IL VISCONTE E L'ATTORE | CAPITOLO 6 INTERLUDIO E SORPRESA |
Dall'altra parte dell'oceano, William Adams stava passando di successo in successo. Pochi mesi dopo la morte del padre adottivo, la compagnia teatrale aveva intrapreso una tournée per gli States: Buffalo, Cleveland, Detroit, Chicago, Cincinnati, Washington, Baltimore, Philadelphia, e New York, ottenendo ovunque successi e ottime recensioni dai giornali locali. Al Walnut Street Theatre di Philadelphia, un teatro con l'aria condizionata, forse il primo in America ad averla installata, William si esibì in "Nature's Nobleman", una commedia in cinque atti di Henry Oake Pardey. Il giorno dopo la prima, William si era recato alla non lontana Independence Hall dove era custodita la Liberty Bell. Stava guardando la famosa campana fissurata quando gli si avvicinò un giovane, più o meno della sua stessa età. "Perdonatemi, ma non siete l'attore William Adams?" William lo guardò un po' incuriosito: "In persona." "Ho avuto la fortuna di ammirarvi ieri sera al Walnut Street Theatre. Siete stato magnifico, la vostra recitazione mi ha conquistato e deliziato." "Vi ringrazio..." "Permettetemi di presentarmi: sono Charles Lowell, di professione pittore, residente a Boston. Vi sarei estremamente grato se mi permetteste di dipingere il vostro ritratto, quando si tornerà entrambi nella nostra città." "Il mio ritratto?" chiese sorpreso William. "Non sono ancora così famoso." "A mio parere lo diventerete assai presto... e comunque siete assai bello, un perfetto soggetto per un ritrattista." Cominciarono così a frequentarsi e, una volta che entrambi furono nuovamente a Boston, Charles iniziò a fargli dapprima alcuni schizzi preparatori, poi il ritratto. Fra i due giovani nacque presto un'amicizia che gradualmente si trasformò in reciproca attrazione, in quanto entrambi erano interessati al proprio sesso. Charles era di bella costituzione, forte e sano; aveva un carattere sensibile, emotivo ma tenuto sotto controllo; mentalmente era un tipo a volte ricettivo a volte un po' aggressivo, a volte acritico, a volte analitico. Un giorno, mentre William stava posando, la loro conversazione toccò l'argomento del matrimonio. Charles sorridendo, dichiarò: "Poiché non pare che vi sia un pericolo immediato che il genere umano possa estinguersi, lascio volentieri il matrimonio e l'intimità con il gentil sesso a coloro che ne sentono il desiderio." "Volete dire che non provate il desiderio fisico?" gli chiese William guardandolo negli occhi. "Non proprio, anche se mai molto forte. Posso fare a meno di un rapporto fisico e questo non per mancanza di desiderio e ancor meno per scelte... morali. Per dirla in breve... ho trovato molto di rado il tempo, il luogo e la persona verso cui mi sono sentito attratto nello stesso momento: mancava sempre uno dei tre elementi suddetti. D'altronde, non sempre hanno coesistito in me il desiderio fisico e il sentimento di affetto nei riguardi della stessa persona; e l'uno senza l'altro porta a una relazione non sana e comunque non duratura. Se manca il sentimento di affetto, la gratificazione del desiderio fisico porta presto a uno squilibrio emozionale se non mentale. Ma se manca il desiderio fisico, il sentimento di affetto ne risulta frustrato, perché non si può esprimere come vorrebbe." "Il sentimento di affetto si può però manifestare in una forte amicizia, non credete?" "Per affetto, vedete, intendo qualcosa di più forte dell'amicizia, però meno profondo dell'amore e più moderato della passione. L'amicizia è solo stima e simpatia reciproca. L'affetto è un'inclinazione dell'anima verso un'altra anima." "Ponete molta attenzione e date molto valore al significato delle parole..." "Certamente, poiché le parole in una conversazione o in un testo, sono come i colori in un dipinto. Il fraseggiare corrisponde alla forma nelle arti figurative." disse, poi dopo una breve pausa aggiunse: "e nei vostri confronti... provo affetto." "Congiunto forse a... desiderio fisico?" chiese William, lievemente titubante. Charles sorrise: "Esattamente." "E... non abbiamo forse qui, ora, fra noi... il tempo, il luogo e la persona verso cui ci si sente