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una storia originale di Andrej Koymasky


NON VOGLIO UN AMANTE CAPITOLO 4
PATTI CHIARI, AMICIZIA LUNGA

Dopo averlo portato a cena in un ristorante accanto alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, Stelvio l'aveva accompagnato fino all'angolo dove l'aveva preso. Spento il motore, gli aveva dato una busta con i sodi. Marco se n'era quasi dimenticato. Ringraziò e la infilò nella tasca interna della giacchetta.

"Ho passato un bel pomeriggio, con te." gli disse l'uomo.

"Anche io."

"Mi farò vivo di nuovo."

"Sì, grazie."

"Auguri per i tuoi studi."

"Grazie."

In camera, Marco controllò la busta: c'era più di quanto s'aspettasse. Sì, aveva passato un bel pomeriggio con l'uomo. Dopo un po' che erano sul letto a rilassarsi, Stelvio l'aveva portato con sé nella doccia, ampia e con getti da tutte le parti: non aveva mai visto una doccia come quella.

Si erano lavati l'un l'altro, poi asciugati a vicenda, eccitandosi entrambi di nuovo. Marco s'era quasi aspettato che l'uomo ricominciasse a fare sesso con lui, ma non accadde. Al ragazzzo non sarebbe dispiaciuto, se fosse accaduto.

Erano tornati in camera per rivestirsi, poi Stelvio l'aveva condotto nella stanza d'ingresso e da qui attraverso la porta sulla destra che dava in un ampio salotto, con le pareti coperte da scaffali costruiti completamente in vetro con dentro decine e decine di bicchieri di ceramica uno diverso dall'altro, allineati: la collezione di Stelvio.

Avevano chiacchierato gradevolmente, e Marco era rimasto colpito per la cultura dell'uomo, una cultura che s'era fatto da solo. Scoprì anche che Stelvio parlava correntemente cinque lingue... Poi erano andati a cena.

Quell'uomo era davvero affascinante, pensò Marco, e non solo a letto. Nonostante avesse più del doppio della sua età, aveva uno spirito giovane, fresco. Contrariamente a quanto gli aveva detto Dario, non gli aveva dato l'impressione dell'affarista di pochi scrupoli. Ma in fondo lo conosceva ancora superficialmente, mentre Dario lo conosceva molto bene.

Guardò l'orologio: non era troppo tardi, perciò scese di un piano per vedere se c'era Tullio. Sentiva il bisogno di raccontargli del suo nuovo cliente. Bussò e Tullio gli andò ad aprire. Stava parlando al cellulare e gli fece cenno di entrare.

"Giusto tu." gli disse l'amico con un sorrisetto, mettendo via il telefonino dopo aver terminato, "Era Dario che mi diceva che gli ha telefonato un suo amico ringraziandolo per avervi fatto incontrare."

"Stelvio?" chiese Marco un po' stupito: s'erano laciati da una mezz'oretta soltanto.

"Sì, lui. Ha detto Dario che il suo amico sperava che a letto tu sia gradevole come a conversare..."

Marco capì che la telefonata di Stelvio doveva essere stata precedente al loro incontro di quel giorno.

"Ci sono stato oggi pomeriggio... Abbiamo scopato. Mi pare che fosse soddisfatto." disse Marco.

"E tu sei soddisfatto? È un buon cliente?"

"Sì, sono soddisfatto anche io... e penso di sì, che sarà un buon cliente."

Tullio sedette sul lettino, accanto all'amico: "Raccontami tutto, dai."

Marco sorrise e raccontò all'amico, nei dettagli, come s'era svolto il suo primo incontro a due con Stelvio.

Alla fine Tullio gli disse, mettendogli un braccio sulle spalle: "Ottimo! Direi che il tizio t'è piaciuto parecchio, da come me ne hai parlato. Chissà se telefona di nuovo a Dario, ora che t'ha messo alla prova?"

"Mi è sembrato un tipo molto riservato, su certi argomenti. Però è molto amico con Dario, perciò... chi sa?"

"Tu speri di rivederlo, no?"

"Sì, certo. Mi ha detto che si farà vivo lui e pareva sincero. È un uomo affascinante."

"E scopava bene." sottolineò Tullio.

"Non c'è solo quello..."

