I quattro erano insieme in quella cella da circa un anno. Erano diventati amici, stavano bene assieme e fra le novelle, i giochi e fare l'amore, riuscivano a far passare il tempo, rassegnati alla loro sorte.
Ma in città, anche se i quattro non ne avevano idea né giungesse in prigione eco alcuna, qualcosa stava muovendosi. Erano ancora attivi in Firenze i cosiddetti Compagnacci, un gruppo di ragazzi e giovani uomini appartenenti alle più ricche famiglie e di cui era stato primo signore Doffo Spini, che spesso facevano allegre cene. Fin dal 1497 si riunivano in città, ora in casa dell'uno ora dell'altro, per trovare il modo più efficace per contrastare i seguaci del frate domenicano Gerolamo Savonarola e dei suoi appelli feroci per l'emanazione di leggi sempre più dure contro i sodomiti.
Così, il 31 agosto del 1512, un gruppo di 30 giovani aristocratici, tutti appartenenti al gruppo dei Compagnacci, decisero di fare un'insurrezione e perciò, ben armati, fecero irruzione nel palazzo del governo, costringendo alle dimissioni un alto funzionario che era noto per aver perseguitato i sodomiti, e anche chiedendo che il Consiglio Maggiore abrogasse tutte le condanne di quei sodomiti che erano stati costretti all'esilio, o che fossero in galera e che avessero perso il lavoro a causa della loro omosessualità.
Il gonfaloniere maggiore e il consiglio tergiversavano, cercando di far calmare le acque e sperando, con concessioni minori, di far desistere i Compagnacci dai loro propositi. Ma, due settimane più tardi, gli Spagnoli entrarono in armi in Firenze e imposero a Piero Soderini, che dieci anni prima era stato eletto dal Consiglio Maggiore gonfaloniere maggiore a vita, cioè alla più alta carica dello Stato, di ritirarsi dal potere e di fuggire dalla città.
In questo modo terminava la repubblica voluta dal Savonarola e questo permise il ritorno dei Medici i quali, tra le prime decisioni che presero, accettarono tutte le richieste dei rivoltosi. Così furono aperte le porte delle Stinche e Durante con Masino dopo un anno, assieme ad Andrea e Jacopo dopo due, con tutti gli altri sodomiti, furono finalmente liberati.
I quattro amici si trovarono nella via, guardandosi attorno ancora stupiti per la loro inattesa liberazione.
"E ora, che si fa?" chiese Durante.
"Io spero che mi si dia di nuovo il mio lavoro da tessitore." disse Andrea. "E che me lo diano o no, ora prenderò nuovamente possesso della mia stanza per me e il mio Jacopo."
"Io non posso presentarmi né a palazzo Rucellai né da messer Valiani." disse Durante.
"Né io, che mio padre non mi vorrà di certo più con sé." commentò Masino.
"Non potreste trovar lavoro come servitori in casa di uno dei Compagnacci, che ci han fatti liberare?" suggerì Jacopo.
"Sì, forse si potrebbe... ma dove andiamo, finché non si trova?" chiese Durante.
"Venite con noi: finché non vi sistemate, potete stare nella nostra stanza." propose Andrea.
Andarono così in Oltrarno, alla stanza di Andrea. Ma qui trovarono che era stata occupata da una famigliola composta da un conciatore, sua moglie e la figliola.
"Questa stanza è mia, chi v'ha dato il permesso di venirci a vivere?" chiese Andrea con espressione assai seccata.
"Non si riusciva a trovare un alloggio e ci avevan detto che voi non sareste tornato per anni perché eravate in galera, così entrammo qui." si giustificò la moglie del conciatore, imbarazzata. "Non ci mandate via, per carità."
"Ma noi quattro s'ha bisogno di questa stanza, che comunque è mia e non v'appartiene e non avevate alcun diritto di farla vostra." rispose Andrea.
"Aspettate al meno che 'l marito mio torni dalla conceria, vi prego."
"Non avete parenti in città che vi possano alloggiare?" chiese Andrea.
"Vi sarebbe la sorella del mio sposo, che però vive in un alloggio assai piccolo, e hanno tre figlioli."
"Meglio di niente. Noi quattro non abbiamo nessuno e nessun altro luogo in cui chiedere alloggio. Siete entrati forzando la porta, inoltre siete stati qui senza nemmanco pagare un bajocco di pigione e sapete che potrei pretendere che me li paghiate. Andatevene entro sera, e lascerò perdere la questione della pigione, altrimenti vi dovrò denunziare e allora verran le guardie a farvi uscire e in più mi avrete a pagare tutti gli arretrati."
"Non potete attendere che torni 'l mio marito? Per cortesia." insistette la donna torcendosi le mani.
"Tarderà molto?"
