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una storia originale di Andrej Koymasky


I TRE BUDDA CAPITOLO 6
PER COLPA DI UNA LIBELLULA

Il mattino seguente, mentre saliva al Nageire-do lungo lo strettissimo sentiero, a passo agile ma prudente, Momosaki Takeichi fu sorpreso di non vedere il giovane, affascinante eremita seduto in meditazione.

Giunto alla porticina della veranda, sul retro, l'aprì ed entrò, sentendosi un po' preoccupato. Aprì la porta della sala. La debole luce del primo mattino penetrò nel locale. Sul futon era steso Kiyoshi, il solo nemaki, il kimono da notte, indosso, discinto, e una bella erezione si ergeva verso il soffitto, quasi a gareggiare con i pali che sorreggevano il piccolo e antico tempio.

Takeichi si fermò sulla soglia, trattenendo il respiro. Appoggiò a terra il contenitore dell'acqua e il vassoio del cibo e toltosi i sandali di paglia, entrò silenziosamente nell'aula del tempio. Si accoccolò a fianco del corpo dell'uomo che aveva suscitato il suo amore e lo contemplò, sentendosi emozionato.

Rapidamente si liberò completamente degli abiti, delicatamente sciolse la cintura che ancora fissava il nemaki discinto sul corpo del giovane uomo e ne scostò le falde. Lo ammirò, ora quasi completamente nudo, carezzandolo con lo sguardo.

Poi si stese a fianco di Kiyoshi e prese a carezzargli lievemente il petto, il ventre, il pube... e infine, tremante, gli sfiorò il bel membro. Kiyoshi emise un lieve gemito, alcune indistinguibili parole sfuggirono dalle sue belle labbra, ma una, una sola, fu colta chiaramente dal novizio eccitato.

"Takeichi..."

"Sono qui." sussurrò il ragazzo, emozionato.

"Take..."

"Sono qui per lei." disse addossandoglisi e guardandolo in volto.

Kiyoshi aprì gli occhi che sembrarono brillare come due misteriosi gioielli e incontrò lo sguardo pieno di dedizione del ragazzo.

"Sei qui?"

"Sì, per lei."

"Take... io..."

"Sssst! Mi prenda, la prego." mormorò il giovane novizio, serrando nella sua calda mano il palo fieramente eretto di Kiyoshi.

Si girò sul fianco, voltandogli le spalle e ne tirò il corpo contro di sé facendolo mettere sul fianco, finché sentì il forte palo premere contro il proprio sedere.

"Mi prenda!" ripeté il ragazzo girando indietro il volto a incontrare di nuovo lo sguardo di Kiyoshi.

"Io..."

"Mi prenda..."

Per un poco restarono in silenzio, immobili, poi Kiyoshi lo circondò con un braccio e gli si addossò esitante. Takeichi spinse indietro una mano a guidare il bel membro fra le sue piccole natiche. Kiyoshi iniziò a spingere, tirando a sé il corpo del ragazzo... e finalmente fu ammesso nell'angusto tempio dell'amore di Takeichi.

"Oh... Take!" ansimò.

"Sì... sì..." bisbigliò il ragazzo togliendo la mano, ora che la via era aperta.

Kiyoshi spinse ancora e penetrò fino al più nascosto recesso di quel tempio di carne viva e calda.

"Sì..." ripeté il novizio, lietamente.

Il giovane uomo iniziò a muoversi con tenero vigore avanti e dietro. L'unico, lieve rumore che aleggiava nell'antica costruzione di legno era il loro asincrono inspirare ed espirare, via via più forte. Takeichi muoveva lievemente il bacino a ogni spinta del compagno, godendone a lungo l'appassionata, primordiale, infaticabile danza.

Kiyoshi si fermò, si tese tutto come la corda di un arco, spingendosi con forza in avanti e dal suo corpo fluirono tiepide ondate di piacere, riversandosi nel prezioso ricettacolo appena conquistato. Takeichi emise un lungo e basso sospiro, liberando tutta l'aria che aveva istintivamente trattenuto quando aveva percepito l'inizio del culmine della loro unione. Allungò una mano a prendere dal pavimento di legno il proprio fundoshi e lo compresse contro il membro palpitante, appena in tempo per raccogliervi la sua risposta al dono del giovane uomo.

Si rilassarono quasi di colpo, ancora uniti. Takeichi girò indietro il capo e incontrò gli occhi brillanti del compagno e, finalmente, vi vide aleggiare un lievissimo ma dolce sorriso. Riappoggiò il capo sul futon, chiudendo gli occhi, sentendosi felice.

