GLI EMIGRANTI CAPITOLO 6
UNO SGUATTERO BELLO, BUONO E BRAVO

Era il 1928, e Alceo aveva trentuno anni, quando si presentò al ristorante un ragazzo di diciotto anni a chiedere se c'era lavoro per lui. Era un ragazzetto esile e alto, biondiccio, con incredibili occhi verdi con pagliuzze d'oro, e un'aria da cane bastonato che faceva provare tenerezza. Era vestito in modo molto povero, con abiti rattoppati ma puliti, e aveva un borsone di vecchia tela a spalla.

"Mi spiace, ragazzo, ma siamo al completo, per il momento." gli disse Alceo, sentendosi però un po' a disagio per quel rifiuto.

"Signore, la prego... anche per una paga piccola, che mi permetta solo di mangiare e di trovare un tetto... Mi accontento di poco... non mi mandi via anche lei, per carità..." lo implorò il ragazzo.

"Tu non sei argentino, ragazzo. Da dove vieni?"

"Ho la cittadinanza argentina, signore, ma sono nato in Italia... Mia madre emigrò qui quando io avevo sei anni..."

Alceo allora passò all'italiano: "Ah, anche io sono italiano. E tua madre?"

"Morì tre anni fa. Si lavorava tutti e due nella casa del señor Gómez Avila di Rosario... che dopo la morte della mamma, inizialmente mi tenne a lavorare per lui, ma un anno fa si è trasferito con tutta la famiglia in Messico e così sono restato senza lavoro."

"E che facevi, per lui?" gli chiese Alceo.

"Le pulizie e qualche commissione. La mamma invece lavorava in cucina."

"Come ti chiami?" gli chiese Alceo, sempre più incerto riguardo al suo iniziale rifiuto.

"Arturo Michelotti, signore."

"Hai mangiato, oggi? Hai fame?"

"Stamane ho mangiato due frutti, ma ora sento un po' di fame..."

"Allora comincia a sedere là, per ora ti offro un pranzo e frattanto parliamo un poco." gli offrì Alceo.

"Grazie, signore. Lei è molto gentile." gli disse il ragazzo con un abbozzo di sorriso timido e grato.

Mentre il ragazzo mangiava, Alceo parlò ancora un poco con lui e frattanto lo osservava e pensava che era davvero un bel ragazzo e che aveva occhi buoni. Decise di prenderlo, tanto per iniziare, come ragazzo delle pulizie e sguattero, di dargli la stanzetta nel retro che avevano usato lui e Pablo finché lui s'era trovato il suo appartamentino, e pagarlo con i pasti e qualche soldo da tenere in tasca. Se il ragazzo valeva, poteva poi farne eventualmente o un aiuto cuoco o un cameriere.

Come cameriere, bello come era e in uniforme, sarebbe stato molto bene, ma forse tre camerieri sarebbero stati troppi. Sì, poteva essere più utile in cucina... sia per aiutare il cuoco quando andava a fare provviste, sia come lavapiatti. Poi poteva aiutare lui a pulire il ristorante quando chiudevano o prima di aprire.

Quando Arturo ebbe finito di mangiare, Alceo gli fece la sua proposta. Il ragazzo accettò immediatamente e per la prima volta si aprì in un grande sorriso a un tempo grato e luminoso che quasi commosse l'uomo. Alceo allora gli fece vedere dove avebbe dormito e gli fece lasciare lì il suo borsone, poi lo portò in cucina da Italo, il cuoco, a cui lo affidò.

Alceo provava tenerezza per quel ragazzo solo al mondo come, per altri motivi, anche lui era. Era abbastanza onesto con se stesso per rendersi conto di provare anche una certa attrazione verso Arturo ma, sia per la sua giovane età, sia perché non gli sembrava corretto approfittare della gratitudine del ragazzo, si impose di non dare spazio a quel sottile desiderio. Ancora si vedeva, di tanto in tanto, con Ramiro e non aveva veramente bisogno di altro.

Il ragazzo lavorava sodo, non aspettava mai che gli si dicesse cosa fare, era attento e trovava sempre qualcosa per non restare con le mani in mano. Italo, il cuoco, era contento di lui e aveva iniziato a insegnargli alcune preparazioni di base. Alceo, mentre Arturo era fuori per fare alcune provviste dell'ultimo minuto, chiese al cuoco che cosa pensasse del ragazzo.