"No, all'imbrunire sarà costì. Prima dell'ora di cena."
"Bene, all'imbrunire vi saremo anche noi. Vi consiglio, nel frattempo, di andare a sentire quella sorella del vostro marito, per preparar le cose e sgomberare entro notte la stanza."
I quattro amici tornarono sulla via.
"E che si fa, ora?" chiese Jacopo.
"S'attende. Che altro si può fare?" rispose Andrea. "Mi dispiace che s'abbia a farci guerra fra poveracci, ma loro almeno hanno parenti in città, noi più nulla."
"Io... potrei provare ad andare a parlare con la mi' mamma che fa la lavandaia. Lei vive in una piccola stanza però potrebbe forse lasciarci stare per un poco da lei." disse Durante. "E comunque, gli è tanto che non la incontro e mi piacerebbe poterla rivedere. Venite con me?"
Andarono tutti assieme in Borgo San Jacopo. Prima passarono in riva all'Arno per vedere se fosse lì a lavare i panni, e non avendovela trovata, Durante li guidò fino all'alloggio. Mentre s'avvicinavano, una vicina li scorse e riconobbe Durante.
Allora si girò verso la casa, chiamando ad alta voce: "Ohi Salva! C'è qui che viene quel tuo figliolo sodomita!"
La madre di Durante venne subito fuori di casa. Visto il figlio, gli andò incontro correndo, l'abbracciò e lo baciò: "Come stai, figlio mio?" gli chiese, poi, prima che Durante le rispondesse, si girò verso quella che l'aveva chiamata e le altre comari che li stavano guardando, e gridò: "Andatevela a pigliar in culo tutte quante! Il mio Durante sarà pure un sodomita come si dice, ma è figlio mio, e è un bravo figliolo! Meglio di certe zoccole che son lì fra voi e che mettono assai volentieri un corno al marito!"
"Contenta voi, Salva..." gridò una delle donne facendo spallucce.
"Contenta sì, lui almeno non tradisce la fede d'un pover'uomo dabbene che sgobba tutto il santo giorno per mantenervi mentre certe di voi sfarfalleggiano e fan le fraschette. Boccaccia mia, statti zitta, o qui, stasera, ce ne saranno di famiglie in cui scoppia il pandemonio!"
Parecchie delle comari si ritirarono in fretta, punte sul vivo e sapendo che Salva aveva ragione.
"Mamma, mi dispiace che per colpa mia..." iniziò a dire Durante.
"Zitto, zitto figlio mio. A me interessa solo che tu sei vivo e stai bene e sei nuovamente libero. Io venni alle Stinche per vederti, per portarti una mela o un dolcetto, ma mi dissero che non si poteva. Sapessi quanto son stata in pena! Ma chi sono codesti ragazzi? Amici tuoi?"
"Sì, mamma, erano tutti e tre in cella con me. Andrea, ch'è lui... s'era andati a casa sua, ma una famiglia gli ha preso la stanza, e non sappiamo se entro stanotte la lasceranno."
"Intendo. Tu dunque hai deciso di stare con loro, gli è così, nevvero?"
"Sì, mamma, e spero che non vi dispiaccia."
"No... no, va bene. E se la stanza di codesto Andrea non sarà libera, per un tratto potrete dormire da me... anche se c'è solo il tuo pagliericcio che per quattro sarebbe assai strettuccio."
"Siete assai cortese, monna Salva." disse Andrea. "Ma spero che la mia questione si risolva entro stasera."
"Ma venite in casa, ora. Ci dev'essere un poco di vinello ancora nella caraffa, e un po' di finocchiona. Dio, quanto sono contenta, Durante mio, di non dover più piangere ogni notte nel saperti in galera."
"Mi dispiace, mamma."
"Ti sedusse messer Valiani, nevvero? Prima t'ha costretto a fare quelle cose, e poi per colpa sua tu sei finito in galera, ma lui scappò via; si dice che andò a Roma..." disse la madre, mentre entravano nella modesta stanzetta.
"No, mamma. Chi mi sedusse fu il capo de' servi a Palazzo Rucellai e nessuno mi costrinse a... a farlo. E io..."
"Cose passate. Ti troverai una buona ragazza e..."
"No, mamma. Non intendo maritarmi, mi dispiace."
"Vuoi dire che... che a te... che ti piace farlo con..."
"Sì, mamma, mi dispiace."
La donna annuì, restando pensierosa per un poco, poi chiese: "Ne sei certo, figlio mio?"
"Sì, mamma, io son fatto così. Mi dispiace."
"Non voglio più sentirti dire che ti dispiace, Durante. Se sei fatto così, come tu dici... sei fatto così e basta. Uno deve dispiacersi di far del male agli altri, mai di com'è fatto. Abbiamo scelto noi di venire a questo mondo? Abbiamo scelto noi di nascer ricchi o poverelli? Di nascere in Firenze o in un'altra terra?"
