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una storia originale di Andrej Koymasky


I TRE BUDDA CAPITOLO 7
IL NOVIZIO

Il dottor Ohmori Goroh, quando non vide più Kiyoshi, lo andò a cercare. Nella stanza c'erano ancora tutte le cose del ragazzo, pronte per essere trasferite... a casa sua, si disse il celebre primario.

Ma i giorni passavano, e di Kiyoshi non c'era nessuna traccia. Tornò al collegio universitario per chiedere notizie.

"Non si è ancora visto, Ohmori-sensei. E abbiamo bisogno della sua stanza, stanno arrivando i nuovi allievi."

"Non preoccupatevi, manderò gli incaricati di una ditta trasporti per vuotare la stanza e far portare tutto... da qualche pare. Mi occupo io della cosa. Se Kimura si farà vivo, ditegli di mettersi in contatto con me, per riavere le sue cose."

"Grazie mille, sensei, ci toglie un problema. Lo avvertiremo senz'altro quando verrà. Ma andarsene così, senza dire niente a nessuno! Un comportamento riprovevole. Sperando che non gli sia accaduto niente di spiacevole."

Già, pensò il dottore, e se gli fosse accaduto un incidente? Andò in ospedale e chiese alla sua segretaria di telefonare alla polizia, agli altri ospedali per sapere se risultava che Kimura Kiyoshi avesse avuto un incidente. Dopo due giorni la segretaria gli disse che quel nome non risultava da nessuna parte.

Allora Ohmura andò alla segreteria dell'Università e si fece dare l'indirizzo dei genitori del ragazzo. Telefonò loro chiedendo notizie di Kiyoshi, con la scusa che non si era presentato al lavoro. Il padre gli lesse la lettera che aveva ricevuto dal figlio... e Ohmura ne fu grandemente sorpreso.

Aveva voluto sparire? Ma perché? Che motivo poteva avere per gettarsi tutto alle spalle, compreso il suo amore e la carriera che lui gli poteva assicurare? Ohmura non era il tipo da arrendersi facilmente. Andò in un'agenzia di investigazioni, fornì loro tutti i dati che possedeva e chiese di rintracciare il ragazzo. Ma i giorni passavano e le relazioni periodiche che riceveva contenevano sempre le stesse parole "Soggetto non ancora rintracciato".

Passarono i mesi. Avendo fatto trasportare tutte le cose di Kiyoshi nella sua villa, aprì tutti i pacchi che aveva preparato e controllò il loro contenuto, sperando di trovarci un indizio. Non venne fuori nulla.

Tra gli allievi del nuovo corso, ce n'erano alcuni a cui aveva assegnato due cerchi, a nessuno tre... ma non si sentiva ancora pronto a cancellare Kiyoshi dalla propria vita. Amava quel ragazzo e lo voleva! Non sapeva rassegnarsi all'idea di averlo perso.

A fine ottobre si prese dieci giorni di ferie. Aveva deciso di andare a esplorare il Tottori-ken. Ogni anno visitava una diversa parte del Giappone e ne aveva già girato più di metà... Stese un programma con l'assistenza della migliore compagnia di viaggi e fece prenotare le camere negli alberghi delle città in cui si sarebbe fermato.

Fece revisionare la sua elegante fuoriserie, vi caricò i bagagli e partì. Il terzo giorno si fermò a Misasa, dove aveva una camera prenotata al Royal Hotel, l'albergo delle terme. Fece portare su i bagagli: era una camera doppia, una con il letto e l'altra con un salottino, e annesso un lussuoso bagno privato. Si spogliò, indossò il leggero yukata di cotone dell'albergo e scese alle terme, famose per le acque radioattive e i vapori di radon.

La vasca termale era molto grande, a cielo aperto, parzialmente coperta da una tettoia di legno, circondata da rocce e un alto steccato anche in legno, alberelli, lanterne di ghisa. Dalla superficie dell'acqua si levava una densa nuvola di vapore. Si tolse lo yukata, ed entrò in acqua.