Italo, dopo aver fatto le lodi di Arturo, gli disse: "Però c'è una cosa che... che penso sia giusto che tu sappia, Alceo. Sono quasi sicuro che il ragazzo è un ricchione."

"Ah sì?" chiese Alceo un po' sorpreso. "E cosa te lo fa pensare?"

"Mah... non parla mai di ragazze!"

Alceo sorrise: "È ancora giovane... e poi, neanche io ne parlo mai."

Italo scosse il capo con espressione pensierosa: "No, è normale che gente adulta come te e me non ne parli; è proprio all'età di Arturo, invece, che non si parla d'altro."

"Ammesso che tu abbia ragione, pensi che può essere un problema?"

"No, forse no, finché lavora bene, e Arturo lavora bene davvero. Però volevo metterti in guardia. Sai che sarebbe un problema se io ho ragione e se si viene a sapere. Credo che dobbiamo tenerlo d'occhio."

"Ma, scusa, a parte il fatto che non parla mai di ragazze, ci ha per caso provato con te... o con altri, che tu sappia?"

"Ma no, questo no. Però quando si va assieme a fare acquisti per la cucina, ho notato come guarda i bei ragazzi, e come NON guarda mai le ragazze, neanche quelle che gli fanno gli occhi di triglia o che lo spogliano con gli occhi."

"Io non ho mai notato niente del genere."

"Tu non passi tanto tempo con lui come invece faccio io."

"E se tu avessi ragione, cosa credi che dovrei fare, io? Pensi che ne devo parlare con lui? Se anche fosse come dici tu, non credi che lui negherebbe? E se invece tu avessi torto, non pensi che si offenderebbe?"

"Sì, è vero. Non lo so, magari mi sbaglio. Però sentivo che te ne dovevo parlare. Credo che dobbiamo soltanto tenerlo d'occhio."

Alceo non aveva mai pensato che Arturo potesse essere omosessuale, nulla nel suo aspetto o comportamento lo faceva pensare. La cosa gli mise una certa lieve agitazione addosso. L'attrazione che aveva inizialmente provato verso il ragazzo, si riaccese... però nuovamente si disse che non doveva mettersi certe idee in testa. Certamente il ragazzo gli piaceva molto, specialmente quando sul suo bel volto fioriva un sorriso. Ma, se avesse provato a portarsi a letto Arturo, gli sarebbe sembrato di approfittare di lui.

Pochi giorni dopo, chiuso il ristorante e prima di andare a dormire, Alceo e Arturo, restati soli, si misero come sempre a pulire le cose più urgenti, lasciando il grosso per l'indomani mattina, prima dell'apertura.

"Bene, Arturo, adesso possiamo andare a dormire. Il resto lo facciamo domattina."

"Posso finire anche da solo, domattina, signor Alceo... se vuole riposare un po' più a lungo. Ormai ho visto quello che c'è da fare e come lei vuole che sia fatto." gli disse il ragazzo con un sorriso.

"Mah, sì... probabilmente te la cavi anche da solo." annuì Alceo. "Sei contento di lavorare qui da noi?"

Arturo, che era a un passo da lui, lo abbracciò stretto per un attimo, poi lo lasciò ed arretrò di un passo, arrossendo. L'uomo fu preso un po' alla sprovvista da quel gesto.

"Beh? Cos'era quell'abbraccio?" chiese cercando di nascondere l'eccitazione che quel breve gesto aveva subito risvegliato in lui.

"Volevo solo dirle quanto sono grato e contento di lavorare qui per lei."

Alceo gli passò una mano fra i capelli, quasi a rassettarglieli nonostante non ve ne fosse bisogno e disse, sentendosi ancora più eccitato: "Sei un bravo ragazzo, Arturo."

Il ragazzo gli si appoggiò lievemente contro il corpo e depose un lieve bacio sulla guancia dell'uomo: "Sono così fortunato di lavorare per lei! Così contento, signor Alceo, che mi ha preso qui. Farei qualsiasi cosa per lei... davvero qualsiasi cosa."

