IL VISCONTE E L'ATTORE CAPITOLO 4
DICHIARAZIONE

Per Edmund il breve tempo trascorso nella carrozza seduto di fronte al ragazzo era stato un periodo di intenso piacere e crescente desiderio, che però aveva accuratamente tenuto a freno e ben nascosto, per rispettare la preoccupazione del ragazzo riguardo alla salute dell'uomo che l'aveva adottato.

Per certi aspetti William gli ricordava il suo primo uomo, quell'Alex, il calzolaio, anche se questi aveva capelli castano chiaro e non biondi come quelli del giovane attore. Però gli riportò alla memoria anche un altro ragazzo, che aveva gli stessi occhi verdi e lo stesso ovale del volto, e che aveva conosciuto quando aveva ventiquattro anni.


Si chiamava Andrew McCoy, aveva ventidue anni, ed era un soldato di stanza nella Caserma Wellington, appartenente al secondo battaglione soprannominato "The Models", di guardia fuori del St. James Palace. Aveva capito che era uno scozzese più dai dettagli dell'uniforme, come i bottoni in gruppi di tre e l'assenza della piuma sul nero colbacco, che non dalle fattezze.

Edmund era rimasto conquistato dal volto della giovane guardia, la cui fronte era nascosta dall'alto colbacco nero, sì che i begli occhi risaltavano incredibilmente. Diverse volte l'aveva osservato, quando era di guardia in una delle due garitte che fiancheggiavano l'entrata del palazzo. Ma pensava di non avere molte possibilità di poterlo agganciare, certamente non mentre era in servizio.

Finché un giorno, mentre Edmund era a Greenwich, seduto nella Trafalgar Tavern, lo vide entrare: lo riconobbe immediatamente. Il giovane, evidentemente in libera uscita, andò a sedere a un tavolo non lontano dal suo e ordinò un boccale di birra. Edmund fece un cenno al taverniere e gli disse che avrebbe pagato lui le consumazioni della giovane guardia.

Quando l'oste gli portò la birra, il soldato fece per pagare, ma il taverniere fece cenno verso Edmund e gli disse che era già stato pagato da quel cliente. Andrew lo guardò un po' sorpreso, poi, il boccale di birra in mano, s'alzò e s'avvicinò al tavolo di Edmund.

"Vi ringrazio, signore, per la vostra cortesia... A che devo..."

"Non siete normalmente voi di guardia davanti a St. James Palace?" gli chiese Edmund facendogli cenno di sedere al suo tavolo.

Andrew sedette. "Sì, signore."

"Vi ho notato molte volte... Avrei avuto piacere di fare la vostra conoscenza, ma non potevo certo importunarvi mentre eravate di guardia. Ora, invece, con mio sommo piacere, il fato ha condotto qui i nostri passi... nello stesso giorno e nella stessa ora." gli disse Edmund guardandolo con un sorriso allettante. "Come mai siete da queste parti?"

"Ho lasciato poco fa la casa di una anziana zia e, passando qui davanti, ho notato sopra la porta di ingresso che la data di costruzione di questa taverna è il 1837, il che corrisponde esattamente alla mia data di nascita... così, a causa della curiosa coincidenza, sono entrato."

"Avete dunque ventidue anni, due meno di me."

Si misero a conversare e gradualmente Edmund iniziò a lanciare lievi segnali al giovane in modo di fargli intuire con discrezione il proprio interesse. Andrew sembrò non solo intuire ma anche ricambiare l'interessamento del visconte, sì che i loro messaggi si fecero via via più espliciti.

Dopo un poco, Edmund disse: "Ma non ci siamo ancora presentati: io mi chiamo Edmund Villiers..."

"Piacere, io sono Andrew McCoy. Ma voi... siete per caso il visconte Villiers di Clarendon?" gli chiese il soldato.

"Sì..."

"Perdonatemi, my lord, non sapevo..." disse il ragazzo, lievemente imbarazzato.

"Cambia qualche cosa? Dopo tutto siamo solo due giovani che stanno bene assieme... almeno spero. Non è così?"

"Sì, certamente... Spero di non avervi mancato di rispetto, my lord, senza volerlo."

"Tutt'altro. E non chiamatemi my lord, ve ne prego. Non potreste chiamarmi Edmund e permettermi di chiamarvi Andrew?"

"Come desiderate."

"Io desidero... anche altro... da voi."

"Sì?"

"Se aveste un po' di tempo... ho il mio calessino qua dietro, potremmo andare... da qualche parte... dove si possa stare... tranquilli, voi ed io soli."

Andrew fece un lieve sorriso: "La vostra proposta mi onora e... mi fa molto piacere. Conoscete il luogo adatto in cui sia possibile... rilassarci un poco e approfondire la nostra conoscenza?"

