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una storia originale di Andrej Koymasky


L'IRRESISTIBILE ASCESA CAPITOLO 8
DA SEGRETARIO A GENTILUOMO

Ranuccio, seduto su una raffinata cassapanca posta nella strombatura di una finestra dell'anticamera degli appartamenti del duca Aloisio, attendeva che Tomaso ne uscisse. A differenza di altre volte, non era al fianco del giovane marchese, perché quello era un incontro "riservato".

Guardava gli arazzi appesi alle pareti, osservava i militi che erano di sentinella alle porte, e a volte il cielo adorno di poche e lievi nubi sfilacciate che intravedeva al di là della finestra a crociera.

Nel frattempo Tomaso era seduto con Aloisio nel suo studiolo delle carte, una piccola stanza che Ranuccio aveva avuto modo di vedere una sola volta, con le pareti coperte di scaffali dalle porticine, alcune false e altre vere ma fatte in modo che un estraneo non potesse distinguere le une dalle altre, decorate a intarsio ottenuto da decine di diversi legni, in un mirabile trompe l'oeil che li mostrava aperti e pieni di curiose e preziose suppellettili, libri, armi, astrolabi e carte, e la cui apertura a volte era regolata da meccanismi segreti.

Aloisio girò la bella clessidra a sabbia sul piccolo tavolo che li divideva, non tanto per segnare il tempo, quanto in un inconscio gesto che mostrava quanto il giovane erede fosse assorto nei suoi pensieri.

"Dicono i dottori che questa volta non ne uscirà... anche se non m'hanno saputo dire quando... quando ci lascerà." mormorò Aloisio. "Presto, quindi, toccherà a me."

"Quando verrà quel giorno, Aloisio, sai che potrai contare su me, pienamente."

"Sì, lo so. E so che tu approvi i cambiamenti che ho in mente, e di cui mio padre non vuole neppure sentir parlare."

"I tempi cambiano, amico mio. Ma i vecchi pare ne vogliano fermare lo scorrere. So che, quando la cura della signoria graverà sulle tue spalle, sarai un ottimo granduca. E sai bene che non dico questo per lusingarti."

"Hai deciso di accettare, quando sarà ora, di diventare il mio cancelliere, Tomaso? Vi hai pensato seriamente, come t'avevo chiesto di fare?"

"Sì, Aloisio. Accetterò più che volentieri, specialmente se sceglierai come intendente il giovane conte Saverio, come m'avevi detto d'avere in cuore."

"Saverio m'ha già detto di sì. Mi manca solo la tua parola e quella di ser Nero."

"Pensi che il capitano accetterà di trasformare la sua compagnia di ventura in tue milizie?"

"È un uomo assai valente... e anche onesto. E il suo palazzetto giù verso Porta Ferrata è terminato... gli piacerà fermarsi qui con noi, dopo tanti anni al nostro soldo, e diventare il capitano generale delle mie milizie."

"E messer Ariberto, di cui io dovrò prendere il posto e le funzioni? Hai pensato a lui?"

"Sì, certo. Lo farò marchese e gli affiderò alcune terre su verso monte. Così ce lo leveremo di torno senza resistenze. Essendo inoltre anziano e senza eredi, non mi creerà comunque nessun problema. Quando sarò io il granduca, voglio avere attorno solamente persone totalmente leali, fidate e oneste, quale tu sei."

"Sai che puoi contare su di me per ogni cosa e totalmente." gli disse Tomaso.

"Sì, ti conosco assai bene, anche più di quanto tu possa immaginare. M'hai dimostrato in più d'una occasione, come d'altronde tuo padre dimostrò a mio padre, la tua lealtà. Eppure c'è una cosa che dubito tu voglia fare per me..." disse Aloisio guardandolo con un lieve sorriso.

"Mettimi alla prova." esclamò subito Tomaso.

"Sì, forse lo farò. Ma ora, dimmi... che è per te quel tuo segretario, quel ser Ranuccio che sta attendendo là fuori?"