L'uomo era sempre più eccitato e combattuto. Entrambi restarono fermi per un po', imbarazzati, poi il ragazzo cinse lievemente la vita di Alceo con un braccio e l'uomo fece scorrere le dita lungo la schiena del ragazzo, poi di nuovo fra i suoi capelli. Arturo gli si addossò e gli depose un live bacio sulle labbra.

"Io, signor Alceo... se voi volete... potete fare di me quello che più vi piace... anche adesso..." mormorò con voce rotta e arrossì come un tizzone di brace.

Alceo sentì l'erezione del ragazzo ma al tempo stesso si rese conto che ora anche il ragazzo poteva sentire la sua. Infatti Arturo gli si sfregò contro e lo baciò di nuovo sulle labbra, schiudendole e passandovi lieve la lingua.

"Può prendermi, farmi suo, signor Alceo... la prego. So di piacerle, sento che mi desidera... e io sarei così felice, se mi volesse come suo ragazzo." mormorò e di nuovo baciò l'uomo sulle labbra.

Alceo gli rese il bacio, poi si staccò dal ragazzo: "Non so se dobbiamo, Arturo... Tu sei ancora così giovane... che ne sai tu, di queste cose?"

"Ne so abbastanza per capire che vorrei essere suo, che vorrei che lei fosse il mio uomo e io il suo ragazzo. E abbastanza per sapere che non le sono indifferente e che anche lei mi desidera."

"Ma... hai già avuto un uomo, tu? Sai davvero che cosa significa? Sai quanto è difficile per due maschi stare assieme, qui da noi... e dovunque."

"Io vorrei davvero essere il suo ragazzo... e sarebbe il nostro segreto, nessuno ne saprebbe niente, no? La prego... mi prenda... Voglio davvero tanto essere tutto e solo suo!"

Alceo non rispose, non dissse né sì né no... era evidentemente incerto, combattuto, ma fortemente eccitato. Allora Arturo scivolò sulle ginocchia, le sue mani sul sedere dell'uomo e, attraverso la tela della patta, strofinò il viso contro la sua forte erezione.

"Oh... Arturo... Arturo..." mormorò l'uomo e carezzò con piacere la nuca del ragazzo, sospingendo lievemente il bacino in avanti. "Davvero tu... vuoi essere il mio ragazzo? Sei sicuro? Non sono troppo vecchio, per te?"

Il ragazzo non rispose, ma portò le dita sulla patta dell'uomo, la sbottonò quasi con urgenza, l'aprì, poi fece calare i calzoni con le mutande di Alceo quel tanto da scoprirne i genitali turgidi e li baciò, li leccò delicatamente. L'uomo fremette, chiuse gli occhi e si arrese al ragazzo emettendo un lieve mugolio di piacere.

Arturo riportò le mani sulle natiche ora scoperte dell'uomo e le carezzò, mentre con la lingua scendeva lungo l'asta e raggiungeva i sodi testicoli contratti contro la radice del pene, e ne prese uno alla volta fra le labbra. Alceo fremette con forza per l'intensità del piacere. Arturo tornò su, lungo la fremente asta di carne, finché la sua lingua ne raggiunse la punta e s'insinuò sotto la tesa pelle del prepuzio, girando torno torno al glande gonfio.

Il ragazzo continuò a dare piacere ad Alceo per un po', leccando e succhiando il glande, l'asta dura, i testicoli, finché chiuse le labbra sulla punta del duro membro che si fece scivolare lentamente in bocca e, centimetro dopo centimetro, scendere fino in gola, e infine il suo naso fu premuto contro il cespuglio del pube del giovane uomo e i testicoli gli premettero contro il mento. Allora il ragazzo iniziò a muovere la testa avanti e dietro, avanti e dietro serrando il sodo membro fra le labbra e muovendoci contro la lingua, ad arte, nella calda bocca umida.

Improvvisamente Alceo gemette con voce bassa e roca: "Oh, cazzo, Arturo... sto per... sto per... sto per... veniiiiireeeee... oooohhhh..." e un paio getti di denso seme spruzzarono nella gola del ragazzo, che allontanò un po' il capo per permettere agli altri tre o quattro getti di riempirgli la bocca e che assaporò con piacere, senza lasciarsene suggire neppure una goccia, prima di ingoiare il dolce e saporoso succo di maschio.