"Che altro, fra uno come noi e uno come i nostri clienti? Non può e non deve esserci altro."

"Perché non deve?" chiese Marco.

"Perché... dopo tutto è solo una transazione di affari. Regge finché conviene a tutti e due. Negli affari non si deve mai mescolare il piano materiale con quello affettivo."

"Beh... si può diventare... amici. Come con Dario Beltrame, per esempio."

"Sì, ma solo perché fra lui e me, o lui e te, non c'è più sesso. E comunque non è una vera amicizia, no? Mica Dario si confida con te o tu con lui come noi due. Amicizia è altro. C'è... simpatia, diciamo."

"Beh, è vero. Il fatto è che in italiano abbiamo solo la parola amicizia e conoscenza, mentre spesso sarebbe necessaria una parola intermedia, per qualcuno che è meno di un amico ma più di un conoscente."

"Tu dovevi fare lettere, invece che elettronica." lo prese in giro l'amico.

"Ma a me piace l'elettronica. Stelvio ha solo un diploma di media superiore, però s'è fatto una vasta cultura da solo. Legge letteratura tedesca, inglese, francese e spagnola in lingua originale."

"Quella italiana no?" gli chiese scherzando l'amico. "E era un esperto... linguista anche a letto?"

Marco rise e gli disse, sottovoce, "Stronzo!"

"Sì o no?"

Marco non rispose. Parlarono d'altro, poi si dettero la buona notte e Marco tornò in camera. Mentre si spogliava, notò che era arrivato un messaggino. Controllò il cellulare. C'erano solo due parole.

"Grazie. Ste."

Provò un vago senso di piacere. Pensò di mandargli un messaggino "grazie a te. Marco" ma non lo fece. Dopotutto era solo un cliente, come aveva detto Tullio. Un buon cliente, comunque. Gli era piaciuto molto come l'aveva preso, con virile tenerezza. Con calda calma. Con forte piacere.

Mentalmente lo paragonò agli altri con cui era andato a letto, con cui aveva avuto sesso. Non poteva dire che Stelvio fosse il migliore, eppure... c'era in quell'uomo qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco ma che non aveva trovato in nessun altro. Il buon sesso è come un buon piatto: per renderlo tale bisogna miscelare gli ingredienti giusti nelle giuste quantità e nel giusto modo.


Nei giorni seguenti Marco incontrò alcuni dei suoi clienti, si applicò ai suoi studi come il solito, andò due volte al cinema con Tullio, spedì un po' di soldi alla madre che sentì anche per telefono: stava bene e lo rimproverò per averle mandato i soldi.

"Ho trovato un lavoretto part-time ma pagato bene, mamma, e ho abbastanza soldi per badare a me stesso."

"Ma sai che io qui me la cavo..."

"Compratici un vestito nuovo. Quant'è che non ne compri più?"

"Che me ne faccio, qui in campagna?"

"Voglio vederti vestita bene, quando vengo."

"Quando vieni?"

"Dopo gli esami. Mi fermo un paio di settimane."

"Solo un paio di settimane?"

"Sì, mamma."

Aveva appena rimesso in tasca il telefonino, quando suonò. Un messaggino. Era Stelvio che gli chiedeva di rivedersi. Erano passati dieci giorni dalla volta precedente. Lo chiamò subito e fissarono l'appuntamento per il giorno seguente.

Il loro incontro si svolse gradevolmente, come la prima volta. Mentre si rilassavano, appagati, Stelvio si sollevò su un gomito e lo guardò.

"Mi piaci, Marco."

"Grazie. Anche a me piace."

"Vorrei vederti più spesso."

"Va bene."

"Però dobbiamo mettere in chiaro una cosa."

"Sì?" rispose Marco guardandolo negli occhi.

"I nostri incontri devono restare su un piano casuale e puramente fisico: io voglio un compagno di divertimenti e non un compagno di vita. Chiaro?"

"Sì... certo. Dopo tutto io sono solo... un ragazzo a ore, no?"

"Esatto. Anche se, credo, tu sei uno dei migliori e più attraenti che io abbia mai avuto."

"Tanti?" chiese Marco, pentendosi subito per quella domanda forse importuna.

"Non moltissimi, ma in più di venti anni... neppure pochi. Non frequentando i giri gay, non mi è sempre facile trovare... compagnia."


