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una storia originale di Andrej Koymasky


I DINOSAURI SONO DURI A MORIRE CAPITOLO 10
UN DINOSAURO PENTITO

Corrado e Austin, da circa sette mesi, avevano lasciato il lavoro nell'impresa di demolizioni come pure l'ostello dell'Esercito della Salvezza, perché fratel Ilyffe aveva trovato loro lavoro come camerieri in un raffinato e famoso ristorante di Mayfair. Il proprietario aveva anche procurato loro una stanzetta poco lontano, con un lavandino nella camera e con il cesso in comune con altre stanze in fondo al corridoio. Per lavarsi bene andavano ai bagni pubblici.

Non era raro che giovani lavoratori lontani dalle loro famiglie condividessero una stanza, e neppure era raro che condividessero lo stesso letto da una piazza e mezza, dato che la stanza era davvero piccola e non vi era abbastanza spazio per metterci due letti separati.

Anche se nel periodo passato nell'ostello dell'Esercito della Salvezza avevano potuto fare l'amore quasi ogni notte, ora erano molto più liberi, non dovevano preoccuparsi di non far rumore, e potevano anche unirsi da davanti come piaceva loro o in qualsiasi altra posizione preferissero, scambiarsi effusioni, fare l'amore anche alla luce del giorno, o con la lampada accesa, in modo di godere l'uno della vista dell'altro, scavallare sul letto e mugolare per il piacere senza timore d'essere uditi. Il ritratto di Quentin, appeso in capo al loro letto, li guardava con il suo immutabile, dolce sorriso, quasi fosse, per i due giovani uomini, un nume tutelare.

Benché le loro condizioni fossero modeste, erano felici, perché sentivano che la vita iniziava a sorridere loro ancora una volta. La paga settimanale non era alta ma, con qualche mancia che a volte ricevevano, potevano arrotondare e vivere decentemente.

Mentre Austin continuava a fare il cameriere, elegante nella sua impeccabile uniforme, Corrado fu passato in cucina come aiuto cuoco, dato che se ne intendeva di cucina. Il proprietario l'aveva scoperto un giorno, quando il cuoco s'era malamente ustionato la mano destra e Corrado s'era subito offerto di andare a cucinare lui, cavandosela piuttosto bene e togliendo così d'impiccio il ristorante. Questo aveva permesso a Corrado di ampliare le sue conoscenze di cucina, aggiungendo ai piatti italiani che già conosceva bene, anche la cucina inglese e qualche piatto di quella francese.

Un giorno il proprietario, andando in cucina, disse a Corrado: "Hai letto il giornale? Ieri il capo del vostro governo, Mussolini, ha incontrato il nostro primo ministro Chamberlain per riaffermare le buone relazioni d'amicizia fra i nostri due paesi."

"Io sono nato in Italia, ma ora sono inglese, quindi il capo del mio governo è Chamberlain, non quel Mussolini. E secondo me avrebbero dovuto incontrarsi l'altroieri, non ieri."

"Cioè? Non capisco..."

"L'altroieri era il primo aprile... sarebbe stato un bel pesce d'aprile, cioè. A me la politica di quel Mussolini, proprio non piace. Ho letto che sta militarizzando tutta la gioventù italiana. Sono davvero contento di essere cittadino inglese."

"Ma ha anche fatto la pace con la chiesa cattolica... questo ti dovrebbe fare piacere, no? Non sei cattolico, tu?" obiettò il proprietario.

"Il giorno in cui la chiesa anglicana farà pace con la chiesa di Roma, allora magari sarò più contento. Tutte queste chiese, ognuna che pretende di essere l'unica vera e giusta, e che mettono il naso nella nostra vita privata, a me proprio non piacciono per niente."

"Sei un ateo, tu? Un marxista?" gli chiese l'uomo, sospettoso.

"Ma no, neanche per sogno. Dio esiste e il marxismo è un'altra religione, anche peggiore delle altre. La mia religione è essere onesto, fare bene il mio lavoro, rispettare gli altri... e dare una mano a chi ne ha bisogno."

"Sei il primo italiano che conosco che non è un papista."

