logoMatt & Andrej Koymasky Home
una storia originale di Andrej Koymasky


L'IRRESISTIBILE ASCESA CAPITOLO 6
UN PIANO ASTUTO

Passati alcuni giorni, Ranuccio già non pensava più all'incontro con il giovane marchese Tomaso, ma questi non faceva che ripensare al giovane e avvenente scrivano e a chiedersi come fare per averlo. Era sicuro che il ragazzo fosse come lui, aveva quel certo modo di guardare un maschio caratteristico di chi ama unirsi a persone del proprio sesso.

Il giovane marchese era uso ottenere sempre quanto desiderava, anche sul piano sessuale. Ormai da un paio di lustri, da quando s'era reso pienamente conto cioè della propria natura, s'era tolto sempre, o quasi, ogni capriccio con servi, contadini, suoi pari, scudieri, garzoni di bottega, stallieri, chierici o paggi... purché fossero giovani e avvenenti.

Il più delle volte, una volta conquistato e goduto il ragazzo su cui aveva posato lo sguardo e che aveva acceso il suo desiderio, lo dimenticava, perché non trovava una adeguata valentia in essi. Poche volte gli incontri s'erano protratti per qualche tempo. La sua storia più lunga non aveva superato l'anno.

Il conte Cesare aveva scoperto assai presto le tendenze del figlio e aveva affrontato l'argomento con Tomaso. Dopo lunghe, anche se pacate, discussioni, era giunto con questi a un compromesso: purché si sposasse con la donna da lui scelta e le facesse generare qualche erede, poteva, con grande discrezione, portarsi a letto chi voleva.

Così Tomaso aveva celebrato fastose nozze, aveva generato tre figli, tutti maschi, e continuava a portarsi nei suoi quartieri, separati da quelli della consorte, i ragazzi che conquistava. Per evitare scandali o pettegolezzi, il previdente padre aveva fatto costrire una scala segreta che dai magazzini del palazzo portava al quartiere di Tomaso. Se l'ultima conquista del giovane marchese era persona di alto livello sociale, usava lo scalone d'onore, ma se fosse stato un ragazzo di bassa condizione, era fatto passare dalla scala segreta.

Il marchese aveva assegnato a Tomaso, per ciò, un anziano servo, compiacente e fidato, che si occupava di introdurre a palazzo e poi accompagnare fuori i ragazzi di umile condizione che il giovane s'era trovato e, se era il caso, li ricompensava con qualche moneta.

Tomaso, dunque, s'era messo in capo l'idea di conquistare il bel Ranuccio. Nonostante il giovane marchese non brillasse per intelligenza, che era sulla media, era però assai astuto e sapeva sempre come fare a ottenere quanto voleva.

Perciò iniziò a raccogliere informazioni sul giovane scrivano del cancelliere che tanto aveva colpito la sua fantasia e suscitato il suo desiderio e, informato da servi che gli segnalavano quanto gli interessava, per un piccolo compenso, iniziò a fare in modo di incontrare di sovente il bello scrivano.

Spesso era solo un'occhiata, una frase di circostanza che i due potevano scambiare, a volte qualche lieve battuta, ma Tomaso ancora non aveva avuto occasione di trovarsi a quattr'occhi con il bel Ranuccio. Più il tempo passava, però, più Tomaso si sentiva infiammato di desiderio.

Facendo passare alcune monete nelle mani dei servi del cancelliere, aveva avuto conferma di quanto aveva immaginato: il giovane e bello scrivano aveva come suo principale compito quello di soddisfare le voglie dell'anziano uomo. Nessuno dei servi poteva esserne certo, ma avevano notato come messer Ariberto, in certi momenti del giorno, sembrasse irrequieto e nervoso, come allora si appartasse con lo scrivano... e dopo un certo tempo, ricomparisse con un'espressione appagata e quasi lieta in volto.

Fu in occasione della Giostra del Saracino, che si celebrava ogni anno nel primo sabato di Giugno, che finalmente Tomaso riuscì a incontrare Ranuccio lontano da orecchie indiscrete.

Era seduto con la moglie e i figli sul palco d'onore, alle spalle del Granduca e non lontano dal cancelliere che aveva al fianco, come sempre, il suo avvenente scrivano. Tomaso, quasi del tutto indifferente alle cerimonie e ai giochi, non levava gli occhi di dosso al bel ragazzo. A un certo punto Ranuccio s'alzò dal suo posto e scese per la scala posteriore del palco. Tomaso immediatamente lasciò il suo posto e scese dalla stessa scala. Vide Ranuccio dirigersi a passo svelto verso un vicolo. Lo seguì in fretta e lo raggiunse.