"Il mio segretario, appunto. Un giovane di notevole talento, acume, intelligenza... e riservatezza."

"È d'origine contadina, nevvero? Poi, prima d'arruolarsi come soldato di ventura, lavorò in una locanda..."

"Vedo che sei bene informato su di lui. Come mai tanto interessamento, Aloisio?" gli chiese Tomaso, un po' stupito.

"... in una locanda dove il suo compito precipuo era... essere compiacente con i viaggiatori."

"Anche questo, sai?"

"Da tempo sto prendendo informazioni su di lui. Come su chiunque realmente mi interessi conoscere a fondo. Ma i miei informatori, per quanto abili, non sempre sono in grado di darmi tutte le informazioni che mi interessano. Perciò ti sto chiedendo chi è per te codesto bel Ranuccio... oltre che il tuo segretario, come tutti sanno."

Tomaso si agitò lievemente a disagio sul sedile. "Tu, Aloisio, probabilmente sai già che, nonostante io sia sposato e abbia figli... mi concedo in realtà altri... segreti piaceri."

"Sì, come molti uomini fanno, compreso tuo padre e mio padre... E so pure che i più cercano i loro veri e segreti piaceri scegliendo fra le... costole di Adamo, ma altri con Adamo stesso e altri ancora con le une e gli altri."

Tomaso sorrise. "E sai anche a quale di queste tre categorie io appartengo?"

"Sì, agli amanti di Adamo. Per questo ti ho chiesto che cosa è per te codesto ser Ranuccio... Se solamente un segretario, se un... gradevole passatempo, se un disponibile amasio, o un vero e proprio amante."

"Un ottimo segretario, e un assai piacevole e disponibile amasio."

"Ti ringrazio di essere stato così sincero con me, e perciò... Io, vedi, appartengo piuttosto alla terza categoria... Ho sempre avuto qualche difficoltà a trovare il mio giusto Adamo. Vista la mentalità di mio padre, non ho mai potuto rischiare molto. Ora, il tuo Ranuccio mi attrae assai. Se fosse stato il tuo amante ed amato, non avrei fatto nulla per sottrartelo, ma... se è valente anche a letto, e discreto, e disponibile come tu dici..."

"Lo vorresti per te. Non hai che da chiederglielo, non sarò certo io a oppormi a codesto tuo desiderio. Ranuccio è l'unico che può decidere. Ma tu davvero... sei interessato a entrambe le possibilità? Non l'avrei mai immaginato, nonostante io ti conosca forse meglio di altri... Avrei giurato che tu fossi interessato esclusivamente alle... costole d'Adamo."

"Certo, perché ho avuto assai rare possibilità di dare spazio alla metà dei miei desideri. Io non ho mai goduto della libertà che tu e molti hanno. Ma dimmi ancora... il bel Ranuccio è anche... versatile?"

"Completamente. E, posso aggiungere, assai esperto nella cosiddetta ars amandi. Ma come faresti per poterlo avere a disposizione come desideri, viste le difficoltà di cui mi parlavi."

"Pensavo di farne... il mio gentiluomo di camera, dato che ora mi è dato averne uno, che non ho ancora scelto. Credi che saprebbe svolgere bene questa funzione?"

"Ne sono certo, e questo sia nelle funzioni di gentiluomo che... nelle funzioni di camera... o di letto." disse con un sorrisetto compiacente Tomaso.

"Davvero non ti dispiace se riesco a sottrartelo? Ad accettare la mia offerta di venire a vivere qui a palazzo?"

"Sinceramente... un poco. Ma non troppo. Come ti ho detto più volte, ti sono fedele e leale amico, e la tua amicizia per me è assai preziosa. Inoltre non sono io che posso decidere sulla vita di Ranuccio, è un uomo libero, non un servo. E sentivo che presto il mio bel segretario avrebbe potuto prendere il volo."

"Potresti iniziare a parlargliene tu, a sondare il suo animo, il suo sentimento?"