"Sono ingleseeeee!" rispose Corrado ridendo e continuando a trafficare ai fornelli.

In quella si affacciò in cucina Austin: "Ehi, inglese! Due roast beef con Yorkshire pudding!"

"Subito. L'agnello con patate è pronto." rispose Corrado indicando il piatto che aveva appena finito di preparare.

Austin prese il piatto e andò in sala a servire.

"Non ho capito come siete parenti, tu e Austin..." chiese il proprietario.

"Eh, bisognerebbe chiederlo a mia madre o a sua madre, non l'ho capito nemmeno io! So solo che siamo parenti, cugini alla lontana. Forse per le costole di Adamo, come direbbe mia madre. Oppure 'we have come over with the Conqueror', come direbbe Austin."

L'uomo rise e sentendo che entrava qualcuno nel ristorante, tornò in sala per accogliere i clienti.

Entrò un uomo di mezza età, con una ragazza sui venticinque-trenta anni, scortata da un elegante giovanotto più o meno suo coetaneo.

Il proprietario del ristorante li salutò con un ampio sorriso: "Che piacere rivedervi! Accomodatevi, prego. Questa, se non erro è vostra figlia, giusto? E... vostro figlio?"

"No, è il suo promesso sposo. Si celebrano le nozze il 23 di questo mese. Volevamo sapere se sareste disposto ad affittarci il locale per il party, dato che a casa mia non vi è sufficiente spazio. Comunque pranziamo qui, ora."

"Certo, certo. Austin, un tavolo per tre. Quanti invitati vi saranno? Noi qui abbiamo circa quaranta posti a sedere..."

L'uomo guardò con espressione intenta il giovane cameriere che li guidava a un tavolo, anche mentre sedevano.

Il proprietario gli chiese di nuovo: "Quanti invitati pensate di avere?"

"Ah, sì... non più di quaranta, fra tutte e due le famiglie." rispose quasi distrattamente.

"Nessun problema, allora. Ma ora mangiate tranquilli, ci accorderemo dopo per il menu e il prezzo, se per voi va bene."

"Sì, certamente." rispose l'uomo.

Austin porse i menu, poi prese l'ordine. Era un po' imbarazzato per lo sguardo con cui l'uomo di mezza età lo guardava.

Stava per andare in cucina a passare l'ordine, quando l'uomo si alzò, lo prese lievemente per un braccio e gli disse: "Potete indicarmi dove è la toilette, per cortesia?"

"Certo, signore, è quella porta, a fianco della porta della cucina."

Si avviarono, ciscuno verso la propira meta, poi l'uomo pose nuovamente una mano sul braccio di Austin, facendolo fermare, e gli chiese: "Voi siete per caso... Austin Stephenson?"

Il giovane uomo lo guardò sorpreso, poi disse: "Sì, sono io. Ma non ho il piacere..."

L'uomo prese il portafogli dalla tasca, ne trasse un biglietto da visita, e lo porse ad Austin. Questi lo prese, lo guardò e sbiancò. Vi era scritto "Wayne Harvey Morrigan".

"Siete... il padre di... Quentin?" chiese esitante.

"Sì. Avrei piacere di parlare con voi, se e quando vi accomoda. Sono lieto di avervi trovato, dopo cinque anni..."

"Lieto, signore?"

"Sì, lieto. Potreste venire a casa mia, quando siete libero? Questo pomeriggio? L'indirizzo è sul mio biglietto da visita. Ho bisogno di parlare con voi."

"A casa vostra? Potrei venire verso le quattro e mezza, se per voi va bene."

"Ottimo, vi attenderò per quell'ora. Grazie. Sarò solo, mia figlia non sarà in casa."

"Vi spiace se con me viene... un mio caro amico?"

"Se è... se può ascoltare certi discorsi senza problemi... comprendete che cosa intendo, vero? Se siete sicuro..."

"Sa tutto di Quentin e me." rispose Austin quasi tremando.

"Allora, potete certamente portarlo con voi. Grazie."

