Il cane si alzò a sedere e iniziò a scodinzolare, così Ettore si svegliò. Aprì gli occhi e vide un giovanotto che li guardava con un sorriso.
"Totò, qui!" ordinò il nuovo arrivato.
Il cane scodinzolò, ma non si mosse, restando accanto a Ettore, che si alzò a sedere, stropicciandosi gli occhi un po' intontito.
"Vedo che hai fatto amicizia con Totò."
"È il suo cane?" chiese.
"Sì, e questa è la nostra panchina..."
"Oh, mi spiace..." disse confuso.
"No... Voglio dire che di giorno Totò e io veniamo sempre a sedere qui... Ma che ci fai tu, a dormire nel parco, su una panchina?"
"Sono rimasto chiuso fuori casa... Ho suonato ma non risponde nessuno... Forse il campanello è rotto, chi sa? Poi è arrivato il suo cane... Totò? e ci siamo messi a dormire..."
"Anche tu fuori casa? Quando vado a ballare lo lascio qui al parco e quando torno, lui mi aspetta sempre qui. Tu... pensi di passare la notte qui?"
"Che altro posso fare?"
"Vedo che Totò ha fatto amicizia con te. Una cosa molto rara, credimi. Evidentemente gli piaci. Che ne diresti di venire a dormire a casa mia? Però sul sofà, perché non ho una stanza degli ospiti..."
Ettore lo guardò: doveva essere sulla trentina, era alto come lui, aveva i capelli castani con la riga da un lato, sopracciglia dritte e ben separate, folte, un naso perfetto, labbra dritte, piegate in un lieve sorriso amichevole.
"Grazie... ma lei non mi conosce nemmeno..." disse esitante.
"Se Totò si fida di te al punto da lasciarsi abbracciare, so di potermi fidare anche io. Andiamo?"
"La ringrazio..."
"Non puoi darmi del tu? Io mi chiamo Giuseppe Ferrari."
"Ettore Becarelli. Non ti disturba farmi dormire da te?"
"No, per niente."
Ettore si alzò e il cane scese dalla panchina, mettendosi fra loro, guardandoli e scodinzolando. Si avviarono.
"Quanti anni hai?"
"Diciotto e mezzo..."
"Io ventisei appena compiuti. Studi?"
"Sto per finire il liceo classico."
"Io lavoro in banca."
Arrivarono alla casa di Giuseppe e Ettore vide che era a soli tre isolati da casa sua. Salirono al terzo piano, entrarono nell'alloggio. Giuseppe lo portò nel soggiorno. Ettore vide che alle pareti c'era un quadro con un nudo maschile, una minuscola bandiera del gay pride, un triangolo rosa...
"Tu... sei gay?" gli chiese, stupito.
"Sì. Ma mica devi avere paura, non t'ho portato qui per... quello. Ti lascio dormire tranquillo."
Ettore lo guardò con un lieve sorriso: "No no, nessuna paura, nessun problema..."
"Bene."
"... perché sono gay anche io."
"Ah! Forse per questo Totò ti ha preso in simpatia..." disse Giuseppe con un sorrisetto, carezzando la testa al suo cane. "È un cane... gay friendly."
"Hai un ragazzo?"
"No. L'ultimo... mi ha lasciato nove mesi fa. Era lui che aveva voluto Totò in casa... ci ha mollati, sia me che il cane. E tu? Ce l'hai un ragazzo?"
"No... Io è da poco che... Io... mi piacerebbe ma... Io sono ancora... vergine." disse abbassando gli occhi e arrossendo lievemente.
"Cioè, non hai ancora mai fatto niente?"
"Poco..." gli disse Ettore. Poi chiese: "Siete stati assieme per tanto tempo?"
"Con Antonio? Poco più di due anni. Vuoi bere qualcosa?"
"Un bicchiere d'acqua, grazie."
"Siedi. Te lo vado a prendere."
Ettore sedette sul sofà, guardandosi attorno incuriosito. Il cane si stese sul tappeto e appoggiò la testa sui suoi piedi. Giuseppe tornò con due bicchieri d'acqua, gliene porse uno e gli sedette a fianco.
"Vedo che Totò t'ha proprio adottato. Non l'ho mai visto accettare qualcuno così in fretta."
"Come mai vi ha mollato?"
"Io mi chiedo piuttosto perché ci si era messi assieme e perché è rimasto con me per più di due anni. A lui piaceva il sesso sado-maso, schiavo-padrone... lui era maso, cioè voleva fare lo schiavo... A me invece piace il sesso vanilla..."
