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una storia originale di Andrej Koymasky


I DINOSAURI SONO DURI A MORIRE CAPITOLO 4
PRESSIONI E CEDIMENTI

L'avvocato Graham Dewey Stephenson non era rimasto con le mani in mano. Per prima cosa aveva inviato, tramite uno dei servi, una lunga lettera a Wayne Harvey Morrigan, il padre di Quentin, in cui gli spiegava estensivamente e in fosche tinte "l'intrallazzo" fra i loro due figli maschi e gli chiedeva di prendere provvedimenti affinché fosse loro impedito di incontrarsi ancora. Non voleva scandali, ma certamente non poteva permettere che quella "ignobile tresca" continuasse.

Poi, nei giorni seguenti, interpellò luminari della scienza e della Chiesa d'Inghilterra. Così, sentiti i loro consigli, convocò nella sua villa prima il dottore sir James Beckwith, esperto in disfunzioni dell'età evolutiva, autore del testo "Deviazioni della libido govanile e suo raddrizzamento clinco", poi il noto psicoanalista freudiano dottor Ewan McNamus, esperto in "regressioni del subconscio", e infine il Canonico Joseph Horace Tomlinson, autore del libro "Turbe adolescenziali e loro correzione" e sottotitolo "Come sopprimere gli istinti contro natura".

I tre specialisti ebbero lunghe sessioni con il povero Austin, e tentando di curarne, ciscuno, il corpo, la psiche e l'anima, lo sottoposero ad assurdi interrogatori, sedute, esercizi, bagni caldi e freddi, medicine, gli fecero indossare indumenti intimi anti-masturbazione, gli fecero prediche e predicozzi per convincerlo che, affidandosi a loro, poteva "guarire".

Di sua iniziativa, il padre giunse a ingaggiare una ragazza in una casa di tolleranza, giovane e bella, e facendola passare per una nuova serva, le ingiunse di sedurre Austin: oltre alla paga stabilita con la tenutaria, se vi fosse riuscita, avrebbe anche ricevuto una cospicua somma di denaro in premio.

La ragazza, Netta, che ora gli portava i pasti, gli puliva la stanza, gli rifaceva il letto... sfoderò tutte le proprie arti seduttorie, dapprima in modo subdolo, poi in modo via via più sfacciato, giungendo a infilarsi, una notte, nel letto di Austin... che la cacciò via in malo modo, nuda come era, inseguendola fino nel corridoio.

Le vacanze natalizie, che in quella casa e quell'anno quasi non erano state festeggiate, passarono, ma il padre non fece tornare Austin al collegio, e anzi informò con una lettera il preside comunicandogli che il figlio era "malato" pertanto non era per il momento in grado di riprendere gli studi.

Austin sempre più stanco e depresso, decise di porre fine a quell'interminabile serie di sevizie a cui erano sottoposti sia il suo corpo che la sua psiche, e, per uscirne, si mise a recitare fino a convincere gli esperti che stesse guarendo dai propri mali. Erano tutti e tre talmente sicuri della bontà e infallibilità dei propri metodi, che ognuno di loro si gloriò con l'avvocato Stephenson per la "completa guarigione" del giovane Austin Oliver.

Ma l'avvocato, per eccesso di prudenza, decise che il figlio non sarebbe più tornato nell'antico collegio, nonostante Wayne Harvey Morrigan, il padre di Quentin, gli avesse comunicato che neanche Quentin avrebbe più frequentato quel collegio.

Così, mentre Quentin fu mandato a frequentare una prestigiosa scuola a nord di Liverpool, Austin fu mandato a terminare i suoi studi in un collegio di Cambridge.

Appena furono liberi i due ragazzi, ignorando che anche l'altro non frequentava più il vecchio collegio, pensando di essere l'unico a non esservi stato più mandato, scrissero una lunga lettera al loro amato, all'indirizzo del vecchio collegio.

Dopo diversi giorni, entrambe le lettere tornarono al mittente. Ma mentre quella di Austin tornò a lui con sopra scritto in rosso "non più allievo di questa isituzione", quella spedita da Austin, per qualche strano motivo, tornò a Quentin con la scritta in rosso "lettera rifiutata"...

Austin si chiese come fare per rintracciare l'indirizzo della nuova scuola del suo amato. Capiva che sarebbe stato inutile provare a scrivere a casa di Quentin. Altrettanto inutile sarebbe stato scrivere alla segreteria della sua vecchia scuola per chiedere se sapessero dove era stato trasferito Quentin. Se l'avessero saputo, molto probabilmente, avrebbero re-indirizzato la sua lettera al nuovo indirizzo, anziché rispedirla al mittente.

