GLI EMIGRANTI | CAPITOLO 11 LA PROMESSA MANTENUTA |
Dopo una settimana, durante la quale il colonnello Stefán Rubirio Alvarez Kruger fece chiamare quattro volte Arturo per fotterlo, finalmente l'uomo gli disse: "Domani mattina faccio scarcerare il tuo uomo. Io mantengo sempre le mie promesse. Ma stai attento a mantenerle anche tu, o ve ne farò pentire a tutti e due. Non credere, una volta che il tuo uomo è libero, di poterti rimangiare la parola che mi hai dato." "Fino a quando?" chiese con voce stranita il ragazzo. "Fino a quando ho voglia di fotterti, è chiaro. Il tuo culo mi piace. Anzi, fra due settimane tienti libero, perché verrai per tre giorni nella mia fazenda. Darò un party per il mio compleanno, e inviterò alcuni amici a cui sicuramente piacerà assaggiare anche il tuo bel culetto." "Non era nei patti, però, che io dovessi farmi fottere anche da altri." "Un cazzo ne vale un altro. Che sia il mio o quello di un mio amico, che cosa cambia per te? Non ti mettere a fare storie, ragazzo. Sai che non ti conviene, il coltello per il manico ce l'ho io, non dimenticartelo mai. Rivestiti e vattene, adesso." "A che ora uscirà dal carcere, mio padre?" L'uomo fece una risata: "Continui a chiamare padre l'uomo che te lo mette in culo? Cos'è ti piace la fantasia di farti fottere da tuo padre? Se vuoi puoi chiamare papà anche me!" "A che ora esce, comunque?" "In mattinata, t'ho detto. Allora, che ne dici, ti va di chiamare papà anche me?" chiese di nuovo l'uomo, sogghignando. Arturo non rispose e, accigliato, si rivestì e uscì. Il colonnello non gli aveva voluto dire dove fosse detenuto Alceo, perciò non poteva andarlo ad aspettare fuori dal carcere come avrebbe voluto e si rassegnò ad aspettarlo nel caffè. Finalmente il giorno seguente, poco oltre le undici del mattino, Alceo entrò nel locale. Arturo gli corse subito incontro e i due si abbracciarono. "Finalmente sei qui! Come stai?" gli chiese il ragazzo cercando di trattenere le lacrime di sollievo che gli premevano dietro gli occhi. "Bene, sto bene. E tu?" "Anche io... aspetta, dico ai ragazzi di badare loro al bar e andiamo in camera nostra." gli disse Arturo. Appena furono soli, si abbracciarono di nuovo e si baciarono a lungo. "Dio, quanto mi sei mancato!" gli sussurrò Arturo, emozionato, carezzandolo intimamente. "Anche tu mi sei mancato, piccolo mio! Ma finalmente è finita, hanno trovato il vero assassino e io sono totalmente scagionato. Tutto è bene quel che finisce bene, amore!" disse l'uomo lietamente. Arturo annuì, però disse: "Purtoppo no, non è tutto finito." "Cioè?" gli chiese un po' stupito Alceo, mentre il suo sorriso si spegneva nel vedere l'espressione profondamente rattristata del suo ragazzo. Arturo gli raccontò tutto sul ricatto che aveva dovuto subire e che stava subendo. Poi gli disse: "Ora che sei libero, dobbiamo andarcene, io non voglio più vedere quell'uomo! Dobbiamo lasciare questo paese per sempre!" "Ho paura che farà sorvegliare le frontiere per non perderti, che non riusciremo a uscire facilmente dall'Uruguay. Quello probabilmente immagina che una volta che io sono libero, cercheremmo di andarcene." "Io pensavo che potremmo parlarne con Cornelio. Lui è ricco e potente, ci ha sempre aiutato, forse ci potrà aiutare ancora. Non ci sono ancora andato, perché volevo prima parlarne con te. Ma dobbiamo trovare il modo per andarcene! Io non voglio più essere usato da quell'uomo!" "Sì, amore, certo. Ma perché hai ceduto al suo