"Vanilla?"
"Sì... dolce, tenero."
"Anche a me..." disse Ettore e gli raccontò prima della sua esperienza con Vittorio, poi quello che gli era capitato quella stessa sera, prima col tizio al cesso, poi con quello che l'aveva assalito nel vicolo e come aveva potuto fortunosamente scappare.
"Sì, conosco l'Encounter, anche se ci vado piuttosto di rado... Sei stato sfortunato, è un bar con un ambiente piuttosto gradevole."
Ettore si sentiva attratto da Giuseppe. Ora alla luce aveva notato che aveva occhi verdi con sfumature dorate, quasi da gatto... Aveva un volto virile, addolcito da un bel sorriso e, per quanto gli abiti lasciavano intuire, doveva avere un corpo ben fatto.
Senza neanche sapere dove avesse trovato il coraggio, a bassa voce, Ettore gli chiese: "Hai voglia di... di fare... di farlo con me?"
Il sorriso di Giuseppe s'accentuò un poco: "Sei un bel ragazzo, mi piaci. Non era in programma, però... se ne hai voglia anche tu..." rispose e gli posò una mano su una coscia, in una lieve carezza.
Ettore poggiò la sua mano su quella dell'altro, premendola lievemente. Si guardavano sorridendo, Ettore un po' timidamente, Giuseppe con espressione gentile.
"Non sei... troppo stanco?" gli chiese.
"No... non troppo." rispose Ettore.
Giuseppe gli circondò le spalle con un braccio e lo tirò leggermente a sé. I loro volti si avvicinarono lentamente, le loro labbra si sfiorarono delicatamente, si schiusero, si unirono in un bacio caldo e profondo.
Ettore fremette con forza, in preda a una crescente eccitazione, gli si addossò cingendogli la vita con le braccia, girandosi di più verso di lui, e gli mise una gamba sulle sue.
Totò si alzò a sedere e li guardò. Si mise a scodinzolare di nuovo.
Gradualmente Ettore si spostò finché si trovò seduto in grembo di Giuseppe e ne sentì l'erezione premergli contro. Si carezzavano per tutto il corpo, esplorandosi a vicenda e continuando a baciarsi.
"Mi vuoi... prendere?" gli chiese il ragazzo in un sussurro eccitato.
"Non l'hai mai preso... da quello che m'hai raccontato."
"No, non ancora ma... ma forse mi piacerebbe, con te."
Giuseppe gli sorrise e gli carezzò una gota: "Anche a me piacerebbe... ma la prima volta, se non si è ben pronti... potrebbe non essere del tutto piacevole, per te."
"C'è sempre una prima volta..." mormorò Ettore.
"Sì, certo, però..."
"Non ti va di farlo? Di farlo con me?"
"Mi piaci molto, Ettore, te l'ho detto. E mi andrebbe, sì... Ma tu sei veramente pronto a... al gran passo?"
"Mi pare proprio di sì... se non fossero arrivati i genitori di quel ragazzo... l'avrei già fatto. Mi piacerebbe che fossi tu a... a prendermi."
"Perché?"
"Mi piaci e poi... È colpa di Totò."
Giuseppe rise lieve: "Questa è la ragione più originale che ho mai sentito. Ma forse hai ragione tu. Quando mi portavo a casa un ragazzo, Totò se ne andava sempre in un'altra stanza, non restava con noi a scodinzolare come fa ora."
"Te ne porti a casa molti?"
"No. Quando ero con Antonio, mai nessuno. Gli ero fedele. Dopo... poche volte."
"Non mi porti di là, sul tuo letto?" insisté Ettore.
Giuseppe si alzò facendo alzare anche Ettore, lo prese per mano e lo guidò fino alla camera da letto, tenendolo per mano. Totò li seguì immediatamente.
"Ehi, cane guardone!" gli disse Giuseppe ridendo. Poi disse ad Ettore: "Solo quando venivo qui con Antonio veniva anche lui. Davvero ti ha preso a ben volere, ti ha adottato."
"Assomiglio ad Antonio, io?"
"No, né fisicamente né, per quanto ti conosco, per carattere. Anche se sei più giovane, tu sei... più virile. Delicato ma virile, sì. Mi piaci molto, Ettore."
"Anche tu..."