Quello che più bruciava ad Austin, oltre il fatto di non riuscire a trovare un modo per rintracciare il suo Quentin e mettersi in comunicazione con lui, era la perdita di tutti i sonetti e le lettere del suo ragazzo.

Nella nuova scuola Austin, ormai all'ultimo anno di corso, spendeva tutto il proprio tempo a studiare oppure in solitudine. Non aveva fatto amicizia con nessuno dei compagni e scoraggiava sistematicamente ogni loro tentativo di coinvolgerlo nelle attività extra-curricolari, o a uno dei gruppi sportivi, sì che presto si fece la nomea di essere un tipo scostante, un "orso". L'allegro Austin era diventato ormai un musone.

Il padre avrebbe voluto fare di lui un avvocato, ma Austin odiava la professione del padre, a cui dialetticamente non aveva saputo tenere testa. Aveva cercato, nella ricca biblioteca della sua nuova scuola, qualche testo che lo aiutasse a chiarirsi le idee sulla sua presunta "perversione" ma non trovò nulla. O per meglio dire, quel poco che trovava non faceva che ribadire le teorie dei tre illustri personaggi che si illudevano di averlo guarito, e che non lo convincevano affatto.

Anche i passaggi biblici spesso portati a sostegno della "abominazione" del suo "peccato" non lo convincevano affatto, e gradualmente Austin si allontanò dalla chiesa, perché questa basava tutte le sue affermazioni su testi che si pretendeva ispirati da dio, ma che al ragazzo parevano un'accozzaglia di asurdi miti e di evidenti contraddizioni.

A poco a poco il ragazzo, non trovando nessun modo per rintracciare Quentin, iniziò a pensare a lui e all'amore che li aveva legati, come a qualcosa del passato, qualcosa di molto bello, che purtroppo non aveva potuto avere il seguito che entrambi avevano sperato.

Non giunse a rinnegare la sua storia con Quentin ma, forse anche per sopravvivere, iniziò a considerarla come una cosa irrimediabilmente persa. Non per questo comunque si sentì attratto da altri ragazzi né tanto meno dalle ragazze, benché prevedesse che un giorno avrebbe anche potuto sposarsi e "mettere su famiglia" come qualsiasi membro della buona società.

Aveva ripreso a masturbarsi, anche se non molto spesso, e gradualmente, mentre lo faceva, eliminò dalle sue fantasie le immagini dei suoi appassionati incontri con Quentin. Si dava perciò il sollievo solitario in modo puramente meccanico, per scaricare, almeno temporaneamente, le pulsioni che di tanto in tanto infiammavano il suo corpo.

L'unica cosa che ancora lo legava a Quentin era la sottile ed elegante catenella d'oro che sempre portava al collo. A volte la carezzava con struggente nostalgia, chiedendosi dove potesse ora essere Quentin, che cosa stesse facendo, e se avesse trovato un altro amante.

Ma non avendo più sue notizie, non avendo più nulla che rinvigorisse o almeno tenesse vivo il suo sentimento, la stessa immagine di Quentin stava inesorabilmente diventando via via più tenue, confusa, indistinta sia nella sua memoria che nel suo cuore.

Nel suo collegio, fra i gruppi sportivi, vi era molta animazione a causa della prossima apertura degli Ottavi Giochi Olimpici che si sarebbero tenuti in Francia, a Parigi. Ad Austin non interessava, e anzi era infastidito dall'eccitazione che pareva pervadere tutti nella sua scuola. Due degli studenti dell'ultimo anno vi avrebbero partecipato, uno per i 200 metri, l'altro per il nuoto e quest'ultimo era un suo compagno di classe. Inoltre vi avrebbe preso parte anche un ex allievo, Harold Maurice Abrahams, che aveva già partecipato alle precedenti Olimpiadi per il salto in lungo.

Mentre gradualmente Austin stava ritrovando il proprio equilibrio e una qualche serenità, perché si stava rassegnando alla fine del proprio sogno d'amore, ben altro stava capitando al suo Quentin.


Quando il servo mandato dall'avvocato Stephenson consegnò a Wayne Harvey Morrigan la lunga lettera in cui gli comunicava la propria scoperta, Quentin era nella propria stanza che leggeva tranquillamente un romanzo.

L'uomo aprì la lettera, la lesse, la rilesse, poi sedette sulla sua poltrona preferita, si accese la pipa, riprese in mano la lunga lettera e la lesse per la terza volta. Pensò che l'avvocato faceva un dramma di una cosa che spesso capita fra ragazzi, nei collegi di tutto il regno.

Ripensò con un sorriso a quando lui stesso era stato legato per un certo tempo da una "affettuosa amicizia" con un suo compagno di collegio, un dolce ragazzetto di due anni minore di lui, che gli si era prontamente concesso e con cui aveva spesso dato soddisfazione ai propri bisogni fisiologici.

