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una storia originale di Andrej Koymasky


SODOMITI FIORENTINI CAPITOLO 7
VITA DURA MA LIETA

Così i quattro riuscirono a sbarcare il lunario, grazie al lavoro di Andrea, alle elemosine che ottenevano e ai piccoli furti che facevano Jacopo e Masino, e al fatto che Durante, pur senza aver rinunciato a sperare di trovare un lavoro, passava da un letto all'altro di nobili e mercanti a cui piaceva buggerare un ragazzo già maturo più che non un ragazzetto e che si passavan la voce l'un l'altro.

Non avevano da scialare, ma neppure da tirare la cinghia. Riuscirono anche a comprarsi qualche abito usato per cambiarsi e Salva si prestava volentieri a lavare e rammendare i loro panni e avevan preso l'abitudine, ogni domenica a pranzo, di mangiare tutti e quattro a casa sua.

Per l'inverno riuscirono a comprarsi un braciere di rame e un po' di carbone, in modo di stiepidire la stanza la sera prima di andare a letto. Essendo tutti e quattro pieni di giovanili energie e passione, non passava notte che le due coppie non facessero l'amore, per poi addormentarsi abbracciati in modo anche di scaldarsi l'un l'altro.

Avevano anche acquistato un tino di legno in cui, scaldata un po' d'acqua, si lavavano una volta alla settimana, tutti e quattro, ponendovi dentro un telo sì che, dopo che ognuno s'era lavato, lo estraevano con cautela in modo di portar via i residui di sapone e sporco, sciacquarlo e rimetterlo nuovamente dentro per il seguente che si lavava, come aveva insegnato loro Salva.

Per Natale, Salva preparò per i quattro amici la "torta in balconata", fatta con mandorle, noci, pinoli, datteri, canditi e numerose spezie tra cui pepe, cannella e cumino, amalgamate assieme con miele e marmellata.

Mentre tornavano a casa, Masino disse agli amici: "Per una torta così, sarei disposto a farmi buggerare pure da mezza dozzina d'uomini!"

"E a maritarti invece con una donna che te la sappia fare?" gli chiese divertito Jacopo.

"No, questo no, manco morto! Come farebbe a buggerarmi, una donna, eh?"

"Con una cetriolo o una carota!" gli rispose ridendo Jacopo.

"No! Mai! Piuttosto dovrei mandare Durante da sua madre perché impari a far la torta!"

"E se imparasse, te lo sposeresti?" rise ancora Jacopo.

"Io me lo sposerei anche senza bisogno di torte!" esclamò Masino.

Durante lo guardò un po' stupito, ma non disse nulla. Però più tardi, in casa, mentre Andrea e Jacopo erano scesi al pozzo per far provvista d'acqua, gli chiese: "Che è quella spiritosaggine ch'hai detto?"

"Quale?"

"Che tu... mi sposeresti."

Masino lo guardò serio: "Non è per nulla affatto una spiritosaggine. Se solo si potesse io mi mariterei con te immantinente. Tu mi piaci assai."

"Anche tu mi piaci, e di molto, però..."

"Io vorrei... lo so che non puoi far altro, però..." disse incerto Masino.

"Che gli è dunque che vorresti?" chiese Durante immaginando dove l'altro volesse andare a parare.

"È solo un sogno, però... io sono... io sento..."

"Suvvia, or ch'hai iniziato, vieni a capo di ciò che intendi dire."

"Io sono geloso di te, che vai nel letto di uomini... e ti vorrei tutto per me, ecco. L'ho detto!"

"Se solo potessi trovare un altro lavoro... anch'io sarei contento e... anch'io vorrei conservarmi solo per te." disse Durante a mezza voce.

"Io, Durante... io penso... io credo..."

"Che cosa?"

"Che forse... che magari... sai... come Andrea con Jacopo..."

"Dillo."

"Io sento che... io mi sono... innamorato di te!" disse infine Masino e una lacrima gli brillò negli occhi.

Durante gliel'asciugò con le labbra, poi lo baciò: "Per questo, mio dolce Masino... per questo a me piacerebbe trovare un altro lavoro... per poterti dire che anche io... Ma come posso dirtelo fin tanto che devo passare da un letto all'altro? Perdonami, mio dolce Masino... perdonami."

"Davvero tu pure... davvero tu senti per me..."

"Da lunga tratta. Tu m'hai conquistato il cuore a poco a poco e so che non potrei più fare a meno di te. E quando sono... nel letto, fra le gambe di quegli uomini, m'è sempre più difficile, credimi, starci."

"Oh, mio Durante!"