Alceo ansava lievemente, in silenzio, continuando a carezzare i capelli del ragazzo che tenne il membro del giovane uomo in bocca, passandovi la lingua e succhiando lieve, finché tornò ad ammorbidirsi a poco a poco. Poi se lo lasciò scivolare fuori dalle labbra e lo baciò teneramente, restando inginocchiato davanti al padrone, aspettando che dicesse quacosa.

Dopo un po' l'uomo fece sollevare il ragazzo, lo prese fra le braccia e lo baciò delicatamente, gli occhi luminosi: "È stato fantastico, Arturo... Dove hai imparato a succhiare così bene? Hai avuto già molti uomini, tu?"

"No solo uno, lei è il secondo, e non era un uomo era un ragazzo di due anni più grande di me... era il figlio del mio vecchio padrone." gli disse Arturo arrossendo, e raccontò sottovoce...

Arturo aveva capito di essere omosessuale quando aveva tredici anni anni. Nel giardino del padrone, il señor Gómez Avila, aveva sorpreso il giovane giardiniere che stava avendo sesso con una delle cameriere della padrona e si era reso conto che quello che lo eccitava veramente non era la nudità della ragazza, ma quella del giovanotto. Capì subito di essere "diverso"!

Come poteva fare, quale cura esisteva? Voleva "guarire" a tutti i costi da quella di cui aveva sentito dire che era una malattia, oltre che un peccato mortale e un crimine. I primi tempi per Arturo furono un inferno, non faceva che pensare a quello che la gente diceva dei maricon: praticamente tutti dicevano che essere omosessuale era una cosa schifosa. Quindi era convinto che nessuno lo avrebbe mai accettato se avesse saputo che lui si eccitava per i maschi e non per le femmine e perciò pensava di dover assolutamente cambiare!

Ma con il passare dei mesi si rese conto di quanto fosse assurdo sentirsi diverso e in colpa: tutte le cose che facevano gli altri le poteva fare anche lui, quindi non era poi così tanto "diverso"; l'unico punto era il fatto che a lui piacevano i ragazzi e agli altri no. Gradualmente riuscì a mettersi in pace con se stesso e smise anche di considerarsi inferiore agli altri. A poco a poco si accettò per quello che era. Capì che doveva solo tenere nascoste le sue preferenze sessuali. Si chiedeva se per caso ci fossero altri come lui...

Poi, quando aveva quattordici anni, un giorno d'estate, mentre coi soli calzoni corti indosso stava aiutando il figlio del padrone, Manolo Gómez Riva di due anni più vecchio di lui, a spostare alcuni vecchi pezzi di mobilia su nella soffitta della casa padronale, Manolo a un certo punto gli mise una mano sul sedere e lo palpò; Arturo si girò di scatto, sorpreso, l'altro lo guardò con un sorrisetto divertito.

Poi Manolo gli sfiorò il petto nudo, e Arturo fremette a quel contatto e chiuse gli occhi, senza muoversi. Allora Manolo lo prese fra le braccia tirandolo a sé... e lo baciò in bocca. Arturo rimase di stucco, non aveva mai sospettato che il figlio del padrone fosse come lui! Si sentì incredibilmente eccitato e felice... e dopo poco si trovarono tutti e due, completamente nudi, su un vecchio pagliericcio polveroso a fare sesso: la prima volta di Arturo!

Quello fu solo il primo di molti incontri segreti; Arturo sentiva di volere un bene incredibile a Manolo, che era tutto per lui e ogni cosa che il figlio del padrone diceva, che chiedeva... per Arturo era legge, era un dovere. A Manolo invece interessava solo il sesso, voleva soltanto divertirsi con Arturo e fotterne a suo piacere il bel culetto, niente altro. I loro incontri segreti proseguirono comunque per due anni, cioè finché Manolo con la famiglia si trasferì in Messico e Arturo restò senza lavoro.

Il ragazzo, fatto questo racconto, concluse: "Manolo... dopo che io glielo avevo succhiato, me lo metteva tutto nel culetto... non vuole farlo anche lei, signore? Per favore? Mi piacerebbe così tanto!" disse, e arrossì lievemente ancora una volta, per il suo ardire.