ricatto? Forse riuscivo ugualmente a dimostrare la mia innocenza." "E che altro potevo fare? Lui non avrebbe tirato fuori la confessione dell'assassino e in più ci avrebbe anche accusato di rapporti contro natura e avrebbe mandato in galera anche me, oltre che aggravare ulteriormente la tua posizione. L'ho fatto per te e per me... l'ho fatto per noi." "Sì, hai ragione tu, certo. Povero amore mio..." gli disse l'uomo, stringendolo a sé e baciandolo di nuovo con tenerezza. Stavano per andare a trovare Cornelio, quando questi arrivò al bar per congratularsi con Alceo, avendo saputo dal suo amico avvocato della sua scarcerazione. Allora i due, presolo in disparte in modo che altri non li sentissero, lo misero al corrente del problema del colonello e del suo ricatto. Cornelio era furibondo: "Non solo vi aiuterò ad andarvene, ma voglio muovere qualche pedina influente per vedere di incastrarlo e fargli pagare la sua bassezza. Però mi ci vorrà del tempo, perciò è meglio se espatriate. Poveri ragazzi, riuscirete mai a vivere tranquilli? Pare proprio che il destino si accanisca contro di voi! Avete idea di dove andare?" "Tornare in Argentina, visto che abbiamo la cittadinanza e che Manolo non c'è più." "E che farete?" chiese l'uomo. "Non ne abbiamo idea... ci cercheremo un lavoro." "Ho un ottimo amico a Bahía Blanca. Si chiama Basílio Ruiz Molina, è un esportatore di granaglie. Sono certo che se glielo chiedo lui vi darà una mano. Io vi rilevo il caffè con tutto quello che contiene, così potete avere un po' di soldi per ricominciare." "Sì, ma come facciamo a uscire senza problemi? Temiamo che Alvarez Kruger faccia sorvegliare le frontiere." obiettò Alceo. "Sì, credo che lo farà. Ma voi due uscirete dall'Uruguay come merce... nascosti in una cassa. Farò una spedizione a Bahía Blanca al mio amico Basilio." disse Cornelio con un sorriso astuto. "Ma come potremo stare per giorni chiusi in una cassa. Anche se ci portiamo dietro qualcosa da mangiare, dobbiamo anche andare di corpo." "Non vi preoccupate, farò caricare la cassa su una nave argentina, e una volta a bordo un mio uomo vi libererà e vi darà il biglietto per due passaggi, così non sarete considerati clandestini. Non vi preoccupate, organizzerò tutto a puntino. Purtroppo, nel frattempo, tu Arturo dovrai continuare ad andare dal colonnello come se niente fosse, per non farlo sospettare. Ma cercherò di fare più in fretta che posso, ve lo prometto." "Come possiamo ringraziarti per tutto quello che hai fatto e che fai per noi, Cornelio?" gli chiese Alceo. "Non lo so proprio!" rispose scherzosamente l'uomo. Poi disse: "Non vi preoccupate, quando ne avrete l'occasione aiuterete qualcuno che è nel bisogno e così m'avrete reso quanto vi ho dato. Quand'ero un ragazzetto c'è stato chi m'ha aiutato senza chiedermi niente in cambio, e non sarei quello che sono, senza l'aiuto di quell'uomo a cui non ho mai potuto rendere quanto m'aveva dato. Perciò io oggi aiuto voi e voi un giorno aiuterete qualcun altro." Cornelio fu di parola. Nove giorni più tardi li fece andare in casa sua, alcuni suoi uomini li fecero entrare, raggomitolati, in due casse imbottite che caricarono su un camion e portarono al porto. Tutti i documenti di imbarco erano pronti, comprese le carte doganali, perciò furono imbarcati senza problemi. Sulla nave, una volta al largo, furono liberati dall'uomo di Cornelio e finalmente arrivarono a Bahía Blanca. Qui furono accolti da un uomo di Basílio Ruiz Molina, che