GLI EMIGRANTI | CAPITOLO 4 IL FRATELLO DELLA PROSTITUTA |
Fu solo la terza notte che Alceo riuscì a "prenotare" Paquito che, appartatosi con lui e dopo essersi divertiti un po', carezzandosi, baciandosi e succhiandoselo l'un l'altro, Alceo, senza dire niente, si mise a quattro zampe e di offrì al ragazzo. "Davvero?" chiese quasi sottovoce il ragazzo, accarezzando il sedere proteso del bel ranchero italiano. "Dai!" gli disse Alceo. Il ragazzo lo preparò, poi gli si addossò e spinse, penetrandolo e affondando in lui. Ma, appena arrivato in fondo, si tese tutto e venne in una serie di forti getti, gemendo in un unico lungo lamento soffocato, prima ancora di iniziare a muoverglisi dentro. "Cazzo, sei già venuto?" gli chiese Alceo stupito e lievemente deluso. Il ragazzo ansava con forza. Con voce strozzata disse: "Sì... mi dispiace..." e si sfilò, cadendo a sedere a terra. Alceo si girò e lo guardò, con un sorrisetto divertito. "Mi dispiace..." ripeté il ragazzo, vergognoso. "Ero troppo eccitato." "La prossima volta durerai di più." gli disse il giovanotto scompigliandogli i capelli in un gesto di istintiva tenerezza. Paquito lo guardò un po' sorpreso e un po' ancora vergognoso: "Mi farai provare di nuovo?" gli chiese. "Sì, certo. Se mi faccio fottere, voglio godermela anch'io." "Non sei incazzato con me?" "No... per questa volta no. Ma davvero eri così tanto eccitato?" "Non credevo che fosse così bello! Non avevo mai goduto così tanto... così forte. Davvero mi farai provare di nuovo?" "Ma sì, ma sì! Adesso però mettiti tu in posizione, che tocca a me goderti... e sta tranquillo che non verrò tanto presto." gli disse sorridendo. "Lo so... Tu non sei uno di quelli che pare che hanno fretta di finire. Tu te la pigli comoda." "Ti lamenti?" "No, al contrario, mi piace. Tu sei uno dei migliori a fottere." "Sarà perché sono un maricon come te. Ma uno dei migliori, dici? Speravo di essere io il migliore." scherzò Alceo mentre si mettevano in posizione per la penetrazione. "Chi è il migliore a fottere, di noi rancheros?" "Per me... chi sa fottere meglio è José Vallego... anche se è brutto. Ma mentre mi fotte non lo vedo." rispose ridacchiando il ragazzo. "Comunque tu sai fottere bene quasi come lui e in più sei bello. E poi tu sei un maricon come me, perciò mi piaci più di tutti." Alceo lo afferrò per la vita e iniziò a battergli dentro con gusto, dimenticando del tutto il fatto di essere o no il migliore fra gli uomini che godevano le grazie del bel Paquito. Sicuramente, comunque, Paquito era il migliore dei tre muchachos, se non altro perché evidentemente gli piaceva il "lavoro" per cui era stato assunto. Quando furono entrambi soddisfatti, Alceo abbracciò il ragazzo e lo baciò in bocca. "Allora, Paquito, devo ancora migliorare molto per diventare il migliore?" gli chiese scherzoso il giovanotto. "No... per me va bene anche così, perché non pensi solo a godere te, ma fai anche godere me. Eppoi, comunque, sai fottere, tu." "Ma dimmi, voi muchachos, com'è che vi assumono? Voglio dire, siete voi a chiedere di fare questo lavoro o vi cercano e vi chiedono se siete disposti a lasciarvi fottere da noi rancheros?" "Di solito siamo ragazzi scappati di casa, o orfani, o con famiglie che se ne fregano di noi... E fra noi ragazzi si sa che cosa significa essere un muchacho per un gruppo di rancheros. Non è facile vivere bene senza una famiglia alle spalle, e tutto sommato sappiamo che nessuno è mai morto per una buona fottuta. Così spesso siamo noi a chiedere se ci prendono come muchahos, e sappiamo bene che cosa significa. Oltretutto, è raro che non l'abbiamo già preso in culo, prima, per guadagnarci qualche