Il Maestro dell'Arte del Tè, depose la ciotola con il verde tè schiumoso sul tatami. Kimura Kiyoshi si inchinò, prese la ciotola e la depose sul piccolo quadrato di prezioso broccato davanti a sé. Poi fece il gesto di offrirla al vicino di destra, a quello di sinistra, fece il gesto di ringraziamento al maestro e portò la ciotola alle belle labbra, iniziando a sorbire la bevanda.
Kobayashi Shinji, alla sua destra, lo guardava con la coda dell'occhio. Era stupito che un ragazzo così giovane, non solo partecipasse all'incontro di Chado, la "via del tè", in modo tanto impeccabile, ma anche che indossasse un kimono marrone-scuro, quasi nero, con un bell'obi di broccato verde-primavera e grigio. Davvero inusuale: ormai i giovani sembrano non conoscere più nulla delle migliori tradizioni.
Kobayashi Shinji aveva trentotto anni ed era già un rinomato calligrafo, oltre che un valente poeta. I suoi waka erano stati pubblicati nelle migliori riviste letterarie del Giappone e uno era anche stato letto di fronte a sua maestà, l'Imperatore Heisei, giusto l'anno precedente, nel 2001, il primo anno del terzo millennio. Le sue calligrafie erano molto ricercate da templi, maestri del tè, personaggi famosi.
Kobayashi-sensei aveva subito notato quel bel ragazzo quando aveva raggiunto gli altri ospiti nella stanza d'attesa della capanna per il tè. Erano state fatte le presentazioni. Decise che, terminato quell'incontro, gli avrebbe parlato, avrebbe cercato di conoscerlo meglio... se ne sentiva fortemente attratto.
Il suo amante di undici anni, un giovane attore del Noh della scuola Kongo, di soli trentuno anni, era morto due anni prima in un incidente stradale, e dopo di lui non aveva mai più accolto nessuno sul suo futon. Ma ora Shinji si sentiva, per la prima volta in due anni, incredibilmente attratto dal bel ragazzo seduto alla sua sinistra.
Terminato l'incontro si salutarono tutti, cerimoniosamente, e uscirono. Sulla via, Shinji si accostò al bel giovane che aveva risvegliato il suo interesse.
"Mi perdoni Kimura-san, posso chiederle la sua età?"
"Ho ventitré anni, Kobayashi-sensei."
"Di che cosa si occupa?"
"Sono studente del terzo anno di medicina all'Università di Kyoto."
"Ah, la Kyo-i-dai! Ho notato che conosce molto bene il Chado... cosa davvero inusuale in una persona giovane come lei. Ancora più vederla indossare con tale naturalezza e grazia il kimono."
"Amo tutte le nostre arti tradizionali, sensei."
"Anche la calligrafia?"
"Certamente. Ho ammirato le sue opere nella mostra tenuta il mese scorso al Dai-go-in... e anche quella nel tokonoma della capanna da tè, poc'anzi."
"Ha qualche impegno, ora, Kimura-san?"
"No... nulla di particolare."
"Le interesserebbe venire nel mio studio per vedere alcune delle mie opere?"
"Ne sarei veramente onorato, se non è troppo disturbo."
"Tutt'altro. Mi rallegra che una persona giovane come lei sappia apprezzare le nostre tradizioni."
Kimura Kiyoshi, in realtà, oltre ad ammirare veramente le opere del maestro di calligrafia, si era sentito attratto dal bell'uomo. Infatti da sei anni aveva compreso di essere gay, non aveva avuto molte esperienze, e un solo amore sfortunato, ma essendo un tipo romantico, sperava di poter trovare un giorno il "suo uomo".
