Ad Austin piaceva lavorare come cameriere più di quanto potesse aver previsto. Qualche ex compagno d'università scoprì che fine avesse fatto il loro vecchio compagno di corso e gradualmente non pochi universitari iniziarono ad andare a mangiare all'osteria "La bella Napule".
Con Corrado le cose andavano bene. Per alcune volte si accontentarono di baciarsi, carezzarsi, sentire e far sentire all'altro la propria eccitazione, il proprio desiderio. Austin era contento, perché si stava un po' ripetendo il modo in cui era giunto a stabilire una relazione con il suo Quentin. La differenza era che, mentre fra loro due era stato Austin a guidare l'evoluzione della relazione, ora era invece Corrado, e Austin provava piacere nel lasciarsi guidare dal focoso ragazzo.
Quando finalmente giunsero a scambiarsi le loro effusioni senza più nulla indosso, però, Austin non riuscì più a trattenersi.
"Corrado... ti prego... prendimi! Ho bisogno di te."
Il ragazzo sorrise: "Mi vuoi in te?" chiese carezzandolo intimamente.
"Da morire!"
"Ma anche io... Perché non prendi tu me, prima?"
"Perché... perché te l'ho chiesto prima io!"
"Mah... una buona ragione. D'accordo."
"Come vuoi che mi metto?"
"Mettiti in ginocchio... con le mani sulla spalliera... per cominciare. Se è da quattro anni che non fai più niente, così è meno difficile, per te."
Austin annuì e si preparò. Corrado gli si inginocchiò dietro, fra le gambe, lo afferrò per la vita e si accinse a penetrarlo. Austin lo sentì iniziare a premere e con un lieve sospiro di piacere, si rilassò per accoglierlo e spinse il bacino in dietro. Si sentì dilatare lentamente, provò un lieve fastidio, non essendoci più abituato, ma sapeva che poi sarebbe tutto andato bene.
Superata la prima, naturale resistenza, lo sentì entrare a poco a poco, scivolargli dentro in un'avanzata forte e continua, riempirlo piacevolmente, e chiuse gli occhi per assaporare meglio quella tanto sospirata invasione. Quando finalmente Corrado gli fu completamente dentro fino alla radice, gli fece passare le braccia sul petto e gli afferrò le spalle, poggiando il petto sulla sua schiena poi tirandolo a sé con vigore per annidarglisi dentro fino in fondo ed emise un breve mugolio.
"Tutto bene?" chiese Corrado, in un sospiro, all'orecchio del giovane uomo che aveva appena fatto suo.
"Benissimo... È bello sentirti in me."
"E per me essere finalmente in te. Sei così stretto, così caldo, così... mio!" gli disse senza muoversi, ma facendogli palpitare dentro la sua soda verga di carne, e gli mordicchiò il lobo dell'orecchio.
Austin dimenò lievemente il bacino e lo incoraggiò: "Dai... fammelo godere per bene... fammi sentire che stallone sei."
Il ragazzo si rizzò di nuovo, lo afferrò per la vita e iniziò a muoversi avanti e dietro, dapprima con lunghi e calmi va e vieni, poi, molto gradualmente, con spinte più vigorose e più rapide.
"Oh... sì... è bello... così... così..." lo incoraggiava Austin in preda a un crescente piacere, benché non ve ne fosse affatto bisogno.
Il ritmo con cui Corrado lo prendeva si fece più veloce, si ruppe in colpi forti e disordinati e infine il ragazzo si scaricò in lui con una serie di vigorose spinte, che Austin assecondò spingendosi contro di lui. Per alcuni istanti entrambi si immobilizzarono. Corrado respirava rumorosamente, e carezzava la schiena e i fianchi del compagno. Poi, lentamente, si sfilò da lui, lo fece girare a sedere sul letto, lo prese fra le braccia e lo baciò con forza, ancora fremendo per l'intensità del piacere raggiunto.
"È stato... grande!" disse poi in un profondo sospiro. "Veramente grande!"
"Anche per me, Corrado. Ma la prossima volta, mi prenderai da davanti, perché voglio guardarti in viso mentre godi in me."
"Come vuoi tu. Adesso, però, tocca a te farmi tuo." disse il bel ragazzo napoletano carezzando il membro ancora fieramene eretto del suo compagno.