in auto li portò da questi. Basílio era un uomo di cinquantatré anni, dal corpo massiccio e un viso tondo dall'espressione allegra. Li accolse con gentilezza, presentò loro il suo amante, un ragazzo mulatto di trent'anni alto e snello, non bello ma con un sorriso caldo e pulito. "Cornelio mi ha mandato un telegramma cifrato avertendomi della merce che mi aveva spedito e mi ha chiesto di prendermi cura di voi. Avete fatto un buon viaggio?" "Ottimo, a parte il batticuore finché non ci hanno liberato dalle casse." disse Alceo. "Nel suo messaggio non m'ha potuto spiegare molto... Vi dispiacerebbe dirmi come mai siete dovuti uscire dall'Uruguay con quello strattagemma?" I due raccontarono a Basílio e al suo amante Armando tutta la loro storia. "Spero che qui finalmente potrete stare tranquilli, ragazzi. Avete idea di che cosa vi piacerebbe fare, per guadagnarvi da vivere?" "Mah, la nostra più lunga esperienza, a parte come contadini e nel rancho, è stata nel ristorante e nel caffè. Ma qualsiasi lavoro ci può andare bene." "Che ne direste di gestire un ristorantino in Plaza Vista Alegre? So che l'amico di un mio amico si vuole ritirare e sta giusto cercando di venderlo. Che ne direste? Mi pare la soluzione migliore per voi." "Non so se abbiamo abbastanza denaro, ma ci piacerebbe, vero, Arturo?" "Bene, cominciamo ad andarlo a vedere, poi per il prezzo, ci si può mettere d'accordo. Cornelio mi ha chiesto di fare per voi quanto farei per lui, perciò... non vi dovete preoccupare di niente. Io devo molto a Cornelio e sono lieto di poter fare per voi quanto mi chiede di fare." Il giorno seguente Basílio e Armando li accompagnarono a vedere il ristorante, che si chiamava "El Cochero". Alceo e Arturo lo trovarono delizioso, se ne innamorarono. Era arredato in modo semplice ma elegante, aveva trentadue posti a sedere e una cucina ben attrezzata. Era gestito dal proprietario, dal suo amante e avevano un cameriere. In tre riuscivano a gestirlo senza problemi. Trattarono sul prezzo, dettero un anticipo e Basílio firmò come garante per il resto dei pagamenti, che avrebbero effettuato con i primi guadagni. Per alcuni giorni i vecchi proprietari li affiancarono per avviarli e spiegare loro tutto il necessario, soprattutto per gli acquisti delle provviste. La clientela era elegante, e apprezzò la cucina di Arturo che era costituita in parte da piatti tradizionali argentini e in parte da piatti italiani. Comprarono anche un buon assortimento di vini italiani, che furono molto apprezzati dalla clientela, nonché una macchina per fare il caffè espresso all'italiana. Il cameriere, un ragazzo cinese di ventiquattro anni di nome Feng Zhou, era un tipo simpatico, svelto e preciso, e conosceva molto bene il proprio mestiere. Anche Feng era omosessuale e il suo ragazzo, Pedro, un ragazzo di ventuno anni, lavorava come commesso in un negozio di abbigliamento non lontano da Plaza Vista Alegre. I due ragazzi vivevano assieme, a casa dei genitori di Pedro, che sapevano della loro relazione e avevano accolto in casa seza problemi l'amante del loro figlio. Per non spendere troppo, Arturo e Alceo comprarono un materasso e lo portarono nella dispensa, creando un separé con gli scaffali e adattandosi a vivere, almeno inizialmente, nel ristorante. Finalmente le cose iniziarono ad andare bene e gradualmente i due amanti riuscirono a finire di pagare il locale, quindi poterono anche iniziare a cercarsi un appartamento. Lo trovarono a pochi isolati dal ristorante per un prezzo ragionevole. Era un po' mal ridotto, ma lo fecero ripulire e rimettere completamente in ordine, poi lo arredarono e finalmente vi si installarono.