"Sì, lo conosco." disse Edmund pensando al Dog and Duck Inn. "Venite con me?"

Andrew annuì con un sorriso. Salirono sul sedile del calessino e le loro gambe si toccarono. Edmund immediatamente si eccitò. Mentre mandava il cavallo al trotto, iniziò un gioco di lievi pressioni delle loro gambe una contro l'altra. Edmund tenne briglie e redini con una sola mano e appoggiò la mano così liberata sulla coscia del ragazzo, e gli sorrise.

"Siete impaziente, Edmund?" gli chiese Andrew guardandolo allegramente.

"Spero quanto voi, Andrew."

"Manca molto al luogo dove intendete... appartarvi con me?"

"No, è poco lontano da Lambeth Palace."

Giunti alla locanda Edmund pagò una stanzetta e vi portò su Andrew. Il ragazzo iniziò subito a togliersi l'uniforme, guardando con un sorriso compiaciuto Edmund che si spogliava. Questi, una volta nudo, sedette sul bordo del letto, ammirando il corpo del giovane soldato man mano che gli si finiva di rivelare.

Poi Andrew si inginocchiò sul pavimento, fra le gambe di Edmund, e iniziò a dargli piacere, guardandolo frattanto di sotto in su con occhi ridenti. Dopo un po' si alzò e lo sospinse di lato, stendendoglisi davanti, girandogli la schiena e offrendoglisi. Edmund lo prese con piacere. Così iniziò la loro relazione, che andò avanti per poco più di un anno, cioè finché Andrew fu trasferito in un reggimento che s'imbarcò per l'India.


Edmund, sbrigati alcuni affari in città, pensò di andare in ospedale per chiedere notizie dell'attore e sperando così anche di rivedere William. Gli fu indicata la camerata in cui era ricoverato e il numero di letto. Entrato nell'ampia stanza che ospitava una ventina di letti, vide che attorno a quello dove gli era stato detto che era l'attore, vi era una cortina tirata tutto attorno. Ne scostò un lembo e guardò dentro.

William era seduto accanto al letto dell'uomo che giaceva, pallido, gli occhi chiusi, e gli teneva una mano fra le sue. Il ragazzo si girò verso la tenda e lo guardò.

"Voi?"

"Disturbo?" chiese sottovoce Edmund.

William scosse il capo.

"Vi ho riportato il vostro pastrano, l'avevate lasciato nella mia carrozza."

"Ah, grazie..."

"Come sta?" chiese indicando con il capo verso l'anziano attore.

"Non ha più ripreso conoscenza, da ieri sera."

"Mi spiace... che dicono i dottori?"

"Nulla..."

Dalla camerata venivano gemiti, lamenti, colpi di tosse, e il tutto non faceva che rendere anche più pesante la situazione.

"Non sarebbe meglio portarlo in una stanza singola?"

"Costa troppo, non posso affrontare tale spesa."

"Permettete che me ne occupi io... Vorrei fare qualche cosa per voi." disse Edmund.

"Perché?"

"Per ringraziarvi concretamente per le emozioni che mi avete donato ieri sera."

"La vostra gentilezza mi confonde..."

Edmund andò a parlare con l'amministrazione dell'ospedale e pagò una stanza a due letti per Peter Adams, così l'attore vi fu trasportato e William poteva anche riposare un poco sull'altro letto.

Nel frattempo Paul Bulfinch e il secondo di Joseph Harrison si accordavano per lo svolgimento del duello alla pistola, che fu fissato all'alba del giorno seguente nel Common, fra la collinetta e il piccolo lago. I secondi scelsero anche i due chirurghi che avrebbero dovuto assistere al duello.

I giornali di Boston avevano recensito in termini entusiastici la rappresentazione del giorno prima. A sera Edmund tornò a teatro per assistere alla replica della rappresentazione di "Il gladiatore", e incaricò una fioraia di consegnare un gran mazzo di fiori nel camerino di William dopo la rappresentazione. Prese un posto in platea.

Si sentiva sempre più attratto da quel ragazzo, ma se dapprima la sua era stata una sensazione più che altro fisica, Edmund sentì che si stava gradualmente tramutando in un sentimento pieno di tenerezza. Lo ammirò per tutta la durata della commedia e lo applaudì con genuino entusiasmo. Quindi alla fine della rappresentazione andò a complimentarsi con lui e si offrì nuovamente di condurlo all'ospedale con la carrozza.

"Siete voi, visconte, che m'avete inviato questi fiori?" gli chiese il ragazzo.

"Sì..."

"Vi spiace se li porto a Peter?"

"Per nulla affatto."

"Non ha ancora preso conoscenza..." mormorò il ragazzo.

D'impulso Edmund si chinò in avanti e gli prese una mano fra le sue: "Fatevi animo... E... contate su di me per qualsiasi cosa."