Giunti alla casa di Kobayashi, una bella costruzione dell'inizio del periodo Meiji, cioè di circa centoquaranta anni prima, traversò con l'uomo il giardino ed entrò nell'ambiente in cui il maestro lavorava. Mentre Kiyoshi ammirava le ultime opere del famoso calligrafo, questi ammirava la curva sensuale del collo del ragazzo, che emergeva dritto dal colletto del kimono, e provò impellente il desiderio di posarvi le labbra e di tracciarvi ideogrammi di desiderio con la punta della lingua...
Kiyoshi si girò verso il maestro per fargli una domanda e si fermò interdetto: lesse chiaro, forte, bruciante, il desiderio negli occhi di Shinji. Si sentì quasi le gambe cedere, fremette, le mani che reggevano il foglio con la scritta calligrafica, tremarono leggermente.
Shinji a sua volta lesse l'emozione nei begli occhi scuri e profondi del ragazzo, ne comprese lo smarrimento misto a desiderio che vi faceva capolino. Per un lungo momento rimasero immobili, in silenzio, gli occhi calamitati in quelli dell'altro. In una muta comunicazione pronunciarono parole audaci e timide a un tempo, urgenti proposte e calde risposte, dolci profferte e virili richieste.
Poi Kiyoshi abbassò lo sguardo, depose il foglio sul tavolo ed esalò un basso, lievissimo sospiro: senza accorgersi aveva trattenuto il respiro. Shinji si sistemò inconsciamente il collo del nero kimono di bella seta grezza e opaca.
Finalmente la sua voce ruppe il silenzio: "Non dirmi di no, Kiyoshi." disse con voce calda e bassa.
Il ragazzo si girò verso di lui e lo guardò nuovamente: "Non sarei in grado di dirlo neppure se volessi, sensei."
"Vieni..." sussurrò, semplicemente, il poeta.
Facendo silenziosamente scivolare di lato i fusuma, le porte dai pannelli coperti da belle carte a mano, passarono in un corridoio in penombra ed entrarono in una stanza aperta verso il giardino. Shinji aprì l'armadio a muro, srotolò il futon sul tatami e si girò a guardare il ragazzo.
"Ecco." disse l'uomo con un gesto di invito verso il giaciglio.
Kiyoshi portò una mano sul nodo sulla schiena, sciolse l'obi che scivolò giù, attorcigliandosi a terra attorno ai suoi piedi. Poi si sfilò il kimono lasciandolo anche cadere a terra. Sciolse la stretta cintura del sotto-kimono, poi si sfilò anche questo. Rimase, il solo bianco fundoshi sul bacino e i tabi ai piedi, davanti all'uomo.
Shinji lo guardò con apprezzamento: "Un'opera d'arte. E indossi il fundoshi, non le mutande all'occidentale. Perfetto!"
Così dicendo, anche il maestro di calligrafia si spogliò rapidamente. Anche lui indossava il fundoshi. Generosamente gonfio. Si accostò al ragazzo, sorridendo. Gli pose le mani sulla vita, dietro la schiena e gli slacciò il fundoshi, lasciandolo cadere sugli altri abiti. Quindi con una mano gli carezzò il membro nudo e già eretto e con l'altra le sode natiche snelle.
"Davvero un capolavoro!"
"Le piaccio, sensei?" chiese in un sussurro emozionato il ragazzo.
"Molto. Tu non sei nuovo all'amore fra uomini, vero?"
"No..."
"Scioglimi il fundoshi, Kiyoshi-kun."
Il fatto che l'uomo avesse usato il più intimo 'kun' invece del formale 'san', provocò un brivido di piacere al ragazzo. Fece quanto Shinji gli aveva chiesto e guardò con piacere il forte membro apparire al suo sguardo, eretto, palpitante.
L'uomo gli passò delicatamente le unghie di una mano sul bel petto glabro e liscio come preziosa seta, scendendo giù giù fino ai folti peli che adornavano il pube del bel ragazzo. Kiyoshi fremette con forza e si sentì tutto il corpo in fiamme. Si inginocchiò davanti all'uomo, sedendo sui talloni, e senza toccarlo con le mani, prese a passare la punta della lingua lungo tutto il membro, su e giù, soffermandosi sui testicoli contratti e sodi e sul glande quasi completamente scoperto. Shinji fremette e sussurrò un "sì" carico di piacere.