Dopo aver ascoltato il racconto, Alceo gli disse: "Arturo... io ti desidero da diversi giorni, anche se cercavo di non pensarci. Sì, questa notte ti faccio mio, e sarai il mio ragazzo, come dici di volere, di desiderare. Andiamo di là, sul tuo letto. Questa notte sarà tutta nostra."

Sospinse il raazzo nello stanzino in cui c'era il letto, gli tolse la parte superiore dei vestiti e lo sospinse a giacere sulla schiena.

"Sei davvero molto bello, Arturo! Sono contento che vuoi essere il mio ragazzo." gli disse, sentendosi sempre più preda di un bruciante desiderio.

Gli carezzò le braccia e il viso, i fianchi e le gambe attraverso la tela dei calzoni, si soffermò un poco sulla patta gonfia, palpandola gentilmente, ma senza soffermarvisi troppo a lungo. Poi si accoccolò fra le gambe del ragazzo, lo fece sollevare a sedere, lo strinse a sé e lo baciò sulle labbra, gentilmente e delicatamente, mentre le sue mani esploravano incessantemente tutto il corpo del ragazzo.

Presto il loro bacio divenne più appassionato e le loro lingue danzavano ora nella bocca dell'uno ora in quella dell'altro. Poi Alceo suggette per un po' il labbro inferiore del ragazzo, gli baciò il viso, gli mordicchiò il lobo di un'orecchia, scese sul collo, poi sul petto. Baciò, mordicchiò delicatamente e succhiò i capezzoli del ragazzo, alternandosi sull'uno e sull'altro per alcuni minuti, finché furono duri ed eretti come due piccoli ceci; poi riprese il suo viaggio giù giù per il corpo del ragazzo.

Inginocchiato fra le gambe divaricate di Arturo, gli carezzò il ventre teso e incavato, poi premette il volto sulla patta del ragazzo e ne strinse delicatamente fra i denti, attraverso la tela, il membro durissimo. Arturo emise un lieve mormorio compiaciuto.

Poi Alceo scese dal letto e fece muovere il corpo del ragazzo in modo che il suo bacino fosse sul bordo e le gambe fuori. Slacciò i calzoni di Arturo e, tirandoli per il fondo, glieli sfilò. Riprese a mordicchiarne il membro, ora imprigionato solo dalle leggere mutande di tela, mentre una sua mano vi si insinuò dentro, da una gamba, risalendo finché le dita presero a frugare nel solco fra le piccole natiche. Arturo emise un basso "sìiii..." pieno di desiderio.

Allora Alceo gli sfilò anche le mutande, permettendo finalmente al membro turgido del ragazzo di svettare libero, ritto come l'albero di una barca. Iniziò a leccarlo, baciarlo, mordicchiarlo, succhiarlo ma senza mai prenderlo in bocca. Prese le gambe di Arturo e le fece poggiare sulle sue spalle, e si chinò a leccare il perineo e, leccando e baciando, si fece strada nel solco fra le natiche sode fino a raggiungere il foro nascosto.

Per lunghi minuti Alceo leccò e titillò il foro del ragazzo. La sua lingua si spingeva nel buchetto palpitante e Arturo gli si premeva contro, per far sì che la punta della lingua lo penetrasse, godendo le incredibili sensazioni che l'uomo gli procurava, e che Manolo non gli aveva mai dato.

Alceo continuò a leccare e saggiare con le punte delle dita di una mano il caldo buco insalivato, mentre con l'altra mano carezzava il membro ritto e duro, i testicoli contratti per il piacere.

"Mi fotta, signor Alceo... mi fotta... non vedo l'ora di sentire il suo bel cazzo duro tutto dentro il mio buchetto stretto... mi fotta, per piacere." mormorò il ragazzo scuotendo il capo sul materasso, a destra e sinistra, in preda a un piacere incredibilmente intenso.

Finalmente Alceo si rizzò sulle ginocchia, spalmò abbondante saliva sul proprio membro, allargò le piccole natiche del ragazzo con entrambe le mani, e premette il glande sul foro palpitante e in attesa.

"Ora ti prendo, Arturo... ora ti faccio mio!"

"Sì!" rispose il ragazzo guardandolo con occhi luminosi.