"Chi può essere, a quest'ora?" chiese Alceo rivestendosi parzialmente per andare a vedere, seguito da Arturo. Guardò dallo spioncino: era Pedro, il ragazzo di Feng. Alceo aprì. "Hola, Pedro, che succede?" gli chiese vedendone l'espressione tesa. "Feng non è ancora tornato a casa. Sapete dove è andato?" "No... quando abbiamo chiuso è uscito come il solito. Non ha detto nulla... pensavamo che sarebbe venuto a casa." rispose Alceo un po' stupito. "Ma stava bene? Era... normale?" "Sì... sì, certo. Era tranquillo, come al solito... E ci si è salutati dicendoci come al solito: a domani mattina." "L'ho cercato dappertutto, nei dintorni del ristorante, di casa... Sono molto preoccupato..." disse Pedro. "Entra. Arturo e io ci rivestiamo e veniamo con te a cercarlo." Girarono fino a notte fonda, andarono anche al posto di polizia, all'ospedale, ma non c'era traccia di Feng. Alceo e Arturo erano preoccupati, ma Pedro era in panico, sull'orlo di una crisi di disperazione. Riaccompagnarono Pedro fino a casa sua, e sulla via trovarono il padre del ragazzo. "Feng... è a casa." disse l'uomo, poi aggiunse, "È ferito, un gruppo di teppisti l'ha assalito, forse per derubarlo." "È grave, papà?" chiese Pedro sbiancando. "Non lo so, il dottor Duarte è su che lo sta visitando, medicando. Io stavo venendo a cercarti." "Vi dispiace venire su anche voi?" chiese Pedro ai due amici. "Come desideri." Il medico aveva finito di medicare il cameriere. "Il ragazzo non ha ancora ripreso i sensi, ma non credo che sia grave, per quanto ho potuto vedere. Però domattina vi consiglio di portarlo in ospedale per un controllo pù accurato." disse il dottore. Andarono al capezzale di Feng. Pedro chiese alla madre, che lo stava vegliando: "Come ha fatto a venire fino a qui?" "Non lo so. Abbiamo sentito bussare e quando abbiamo aperto c'era Feng a terra, tutto insanguinato, privo di sensi, povero ragazzo. Papà l'ha portato dentro e mentre io cercavo di medicarlo un poco, come meglio potevo, è uscito per andare a chiamare il dottor Duarte." Feng ne ebbe per quasi tre mesi, ma si rimise completamente. Raccontò che, uscito dal ristorante, mentre tornava a casa, un ragazzo gli aveva chiesto di aiutarlo perché sua madre era svenuta; lui l'aveva seguito in un androne, e qui era stato assalito da altri ragazzi con coltelli che l'avevano insultato dicendo che non volevano "sporchi musi gialli" fra loro... poi non ricordava più nulla. Non sapeva come fosse potuto tornare a casa. Alceo e Arturo, tramite Basílio trovarono un altro cameriere, un ragazzo di diciotto anni di nome Esteban, e poiché gli affari andavano piuttosto bene e il ragazzo lavorava con impegno, decisero di tenerlo anche quando Feng poté riprendere il servizio. Esteban era un orfano, seppero che presto avrebbe dovuto lasciare l'orfanotrofio per raggiunti limiti di età, perciò gli offrirono di dormire nello spazio che avevano ricavato nella dispensa per loro, e che rimisero in uso. Il ragazzo era molto contento per questa soluzione. Uno dei primi giorni, avendo saputo da Basílio che anche ad Esteban piacevano gli uomini, Alceo gli chiese: "Hai un ragazzo, un uomo, ora?" "No... avevo un ragazzo in orfanotrofio, ma è uscito sei mesi fa e ci si è persi di vista, perché lui è andato a lavorare a Buenos