QUIETE SERE D'AUTUNNO CAPITOLO 1
LUNEDÌ 11 NOVEMBRE

Infilata la vestaglia sul corpo nudo, sedetti al computer e mi collegai con Internet come quasi ogni sera. Dalla finestra aperta veniva una brezza piacevole. Lontano sentii passare il treno. Collegato. News. Cliccai su alt.sex.binaries.teens.male. Un sacco di spam, ma qualche buona jpeg o gif ogni tanto. Ne avevo già collezionate almeno 600 mega ma ancora non mi bastavano.

Eh cavolo, quante jpeg di fighe! Che c'entrano in questo News Group? Non so perché, ma a me danno fastidio, mi sembrano oscene. Eppure, onestamente, non sono in pose molto diverse dai maschietti che mi piacciono tanto... e le foto dei maschietti che scopano fra loro non mi sono mai sembrate oscene. D'accordo che sono gay, io, però... probabilmente sembra osceno quello che non piace e non osceno quello che piace. Non dico che siano foto d'arte... anche se qualcuna secondo me lo è. Dovrebbero fare un programma con un filtro... forse esiste, chissà. Su 200 nuovi messaggi ce ne saranno sì e no una trentina di belle foto di maschi.

Questa per esempio: bella! "2gayguy14.jpg"... save... più tardi creo l'icona e la metto nel dischetto "coppie/fuck/anter". Ne devo avere più di un centinaio da riordinare, ormai. Questi ragazzi devono avere fra i 20 e i 25 anni: non sono proprio teenagers come dice il newsgroup, ma sono belli! Mi piacciono. Non si capisce se gode di più quello sopra che fotte o quello sotto fottuto: le espressioni sono belle, naturali, spontanee. E i corpi perfetti.

Ogni tanto riguardo la mia collezione: scopro qualche doppione, scelgo la foto migliore. E mi masturbo sognando di averli qui con me.

In un disco a parte ho messo quattro folders: i "Brewers twins", "Johan Paulik", "Lukas Ridgestone" e "Aremis"... Anche altri sono belli ma questi... Specialmente Johan Paulik, mi fa morire! Dovrei trovare i suoi video...

Vediamo questa: "fuck025.jpg"...

Ah, lupus in fabula: Johan Paulik che si sta facendo fottere da un bel ragazzo: questa non ce l'ho! Dio quant'è bello Johan. E che espressione goduta. Sono tutti e due in piedi, Johan lievemente chinato, l'altro gli sta dietro col bacino spinto in avanti, intento a infilarglielo dentro, un braccio attorno alla vita di Johan, una mano sul suo bel pisello, che lo masturba. E Johan che evidentemente se lo gode: mi piacerebbe esserci io con lui! In lui!

Come si traduce in italiano Johan? John è Giovanni... Ma Johan? Un bel nome. Un gran bel corpo. Un viso splendido. Sì, devo trovare le sue videocassette, le posso ordinare tramite Internet... Raggiungo l'orgasmo, mi pulisco.

L'autunno, fuori dalla finestra, è dolce, come è dolce l'autunno della mia vita, nonostante in questo momento io sia solo... Solo da due anni... dopo che Lorenzo mi ha mollato.

Continuando a raccogliere nuove, belle foto; la mia memoria va indietro di anni... tanti anni...


Ero diciassettenne quando capii senza ombra di dubbio di essere gay. O per meglio dire, come si diceva allora "omosessuale", il più neutro fra i tanti termini normalmente dispregiativi che si usavano allora. Si era nel 1957, e la parola gay non era ancora entrata nel vocabolario degli italiani.

Me ne resi conto grazie a un libro, non ricordo come mai capitò fra le mie mani, intitolato "Perversioni sessuali nella medicina e nella storia." Non ricordo neppure chi ne fosse l'autore. Ma, man mano che procedevo nella lettura, divenni sempre più conscio di essere anche io uno di quei "pervertiti" di cui il libro parlava, un omosessuale, appunto.