attratti?" "Mi state dicendo... che anche voi provate per me quanto io sto provando per voi?" William annuì con un dolce sorriso. Charles posò i pennelli e gli andò di fronte, prendendogli una mano: "Presumo che, se entrambi condividiamo lo stesso sentire... si dovrebbe provare a esprimercelo l'un l'altro. Ma vi avverto: io condanno recisamente ogni forma di gratificazione del desiderio fisico fatta alle spese dell'altro. Credo che l'affetto fra due persone, siano esse dell'opposto o dello stesso sesso, anche se include... la passione sessuale e l'indulgere a essa, possa portare a risultati splendidi quali la natura umana può raggiungere solo grazie a un forte e sano rapporto." "Affetto, passione... ma non amore?" "Se è amore che andate cercando, ciò di cui sentite il bisogno... temo di non essere in grado di darvelo, onestamente." "No... Il mio cuore è già e ancora preso d'amore per un'altra persona che a sua volta mi ama." disse William, pensando a Edmund. "Anche se purtroppo non potremo mai dar corpo a questo nostro amore." "Mai? Perché dite così se, come affermate, entrambi vi amate?" "Perché... i nostri corpi sono divisi, letteralmente, da un intero oceano... Perché poi siamo di classi sociali troppo diverse... Perché infine non abbiamo avuto tempo e luogo per poter far fiorire questo amore, che pertanto è rimasto in boccio." sussurrò con un mesto sorriso il giovane attore. Charles gli accarezzò una guancia: "Potete accettare, comunque, il mio sincero affetto?" William annuì: "Con lieta riconoscenza. Voi mi piacete assai, Charles." Iniziò così la loro relazione, che era più di un'amicizia e meno di un amore. Passavano lunghi momenti semplicemente abbracciati e in silenzio, pelle contro pelle, godendo della reciproca nudità intimamente condivisa, sia prima che dopo il raggiungimento del piacere sessuale. Non vi era fra loro passione, ma una grande tenerezza. I mesi passavano, però William non riusciva, né voleva, dimenticare Edmund. Aveva messo il suo cartoncino con il sonetto di Shakespeare in una cornicetta d'argento che teneva sul proprio tavolo da notte. Anche quando andava al cimitero a portare fiori sulla tomba di Peter, vederne il monumento funebre che Edmund aveva donato, gli ricordava il bell'inglese.
Nonostante fossero passati quattro anni dal suo viaggio negli Stati Uniti e avesse avuto diverse brevi relazioni con alcuni ragazzi, Edmund non riusciva a dimenticare William né poteva evitare di sentirsi innamorato di quel dolce e bel ragazzo. Una domenica pomeriggio Edmund era uscito dal Dog and Duck Inn, dove s'era appartato con Sean, un conduttore della metropolitana di ventisei anni. Nonostante ora vivesse da solo, avendo in casa la servitù preferiva non portarvi le proprie conquiste. Salutato il ragazzo s'era avviato lungo la Lambeth Road e aveva girato in Blackfriars Road avviandosi verso il ponte. Lungo la Blackfriars, passò davanti al teatro The Royal Surrey. Oziosamente, si fermò a guardare nella vetrinetta del teatro la locandina che annunciava gli spettacoli della stagione. Gli sembrò che non vi fosse nulla di veramente interessante. Ma a un certo punto, scorrendo l'elenco e le date, vide che dodici giorni più tardi era annunciata la commedia "The Lighthouse" di Wilkie Collins, presentata dalla compagnia americana Dawson and Dawson e, il suo cuore ebbe un sussulto, nel ruolo di Aaron Gurnock vi era William Adams! Si sentì un gran calore per tutto il corpo, come se improvvisamente gli fosse venuta la febbre. Rilesse più volte quella parte della locandina, quasi per accertarsi di non avere le traveggole. Quindi entrò a passo deciso nel teatro e chiese se vi fosse qualche responsabile. Introdotto in un ufficio chiese se la compagnia Dawson and Dawson fosse già in città. "No, signore, la attendiamo fra cinque o sei giorni." "Sapete dove alloggeranno?" "Credo che scenderanno al Brown's Hotel in Albemarle Street... una traversa di Piccadilly. Sapete dove è?" "Sì, grazie." rispose Edmund sempre più eccitato. Albemarle Street era poco lontano da Great Jermyn Street, dove viveva da un paio di anni. Traversò Blackfriars Bridge, prese lo Strand e a passo svelto si avviò verso casa e