"Ma ogni prete dice che quel che faccio è peccato immondo."
"Ah, i preti! Quel prete non avrebbe nemmanco dovuto farmi mettere te al mondo soltanto per sollazzarsi con una ragazzetta ingenua quale io ero!"
"Sono figlio d'un prete?" chiese stupito Durante.
"Sì, figlio mio. Era un gran bell'uomo, giovane... mi seppe conquistare, mi sedusse. Non sono pentita, però, di quanto feci con lui, visto che tu ne sei il frutto."
"E dov'è, ora, mio padre?" chiese Durante emozionato.
"Lascia perdere, figlio. Non ebbe il coraggio di assumer le conseguenze di quel ch'ei fece con me. Tanto era bello, tanto era pavido. Non sarebbe stato un buon padre per te. Appena mi seppe incinta di te, scappò via da Firenze, si fece trasferire altrove. Non so nemmanco dov'egli viva, ormai, né me ne cale un fico secco!"
Rimasero un po' assieme alla donna a chiacchierare, poi tornarono alla casa di Andrea, dopo che Salva si fu fatta promettere, se non avevano un posto dove dormire, di tornare da lei.
Per via, Andrea gli disse: "Sei fortunato, Durante, che la tu' mamma t'abbia accettato così come tu sei."
"Puoi dirlo ad alta voce. Temevo che fosse adirata con me. Forse... forse quel ch'ha passato per colpa di mio padre, l'ha resa sì comprensiva ne' miei confronti. Figlio d'un prete! Pare quasi un'offesa." disse Durante con un lieve sorriso.
Quando furono sotto casa di Andrea, videro che la donna con la figlia e un uomo stavano caricando le loro poche masserizie su un carretto.
"È lui, il padrone." disse la donna dando di gomito all'uomo, quando li vide, indicando Andrea.
"Siete il padrone della stanza?" chiese l'uomo accostandoglisi.
"Sì. Sono io."
"Ecco, ce ne andiamo. Non ci denunziate, per cortesia, non si voleva fare male a chicchessia, ma avevamo bisogno d'un posto."
"No, non vi denunzio, com'ho promesso a vostra moglie, visto che ve ne andate, né vi chiederò che mi paghiate la pigione, come pure avrei diritto. State andando a casa di vostra sorella?"
"No... il padrone c'ha concesso una stanzetta giù alla conceria, per qualche tempo. Se volete... domani mia moglie verrà a ripulire ben bene la vostra stanza, che l'abbiam lasciata un poco in disordine. E... potete controllare, non vi stiamo portando via nulla di ciò che c'era in casa vostra. E queste son le due chiavi della porta, che cambiammo quando entrammo in casa vostra."
"Non v'ha nulla da controllare, mi fido di voi. Né è necessario che venga vostra moglie a pulire, lo faremo noi. Mi spiace avervi scacciato così, su due piedi, ma capite..."
"Sì, certo. Siete un brav'uomo, un uomo dabbene benché siate..." disse ma si fermò distogliendo lo sguardo imbarazzato.
"... un sodomita?" gli chiese ridendo Andrea. "Ebbene sì, che volete, fra i sodomiti, come fra l'altra gente, c'è di tutto: dal buono al minchione, dal malvagio al malandrino. A voi piace la potta e a me 'l carnaiolo, questa è la sola differenza fra voi e me. Ma per il resto..."
"Non intendevo offendervi..."
"Né offesa v'è stata." gli disse Andrea.
Così, andati via gli inquilini abusivi, i quattro amici entrarono nella stanza. Era un po' in disordine ma a prima vista non mancava nulla di quanto Andrea vi aveva lasciato due anni prima. Il letto aveva due pagliericci di crine vegetale, perciò ne posero uno a terra per Durante e Masino.
"Fra tutti e quattro non abbiamo un bajocco, giusto?" disse Andrea.
Gli altri annuirono.
"Domani torno a vedere se mi ridanno il posto. Ma se pure mi prendono di nuovo, fino alla prima settimana, che possiamo fare?"
"Si potrebbe andare a mangiare dalla mi' mamma." propose Durante.
"Povera donna, non mi pare ch'avesse molto da scialare, non possiamo pesarle indosso in quattro. Tu Durante puoi fare così, ma noi..." obiettò Andrea.
"Io domani posso provare ad andare a vedere qualcuno dei Compagnacci per chiedere se mi prendono al loro servizio." disse Durante.
"E noi due si può andare a chieder l'elemosina, che ne dici Masino?" propose Jacopo.
"Mi vergogno, però... lo stomaco protesta e mi farò passare la vergogna." disse Masino con un sorriso incerto.