"Preferirei che fossi tu a farlo, perché non saprei fino a che punto tu vorresti che io sia esplicito, con lui."

"No posso espormi troppo, come puoi ben capire."

"A mio parere, con Ranuccio non rischi nulla. Sa molto bene quando essere discreto... quando tenere un segreto."

"Va bene. Accetto il tuo consiglio. Per ora non gli dire nulla. Ma mandalo da me nei prossimi giorni con la scusa di recarmi un tuo messaggio... e vedrò di sondarlo di persona. Ti ringrazio, Tomaso, per non opporti al mio desiderio. Ti sarò grato anche per questo."

"Mi basta di gran lunga la tua amicizia e la tua benevolenza nel volermi un giorno al tuo fianco come cancelliere del granducato."

"Anche più presto di quanto si possa pensare, temo."

"Tu temi il giorno in cui dovrai cingere la corona granducale?"

"Il mio timore ha due aspetti, come due sono le facce di una moneta. Uno è perdere troppo presto mio padre, che tutto sommato è stato per me un buon genitore, oltre che un buon sovrano per queste terre. L'altro è il peso di quella corona e delle responsabilità che cingerla comporta."

Tornando al proprio palazzo, Tomaso era pensieroso. Si chiedeva come Ranuccio avrebbe reagito alla richiesta di Aloisio. Da una parte era quasi certo che avrebbe accettato la nuova possibilità, che gli veniva offerta, di salire ancora più in alto... dall'altra sapeva che Ranuccio, pur essendo come l'acqua che si adatta alla forma di qualsiasi contenitore, era un ragazzo fiero e, pur sapendo restare al suo posto, aveva uno spirito indipendente.

Si chiese se non dovesse, in qualche modo, prepararlo a quanto lo attendeva, pur senza rivelargli il colloquio che aveva avuto con Aloisio. Ancora era stupito per quanto il giovane duca gli aveva appena rivelato riguardo ai suoi più intimi desideri. Davvero non l'avrebbe mai immaginato, nonostante lo conoscesse da quando era un bambino e ne fosse amico.

Ranuccio notò che Tomaso era pensieroso. Perciò gli chiese: "Problemi, Tomaso? Qualcosa di cui mi puoi parlare?"

"No, non veri problemi. Solo riflessioni. Ti sei annoiato, nella lunga attesa che terminassi il mio colloquio con l'erede?"

"No, affatto. Sto assai bene in compagnia di me stesso, periò non mi annoio mai." gli rispose sorridendo. "Inoltre ho ammirato gli arazzi che adornano l'anticamera degli appartamenti del duca Aloisio. Sono veramente belli."

"Vengono da Vigevano, e sono fatti a imitazione di quelli di Francia e delle Fiandre. Rappresentano miti dell'antica Grecia, dee, dei ed eroi."

"E uomini di assai bell'aspetto. Ho notato che mentre le donne sono rappesentate con ampi teli acconciamente drappeggiati sul loro corpo, gli uomini sono sempre raffigurati nudi o seminudi... E sempre con fattezze giovani, forti e di grande bellezza."

"E scommetto che hai lanciato un'occhiata distratta alle dee, ma un'attenta ammirazione agli dei e agli eroi!"

"Certo! Non trovi tu che il corpo del maschio sia assai più bello di quello della femmina?"

"Dici così solamente perché segui il tuo istinto e il tuo desiderio. Se a te piacessero le donne, la penseresti forse all'opposto."

"Già, forse hai ragione, non vi avevo mai pensato. Comunque le donne, là sugli arazzi, erano assai coperte e vereconde e gli uomini assai poco o per nulla. Come dovrebbe essere sempre!"

Tomaso rise e chiese: "E ti piacerebbe vedere in giro, ad esempio, messer Ariberto, oppure altri come lui, completamente nudo?"

Anche Ranuccio rise: "Non l'ho visto mai nudo neppure quando si faceva cavalcare da me, a parte le natiche e le gambe pelose... che comunque non erano davvero un bello spettacolo."