Albemarle. Si rammaricò di non aver preso il calessino: nonostante gli avessero detto che gli americani sarebbero arrivati solo cinque o sei giorni dopo, si sentiva indosso una gran fretta. Quando finalmente giunse al Brown's Hotel, andò subito alla reception: "Scusatemi, il signor William Adams della compagnia teatrale americana Dawson and Dawson, ha prenotato una stanza qui da voi?" "Sì, signore, la compagnia ha prenotato tutte le nostre stanze. Dunque, vediamo... li attendiamo per giovedì prossimo. Ma non vi so dire se il signore di cui chiede ne faccia parte: non ho qui la lista completa dei nomi." "Vi spiacerebbe andare a controllare?" "Se avete la cortesia di attendere..." Dopo poco l'impiegato tornò con un foglio in mano: "Sì, William Adams, avete detto, vero? È compreso nell'elenco dei nostri ospiti." "Bene, molto bene, grazie. Potrei lasciare un messaggio per il signor Adams? Potreste consegnarglielo non appena arriva?" "Certamente, signore." Si fece dare carta e busta, sedette ad uno dei tavoli della hall e scrisse:
"Caro William, Chiuse la busta e la consegnò al receptionist, raccomandandogli di darla all'attore appena fosse arrivato. Quindi tornò a casa, agitato ed eccitato. Il maggiordomo gli annunciò che la cena era quasi pronta. Poi, notando l'espressione quasi febbricitante del padrone, chiese: "My lord, posso permettermi di chiedervi se va tutto bene?" "Sì, Jonas, va tutto bene, grazie." gli rispose con un radioso sorriso: "Ho solamente fatto una lunga camminata e mi sento un po'... accaldato. Vado a rinfrescarmi. Avvertitemi quando la cena è pronta." "Senz'altro, my lord." Quella notte Edmund non riuscì a prendere sonno, talmente era eccitato. Si chiedeva se William si ricordasse ancora di lui, se ancora albergasse in cuore il sentimento che gli aveva espresso poco prima che si dovessero lasciare. A volte si diceva che, come lui si sentiva ancora pieno di amore per quello splendido ragazzo, probabilmente anche William era ancora innamorato di lui. Poi si diceva che dopo quattro anni, un ragazzo così giovane, si era probabilmente legato a qualcun altro, l'aveva forse dimenticato. Dopo tutto, si diceva, si erano appena conosciuti, e il lutto per la morte del padre adottivo l'aveva forse spinto ad appoggiarsi a lui, dato che non aveva altri al mondo... Poteva il ragazzo aver confuso gratitudine per amore? Poi però si diceva che William gli aveva detto che provava per lui "quanto le parole sono inadeguate a descrivere"... Non era questa una dichiarazione d'amore? "Eppure... anche io vi amo... Credetemi!" gli aveva detto prima di lasciarsi, lo ricordava bene. Potevano essere parole dettate solo dalla solitudine in cui si sentiva, a causa della morte dell'uomo che lo aveva adottato, con cui era cresciuto, che si era sempre preso cura di lui? Edmund era agitato, incerto, passava da momenti in cui pensava che William avesse provato e provasse ancora amore per lui, ad altri in cui si diceva che non doveva illudersi, che la sua speranza e il suo desiderio non avevano un ragionevole fondamento. Il giorno seguente il padre, con cui si stava occupando degli affari della famiglia, s'accorse che Edmund era diverso dal solito. "Che cosa avete, Edmund? Mi sembrate nervoso, è come se se la vostra mente fosse... a miglia da questa stanza." "Nulla, padre. È solo che la notte scorsa non ho dormito quasi per nulla e ora mi sento un poco stanco." Cambiando improvvisamente il soggetto, il padre disse: "Io mi chiedo che cosa attendiate per decidervi ad accasarvi e a darmi l'erede che porterà avanti sia il nome della nostra famiglia che i nostri affari. Avete ormai trentasei anni..." Era già da tempo che il padre non affrontava più quell'argomento ed Edmund aggrottò le sopracciglia. "Desideravate una casa vostra, e ve l'ho acquistata: pensavo che fosse il primo passo verso il vostro matrimonio." continuò il padre, accigliato. "Ma sono già passati due anni e ancora non mi avete detto se c'è una qualche damigella che vi interessa. Sapete che non sono un padre all'antica, ho voluto lasciarvi la vostra libertà, senza imporvi una sposa di mia scelta... Purché sia di famiglia nobile, o almeno ricca, sapete