Il ragazzo gli rivolse un lieve sorriso pieno di tristezza: "Il solo fatto che vi preoccupiate così per me m'è già di conforto, visconte." mormorò.

"Posso chiedervi una grazia?"

"Dite, qualsiasi cosa..."

"Potreste chiamarmi per nome? Considerarmi un amico?"

"Siete veramente gentile... grazie."

Lasciato il ragazzo all'ospedale Edmund tornò in albergo. Avrebbe voluto abbracciarlo, consolarlo, fargli sentire quanto ci teneva a lui. Contrariamente alla sera precedente, non pensò a William in modo erotico, ma con crescente affetto.

Poco prima dell'alba del giorno seguente Paul Bulfinch passò a prenderlo per accompagnarlo al luogo del duello. Quando furono tutti presenti, i due secondi dapprima fecero il doveroso "tentativo di ricomposizione", ma né Joseph Harrison né Edmund accettarono di rappacificarsi.

Allora, dopo aver ricordato ai due contendenti le regole, i due secondi caricarono uno di fronte all'altro le pistole da duello e le consegnarono ai loro primi che, toltesi le giacche, in maniche di camicia di posero schiena contro schiena. Contati i passi concordati, si girarono e puntarono le pistole. Quando fu fatto cadere il fazzoletto, entrambi premettero il grilletto.

Joseph Harrison lasciò cadere la pistola e con la mano sinistra si premette il braccio destro da cui colava sangue. Edmund era illeso. Il chirurgo di Harrison si affrettò a prendere cura del braccio ferito di questi. I due secondi dichiararono concluso il duello.

Poi Paul Bulfinch prese la pistola di Edmund: "L'avete volutamente solo ferito a un braccio... avreste potuto ucciderlo. Ho notato come avete mirato al petto, poi avete lievemente spostato la mira un attimo prima di premere il grilletto."

"Per quanto fosse uno zotico e incivile... a nessun uomo deve essere tolta la vita." commentò Edmund infilandosi nuovamente la giacca. "Voleva soddisfazione... l'ha avuta." aggiunse poi con un lieve sorriso ironico.

"Ma Harrison, se avesse potuto, non avrebbe esitato a spegnere la vostra vita."

"È un uomo troppo poco padrone di sé perché potesse riuscirci, se non per puro caso. Non avete notato il lieve tremito della sua mano, quando il suo secondo gli ha consegnato la pistola?" gli disse mentre risalivano in carrozza e lasciavano i Commons.

Invece che in albergo, Edmund chiese di essere accompagnato all'ospedale. Salì nella camera dell'attore. William l'accolse con un lieve sorriso.

"Ancora... nulla?" gli chiese Edmund sottovoce.

"No, e... temo per lui."

"Finché c'è vita c'è speranza..."

"E... quando vi sarà il duello che per causa mia dovete affrontare?"

"Ne sto giusto tornando."

"Dio sia lodato! Almeno la vostra vita mi è stata risparmiata! Ho tremato anche per voi, Edmund."

"Comunque la causa non ne siete stato voi, William, ma l'inciviltà di quell'uomo. Se l'è cavata con un braccio ferito."

"Se non foste intervenuto voi... non m'avrebbero permesso di recitare al posto di Peter. Quell'uomo stava già iniziando a sollevare le proteste di molti."

"Per questo sono intervenuto: perché la gente segue volentieri chi grida più forte ed è più sicuro di sé, che abbia torto o ragione. Non avevo idea di quale fosse il vostro valore, ma mi sembrava giusto che vi fosse data la possibilità di mostrarcelo... e ho avuto ragione. Credo che se mister Peter Adams avesse potuto vedervi... sarebbe stato assai fiero di voi! Tutti i giornali di Boston non fanno che tessere le vostre lodi."

"Vi confesso che, fino a un attimo prima di iniziare, ero in preda a una grande paura... È solamente il pensiero di Peter e di quanto avete fatto per me che mi ha dato la forza necessaria per vincerla e fare quanto ci si attendeva da me."

"Ciò che più ammiro in voi, William, oltre alla vostra notevole bellezza fisica e alla vostra indubbia bravura come attore, è il fatto che in voi posso sentire dolcezza e forza a un tempo."

William ringraziò con un lieve cenno del capo.

"Ora devo lasciarvi, ho diversi impegni in città..." gli disse Edmund.

"Questa sera... verrete nuovamente a teatro ad assistere alla rappresentazione?" gli chiese in tono esitante il ragazzo.

"Se lo gradite, vi tornerò, con vero piacere."

"La vostra presenza mi infonderà coraggio."

"Allora non mancherò."

"Ve ne sono molto grato." sussurrò il ragazzo facendogli un dolce sorriso.

