Nonostante i riti fossero terminati in piena notte, la mattina seguente il monastero si svegliò all'ora consueta. Momosaki salì a portare il pasto del mattino a Kiyoshi, e gli recò un messaggio dell'abate.
"All'ora di pranzo, l'abate la attende al tempio di mezzo per il consueto colloquio, Mudoh-sama. Mi ha detto di avvertirla che pranzerete assieme."
La cosa era inusuale, ma Kiyoshi non ne fu stupito: uno dei tratti della guida dell'abate era il fatto di abituarlo a non crearsi schemi prefissati e a non esserne schiavo. Si disse che anche il fatto di rompere la consuetudine era un insegnamento. Una volta l'abate gli aveva detto: "Impara bene le regole, perché solo così puoi comprendere come romperle nel modo giusto."
Quella mattina Shinji e Goroh si incontrarono nel giardino del monastero. Non si conoscevano, se non di nome. Si salutarono in modo formale.
"Lei è venuto per la festa di ieri? Per lo hiwatari?" chiese Goroh.
"No, anche se ne ho approfittato per assistervi. Problemi personali hanno guidato i miei passi fin qui."
"Oh, più o meno come me, quindi. Comunque la cerimonia della camminata sulla brace è stata suggestiva."
"Questi antichi riti sono sempre affascinanti. Lo sarebbero anche di più se il cuore fosse sgombro di nubi." disse Shinji con un sorriso velato di mestizia.
"Il cuore è solo un muscolo." notò il dottore con formale gentilezza. "Mi sono sempre chiesto perché si identifica il cuore con il sentimento."
"Forse semplicemente perché i sentimenti fanno accelerare o fermare i battiti del cuore. La mente, il cuore, l'anima... nomi diversi per indicare una realtà che ci sfugge e che pure è così presente in noi."
"I nostri classici non parlano mai di cuore, ma di sentimenti e sensazioni." disse Goroh.
"Non sempre. Nel Diario di Izumi Shikibu, ad esempio, è detto: mi scriveva parole che mi provocavano una stretta al cuore. Ed anche: Io ero al riparo dalla pioggia, ma nel mio cuore infuriava la tempesta..."
"È un letterato, lei? Un professore di letteratura?" gli chiese Goroh lievemente stupito per quelle citazioni, a memoria, di un testo non molto conosciuto.
Shinji sorrise: "Non mi sono neppure presentato..." e gli porse il proprio biglietto da visita, al che anche Goroh gli porse il suo.
Appena Shinji lesse il nome di Ohmori, capì che era stato il professore di Kiyoshi e fu come se una spessa nebbia iniziasse a dissiparsi.
"Lei... Ohmori-sensei... è qui per Kimura Kiyoshi. Mi sbaglio?"
Il primario rilesse il biglietto da visita. "Anche lei lo conosce? Anche lei è qui per lui?"
"Sì. Kiyoshi... era il mio amante... ed è scomparso e per puro caso ho scoperto che è qui..."
"Kiyoshi è il mio amante. Sono venuto a riprenderlo." disse in tono perentorio il medico.
"Le ha chiesto lui di venire a riprenderlo?"
"No. Solo ieri ho saputo che è qui. Non l'ho ancora incontrato."
"E perché dovrebbe venire con lei e non con me?" chiese in tono quieto il poeta.
"Ma perché gli conviene. Io posso offrirgli una brillante carriera, come merita, fargli avere una vita piena di agi, di onori. Far fruttare i suoi indubbi talenti nel campo delle scienze mediche. Io l'ho curato, guidato, portato a una brillante laurea. Che cosa potrebbe offrirle, lei? Poesie? Eleganti calligrafie?"
"Il mio più sincero sentimento di amore: questo posso offrirgli. Un uomo non vive solo di gloria, fama, denaro."
"Oh. E vive ancora meno di poesia e di sentimenti, se non ha denaro. Non è paragonabile quello che gli posso offrire io con ciò che lei, per quanto un valente artista, può offrire al ragazzo."
"Sembra quasi che lo si stia mettendo all'asta: chi offre di più? Forse è un bene che il fato ci abbia portati qui nello stesso giorno. Non crede che sia Kiyoshi a dover decidere? Decidere se scegliere uno di noi due o... forse... nessuno dei due? Dopo tutto vi sarà un motivo per cui ha scelto di scomparire così."
"Perché gli è mancata una guida forte e sicura. Guida che io so di potergli dare. Sarebbe uno sciocco a non tornare a Kyoto me... con tutto il rispetto che lei certamente merita, Kobayashi-sensei."
I due uomini continuavano a discutere, quietamente ma con uguale determinazione, cercando inconsciamente di rassicurarsi che Kiyoshi avrebbe accetto quanto ognuno aveva da offrirgli.
