IL VISCONTE E L'ATTORE CAPITOLO 7
IL POSSIBILE E L'IMPOSSIBILE

"Ero quasi certo che mi aveste dimenticato." mormorò William.

"Il vostro 'quasi' mi consola."

"Mi chiedevo, quando la compagnia ottenne la scrittura a Londra, se avrei dovuto cercarvi o no..."

"Buon dio, siete anche più bello di quanto vi ricordassi!"

"Poi, appena giunti in albergo, il receptionist mi consegnò il vostro amabile messaggio..."

"Questi giorni di attesa... sono stati una croce e una delizia."

"... e mi sono precipitato qui da voi: vedete, non mi sono neppure cambiato, ancora indosso gli abiti da viaggio."

"Avete già cenato?"

"Non ho fatto nulla, non ho neanche messo piede nella mia stanza d'albergo."

"Allora fra poco ceneremo assieme. Poi... parleremo un poco. Non vi tratterrò molto, sarete stanco per il viaggio. Avremo tempo i prossimi giorni per... per incontrarci ancora e stare assieme, se questo vi fa piacere."

"Davvero avete pensato a me in questi quattro anni?"

"Con infinita nostalgia."

"Nonostante il poco tempo che abbiamo passato assieme?"

"Poco, sì, ma sufficiente per permettervi di conquistare il mio cuore, William."

"Come voi avete conquistato il mio."

Un nuovo lieve bussare alla porta fece staccare i due. Edmund andò ad aprire.

"My lord, la cena è pronta."

"Ottimo. Venite, William?"

"Non sono vestito in modo..."

"Ci siamo solamente noi due, non vi preoccupate."

Mentre gustavano la cena, parlavano del più e del meno, poiché c'era il personale che li serviva, di ciò che era loro accaduto nei quattro anni in cui erano stati separati, ma i loro occhi dicevano quello che per prudenza le loro parole non potevano dire.

Terminato il pasto, tornarono nello studio di Edmund e furono nuovamente uno nelle braccia dell'altro.

"Credo che abbiate ragione a dirmi che questa sera è bene che io torni in albergo e mi sistemi e mi riposi... anche se non vorrei staccarmi ancora da voi. Per tutto il lungo viaggio da Boston a Londra non ho fatto che cercare di figurarmi, se questo incontro fosse stato possibile, come avrebbe potuto essere."

"Anche io vorrei non lasciarvi ancora andare, William. Anche io ho vissuto con trepidazione questi giorni in cui attendevo di vedervi di nuovo. Ma ora, finalmente eccoci qui, possiamo riannodare il filo interrotto di quella misteriosa trama che ci fece incontrare, che ci spinse uno verso l'altro. Vi tratterrete a lungo qui a Londra?"

"Il contratto è stato firmato per un mese, ma sarà rinnovabile se vi sarà un sufficiente successo dei nostri spettacoli. Alterneremo rappresentazioni di autori americani con altre di autori moderni inglesi."

"Un solo mese... Anche sperando che abbiate successo e che il vostro contratto sia rinnovato... vorrei non doverci separare nuovamente, ora che ci si è ritrovati."

"Cominciamo a trarre profitto da questo periodo, Edmund."

"Avete tempo libero, domani?"

"Andremo a vedere il teatro e probabilmente vi faremo una prima prova parziale, per verificarne l'acustica e le caratteristiche."

"Potrete venire nuovamente a cena qui da me... e trattenervi più a lungo che non questa sera?"

"Certamente, con vero piacere."

Dopo che William ebbe lasciato la casa in Great Jermyn Street per tornare al proprio albergo, Edmund sedette sul piccolo sommier del salotto riprendendo il libro che stava leggendo. Ma dopo poche righe, il libro abbandonato in grembo, gli occhi socchiusi, la sua mente riandò all'incontro con William.