"Ranuccio!" lo chiamò.

Il ragazzo si fermò e si girò a guardare chi lo chiamasse: "Oh, siete voi, marchese Tomaso..." lo salutò con un ampio sorriso.

"Già ti venne a noia dalla giostra? Dove ti stai recando?"

"A noia? No, marchese, affatto. È solo che mi devo vuotare la vescica." gli rispose il ragazzo.

Tomaso lo prese per un braccio e lo sospinse sotto l'arco che dava su un vicoletto laterale, gli si addossò e lo baciò.

Ranuccio lo respinse con gentilezza: "Che fate? Vi sembra cosa da fare, questa? Se qualcuno vedesse... sapete che è contro la legge, che è pericoloso!"

"Sono tutti in piazza a veder la giostra, e questo è luogo riparato. Non dirmi che non ti piace esser baciato da un maschio... non ti crederei."

"Non qui, comunque..." controbatté Ranuccio con un sorriso malizioso, e scese con una mano a saggiare la brachetta del giovane nobile. "L'avete già duro..." notò poi con un risolino.

"Ti voglio, Ranuccio. Dalla prima volta che i miei occhi incontrarono i tuoi... ti voglio!"

"Mi lusingate... Ma io... sono al servizio di messer Ariberto, come ben sapete."

"Vorresti darmi a intendere che preferisci lui a me? Visto che non lo si può proprio dire avvenente... è dunque così esperto in letto?"

"Non una sola volta mi portò nel suo letto, marchese!" disse Ranuccio.

"Davvero? Veniva dunque lui nel tuo?" gli chiese ridacchiando il giovane uomo e tentò di infilare una mano nella brachetta dell'altro.

"Suvvia, state cheto! Non toccatemi in codesto modo!" lo rimbrottò il ragazzo, ma senza sottrarsi. "Non venne mai neppure nel mio letto, il cancelliere."

"E nel mio letto? Non ci verresti? Direi di sì, da quanto vivacemente il tuo arnese si sta risvegliando al mio tocco."

"Per cortesia... comportatevi da gentiluomo quale siete!" insisté Ranuccio divincolandosi lievemente e tentando di sottrarsi a quei, per altro assai piacevoli, toccamenti.

"Ti voglio, Ranuccio!" ripeté il giovane uomo tentando di baciarlo di nuovo.

"Non mi è possibile accontentarvi."

"Lascia quel vecchio gufo... e datti a me!"

"Perché dovrei? Al servizio del cancelliere ho una buona paga, ottimi pasti, una bella stanza tutta per me..."

"E un brutto vecchio da soddisfare. Non sono meno ricco del cancelliere e sono assai meno brutto e assai più giovane. Da me puoi avere una paga migliore, abiti belli quanto i miei, pasti non meno buoni e una bella stanza."

"E che dovrei fare se venissi al vostro servizio... oltre che venire nel vostro letto?" chiese Ranuccio, che pensava che il giovane marchese era certamente molto avvenente.

"Potrei fare di te... il mio segretario personale... oltre che il mio amasio, s'intende. Ardo di desiderio per te, Ranuccio!"

"Di questo mi sono accorto." ridacchiò il ragazzo. "Ma... da quanto si sussurra... pare che vi stancate assai in fretta delle vostre conquiste."

"Che io possa stancarmi o no... dipende esclusivamente da te. Se in letto sei bravo quanto d'apparenza bello... Ti ho studiato a lungo, in questi giorni... e più ti vedo, più ti conosco, più forte arde in me il desiderio di averti."

"Ora... devo andare a vuotarmi, perdonate, credo che non potrei resistere più a lungo. Lasciatemi andare, per cortesia."

"Prima promettimi che lascerai il cancelliere e verrai al mio servizio!"

"Devo valutare bene quello che perdo nel lasciare la protezione di messer Ariberto... e quel che guadagno nell'accettare la vostra proposta. Non vorrei che, contrariando il cancelliere... me ne faccio un nemico. Se così fosse... quanto potente potrebbe essere la vostra protezione?"

"Se sarai mio... e mio soltanto... chiunque ti nuocesse dovrà affrontare e temere la mia ira. E come mio segretario personale, sarai secondo soltanto a me... finché mi compiacerai."

"E quando vi stancherete di me?"

"E quando messer Ariberto si stancherà di te?" ribatté Tomaso. "Non mi stancherò di te, finché saprai darmi il paradiso dei sensi a cui anelo."