Aires." "E... come fai, ora?" gli chiese Alceo. Il ragazzo sorrise e mostrò la sua mano: "Con questa... che altro posso fare? Qualche volta... al porto... beh, c'è qualche marinaio che mi porta da qualche parte per una sveltina, ma non capita spesso." "Se trovi qualcuno... ti chiedo solo di non portarlo qui, a meno che lo conosci molto bene. Capisci che non mi va di avere estranei nel ristorante, specialmente quando è chiuso." "No, certo, ci mancherebbe! E poi, adesso che lavoro, non ho molto tempo per cercare qualcuno." "Sei ancora molto giovane, hai tempo per trovare qualcosa di serio. Certo, se tu avessi un posto tuo, sarebbe più facile per te trovare qualcuno ed eventualmente portartelo a casa." "Anche solo una stanzetta, costa cara e per ora preferisco mettere da parte qualche risparmio e continuare a dormire qui, se a voi non dispiace." "No, certo, per noi non c'è nessun problema." gli disse Alceo. "Solo che, finché resti qui, sei molto meno libero." "Come ha detto lei, signor Alceo, sono ancora giovane, ho tempo. Per ora mi va bene così. Mi piace molto lavorare qui. Voi siete due buoni padroni e Feng è molto simpatico." Sia ad Alceo che ad Arturo piaceva molto Esteban: era un ragazzo gentile, buono, e lavorava sodo. Non stava mai con le mani in mano. Anche con i clienti ci sapeva fare, li serviva con attenzione e con cura e sempre con un bel sorriso. Gli affari nel ristorante andavano sempre meglio, così, quando il confinante negozio di casalinghi chiuse e il proprietario mise in vendita i locali, Arturo e Alceo decisero di comprarli, unirli al ristorante, allargandolo, e risistemare i vecchi locali, ingrandendo anche la cucina. A quel punto decisero anche di riservare una stanzetta tutta per Esteban, rendendola indipendente dal ristorante e dotandola di un ingresso nel cortile. Inoltre decisero di assumere un aiuto cuoco ed un altro cameriere. Allora Esteban chiese loro: "Ho conosciuto un ragazzo... ci ho fatto già l'amore diverse volte..." "Se vuoi, ora che la tua stanza è indipendente, ce lo puoi portare senza problemi." gli disse Arturo. "Sì, grazie, lo farò... Ma... lui sta cercando lavoro e siccome cercate un altro cameriere, io pensavo... se potesse lavorare anche lui qui... e dividere la stanza con me... Ha un bell'aspetto, è un ragazzo a posto, e anche se non ha mai fatto il cameriere, può imparare, come ho imparato io..." "Quanti anni ha?" "Ventitré." "E non ha lavoro? Lo mantiene la famiglia?" gli chiese Alceo. "No, lui è emigrato qui dalla Spagna tre anni fa, e ora lavora come lustrascarpe all'aperto, davanti alla stazione ferroviaria... e vive in una cantina dove paga molto poco di affitto, ma è un buco, buio e umido. A Juan piacerebbe cambiare lavoro..." "Bene, digli di venire qui domani e, se ci piace, lo assumiamo." gli disse Alceo. "Grazie! Sì che vi piacerà, Juan... lui è anche meglio di me, vedrete!" Arturo gli chiese: "Ma dimmi... tu sei innamorato di questo Juan?" Esteban arrossì lievemente: "Beh... ci stiamo innamorando, perché si sta proprio bene assieme." "Da quanto tempo lo conosci?" gli chiese Alceo. "Da quattro mesi. Allora gli posso dire di venire qui, domani mattina?" "Sì, certo." Alceo e Arturo ebbero un'ottima impressione del ragazzo, perciò lo assunsero e Juan iniziò a lavorare per loro e a vivere nella stanza di Esteban. I due ragazzi erano felici e, seguendo i consigli di Alceo, presto divennero ottimi camerieri.
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