GLI EMIGRANTI | CAPITOLO 1 VIAGGIO IN TRANSATLANTICO |
Alceo Nogarol, un bel ragazzo di venticinque anni, stava steso sul ponte inferiore, quello degli emigranti poveri, il capo appoggiato sulla sua vecchia valigia di cartone tenuta assieme da un'accurata legatura eseguita con una corda di canapa. Guardava il cielo di un azzurro intenso, mentre era cullato dal lieve rollio del Duilio, il grande transatlantico che navigava sulla linea Genova Buenos-Aires. Il transatlantico aveva dieci piani, di cui due, le stive, sotto il livello dell'acqua. Su in alto c'erano i saloni, i ponti e i lussuosi ambienti per i più ricchi. Poi, via via, scendendo, quelli per la gente con meno soldi e per l'equipaggio. Loro, gli emigranti più poveri, non avevano neanche una cuccetta, un pagliericcio su cui dormire e stavano ammassati su quel ponte inferiore, lontani dagli occhi dei ricchi, per non disturbare la loro vista e le loro feste. Alceo aveva saputo che il Duilio era stato varato nel 1916 nel cantiere Ansaldo di Sestri Ponente. Uno dei marinai, un certo Renzo, con fierezza, gli aveva detto che il transatlantico aveva una stazza di 24.400 tonnellate e che le sue dimensioni erano di 193 metri per 23 metri; che aveva una turbina che faceva girare quattro eliche, sì che riusciva a sviluppare 19 nodi di velocità... Alceo ci aveva capito poco, specialmente su quella questione della velocità misurata in nodi, ma gli era piaciuta la fierezza di quel marinaio, che ne parlava come se il Duilio fosse stato suo. Ma più di tutto, ad Alceo, era piaciuto il marinaio, un bel ragazzo della sua stessa età, che navigava già da nove anni e da sei lavorava sul Duilio. Gli piaceva la sua parlata un po' strascicata e lenta, classica dei liguri, i suoi occhi colore dell'acquamarina, le sue labbra sensuali, il suo corpo forte... Quando Renzo gli aceva detto di essere nato a Chiavari, Alceo aveva sorriso. "Come si chiamano gli abitanti di Chiavari? Chiavatori?" gli aveva chiesto scherzoso. "Quando ne vale la pena... sì." gli aveva risposto Renzo guardandolo dritto negli occhi, con un sorrisetto malizioso che l'aveva fatto fremere, "Sennò, ci chiamiamo chiavaresi. E tu, dove sei nato?" "A Porcia... perciò sono un porcello." rispose ridendo Alceo. "E dov'è, Porcia? Mai sentita nominare." "Non lontano da Pordenone, in Friuli." "Ah, sì, hai la parlata veneta, tu." "No, non veneta, friulana. Beh, un chiavatore e un porcello... possiamo diventare amici, no?" propose Alceo studiandone l'espressione. "Penso proprio di sì, abbiamo ancora un mese di navigazione... mi piacerebbe. Se ti va, quando sono libero, ti posso far visitare la nave... almeno alcune parti, dove sono autorizzato a farti entrare." Erano diventati amici... e anche più che amici. Era successo quando Renzo l'aveva portato a vistare, di nascosto, una delle cabine di lusso che non era stata assegnata. Erano sgattaiolati dentro la cabina e Renzo aveva chiuso la porta dall'interno. Alceo si guardava attorno con gli occhi sgranati. "Caspiterina, se è bella! Pure più bella della camera da letto del conte Brandolini! Che lusso! E guarda che bel letto grande! Ha l'aria di essere soffice..." disse avvicinandosi e saggiandone con una mano la consistenza. "Vuoi provare a sdraiartici? Basta che ti levi le scarpe." gli aveva suggerito Renzo. Alceo aveva annuito, s'era slacciato e levato le scarpe ed era salito sul letto, stendendovisi, le braccia e le gambe larghe occupandolo tutto e rilassandovici, e aveva emesso un lieve fischio di ammirazione. "Com'è? Come ci stai?" gli aveva chiesto Renzo avvicinandosi