Stelvio lo pagava sempre più degli altri clienti, senza che Marco avesse mai chiesto niente, e gli faceva spesso costosi regali, ma non era per questo che, ogni volta che l'uomo lo chiamava, lui ci andava sempre molto volentieri. Si sentiva sempre più attratto da Stelvio, dalla sua personalità.

Quando doveva andare con qualche altro cliente, Marco si rese conto, gli pesava sempre più che questi non fosse Stelvio... Stava veramente bene con lui e non solo per come facevano sesso, che comunque gli piaceva molto.

Marco si accorse che pensava quasi sempre a Stelvio... e che ogni volta che riceveva un messaggino dall'uomo e lo chiamava per combinare un appuntamento, si sentiva felice.

Una volta Stelvio lo chiamò, ma Marco aveva un appuntamento con un altro dei suoi clienti e non poteva proprio andare. La volta seguente, quando fu in casa dell'uomo, questi, dopo che s'erano spogliati ed erano sul letto, lo baciò, poi gli disse: "Non mi va che tu mi dica di no... Io posso solo in certi momenti, e ti vorrei in quei momenti..."

Marco annuì: "Sì, capisco, e mi piacerebbe poterti dire sempre di sì. Se lo sapessi per tempo, mi terrei libero per te."

"Non posso dirtelo per tempo. Le mie attività sono senza orari."

"Io... io ho bisogno dei soldi che guadagno, per mantenermi agli studi e per dare una mano a mia madre."

"Sì, lo so."

"Non posso tenermi libero sempre e solo per te, anche se lo farei volentieri."

"Puoi. Io ho abbastanza mezzi per... per provvedere alle tue necessità. Ma vorrei che tu ti tenessi libero per me. Sta a te fare le tue scelte. Più di questo non so che fare."

Così Marco rifutò gli altri clienti. Stelvio oltre a dargli la solita busta, ora contenente una cifra maggiore, iniziò a comprargli costosi libri per i suoi studi, abiti alla moda, un lap-top, uno stereo... spesso uscivano assieme per fare queste compere. Marco non gli chiedeva mai niente, ma l'uomo riusciva sempre a capire, o intuire che cosa regalargli.

Quello che il ragazzo non aveva capito era che Stelvio in realtà aveva due motivi per essere così generoso: il primo era che lo voleva veramente solo per sé, e sempre disponibile; l'altro era che s'era accorto, prima che lo stesso Marco se ne rendesse conto, che il ragazzo si stava innamorando di lui, e tentava perciò, coprendolo di soldi e regali, di far cambiare i sentimenti del ragazzo in gratitudine e in dipendenza. "Il denaro uccide l'amore" era un vecchio detto in cui l'uomo credeva.

Per sicurezza, comunque, una volta, dopo aver fatto all'amore a lungo, l'uomo, tenendolo abbracciato, gli disse: "Ti avverto, Marco, io preferisco rompere con te piuttosto che avere una relazione seria. Perché so che quando due si conoscono troppo bene, troppo intimamente, inevitabilmente si separano. Non dimenticarlo mai, io non voglio un amante, ma solo un compagno di letto."

"Sì, lo so. Per me va bene." rispose Marco.

Credeva di essere onesto, il ragazzo, nel dare a Stelvio questa risposta, perché la sua inesperienza e ingenuità non gli aveva ancora permesso di mettere a fuoco quanto in realtà era in gestazione, in crescita dentro di lui. Al contrario l'esperienza e l'età permettevano a Stelvio di vedere bene che cosa stava accadendo nei sentimenti del ragazzo.

Stelvio ne era al tempo stesso lusingato e infastidito. No davvero, non voleva un amante che, forte del suo amore, pretende di diventare padrone di te e della tua vita. Avere un amante sarebbe stato perdere la propria libertà e la propria serenità. Ti si appiccica addosso e ti limita in tutti i modi. Dice che ti ama come sei e poi fa del tutto per farti cambiare a modo suo, per renderti quello che lui vuole.

Se voleva tenersi il ragazzo, doveva fare bene attenzione che Marco non si innamorase di lui. O ci riusciva, o avrebbe dovuto rassegnarsi a perderlo, perché avrebbe dovuto allontanarlo da sé. Stelvio non voleva perdere Marco, era un ragazzo troppo prezioso: bello, bravo, disponibile, intelligente... e splendido a letto.