"Ehi, Jacopo, guai a te se per racimolare qualche bajocco..." iniziò a dire Andrea.
"Sta tranquillo, non permetterò ad altri che a te di usare i miei fori. Te l'ho promesso, no? Tu non tradire me e io no tradisco te."
Si misero a dormire: non avevano neppure un lume o una candela. Ma dopo poco, sia dal letto che dal pagliericcio a terra si sentirono levarsi sospiri e mugolii: entrambe le coppie erano impegnate a darsi piacere, finché prima da un lato, poi dall'altro si levarono ansiti e gemiti più forti nell'esplosione dell'orgasmo dei quattro amici. Solo dopo di ciò la stanza tornò silenziosa.
Durante andò, di buon mattino a bussare alla porta di alcuni noti Compagnacci. Girò diverse residenze, ma non ottenne nulla, con le più varie scuse.
Finché poco prima dell'ora di pranzo, uno di questi gli disse: "Sei un bel ragazzo e ancora abbastanza giovane. Quanti anni hai?"
"Venti, messere."
"Credevo un po' meno... Beh, se ti lasci buggerare da me, ti do qualche bajocco e puoi anche passare in cucina a farti dare un po' di cibo. Ma non ho bisogno di servi."
"Va bene, messere, come voi dite."
Il giovanotto lo portò su nella sua stanza, lo fece denudare e si spogliò, lo fece mettere a quattro zampe sul suo letto, gli si inginocchiò dietro e lo prese con forte piacere. Quando, dopo una lunga cavalcata gli si fu scaricato dentro, lo fece rivestire e lo pagò.
"Messere, posso sperare che mi vorrete ancora, se non trovo un lavoro?"
"O io o qualcuno dei miei amici... perché no? Alla bisogna fatti vivo e vedrò ciò che si può fare. Ora vai."
"Posso passare alla cucina come m'avevate detto?"
"Sì, certo, basta che dici che t'ho mandato io."
Durante scese, chiese a uno dei servi dove fossero le cucine e vi si recò.
"Il figlio del padrone m'ha detto che potevo chiedere un po' di cibo."
"Siediti lì che ora ti do da mangiare." gli disse la cuoca.
"Io veramente... preferirei se mi deste un po' di cibo, che così lo posso portare ai miei... fratellini." disse Durante pensando che così poteva impietosire la donna.
"Quanti ne hai?"
"Tre..."
"Tutti più piccoli di te?"
"Sì, e non hanno che me."
"Povero ragazzo... doverti far buggerare dal figlio del padrone per mantenere i tuoi fratellini!" esclamò la donna scuotendo il capo.
Prese un cestello semisfondato e vi mise dentro un pane, alcuni frutti, un pezzo di cacio e uno di salame, quattro aringhe salate e un pezzetto di lardo e porse il tutto a Durante. Questi ringraziò ed andò subito a posare tutto a casa. Quindi uscì per continuare a cercare lavoro.
Nel pomeriggio riuscì a racimolare pochi altri bajocchi e ancora un po' di cibo. A sera tornò a casa. Gli altri tre erano già tornati. Andrea aveva riottenuto il proprio lavoro, perché era un ottimo tessitore e al padrone non interessava nulla che fosse un sodomita. Jacopo e Masino avevano racimolato alcune monete, e Jacopo era anche entrato in diverse chiese mentre Masino, col cuore in gola, faceva il palo, e aveva rubato alcuni mozziconi di candele.
"Ehi, siamo ricchi: abbiamo lume e cibo e puranco un po' di soldi! E fra una settimana riavrò la mia prima paga." disse allegramente Andrea.
Accesero uno dei mozziconi in centro al tavolo e divisero parte del cibo, mangiando in allegria, mentre si raccontavano come era andata la giornata a ognuno di loro. Più tardi, spenta la candela, si misero a letto.
"Ma tu hai dovuto farti buggerare due volte, per avere il cibo e qualche soldo." gli sussurrò Masino.
"Mi sa che sarà l'unico lavoro che potrò fare." rispose Durante.
"E ora... sarai stanco... e avrai voglia di riposare."
Durante ridacchiò e gli carezzò il sedere: "No che non sono stanco: hanno fatto tutto loro, io dovevo solo stare lì a lasciarli fare."
"Allora... che c'hai voglia di buggerarmi? Ti piace il mio culetto?"
"Sì che n'ho voglia, e sì che mi piace. E tu?"
"Lo sai bene quanto mi piace farmelo mettere da te." disse Masino togliendosi lesto le braghe e affaccendandosi a slegare e abbassare le braghe anche al compagno. "Lascia che te lo prepari ben bene!" gli sussurrò e scese a succhiarlo per un poco, con la consueta golosità.
Quindi gli si offrì, guidandolo in sé, lieto di essere nuovamente preso dal bel Durante.