In quel momento c'erano solo altri tre ospiti, una coppia di mezza età e un giovanotto lievemente effeminato. A Ohmori davano leggermente fastidio gli uomini effeminati. Il suo Kiyoshi, pur essendo molto bello e delicato, era virile, anche quando si lasciava prendere da lui.

A questo pensiero l'uomo si eccitò e inalberò una forte erezione, visibile attraverso le acque chiare. Non se ne diede cura. Un cartello chiedeva ai clienti di indossare un indumento intimo o di cingersi i fianchi con un asciugamano anche quando entravano in acqua, ma Ohmori non si era conformato alla regola: appena entrato nella vasca s'era tolto l'asciugamano dai fianchi. D'altronde la donna era all'angolo opposto, abbastanza lontana da lui.

Il giovane, più vicino, pareva non riuscire a distogliere lo sguardo dalla sua erezione. Ohmori sorrise, divertito. Il giovane lentamente, si spostò nell'acqua in modo da andargli sempre più vicino.

"Si sta bene, qui, vero?" gli disse con una voce dalle inflessioni femminili.

"Sì, specialmente se si fosse con una bella ragazza!" dichiarò Ohmori per scoraggiarlo.

Il giovane colse subito il messaggio: "Sì..." mormorò con voce quasi stridula, ma si allontanò, non abbastanza però da non continuare a sogguardare l'erezione dell'uomo.

Ohmori lo ignorò e si lasciò cullare dalla buona sensazione dell'acqua calda corrente e sognò di essere lì, solo con Kiyoshi e di farci l'amore.

La coppia uscì e andò via. Dopo poco anche il giovane effeminato lasciò la vasca. Ohmori ne approfittò per masturbarsi, finché raggiunse un gradevole orgasmo... non tanto, però, quanto quelli che aveva avuto con Kiyoshi.

Uscì, si asciugò, rimise lo yukata e andò nel ristorante per fare cena. Prima di salire nuovamente in camera, passò nella hall e vide sul bancone della reception alcuni opuscoli colorati. Ne prese uno a caso e lo sfogliò.

Illustrava la cerimonia dello hiwatari, la "camminata sul fuoco" eseguita dagli yama-bushi, i monaci della montagna, sulle braci ottenute bruciando i gomaki, cioè le tavolette di legno su cui i fedeli, i pellegrini scrivevano preghiere. Dalle fotografie pareva una cosa interessante.

Vide che la cerimonia avrebbe avuto luogo il giorno seguente, l'ultima domenica di ottobre, al tempio Sanbutsu-ji del Tendai-shu. Vi era anche allegata una mappa. La studiò e valutò che in una ventina di minuti avrebbe potuto raggiungere il tempio.

Guardò gli altri opuscoli. Uno illustrava il Nageire-do, un piccolo tempio, antico di 1300 anni, che faceva anche parte del complesso del Sanbutsu-ji. Poiché la cerimonia dello hiwatari aveva luogo a sera, pensò che sarebbe potuto andare a visitare il tempio la mattina, per poi trovarsi in tempo sul luogo della cerimonia a sera. L'ingresso costava poco, solo 500 yen, ed era anche possibile, lasciando un'offerta ai monaci, mangiare il loro cibo vegetariano, annaffiato da buon sake riscaldato sul fuoco in lunghe vaschette di bambù

Portò in camera gli opuscoli, e li lesse attentamente, in modo di giungere al complesso templare del monte Mitoku già preparato. Controllò che la macchina fotografica digitale fosse in ordine e ne sostituì la memoria con una vuota.

Quindi si stese sull'ampio letto all'occidentale, prese l'ultimo romanzo di Himeno Kaoruko, un'autrice con un peculiare senso dell'umorismo che apprezzava molto, intitolato "Sobaya No Koi" (Amore in un ristorante di pasta).