Austin andò in cucina a portare l'ordine, poi chiamò Corrado in disparte e sottovoce, agitatissimo, gli disse dell'invito ricevuto dal padre di Quentin e gli chiese se voleva accompagnarlo a quell'incontro. Corrado, dopo avergli chiesto se se la sentiva di affrontare il padre di Quentin, accettò immediatamente.

Nell'intervallo fra pranzo e cena, i due si recarono a casa dello scrittore, del padre di Quentin. Questi li accolse con cortesia, li fece accomodare in un salotto e offrì loro un liquore. Quindi iniziò a parlare.

"Immagino che sappiate, Mister Stephenson, quale sia stata la fine di mio figlio Quentin..."

Austin annuì, incapace di parlare per il nodo che gli serrava la gola.

"Quando mi hanno consegnato... quello che aveva su di sé in quel momento... ecco..." disse estraendo dalla tasca la scatola d'argento che pareva un portasigarette, con incisioni in stile Art Déco, lievemente ammaccata, e posandola sul basso tavolino di fronte a Austin, "con la vostra fotografia, grazie alla quale oggi vi ho riconosciuto. E dietro la fotografia... le parole che vi avevate vergato..."

"Io, signore... io ho amato Quentin con tutto me stesso... ve lo giuro!" affermò a bassa voce, terribilmente emozionato, Austin.

"Sì, vi credo. E mio figlio ha amato voi con la stessa intensità. Ma io, purtroppo, non l'ho capito per tempo... Ho pensato a una cosa senza peso, fra ragazzi... chi di noi da adolescente non ha avuto qualche storia con un amico... e ho accettato la richiesta di vostro padre di separarvi... E l'ho pagato a caro prezzo questo mio errore."

"Vostro figlio l'ha pagato a caro prezzo, signore." gli disse Austin, in tono accorato, senza mettere un tono di accusa nelle sue parole. "E se voi vi ritenete responsabile della sua... fine, lo sono altrettanto anche io che... invece di ribellarmi, invece di fuggire di casa e venire a cercarlo..."

"Ma che potevate fare voi, povero ragazzo, in questo mondo di dinosauri che avrebbero fatto del tutto per impedirvi di vivere il vostro amore... che non sanno capire come un amore come il vostro possa essere naturale, bello, puro? Vostro padre, io stesso, i nostri uomini politici, i nostri uomini di chiesa... tutti dinosauri che, se pure duri a morire, sono destinati all'estinzione! Ma che, prima di estinguersi, semineranno altre distruzioni, altre morti, altre sofferenze con i loro morsi e i colpi delle loro temibili code."

L'uomo tacque in un singhiozzo. Poi disse: "So che la cosa non mi riguarda, ma... il giovanotto che è qui con voi... ha preso il posto del mio Quentin, immagino."

Corrado parlò: "Nessuno può prendere il posto del vostro Quentin nel cuore di Austin. Il suo ritratto è in casa nostra... sopra il nostro letto. Semplicemente, Austin ha accolto anche me nel suo cuore, poco più di un anno fa, dopo aver pianto il suo primo amore per anni... come voi."

"Me ne compiaccio. E spero che voi due possiate avere quella felicità che noi dinosauri abbiamo negato a Quentin. Avrei dovuto prendere le parti di Quentin e le vostre, Austin, e fare in modo che fosse felice con voi. Non ho avuto coraggio, non ho saputo capire, non ho saputo ascoltarlo... Perdonatemi, Austin, visto che è troppo tardi per chiedere perdono a mio figlio."

Austin sentì l'angoscia nella voce dell'uomo e la lesse nei suoi occhi. Allora tese una mano e la posò su quella dell'uomo.

Parlarono a lungo. L'uomo si informò su di loro, volle sapere la loro storia. Quando seppe che erano dovuti andare via da Cambridge, che Austin aveva lasciato gli studi, che Corrado era stato cacciato di casa, scosse il capo.