"E che ne so io, se saprò darvi quel paradiso? Potreste esser deluso di me già la prima volta che... cedessi alla vostra richiesta."

Tomaso lo guardò, pensieroso, poi disse: "Non c'è altro mezzo che... fare una prova."

"E come? E quando?" chiese Ranuccio, che sentiva sempre più forte il desiderio di provarci con quell'affascinante giovane uomo.

"Troverò il modo!" disse Tomaso, lieto di quello che, giustamente, interpretò come un assenso, e lo lasciò andare.


Erano passati soli due giorni da quell'incontro furtivo, quando messer Ariberto, mentre era nel suo ufficio a palazzo granducale con Ranuccio, affidò al ragazzo un plico sigillato.

"Il marchese Cesare necessita di questi documenti. Vai subito al suo palazzo e consegnali nelle sue mani. Se necessario attendilo o fatti dire quando tornare, ma non dare queste carte a nessun altro. Hai capito?"

"Sì, messere." rispose Ranuccio che intuì che Tomaso aveva iniziato a muovere le sue pedine come gli aveva promesso.

"Se si facesse tardi, non tornare qui, ma vai direttamente al mio palazzo. Vai, ora."

Ranuccio, oltrepassata al chiesa di Sant'Agostino, girò a destra e andò a bussare al portone del palazzo del marchese. Al servo che gli andò ad aprire, dopo essersi qualificato, chiese se potesse vedere il marchese Cesare per consegnargli alcuni importanti documenti. Il servo lo fece entrare in un'austera sala e gli disse di attendere.

Dopo poco entrò un altro servo, un uomo anziano dagli occhi acuti e con un lieve sorriso sulle labbra. "Sei tu Ranuccio, lo scrivano del cancelliere?"

"Sì, sono io."

"Seguimi."

"Il marchese Cesare mi riceve?"

"Non ora, più tardi. Il marchese Tomaso ti sta attendendo."

Ranuccio seguì il servo. Salirono lo scalone d'onore, tutto in bianco marmo adorno di eleganti bassorilievi. Passarono in un corridoio, poi il servo bussò a una porta. Fece entrare Ranuccio e si ritirò.

Tomaso, ritto accanto a un tavolo con un libro aperto in mano, lo accolse con un sorriso sornione. "Eccoti qui, dunque. Vieni nella mia stanza. Non vedo l'ora di metterti alla prova." Posò il libro e condusse Ranuccio nella propria camera da letto. "Spogliati..." gli disse.

"Non è più... eccitante, se voi spogliate me ed io voi?" suggerì Ranuccio con uno sguardo allettante.

"Sì... sì, giusto! Vieni qui, allora."

Man mano che lo denudava, Ranuccio gli carezzava la pelle nuda, la baciava, la tittillava. Il volto del giovane uomo si colorò di libidine. Il ragazzo mise in opera tutte le proprie arti. Pur lasciando l'iniziativa all'altro, non sapendo ancora cosa gli piacesse fare, il ragazzo lo assecondava subito, in modo di farlo eccitare sempre più.

Finalmente senza più nulla indosso, Tomaso sospinse Ranuccio sul suo alto letto a baldacchino con le tende di rossa seta damascata, e gli salì sopra. Il ragazzo notò che il giovane marchese era assai ben fatto, aveva un corpo proporzionato, forte, quasi glabro, e una notevole carica di sensualità.

E, con piacere di Ranuccio, fecero di tutto. Tomaso era totalmente disinibito, avido di godimento. Si rotolarono uno sull'altro sull'ampio letto, si presero a vicenda, si dettero piacere in ogni possibile modo. Entrambi controllavano il proprio desiderio, per prolungare quella appassionata giostra di sesso.

Durante una breve sosta, Tomaso gli disse: "Ti voglio qui, con me! Mi piaci troppo. Lascia quel vecchio caprone! Tu sì che sai come si deve fare!"

"Vi piaccio, dunque?"

"Più di ogni altro che ebbi fino a ora! Le mie notti con te, saranno sempre troppo corte, se vorrai essere mio."

"Dovrò cercare il modo migliore per lasciare il cancelliere... senza farmene un nemico."

"Avrai tutta la mia protezione. Di che ti preoccupi?"

"Se avrete la pazienza di attendere ancora solo per pochi giorni..."

"Attendere? Dopo che ho assaggiato le tue grazie? Oh, Ranuccio, mi chiedi un grosso sacrificio!"