Giunti accanto al letto, Giuseppe iniziò a spogliarlo e anche lui si mise a togliergli di dosso gli abiti. Dopo poco erano entrambi nudi, uno di fronte all'altro. Giuseppe arretrò di un passo e lo guardò dall'alto in basso. Le loro mezze erezioni si rafforzarono e si sollevarono palpitando.
"Dio se sei bello!" mormorò Ettore sollevando un braccio e sfiorandogli il petto.
"Anche tu sei molto bello. Vieni..." gli disse cingendogli la vita e attirandolo con sé sul grande letto.
Si stesero su un fianco, fronteggiandosi, intrecciarono le gambe e presero a carezzarsi e titillarsi l'un l'altro per tutto il corpo. Poi Ettore si girò sulla schiena e l'attirò sopra di sé. Gli piaceva il dolce peso del corpo dell'altro sul suo. Giuseppe gli prese il volto fra le mani e lo baciò di nuovo, sfregandoglisi addosso con tutto il corpo.
Ettore si sentiva terribilmente eccitato. "Prendimi..." sussurrò.
"Che fretta c'è?" gli rispose Giuseppe, avvolgendolo fra le gambe e le braccia e stringendolo a sé.
I loro membri, imprigionati fra i ventri, sfregavano uno contro l'altro, palpitando. Ettore sentì che piacere e desiderio stavano diventando così forti da farlo quasi soffrire.
"Prendimi!" invocò di nuovo.
Ma Giuseppe continuò a baciarlo e carezzarlo, fino a fargli perdere completamente il controllo.
"Oh... prendimi, prendimi per favore!" implorò il ragazzo.
Giuseppe lo lasciò e scese dal letto.
"Dove vai?" gli chiese un po' stupito il ragazzo, sollevandosi su un gomito e guardandolo con espressione interrogativa.
"Mai senza protezione. E penso che è meglio se prendo anche il gel lubrificante, dato che è la tua prima volta." gli disse Giuseppe con un sorriso.
Andò a un trumeau e ne aprì la ribaltina. Ettore ne ammirò la schiena a V, la vita snella, le natiche sode e nervose e pensò che era una visione più che piacevole. Quando si girò con il pacchetto di preservativi e il flacone di gel in mano, ne ammirò il petto ampio e liscio, il ventre incavato, i capezzoli scuri, circondati da un lieve alone di soffici peli, e il bel membro ritto, aureolato da una fiamma di peli scuri.
Il giovane uomo salì nuovamente sul letto, in ginocchio, e appoggiò flacone e scatoletta accanto a Ettore, che gli rivolse un timido ma lieto sorriso, pieno di desiderio e di aspettativa. Giuseppe prese un cuscino e glielo sistemò sotto il sedere, gli fece allargare le gambe e gliele sospinse contro il petto. Ettore le prese tirandosele contro il corpo. Giuseppe gli si accoccolò davanti e si chinò, con le dita gli sfiorò il solco, il forellino. Ettore fremette, in impaziente attesa.
Giuseppe prese il flacone e ne schiacciò un po' di gel sulle dita, quindi lo spalmò sul foro del ragazzo che fremette e provò una sensazione di piacevole frescura e di tenue calore.
"Ci siamo... ci siamo, finalmente... ci siamo..." si ripeteva Ettore in mente, sentendosi sempre più eccitato e felice.
Le dita, scivolose per il gel, lo stavano preparando con calma, con cura. Ettore sentì che desiderio e piacere stavano nuovamente diventando talmente forti da farlo quasi soffrire. Tutti i suoi muscoli si tendevano e si rilassavano, ma i momenti di tensione diminuivano in intensità e durata e quelli di rilassamento diventavano sempre più gradevoli.
"Prendimi..." invocò nuovamente con voce bassa e calda, traboccante desiderio.
"Sì." gli disse Giuseppe con un tenero sorriso, e si infilò un preservativo.
Poi riprese a massaggiargli il foro, ma questa volta con la punta del membro, e finalmente iniziò a spingerglielo dentro.
Ettore gli si schiuse sotto, palpitando, fremendo, e il suo sorriso si accentuò. Giuseppe gli si insinuava dentro un poco, poi si ritraeva, faceva un serie di lievi va-e-vieni, poi si spingeva un po' più dentro e riprendeva i suoi lievi va-e-vieni, affondandogli dentro ancora un po', conquistandolo così a poco a poco, con studiata e misurata lentezza.
