QUIETE SERE D'AUTUNNO NOVEMBRE DI UN ANNO DOPO

Quante cose sono accadute in questo anno!

Nonostante la mia ferma volontà di non innamorarmi di Paolo, iniziai a vacillare sempre più. Era davvero un ragazzo troppo eccezionale, troppo dolce, troppo "giusto" per me.

Così, quando in gennaio Paolo mi dichiarò di essersi perdutamente innamorato di me, le mie ultime difese crollarono e gli confessai finalmente il mio amore. Fu per me quasi come essermi liberato da un grosso peso: quello di un auto-imposto e non veramente sentito cinismo.

In marzo il Presidente mi chiamò e mi disse che, dato che avevamo iniziato a lavorare per la commessa della Marina Militare, e che immaginava che presto avremo avuto altre importanti commesse, avevamo solo due possibilità: o ingrandire il DEA, o dare alcune parti del lavoro in outsourcing. Lui propendeva di più per questa ultima ipotesi, ma voleva che io ci pensassi, ne discutessi a fondo con il mio vice e con i tre capi-ufficio e gli facessi una relazione illustrandogli tutti i pro e i contro delle due soluzioni.

In aprile feci un breve viaggio a Madrid con Paolo... furono giorni splendidi, tutti per noi, in una città incantevole. Fino ad allora si era potuto fermare a dormire con me circa una volta alla settimana, ma, specialmente ora che ci eravamo dichiarati il reciproco amore, non bastava più a nessuno dei due.

Perciò, quando gli chiesi di venire ad abitare con me, lui rispose che ci sarebbe venuto di corsa, ma che prima doveva parlarne con la madre. Gli dispiaceva lasciarla sola. Dovette quindi finalmente dirle anche che s'era innamorato del suo "grande capo".

La madre gli rispose che lui doveva fare la propria vita, che lei non temeva la solitudine, però discusse a lungo con Paolo sull'opportunità di mettersi con un uomo tanto più vecchio di lui, per di più suo superiore al lavoro. Paolo smontò a una a una tutte le sue obiezioni e timori.

Comunque, prima di trasferirsi da me, volle che sua madre mi incontrasse. Perciò un sabato pomeriggio vennero tutti e due a casa mia. Io avrei preferito un "terreno neutro" ma Paolo mi disse che invece era meglio che la madre vedesse anche dove lui sarebbe venuto a vivere.

Era una donna magra, di quarantasei anni, vestita semplicemente, ma con un aspetto molto dignitoso e una personalità forte. Parlammo a lungo. Lei mi ripeté tutte le obiezioni che aveva fatto al figlio, a una a una, chiedendomi di esporle il mio punto di vista.

Risposi a tutte le sue obiezioni e alle sue domande, poi le parlai anche della mia delusione con Lorenzo... e della mia conseguente esitazione prima di arrendermi al sentimento che provavo per Paolo e lui per me.

Alla fine mi disse: "Ingegnere... io voglio solo due cose per mio figlio: che sia felice e che non faccia mai del male a nessuno. Il mio figliolo è un gran bravo ragazzo, è venuto su anche meglio di quanto io potevo sperare. E lei, per quello che mi ha detto Paolo, e per quanto ho potuto capire oggi parlando con lei, mi sembra una gran brava persona. Se siete decisi a vivere assieme, e se vi amate, non posso che darvi la mia benedizione e pregare che tutto vada sempre bene fra voi due." Poi aggiunse, con un dolce sorriso: "Mi viene da dirle che le affido il mio figliolo... ma ormai Paolo è maggiorenne, ha fatto le sue scelte, e poi è un ragazzo: comunque non sono più i tempi in cui un genitore affidava una ragazza al suo sposo."

Così Paolo si trasferì a casa mia e cominciammo finalmente a vivere assieme.

Quando comunicai a Nella il cambiamento di indirizzo di Paolo, mi guardò con un lieve sorriso: "Il Renzi mi sembra un gran bravo ragazzo, e so che anche l'ingegner Stefani è molto contento di lui. Sono lieta che lei, direttore, non sia più solo e abbia finalmente una buona e gradevole compagnia."

La guardai con un sorrisetto un po' provocatorio: "Nella, lei mi conosce molto bene, ormai. Che cosa intendeva dirmi, con queste sue parole... molto diplomatiche?"

"Quello che le ho detto, ingegnere. Se lei e il Renzi... vi volete bene, non posso che esserne contenta."

"È così evidente che ci vogliamo bene?"