Poi, con la delicatezza con cui si prende con le labbra una fragola saporita e matura per staccarla dal picciolo, le chiuse sul glande dell'uomo e lo solleticò con la lingua. Shinji mormorò un nuovo "sì" pieno di desiderio. Posò delicatamente le mani sul capo del ragazzo e gli spinse la soda asta nella calda e accogliente bocca. Kiyoshi con una mano gli carezzò il pube e il ventre, con l'altra gli manipolò con delicatezza i testicoli contratti.
Dopo poco l'uomo si sfilò da lui. Il ragazzo lo guardò con espressione interrogativa, temendo di non averlo saputo compiacere, ma Shinji gli sorrise. Andò a un basso mobiletto, ne estrasse qualcosa, poi si girò accostandosi di nuovo al ragazzo e gli porse la traslucida membrana circolare di un preservativo. Il ragazzo sorrise, lieto e timido a un tempo, e srotolò la sottile guaina di latice sul bel membro che, fra poco, avrebbe preso possesso del suo segreto rifugio.
Shinji lo prese per le ascelle facendolo alzare, lo abbracciò e lo baciò con forte passione. Il ragazzo si sentì nuovamente in fiamme e avvertì un lieve fremito percorrerlo dalle dita dei piedi ancora avvolti dai tabi immacolati alla radice dei corti capelli neri.
"Ti voglio." gli sussurrò l'uomo con voce calda e roca di desiderio.
"Sì... mi faccia suo, sensei." bisbigliò il ragazzo, sempre più emozionato, spingendosi contro il corpo maturo e forte dell'uomo per sentirne l'erezione.
Shinji lo guidò a sdraiarsi sul futon, su un fianco, gli si stese dietro, facendogli sollevare la gamba superiore, e finalmente iniziò a spingersi dentro di lui, conquistandone lentamente il nascosto e caldo canale. Kiyoshi lo sentì scivolare in sé, solenne come lo Shi-te, il primo attore del Noh, quando compare in scena. Gli sembrò quasi di sentire i tre tamburi e il flauto accompagnare e sottolineare quell'avanzata. Fremette di nuovo ed emise un tremulo gemito di piacere.
E come lo Shi-te, il membro dell'uomo iniziò la sua danza ritmata, ora lenta ora rapida, ora forte, ora lieve... Il poeta sollevò un poco il busto, gli fece girare il volto e lo baciò mentre le sue mani ne esploravano il corpo fresco e bello, con la stessa delicata attenzione con cui un non vedente cerca di carpire le forme per imprimersele nella mente.
Un raggio del sole che si avviava al luogo del suo riposo, rifulse attraverso la chioma di un acero, penetrò nella stanza e depose il suo pennello di luce dorata sui due corpi allacciati, disegnandovi le pentapalmate silhouettes delle foglie sì che la loro pelle sembrò trasformarsi in un antico e prezioso broccato.
Kiyoshi sentì la forza misteriosa del piacere impadronirsi di lui come un antico spirito evocato da uno sciamano e dal suo corpo zampillarono preziose, opalescenti perle di voluttà in otto sacri getti che adornarono i petali dei fiori stampati sulla coperta del futon di fronte a lui, come gocce di rugiada.
Poi lo stesso spirito si insinuò anche nel corpo di Shinji che emise un basso mugolio, modulato come un canto, e a sua volta depose la sua offerta nel nascosto santuario del piacere del gradito ospite.
Il raggio di sole scivolò via silenziosamente, quasi a non turbare il ritorno alla realtà del mondo dei due corpi, ancora vibranti per il culmine e la conclusione dell'eccitazione sessuale.