Ogni tanto ridacchiava. S'era innamorato di quella scrittrice quando aveva letto il suo romanzo "Uomo in affitto". Nella biblioteca della villa aveva tutti i suoi libri. Dopo un po', gli occhi gli si appesantirono e, insensibilmente, scivolò nel sonno, il libro aperto in grembo, le luci accese.


Nel frattempo, quella stessa sera, Takeichi aveva portato la cena a Kiyoshi.

"Domani, giù, ci sarà lo hiwatari. Non la interessa venire a vederla? C'è una sola volta l'anno..."

"No, ci sarà un sacco di gente... Preferisco restare qui."

"L'anno scorso ho camminato anche io sulla brace, sa?"

"Bene."

"Stasera... se vuole... potrei fermarmi qui con lei." disse un po' esitante il novizio.

"Ma poi non puoi tornare giù con il buio... sarebbe troppo pericoloso."

"Posso fermarmi... tutta la notte, se lo desidera. Ho avvertito che forse l'avrei fatto. Basta che torni giù all'alba..."

"Va bene, allora."

Takeichi sorrise grato, contento. Gli piaceva molto fare l'amore con Mudoh-sama... più che non con il monaco che l'aveva preso con sé. Il giovane eremita non solo era molto bello, ma si univa a lui, lo prendeva con un misto di virilità e tenerezza veramente speciale. Finalmente avrebbe potuto spendere, per la prima volta, un'intera notte con l'affascinate, giovane uomo.

La lanterna di carta rischiarava la piccola cella del tempio con un alone di calda e dolce luce, lasciandone alcune parti in penombra, creando un'atmosfera suggestiva e intima. Le statue sul fondo parevano animarsi al tremolare della fiammella, mentre all'esterno l'avanzare rapido della notte avvolgeva la natura in una coperta di quiete e di mistero e il cielo, oscurandosi, era striato di rosso giù verso l'orizzonte.

Quando Kiyoshi ebbe finito il suo parco pasto, spostò il vassoio con le ciotole. Takeichi srotolò il futon dell'eremita e fece per iniziare a togliersi gli abiti.

"No... lascia che lo faccia io. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, questa notte."

Il ragazzo annuì lieto; il giovane uomo si alzò in piedi.

"Io... mi permette di toglierle gli abiti, Mudoh-sama?"

"Certamente. Vieni qui, Takeichi."

"È contento di avermi con sé per tutta la notte?"

"Mi fa molto piacere." rispose con un dolce sorriso.

Il novizio gioì per quel sorriso, conscio che ne era lui la causa. Kiyoshi pareva diventare anche più bello, quando sorrideva, e da quando faceva l'amore con Takeichi, questo accadeva sempre più spesso. Il ragazzo gli stava lentamente risanando l'anima, rimarginando le ferite del cuore, donando pace alla mente. Sapeva che forse non avrebbe mai potuto avere il suo amore ma, avendo un'indole buona e generosa, era lieto di poter semplicemente riuscire a "guarire" Kiyoshi dal suo dolore.

Salirono in piedi sul futon. Con gesti lenti, calmi, quasi solenni, iniziarono a sciogliere l'uno gli abiti dell'altro. Man mano che li aprivano e li sfilavano, li lasciavano cadere sul pavimento di legno tutto attorno a loro. Finalmente poterono ammirarsi in completa nudità, mentre i loro membri si sollevavano quasi come attratti dal corpo dell'altro.

Il chiarore della lanterna giocava sulla loro pelle, impreziosendola e rendendola simile a un raro damasco di pura seta. Kiyoshi passò i polpastrelli, lievi come petali di fiori, sul corpo del ragazzo. Takeichi fremette e socchiuse gli occhi. A sua volta sollevò le mani a sfiorare il petto del giovane uomo.

Poi lentamente scese sulle ginocchia e, con avido piacere, posò le labbra sul forte membro che fra poco avrebbe accolto gioiosamente in sé. Lo sentì palpitare. Vi sfregò contro il volto, poi prese a leccarlo con delicata cura. Kiyoshi fremette. Anche lui si mise in ginocchio davanti al compagno, lo abbracciò e lo baciò con rattenuta passione. Poi fece stendere su un fianco Takeichi e si stese a sua volta nell'altra direzione sì che entrambi poterono dedicarsi a dare piacere all'altro con la bocca.