"Ma che avrà poi la meritata ricompensa." gli disse Ranuccio, con espressione seducente.

Ripresero la loro giostra di piacere, finché Tomaso non fu più in grado di trattenersi e si lasciò andare a un intenso e lungo orgasmo sottolineato da un basso mugolio di piacere, tremando per tutto il corpo e ansando profondamente, appagato e felice.

"Sì, devi essere mio!"

"E sarò vostro..."

"Fai di me un uomo felice ed io farò di te un gentiluomo!"

"Un gentiluomo io? Sono solo il figlio di miseri contadini."

"E che importa? Anche il mio avo, il primo della mia casata, or sono circa dugento anni, non era che un macellaio e un bracconiere."

"E come poté diventare marchese?"

"Stava cacciando di frodo nei boschi del granduca di quel tempo, sperando di poter prendere un bel cignale, quando questi giunse a cavallo e il mio avo si nascose, che se era scoperto poteva essere condannato al capestro. Ma in quella un manipolo di briganti assalì il granduca che, nonostante fosse un forte e valente guerriero, stava per avere la peggio. Allora il mio avo saltò fuori e lottò in soccorso del granduca, salvandogli così la vita. Non credo che fosse un uomo raffinato, quel mio avo... Eppure, per riconoscenza fu fatto marchese. Per questo sul nostro stemma vi è raffigurato un cignale."

"Ma un gentiluomo, io? Senza aver salvato la vita a nessuno?"

"Ti insegnerò le belle maniere, l'etichetta, a parlare in modo più raffinato. Avrai vesti belle quanto le mie e come mio segretario, quando verrai con me, le porte della corte e dei palazzi ti saranno aperte. Non ti alletta tutto ciò?"

"E che dovrei fare, come vostro segretario?"

"Piccole incombenze. Starmi vicino a volte, farmi qualche semplice commissione... ma soprattutto accogliermi nel tuo letto ogni notte... escluse le poche che dovrò concedere alla mia sposa."

"Siete davvero sicuro che il vostro non sia solamente un capriccio?"

"No, non è solo un capriccio. Come ti ho detto, non conobbi mai nessuno che sapesse darmi tale e tanto piacere come tu hai saputo fare. Se dapprima fu la tua avvenenza ad accendere il mio desiderio, ora è quanto ho appena fatto con te, che lo fa divampare."

"E mi farete indossare abiti belli come i vostri?"

"E da quando sarai il mio segretario, ci daremo del tu, chimandoci solamente per nome."

"Anche davanti agli altri?" chiese stupito Ranuccio.

"Certamente. T'ho detto che farò di te un vero gentiluomo. E gli altri ti chiameranno ser Ranuccio e ti daranno del voi."

Il ragazzo emise un lieve e lungo fischio. Poi chiese: "Dite davvero? Non mi state solo lusingando?"

"Mai stato più serio. Anzi, inizia immantinente a darmi del tu."

"Tomaso? Sei davvero sicuro?" chiese il ragazzo assaporando quella inattesa profferta.

"Sì, Ranuccio. M'hai chiesto qualche giorno per sistemare la tua posizione... che siano pochi! Io avvertirò il mio servo, che inizierà a preparare le tue stanze... e comunicherò alla mia famiglia e agli altri della casa che... ser Ranuccio sarà il mio personale segretario."

"Non vi farà difficoltà, la vostra famiglia?"

"Perché sei tornato a darmi del voi? No, nessuna difficoltà. Tanto più che mio padre sa di me e anzi sarà lieto se, invece di cambiare ragazzo ogni pochi giorni ne avrò uno fisso."

Ranuccio spalancò gli occhi: "Tuo padre sa di te? Saprà perché io vivrò qui?"

"Lo capirebbe anche se non glielo palesassi io, perciò tanto vale. Ora rivestiamoci, so che devi consegnare un plico a mio padre. Ti accompagno io da lui."

"Sei tu che hai combinato preché il cancelliere mi mandasse a portare il plico, non è vero? Come hai fatto?"

"Curo gli affari di famiglia con mio padre. Così, quando seppi che doveva ricevere quel documento, detti ordine al servo che mandai a chiederlo al cancelliere, di dirgli che mandasse te a consegnarlo... dato che è un documento assai riservato e prezioso. E come vedi, è andata esattamente come volevo."

Quando Ranuccio tornò al palazzo del cancelliere, questi gli chiese: "Hai consegnato il plico nelle mani del marchese Cesare?"