"E io, quando sono nudo, sono un bello spettacolo?"

"Altroché, specialmente perché io posso goderlo stando in prima fila!"

"Ma vedere sempre lo stesso spettacolo, non potrebbe venire a noia? Come mangiare sempre la stessa zuppa, per quanto ben cucinata?"

"A te viene mai a noia giocare agli scacchi? No, perché ogni partita è diversa dalle altre, pur essendo i pezzi e le regole sempre gli stessi."

"Ma non era così anche con messer Ariberto?"

"Con lui... era come giocare a scacchi avendo sulla scacchiera solamente un pedone a testa... Anzi, no, un solo pedone, il mio, sulla sua scacchiera. E io dovevo muovere il mio pedone avanti e dietro, avanti e dietro... finché lui decideva che la partita era conclusa in modo soddisfacente per lui." gli rispose Ranuccio facendo una buffa smorfia di desolazione.

Tornati a palazzo, Tomaso accompagnò Ranuccio nella sua stanza, e, appena furono dentro, chiusa la porta, gli si accostò senza dire nulla e iniziò a togliergli gli abiti di dosso.

"Adesso? Non aspetti questa notte?" gli chiese Ranuccio un po' stupito ma senza affatto resistergli.

"No... ho troppa voglia di te... A te non va, forse?" gli chiese Tomaso in un sussurro roco, pieno di desiderio.

Ranuccio non rispose, gli sorrise e iniziò a sua volta a spogliare Tomaso. Quando furono nudi, il giovane marchese sospinse l'altro verso il letto ma, prima che questi vi salisse, lo abbracciò di dietro e gli fece sentire il proprio imperioso desiderio.

Ranuccio sorrise: "Caspita, quanta voglia..." mormorò compiaciuto, spingendo il bacino indietro per accoglielo in sé.

Tomaso lo prese con virile vigore e forte pasione e, contrariamente al solito, in breve raggiunse l'orgasmo in lui. Allora salì sul letto, si inginocchiò e si chino con il petto contro il materasso e volgendo il capo a guardarlo, gli disse con urgenza: "A te, ora. Dai, datti da fare!"

Ranuccio lo accontentò con piacere, un po' stupito per quel cambiamento, ma pronto a soddisfarlo con gran piacere. Anche lui durò poco. Si afflosciò sul corpo del giovane marchese, ansando lievemente. Dopo poco si separarono e si stesero uno accanto all'altro, per ritrovare la calma. Mentre si rilassavano, Tomaso lo tirò a sé, su un fianco, e lo baciò con gentilezza ma in modo sensuale.

Poi gli disse: "Stanotte lo faremo con più calma... più a lungo. Ma ora ne avevo proprio bisogno..." e pensò, "... perché so che presto non ti avrò più!"

"Sai bene che non sarei mai capace di rifiutare questi tuoi desideri, Tomaso." gli rispose il giovane e bel segretario con un sorriso compiaciuto, carezzandone lievemente il forte corpo nudo e bello.

Due giorni più tardi, dopo il pranzo, Tomaso fece andare Ranuccio nel suo studiolo. Gli porse una lettera sigillata. "Portala a palazzo granducale e falla consegnare al duca Aloisio, poi attendi la sua risposta."

"Va bene." rispose il giovane, ignaro.

Giunto a palazzo, consegnò la lettera al valleto del duca e sedette nell'anticamera, in attesa della risposta. Dopo poco il valletto tornò e gli disse: "Il duca Aloisio desidera che entriate nel suo studiolo, ser Ranuccio. Vi sta attendendo."

Un po' stupito, Ranuccio si alzò, il valletto lo fece entrare e uscì chiudendo silenziosamene la porta. Il giovane duca era seduto su una savonarola con un cuscino di velluto. Ranuccio si inchinò nel saluto formale.

"Sedete, ser Ranuccio."

"Alla vostra presenza, signore... non mi è permesso, non oserei mai." obiettò il giovane.