moneta." "Però tu m'hai detto che, per esempio, gli altri due muchachos del nostro gruppo non sono maricon come noi." "Così dicono loro... ma chi lo sa? Voglio dire, uno che se lo fa mettere in culo e in bocca... cosa è? E anche fra gli uomini, uno che non si contenta di mettertelo per sfogarsi, ma che gli piace anche toccarti la pinga, fartela venire dura... non è che puoi dire che gli piacciono solo le femmine, no? Secondo me non è come mettere una serie di paletti fra due terreni per segnare il confine... fra i maricon e i macho, il confine non esiste, o per lo meno non si vede tanto facilmente dove è e se c'è." "Ma a me, per esempio, le donne proprio non me lo fanno venire duro." osservò Alceo, "E invece un bel ragazzo o un bell'uomo me lo fa subito scattare sull'attenti! Il confine c'è, per me, e è chiaro." "Beh, sì, d'accordo. E a un vero macho, un ragazzo o un uomo proprio non glielo fa venire duro. Ma tutti gli altri? E poi, un vero macho non ha bisogno di ripeterlo sempre, e spesso, e a tutti: lo è e basta. Quelli invece che ci tengono tanto a dirlo, a farlo sapere, vuol dire che non ne sono poi così tanto sicuri. Devono convincersi da soli, prima ancora di convincere gli altri." "E allora, quelli che non sono né maricon né macho, cosa sono?" gli chiese Alceo. "Hombres! Uomini. Come Pepe, che non si fa problemi a fare sesso con noi muchachos o a ingravidare la moglie secondo i casi, ma che non l'ho mai sentito dichiarare che lui è un macho, che non è un maricon... Pepe è un vero uomo." "Sa farsi rispettare da tutti." "Sì, senza mai aver bisogno di alzare la voce o di minacciare. È un vero uomo. E poi, vedi, i veri uomini di solito sanno anche fottere bene. Pepe sa fottere bene. I macho spesso sono violenti, o rudi, e comunque fanno in fretta, senza godersi la fottuta, perché hanno paura di essere presi per maricon... E perciò non sanno fottere bene."
Secondo il consiglio di Paquito, chiese di Violeta. Era una donna sui trenta anni, alta, snella ma dal seno prosperoso e un sorriso da ragazzina. La donna lo portò in una delle stanze del piano superiore. "Allora, bel caballero, come ti vuoi divertire?" chiese la donna quando furono chiusi nella stanza. "Ascolta, Violeta, non mi va di fare niente, ma non voglio che i miei compagni lo sappiano. Stiamo qui tranquilli per un'oretta, poi scendiamo." le disse Alceo. La donna lo guardò con un sorrisetto ma fece spallucce: "Peccato, tu sei meglio di tanti altri, almeno di corpo e di faccia; con te lo facevo pure volentieri. Ma dimmi, è solo che oggi non sei in vena o tu... sei proprio così?" "Così? Come?" "Ma sì, dai... A te non piacciono le femmine? C'è chi è così, non saresti il primo che paga per stare con me e poi mi chiede di non fare nietnte. Secondo me non c'è niente di male, ognuno è fatto a modo suo." "Sono un maricon, sì." ammise Alceo. "Però sai che se si sa, la mia vita diventa un inferno, no?" "Lo so sì. Puoi stare tranquillo con me, anzi, dirò che sei stato un torello! Lo so sì, anche mio fratello Pablo è come te. E siccome lui pure non può lasciarlo capire, ogni tanto viene qui, chiede della mia amica Maria Dolores e fa come te. Povero Pablo... è un gran bel ragazzo, credo che ha solo un paio di anni meno di te. Lavora come cuoco all'albergo De Los Moriscos." "E come fa, lui, per trovarsi un ragazzo? Noi rancheros almeno abbiamo i muchachos." "Si arrangia. Qualche volta lo fa con uno dei vostri muchachos che sono come lui e come te. Li metto io in contatto, quando capita. A te non andrebbe di conoscerlo? Magari vi piacete, chi lo sa? È bello, il mio Pablito, sai?" "Mah... chi sa? Dici che fa il cuoco al Los Moriscos?" "Sì, l'aiuto