"Non avremmo dovuto." mormorò Kiyoshi, in un tono dolce che smentiva il significato delle sue parole.

"Perché no?" chiese il ragazzo senza riaprire gli occhi, godendo il calore del corpo del giovane eremita ancora unito a lui.

"Non lo so." ammise onestamente Kiyoshi.

"Pentito?"

"No."

"Sarò suo ogni volta che vorrà."

"Non è la tua prima volta."

"No. Da tre anni uno dei monaci..."

"Ti ha obbligato?"

"Oh no, no. L'ho accettato con gioia. Non l'avevo mai fatto, prima. Non l'ho mai fatto con altri, fino a ora."

"E allora... perché con me?"

"Dovevo. Volevo. E finalmente... lei ha sorriso."

"È vero."

Parlavano in un sussurro pieno di calore, di reciproca confidenza, di mutua gratitudine.

"Così io sono solo il tuo secondo uomo."

"Già."

"Non avrei dovuto..."

"Perché?"

Allora, senza cambiare posizione, a voce molto bassa, Kiyoshi raccontò al grazioso e gentile novizio il motivo per cui era fuggito in lassù.

"Davvero non riesce a capire quale dei due è... veramente il suo uomo?"

"Davvero."

"Li ama ancora?"

"Ancora."

"Ne soffre ancora?"

"Ne soffro."

"Il suo cibo... si sarà freddato... e io devo tornare giù." disse il ragazzo.

Si staccarono, si rivestirono. Kiyoshi mangiò rapidamente quanto il novizio gli aveva portato.

"Mudoh-sama?"

"Dimmi."

"Mi... vorrà ancora sul suo futon?"

"Non so."

"Ne sarei lieto."

"Ti desidero, ma..."

"Io ne sarei lieto." ripeté il ragazzo e, raccolto il vassoio, gli sorrise e, lesto uscì dall'aula del tempio.

"Non correre, ora!" gli gridò dietro Kiyoshi. "Sii prudente."

"Lo sarò!" gridò il novizio, inoltrandosi lieve nello stretto sentiero.

Kiyoshi si ripromise di non lasciarsi più andare così con il grazioso novizio... ma non fu capace di mantenere quella promessa. Takeichi era contento nel vedere riaffiorare sempre più spesso un barlume di sorriso sul bel volto del giovane uomo, e ogni volta gli si dava con gioia.


In quei giorni, una troupe dell'NHK, la televisione di stato, salì fino al Sanbutsu-ji per girare un documentario con il duplice scopo di trasmetterlo e di fornire al governo la documentazione per chiedere all'UNESCO la concessione dello status di Patrimonio Mondiale per il Nageire-do.

L'abate logicamente concesse loro il permesso di filmare tutto il complesso dei templi, ma proibì loro di salire fin dentro il Nageire-do: trasportare lassù le attrezzature sarebbe stato troppo pericoloso. Così la troupe fece diverse riprese da lontano, usando potenti zoom, eseguendo riprese anche da un elicottero.

Kiyoshi fu un po' disturbato dal rumore dei rotori del velivolo, sollevò il capo a guardare quella rumorosa, enorme e scintillante libellula, poi riabbassò lo sguardo e cercò di escluderla dalla sua mente mentre, seduto sul bordo della veranda, stava meditando.

La sera, quando Takeichi gli portò il cibo, gli raccontò, eccitato come un ragazzino, tutta la visita degli operatori della TV.

"Mi hanno anche intervistato, sa?" gli disse.

"Bene."

"Così magari i miei mi vedono alla TV."

"Bene."

"Se non tagliano quel pezzo. Hanno girato circa otto ore di scene, ma ha detto il regista che il servizio durerà solo trenta minuti, perciò taglieranno via un sacco di cose."

"Ti dispiacerebbe se tagliano la tua intervista?"

"No, affatto."


Pochi giorni dopo la NHK trasmise il servizio sul Sanbutsu-ji, la sera alle nove e quindici.

In Kyoto, Kobayashi Shinji era seduto sul tatami, su un cuscino, e stava consultando un antico testo con riproduzioni di calligrafie che aveva comprato quel giorno stesso in un mercatino dell'usato. Il televisore era acceso, e di tanto in tanto l'uomo gli lanciava un'occhiata. Vide i titoli di testa di un servizio sul Sanbutsu-ji. Un po' guardava il prezioso libro un po' seguiva il programma.