"Sì, nelle sue mani. Ed egli mi consegnò questa carta per voi." disse il ragazzo togliendola dal farsetto e porgendogliela.

"Ah, sì, la ricevuta... Molto bene. Ma ora... fai scorrere il chiavistello, che m'è venuta voglia."

Ranuccio annuì, come ogni altra volta, ma iniziò a mettere subito in atto il piano che aveva formulato.

Quando messer Ariberto si mise in posizione sul tavolo della stanza, Ranuccio fece per prenderlo, come sempre, ma, sapendo controllare a sufficienza le proprie erezioni, fece mostra di non riuscire.

L'anziano uomo, allora, si rizzò e glielo lavorò con la bocca... senza alcun risultato.

"Ma che ti capita?" chiese accigliato.

"Non so, messer Ariberto, non capisco..."

"Cerca di darti da fare... vedi di fartelo rizzare, su!"

Ranuccio lo accontentò, ma quando finalmente riuscì a metterglielo dentro, fece in modo di raggiungere l'orgasmo in pochi colpi. Il cancelliere, non avendo ricevuto quanto desiderava, era scontento.

"Mi spiace, messere... non so che mi sta succedendo... è la prima volta che... il mio nicchio mi fa cilecca in questo modo."

"Beh... una volta può capitare... pazienza..." disse l'uomo, stizzito, rimettendosi a posto le vesti senza aver raggiunto la piena soddisfazione.

Ma il problema si ripeté nei giorni seguenti. Ariberto era sempre più scontento e nervoso, irritabile. Iniziò a trattare male Ranuccio, ma anche gli altri sia nel suo palazzo che a corte. Fece visitare Ranuccio dal medico di corte, un suo antico compagno di bagordi, amante come lui dei bei ragazzi, che non riuscì a capire che male avesse colpito il ragazzo, e consigliò che gli fossero fatti mangiare cibi afrodisiaci. Senza alcun risultato.

Finché un giorno, dopo l'ennesimo tentativo fallito, il cancelliere disse al ragazzo: "Tu non mi sei più d'alcuna utilità! Non vedo perché dovrei darti una paga e tenerti qui, in queste condizioni. L'intendente ti pagherà quanto ancora ti spetta, e puoi lasciare il mio palazzo, oggi stesso."

"Mi spiace, messere, di non essere più in grado di accontentarvi." mormorò il ragazzo cercando di celare dietro un'espressione afflitta la sua contentezza.

"Nulla è eterno. Mi troverò un altro stallone che sappia fare il proprio dovere." disse l'uomo, accigliato.

"Ho fatto del mio meglio..." disse in tono contrito il ragazzo.

"Ma sì, ma sì. Ora vai. Togliti di torno."

Così Ranuccio poté andare a presentarsi al palazzo del marchese Cesare e di suo figlio. Il servo che gli aprì, lo accolse con formale ossequio.

"Seguitemi, ser Ranuccio. Vi accompagno dal marchese Tomaso, che è nelle sue stanze."

Ser Ranuccio! Al ragazzo piaceva il suono di quell'appellativo, e Tomaso aveva mantenuto la sua promessa. Quando fu solo con il giovane marchese, questi gli disse: "Oh, finalmente sei qui! Perché ti ci son voluti tanti giorni? Non sai quanto è stato duro attenderti così a lungo, quanto penoso."

"Ma ora sono qui, Tomaso... per farti dimenticare ogni pena." gli disse Ranuccio accostandoglisi e iniziando a sciogliere i legacci degli abiti del giovane marchese.

"Non qui... di là, sul mio letto. Ti voglio godere senza problemi e senza fretta. Più tardi il servo che t'ho assegnato ti condurrà alle tue stanze."

"Un servo? Solo per me? Ma anche il mio servo sa... di noi due?"

"Sì, ed è assai fidato. Anche lui è stato nel mio letto qualche volta, e donò a me la sua verginità dalla porta posteriore... ma non ha arte, sta fermo lì a lasciarsi fare ogni cosa, ma non sa partecipare... a differenza di te. Se ti fa piacere, puoi anche divertirti con lui, purché questo non ti limiti nei miei confronti. Ma ora vieni, avremo tempo più tardi per discorrere di queste cose."

Per la seconda volta i due si dedicarono pienamente al reciproco godimento. Tomaso era visibilmente lieto di poter finalmente sfogare di nuovo ogni suo desiderio, di trovare risposta a ogni sua voglia.

Quando infine si rilassarono sull'accogliente letto, Ranuccio gli chiese: "Allora, sono riuscito a farti dimenticare la troppo lunga attesa?"