Si stese sulla schiena, si tirò le gambe sul petto e si offrì con un sorriso invitante all'altro. Austin gli si addossò con piacere e, guidato da Corrado, lo prese con controllato vigore. Man mano che gli affondava dentro lentamente, il bel volto maschio di Corrado si colorò di un sorriso beato.
"Oh, Austin... oh, Austin... sei mio!" mormorò mentre il volto gli si arrossava per il piacere.
Il fatto che Corrado, mentre riceveva in sé il forte membro dell'altro lo sentisse suo, dette uno speciale piacere ad Austin. In fondo, pensò, era vero, "prendere" l'altro era donarglisi, per lo meno quando questo era fatto con amore. E lui ormai sentiva che era amore quanto lo univa al suo compagno. E quando anche lui raggiunse l'orgasmo nell'altro, sentì che non gli stava dando solo il proprio seme, ma tutto se stesso, tutto il suo amore.
Stesi uno a fianco all'altro, le loro membra intrecciate, Austin disse a Corrado quanto aveva provato, pensato, sentito durante quel loro primo, bellissimo amplesso. Corrado annuì.
"Sì, sono d'accordo con te. È proprio come dici. La differenza sta tutta qui, nel farlo per divertirsi o per dimostrarsi amore. Io, prima di ora, avevo avuto due o tre storie, ma in nessuna c'era l'intensità che ho provato oggi con te, perché in nessuna c'era veramente amore. C'era solo piacere, voglia di divertirsi."
"Ti va di parlarmi delle tue storie prima di incontrare me? Di raccontarmele?" gli chiese Austin.
Corrado scosse il capo sorridendogli: "No, non ora per lo meno. Forse te le racconterò un giorno, ma non ora. Sono troppo poco importanti, rispetto a quello che abbiamo fatto, che c'è fra noi. Mi pare quasi di guastare la bellezza di questo momento a parlartene."
"Come vuoi, amore."
"Oh, finalmente. Mi chiedevo quando mi avresti chiamato amore!"
Austin sorrise: "Ma tu non mi ci hai ancora chiamato..."
"Non posso, adesso."
"Perché?" gli chiese incuriosito e sorpreso Austin.
"Perché ora tu me l'hai chiesto, e non verrebbe dal mio cuore, ma dalla mia testa. Ma io sento di amarti, perciò verrà fuori, prima o poi, dal mio cuore." gli rispose con dolcezza il ragazzo.
Austin, senza volerlo, paragonò nuovamente Quentin con Corrado. Quentin aveva un aspetto dolce, gentile, non effeminato ma delicato. Corrado invece aveva un aspetto virile, maschio, eppure era altrettanto dolce. Si disse che era stato due volte benedetto: gli unici due ragazzi della sua vita, erano entrambi amanti, così diversi eppure così simili... E si disse che questa volta avrebbe difeso il suo amore a prezzo della propria vita.
Corrado si staccò da lui: "Devo rivestirmi, devo andare." gli disse con il tono di chi chiede scusa.
"Purtroppo. Più tardi scendo anche io."
Si rivestirono, guardandosi di tanto in tanto, scambiandosi un sorriso. Austin lo accompagnò alla porta e, prima di lasciarlo andare, ve lo sospinse contro e lo baciò di nuovo. Sentì che Corrado si stava di nuovo eccitando e questo gli fece piacere.
"Lasciami andare... per favore," mormorò il ragazzo, "o papà si arrabbia con me."
"Sì, vai."
"Mi dispiace... vorrei tanto tornare di là con te, amore, ma non posso."
"Vai, vai... lo so." gli disse Austin aprendogli la porta.
Corrado scese le scale a due a due, veloce, quasi temesse di non avere la forza di separarsi dal suo amante.
Con il passare del tempo la loro relazione si rafforzava ed erano entrambi sempre più felici. Come prima, a volte facevano una passeggiata assieme, ma a volte si rifugiavano nell'appartamentino di Austin per dimostrarsi l'intensità del proprio amore con tutto il proprio corpo.