al letto e guardandolo con un indefinibile sorriso. "Da Papa. Ma ci starei meglio se non ci stessi da solo." aveva risposto Alceo guardandolo con un sorrisetto. "Ma se stai così, lo occupi tutto e non c'è posto per nessun altro." "Come no. Basterebbe solo che mi venisse sopra, no?" "Ah, e cosa faresti?" gli chiese Renzo. "Ci scoperei..." rispose Alceo. "Io sono un porcello, no? E tu? Non hai detto che quando ne vale la pena, sei un chiavatore?" "Sì... quando ne vale la pena." rispose a mezza voce il marinaio, e fece scorrere lentamente lo sguardo sul corpo di Alceo. "E... che ne dici... ne vale la pena?" chiese il ragazzo, cominciando a eccitarsi: sentiva l'erezione iniziare a premere sotto i suoi panni. Renzo lo guardò di nuovo, e notò il lieve movimento e il crescente gonfiore fra le gambe dell'altro. Allora allungò una mano e l'appoggiò sulla patta di Alceo, premendo lieve e sentendone l'erezione: "Pare proprio di sì." disse allora con un sorrisetto. "Che aspetti, allora, a farmi vedere qanto vali, marinaio?" lo invitò il ragazzo tendendo una mano ad afferrare l'altro alla cintola e tirandolo a sé. "Levati le scarpe, dai." "Solo?" gli chiese maliziosamente Renzo, salendo sul letto. "Il resto te lo levo io, se tu mi rendi la cortesia." Restati a torso nudo, Renzo si stese su Alceo e lo baciò, sfregandogli il petto sul petto, e, attraverso la tela dei calzoni, l'erezione contro l'erezione. "Ti piace inculare o essere inculato?" gli chiese Renzo, con la voce resa un po' roca dall'eccitazione. "Il maestro m'inculava, il conte si faceva inculare... Per me vanno bene tutti e due. E tu?" "Anche. Ma il mio ragazzo si fa solo inculare, perciò adesso preferisco che tu me lo metti in culo." "Il tuo ragazzo? Qui a bordo? Un altro marinaio?" "Sì, qui a bordo. Ma lui fa il cameriere su al ponte di lusso... Si chiama Sergio, ha ventuno anni, e io lo chiavo da due." "E come mai, se hai un ragazzo, sei qui con me?" gli chiese Alceo, aprendogli i calzoni e sfilandoglieli, tirando dai piedi. "Siamo liberi di divertirci. Lui ieri è stato accostato da Stefanelli, sai, il tenore... Così adesso si fa inculare anche dal tenore." rispose Renzo levando i calzoni ad Alceo. Gli infilò le mani nelle gambe delle mutande a calzoncino e giocò con il membro eretto e i testicoli di Alceo; "Mmmh, ti va se ti succhio un po' questa tua bella stanga, poi me la metti tutta in culo?" Alceo rispose: "Solo per farti piacere, s'intende." e ridacchiò, pizzicando lieve i capezzoli del marinaio. "Com'è che ti sei messo con il tuo cameriere? È bello? Ci sa fare?" "L'ho conosciuto al porto, che batteva noi marinai... e così l'ho convinto di venire a lavorare qui sul Duilio, visto che lui già faceva il cameriere e qui ne cercavano due nuovi. Sì, Sergio è bello e ci sa fare. Ma tu pure." Si tolsero a vicenda anche le mutande e il marinaio si accoccolò fra le gambe del compagno per dargli piacere con la bocca: era evidentemente un esperto. Ora completamente nudi, Renzo si tirò le gambe sul petto e si offrì ad Alceo. Questi si chinò a leccare e insalivare il foro del marinaio, quindi gli andò sopra. Renzo lo guidò in sé. Alceo prese a pompargli dentro con piacere e allegria: era ormai quasi un mese che non aveva la possibilità di dare pieno sfogo ai suoi desideri sessuali. "Ti piace?" gli chiese Alceo, guardandone gli occhi chiari e ridenti. "Sì, sbattimi, dai, non ci andare così delicato, mi piace sentirlo bene... Ecco, bravo, così... fammelo sentire tutto." Alceo non aveva bisogno di essere incitato, e cavalcò il bel marinaio con crescente gusto e