"Sì... Davvero tu superi ogni desiderio, sei il migliore degli amasi che un uomo possa sognare! Questa notte verrò da te, non chiudere la porta. Fai accendere al tuo servo tutti i doppieri, poi ordinagli di restare nella sua stanza."

Quando si furno rivestiti, Tomaso chiamò il proprio servo e gli ordinò di accompagnare Ranuccio nelle sue stanze.

Tomaso gli aveva fatto approntare un'anticamera con un tavolo coperto di broccato e alcuni sedili, nonché un elegante scaffale in cui c'erano soltanto un paio di brocche e alcuni calici. Vi era poi un alto caminetto ornato da stucchi. Dall'anticamera si accedeva alla sua camera da letto e a quella del servo personale. Le due erano unite da una porta interna. Quella del servo era minuscola, conteneva solamente un lettino e una cassapanca, non aveva caminetto e aveva una piccola finestra quadrata.

Quella di Ranuccio era invece grande, dalla volta a vela, con un alto e vasto letto a baldacchino con tende bianche, una cassapanca istoriata dall'alto schienale, posta sotto a una finestra ad arco chiusa da vetri stagnati a losanghe. Vi era poi un alto cassettone per gli abiti, logicamente ancora vuoto, e infine un caminetto di pietra serena. Vi era anche un sedile di comodo, con un foro centrale con coperchio e con sotto, racchiuso in un vano con uno sportello, l'alto pitale tronco-conico che il servo doveva andare a vuotare dopo che fosse stato usato. Un vero lusso!

Ranuccio era sopraffatto da tanto lusso, tutto per lui. Sentì bussare ed entrò un ragazzo più o meno della sua età, grazioso anche se non bello, con indosso i colori dei servi del Marchese.

"Ser Ranuccio, il marchese mi ha assegnato al vostro servizio."

"Ah, bene. Come ti chiami? Quanti anni hai?"

"Lando. Credo di avere quattro lustri."

"Credi? Come sarebbe, non sai quando sei nato?"

"No... Fui abbandonato nella ruota degli esposti. Mi fu detto che quando mi trovarono, dimostravo di avere circa un anno di età, ed essendo questo accaduto or sono diciannove anni ..."

"E chi ti allevò?"

"Per i primi sei anni, le monache di Santa Caterina. Poi fui mandato a lavorare da un carbonaio, a cui fui affidato, e per un lustro rimasi con lui. Quando lui morì, fui preso in casa da una vicina, una vedova, che mi tenne con sé per un altro lustro... e infine il marchese Tomaso mi prese a servizio, tre anni fa."

"E ti portò nel suo letto."

Il ragazzo arrossì lievemente: "Ve lo ha detto?"

"Sì. E mi ha detto anche che prese la tua verginità. Non avevi mai fatto nulla, prima, con altri ragazzi?"

"Qualcosa, col figlio minore della vedova, che aveva due anni più di me. Ma solo... con le mani e... e con la bocca."

"E ti fece male... la tua prima volta?" gli chiese Ranuccio, incuriosito.

"No... non mi fece male."

"E ti piacque?"

"Il marchese Tomaso... è assai esperto."

"E ora? Con chi lo fai?"

Il ragazzo arrossì di nuovo, poi, a mezza voce, disse: "Con Marzio, il figlio della cuoca... è meno esperto del marchese giovane... ma ci piace farlo assieme."

"Ha la tua età, codesto Marzio?"

"No, ha due anni meno di me. Anche lui fu... svezzato dal marchese giovane."

Ranuccio sorrise. Poi chiese: "E dove vi vedete, per... quelle cose?"

"Dove si può... per lo più nel deposito delle carrozze."

"Se qualche volta lo vuoi portare di là nella tua cameretta, di giorno quando io sono assente, puoi portarcelo senza problemi."

Il ragazzo lo guardò un po' stupito: "Davvero posso, ser Ranuccio? Davvero posso portare Marzio nella mia cameretta?"

"Con l'opportuna discrezione... certo che puoi."

"Ve ne sono assai grato. Ve ne saremo assai grati tutti e due." disse il ragazzo con una luce di riconoscenza negli occhi.


Pagina precedente
back
Copertina
INDICE
12oScaffale

shelf

Pagina seguente
next


navigation map
recommend
corner
corner
If you can't use the map, use these links.
HALL Lounge Livingroom Memorial
Our Bedroom Guestroom Library Workshop
Links Awards Map
corner
corner


© Matt & Andrej Koymasky, 2015