S'era fatto più virile, sia nella complessione del corpo che nel volto, ma aveva ancora i bei capelli biondi lunghi fin sotto le orecchie, e occhi di una speciale luminosità e bellezza, come li ricordava. Sentiva di desiderarlo anche più di quanto ricordasse di essere stato attratto da lui.

Era lieto che anche William provasse per lui lo stesso sentimento, e al tempo stesso già provava un senso di inquietudine e di tristezza all'idea che si sarebbero persi di nuovo... Avrebbe voluto averlo tutto e per sempre per sé, donarsi tutto e per sempre a lui.

Razionalmente si diceva che, dopo tutto, si conoscevano ancora troppo poco per essere sicuri di essere veramente fatti l'uno per l'altro; ma dall'altra l'istinto gli diceva che William era veramente un ragazzo speciale, così diverso da tutti gli altri che fino ad allora aveva conosciuto, benché non avessero ancora avuto un pieno contatto fisico, a parte qualche abbraccio, qualche bacio.

Però sentiva anche che il loro non era solamente reciproco desiderio fisico, ma molto di più: era un'attrazione assai forte fra le loro anime. Si disse che doveva fare il possibile e l'impossibile per trovare il modo di stabilire un forte, reale, continuativo rapporto fra loro.

Certamente, le uniche due possibilità perché ciò divenisse reale erano o che lui si trasferisse permanentemente negli Stati Uniti, oppure che William restasse per sempre a Londra. Entrambe le soluzioni presentavano non poche difficoltà. Ma prima di tutto bisognava vedere quanto William desiderasse restare con lui per costruire il loro futuro assieme.

William, tornato in albergo e sistematosi nella propria stanza, aveva estratto dai propri bagagli la cornice d'argento in cui aveva messo il sonetto di Shakespeare che gli aveva donato Edmund quattro anni prima e lo guardava con occhi sognanti.

Si sentiva elettrizzato dal fatto di averlo potuto incontrare di nuovo, e soprattutto dal fatto che anche Edmund provasse tuttora gli stessi sentimenti nei suoi confronti.

Attendeva con ansia la sera seguente, e sperava che finalmente potesse accadere fra loro quanto non era stato possibile quando si erano dovuti lasciare dopo il funerale di Peter: tutto il suo corpo anelava conoscere tutto il corpo di Edmund nel più intimo modo possibile: desiderava unirsi con lui.

A differenza di Edmund, William non si interrogava sul fatto che prima o poi, dopo questo nuovo incontro, rischiavano di doversi separare nuovamente: era ancora troppo eccitato, esaltato per il fatto di aver ritrovato il bell'uomo, e aver scoperto che anche Edmund lo desiderava ancora e che lo attendeva.

Poi, come spesso accade a chi è in preda a un forte sentimento di amore, si chiese se Edmund sarebbe stato veramente contento di lui anche sul piano del rapporto fisico. Sarebbe stato all'altezza del bell'uomo? Non si chiedeva minimamente se lui sarebbe stato contento di Edmund.

Quando si mise a letto, s'addormentò quasi immediatamente, stanco per il lungo viaggio e sfinito per l'intensità dell'emozione che aveva provato nel rivedere Edmund.

Il bel visconte, invece, continuava a rigirarsi nel letto, chiedendosi come fare per non doversi separare ancora una volta dal quel ragazzo, ora che il fato aveva permesso loro di incontrarsi di nuovo. Avrebbe potuto proporre al padre di lasciarlo stabilire negli Stati Uniti come suo agente commerciale... però capiva bene che i loro traffici con le Americhe non avrebbero giustificato una simile decisione.

Poteva chiedere a William di restare a Londra con lui: avrebbe potuto mantenerlo senza nessun problema, ma capiva che per il ragazzo, soprattutto per il suo talento, sarebbe stato un sacrificio troppo grande smettere di fare l'attore.

Però, grazie alle sue conoscenze, poteva forse far ammettere William in una compagnia teatrale londinese... ammesso che questa soluzione potesse sembrare attraente al "suo" ragazzo.