vigore. Questi gli si agitava sotto con evidente piacere. Man mano che le sensazioni si facevano più forti, più acute, smisero di parlare per dedicarsi completamente al reciproco piacere. Entrambi avevano occhi ridenti. Di tanto in tanto Alceo gli si chinava sopra e si baciavano a fondo, poi riprendeva la sua ginnastica erotica nel caldo canale del bel marinaio. Quando finalmente entrambi ebbero raggiunto l'orgasmo, si rilassarono, lievemente ansanti, Alceo ancora profondamente infisso nell'altro. "Sì..." mormorò Renzo, "ti faccio cittadino onorario di Chiavari: sai chiavare bene. Passeremo un bel mese, tu e io... Comunque qualche volta mi farai anche assaggiare il tuo bel culetto, vero?" "Certo. Potremo tornare qui, per farlo?" "Non sempre, non sarà facile. Ma ci sono anche altri posti, qui a bordo... lascia fare a me. Hai nominato due volte un conte... eri il suo ragazzo?" "Ero il suo stalliere... e il suo stallone da monta. Il conte Maurizio Brandolini d'Adria... Quando sono entrato al suo servizio avevo ventidue anni e lui dieci più di me. Sono stato per tre anni al suo servizio." "E nel suo letto? E com'è che adesso fai l'emigrante? Ti ha licenziato?" "No, me ne sono andato io. M'ero rotto le palle a stare con lui. Quando aveva voglia di farsi fottere, e poi anche a letto, era gentile, mi trattava come un signore. Ma fuori dal suo letto, davanti agli altri, mi trattava male; aveva sempre qualcosa da rimproverarmi, non gli andava mai bene quello che facevo, mi trattava peggio degli altri servi." "Ma com'è che vi siete messi assieme? Tu e un conte?" gli chiese Renzo, mentre si rivestivano. "Ero senza lavoro, ero entrato in un albergo dove m'avevano detto che cercavano un facchino. Quando però ci sono andato, mi hanno detto che lo avevano appena trovato. Io avevo insistito chiedendo se non potevano darmi un altro lavoro, ma il direttore s'era spazientito e m'aveva mandato via. Il conte aveva sentito tutto... Così mi ha seguito fuori dall'albergo, mi ha fermato e mi ha detto che lui aveva bisogno di uno stalliere... E che il posto era mio se io andavo a letto con lui e lo fottevo." "Cazzo, te l'ha detto così, chiaro e tondo?" chiese Renzo stupito. "Sì, chiaro e tondo. Era un bell'uomo, l'idea mi pareva buona, la paga decente, così gli ho detto subito di sì. Mi ha detto di aspettarlo fuori dall'albergo il giorno dopo. Con la sua auto m'ha portato nel suo castello e mi ha messo subito al lavoro... prima in camera sua, s'intende, poi nella scuderia. Io, non è che volevo essere trattato meglio degli altri servi, dopo tutto lui era un conte e io solo uno stalliere, no? Ma neanche peggio degli altri: dopo tutto facevo bene il mio lavoro... sia nelle scuderie che a letto." "Ma gli altri sapevano che tu ti chiavavi il conte?" "No, certo. Specialmente sua madre, la contessa, che era una bigotta, guai se l'avesse anche solo sospettato. No, ci si vedeva di nascosto, nessuno mai ha immaginato niente di quello che c'era fra lui e me. Ma dimmi, Renzo, è vero che i marinai lo fanno tutti con gli uomini e fra loro?" "No, non tutti, ma parecchi. Qualcuno a bordo lo fa, più o meno di nascosto, con un compagno, ma poi a terra si cerca una donna, o magari ha anche la moglie. Ma qualcuno, come me e Sergio, lo fa solo con gli uomini. Che vuoi, a bordo siamo tutti maschi, e quando tira... tira. È difficile per tutti stare più di un mese senza fare niente. E comunque chi vede e sa, fa finta di non vedere e non sapere." Alceo e Renzo si vedevano, per fare l'amore, abbastanza spesso. Alceo conobbe anche Sergio, il ragazzo di Renzo e