cuoco, in realtà. Se vai là al suo albergo e chiedi di Pablo García Serrano, e gli dici che ti mando io... Magari poi non vi piacete, però non si sa mai. Ci vai?" "E se ci piaciamo, dove si può incontrarci senza... problemi? Senza che nessuno sospetti?" "Oh, lui saprà come fare, se mai. Ma dimmi, tu hai un certo accento... sei per caso italiano?" "Sì, perché? Qualche problema?" "No no. Ci sono sempre più italiani, qui in Argentina. E poi voi italiani siete simpatici, assomigliate abbastanza a noi di sangue spagnolo. A me piacciono poco i tedeschi, i francesi e i gringos." "C'è del buono e del cattivo dappertutto." ribatté Alceo. "Non parlo di buono o cattivo, quello è come dici tu. Parlo di interdersi subito, di sentirsi simili. Sarei contenta se tu e il mio Pablito vi intendeste." "Ne parli più come se fosse un figlio che un fratello." disse Alceo che aveva notato la dolcezza nella voce della donna ogni volta che nominava il fratello. "Gli ho fatto un po' da mamma. Io ho nove anni più di lui. Lui aveva otto anni e io diciassette quando siamo rimasti senza nessuno, e io ho cominciato a lavorare qui per mantenerci." "Nove anni di diferenza? Come mai?" "Gli altri cinque fra me e lui sono morti con i nostri genitori. Un naufragio... Solo io e Pablito ci siamo salvati." "E com'è che hai scoperto che tuo fratello è un maricon? Te l'ha detto lui?" "Sì... quando aveva quindici anni... ci aveva già provato con ragazzi e ragazze e aveva capito che a lui piacciono gli uomini, e allora m'ha chiesto come mai lui era diverso dagli altri ragazzini." "Già, me lo sono chiesto anche io, tante volte. Ma ho smesso di chiedermelo: sono così e basta. Non è facile la vita quando si è così, ma pazienza." "La vita non è mai facile. Per i poveri perché vogliono avere più soldi e non è facile, e per i ricchi perché non vogliono perdere quello che hanno e non è facile. I poveri hanno paura solo della morte, i ricchi hanno paura della morte e dei ladri." "Allora è meglio essere poveri?" le chiese Alceo sorridendo divertito da quella filosofia spicciola. "E chi lo sa? È meglio essere l'erba della pampa o un albero centenario? È meglio essere una sardina o una balena?" gli chiese la donna. Poi gli sorrise: "Con te il tempo passa gradevolmente... spero proprio che tu incontri il mio Pablito e che vi piacete." "Ti prometto che andrò a cercarlo e vedremo se... se succederà qualcosa. Ciao, Violeta. Credo che ci vedremo ancora, qualche volta." "Sì, d'accordo. Mi piaci, ranchero. E sta tranquillo, farò in modo che si dica che sai fottere da dio." gli disse la donna con un sorriso amichevole. La volta seguente in cui andarono in città, Alceo decise di andare a magiare a Los Moriscos. Entrato nell'albergo, il proprietario gli chiese se volesse una camera. "Voglio solo fare pranzo qui. Non si può?" chiese Alceo. "Sì che si può, forestiero. Abbiamo il miglior cibo e il miglior vino della città, e a un prezzo onesto." Mentre mangiava, Alceo chiese alla ragazza che lo serviva a tavola: "Lavora qui Pablo García Serrano?" "Sì, certo, in cucina. Lo conosci?" "Vorrei parlargli un attimo. È possibile? "Se non ha troppo da fare... Vado a vedere." Dopo poco arrivò un ragazzo alto, snello, dai capelli lisci e scuri, volto rotondo e occhi stranamente chiari. Sugli abiti indossava un grande grembiule che un tempo doveva essere bianco, unto e macchiato. "Siete voi che mi cercate, señor?" gli chiese studiandolo. "Sei Pablo García Serrano, tu?" "Sì, señor... ma io non vi conosco." "Tua sorella Violeta mi ha detto di cercarti. Pensa che noi due ci si deve conoscere... capisci?" Gli occhi del ragazzo ebbero un breve guizzo e un sorriso