Si disse che non doveva mettere il carro innanzi ai buoi, che avrebbe prima dovuto verificare se e quanto anche William desiderasse restare con lui.

Il giorno seguente, quando andò in ufficio e incontrò il padre, cercò di sondarlo riguardo alla sua idea.

"Non credete che potrebbe essere una cosa buona se aprissimo un nostro ufficio commerciale negli Stati Uniti, padre? E se me ne occupassi io in persona... trasferendomi là?"

Il padre lo guardò con espressione accigliata: "Non ne vedo assolutamente né la necessità né l'utilità, Edmund. Se e quando fosse necessario potreste tornarvi per un breve periodo, come già una volta si fece con buon esito. Voi dovete restare qui, per prendere il mio posto il giorno in cui deciderò di ritirarmi dagli affari e lasciarvi le redini della nostra impresa."

Edmund sapeva che sarebbe stato inutile insistere con il padre: se vi fosse stato uno spiraglio, avrebbe formulato la sua risposta con un interrogativo, non con un'affermazione così netta.

"Piuttosto..." disse il padre, "con vostra madre ieri sera ho parlato nuovamente del fatto che sarebbe tempo che pensaste a mettere su famiglia, per garantire una discendenza alla nostra stirpe. E vostra madre concorda totalmente con me. Se non vi decidete voi a cercare la sposa che volete avere al vostro fianco, dovremo attivarci noi, vostra madre ed io, per trovarvene una conveniente."

"Come vi ho già detto pochi giorni or sono, padre..."

L'uomo l'interruppe con un secco gesto della mano: "Vi ho lasciato anche troppo tempo per decidervi, vi ho lasciato, temo, anche troppa libertà. Ma ora basta. Vi concedo ancora un mese di tempo, dopo di che vostra madre e io inizieremo a occuparci seriamente della questione."

"È un ultimatum, padre?" chiese Edmund in tono sostenuto.

"Certo che lo è! Avete di già trentasei anni, perbacco! È ora che vi comportiate da adulto quale ormai da tempo siete. E non ricominciate con le vostre storie di amore... Amore e matrimonio, come vi ho chiaramente detto, sono due realtà assai differenti. Non vi chiediamo di innamorarvi, solamente di maritarvi!"

"Voi non... amate mia madre?"

"La stimo, la rispetto, è un'ottima sposa, non mi necessita null'altro."

"E avete una donna che amate o l'avete avuta?"

"Non sono, queste, domande che un figlio può rivolgere al padre. Non siate ineducato come una servetta! Come io non mi permetto di curiosare nella vostra vita privata, fin tanto che non date scandalo, così voi non avete alcun diritto di curiosare nella mia vita privata."

"Dunque... mi dite che devo trovarmi una sposa e un'amante."

"A me riguarda solamente la prima... quanto alla seconda, che l'abbiate oppure no e purché siate molto discreto se o quando l'avrete, è puramente affar vostro." tagliò corto il padre, passando ad altri argomenti.

Quando a metà pomeriggio Edmund passò al club che frequentava, incontrò un vecchio amico e compagno di studi. Poiché anche questi era un amante di ragazzi, mentre facevano una partita a scacchi, gli parlò chiaramente dell'ultimatum che gli aveva dato il padre, del fatto che aveva rivisto il ragazzo di cui era innamorato e del suo desiderio di poter vivere con lui.

"Ha perfettamente ragione vostro padre, Edmund! Suvvia, siate uomo di mondo... Trovatevi una degna sposa, e amate il vostro ragazzo. Non sareste né il primo né l'ultimo. Io stesso ho fatto così, lo sapete bene."

"Ma voi, Philip, non avete un ragazzo fisso, vi divertite ora con questo ora con quello, quindi non avete il mio problema. Io voglio trovare il modo di vivere con il mio ragazzo, e se mi sposo non sarà possibile, non lo comprendete?"

"Forse, invece, è possibile. Basta che la vostra sposa ne sia al corrente e lo accetti."