"Io ho allevato mio figlio meglio che potevo, come ha fatto mio padre con me. Mio padre ha fatto errori con me, come io con il mio Quentin. Ma il mio errore è stato... fatale. Da tempo ho l'intenzione di fare qualcosa in memoria di mio figlio... So che non può riparare il male che, involontariamente, gli ho fatto. Pensavo a una borsa di studio, oppure a una donazione a un'opera caritativa. Ma ora... ora so che cosa devo fare. Ora... per rimediare, voglio che almeno voi due siate felici."

"Lo siamo..." disse Corrado stringendo una mano di Austin con affetto.

"Sì, e me ne rallegro. Ma da quanto mi avete detto, avete una vita... povera, dura. Felice, lo capisco, ma non certo piacevole, non certo agiata. Perciò se voi mi fate la grazia di accettare, vorrei usare la somma che avevo deciso di spendere in memoria di mio figlio, perché possiate aprirvi un ristorante, visto che mi dite che vi piace il vostro attuale lavoro, e avere un alloggio confortevole. Vi prego di farmi questa grande gentilezza, di accettare..."


Pochi mesi più tardi, in prossimità di Primrose Hill, si inaugurò un piccolo ma elegante ristorante, con un forno a legna per le pizze, che aveva per insegna una Croce di Malta bianca su fondo rosso con intorno la scritta in ferro battuto "Tin & Tin - Pizza and food". Il ritratto di Quentin campeggiava su una parete. Al piano superiore vi era il nuovo appartamentino di Austin e Corrado.

Grazie alla pubblicità fatta da Wayne Harvey Morrigan, il ristorante divenne presto il ritrovo di scrittori e artisti e presto rese bene, tanto che dovettero assumere un paio di camerieri e un aiuto-cuoco. Gradualmente lo scrittore divenne, oltre che un assiduo frequentatore del ristorante, quasi un padre per i due giovani amanti. L'uomo aveva anche voluto dare il portaritratti d'argento a Austin.

Chiuso a notte il ristorante, i due amanti salirono in casa.

"Sai che giorno è oggi?" chiese Austin.

"Sì, giovedì... perché?"

"Due anni fa, esattamente, io ti ho chiesto se volevi fare l'amore con me."

"Davvero? Non mi ricordavo... ti sei segnato il giorno sul calendario?" gli chiese Corrado, abbracciandolo e stringendolo a sé.

"No. L'ho segnato nel mio cuore."

"E come mai non mi hai ricordato il nostro primo anniversario?"

"Perché eravamo ancora due poveri spiantati... come dicevi sempre tu... e non avevo niente di bello da offrirti."

"Bugiardo! Avevi da offrirmi il tuo amore, no? Cosa di più bello?" lo corresse con dolcezza.

"Ora, però, anche se è grazie al padre di Quentin, abbiamo un lavoro che ci piace, un'appartamento piccolo ma grazioso e confortevole, il nostro ristorante e gli affari vanno bene... Ora possiamo veramente celebrare."

"E... come pensi di celebrare, amore?" gli chiese Corrado premendosi contro di lui.

"Offrendoti una fantastica notte d'amore!"

"Mhmh... l'idea non mi dispiace, ma tu m'hai già offerto altre volte, molte volte, fantastiche notti d'amore."

"E anche questo." gli disse Austin mettendo una mano in tasca ed estraendone un pacchettino che gli porse.

Corrado si staccò da lui, prese il pacchettino e lo scosse: "Non fa nessun rumore... cosa c'è dentro?"

"Aprilo..." gli disse con un sorriso Austin.

Corrado lo aprì e, in una scatolina, fra due strati di bambagia, c'era una catenella d'oro. "Ma... è quella di Quentin!"

"No, amore, tu m'hai detto che non te la dovevo regalare, però a me sarebbe piaciuto che tu l'avessi. Allora ho portato la mia da un orefice che ne ha copiato accuratamente il disegno e ne ha fatta una identica, per te. In questo modo, visto che non possiamo scambiare gli anelli come possono fare due sposi, abbiamo per lo meno la stessa catenella al collo."

"Sei davvero un amore, Austin. Se non fossi già innamorato di te... mi innamorerei adesso!"

"E spero che ci innamoreremo l'uno dell'altro ogni giorno, di nuovo e di nuovo, ogni volta che apriamo gli occhi la mattina..."


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