"Tuo? Vorrei essere solo tuo e non di mezza Firenze. Ma che fare? Nessuno m'offre un lavoro, ma solo un letto. Potrei... potrei chiedere l'elemosina come fate tu e Jacopo, ma vendendo il mio corpo guadagno di più... e vedi che non c'è da scialare nonostante tutto."

"Forse, allora, dovrei anch'io fare come te, almeno saremmo uguali, tu ed io." disse in tono incerto Masino.

"No. Io non voglio. Se ti piacesse, l'avresti già fatto."

"Ma allora, se tu lo fai, è anche perché ti piace?"

"Non proprio. Diciamo che... che non è un sacrifizio, benché, per te, ora preferirei poter cessare di farlo. Specialmente ora che m'hai detto che provi per me il mio stesso sentimento. Il fatto gli è che, sapendo ch'io sono un sodomita, nessuno mi vuole dare un lavoro, ma solo avermi in letto."

"Ma allora... perché non andiamo via da Firenze? Perché non andiamo dove nessuno ci conosce?"

"Ma come viviamo, in un luogo foresto, senza danaro, senza casa, finché non troviamo un lavoro?"

"Per la casa, quando il tempo tornerà al bello, si può dormire anche all'aperto. Per mangiare, finché non troviamo un lavoro, possiamo chiedere l'elemosina. Dimmi di sì, Durante, dimmi che quando tornerà la buona stagione proveremo ad andare altrove a cercar lavoro tutti e due. Dimmi che 'l farai per me!"

Durante lo baciò di nuovo stringendolo a sé e coccolandolo. "Va bene, mio Masino, te lo prometto. Faremo come desideri. Ma fino ad allora..."

"Avremo pazienza, sia tu che io."

Tornarono in casa Andrea e Jacopo con le brocche piene d'acqua.

"Ehi, tortorelle!" li apostrofò Jacopo. "Avete voglia di fare qualcosetta in più che solo sbaciucchiarvi? Non fatevi problemi per la nostra presenza, non sarà la prima volta che noi o voi lo si fa davanti agli altri due, no?"

Allora Durante e Masino dissero agli amici che s'erano confessati di amarsi e che cosa avevano deciso di fare appena fosse tornata la buona stagione.

Andrea disse: "Ah, ma allora non era solamente una battuta di spirito la tua, Masino, che te lo sposeresti! Bene, sono assai lieto per voi. Riguardo al fatto di voler lasciare Firenze, penso che sia una buona idea. Avete già pensato a dove vorreste andare?"

"No, non ancora. Qualsiasi luogo è buono, se è lontano da qui, ove nessuno ci conosca."

"Ebbene, io ho un antico compagno, uno con cui anni or sono s'andava a cercar uccelletti da buggerare, che s'è trasferito a Genova. Non so se sia ancora là, mi disse che aveva trovato lavoro come sartore al porto, a fare i panni per i marinari e per i camalli."

"Oh che, a Genova fanno vestiti anche per i cavalli?" chiese Masino sgranando gli occhi.

Andrea rise: "No, non cavalli ma camalli con una emme. È una parola della lingua genovese per indicare gli scaricatori delle navi del porto."

"Non parlano come noi, a Genova?"

"No, ogni posto ha una parlata diversa, ma credo che non dovreste avere troppi problemi, specialmente se trovate l'amico di cui stavo parlando. Si chiama Cencio Amidei e ha tre anni più di me. L'ultima volta che ebbi sue notizie fu tre anni fa, poco dopo che mi presi in casa il mio Jacopo, e a quel tempo lavorava ancora in Genova, al porto."

"Amidei? Quelli che furon nemici dei Buondelmonte?" chiese Durante.

"Forse per le costole d'Adamo eran parenti, chi sa." rispose Andrea. "D'altronde anch'io sono un Brancacci, ma mica della casata famosa. Lo fossi non avrei tanti problemi e non farei abitare il mio Jacopo in questa misera stanza."

"Io mica mi lamento, finché sto con te. E prima non è che vivessi meglio di ora." disse il ragazzo con un dolce sorriso.

Andrea lo abbracciò e lo baciò: "Fortunato il giorno in cui mi venne voglia di buggerarti!"

"Ehi, ma era notte! Già l'hai dimenticato?" rise Jacopo, allegro, sedendogli in grembo e sfregando il sedere contro il pube del suo uomo.


Il giorno seguente, Durante andò dalla madre. La donna era in casa che sistemava i panni che aveva lavato.

"Mamma, v'ho da dire una cosa..."

"Bella o brutta?"

"Mah, non so... Vedete, gli è che io... non riesco a trovare un lavoro onesto, qui a Firenze, ove ognuno sa che son sodomita."