Edmund rise: "Ma via, in che mondo vivete! Potete immaginare se... che dovrei dirle: io vi sposerei, purché mi lasciate avere in casa e soprattutto nel mio letto il mio ragazzo! Ammesso che lei non ne sollevi uno scandalo... che non divulghi queste mie preferenze, non accetterebbe mai. Inoltre mi metterei nelle sue mani, potrebbe usare della cosa, un domani per... per ricattarmi."

"Mio caro Edmund, non siate così ingenuo. Non sapete che anche fra le rappresentanti del cosiddetto gentil sesso ve ne sono di quelle che aborrono l'uomo e prediligono unirsi al loro stesso sesso? Trovatevi una sposa di questa fatta, lasciatele avere la sua amata e lei vi lascerà avere il vostro amato. E non sarà certo lei a ricattarvi, poiché sarebbe a sua volta ricattabile."

"E dove la trovo una donna siffatta? Inoltre, uno degli scopi del matrimonio è perpetuare la specie: dovremmo comunque, sia pure soltanto alcune volte, condividere il talamo..."

"Un piccolo sacrificio, pur di avere il vostro amato con voi... e comunque, vi sono coppie di marito e moglie che non hanno figli, pur desiderandoli. Quanto a trovarla... che ne direste se provassi a trovarvene una io?"

"Voi, Philip? Ne conoscete qualcuna?" chiese un po' stupito Edmund.

"Vedete, mia cugina Diana è di tale fatta..."

"Ma è sposata..."

"Però dovrebbe conoscere, assai probabilmente conosce più di una damigella che abbia i suoi stessi gusti e che non sia ancora sposata. Se mi permettete di provare a chiederglielo, con le dovute cautele e prudenza, s'intende..."

Edmund rimase per un poco pensieroso. Poi disse: "Con cautela e prudenza... perché no? Potrebbe veramente essere una soluzione."

A sera, finalmente, poco dopo essere rientrato in casa, giunse anche William. Era vestito con eleganza ed Edmund pensò che era un vero figurino. Ma soprattutto fu il suo sorriso che gli riscaldò il cuore e che lo fece sentire felice.

Durante la cena, come al solito, parlarono del più e del meno, soprattutto del sopralluogo di William al teatro e della loro prima prova parziale per verificarne le potenzialità e le caratteristiche tecniche.

"Avete già visitato un poco Londra?" gli chiese Edmund.

"Ho potuto vedere solamente quanto era lungo il percorso delle carrozze che ci hanno portato dall'albergo fino al teatro. Ma quel poco che ho potuto vedere mi ha favorevolmente colpito: Londra mi pare un città assai bella."

"È una città antica e moderna a un tempo, dove si amalgamano assai bene, a mio parere, tradizione e innovazione. Non vi piacerebbe... poterci vivere?"

William sorrise: "Più che per i suoi bei monumenti... sapete bene che vi è altro che mi attrae, in questa vostra città..." disse guardandolo negli occhi, "... e che mi fa desiderare potermici stabilire."

Edmund a queste parole provò una forte emozione e un improvviso batticuore: "E non credete che questo vostro... nostro desiderio potrebbe essere realizzato?" chiese a voce bassa e con calore.

Il giovane attore abbassò per un attimo lo sguardo, poi lo guardò di nuovo con occhi brillanti: "Se condividete questo mio desiderio... forse sarà possibile renderlo realtà. Abbiamo comunque almeno un mese per essere certi che sia la cosa più giusta da perseguire... Più giusta sia per voi che per me."

"Potrei molto probabilmente riuscire a trovarvi una compagnia teatrale che vi accolga, dato il vostro indubbio talento, se vi sta a cuore continuare a calcare la scena."

"Non pensate che il mio accento americano possa costituire un ostacolo?"

"Credo che con un buon esperto di dizione come guida, possiate facilmente acquisire un accento inglese, e quindi usare l'uno o l'altro accento a seconda dell'opera in cui dovrete recitare. Con il vostro talento non vi dovrebbe essere difficile."