Edmund provò fortissimo l'impulso di abbracciarlo, di stringerlo a sé, ma si trattenne. Lasciò l'ospedale quasi malvolentieri, ma gli impegni che aveva preso gli imponevano di andare.

Per tutto il giorno, mentre trattava per i propri affari, non fece che pensare a William, e il sentimento nei suoi confronti si stava rafforzando in lui.

Quel giorno vi era anche un ricevimento in suo onore in una residenza di fronte alla City Hall, che era una elegante costruzione inaugurata solamente cinque anni prima, con tre ordini di doppie colonne corinzie opera degli architetti Gridley J. F. Bryant e Arthur Gilman. Edmund pensò che quella City Hall, per una città che contava circa 250.000 abitanti, era una degna costruzione, oltre che di gradevoli proporzioni.

Quando gli fu chiesto di fare un discorso, Edmund si alzò e prese la parola.

"Quando sono stato invitato a prendere parte a questo Tea Party organizzato in mio onore, vi confesso che ho avuto un attimo di esitazione. Voi capite che per noi inglesi il Boston Tea Party suscita ancora ricordi non del tutto gradevoli... Soprattutto perché ho temuto che questa volta, in luogo di gettare in mare le balle di tè, voleste gettarvi me..."

Molti dei presenti risero, divertiti.

"Poi mi sono detto che, dopo tutto, è passato quasi un secolo da quel famoso Tea Party, esattamente novantotto anni, e che inoltre oggi non è né il giorno sedici, né il mese di dicembre... ma soprattutto ho notato, giungendo qui, che nessuno di lor signori è travestito da indiano, quindi mi sono infine rilassato completamente..."

Altre risate accolsero queste parole.

"Inoltre fra gli unici Adams che ho avuto modo di conoscere non vi è nessun Samuel, ma solo il vostro grande attore Peter Adams che in questo momento purtroppo giace fra la vita e la morte in ospedale, e il giovane William Adams, che ha dato prova di essere un magnifico attore, considerata anche la sua giovane età, e che certamente darà decoro e fama alla vostra bella città..."

Edmund terminò il suo discorso facendo altre notazioni, alcune serie, altre lievemente umoristiche, e fu applaudito da tutti i presenti.

Finalmente, libero da tutti i propri impegni, a sera poté recarsi nuovamente a teatro. Godette ancora una volta l'esibizione del bel William Adams e, come nelle due sere precedenti, terminato lo spettacolo, lo accompagnò in carrozza fino all'ospedale.

"Non ha ancora ripreso conoscenza, vostro padre?" gli chiese Edmund quando furono nella carrozza.

"Purtroppo non ancora. E più passa il tempo... più temo per la sua vita. Peter è tutto quello che ho al mondo. Vi sono profondamente grato per essermi così vicino in questo frangente. Questa sera, sapere che vi eravate anche voi fra gli spettatori, mi ha molto aiutato. Sono riuscito a vedere dove eravate seduto... e ho recitato soprattutto per voi."

Edmund sorrise e lo ringraziò con un lieve cenno del capo.

"Mi chiedo solo..." continuò il giovane attore, "... se non vi siete annoiato ad assistere per la terza volta alla rappresentazione."

"Non potrò mai annoiarmi a guardare voi, William..." gli disse Edmund con voce bassa e calda. "Se solo ci si fosse potuti conoscere in condizioni meno tristi..." aggiunse poi.

"Vorrei poter essere in grado di mostrarvi il piacere che mi procura il poter stare con voi, sia pure per questi brevi momenti... Se il mio animo non fosse offuscato dalla preoccupazione che provo per Peter... se non dovessi passare il mio tempo al suo capezzale... mi sarebbe cosa grata poterlo dedicare a voi."

"E io ne sarei veramente lieto, ma vi capisco. Sapete..." disse ma si interruppe.

"Sì?"

"Da quando ebbi il piacere di scoprire che voi... esistete, non faccio che pensare a voi."

William sorrise, stese una mano e la posò su quella che Edmund aveva poggiata sul proprio ginocchio: "Anche io, sapete? Anche io, mentre veglio Peter... non faccio che pensare a voi. E... e mi spiace pensare che presto dobbiate tornare in Inghilterra... e che un intero oceano ci separerà."

"Provate dunque... provate anche voi quanto... quanto non osavo esprimervi, William?"

Il giovane attore annuì, guardandolo con occhi luminosi: "Quanto le parole sono inadeguate a descrivere..."

Edmund prese la mano del ragazzo e la strinse, poi mormorò: "Prima di conoscere voi, William, non vedevo l'ora di tornare a Londra, ve lo confesso... ma ora... ora vorrei poter restare con voi... oppure portarvi via con me!"

"Oh, Edmund!" sospirò lievemente il ragazzo e, portatasi la mano del visconte alle labbra, vi depose un lieve bacio, mentre la carrozza si fermava di fronte all'ospedale.


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