lieve fece capolino sulle sue labbra: "Violeta vi manda? Siete un suo cliente?" "Così si può dire. Quando vengo in città passo sempre un'oretta in camera con lei... a chiacchierare." disse Alceo sottovoce, guardandolo negli occhi: quel ragazzone gli piaceva, almeno come aspetto. "Ah, capisco... Ora devo tornare in cucina. Potreste tornare più tardi?" Si accordarono. Alceo pagò il pranzo e uscì a girare un po' per la città e passare il tempo fino all'ora dell'appuntamento. Pablo era davvero un bel ragazzo, fisicamente se ne sentiva attratto, il suo lieve sorriso gli piaceva. Aveva un'aria di "famiglia" con Violeta. Quando finalmente si incontrarono di nuovo, Pablo lo salutò con allegria, in modo meno formale che non quando l'aveva incontrato nell'albergo. "Hola, Alceo! Ci possiamo dare del tu, vero?" gli disse con un ampio sorriso. "Certo, dopo tutto siamo quasi coetanei." "Quanti anni hai, tu?" "Quasi ventisette. E tu?" "Tre meno di te. Ti va di venire con me?" "Dove, a casa tua?" "No, dormo con altri tre ragazzi, non ti ci posso portare. Ma ho un posto dove si può stare tranquilli. Non è lontano da qui." Pablo lo portò in riva al fiume, scesero sul greto e lo risalirono fino a trovarsi sotto una delle arcate del ponte di pietra. Ogni arcata era unita alla succesiva da una stretta galleria trasversale grande abbastanza da permettere il passaggio di una persona. Pablo vi entrò e fece cenno ad Alceo di seguirlo. Giunto a metà della galleria, il ragazzo sospinse una pietra e una parte della parete si spostò, rivelando una scaletta di pietra. Vi entrarono e Pablo fece richiudere il passaggio. Salirono e si trovarono in una stanza con la volta a botte con due finestre rotonde che corrispondevano ai fori che c'erano sotto la carreggiata, fra un arco e l'altro. La stanza, a destra e sinistra, aveva due ampie nicchie rettangolari un po' sollevate dal pavimento, anche queste con una volta a botte. Una delle due nicchie aveva il pavimento coperto di paglia e da un telo. "Com'hai scovato questo posto?" chiese Alceo stupito. "Quando avevo diciotto anni fottevo con un contrabbandiere. Questo era il suo covo segreto. Non so come lui l'avesse scoperto. Qui teneva la sua merce e a volte ci si nascondeva quando era in pericolo e qui mi portava per fottere. Poi l'hanno beccato e in uno scontro a fuoco con la Guardia Nacional è morto... Così questo posto ora lo conosco solo io." Salirono nella nicchia con la paglia e il telo, togliendosi le scarpe. Alceo, alle spalle di Pablo, lo prese fra le braccia e gli si addossò facendogli sentire la propria erezione contro il sedere. Pablo ridacchiò. "Già eccitato?" gli chiese premendoglisi contro. "Mi piaci..." gli disse Alceo e iniziò a slacciargli la camicia poi gliela tolse. Gli mise le mani sul petto carezzandolo. Pablo mise le mani su quelle del compagno, premendole di più contro il proprio petto e il ventre e appoggiò la testa indietro, sulla spalla di Alceo. Le mani di questi scesero sui calzoni del bel ragazzo e glieli sbottonarono lentamente. Poi gli andò davanti, si accoccolò e glieli fece calare. Pablo alzò una gamba poi l'altra permettendo così ad Alceo di sfilarglieli, rimanendo con le sole mutande di tela blu indosso. Alceo si rialzò e lo guardò: il corpo lievemente peloso era molto gradevole, proporzionato. I capezzoli piatti e rosa acceso, l'ombelico incavato, i ciuffetti di scuro pelo che affioravano da sotto le ascelle e dalla cintola delle mutande erano una visione erotica. Gli prese il viso fra le mani e avvicinò lentamente le labbra a quelle del compagno. Pablo sorrise e schiuse la bocca, prendendo l'altro per la vita e tirandolo a sé. Le loro