Qundo erano assieme in pubblico, anche nell'osteria, riuscivano a non tradire il legame che c'era realmente fra loro, si comportavano come due semplici amici. O almeno così credevano. Ma purtroppo una serie di piccoli indizi mise sul chi vive la madre di Corrado. Per un po' la donna non disse nulla, perché pur avendo intuito che cosa veramente c'era fra il figlio e il cameriere, non ne poteva essere sicura e temeva, o sperava, di sbagliarsi.
Ma il dubbio rodeva la donna, spaventata dall'idea di avere messo al mondo un figlio "disgraziato". Capiva che non poteva affrontare Corrado, e meno ancora Austin, esponendo loro i propri sospetti. Al tempo stesso non riusciva a darsi pace. Si arrovellava perciò, chiedendosi come poteva fare per togliersi quel dubbio così brutto.
A volte si diceva che stava mettendo malizia dove non c'era, altre le pareva invece di vedere quello che altri non erano capaci di notare. Soprattutto una cosa la metteva in sospetto: mentre il minore, Francesco, che pure aveva solo diciotto anni, già era chiaramente attratto dalle ragazzine a cui faceva gli occhi dolci e con cui a volte faceva lo scemotto, Corrado, pur avendo venti anni, pareva non accorgersi nemmeno dell'esistenza delle ragazze. E così era per Austin, che aveva ventiquattro anni! "È vero," si diceva, "che gli inglesi sembrano più freddi e riservati di noi napoletani... ma Corrado, anche se è cresciuto qui in Inghilterra, ha sangue napoletano..."
Così un giorno, quando Corrado salì da Austin "per giocare a scacchi" come diceva di solito, la donna attese un'oretta, poi salì anche lei e bussò alla porta, chiamando il figlio: "Corrado! Corrado, apri!"
I due giovani, che erano in pieno amplesso, si staccarono sbiancando, si rivestirono il più rapidamente possibile, poi andarono ad aprire la porta.
Lucia Renzulli entrò come una furia: "Com'è che ci avete messo tanto a rispondere?" chiese irata e, scostando il figlio, entrò nella camera a letto fermandosi davanti al letto sfatto e con le lenzuola stazzonate. "Ah! È qui che giocavate a scacchi, disgraziati? Eh? E tu, che t'ho preso quasi come un figlio, tu hai rovinato a mio figlio, porco!" gridò la donna e sputò su Austin.
"Mamma! Non vi permetto..." disse Corrado in napoletano.
I due discussero animatamente, Austin non capiva una parola, ma capiva anche troppo chiaramente che stava cominciando di nuovo l'incubo. Pallido, li guardava confrontarsi, chiedendosi che cosa doveva fare, che cosa poteva fare. Avrebbe tanto voluto capire il napoletano, o che i due parlassero in inglese...
Provò ad intervenire: "Signora Lucia, vorrei..."
La donna lo fulminò con gli occhi e gli sibilò, in inglese: "Zitto, tu!" e riprese a discutere con il figlio.
Austin non poté far altro che ammirare come il ragazzo teneva testa alla furia della madre, con forza, vigore, sicurezza di sé, pur non assumendo mai un atteggiamento aggressivo. Poi la madre uscì come una furia dall'appartamento, così come era entrata.
Allora Corrado disse ad Austin: "Tu aspettami qui. Non ti muovere. Torno su appena posso."
"Ma... che fai?"
"Dovrò affrontare tutta la famiglia, a questo punto. O ci lasciano in pace... o ce ne dovremo andare. Non vedo altra soluzione. Tu sei disposto a venire via con me, se è il caso, no?"
"Sì, certo... ma vorrei venire giù anche io, affrontare con te la tua famiglia." disse Austin desolato.
Corrado sorrise: "Se tu sapessi il napoletano, magari... Fidati di me!"
"Buon dio, Corrado... mi dispiace tanto... vorrei... Non voglio che finisca come..."
"No! Non finirà male, te lo giuro. Fidati di me." ripeté Corrado, diede un rapido bacio all'amato e scese a fronteggiare la famiglia.
Austin sedette in cucina, profondamente scosso. Sì, certo, era pronto ad andare via con Corrado, in capo al mondo se necessario. Ma avrebbe voluto poter essere a fianco del suo ragazzo, ora, per lottare con lui.