lo trovò molto bello, specialmente nella sua elegante e attillata uniforme da cameriere di bordo. Sul ponte degli emigranti ognuno aveva più o meno un posto fisso dove si stendeva per dormire, posto che era "segnato" dai bagagli che aveva con sé. Nessuno si azzardava mai a toccare i bagagli degli altri, e in un certo senso tutti facevano la guardia a vicenda, quando qualcuno lasciava i propri bagagli, ben chiusi, e andava altrove. Accanto al punto in cui si stendeva Alceo, c'era una famiglia di contadini composta di padre, madre e due figli maschi, uno di diciassette anni e uno di dodici. Erano originari del basso Piemonte. A volte si offrivano a vicenda qualcosa da mangiare, parlavano un po' della vita grama che avevano menato fino ad allora, delle speranze a cui andavano incontro. Al ragazzo più grande, Agostino, piaceva parlare con Alceo e a volte lo seguiva quando questi passeggiava per il ponte. "Alceo, ho visto che ti sei fatto amico con uno dei marinai." gli disse un giorno. "Sì, si chiama Renzo. È un tipo simpatico e mi ha fatto visitare quasi tutta la nave." "Anche i ponti di lusso?" chiese il ragazzo con gli occhi sgranati. "No, lassù, vestiti male come noi, mica ci si può andare. Solo un'occhiata un paio di volte, di straforo... Una volta il salone, mentre lo pulivano, e un'altra una delle cabine." "Cazzo, se mi piacerebbe vedere com'è! Ma dimmi, Alceo, è vero che i marinai... che fra loro fanno... certe cose?" gli chiese poi il ragazzo e, dicendo queste ultime parole, arrossì lievemente. Alceo sorrise: "Qualcuno le fa..." rispose. "Specialmente con un bel ragazzo come te... parecchi ci proverebbero." "Dici che sono bello, io? A me non pare proprio." "Sì che sei bello, invece. Se tu fossi un marinaio... più d'uno ti chiederebbe di farlo con lui, di sicuro." gli disse Alceo guardandolo e pensando che a lui sarebbe piaciuto portarsi da qualche parte quel ragazzo per fare qualcosa con lui. "In campagna... il figlio del padrone... ci aveva provato, con me." sussurrò il ragazzo e di nuovo arrossì. "E ti era piaciuto?" chiese allora Alceo, pensando che quel rossore significava che non ci aveva soltanto provato. Agostino non rispose. Appoggiato con le braccia sulla spalletta del ponte, guardava in silenzio le onde dell'oceano. "Ti era piaciuto?" chiese di nuovo Alceo, appoggiandosi a sua volta alla spalletta e guardandolo. Il ragazzo annuì. "E ti piacerebbe farlo? Con me?" chiese allora il giovane uomo. Agostino annuì di nuovo, senza guardarlo e per la terza volta arrossì. "Me lo daresti, il tuo bel culetto?" gli chiese Alceo. "Ma dove?" chiese in un sussuro il ragazzo. "So io un posto. Un posto sicuro. Ci vieni, stanotte?" "Ce l'hai mica troppo grosso?" gli chiese il ragazzo incerto. "Quand'è duro... è così." rispose Alceo facendogli capire la misura con le mani. "Allora sì, non dovrebbe farmi male. Il figlio del padrone ce l'aveva più grosso del tuo, anche se aveva solo due anni più di me... Le prime volte mi faceva male. Poi mi sono abituato... Adesso mi piace." "L'hai fatto solo con lui?" "No, lui è stato il primo... Poi con qualche altro ragazzo." "Quando, la prima volta? E com'è successo?" "Due anni fa... M'ha trovato in cucina che fregavo il miele... Allora mi ha detto che se me lo lasciavo mettere in culo non mi denunciava a suo padre. M'ha portato sul fienile, m'ha calato le brache e me l'ha messo, con lo sputo. Dopo m'ha detto che non dovevo più fregare in cucina: se volevo qualcosa, bastava che me lo lasciavo mettere da lui e lui me la dava." "E adesso ti piace?" "Sì, mi piace molto e mi piace