Non è che prima non me ne potessi rendere conto, i sintomi c'erano già tutti; semplicemente non li avevo razionalizzati, non vi avevo mai riflettuto. Disinteresse per l'altro sesso, ammirazione per l'anatomia maschile, piacere nelle, non frequenti, occasioni di masturbarmi con un compagno... Ma il libro, pseudo-scientifico direi ora, soffermandosi anche sui vari modi di esprimere queste perversioni, mi aprì gli occhi: coito nella bocca o fellazione... mmhhh, interessante; coito nell'ano o sodomia... da provare. Il libro li descriveva direi quasi minutamente e riportava "famosi casi clinici" cioè racconti di persone "irrimediabilmente schiave di questi vizi e distorsioni sessuali"... In appendice poi, c'era anche un nutrito elenco di omosessuali celebri.

Fu proprio dopo la lettura di quel libercolo, sicuramente scritto per solleticare le curiosità morbose dei lettori, che il mio interesse (e fame) sessuale iniziò a essere esplicitamente diretto verso altri maschi, e che iniziarono perciò le mie fantasie erotiche coscientemente dirette verso persone del mio stesso sesso.

Avevo accettato abbastanza tranquillamente l'idea di essere un "pervertito"... un po' come uno deve accettare di aver avuto una paralisi, o di avere un cancro: malattie, sì, ma incurabili, quindi tanto valeva rassegnarsi e conviverci. Iniziai anche a sognare di trovare altri come me... per consolarci a vicenda di quella malattia.

Fra noi liceali girava una barzelletta: Sai dove vogliono andare tutti i froci? In Cina! Infatti i medici cinesi dicono che "i floci hanno chialamente un male inculabile"!

Quelli però erano tempi in cui non era affatto facile trovare un compagno. Chi era omosessuale lo nascondeva accuratamente, lo teneva ben segreto. Inoltre non esistevano ancora bar, club, saune gay eccetera. Meno che meno c'erano riviste per omosessuali... o Internet in cui basta digitare in un qualsiasi motore di ricerca la parola "gay" per ottenere come risultato decine di migliaia di "indirizzi".

Froci, ricchioni, finocchi, quelli dell'altra sponda, pervertiti, invertiti, pederasti, sodomiti, culi, culattoni, recchie, busi, busoni, diversi... e chi più ne ha più ne metta, erano derisi, disprezzati, evitati, segnati a dito, licenziati, perseguitati da tutti. A volte anche aggrediti, bastonati, ammazzati. Perciò, chi poteva mai pensare di correre il rischio di farsi riconoscere come tale? Non certo io.

Ma così non riuscivo a trovare qualcuno che avesse i miei stessi gusti e dovevo limitarmi a lunghe sessioni di solitarie masturbazioni. Anche i "giochetti" fra compagni erano ormai solo ricordi di adolescenza, del periodo puberale: tutti i miei amici, i miei compagni di scuola, i miei coetanei si atteggiavano ora a supermaschi il cui unico chiodo fisso erano, logicamente, le "femmine"!

Non sapevo neanche, allora, che esistessero cinema, cessi, parchi in cui si poteva rimorchiare qualcuno, battere, agganciare, fare magari una sveltina... non conoscevo neppure ancora quei termini. Così come non conoscevo la terminologia già allora in gran voga fra i gay: zia, checca, sessantanove, sorella, macho, nave scuola, bocchino, golino, smanettare... eccetera.

Al liceo, fra compagni, si parlava di fottere, chiavare, trombare, ma solo le femmine, e a volte anche di inculare, farsi fare una pompa da un "frocio" (mai farla, si capisce!) o cose del genere, ma questi discorsi non erano mai fatti in modo che mi si aprisse un sia pur piccolo spiraglio, anzi...