Eppure, si disse, lui aveva naturalmente troncato quel tipo di "giochi proibiti" non appena aveva trovato una fanciulla che gli faceva gli occhi dolci... e sapeva che anche il suo "amichetto" s'era felicemente sposato, anni più tardi...

Comunque era d'accordo con l'avvocato che sarebbe convenuto evitare di sollevare uno scandalo, e che perciò, come gli veniva (perentoriamente) richiesto, avrebbe fatto bene a evitare che i due ragazzi potessero rivedersi. Ma sì, avrebbe fatto trasferire il suo Quentin in un collegio vicino a Liverpool, di cui aveva sentito parlare in termini assai elogiativi.

Pensò di chiamare il figlio... poi si disse che era meglio che fosse lui a salire nella sua camera, per dare un tono meno ufficiale, meno severo a quanto gli doveva dire. Lesse per la quarta volta la lettera dell'avvocato, poi la ripiegò, la infilò nella tasca della giacca da camera, posò la pipa e salì dal figlio. Bussò alla porta ed entrò.

"Sì, papà?" chiese Quentin guardando il padre entrare, scostare una sedia e sedere quasi di fronte a lui.

L'uomo, mentre saliva, aveva rapidamente deciso come affrontare il problema con il figlio.

"Quentin, ho appena ricevuto un messaggio dall'avvocato Stephenson, il padre del tuo compagno di classe Austin..."

Il ragazzo si irrigidì lievemente e guardò il padre negli occhi, chiedendosi perché il padre del suo Austin avesse mandato un messaggio a suo padre, e attese che questi continuasse.

"Mi scrive, in modo... piuttosto dettagliato ed evidentemente assai seccato, che fra te e suo figlio si è sviluppata una amicizia particolare."

"Austin è il mio migliore amico." ammise prontamente il ragazzo.

"Dalla lettera direi che è più di un amico, viste le poesie e le lettere piuttosto esplicite che asserisce che tu hai mandato a suo figlio."

"Sì... è il mio amante, papà." disse con un tono fiero il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dagli occhi del padre.

L'uomo sorrise con lieve ironia, per l'uso, a suo parere impropro, di quel termine. "Diciamo, piuttosto, che vi siete divertiti assieme... come spesso accade fra due ragazzi giovani che possono giungere a superare certi... limiti che sarebbe forse bene rispettare."

"No, papà. Vi assicuro che ciò che lega Austin a me e me a lui è amore... amore che si esprime anche mediante i nostri corpi."

"Ragazzo mio... Chi è senza peccato scagli la prima pietra, come è scritto. Ma nella tua ingenua inesperienza confondi un naturale desiderio di dare sfogo alle proprie pulsioni con chi ne prova di analoghe, in attesa di dirigerle verso la loro naturale meta... cioè verso un membro del gentil sesso."

"No, papà. Né ad Austin né a me interessa il... gentil sesso. Il nostro è amore vero ed è sorto in noi prima ancora che si manifestasse fisicamente."

"Suvvia, Quentin! È già raro l'amore fra uomo e donna, puoi immaginarti fra due uomini! Comunque non è per una disquisizone sull'amore che sono salito a parlarti. Mister Stephenson mi chiede, e io sono d'accordo con lui, di far sì che voi due ragazzi tronchiate la vostra relazione."

"No, mai!" disse il ragazzo d'impulso.

"Quentin! Non sta a te decidere, fin tanto che sei minorenne, per lo meno. La responsabilità è mia e farai quanto decido. Tu non tornerai al collegio, ti farò trasferire in un altro. In questo modo tu e quel ragazzo non avrete più modo di rivedervi, chiaro?"

"Papà..." disse il ragazzo in tono mesto ma senza perdere la sua determinazione, "vi ho sempre obbedito, ma questa volta non potrò farlo."

"E invece lo farai, volente o nolente. Capisco che l'idea non ti piaccia, ma è per il tuo bene, credimi. Tu dimenticherai quel ragazzo, come lui dimenticherà te, e ritroverete entrambi la... retta via. Non credere che non ti capisca... anche io quand'ero adolescente, non ho problemi a dirtelo, ho avuto una simile... sbandata. Sono cose che capitano, e sono cose a cui un giorno anche tu ripenserai come a una... bambinata, come ad altre marachelle che tutti si fanno da ragazzi. E quando avrai un figlio..."

"Non avrò mai un figlio, papà. Io amo Austin e non amerò mai nessun altro. Io mi sono dato ad Austin e non mi darò mai a nessun altro... o altra. Su questo potete essere certo, non sto parlando alla leggera."