anche... ciucciarlo. Tu te lo lasci ciucciare? Ti piace?" gli chiese Agostino con una luce di desiderio negli occhi. "Certo, e mi piace anche baciare... hai belle labbra, tu." "Baciare? Fra maschi?" chiese il ragazzo con espressione sorpresa. "Certo. È molto bello... vedrai." Riuscirono ad appartarsi. Alceo prese fra le braccia il ragazzo, sospingendolo contro la paratia e lo baciò in bocca, mentre gli premeva addosso la sua erezione. Agostino rispose al bacio, dappprima incerto e maldestro, ma presto con forte piacere e passione e Alceo sentì l'erezione del ragazzo risvegliarsi e premergli contro con vigore. Quando le loro labbra si staccarono, Agostino bisbigliò: "Cazzo, mi piace! Baciami ancora!" Alceo sorrise e lo accontentò, mentre con una mano apriva i calzoni del ragazzo. Questi, con mani febbrili, scese ad aprire quelli del giovane uomo, ne estrasse il membro turgido e lo afferrò con gentile vigore. Poi scivolò giù in ginocchio e prese a leccarglielo, baciarglielo, succhiarglielo con vera golosità ed entusiasmo. Alceo gli prese il capo fra le mani e iniziò a fotterlo in bocca con lievi va e vieni. Il ragazzo mugolava contento e frattanto si masturbava velocemente. Dopo un po', Alceo lo fece alzare in piedi, gli fece scivolare via dalle spalle le bretelle e gli calò i calzoni con le mutande. Il ragazzo gli sorrise, il viso arrossato per il desiderio, si girò appoggiandosi con le braccia contro la paratia e sporse indietro il culetto. "Dai, fottimi! Inculami, Alceo! Fammi godere!" Il giovanotto gli divaricò le chiappette con le mani, vi puntò l'asta dura e iniziò a spingere. Dopo una breve pressione per vincerne la resistenza, il foro si schiuse e accolse tutta la fiera lancia di carne, mentre il ragazzo emetteva un lieve e lungo "oooohhhh" di piacere e spingeva in dietro il culetto. Alceo gli mise una mano sul petto, sotto il camiciotto, e una sui turgidi genitali e finalmente iniziò a prendere il ragazzo con vigorosi va e vieni. Agostino dimenava lievemente il bacino a ogni affondo, gustandosi la soda invasione dell'altro. "Sì... sì... sì..." mormorava lietamente Agostino a ogni spinta. "Ti piace, eh?" gli chiese allegramente Alceo, gustandosi il caldo e accogliente canale del ragazzo, che palpitava attorno al suo membro duro. "Da morire! Dai... Oh che bello! Dai..." Alceo gli fece girare la testa e, continuando a fotterlo con gusto, lo baciò di nuovo in bocca. Agostino mugolava felice. I colpi del giovanotto si fecero più rapidi, forti, disordinati e finalmente si scaricò nel ragazzo. Ristette in lui per un po', ansante. Poi si sfilò, lo fece girare, gli si accoccolò davanti, lo fece arrivare all'orgasmo succhiandoglielo, e bevve il dolce liquore del ragazzo, fino all'ultima stilla. Quando si rialzò, il ragazzo ansava e sorrideva, gli occhi lucidi per il piacere. "Cazzo, Alceo, è stato bellissimo! Tu sì che sai fottere! Lo facciamo ancora, vero?" "Finché arriviamo a Buenos Aires, volentieri. Hai un culetto delizoso. Mi piacerebbe poterlo fare su un letto, invece che in piedi e così allo stretto." Si risistemarono gli abiti e, con prudenza, uscirono dal loro nascondiglio. Mentre tornavano sul ponte inferiore, Agostino gli chiese: "Davvero ti è piaciuto fottermi?" "Sì, certo che mi è piaciuto. Sei un bel ragazzo, te l'ho detto. Peccato che a Buenos Aires ci si dovrà lasciare." "Sì, peccato... Mi sarebbe piaciuto essere il tuo ragazzo." "Troverai qualcun altro." gli disse il giovane uomo. Alceo non si annoiò in quel viaggio, nonostante le condizioni più che disagiate del gruppo di emigranti: infatti