Alceo si chinò un po', prese il ragazzo per le spalle tirandolo contro il proprio membro, si chinò ancora per baciarlo e mentre con la lingua invadeva la bocca di Arturo, il suo membro iniziò a invaderne il caldo tunnel e a scivolargli dentro, lento ma inesorabile, forte ma gradevole. Il foro del ragazzo era stretto e palpitante ed entrambi provarono un forte piacere e calore man mano che l'uomo affondava dentro Arturo. "Dio quant'è bello, signor Alceo... mi fotta, per favore! Spinga il suo forte cazzo duro e maschio tutto dentro il buchetto del suo ragazzo!"

Alceo lo strinse a sé con maggiore forza, la sua lingua s'immerse più a fondo nella bocca di Arturo, e finalmente iniziò a muovergli il membro dentro con crescente vigore e velocità, spingendosi bene a fondo nello stretto e caldo cunicolo poi estraendolo quasi completamente, spingendoglielo nuovamente tutto dentro con vigore, poi arretrando di nuovo, dentro duro e profondo, poi fuori, sempre più veloce. Il leggero rumore dei testicoli dell'uomo che battevano contro le chiappette del ragazzo a ogni affondo, mescolato al lieve ansare dei due, era l'unico sono che si sentiva nella minuscola stanza. Più svelto, più energico, più veloce, l'uomo lo prendeva con estremo piacere.

"Oh, Arturo! Sei così stretto... sei così dolce! Tra poco ti riempirò con il mio seme e sarai mio! Tutto mio!"

Mentre Alceo continuava a martellargli dentro, il membro del ragazzo era in fiamme. Lo stomaco dell'uomo sfregava contro l'asta dura di Arturo sì che presto il ragazzo si sentì prossimo all'esplosione di un forte orgasmo. Arturo cinse con le braccia il torso dell'uomo stringendosi a lui, mentre Alceo gli si spingevva dentro con vigore. Il membro del ragazzo palpitò con vigore come anche il suo ano attorno all'asta dell'uomo.

La combinazione delle contrazioni portò subito il ragazzo all'orgasmo e il suo membro spruzzò con forza tutto il suo carico fra i ventri e i petti dei due. A ogni schizzo il foro del ragazzo si contraeva con vigore e questo portò anche il giovane uomo oltre il punto senza ritorno, sì che anche Alceo si scaricò nelle calde e accoglienti profondità di Arturo, mugolando sottovoce per l'intensità del piacere.

Esausti, Alceo crollò sul corpo del ragazzo che tenne strettamente fra le sue braccia, restando infisso in lui. Man mano che entrambi si rilassavano, si scambiavano teneri baci. Il membro di Alceo lentamente sgusciò fuori dal caldo ricettacolo del ragazzo.

Allora il giovane uomo si alzò, fece girare di nuovo Arturo steso supino sul letto, e gli si stese a fianco, riprendendolo fra le braccia e le gambe e baciandolo.

"Adesso sono il suo ragazzo, signor Alceo?" gli chiese Arturo in un sussurro emozionato e felice.

"Sì, sei il mio ragazzo, Arturo." gli disse sorridendogli e carezzandogli una guancia. "E perciò niente 'signore', niente 'lei'... Chiaro?"

"Ma gli altri... non troveranno strano che..."

"Non credo: la nostra relazione resterà un segreto per tutti. Siamo tutti e due italiani, si può essere diventati semplicemente amici, per gli altri, perciò sarà naturale che ci si dia del tu, no?"

"Come vuoi... Tutto e sempre come vuole il mio uomo." rispose con un sorriso lieto il ragazzo.

Alceo si rese conto che mai aveva provato tanta dolcezza, un così forte affetto come sentiva ora per quel ragazzo. Non era stata solo una piacevole scopata, era stato qualcosa di più. Più coinvolgente, più importante.

Solo allora, ripensando agli altri con cui aveva fatto l'amore, ripensò a Ramiro... e si disse che se Arturo era diventato il suo ragazzo, non avrebbe dovuto né potuto continuare ad avere sesso con il bell'impiegato della Camera di Commercio. Doveva spiegargli che non sarebbe più stato possibile, né giusto continuare ad avere sesso.

Dopo tutto con Ramiro c'era solo il piacere di fare sesso assieme, non c'era un vero e proprio legame affettivo, perciò non ci sarebbero stati problemi.


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