"Oh, cambierai idea! Il tempo e la maturità ti faranno capire chi ha ragione. Comunque tu non vedrai mai più il figlio di Mister Stephenson, sia io che il padre del ragazzo ve lo impediremo. Perciò, mettiti il cuore in pace. Inoltre, dalla lettera di Mister Stephenson mi pare di capire che suo figlio si sia rassegnato a non vederti più." disse l'uomo e lasciò la stanza del figlio.

Mentre l'uomo usciva, Quentin disse, in tono deciso: "Non ci credo! Austin non può essersi rassegnato. Mi ama!"

Quentin prese subito carta e penna e scrisse una lettera al suo Austin, per metterlo al corrente della conversazione avuta con il padre, per assicurargli il suo amore, e per chiedergli di lottare con lui per potersi ritrovare, per potersi unire di nuovo, a costo di abbandonare tutto e di farsi una vita altrove, ma assieme.

Poi si chiese come fare per far recapitare la lettera ad Austin. Pensò che sarebbe stato inutile spedirgliela a casa, perché certamente il padre di Austin l'avrebbe intercettata e l'avrebbe distrutta. Ma suo padre gli aveva detto che lui avrebbe dovuto cambiare scuola in modo di non incotrare più Austin: questo significava che il suo amato, perciò, avrebbe continuato a frequentare la loro vecchia scuola.

Sì, gliel'avrebbe spedita lì. E, per essere sicuro che nessuno intercettasse la risposta, l'avrebbe spedita dalla nuova scuola in cui suo padre aveva deciso di farlo trasferire. Nascose perciò la lettera fra le sue cose che avrebbe portato con sé alla ripresa degli studi.

Il padre mandò a prendere le cose di Quentin alla vecchia scuola, poi con lui andò oltre Liverpool e lo iscrisse nella nuova scuola. Lo lasciò nel collegio e tornò a casa, dicendosi che sicuramente il tempo avrebbe fatto dimenticare al figlio l'infatuazione di cui ora era succube.

Appena poté farlo, Quentin andò all'ufficio postale e chiese se fosse possibile ricevere una lettera fermo posta. Gli dissero che non vi era nessun problema. Allora scrisse sulla busta, come mittente il solo suo cognome e come indirizzo il fermo posta, e aggiunse anche all'interno della lettera la richiesta al suo Austin di rispondergli fermo posta, per essere sicuro che nessuno intercettasse la loro corrisponenza.

Soddisfatto, comprò un francobollo, la imbucò e tornò al collegio, nella propria stanzetta. Per prima cosa mise in bella mostra la Croce di Malta, poi estrasse dalla tasca interna della giacca il piccolo portaritratti d'argento, l'aprì e baciò il ritratto del suo amato.

"Riusciremo a ritrovarci, vero, amore?" disse a mezza voce, sorridendo alla fotografia. "Costi quel che costi, io sarò sempre e solo tuo!"

Ripresero le lezioni. I programmi erano leggeremente diversi da quelli della sua precedente scuola, perciò dovette mettersi a studiare con impegno per colmare le lacune, anche se non veramente gravi.

Dopo qualche giorno, ogni volta che poteva, tornò all'ufficio postale per chiedere se fosse giunta una lettera per lui. Si chiedeva quanto tempo ci sarebbe voluto prima che la sua lettera raggiungesse Austin, che lui la leggesse e gli rispondesse, e che poi la risposta arrivasse fino a lì...

I giorni passavano e Quentin diventava sempre più irrequieto nel non ricevere una risposta.

Il ragazzo iniziò a chiedersi se Austin non avesse ricevuto la sua lettera... o se davvero si fosse rassegnato a non vederlo più, come gli aveva detto suo padre... o se la risposta non fosse andata persa e si sentiva sempre più inquieto, agitato.

Poi un giorno, quando si recò all'ufficio postale e per l'ennesima volta chiese se ci fosse posta per lui, s'illuminò e si sentì il cuore cantare quando l'impiegato, controllando nel casellario, ne estrasse una busta e gliela porse... e sentì il gelo scendere nel suo cuore: riconobbe la lettera che lui aveva inviato ad Austin.

Ricevette un secondo colpo quando lesse, scritto in diagonale con la matita rossa "lettera rifiutata"! Non credeva ai propri occhi... Perché Austin l'aveva rifiutata? si chiese. Non aveva neppure voluto leggerla, quando aveva visto che proveniva da lui! Ma allora... era vero che Austin aveva accettato di non vederlo più... aveva rifiutato il suo amore, aveva rinnegato il proprio amore.

Tornò al collegio camminando come un automa, il cuore e la mente in subbuglio, stringendo con violenza nel pugno la busta accartocciata.


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