Lo speaker stava dicendo: "... e il vero gioiello del Sanbutsu-ji, designato come Tesoro Nazionale e forse presto anche come Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, incastonato nel Mitoku-san, è il Nageire-do, chiamato anche Oku-no-in. Appollaiato su una parete rocciosa quasi verticale, costruito attorno al 709, si dice dal monaco En-no-gyoja, ora ospita solo un eremita di nome Mudoh..."

Shinji guardò lo schermo, vide l'immagine del bel tempio in miracoloso equilibrio sulla scoscesa costa di basalto. Poi una lunga zoomata portò l'immagine in primo piano, ancora più vicino, più vicino... ed il cuore di Shinji sembrò fermarsi.

Lentamente si alzò in piedi, lo sguardo fisso sul piccolo schermo, poi altrettanto lentamente scivolò in ginocchio e dalle sue labbra sfuggì un singhiozzo e un nome: Kiyoshi! Anche se indossava gli abiti da monaco e aveva il capo rasato a zero, era certamente lui! Non poteva sbagliarsi.

Da quando era scomparso, quasi un anno prima, Shinji l'aveva cercato dappertutto, sempre più desolatamente man mano che passavano i giorni e non trovava la minima traccia del ragazzo.

Era anche andato all'università, al campus, al collegio universitario, dove seppe che tutte le sue cose erano state abbandonate nella stanza, impacchettate come se dovessero essere spedite.

"E dove sono ora le sue cose?"

"Non so." rispose l'impiegato del collegio. "È venuta una persona a ritirarle."

"Non può dirmi il nome di questa persona? L'indirizzo?"

"È un parente, lei?"

"No..."

"Allora, mi spiace, non sono autorizzato a darle questi dati."

"Ma Kimura-san è un mio carissimo amico... sono in pena per la sua sorte... devo ritrovarlo!"

"Mi spiace. Non posso."

Inutilmente Shinji insistette, andò anche a parlare con il rettore dell'Università, ma non riuscì a ottenere l'informazione che desiderava.

Si ricordò che la famiglia del ragazzo abitava a Hikone, sul lago Biwa. Vi si recò, individuò diversi Kimura... un cognome abbastanza comune, chiese se conoscevano Kiyoshi, neo-laureato in medicina... ma nessuno l'aveva mai sentito nominare.

E ora... ora finalmente sapeva dove era: eremita nel Sanbutsu-ji! Si chiese che cosa avesse spinto il suo amato a scomparire così e a scegliere di divenire un eremita nel Tendai-shu. In un primo momento aveva pensato, fra le varie possibilità, che l'avesse abbandonato per andare con un altro uomo. Ora capiva che non era così. Ma perché? Perché?

Decise che doveva andare al Sanbutsu-ji per incontrare Kiyoshi e chiederglielo. Shinji era ancora fortemente innamorato di lui e in tutti quei mesi non aveva cercato nessun altro compagno, neanche per l'avventura di un'ora. Si sentì come una febbre indosso e si rammaricò che fosse ormai notte. Andò a dormire, ma non chiuse occhio fino al mattino.

Finalmente poté recarsi in un'agenzia viaggi e fece tutti i biglietti necessari per raggiungere il Sanbutsu-ji. Partì a tarda mattina. Si sentiva agitato, emozionato. Come l'avrebbe accolto, Kiyoshi? Che gli avrebbe detto? Fra poche ore l'avrebbe rivisto... finalmente. Ma perché era fuggito così, senza dirgli niente, senza lasciare tracce?

Gli sembrava che il treno andasse troppo lento, aveva fretta di arrivare. Davanti a lui sedevano due ragazzi che giocavano a sudoku. Ogni tanto si scambiavano un'occhiata in cui Shinji lesse qualcosa di più caldo di una semplice amicizia. Ne provò piacere... Shinji amava l'amore.

"Come mi accoglierà, Kiyoshi?" si chiese di nuovo.

Comunque l'avesse accolto, sentiva che doveva vederlo, cercare di chiarire con lui il motivo della sua fuga... e se Kiyoshi gli avesse chiesto di lasciarlo in pace... avrebbe accettato la sua richiesta, per amore, anche se con dispiacere. Comunque sarebbe potuta andare, era lieto per i due anni di amore passati assieme, e li avrebbe conservati nel cuore come un prezioso dono.

Socchiuse gli occhi per "rivedere" il bel volto, il bel sorriso del suo Kiyoshi. I due ragazzi di fronte a lui, forse credendo che si fosse addormentato, si fecero il gesto di scambiarsi un bacio. Shinji sorrise dentro di sé e si disse che era davvero ingiusto che un ragazzo e una ragazza avrebbero anche potuto scambiarsi un vero bacio, mentre due ragazzi dovevano solo farne il gesto e di nascosto.


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