fra gli incontri con Renzo e quelli con Agostino, quel mese abbondante di navigazione trascorse piacevolmente. Renzo aveva immaginato che Alceo si divertiva anche col ragazzo, e a volte li aveva anche aiutati a trovarsi assieme e fare l'amore in condizioni un po' meno precarie. Un paio di volte li portò nelle docce e una volta anche nella cabina di lusso dove loro due s'erano uniti la prima volta, e rimase fuori a fare la guardia perché nessuno li potesse sorprendere. Agostino rimase affascinato per l'eleganza della cabina, e più ancora quando poterono fare l'amore sull'ampio letto. Alceo aveva chiesto a Renzo se gli sarebbe piaciuto fare l'amore con Agostino. "No, mi bastate tu e Sergio. E poi per me quel ragazzino è troppo giovane." "Ha quasi diciotto anni, non è più un ragazzino. Gli piace farselo mettere, e ci sa fare. Quando ti sei messo con Sergio, dopo tutto, mi hai detto che aveva solo diciannove anni, no?" "No, per me è troppo giovane e, come t'ho detto, mi bastate voi due. E Sergio mi piace di più adesso che è cresciuto e comunque a diciannove anni era già maturo, fisicamente. Il tuo amichetto invece ha ancora l'aria di un pulcino." "No no, è già un galletto, te lo garantisco. Mi piacerebbe se potesse restare con me... Ma lui non se la sente di lasciare i genitori, quando arriviamo a Buenos Aires, perciò non ho insistito. D'altronde non è che io gli posso offrire niente." "Hai già idea che cosa farai, una volta a Buenos Aires?" gli chiese Renzo. "Uno degli emigranti, qui a bordo, mi ha dato l'indirizzo di un posto in cui i rancheros vanno a cercare nuova manodopera. I miei erano contadini, poi ho fatto lo stalliere, perciò penso di andare a lavorare in un rancho. D'altronde non è che sappia fare granché d'altro." "Sì, so che è abbastanza facile per voi emigranti trovare lavoro. Ti auguro di trovare presto qualcosa che ti piace." "Un lavoro vale l'altro, basta che ti dia da mangiare." "Qualcuno riesce anche ad arricchirsi, in Argentina." gli disse Renzo. "Di solito solo chi ha già soldi riesce a fare soldi. Piove sempre sul bagnato, no? Gli unici che riescono a fare soldi senza averne sono i ladri. A me basterebbe avere abbastanza per fare una vita normale, per avere il necessario." "Senza ambizioni non s'arriva da nessuna parte." gli disse Renzo. "Però ti capisco, anche a me sta bene il lavoro che ho, e non è che facendo il marinaio potrò mai arricchirmi. Stando attento a risparmiare sulla paga, quando dovrò tornare a terra forse potrò comprarmi una casetta per finire i miei anni, niente di più." "Tu col tuo Sergio?" gli chiese Alceo. "Se durerà così a lungo... Una volta, qui a bordo, ho conosciuto due viaggiatori che stavano assieme da più di trenta anni." "Due uomini?" chiese Alceo. "Certo. S'erano messi assieme quando studiavano al conservatorio di musica, quando avevano tutti e due diciassette anni. Ora vivono facendo concerti, sono due pianisti apprezzati, richiesti, stanno bene." "Hai fatto l'amore con quei due?" "No, erano due tipi fedeli, non lo facevano mai con altri." "E allora, come sai che erano una coppia?" "Ci avevo provato con uno dei due, che mi arrapava un sacco. Mi ha detto di no, appunto, perché lui stava col suo compagno. Se non avessero avuto due cognomi diversi, li avresti detti due fratelli. Suonavano molto bene, sempre pezzi a quattro mani. Anche qui a bordo avevano suonato qualche volta, su richiesta del capitano. Avevano due cabine comunicanti... Nessuno sospettava che erano amanti, per tutti erano solo due colleghi."
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