All'ora di pranzo, Kiyoshi scese dal Nageire-do, camminò lungo lo stretto sentiero del dirupo, raggiunse il cancello che lo sbarrava, lo aprì, uscì, lo richiuse accuratamente e si avviò, a passo lieve come se camminasse su un pavimento piano e veloce come se volasse a un palmo da terra, verso il tempio di mezzo.
Entrò nella stanza aperta verso il giardino autunnale. L'abate era già lì, seduto davanti a un elegante porta-vassoio scolpito. Lo salutò e gli fece gesto di sedere sull'altro cuscino, di fronte a un uguale, antico porta-vassoio. Quasi immediatamente una porta fu fatta scorrere di lato e Takeichi servì il cibo. Iniziarono a mangiare in silenzio.
Quando ebbero terminato e Takeichi ebbe portato via i porta-vassoi, i vassoi e le ciotole, restati nuovamente soli, finalmente l'abate parlò.
"Mudoh-san, giù al monastero vi sono due visitatori che chiedono di parlarle."
Il giovane lo guardò con espressione sorpresa: "Due visitatori? Per me?"
Per un attimo pensò che potessero essere Shinji e Goroh, ma poi si disse che, non conoscendosi, non sarebbero andati lì assieme. Poi pensò che potessero essere suo padre e sua madre... ma come potevano aver fatto a sapere che lui era lì? Inoltre non era nel loro carattere affrontare un simile viaggio per incontrarlo... piuttosto gli avrebbero inviato una lettera.
L'abate attese un attimo, poi disse: "Non mi chiede chi sono?"
"Chi sono?"
"Il Piccolo Bosco (Kobayashi) e la Grande Foresta (Ohmori) sono saliti sul monte a circondare il Villaggio dell'Albero (Kimura) - lo soffocheranno nel loro abbraccio o lo proteggeranno garantendogli vita e quiete?"
Kiyoshi emise un gemito sommesso e il suo bel volto sereno si contorse lievemente in un'espressione di dolore.
"No..." mormorò in tono disperato ed iniziò a tremare.
"Non li vuoi vedere?"
"No... non posso."
"Perché?" chiese l'abate.
Allora, per la seconda volta da quando aveva cercato rifugio nel Sanbutsu-ji, Kiyoshi raccontò anche all'abate tutta la sua storia, la sua incapacità di compiere una scelta come sarebbe stato tenuto a fare.
"Li ama entrambi?" gli chiese l'abate.
"Sì... Sono così diversi ma... Non posso scegliere, non ne sono in grado."
"E chi di loro la ama veramente... o la ama di più?"
"Non so... Ognuno a modo suo, entrambi."
"Se lei si confrontasse con loro, forse potrebbe capire chi di loro è più degno del suo amore."
"Non posso... non posso. Non ho fatto altro che pensarci, da quando ho deciso di abbandonare Kyoto. Non potendo scegliere, non potendo averli entrambi, ho preferito perdere tutto. Non posso davvero, Akiyama-jushoku. Non mi chieda di incontrarli." implorò il giovane, tremando sempre più intensamente. Poi chiese, a voce bassa: "Mi aiuti lei, per favore!"
"Come posso aiutarla? Speravo che... mandandole su Momosaki Takeichi... questo la aiutasse a ritrovare la serenità del cuore e della mente; ma vedo che non è stato così."
"Takeichi-kun mi ha aiutato moltissimo, con la sua bontà e gentilezza..."
"... e disponibilità." aggiunse l'abate con un lieve sorriso.
Kiyoshi lo guardò un attimo, sorpreso, ma annuì arrossendo leggermente. Poi abbassò nuovamente lo sguardo e ripeté in un gemito: "Non posso incontrarli... mi aiuti!"
"Entrambi mi sembrano molto determinati a riavere il suo amore..."
"Io li amo."
"... e con il suo amore... la sua compagnia. Se lei avesse il modo di capire chi dei due è l'uomo giusto per lei, chi dei due la ama veramente, non sarebbe più semplice?"
"Lo sarebbe certamente... ma non sono in grado di capirlo. Non posso incontrarli... La prego."
"Si fida di me, Mudoh-san?"
"Ciecamente."
"Bene. Al più presto le dirò se uno dei due è l'uomo giusto per lei... o nessuno dei due. Torni su al Nageire-do... e cerchi di ritrovare la calma. Quando saprò darle una risposta, la manderò a chiamare. Verrà al monastero... e saprà. Non posso ancora dirle se mi occorrerà un'ora, un giorno, un mese o un anno, ma farò quanto mi è possibile per aiutarla in questo difficile momento della sua vita. Se solo lei mi avesse detto subito il motivo per cui cercava rifugio in questo tempio..."
"Non potevo."
"Lo capisco, non è un rimprovero il mio. Ma nulla si risolve mai con una fuga. Non si può fuggire da se stessi. Non si può fuggire l'amore, lo si deve vivere a fondo e spargerlo attorno a noi... nel miglior modo che possiamo. Si renda conto che un grande amore, come una grande riuscita, comprendono un grande rischio. Ricordi anche che a volte non ottenere quanto si vuole, può essere una grande fortuna. Ricordi che la migliore relazione è quella in cui il mutuo amore sorpassa il mutuo bisogno. Viva per donare felicità agli altri. Giudichi il suo amore per quanto sa dare all'altro, non per quanto può ricevere."