Il ragazzo era stupito nel non provare né dolore né fastidio come in parte s'era aspettato, ma solo un crescente piacere. Sollevò le braccia e gli sfregò lievemente i capezzoli, pensando che Giuseppe era incredibilmente bello, e altrettanto bello era essere finalmente preso. Oltre al piacere, provò un moto di gioia.
Finalmente sentì che gli era completamente dentro e i suoi va-e-vieni si fecero più lunghi e vigorosi; i loro occhi, luminosi, erano come calamitati da quelli dell'altro. Non avrebbe mai creduto che potesse essere tanto bello, tanto piacevole. La frizione di quel sodo palo di carne dentro di sé era gradevolissima. La visione del bel giovanotto che gli incombeva sopra e che gli si agitava addosso era bella.
Se quanto aveva fatto con Vittorio gli era piaciuto molto, ora quello che stava facendo con Giuseppe gli parve meraviglioso... Si chiese perché tutti sono pronti a descrivere le delizie di un buon pasto, e nessuno a parlare e descrivere con altrettanto entusiasmo le delizie della bella unione di due corpi.
Il piacere s'era impadronito di lui, l'aveva riempito, aveva permeato tutto il suo corpo rendendolo incredibilmente sensibile, finché straripò da lui in una serie di forti zampilli e si scaricò mugolando. Poco dopo, ansando lievemente per la lunga unione, anche Giuseppe si vuotò in lui, con una rapida sequela di vigorosi getti.
Ettore, che aveva trattenuto il fiato, emise un lungo e tenue sospiro, rilassandosi e sul suo volto fiorì un sorriso beato. "Dio... che forte!" mormorò.
"Sì..." gli disse semplicemente Giuseppe, carezzandogli i lunghi capelli con tenerezza.
Ettore lo attirò a sé e lo baciò. Mentre le loro lingue giocherellavano ora nella bocca dell'uno, ora dell'altro, il membro di Giuseppe si ritirò lentamente dal caldo e stretto canale. Ettore stese le gambe; tenendosi abbracciati si girarono su un fianco.
"Sei... contento?" gli chiese Ettore in un sussurro emozionato.
"Molto. E tu?"
"Anche io. È stato molto più bello di quello che pensavo."
"Anche per me. Sei un ragazzo... delizioso."
Totò, steso sullo scendiletto, emise un lieve guaito.
"Senti? Abbiamo la sua approvazione." disse Giuseppe con un lieve sorriso.
Ettore gli si accucciò contro, chiudendo gli occhi e carezzandogli lievemente la forte schiena. "Non mi sono mai sentito così bene..." mormorò.
Giuseppe gli depose un lieve bacio sulla fronte.
Ettore scivolò insensibilmente nel sonno, mentre fuori dalla finestra il cielo cominciava a schiarirsi nell'inizio di una nuova giornata. Giuseppe invece restò sveglio, pensando che davvero era stato molto bello fare all'amore con quel ragazzo. Probabilmente perché, oltre a essere veramente bello, era ancora così pulito, così semplice, così spontaneo.
Stava per addormentarsi anche lui, quando la sveglietta sul comodino iniziò a lanciare il suo lieve bip-bip. Era ora di alzarsi per andare al lavoro. Benché non avesse dormito, si sentiva molto bene, pieno di energie. Con delicatezza svegliò il ragazzo.
"Devo alzarmi, devo andare al lavoro."
"Ah, sì, certo..." disse il ragazzo sorridendogli, con aria un po' assonnata. "E io devo tornare a casa, poi andare a scuola."
"Ti va di fare una doccia con me? Non abbiamo il tempo per farla uno dopo l'altro. Poi preparo un po' di colazione e usciamo."
"Sì, bene."
"Ti senti stanco?"
"Un po'... Però non mi sono mai sentito tanto bene."
Andarono a lavarsi. Entrambi, mentre si insaponavano poi si risciacquavano l'un l'altro, si eccitarono di nuovo, ma si trattennero e, dopo essersi asciugati, si scambiarono solo un lungo bacio. Si vestirono, poi andarono in cucina a fare colazione, mentre anche Totò mangiava nella sua scodella.
Si lasciarono sotto casa con un semplice "Ciao" e un sorriso, come una qualsiasi coppia, Giuseppe si avviò verso la fermata del tram, Ettore verso casa sua.
Il portone era già aperto, perciò salì direttamente in casa e suonò il campanello della porta, chiedendosi come i suoi l'avrebbero accolto... Non aveva mai passato un'intera notte fuori casa...