Perciò non mi restava che spiare qualche nudità, carpita nelle docce della palestra, o la visione dei miei fratelli che, con le mutande generosamente gonfie, giravano per casa; su quelle "visioni" ricamavo e costruivo le mie fantasie sessuali. Anche su giornali e riviste la nudità maschile, parziale o totale che fosse, in quei tempi era del tutto assente.

Fu verso i diciotto anni che un mio compagno di classe, involontariamente, mi diede un'idea: arrabbiato con un altro compagno in quel momento assente, esclamò: "Ma ditegli di ficcarsi una carota in culo e di girarla, almeno gode!"

A casa, quando andai a fare il bagno, di nascosto mi portai una carota e ci provai... La spalmai ben bene di vaselina (che mamma usava per le mani: avevo sentito i compagni dire che era un buon lubrificante per "fottere") e provai a spingermela nell'ano... faticai un po' a farmela entrare dentro, ma la sensazione era abbastanza piacevole, anche se mista a un lieve senso di fastidio. Muovendola mentre mi masturbavo, provai più piacere del solito... e la seconda volta, poi la terza e le seguenti, il fastidio diminuiva e il piacere aumentava.

Così i miei "bagni alla carota" divennero piuttosto frequenti... e logicamente immaginavo, sognavo che invece del duro vegetale arancione ci fosse il bel membro roseo di uno dei miei compagni (o anche dei miei fratelli, perché no?) a penetrarmi e a muovermisi dentro. Provai anche con altri oggetti, ma la carota restò la mia preferita.

Quanto a essere io a inculare, cosa anche questa che faceva parte delle mie fantasie segrete, dopo alcune prove avevo trovato un metodo abbastanza buono: bagnavo un piccolo asciugamano di spugna e lo infilavo, piegato più volte, fra gli elementi del termosifone del bagno. Quindi vi spingevo a forza il mio membro eretto e... fottevo il termosifone fino a godere, chiudendo gli occhi e immaginando che fosse il bel culetto di un mio compagno... Specialmente in inverno quando il calore del termosifone acceso filtrava attraverso la tela-spugna umida, la sensazione era abbastanza piacevole.

Quanto a succhiarlo o a farmelo succhiare, invece, dovetti limitarmi a sognarlo: non avevo trovato nessun succedaneo degno di nota. Il massimo, ma mi diceva veramente poco, era succhiare un wurstel... ma era un po' come succhiarlo a un ragazzetto di quattordici anni, cioè poco interessante. Ricordo anche che feci contorsioni orribili per cercare di succhiarmelo da solo, ma senza altro risultato che un buon mal di schiena... In quei giorni invidiai i contorsionisti di circo!

Così, fra carote e asciugamani di spugna, cercavo di placare i miei stimoli, di dare una parvenza di realtà alle mie fantasie.


Soddisfatto, spensi il computer. Guardai l'orologio: era tempo di andare a letto. Sono sempre stato piuttosto metodico... non tanto da ragazzo, a essere sincero, ma da quando sono giunto sulla quarantina. A letto verso le undici, sveglia alle sei e mezza.

Controllai che tutto fosse spento, la porta di casa ben chiusa, andai in camera, mi tolsi la vestaglia e mi misi, nudo com'ero solito fare, sotto le lenzuola. A me è sempre piaciuto dormire completamente nudo, non ho mai sopportato abiti, pigiami... La carezza delle lenzuola sulla pelle è molto gradevole... specialmente in mancanza di altre carezze.

Aspettando che il sonno chiudesse i miei occhi, guardavo il riflesso delle luci della strada sulla parete e pensavo al lavoro che avrei dovuto affrontate il giorno dopo in ufficio. Da quando m'hanno promosso a direttore, le responsabilità sono aumentate di molto, ma con mia soddisfazione.