"Se ve lo dico io, certo che è permesso. Inoltre questo non è un incontro formale. Sedete, di grazia."

"Ai vostri ordini, signor duca." rispose Ranuccio e sedette dall'altra parte del tavolo come gli era stato indicato.

"Mi ha detto, in varie occasioni, il marchese Tomaso che siete un suo valido e prezioso assistente, e che è assai soddisfatto per i vostri servizi."

"Il marchese è troppo gentile e benevolo nei miei confronti. Ha voluto fare di un semplice scrivano il suo segretario personale e quello che sono lo devo solamente alla sua bontà."

"Non si può trarre da un qualsiasi sasso una bella statua, ma da un buon blocco di marmo, sì. Se Tomaso è stato, come voi umilmente dite, un valido artefice, voi evidentemente eravate di già del buon marmo."

Ranuccio da una parte apprezzava quei complimenti, ma dall'altra si sentiva a disagio e si chiedeva il motivo di quei discorsi.

Aloisio intuì quanto stesse provando il bel giovane e sorrise, amichevole. "Voi ancora non mi conoscete, ser Ranuccio... sicuramente non quanto io conosco voi. Ma siate certo che peso sempre attentamente le mie parole, e so quel che dico. Ho avuto di voi un'ottima impressione ogni qual volta vi ho potuto osservare qui nel mio palazzo, e ne ho avuto conferma e ottime referenze su di voi dal mio amico, il marchese Tomaso. So che l'avete sempre servito in modo encomiabile."

"Mi confondete, signore..."

"L'umiltà è una virtù, ser Ranuccio, ma la troppa umiltà nasconde la superbia ed è fastidiosa quanto questa." gli disse Aloisio temperando il rimprovero con un lieve sorriso.

"Perdonatemi duca Aloisio... ma anche se il marchese Tomaso ha avuto la grazia di insegnarmi le buone maniere... non sono avezzo a parlare in privato con l'erede del granduca... Non è troppa umiltà, la mia, signore, è solo... una gran confusione."

"D'accordo. Vi ho voluto qui, al mio cospetto e in privato, perché intendo farvi una richiesta. Badate bene, non un ordine, una semplice richiesta che vi sarei grato se accettaste, ma che siete pienamente libero di rifiutare... senza spiacevoli conseguenze."

"Una richiesta, signore?" chiese Ranuccio ancora più confuso.

"Sì. Per quanto so di voi, ser Ranuccio, voi avete qualcosa che io desidero molto..."

"Io?" chiese sgranando gli occhi il giovane.

"Sì, voi."

"Tutto quello che ho... lo devo al marchese Tomaso."

"No, non tutto. E non gli dovete quello che siete... a parte forse la vostra posizione di segretario."

"Sono... sempre più confuso, signore. Perdonatemi, ma non capisco di che cosa stiate parlando."

"Tutto quanto vi dirò, Ranuccio... che vi piaccia o meno udirlo... non uscirà dalle mura di questa stanza?"

"Vi potete contare completamente, duca Aloisio!"

"Lo giurate?"

"Sul mio onore e sulla mia vita."

"Bene. Allora, bando alle formalità. Io vorrei che voi accettaste di diventare il mio gentiluomo di camera... a partire da oggi stesso."

"Il vostro... gentiluomo di camera, signore? Non so nemmeno che compiti abbia un gentiluomo di camera... non so se è nelle mie capacità. E comunque io sono solo uno dei troppi figli di miseri contadini, non un gentiluomo... anche se il marchese Tomaso me ne ha voluto e saputo dare l'apparenza." disse Ranuccio ancora più confuso.

"Il gentiluomo di camera è una specie di sovraintendente alle stanze di un signore. Deve curare che tutto sia in perfetto ordine, assicurarsi che le sentinelle facciano i loro turni, sorvegliare che i servi eseguano impeccabilmente i loro compiti, vedere che nulla manchi e che nulla funzioni male... Diciamo che è un poco come il maggiordomo di un palazzo, ma solo per una parte di esso. In questo caso, le mie stanze. Vi è chiaro, ora?"