"Grazie, sensei."
"Ora torni in pace al suo eremo. Non attenda la mia risposta, non si chieda quando l'otterrà. Cerchi di far placare la tempesta che ora sta imperversando nel giardino del suo cuore. Mediti sul Sutra del Loto, e cerchi di comprendere che deve avere fede nella sua natura di Budda, nella sua innata capacità di sviluppare saggezza, coraggio e compassione.
"Sì, sensei."
"Ora vada, Mudoh-san. Superato questo momento... o la ammetterò agli ordini sacri, oppure lascerà questo tempio. Qualunque sia la mia decisione, le auguro di avere una vita serena.
"Grazie, sensei."
L'abate tornò al monastero, mentre Kiyoshi, ancora profondamente scosso, risaliva al Nageire-do, recitando in cuor suo il Sutra del Loto, incessantemente.
L'abate iniziò con il convocare Ohmori Goroh, che per primo era giunto per chiedere di incontrare Kiyoshi.
"Professore... ho parlato con il giovane che tanto le interessa."
"Quando posso parlare con lui?" chiese con ansia il dottore.
"Non può, per ora. Il ragazzo intende restare qui nel nostro tempio come eremita."
"Assurdo! Deve tornare a Kyoto con me!"
"È maggiorenne, ha il diritto di scegliere il proprio futuro."
"Gli voglio parlare, lo devo convincere a... a tornare con me, a... a essere mio!"
"Mah... vi sarebbe forse una possibilità."
"Mi dica!"
"Deve pensarci bene, non è una cosa... facile."
"Non temo le difficoltà. Mi dica!" insisté il dottore.
"Dato che il ragazzo non intende lasciare il suo eremo... l'unica soluzione che vedo è... che anche lei abbandoni il mondo e si faccia eremita. In questo caso io la farei vivere su al Nageire-do, con il ragazzo e perciò..."
Goroh fece una risatina nervosa: "Sta scherzando?"
"Assolutamente no."
"Abbandonare tutto? Farmi monaco? Abbandonare una brillante carriera nel suo pieno? La mia villa, i miei agi?"
"Per riavere il ragazzo."
"Ma via! Non capisce che mi sta chiedendo una cosa assurda?"
"No, non lo capisco. Comunque non gliela sto chiedendo, gliela sto solo proponendo."
"E magari dovrei donare tutto al suo monastero, al suo tempio!" esclamò con ironia il dottore.
"Può farne ciò che meglio crede, donare tutto a chi pensa opportuno. La cosa non mi riguarda."
"Dovrei gettare via tutto quanto ho costruito in questi anni! Solo per avere quel ragazzo? Ma via! Ve ne sono tanti che sarebbero pronti a mettersi con me e con gratitudine!"
"Ne sono lieto per lei. Quindi, mi sta dicendo, lei non ha bisogno di quel ragazzo."
"Io non ho bisogno di nulla. È quel ragazzo che ha bisogno di me."
"Non pare, dato che ha già rinunciato a tutto."
"Voglio parlare con lui! Voglio che sia lui a dirmi..."
"Le ricordo che lei, qui, è ospite, Ohmori-sensei. Lei non può... volere proprio nulla. Il ragazzo rifiuta di incontrarla. Non potrebbe rifiutarsi se lei diventasse eremita come le ho proposto."
"Come gli può imporre di stare con me al Nageire-do, può imporgli di venire a parlare con me."
"Io non gli impongo nulla. Se non volesse restare nel Nageire-do con lei, il ragazzo sarebbe libero di andarsene."
"Ma non capisce che è ridicolo? Io dovrei rinunciare a tutto, farmi eremita... e poi magari Kiyoshi fugge di nuovo?"
"È un rischio, certo."
"No. No, no. Se lo tenga, quello stupido, capriccioso ragazzo! Ho solo sprecato una giornata a venire qui. Il piccolo incosciente, ingrato! Quanto mi sono sbagliato, nei suoi confronti! Un povero, debole, immaturo ragazzo... indegno del mio amore, delle mie cure, della mia protezione. Se lo tenga, è meglio che stia qui, a fare l'eremita."
"Molto probabilmente ha ragione, Ohmori-sensei. Quel ragazzo non è per lei... Né lei per lui. Ora, importanti impegni richiedono la mia presenza. Il novizio che le ho assegnato la accompagnerà a riprendere i suoi bagagli e glieli porterà fino alla sua... bella fuoriserie." disse l'abate e, salutatolo con un lieve inchino, lasciò la stanza.
Quando si fu assicurato che il dottore avesse lasciato il monastero e il recinto dei templi, mandò un novizio a chiamare Kobayashi Shinji.