bocche si unirono e si scambiarono un lungo bacio. Poi Pablo si accoccolò davanti ad Alceo, gli aprì i calzoni e glieli sfilò a sua volta, con un sorrisetto libidinoso, rivelando le sue mutande di tela grigia. Si alzò, gli si premette contro facendo incontrare la propria erezione, attraverso la tela delle loro mutande, con quella di Alceo, e lo baciò di nuovo. Poi gli tolse la camicia e la maglietta, e si chinò a suggergli i capezzoli. Alceo fremette. Gli piacevano i calmi preliminari a cui l'altro si stava dedicando. Pablo scese, baciando e lecchettando il petto glabro di Alceo, si soffermò sul suo ombelico, poi fece scendere un poco le mutande rivelando solo per metà il membro turgido del compagno, ancora imprigionato dalla tela, e vi sfregò lieve le labbra. Alceo emise un lieve sospiro. Pablo allora gli sfilò anche le mutande. Ora Alceo era completamene nudo. Pablo lo tirò giù a sedere sul telo e lo sospinse in modo che si chinasse indietro, reggendosi con le braccia. Gli si inginocchiò fra le gambe e si chinò a carezzargli il petto, il ventre e, con levità, il membro turgido. "Sei molto bello." gli disse. Poi si alzò in piedi: "Levami le mutande, dai." Alceo gliele sfilò e fece per andare con le labbra sul membro fieramente eretto del compagno, ma Pablo con un risolino gli si sottrasse e sedette fra le gambe di Alceo. "No, non ancora. Prima ci dobbiamo abituare alla nudità dell'altro, no? Che fretta hai? Il sesso bisogna gustarlo a piccoli sorsi, come la tequila." Alceo sorrise e annuì. Seduti uno davanti all'altro, le loro gambe erano incrociate. Si guardarono, si sorrisero, si baciarono di nuovo. Poi si staccarono e le loro mani scesero a manipolare i genitali dell'altro, ma senza masturbarsi. Pablo strinse lievemente nella mano il membro di Alceo e lo scosse come per una stretta di mano. "Piacere di fare la tua conoscenza!" disse con allegria guardando il membro del compagno. "Mi sa che tu e io diventiamo amici... Sai che mi piaci?" Alceo guardava il folto triangolo di neri peli che adornava il pube dell'altro, e il bel membro caldo e duro: "Anche tu mi piaci..." poi guardò Pablo negli occhi, "e anche tutto il resto mi piace. Sono contento di averti conosciuto... di essere qui con te." Pablo si stese indietro e Alceo gli andò sopra a quattro zampe. Cominciò a baciarlo e lecchettarlo sul collo, scese sul petto, per un po' gli titillò i capezzoli, poi si soffermò un po' sull'ombelico e finalmente scese ancora e passò le labbra e la lingua sul bel membro svettante dell'altro. Pablo allungò un braccio e gli carezzò i capelli. Pablo incrociò le braccia sotto il capo e lo guardava, gli occhi socchiusi, un sorriso beato sul bel volto. Alceo afferrò il membro e ne fece scendere la pelle del prepuzio, poi si mise a lecchettare il glande rosato. Quindi se lo fece scivolare lentamente fra le labbra serrate e lo prese tutto in bocca, finché il suo naso fu premuto fra i peli del pube del compagno e ne aspirò il buon odore. Quando sentì Pablo fremere, Alceo si staccò, si mise a cavalcioni sul bacino del compagno, in ginocchio e, tenendo ben ritto il palo di carne dell'altro, si abbassò lentamente, facendoselo puntare fra le natiche e, guardandolo negli occhi, con un sorriso compiaciuto, si impalò lentamente. Pablo gli impastò i genitali mentre Alceo iniziava a molleggiare lentamente su e giù. "Ti piace?" gli chiese Alceo sottovoce, godendosi quella calma ma forte cavalcata. "Sì che mi piace... ma poi anche io voglio questo dentro di me. Non devi ancora venire... non mi piace fare sesso in fretta. Specialmene con uno bello come te." gli disse con un ampio sorriso il compagno. Dopo un po' Pablo