Più il tempo passava, più Austin si sentiva male. Si chiedeva che cosa stesse succedendo giù di sotto... come se la stesse cavando Corrado... Immaginò scene di violenza fisica e voleva correre giù, ma Corrado gli aveva detto di non muoversi. Infine non fu più capace di resistere, era passato troppo tempo. Si alzò, aprì la porta per scendere, ma vide che Corrado stava salendo le scale.
"Amore..." mormorò Austin facendosi da parte per farlo entrare. "Allora?"
Il ragazzo lo guardò con occhi di brace, ma gli sorrise: "Ce ne andiamo, amore. I miei non hanno voluto sentire ragione. Solo Francesco ha provato a tenere le nostre parti, e s'è preso un ceffone da papà. Papà ha detto che non sono ancora maggiorenne e che non posso ancora decidere per me stesso. Io gli ho detto di farmi fermare dalla polizia..."
"Lo può fare..."
"Ma non lo farà... Né denuncerà te per corruzione di minore, come aveva minacciato. Perché io gli ho detto che sarebbe certo una pessima pubblicità se tutta la città viene a sapere che la sua osteria è l'osteria 'al bel ricchione', la parola in napoletano per dire omosessuale. Ha capito che non gli conviene, e alla fine m'ha ordinato di scomparire... E noi scompariremo, vero, amore? Scompariremo assieme."
"Sì, certo. Buon dio, ho avuto tanta paura per te... ho temuto che ti picchiassero... che ti impedissero di uscire di casa, di tornare da me."
"Mio padre ha provato una sola volta ad alzare le mani su me... L'ho afferrato per il polso e l'ho obbligato ad abbassare il braccio... sono più forte di lui."
"Avrei tanto voluto essere giù assieme a te... mi pareva di morire quassù, senza sapere che cosa accadeva giù di sotto."
"Lo so, amore mio, lo so. Ma io ti sentivo vicino a me, e ho avuto la forza di tutti e due, per tutti e due. Stanotte dormo qui con te... finalmente possiamo passare tutta una notte assieme, come abbiamo sempre sognato. E domani facciamo le valigie e ce ne andiamo. Che ne dici se andiamo a Londra? Se ci cerchiamo un lavoro là, e ci facciamo una nuova vita?"
"Sì, amore. Per me un posto vale un altro, se è con te."
"Mia madre ci aveva interrotto sul più bello... che ne dici se riprendiamo... la nostra partita a scacchi?" chiese Corrado con un sorriso allettante.
"Te la senti, amore?"
"No, non me la sento: ne ho bisogno, per sentire che la vita è bella, qualunque cosa capiti." gli disse Corrado attirandolo con sé verso la camera da letto.
La mattina seguente, mentre stavano facendo le valigie, bussarono alla porta. Si guardarono allarmati, poi Corrado disse: "Vado io ad aprire."
Era Francesco. "Corrà, sono riuscito a trovare i soldi delle tue mance, e ci ho messo insieme anche i miei e ho convinto Anna a metterci pure i suoi... non è una cifra, ma vi serviranno..." disse porgendogli una scatoletta di legno.
"Entra, Francé, e parla in inglese, così anche Austin può capire."
Il ragazzo si rivolse a Austin: "Mi dispiace, sai, mi dispiace per voi due. Se vi volete bene, come ha detto Corrado, secondo me nessuno deve avere da ridire. Viviamo in un mondo di merda, Austin, purtroppo. Che pensate di fare, adesso?"
"Stiamo facendo le valigie. Andiamo a Londra, ci cerchiamo un lavoro." rispose Austin.
"Che dio ve la mandi buona. Quando partite?"
"Credo prima di pranzo. Tanto... mica possiamo venir a mangiare di sotto, no?" gli disse con ironia Corrado.
"Sei stato forte, ieri, Corrado, da solo a tenere testa a papà e a mamma. E a Anna."
"Mi dispiace che papà t'ha menato." gli disse il fratello.
"Era da quando avevo quattordici anni che non mi metteva più le mani addosso. Ma per me, può menarmi finché vuole, io starò sempre dalla tua parte, Corrado. Se tu sei ricchione, mica è colpa tua. E se Austin è ricchione, resta un tipo in gamba come prima. E se state bene insieme, io sono solo contento per voi. Però adesso è meglio che torno di sotto, sennò me le busco di nuovo. Addio, fratellone, addio Austin, e buona fortuna."