"Sì, signore."

"Inoltre... vi è un altro aspetto, non ufficiale questo, ma privato e molto riservato, ma che a me sta molto a cuore, e di cui il mio gentilumo di camera dovrebbe prendersi cura."

Ranuccio lo guardava, ascoltava e taceva.

Allora Aloisio continuò: "So di poterne parlare apertamente con voi, dato che mi avete giurato sulla vostra vita e sul vostro onore di mantenere il segreto. Vedete, anche un principe è, innanzitutto, un uomo, con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue debolezze e le sue passioni. Ora, come sapete, da non molto tempo sono state celebrate le mie nozze. La mia sposa è gentile, buona, bella, piena di virtù, e per ciò io la amo di sincero affetto... ma non è in grado di darmi che la metà di quanto io possa desiderare. L'altra metà... dovreste darmela voi, ser Ranuccio."

"Io, signore?"

"Sì, voi, che siete gentile, buono, bello, pieno di talenti... Quanto vi chiedo è che voi siate disposto, se ciò vi aggrada s'intende, a darmi quanto nessuna donna mi può dare, ma solo un uomo. Che voi mi accogliate, cioè, nel vostro letto e mi diate quella metà del piacere che nessuna donna mi può dare... e tanto meno la mia sposa."

Ranuccio spalancò gli occhi e restò a bocca aperta.

Aloisio lo guardò per un poco, divertito per l'espressione del bel giovane, poi chiese: "Ebbene, ser Ranuccio? Accettereste dunque di essere il mio gentiluomo di camera?"

"Io... signore... io sono assai lusingato per la vostra richiesta e... e se voi... se reputate che io sia in grado di accontentarvi... sia per quello che voi avete chiamato il ruolo ufficiale che per quello che avete testé definito come personale e riservato... se voi pensate che non vi deluderò... io... io posso solo promettervi che farò del mio meglio... signore, per accontentarvi." balbettò quasi, Ranuccio, sentendosi arrossire.

Aloisio sorrise compiaciuto che la faccenda si fosse rivelata, dopo tutto, molto più semplice di quanto avesse pensato.

"Vi ringrazio, ser Ranuccio. Sono certo che non mi deluderete. Vedete, io non ho una grande esperienza per questo aspetto che voi dovrete curare... perciò mi affido a voi. Possiamo parlar chiaro, a questo punto, nevvero?"

"Sì, signore, certamente."

"A me piace assai svolgere la parte attiva con la mia sposa. Ma mi piace altrettanto essere la parte ricettiva e voi dovreste permettermi di esserlo. Inoltre, da buona cattolica come è stata educata, a lei non posso chiedere che mi soddisfi con le due dolci labbra... né lei ha di che soddisfare le mie. Voi, al contrario, siete la persona che può darmi tutto ciò. Mi sono spiegato a sufficienza?"

"Altroche!" esclamo a bassa voce il giovane, poi aggiunse, "Oh, perdonate. Certamente farò del mio meglio per accontentarvi e per darvi nel modo migliore quanto più vi piace, quando e come lo desiderate, signore. E vi sono grato per aver trovato grazia ai vostri occhi."

"Vi sarò grato io, se saprete finalmente darmi quella soddisfazione e quel piacere che da sempre anelo poter provare, ma che assai raramente e sempre troppo di fretta ho potuto ottenere. Dunque, accettate di essere, da questo preciso momento, il mio gentiluomo di camera?"

"Sono confuso, signore, ma... accetto con gratitudine quanto mi chiedete. Solo che, onestamente, non so da che parte iniziare a svolgere i miei compiti... per lo meno quelli che competono alla parte ufficiale."

"Molto bene. Apprenderete un poco per volta i vostri compiti ufficiali, con il consiglio del capo dei servi, del mio segretario, del gentiluomo di camera di mio padre e il mio personale. Quanto a quelli quelli personali e riservati... so che non avete problemi." concluse con un sorriso.