"La gente è meschina, purtroppo, figlio mio."

"E... vedete, ora io mi sono... insomma, provo un sentimento..."

"Sei in amore con quel Masino, ci scommetto." disse la donna con un sorriso dolce.

"Come fate a saperlo?" chiese Durante stupito.

"Mah, certe cose una mamma le sa leggere a volte negli occhi del su' figliolo. Ma e lui?"

"Anche lui di me."

"Bene, ne sono lieta, questa è una buona notizia. Mi pare un ragazzetto a modo quel tuo Masino. Ha occhi buoni."

"Non è più un ragazzetto, mamma: ha di già dieciasette anni fatti."

"A quell'età io ero già in attesa di te... eppure ero ancora una ragazzetta."

"E quel prete approfittò di voi."

"Mah... non vi pensare. Se colpa vi fu, fu buona colpa, perché mi permise di mettere te al mondo."

"Ecco, vedete, c'è un'altra cosa che vi volevo dire."

"Sì?"

"Come vi dissi, qui a Firenze non pare ch'io riesca..."

"Perciò pensi di andartene, nevvero? Con il tuo Masino, immagino."

"Sì, mamma."

"E fate bene, e sono lieta che non te ne andrai solo, ma con lui che ti sarà accanto con il suo amore."

"Mi dispiace lasciarvi."

"I figli non son fatti per restare attaccati alla sottana della madre. Non ti crucciare. Tu hai da farti la tua vita. Avete già idea di dove vorreste andare a tentare miglior fortuna?"

"Forse a Genova, ove vive un compagno di Andrea."

"Bene. E quando ci andreste?"

"Con il buon tempo, a tarda primavera, si pensava. Perché se non lo trovassimo, non avremmo un problema troppo grande se per una tratta avessimo a dormir sotto le stelle."

"Sì, fate bene."

"Ora vi debbo lasciare, mamma."

"Sì, vai. E quando vedrai il tuo Masino, digli che io son contenta assai che voi due vi vogliate bene e che badiate l'uno all'altro."

"Grazie, mamma."

"E di che?"

"Di avermi fatto nascere!" le disse con un sorriso e, salutatala con un abbraccio, andò via.

Quando a sera tornò a casa, narrò a Masino e agli amici il colloquio che aveva avuto con la madre.

"Beato te che hai una madre così e non un'arpia come la mia." gli disse Jacopo.

"Né come mio padre." aggiunse Masino.

"E tua madre, Andrea, come era?" chiese Durante.

"Non la conobbi, perché morì quando avevo meno di un anno. Poi mio padre si maritò con un'altra donna. Non era male, anche se non ha mai rimpiazzato mia madre. Mi trattava abbastanza bene, m'ha allevato, ma per lei non sono mai stato un figlio. Mio padre faceva il tessitore e ben presto mi portò a lavorare con sé. Frattanto m'eran nati due fratellastri, ma neanche loro furono mai veri fratelli per me. Perciò stavo più che potevo nella tessitura, dove i colleghi di mio padre m'erano più vicini che non il resto della mia famiglia, a parte mio padre, e tutti m'insegnarono i loro trucchi del mestiere così presto divenni uno dei migliori."

"E ora che sanno tutti il motivo per cui finisti in prigione?" gli chiese ancora Durante.

"Non dicon nulla, mi trattano proprio come prima. Vedete, fra loro vi è l'idea che l'uomo può ficcare il suo bischero dove più gli aggrada, si tratti del foro d'una femmina o d'un maschio. Per loro, a differenza di quel che dicono le nostre leggi e di quel che blaterano i preti, sodomita è soltanto chi se lo lascia mettere nel carnaiolo, non colui che ce lo mette." disse ridacchiando Andrea.

"Sicché noi tre saremmo sodomiti ma non tu?" gli chiese ridendo Jacopo.

"Non me ne cale un fico secco: a me importa solo che tu mi ami, Jacopo mio, e che accetti il mio amore."

"Nonché la tua vena nel mio carnaiolo." lo stuzzicò il ragazzo.

"Ma se sei tu il primo a voler che io te la metta!" gli disse Andrea dandogli un'affettuosa sculacciata.

Durante e Masino, semiabbracciati, li guardavano e ridevano con loro.


Passò l'inverno, il tempo iniziò a farsi clemente. Finalmente fecero i preparativi per il viaggio a Genova: il cammino era lungo, circa centoquaranta miglia da percorrere a piedi.

Prima di partire, Durante e Masino andarono ad accomiatarsi da Salva. La donna volle dar loro una borsa di monete.

"Non è molto, ma è quanto potei risparmiare in questi anni. Vi faranno comodo per qualche tempo."