Nella, la mia segretaria da ventiquattro anni cioè da quando mi hanno fatto capo-ufficio, quando pochi giorni fa le ho detto che sto entrando nell'autunno della vita, si è quasi arrabbiata con me e mi ha sgridato: "Ingegnere, a cinquantacinque anni lei è ancora un giovanotto, altro che autunno! Mica comincerà a piangere su se stesso, ora!"

Forse perché lei ha la mia stessa età... eppure ha un istinto di protezione nei miei confronti, quasi... materno. Avevamo trentuno anni tutti e due, e lei era stata appena trasferita, all'interno della nostra ditta, proprio per ricoprire il posto di mia segretaria. All'inizio ero un po'... in soggezione nei confronti di quella donna così sicura di sé, decisa, esperta nel suo lavoro.

Ma gradualmente, soprattutto per il suo buon carattere, era nato uno speciale affiatamento fra noi ed era divenuta la mia insostituibile mano destra, così, man mano che facevo carriera, ho sempre voluto che restasse con me. E sono sicuro che, lì alla Sriplet, sia l'unica a parte l'ingegner Stefani, che sa che sono gay... Non se ne è mai parlato, non mi ha mai detto di sapere... eppure sento che lo sa.

Nella Franceschini (preferisce essere chiamata con il cognome da nubile, quasi certamente perché il marito, un vigile urbano, di cognome fa Villa, e non le piace essere la signora "villanella" oppure "nella villa") ha tre figli, tutti e tre sposati, ed è già nonna: sulla sua scrivania ha la fotografia dei due nipotini.

Lei si è sposata quando aveva diciotto anni e il marito venti... non perché fosse incinta come avevo pensato in un primo tempo, un po' maliziosamente, ma per amore. Infatti il primo figlio è nato undici mesi dopo il matrimonio.

Devo dire a Nella di contattare l'ufficio personale: il Baretti si è licenziato e abbiamo bisogno di un nuovo perito elettronico per sostituirlo. Voglio un ragazzo giovane, magari diplomato da poco, per tirarmelo su come voglio io, come ho fatto con quasi tutti gli altri membri del mio dipartimento. Non per nulla il Dipartimento Elettronica Applicata di cui sono direttore è un formidabile team e l'anno scorso abbiamo anche vinto un concorso dell'European Space Agency a livello europeo. Alcuni dei nostri aggeggi presto saranno inviati nello spazio... una bella soddisfazione

Il mio dipartimento è composto in tutto di ottantatré persone oltre me e Nella: il mio vice-direttore, ingegner Carli, tre capi-ufficio, dodici ingegneri, ventisette periti, trentaquattro operai e tre manovali. Oltre agli uffici per me, Carli e Nella, ci sono altri tre grandi uffici, la biblioteca, il laboratorio, il magazzino e l'officina. Occupiamo una brutta palazzina di due piani costruita all'inizio degli anni '50, nella parte est del complesso che costituisce la Sriplet.

Alcuni dei miei dipendenti... sono a dir poco appetibili. Però non ho mai voluto tentare di avere una relazione con nessuno di loro, neanche coi più belli, neanche quando sapevo o sospettavo che potessero essere gay come me. Sono convinto che non si deve mai mescolare la vita privata e sentimentale con quella di lavoro.

Marco Stefani, ad esempio. Un ragazzo che lavora al DEA da sei anni. Bello come un divo, sexy... e che l'estate scorsa ho incontrato in una sauna gay di Parigi! Lui era incredibilmente imbarazzato, all'inizio.

"Ehi, Stefani, se siamo tutti e due qui, è per lo stesso motivo, no?" gli dissi per metterlo a suo agio.

Chiacchierammo a lungo, ma né lui ci provò con me né io con lui. Tornati al lavoro, non accennammo più a quel nostro incontro. È un ottimo ingegnere, anche se... poco creativo. Però è veramente eccezionale: quando gli affido un problema da risolvere riesce quasi sempre a trovare una brillante soluzione. È molto serio, nel lavoro, sempre molto documentato sugli ultimi ritrovati, so che si aggiorna costantemente, è abbonato alle migliori riviste di elettronica, americane, tedesche, italiane.