"Negli uni e negli altri, signore, farò del mio meglio."

"Manderò i miei servi al palazzo del caro marchese Tomaso per recargli la notizia che siete ora al mio servizio e per portarvi qui le vostre cose. Ora venite, voglio mostrarvi le vostre stanze, che sono adiacenti, logicamente, alle mie. E mostrarvi i passaggi che io solitamente uso."

Il giovane duca si alzò, spinse uno dei pannelli intarsiati che si rivelò essere una porta. Ranuccio lo sguì. Attraversato uno stretto corridoio senza decorazioni e fiocamente illuminato, spuntarono nello studio privato dell'appartamento del duca.

"Ecco, questo è il mio studio privato. Quella porta reca nell'anticamera. Quella nella mia camera da letto, questa nel vostro quartierino che vi mostrerò poi, e questa, da cui siamo entrati, che, vedete, quando è chiusa è abilmente dissimulata, allo studiolo pubblico. Le guardie d'onore, che fanno la sentinella ai miei quartieri, sono così disposte: quattro dentro l'anticamera e due fuori della porta esterna, oltre a quelle che avete veduto nell'anticamera dello studiolo pubblico."

Lo guidò poi nella sontuosa camera da letto.

"Qui io riposo. Quella porta dà nella stanza dei miei valletti, che ha anche un'entrara esterna, altresì protetta da sentinelle. Quella porta dà invece nella stanza di toeletta. Quella, infine, nella stanza del guardaroba. Torniamo ora nel mio studio privato. Ecco, di qui si accede alle vostre stanze. Venite. Questa è l'anticamera del vostro quartiere, la cui porta esterna dà nella mia anticamera. Quella è la porta che dà nella camera del vostro valletto personale, che vi sceglierete o fra i servi di palazzo o all'esterno, come preferite. Questa porta... venite, dà nella vostra camera da letto... dove verrò a farvi visita, come vi ho spiegato. E lì avete la porta che reca alla vostra toeletta e al vostro guardaroba."

"Ma voi, quando volete degnarvi di venire da me... dovete passare per tutte queste stanze?"

Aloisio sorrise: "No. Arriverò di qui..." disse e, spinti in sequenza alcuni fregi, un pannello ben dissimulato nella parete si aprì e si trovarono direttamente nella camera da letto del giovane duca. "Solo voi e io dobbiamo sapere che esiste e come si apre questo pannello. E né io né voi dovremo mai aprirlo se le porte delle nostre due camere da letto non sono chiuse con il chiavistello. Vi è tutto chiaro fin qui?"

"Certamente, duca."

"Ed ora... vi dispiacerebbe darmi un breve assaggio dei vostri... particolari talenti?" chiese Aloisio, accostandosi con occhi brillanti di desiderio e un sorriso lieve a Ranuccio, che subito lo prese gentilmente fra le braccia e lo baciò in bocca.

Aloisio rispose immediatamente e con passione all'intimo bacio. Le loro lingue giocarono, ora lievi, ora vigorose. Poi il giovane duca si staccò lievemente dal suo nuovo gentiluomo di camera, e mormorò: "L'inizio è assai promettente! Magari la mia sposa sapesse baciare come voi! Ma ora... forse è meglio non spingere oltre questo tipo di assaggi. Venite, vi presenterò al capomanipolo delle mie guardie d'onore, avvertendolo che voi potete entrare e uscire a volontà nelle mie stanze. Poi vi affiderò al gentiluomo di camera di mio padre, perché vi dia i primi, essenziali consigli."

Prima di aprire nuovamante la porta che dava nell'anticamera, Aloisio disse, con occhi luminosi e lieti: "Se con quel solo bacio mi avete fatto ribollire il sangue nelle vene... che sarete mai capace di fare... questa notte stessa?" e prima che Ranuccio potesse rispondere, aprì la porta che dava nell'anticamera e lo condusse fuori dal quartiere dell'erede, per presentarlo e affidarlo al gentiluomo di camera del padre.


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