prima Itzhak poi Elias, raccontarono loro come le rispettive famiglie avevano reagito quando avevano saputo di loro. "Così..." concluse Elias, "proprio due o tre giorni fa, Itzhak e io abbiamo deciso di cercarci un lavoro, e appena abbiamo i soldi affittarci un posto e andare via da casa, perché la situazione sta diventando sempre più pesante per tutti e due." "Ma non è un peccato, che dobbiate lasciare, o comunque rallentare e seguire meno bene gli studi? Antonio diceva che eravate i suoi migliori allievi, e Gino dice che siete andati magnificamene passando tutti gli esami con ottimi voti..." disse allora Arnaldo. "Pazienza. Per noi è molto più importante poter stare finalmente assieme e in pace. Non potendo salvare capra e cavoli, facciamo la scelta che ci dà di più. Non ci fa paura la vita, lavorare, forse non riuscire a laurearci, finché stiamo assieme." disse Elias. "Vero Itzhak?" L'altro ragazzo annuì. "Sì, capisco..." disse Arnaldo. "Per cortesia, Stefano, puoi aiutarci a sparecchiare e portare tutto in cucina? E tu, Paolo, che conosci bene l'appartamento, perché non porti Elias e Itzhak a fare il giro turistico?" "Sì, certo." "Volentieri." "Va bene..." risposero gli interpellati e si alzarono dal salotto. Paolo e Gino li portarono prima di tutto su per la scala a vedere la zona notte dei due padroni di casa. La porta dava in una piccola stanza quadrata con luci riflesse, nascoste, estremamente semplice, pareti e porte bianche, ma con un pavimento a mosaico che rappresentava un grande sole sorridente. La stanza di sinistra dava in una camera da letto con piante verdi e un ampio letto quadrato addossato al muro fra due finestre. Il pavimento era una moquette wall-to-wall grigio perla, le tende e il copriletto era una sinfonia di grandi righe dai colori autunnali. Anche qui c'erano luci nascoste e pareti bianche a buccia d'arancia. Di fianco alla porta d'ingresso di fronte al letto, c'era una porta finestra che dava su un terrazzino racchiuso fra le alte pareti senza finestre delle costruzioni limitrofe. Di fronte c'era lo "spogliatoio", con due grandi armadi ai lati e, di fronte alla finestra, una toeletta a tre specchi e due bassi sgabelli. Di fronte all'ingresso dell'anticamera, c'era la porta del bagno: era ampio, suddiviso da tre archi, sì che a destra c'era un'ampia vasca incassata nel pavimento, con doccia inclusa, sulla sinistra i servizi sanitari e il lavandino, di fronte un'ampia porta finestra che dava sul terrazzo, su cui dava anche la camera da letto, in cui c'erano vasi di canne di bambù. Poi li portarono a vedere, a pian terreno, le due camere per gli ospiti, e in una delle due, spiegò Paolo, avevano vissuto lui e Stefano quando stavano assieme, un ampio bagno meno lussuoso di quello del piano superiore, ma bello, e infine lo studio-biblioteca, con una liberia a vetri, dal pavimento al soffitto, che girava torno torno su tutte le pareti, interrompendosi solo in corrispondenza delle tre finestre e della porta. Quindi gli fecero girare la cucina, la dispensa e la lavanderia, stireria. "Come fanno a tenere tutto così pulito, in ordine?" chiese Elias. "Hanno da sei anni un ragazzo romeno, gay, che fa sei ore al giorno per sei giorni alla settimana. Era scappato quando aveva ventuno anni, ha vissuto per due anni come clandestino, poi gli zii l'hanno conosciuto e l'hanno assunto, mettendolo in regola. A parte cucinare, fa tutto qui dentro, compreso il bucato e stirare e andare a fare la spesa. È un ragazzo in gamba, fidato, onesto, lavoratore." spiegò Paolo. Terminato il giro, tornarono nella sala da pranzo. Nell'angolo salotto i due uomini e Stefano erano già seduti che li attendevano.
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