Shinji si stese di nuovo, lievemente ansante e pieno di lieto stupore per la bellezza di quell'insperato incontro, mentre Kiyoshi, chiusi gli occhi, assaporava la gioia di una così intima e gratificante unione.
L'uomo, dopo alcuni minuti, ritrovata la quiete del corpo ma ancora immerso nel piacere dell'atto appena concluso, sollevò di nuovo il torso, puntando un gomito sul futon e guardò Kiyoshi. Con un dito gli sfiorò le morbide labbra.
"Ora che ho conosciuto e gioito per il colore e il profumo del più bel fiore di Kyoto, lo voglio per sempre nel mio giardino." disse con voce calda e dolce.
Kiyoshi riaprì gli occhi e incontrò lo sguardo dell'uomo. "Sarò suo, sensei, ogni volta che si degnerà di manifestarmi il suo desiderio." rispose con espressione sognante.
Così cominciò la loro relazione piena di poesia e di passione. Si incontravano due, tre volte ogni settimana, e gradualmente, nacque fra di loro, compagno del desiderio, un forte sentimento di amore. Kiyoshi si sentiva felice come mai era stato in vita sua.
Quando infatti, all'età di sedici anni, aveva chiaramente compreso che tutto il suo essere era indifferente alle grazie femminili ed era invece avido di gustare le attrattive virili, Kiyoshi, luminoso nella sua fresca bellezza, era stato sedotto da un suo professore, che l'aveva introdotto all'arte di dare il piacere sessuale.
Dopo l'insegnante, Kiyoshi era stato attratto nelle alcove di molti uomini, ma tutti, chi più chi meno, volevano solamente usare il suo corpo, godere la sua fresca giovinezza, approfittare della sua disponibilità per sfogare in lui i loro istinti sessuali.
Kiyoshi non s'era mai sottratto alle pretese dei vari uomini da cui era affascinato e che lo invitavano a unirsi a loro perché, non avendo mai sperimentato altro, credeva che quello fosse l'unico modo in cui un uomo e un ragazzo potessero darsi reciproco piacere.
Secondo l'antica tradizione, come l'aveva conosciuta leggendo diversi testi di letteratura classica, il giovane attore doveva compiacere il borghese, il paggio il suo signore, il novizio il monaco suo superiore. Quindi, compiaceva gli uomini che gli manifestavano il loro desiderio e da cui anche lui si sentiva attratto.
Per questo, quando Kobayashi Shinji lo aveva colto con tanta poesia, dolcezza, delicata virilità, tenerezza, il giovane Kiyoshi si era innamorato di lui. A sua volta il famoso poeta e calligrafo, era rimasto conquistato dalla sua dolcezza, dalla sua disponibilità timida ma calorosa, dalla gioia che leggeva nel suo bel volto ogni volta che si univano.
Shinji gli insegnò l'arte della calligrafia, a volte gli leggeva poemi, sia propri che di altri autori, antichi o moderni, commentandoglieli e svelandogliene tutta la bellezza. La domenica, a volte lo portava a scoprire angoli pressoché sconosciuti dell'antica Kyoto e dei ricchi dintorni immersi in una lussureggiante natura, facendogli gustare l'arte discreta, nascosta nelle più piccole cose.
Con lui imparò ad apprezzare la bellezza effimera di un umile fiorellino, quella delle macchie su un tronco di bambù, delle venature, scolpite dal tempo e dagli elementi atmosferici, di un antico portale di legno. Con la guida del famoso artista, imparò a comprendere il grande valore di un semplice sasso levigato dalla corrente del fiume, la meravigliosa struttura dei mille muschi che adornavano angolini ignorati dai più, a interpretare il canto degli uccelli, il brillare delle stelle, i giochi di ombre e di luci del sottobosco.
E amava sempre più, ricambiato, il grande uomo che l'aveva preso sotto la sua ala protettrice.