"No, non è affatto evidente... però io non sono nata ieri, ingegnere. Ma soprattutto io la conosco meglio di tutti gli altri, qui dentro, dopo tanti anni al suo fianco. Perciò so leggere nei suoi occhi quello che gli altri non possono vedere."

"E non la disturba il fatto che io... abbia scelto un ragazzo come compagno di vita?"

"Dovrebbe disturbarmi? Io so che lei è una persona onesta, corretta, buona e generosa..."

"Non esageri con le lodi, ora!"

"No che non esagero. Crede che diversamente sarei restata per tanti anni a lavorare con lei? Dunque, dicevo, se lei ha fatto questa scelta, sono sicura che ha agito per il meglio, sia per se stesso che per il ragazzo. Qualunque cosa possano dire preti, opinione pubblica e moralisti."

"Grazie, Nella. Dovrei farle un monumento!"

"Se ne rende conto solo ora?" mi chiese con un sorrisetto.

"No, solo ora ho avuto l'occasione per dirglielo."


A metà maggio portai la relazione al presidente e gliela illustrai: i miei collaboratori avevano individuato alcune lavorazioni che sarebbe stato conveniente dare a ditte esterne. Il presidente, che era già di questo avviso, mi disse di cominciare a individuare le ditte adatte a cui fare le nostre offerte e di comunicarne la lista al nostro ufficio commerciale.

Dopo che ebbi comunicato ai miei stretti collaboratori il risultato del mio incontro con il presidente, Stefani mi disse a quattr'occhi: "Dario, se mi permetti... avrei un suggerimento da darti."

"Dimmi."

"Giovanni Renzi si è inserito molto bene qui dentro, non solo ha afferrato più rapidamente e facilmente di quanto pensassi il lavoro che svolgiamo, ma ha anche spesso proposto soluzioni ingegnose per perfezionare i miei progetti. Quel ragazzo ha davvero un gran talento. Perciò, pensavo, perché non gli proponi di fondare una ditta esterna che faccia le lavorazioni che intendiamo dare in outsourcing?"

"Fondare una ditta esterna? Ma ha solo ventuno anni, inoltre non dispone dei capitali necessari..."

"Ha indubbiamente la competenza tecnica necessaria, come ti ho detto. Non esito a dire che quel ragazzo è un genio, nel suo campo. Vale più lui di altri valenti tecnici che lavorano qui da anni, nonostante la sua giovane età. Riguardo al capitale iniziale, non ne necessiterebbe uno grande; con un buon avallo, potrebbe facilmente ottenere un mutuo per coprire le spese iniziali, oltre probabilmente a poter ricevere qualche sussidio statale o regionale."

L'idea mi piaceva e sapevo che Stefani non è uno che parla senza aver prima riflettuto bene. Discussi ancora con lui la sua proposta e ne ero sempre più convinto.

Così gli chiesi di parlare lui con Paolo, di fargli lui la proposta: "Capisci che, essendo il mio ragazzo, potrebbe pensare che... stravedo per lui. Tu lo può convincere meglio di me. Poi sicuramente ne parlerà con me e allora gli posso dire che mi sembra una buona idea... senza fargli sapere che tu ed io ne abbiamo già parlato. Se il mio Paolo se la sente, lo aiuterò molto volentieri a mettersi in proprio."

Così, discussa la cosa con Paolo la sera stessa, quando mi comunicò quanto gli aveva proposto Stefani, lo convinsi che doveva provarci. Inoltre, gli feci presente, poteva assumere la madre per tenergli pulito il laboratorio o per altre incombenze che potessero essergli utili e che lei sapesse svolgere. Questa ultima idea finì per convincerlo del tutto.

Si licenziò dalla Sriplet e in luglio aveva ottenuto i finanziamenti necessari e utilizzando anche una somma che avevo in banca e che gli misi a disposizione, trovò un locale abbastanza ampio, lo attrezzò ed iniziò a costruire i primi prototipi, logicamente finalizzati a quanto sapeva che serviva al DEA.

L'ufficio commerciale della Sriplet stava contattando le ditte a cui affidare il lavoro esterno, quindi anche quella di Paolo che Stefani appoggiò con entusiasmo, così la "GPR Elettronica" di Paolo ottenne la sua prima commessa e assunse due tecnici per essere in grado di onorare il contratto nei tempi previsti.

Frattanto in agosto, in concomitanza con la chiusura della mia ditta, ci concedemmo tre settimane di ferie nelle Dolomiti. Io volli che anche la madre di Paolo, Anita, con cui ormai ci davamo del tu, venisse in ferie con noi: mi confessò, commossa, che erano venti anni che non andava più in vacanza da qualche parte. Furono tre settimane veramente belle per tutti e tre.