"No, mamma, non voglio che vi priviate..." iniziò a dire Durante, commosso.

"Ehi, figliolo! T'ho dato la vita e non posso darti un poco di danaro? Che vale di più? Non mi fare arrabbiare, ora."

"Ma mamma..."

"Non vuoi farmi contenta? Non accetti un piccolo dono dalla tua mamma? Se non altro per farmi stare un poco tranquilla. Diglielo tu, Masino, ch'alla mamma s'ha da obbedire!"

Alla fine accettarono le monete e anche un sacchetto di cibo conservato. E finalmente presero la strada. Andarono fino a Prato, passarono Pistoia, poi Lucca e giunsero in vista del mare. Di qui salirono a Massa, Carrara, La Spezia, oltrepassarono Levanto, Rapallo e finalmente giunsero a Genova.

Come facevano in ogni centro abitato, chiesero a un passante: "Come si chiama questa città?"

"Zêna." rispose quello, con la sua cadenza strascicata.

"Ah... e manca molto per Genova?"

"Ma a l'è Zêna, belin, sta chi a l'è Zênova!"

"Ah, grazie..." disse Durante e entrarono in città.

"Mamma mia, ma come parlano?" commentò Masino.

"Forse anche quell'uomo si starà chiedendo come parliamo noi." gli disse sorridendo Durante.

Bene o male, una volta entrati in città, giunsero al porto. Qui iniziarono a chiedere dove fosse la bottega da sartore di Cencio Amidei.

Finalmente un passante disse: "Amidei de Firense? o cûxôu pe' mainâ? U l'è lazzû!"

Andando nella direzione indicata dall'uomo, giunsero davanti alla porta di una botteguccia su cui campeggiava un'insegna che recava la scritta "Cencio Amidei". Non sapevano leggere, ma guardando dentro videro ch'era la bottega di un sarto.

"Oh, ci siamo! Andiamo." disse Durante e i due ragazzi spinsero la porta ed entrarono. Sentirono una campanella tintinnare.

Un giovane apparve e chiese loro qualcosa che non capirono.

Durante disse: "Cerchiamo Cencio Amidei."

"Ah, ben... Ceeenciooo! Te çercan!" gridò rivolto verso l'interno.

Comparve un uomo sulla porta del retro: "Sì?" chiese guardando con curiosità i due nuovi venuti.

"Siete Cencio Amidei?" chiese Durante.

"In persona! Venite forse da Firenze?" chiese l'uomo con un sorriso, riconoscendo subito la sua parlata.

"Sì, da parte di Andrea Brancacci..."

"Oh, bene! Venite, venite. Come sta il mio caro compagno?"

"Bene."

"E... il suo Jacopo?"

"Bene lui pure. Avete saputo che li misero in prigione... dove li conoscemmo... Ma che ora son nuovamente liberi?"

"In prigione? E per cosa mai?" chiese Cencio facendo loro cenno di sedere su una panca.

Masino si guardava intorno incuriosito.

Durante rispose: "A voi lo posso dire... fummo tutti accusati d'esser sodomiti."

Cencio rise: "L'importante è che ne siate fuori. Al che... devo presumere che voi due... come il mio amico Andrea col suo Jacopo..."

"Sì, stiamo assieme e ci si vuol bene." disse con un sorriso Durante.

"O bene! Mi fa piacere di molto. E com'è che veniste a Genova?"

"Per cercar lavoro, perché non ci fu possibile trovarne a Firenze, a causa della nostra condanna. Andrea però riebbe il suo lavoro da tessitore."

"Se vi manda il mio amico Andrea, vedrò di fare quanto posso per voi. Fra poco dovrebbe tornare il mio Benedetto, che andò a consegnare alcuni abiti. Faremo cena assieme, poi verrete a casa nostra. Immagino che non abbiate un posto dove dormire, giusto?"

"Infatti."

"Nessun problema, vi metteremo un pagliericcio sul pavimento, se v'adattate, e starete con noi fin quando non troverete una sistemazione acconcia."

"Vi ringrazio. Anche a casa di Andrea ci avevan sistemati allo stesso modo: va più che bene."

"E non mi date del voi. Se siete amici di Andrea, penso e spero che si possa diventare amici anche noi. Che lavoro sperate di trovare? Che sapete fare?"

"Si era tutti e due, prima che ci mettessero in prigione, servi di casa. Non facemmo mai altro... Sarà difficile trovare lavoro?"

"Capisco. Mah, vedremo. Se vi contentate, spero in pochi giorni di trovarvi qualcosa. Ma raccontatemi un po' di voi, e le ultime notizie di Andrea e Jacopo..."


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