Un giorno Tullio, seduto sul bordo del lettino di Marco, accanto a lui, gli disse: "Corre voce che hai scaricato tutti i clienti e che non ne vuoi altri..."

"Non ne ho bisogno."

"Che per caso... quello Stelvio Come-si-chiama... c'è qualcosa di serio fra voi?"

"No... è che mi vole sempre disponibile, perché lui riesce a prendersi tempo libero per divertirsi con me ma senza poterlo pianificare, e perciò mi paga bene purché io vada da lui ogni volta che mi vuole."

"Non farebbe prima a prenderti a casa sua, allora?"

"Non vuole una relazione fissa, non gli interessa un amante, vuole la sua libertà. È stato molto chiaro, su questo. Credo che per lui sarebbe un impiccio avermi per casa. E poi la donna di servizio potrebbe capire, se abitassi con lui, e questo gli darebbe fastidio."

"Bah... Sarà che ognuno è fatto a modo suo e che il mondo è bello perché è vario e tutte quelle cazzate lì... Ti dà abbastanza soldi? Ti è convenuto rinunciare agli altri clienti?"

"Sì, mi dà abbastanza soldi, non ti preoccupare, e così ho anche più tempo per studiare."

"E ti fa anche bei regali, vedo... Te li ha fatti tutti lui, immagino."

"Sì."

"Insomma, ti ha comprato."

"No... mi ha... assunto." rispose Marco in tono scherzoso.

"Mah, forse da una parte dovrei invidiarti. Forse non sarebbe male essere assunti, come la metti tu. Comunque gli costi caro, per averti solo per sé."

"Soldi ne ha. Un figlio gli costerebbe di più, gli potrebbe creare un sacco di problemi e... non potrebbe portarselo a letto."

"Qualche padre lo fa!" rise Tullio.

"C'è anche qualche padre che ammazza il figlio. Questo non significa che vada bene, no? Io, solo all'idea di farlo con mio padre... mi farebbe scappare a gambe levate."

"Sì, certo, anche a me. Eppure capita. E non parlo solo di padri che obbligano i figli piccoli... o le figlie. Mi ha raccontato Giovanni che un suo amico s'è messo col padre quando aveva ventidue anni e il padre quarantotto. E stanno insieme da una decina d'anni. No... io proprio non ci riuscirei, anche se mio padre fosse un adone e anche se non fosse stronzo com'è."

"Tu... pensi che un giorno ti innamorerai di un ragazzo, di un uomo, e che ti metterai con lui? O che ti piacerebbe?"

"Non lo so, non ci ho mai pensato seriamente. Però... forse sì. Anche se penso che vivere assieme sia una cosa difficile."

"Tu, del matrimonio fra gay, cosa ne pensi?"

"La stessa cosa che ne penso del matrimonio fra etero. Se due si vogliono legare di fronte alla legge, dovrebbero poterlo fare al di fuori di quello che fanno a letto e con chi. Il matrimonio civile non è che un contratto che garantisce doveri e diritti delle parti. Non vedo perché la legge deve autorizzare che io mi unisca con alcuni e non con altri."

"Il matrimonio... dicono che è finalizzato ai figli..."

"Allora, se fosse così, dovrebbero autorizzare due a sposarsi solo quando gli nasce un figlio, e obbligarli a divorziare quando i figli sono tutti maggiorenni." obiettò Marco.

Tullio rise. "A te piace portare i ragionamenti fino all'assurdo..."

"No, non li porto fino all'assurdo, ma fino all'estremo, il che è diverso, e così verifico fino a che punto sono validi. La legge, secondo me, deve solo occuparsi di garantire che nessuno leda il diritto di un altro, che nessuno sopraffaccia un altro. Punto e basta. Non deve mettere il naso nelle scelte personali che non danneggiano nessuno."

"Quelli che sono contrari al matrimonio di gay dicono che permettendolo si mina la vera famiglia."