che avrete la mia benedizione... Ma dovete decidervi una buona volta, perbacco!" "Nessuna delle damigelle che ho incontrato fino a ora ha suscitato il mio interesse, padre... e ancor meno il mio amore. Né fra le nobili damigelle né fra le ricche borghesi." "Amore? L'amore non ha assolutamente nulla a che fare con il matrimonio. Il matrimonio non è che un semplice, ma non per questo meno importante, contratto sociale. Una moglie è l'equivalente, in casa, di un... fidato socio d'affari. L'amore ben raramente alberga sotto il tetto coniugale... benché ammetto che vi possa essere qualche rara eccezione." "Non intendo sposarmi con una persona che non amo, padre." "Non potere pretendere di mangiare un dolce e averlo ancora!" "Scusatemi, ma non vi capisco, padre." "Sposate la donna che amate, e vi accorgerete che l'amore svanisce assai in fretta. Sposate la donna adatta al vostro rango, e l'avrete sempre al vostro fianco, se la rispettate e la trattate come si conviene." Edmund non controbatté: non poteva rivelare al padre di non essere minimamente interessato alle donne... Anche i giorni seguenti passarono per Edmund in una crescente tensione, incertezza, speranza, timore. Si diceva che presto avrebbe saputo... avrebbe forse incontrato William e avrebbe avuto la definitiva risposta. Giunse il giovedì ed Edmund era teso e nervoso quanto mai. Provava il desiderio di recarsi al Brown's Hotel, ma si disse che era più logico, più giusto attendere che, se lo avesse voluto, fosse William a farsi vivo con lui... Avrebbe voluto restare in casa per attendere che William gli inviasse una risposta, ma non poteva non andare negli uffici dell'impresa di famiglia, dove il padre lo attendeva. Quando finalmente a sera tornò a casa, chiese immediatamente notizie al maggiordomo: "Durante la mia assenza, Jonas, è stato recapitato qualche messaggio per me?" "No, my lord." "Qualcuno è venuto a cercarmi?" "Nessuno, my lord." "Ne siete certo, Jonas?" Il maggiordomo lo guardò con aria lievemente sorpresa: "Non mi sono assentato neppure per un attimo, my lord!" disse in tono sostenuto. "Sì, certo, capisco. Mi ritiro nello studio. Avvertitemi quando è pronta la cena." gli disse. "Senz'altro, my lord." Andò a cambiarsi poi andò nel proprio studio. Stava leggendo "La Chartreuse de Parme" di Stendhal nell'originale francese, quando udì un discreto bussare. "Entrate!" disse mettendo il segnalibro di pelle fra le pagine che stava leggendo e chiudendo il libro. "My lord..." disse Jonas con un lieve inchino. "È pronta la cena?" rispose Edmund alzandosi dalla poltrona. "No, my lord... vi è un giovane straniero alla porta che chiede di voi." "Non ho... sentito suonare nessuno, alla porta..." mormorò Edmund sentendosi afferrare da un lieve tremito. "Vi ha detto il suo nome?" "È giunto mentre stavo per scendere per chiudere il portone, my lord. Dice di chiamarsi William Adams..." "Fatelo entrare, fatelo entrare subito!" disse alzando inconsciamente la voce, eccitato. "Qui nello studio, my lord?" "Sì, certo e... ordinate in cucina che preparino per due, e che si metta un altro coperto in tavola. Andate, presto!" Jonas uscì. Edmund voleva andare incontro a William, ma pensò più saggio incontrarlo nello studio, lontano dagli sguardi e dalle orecchie della servitù. Dopo poco udì nuovamente un lieve bussare alla porta. "Entrate!" "Il signor William Adams, my lord." disse il maggiordomo e si fece da parte per lasciar entrare il giovane attore, quindi si allontanò chiudendo accuratamente la porta. Si guardarono per un lungo momento in silenzio, immobili come due statue, poi Edmund disse, in un sussurro emozionato: "Siete venuto, William..." "Non è questa l'ora per una visita, lo so, ma..." "Buon dio, per voi... qualsiasi ora è perfetta! Non sapete quanto io mi senta emozionato nel rivedervi!" "Pensavo che, dopo questi anni, vi foste dimenticato di me... e invece..." "E voi di me?" gli chiese a voce bassa. "Neppure un attimo, Edmund... neppure un attimo. Siete sempre stato nel mio cuore!" "E voi nel mio!" E finalmente si mossero, si avvicinarono e furono uno nelle braccia dell'altro.
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