Come ho detto, è anche molto sexy: l'ho visto quasi nudo, quel giorno nella sauna di Parigi, ha un corpo armonioso, forte, quasi perfetto. Ma anche completamente vestito, trasuda sensualità. Onestamente, a volte mi eccita guardarlo, e qualche volta mi masturbo pensando a lui...

Un altro che quasi certamente è gay è Dario Turati, il capo-officina, un bell'uomo di trentasette anni, non sposato, che spesso spoglia con gli occhi i più giovani dei suoi operai... secondo me è probabile che ne abbia spogliato qualcuno anche con le mani e che se lo sia portato a letto... Non ne ho le prove, né mi interessa averle, ma il modo in cui tratta alcuni degli operai più giovani e carini, mi fa pensare che fra loro ci sia qualcosa, o forse soltanto che il Turati speri che possa nascere qualcosa.

Non so se la mia sia una particolare sensibilità, il cosiddetto "gay radar", o solo fantasia, solo il voler vedere negli altri qualcuno "come me". D'altronde, se le statistiche sono esatte, almeno cinque o sei altri gay, oltre me e Stefani, dovrebbero esserci.

Un terzo che potrebbe essere gay, nonostante sia sposato e abbia due figli, è il Mellini, il responsabile del laboratorio. Più d'una volta ho notato come solleva gli occhi dal tavolo a cui sta lavorando per seguire qualche bell'esemplare di maschio che gli passa a portata di sguardo... e tiene lo sguardo fisso sulla patta del ragazzo... Il fatto che sia sposato significa poco, dopo tutto lo sono stato anche io.

Però, a differenza dello Stefani, né il Turati né il Mellini hanno mai suscitato in me erezioni o fantasie erotiche. Nessuno dei due è il mio tipo. Se Stefani non fosse un mio dipendente, con lui ci proverei più che volentieri. Magari lo licenzio e poi ci provo... Logicamente scherzo, non solo perché sarebbe ben poco corretto, ma anche perché non mi priverei mai di un ottimo ingegnere come lui.

Non so perché, ma pare che stasera il sonno non voglia venire a visitare casa mia. Sono completamente rilassato, non ho problemi, sto bene... Fuori dalla finestra, al centro del vetro, noto un'unica stella, forse un pianeta, perché la foschia del cielo e il riflesso delle luci della città nascondono tutte le altre stelle. Una sottile falce di luna crescente fa capolino nell'angolo superiore della finestra.

Dall'appartamento confinante viene, ovattato, il sonoro di un televisore... Guardo le cifre verdi dell'orologio digitale sul comodino: è già quasi mezzanotte. Chissà perché stanotte non riesco ad addormentarmi?

Mi viene in mente una vecchia filastrocca della mia infanzia, se ricordo bene scritta da Lina Schwartz...

Si spengono in cielo le nuvole rosa
E il cielo alla terra bisbiglia: "Riposa!

Qui in alto si accendono mille lumini,
dormite, dormite, dormite, bambini!

A chiudervi gli occhi or or scende il sonno
Che in grembo vi prende qual vecchio buon nonno,

narrando le belle novelle incantate
che al sole, il mattino, vi sembran sognate.

Vi veglia il gran cielo dai mille lumini,
dormite, dormite, dormite, bambini!"

Me la ripeto più e più volte, sperando che mi aiuti ad addormentarmi...

Vengo svegliato di soprassalto dalla sveglia: sono le sei e trenta! Non m'ero reso conto di essermi addormentato. Sorrido pensando che la vecchia filastrocca ha fatto il suo effetto. Scendo da letto e vado in bagno a lavarmi. Un altro giorno del quieto autunno della mia vita è cominciato, in attesa che sopraggiunga l'inverno.


DIETRO - AVANTI