"Oh! Perché, due gay che vivono assieme, ma senza potersi sposare, rafforzano le famiglie etero? Il fatto è che troppi emettono giudizi basandosi su pregiudizi e ideologie e non sul ragionamento, non sulla razionalità. Se io sono convinto che tutti gli zingari sono ladri, non mi accorgo neanche di quelli onesti, ma sono pronto a snocciolarti tutti i casi in cui uno di loro ha rubato. E se tu mi dici che ne conosci di onesti, io ti rispondo o che ti illudi, o che è solo l'eccezione che conferma la regola, e resto della mia idea. Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere."

"Un altro dei tuoi proverbi modificati. Dovresti scriverli e publicarli."

"No, per carità, ci sono già troppi libri in giro."

Tullio improvvisamente cambiò discorso: "È un bel po' che io e tu non scopiamo più. Una volta lo facevamo abbastanza spesso."

"Beh... io non avevo ancora i clienti da soddisfare."

"A me piacerebbe parecchio farlo ancora, con te... anche adesso. Tu sei un ragazzo davvero arrapante. Non ti andrebbe?" insisté l'amico cingendogli la vita e tirandolo a sé.

Marco fremette e si eccitò. Ebbe una breve esitazione, ma lo sguardo lucido di desiderio dell'amico, il suo volto che s'accostava al suo, dissolsero ogni residuo dubbio e si abbandonò al caldo e intimo bacio dell'amico.

Le loro lingue giocarono un po', lievi e frementi, i loro corpi aderirono, Marco fremette e iniziò a carezzare il corpo dell'altro e ad aprirgli gli abiti.

"Ti piace ancora farlo con me..." disse Tullio con voce calda ed eccitata, in un sussurro, con un sorriso compiaciuto.

"Direi di sì..." mormorò in risposta l'amico, chinandosi sul petto dell'amico e mordicchiandoli un capezzolo attraverso la telina della canottiera.

Tullio gli pose una mano fra le gambe e lo palpò: "Sì... questo mi dice che è proprio così."

Marco allontanò da sé l'amico, che lo guardò un po' sorpreso, e si alzò in piedi. "La porta non è chiusa a chiave... credo che sia meglio che la chiudo, no?" gli disse con un sorriso rassicurante. "Non vorrei che qualcuno, trovandoci in certe posizioni, pensasse che noi due siamo due froci..." concluse con un risolino ironico.

Tullio annuì sorridendogli, rassicurato, si alzò in piedi anche lui e iniziò a togliersi gli abiti di dosso. Quando Marco gli tornò accanto, i due ragazzi terminarono di spogliarsi l'un l'altro, carezzandosi e baciandosi per tutto il corpo man mano che veniva rivelato al desiderio dell'amico.

Marco gradiva, apprezzava, godeva per le attenzioni dell'amico, che indubbiamente ci sapeva fare, eppure una parte di lui restava un po' distaccata. Abituato a riflette sulle cose, su se stesso, Marco si chiese che cosa gli impedisse di godere a pieno quanto stava accadendo.

Si sentiva stranamente diviso in due: una parte di sé era contenta per quella situazione, gradiva le esperte e piacevoli attenzioni dell'amico, anelava a sentirlo entrare in sé e prenderlo con il consueto virile impeto, voleva godere con lui. Ma un'altra parte di sé gli sussurrava che non era veramente quello che voleva, che per quanto indubbiamente piacevole, avrebbe dovuto dire di no, che quanto stavano facendo non era veramente giusto... anche se non avrebbe saputo dirsi perché.

Ma presto il crescente piacere che gli accendeva tutti i sensi, ebbe l'effetto di far tacere i suoi pensieri, di indirizzare anche la sua mente verso il godimento di quanto stavano facendo. Così smise di riflettere, e si abbandonò al desiderio del compagno e al proprio, senza alcuna remora.

Tullio sapeva il fatto suo: conoscendo piuttosto bene l'amico e quanto più gli piaceva fare e come, lo portò gradualmente a non controllare più il proprio desiderio.

Infatti Marco invocò in un bisbiglio, il volto lievemente arrossato per l'eccitazione: "Prendimi, Tullio."

"Sì... tra poco."

"Ora..." chiese fremendo il ragazzo, stendendosi sul lettino e attirando l'amico sopra di sé.

"Non abbiamo fretta." disse con un sorriso Tullio, stuzzicandolo ad arte sui punti più sensibili.