Terminata la cena, andarono a sedere nel salotto, sul piccolo sommier a due posti. Qui giunti Edmund gli pose un braccio attorno alla vita, attirandolo gentilmente a sé.

"Ardo dal desiderio di sentire ancora il dolce calore delle vostre belle labbra, William." gli sussurrò.

Il giovane attore sorrise dolcemente: "Non potremmo... stenderci per un poco?" chiese in un sussurro.

"Certamente. Venite."

Andarono nella camera di Edmund. Qui giunti, si stesero sul letto, ancora vestiti, e si abbracciarono intrecciando le gambe e finalmente si baciarono. Fu un bacio pieno di passione, profondo, caldo, lungo, e sentirono fiorire le reciproche erezioni compresse fra i corpi frementi. Le loro mani carezzavano la nuca, la schiena dell'altro.

"Volete... spogliarmi, Edmund?" chiese in un mormorio eccitato il ragazzo.

"E voi me..."

Si staccarono un poco, per dare il necessario spazio alle mani che, quasi febbricitanti, iniziarono ad aprire gli abiti dell'altro. Frattanto i loro sguardi non si lasciavano e in essi ardeva una crescente passione, baluginava la fiamma di un crescente desiderio, si rifletteva il piacere di essere finalmente sulla soglia di una intima conoscenza, in una promessa di donazione.

A poco a poco si tolsero l'un l'altro tutti gli abiti, muovendosi sul letto per facilitare il compito al compagno e, finalmente nudi e seduti uno di fronte all'altro, per la prima volta poterono ammirare il corpo del compagno, carezzarlo con lo sguardo e con i polpastrelli in lievi sfioramenti.

In tono un poco esitante ma al tempo stesso civettuolo, William chiese: "Vi piaccio?"

"Siete perfetto. Il vostro corpo rivaleggia con le opere dei più famosi scultori dell'antica Grecia, William. Vi siete fatto ancora più bello, più maschio di quando vi vidi recitare la parte del gladiatore, a Boston. E se allora la vostra seminuda bellezza era offerta a un numeroso uditorio, ora e tutta e soltanto per me."

"Sì... tutta vostra, come tutto vostro voglio essere io. E voi... io non avevo mai avuto la grazia di poter ammirare nulla più che il vostro volto, le vostre mani, e invece ora..."

"Io non sono bello come voi."

"Avete perfettamente ragione: siete assai più bello di me."

"Mentite..." gli disse Edmund con un dolce sorriso.

"Per nulla affatto. Siete tutto bello... anche qui..." gli disse e per la prima volta sfiorò con dita frementi la forte erezione che sorgeva fra le gambe dell'uomo. Poi gli chiese, in un sussurro emozionato: "Mi farete vostro, questa sera?"

"Lo volete?"

"Con tutto me stesso! Fatemi vostro, ve ne prego... e io... farò il possibile e l'impossibile per esserlo... per sempre!"

"Il possibile e l'impossibile..." gli fece eco Edmund, commosso.

Lo attirò a sé, facendogli porre le gambe sulle sue, attorno al suo bacino, finché gli fu seduto in grembo, sul proprio membro palpitante. William si agitò lievemente in modo di farlo sistemare fra le piccole natiche sode, gli cinse il collo con le braccia e, aiutato da Edmund che lo afferrò per la vita, si sollevò a sufficienza per poi calarsi giù e, dopo pochi tentativi, iniziare ad accoglierlo in sé.

Sentirono che le loro carni si stavano finalmente unendo, e allora entrambi emisero un basso e intenso mugolio di gioia che accompagnò la lenta, inesorabile discesa.

Quando furono completamente uniti, Edmund lo sospinse lentamente con la schiena sul letto e, sorridendogli beato, iniziò a prenderlo con gioia e passione, con tenerezza e vigore, mentre il bell'attore lo incoraggiava con un sorriso radioso e con lievi gemiti di crescente piacere.


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