fece togliere Alceo, si girò sul ventre e si allargò le natiche. Guardando indietro, disse semplicemente: "Dai!" Alceo scese su di lui e lo infilò, affondandogli dentro liscio liscio. Poi, facendo forza su ginocchi e braccia, iniziò a stantuffargli dentro con piacere. Pablo girò la testa in dietro: "Baciami!" gli disse. Alceo gli aderì con il petto sulla schiena, lo baciò a fondo e mentre le loro lingue giocavano appassionate, riprese a prenderlo muovendo solo il bacino su e giù e facendolo ondeggiare lievemente. "Mi piaci, Pablo... mi piaci un sacco." mormorò Alceo accelerando le sue spinte e prendendolo con crescente vigore. "Anche tu mi piaci, Alceo. Si sente che ti piace scopare... e ci sai fare." Quando però Pablo sentì che il compagno stava raggiungendo un grado di eccitazione troppo alto, lo fece smettere. Sedettero di nuovo uno di fronte all'altro, le gambe incrociate. Si guardarono. Poi Pablo prese due manciate di paglia e le tirò all'altro. "Perché?" gli chiese Alceo ridendo e spazzolandosela via di dosso. "Perché avevi una faccia troppo seria! Scommetto che non avevi voglia di smettere." "Non è vero! Mi piace così, senza fretta!" gli disse Alceo e a sua voglia tirò manciate di paglia all'altro. Continuarono per un po', ridendo come due ragazzini. Poi Pablo prese per le braccia Alceo in modo di impedirgli di prendere altra paglia, lo tirò a sé e lo baciò. Presero a manipolarsi di nuovo l'un l'altro i genitali, delicatamente. "Alzati in piedi... te lo voglio succhiare." gli disse Pablo. "Ma... te l'ho messo dietro." obiettò Alceo. "È pulito. Dai! Ho voglia di succhiartelo." Alceo se lo guardò: pareva davvero pulito. Si alzò. "Mi piace... è curvo in su come il corno di un rinoceronte." disse ridacchiando Pablo, e glielo prese in mano. Lo baciò, poi ne leccò la punta: "Non sa di niente, è pulito." gli disse con un sorriso rassicurante, e lo prese tutto in bocca, muovendo un po' il capo avanti e dietro. Poi con le mani impresse un movimento avanti e dietro al bacino del compagno. Alceo gli prese il capo fra le mani e glielo mosse con piccoli colpi veloci nella bocca. Pablo mugolò contento, e carezzò le chiappette nervose dell'altro. Alceo guardava il suo palo apparire e sparire fra le labbra strette del compagno, che vi muoveva attorno la lingua. Chiuse gli occhi per godere le piacevoli sensazioni di quella bocca esperta. Poi Pablo lo fece stendere e gli sedette sul bacino, impalandosi sul membro duro e lucido si saliva. Mentre se lo faceva scivolare tutto dentro, emise un lungo mugolio di piacere e guardò con un ampio sorriso gioioso il compagno. "Sì... mi piace fottere con te, Alceo! Devo proprio ringraziare mia sorella per averti detto di venire a conoscermi!" Questa volta Pablo non smise finché non ebbe fatto raggiungere l'orgasmo ad Alceo, che si scaricò in lui spingendo in su con vigore il bacino ed emettendo un lungo mugolio. Allora Pablo si sfilò, fece mettere Alceo a quattro zampe, gli si inginocchiò dietro e lo prese con vigore, agitandoglisi dentro con colpi veloci, stringendolo alla vita. E finalmente anche Pablo si scaricò in lui. Sedettero di nuovo uno di fronte all'altro, le gambe incrociate, finalmente soddisfatti. Si sfiorarono il petto, si baciarono. "Io e te... ci si deve mettere insieme!" gli disse Pablo guardandolo con occhi luminosi. "Sì, mi piacerebbe... ma io a volte devo stare lontano per mesi, quando vado ai pascoli con le mandrie." "Beh... in quei mesi tu ti sfogherai con i muchachos e io con qualche cliente dell'albergo o con altri. Ma quando torni, solo tu e io. Va bene così?" "Ci possiamo provare."
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