Riprendemmo il lavoro in settembre e il mio ragazzo era felice, eccitato. Spesso, tornato a casa, discuteva con me quanto stava facendo, le sue idee, i suoi problemi. Mi disse anche che la madre s'era iscritta a un corso serale di contabilità, per poter prendere in mano la parte amministrativa della nuova ditta.

Nel tempo libero, avevamo iniziato a frequentarci con Stefani e il suo uomo, con Turati e Cabrini, oltre che con altri amici. Sia Stefani che Turati erano prodighi di consigli tecnici al mio Paolo.

In ottobre Paolo aveva dovuto assumere altri due operai. Compresa la madre, la sua ditta ora contava sei persone e lavorava a pieno ritmo. Il nostro ufficio collaudi non mandò mai indietro nessun pezzo della "GPR Elettronica".

L'undici di questo mese abbiamo festeggiato l'anniversario del nostro primo incontro, prendendoci una intera giornata di assenza dal lavoro.

La mattina siamo andati con la mia auto a Gardaland, dove abbiamo passato l'intera giornata divertendoci come due ragazzini: avevo pensato che Paolo, non avendo mai potuto avere qualcosa di simile quand'era piccolo, gradisse quell'esperienza. Ma devo dire che me la sono goduta molto anche io. Abbiamo mangiato nuvole lo zucchero filato bianco e rosa, siamo andati al teatro dei burattini, abbiamo visitato il castello di Merlino, inaugurato da poco, abbiamo mangiato in un buffo ristorante pieno di ragazzini eccitati e dei loro genitori, poi abbiamo visitato il villaggio a fumetti e quelli dei cowboy e degli indiani e un sacco di altre cose, scattando decine di fotografie.

Alla fine eravamo veramente stanchi ma altrettanto divertiti. Tornati a casa ci siamo concedessi un lungo bagno rilassante, abbiamo fatto una leggera cena e finalmente siamo andati a letto.

"Sei contento, Paolo?"

"Di più non potrei. Perché c'eri tu con me... o perché ero con te."

"Tornando a casa, pensavo che devi prendere la patente. La tua ditta deve avere un furgoncino."

"Non credo che ce lo possiamo ancora permettere."

"È indispensabile, amore. Eventualmente ti anticipo io la somma necessaria."

"Perché non hai voluto entrare in società con me, con tutti i soldi che ci stai mettendo?"

"Entrerei in conflitto di interessi con la mia posizione di direttore della DEA, amore. Non sarebbe opportuno, anche se molti lo farebbero, lo fanno. La Sriplet non ti ha assegnato il lavoro per mia richiesta o pressione, ma perché hai presentato un prodotto valido. Sai che se così non fosse, io non muoverei un dito per farti avere altre commesse."

"Sì, lo so, ed è giusto così. Solo che mi sarebbe piaciuto che tu fossi mio socio."

"Quando andrò in pensione, ti prometto che ne riparleremo."

Mi ha carezzato, mi si è stretto contro e abbiamo dimenticato subito, tutti e due, il lavoro, gli affari, il mondo intero, perché tutto il nostro mondo era racchiuso nell'altro, era l'altro.

Le nostre labbra si sono cercate, incontrate, riconosciute e si sono unite. Le nostre erezioni hanno preso a duellare giocosamente, gioiosamente. I nostri corpi vibravano entrando in risonanza con l'eccitazione dell'altro. La stanchezza della giornata era svanita, mi sentivo pieno di nuove energie e pronto a spenderle per il mio amato.

Con lo stesso fervore con cui un adolescente sta scoprendo le gioie della sua fiorente virilità, mi sono offerto al mio Paolo che mi ha preso con la sua tenera irruenza, con la sua virile gentilezza e mi ha portato con sé per i sentieri fioriti del piacere.

Il suo forte membro componeva in me poemi d'amore, sussurrava rime d'oro ritmate dal suo vigoroso va-e-vieni. Il suo sguardo luminoso riscaldava la mia anima, faceva cantare il mio cuore. Mi rendevo conto che fin dalla prima volta che ci eravamo uniti, esattamente un anno fa, era stato così, ma allora ero cieco e sordo, m'era rimasto solo il tatto per orientarmi e camminare nella vita. L'amore di Paolo m'aveva guarito, m'aveva ridato vista e udito. M'aveva ridato la vera gioia di vivere.

Ma la cosa più notevole è che, grazie al mio Paolo, al suo amore per me e al mio per lui, ho scoperto che nella mia vita, dopo l'autunno non viene affatto l'inverno, ma una nuova primavera!


F I N E


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