Il giovane novizio si sentiva quasi ubriaco per l'emozione. Un'intera notte con il bell'eremita, era più di quanto avesse osato sperare. Ma quando il "suo" monaco gli aveva detto che quella notte avrebbe dovuto vegliare per preparare la festa dell'indomani e che quindi non gli avrebbe chiesto di recarsi nella sua cella, Takeichi andò subito a domandare all'abate il permesso di passare la notte su all'eremo di Nageire-do.

Negli incontri settimanali con Kiyoshi, l'abate aveva notato un lentissimo, molto graduale miglioramento nell'atteggiamento dell'eremita e, giustamente, l'aveva attribuito all'influenza del giovane e gentile novizio. Per questo gli aveva concesso senza problemi l'autorizzazione di passare la notte lassù.

Nonostante la sua austerità, l'abate era dotato anche di una profonda umanità, e sapeva bene che per i monaci l'astensione dal sesso era un ideale che solo alcuni, come lui stesso, sapevano e potevano perseguire senza problemi. Quindi, pur avendo l'intuizione che non tutti nel monastero ne fossero capaci, finché questo non creava particolari problemi, non se ne preoccupava.

Mentre giù a valle, nel recinto dei templi, fervevano i preparativi, i due giovani erano uniti in un perfetto e armonioso cerchio di piacere. Dopo un poco, si staccarono, Kiyoshi si girò, si stese sul fresco corpo del novizio e lo baciò con tenera passione.

Allora, gioiosamente come sempre, Takeichi gli si offrì. Lo guardò prepararsi, scendere su di lui, e con un lieve, lieto sospiro, lo accolse in sé. In quella posizione il corpo di Takeichi rimaneva in penombra, poiché la lanterna era a terra alle sue spalle. Eppure i suoi occhi brillavano quasi di luce propria mentre il giovane uomo gli si muoveva dentro con crescente entusiasmo.

Takeichi guardava il corpo chino su di lui, in controluce, ne vedeva la silhouette contornata da una sottilissima linea d'oro muoversi lievemente nel ritmo sempre più serrato della loro unione. Il godimento che sentiva crescere in sé non era solamente fisico... intuiva, più che vedere, il sorriso fiorire sul bel volto in ombra del forte giovanotto, man mano che l'orgasmo si impadroniva dei loro corpi e questo lo riempiva di una gioia intensa quanto il piacere che provava.

Le sensazioni dell'uno rafforzavano quelle dell'altro, in un crescendo sempre più intenso, finché, pressoché all'unisono, entrambi si contrassero e rilassarono più volte in rapida successione e dal centro dei loro corpi si liberò la virile energia in una sinfonia di forti getti e di bassi mugolii.

Poi tutto tacque, tutto si immobilizzò, il tempo stesso cessò per un attimo di esistere mentre i due trattenevano il respiro e solo i loro cuori galoppavano liberi e felici come due puledri nelle vaste praterie del piacere.

Emisero un lieve e lungo sospiro e si rilassarono, uno sull'altro. Kiyoshi abbracciò Takeichi e lo baciò teneramente e una calma dorata si spandé dentro i loro cuori, fluttuando lieve come il fumo di mille bastoncini di profumato incenso accesi di fronte alle statue dei Budda.

Dopo alcuni minuti in cui le loro menti, vuote, contemplavano l'effimera bellezza della perfetta unione delle loro forti e fresche carni, Kiyoshi tirò sui loro corpi la coperta, Takeichi gli si accucciò contro, e si lasciarono scivolare nel dolce pendio del sonno.

Kiyoshi non sapeva che quella stessa notte, in quelle stesse ore, sia Shinji che Goroh, per differenti motivi, avevano deciso di recarsi al Sanbutsu-ji.


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