"Mettimelo!" insisté Marco, cingendogli con le gambe la vita e offrendoglisi, gurdandolo con occhi in cui bruciava il desiderio.

"Allora... mettimi il preservativo, prima... poi ti accontento."

Marco fece quanto l'amico li chiedeva, con mani febbrili lo preparò, poi gli si offrì di nuovo. Tullio finalmente puntò il suo fremente membro sul foro in attesa e iniziò a spingere.

"Sì..." mormorò Marco, gustando la spinta dell'altro, sentendolo finalmente farsi strada in lui lento e solenne, invaderlo con fremente piacere, riempirlo con virile baldanza. "Sì..." sospirò rilassandosi in un sorriso beato, pregustando il forte godimento che, sapeva, Tullio sapeva dargli mentre prendeva il proprio piacere.

Quando ebbe terminato la sua discesa, Tulio iniziò a ritrarsi e affondare di nuovo in lui con un ritmo dapprima calmo e forte, poi via via più rapido e deciso, mentre le mani dei due ragazzi carezzavano e titillavano il corpo dell'altro nei punti più sensibili, contribuendo ad accrescere il reciproco piacere.

Marco chiuse gli occhi, quasi per gustare meglio quella vigorosa unione, e la sua fantasia sovrappose alla presenza di Tullio un'altra presenza: quella di Stelvio... Impercettibilmente il ragazzo dimenticò di essere nella propria cameretta nel collegio universitario e gli sembrò di essere sul grande letto matrimoniale dell'uomo e di star godendo le sue appassionate spinte.

Improvvismente venne, irrorando con i suoi getti il ventre e il petto dell'amico, ricurvo sul suo corpo. Il forte orgasmo di Marco scatenò quello di Tullio che, spingendoglisi dentro con forza, si scaricò in lui, trattenendo il respiro e fremendo per tutto il corpo contratto nell'acme del piacere.

Poi, finalmente appagati, i due amici si stesero fianco a fianco, rilassandosi a poco a poco, le loro membra ancora intrecciate.

Tullio lo guardò con un'espressione soddisfatta: "È sempre bello farlo assieme, io e tu, no?"

"Sì..." non poté negare Marco, ma di nuovo il pensiero di Stelvio si impose sugli altri pensieri.

Gli sembrava ingiusto pensare a Stelvio proprio mentre era ancora in letto con l'amico che gli aveva appena dato il piacere e cercò di scacciare quella imbarazzante presenza dai propri pensieri.

Ma Tullio, senza volerlo, anullò i suoi sforzi: "È capace di farti godere così, quello Stelvio?"

"Sì..." rispose onestamente Marco, anche se lievemente a disagio.

"Cioè... sa farti venire senza neanche toccartelo?" chiese l'amico, sollevandosi un poco per guardarlo negli occhi.

"Sì..."

Tullio, nonostante fosse a volte un po' superficiale, notò un'ombra negli occhi dell'amico, e la interpretò correttamente.

"Cos'è, per te, quello Stelvio?"

"Un cliente. Il mio unico cliente..."

"E che altro?"

"È generoso, non mi fa mancare niente."

"E?"

"E, cosa?"

"Non ti starai mica, per caso... mica ti stai innamorando di lui, no?"

"Ma dai, che cavolo vai a pensare? Non dire cazzate."

Tullio scosse il capo: "Tu non me la dai a bere. Giura che non stavi pensando a lui, mentre io ti stavo fottendo!"

"Beh... un po'..." ammise onestamente Marco, però sentendosi imbarazzato.

"Già... un po'... Magari preferivi stare con lui, invece che con me."

"Che, mica sarai geloso di un cliente, adesso!" disse Marco cercando di allentare, facendo una battuta, la tensione che sentiva crescere. "E poi, mica mi sono sposato né con lui né con te, no?"

"Ma no che non sono geloso, scemotto! Però... stai attento, Marco, quello vuole solo comprarti, assicurarsi l'uso in esclusiva del tuo dolce culetto, non ti illudere che possa mai sentire altro per te."

"L'ha messo in chiaro, anche più di una volta. No che non mi illudo. Mica sono nato ieri, no? Né sono così ingenuo o scemo." disse Marco, profondamente convinto di quanto diceva all'amico.


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